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Lago di Garda: emerge una bellissima spada dell’Età del Bronzo
Vel Saties ha risposto a un topic di ARES III inviato in Rassegna Stampa
BARDOLINO (Vr). Estratta la spada nella roccia sul fondo del lago di Garda: ha oltre tremila anni. https://www.archeomedia.net/bardolino-vr-estratta-la-spada-nella-roccia-sul-fondo-del-lago-di-garda-ha-oltre-tremila-anni/ Era incastrata tra le rocce in fondo al lago, a 25 metri di profondità. Sbucava solo una punta. Abbastanza, però, per attirare l’attenzione di tre subacquei dell’associazione Gas Diving di Bardolino impegnati quest’estate in un’immersione a 60 metri dalla costa. Così Tobia Cigagna, Leonardo Bonvissuto e Federico Gugole si sono avvicinati a quell’oggetto misterioso e l’hanno recuperato, scoprendo che si trattava di una spada lunga 46 centimetri. Una volta portata sulla barca, l’hanno esaminata con più attenzione e si sono accorti dell’eccezionalità del ritrovamento. Da lì è scattata subito la segnalazione alla Soprintendenza di Verona da parte del presidente dell’associazione, Michele Girelli, e dell’istruttore responsabile alla formazione, Davide Furlani. La spada è stata consegnata agli esperti perché ne studiassero fattezze e valore. E che valore: dalle ricerche eseguite in questi mesi dalle archeologhe Paola Salzani e Paola Bianchi è emerso che la spada ritrovata dai sub bardolinesi risale all’Età del Bronzo, precisamente alla fase di transizione tra il Bronzo Recente e il Bronzo Finale. In termini cronologici, tra la fine del XIII e l’inizio del XII secolo a.C. Si tratterebbe di una deposizione votiva, secondo una precisa usanza di quell’epoca: gettare spade o altri oggetti pregiati in fiumi e laghi come dono alle acque. A dirlo sono le due specialiste che l’hanno presa in esame. «Allo stato attuale della ricerca in Italia sono note soltanto poche decine di esemplari di questo tipo di spada», scrivono nella dettagliata relazione. «Raramente sono state rinvenute come corredi di sepolture di guerrieri armati o in ripostigli e depositi votivi, mentre più spesso si tratta di rinvenimenti sporadici fortuiti come nel caso di questo esemplare del lago di Garda». Orgogliosi i sub della Gas Diving, che raduna una cinquantina di soci ed è attiva a Bardolino da cinque anni. «Questa scoperta ci rende molto felici, attendavamo con ansia di conoscere gli esiti degli studi della Soprintendenza», afferma il presidente Girelli. Le ultime indagini archeologiche sono ancora in corso, poi verrà deciso dove sistemare il reperto per farlo vedere al pubblico. «Ci piacerebbe poterla esporre anche a Bardolino», ammette Girelli. Questa spada è molto antica ed è assimilabile, spiegano gli esperti della Soprintendenza, ai tipi classificati come Arco e Terontola. Altri ritrovamenti simili sono avvenuti in Italia centrale, nelle acque del lago Trasimeno, in Europa continentale e nei Balcani. «Presenta una lama abbastanza corta, con un’evidente espansione in prossimità della punta», segnalano Salzani e Bianchi. «L’impugnatura è a “mazzuolo rettilineo”, con una parte più sottile originariamente rivestita da un’immanicatura in materiale deperibile e l’estremità ingrossata, che rimaneva probabilmente a vista ed era così per evitare lo sfilamento dell’impugnatura». Una forma precisa che rimanda a quella riportata in antiche raffigurazioni rupestri di armi presenti in zona lacustre, come la Roccia delle Griselle a Torri del Benaco. Inoltre altre spade di questo tipo, nel Veronese, sono state trovate nei depositi votivi della bassa pianura di Pila del Brancon a Nogara – oggetto esposto al Museo archeologico nazionale di Verona – e di Corte Lazise a Villa Bartolomea, oltre che come manufatto sporadico a Verona in località Porto San Pancrazio. Per la Soprintendenza ora sarà necessario procedere al restauro del manufatto per bloccare il processo di corrosione del metallo. Ma non solo. Se venissero reperiti i fondi per effettuare analisi archeo-metallurgiche, si potrebbe conoscere la composizione chimica e isotopica del metallo con cui la spada è stata forgiata. Dettagli che permetterebbero di sapere se è stata prodotta con rame dalle miniere del Trentino o di altra provenienza. Magari era stata fabbricata a Peschiera, dove durante il Bronzo Recente era attivo un centro di produzione di armi, strumenti e oggetti di ornamento in bronzo che commerciava questi materiali ad ampio raggio. E allora sarebbe la scoperta nella scoperta, per la ricerca archeologica nel territorio gardesano. Autore: Camilla Madinelli- 4 commenti
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Accadde domani 4 gennaio 1439
417sonia ha aggiunto un nuovo link in Monete della Serenissima Repubblica di Venezia
Buona serata “Galeas per montes” è lo specifico termine con il quale si indica una delle più impensabili ed epiche imprese che la Serenissima mise in opera durante le numerose guerre che, nel medioevo, la videro opporsi a Filippo Maria Visconti, signore del ducato di Milano. A Venezia “regnava” il Doge Francesco Foscari eletto nel 1423 e deposto con gran scandalo, in spregio alla leggi della Repubblica, dal "Consiglio dei X" nel 1457; furono 34 anni di guerre che costarono a Venezia lunghi e penosi sacrifici, con le finanze in "sconquasso" e le cui conseguenze si trascinarono nel tempo. Guerra guerreggiata e guerra diplomatica, dicono gli storici e la vicenda in parola rientra nelle strategie ingegneristiche-militari, che Venezia decise di attuare per sorprendere le truppe milanesi asseragliate a Desenzano e Peschiera. Il Visconti teneva sotto assedio Brescia e controllava la parte meridionale del lago di Garda, grazie alle suddette fortezze lacustri; l'unico modo per Venezia di soccorrere la città era quello di passare a nord del lago e così, il 4 gennaio 1439, salpò da Venezia una flotta costituita da 25 barche grosse, 2 galee e 6 fregate al comando dell'ammiraglio Piero Zen. La flotta imboccò le foci dell'Adige nei pressi di Sottomarina di Chioggia e lo risalì fino a Legnago e Verona per proseguire poi verso la chiusa di Ceraino, posta nella Vallagarina; dopodiché si diresse fino ai Lavini di Marco, una distesa di roccia calcarea posta a sud di Rovereto e poi a Mori, grazie all'impiego di sterratori, falegnami, carpentieri che costruirono una apposita strada foderata da assi di legno sulle quali far agevolmente rotolare le imbarcazioni imbragate in "macchine" poste su rulli. Tutte queste maestranze provvidero a livellare il terreno, togliere dal tracciato alberi e macigni, demolendo anche case e stalle se erano di intralcio. Raggiunto il piccolo lago di Loppio, le imbarcazioni vennero rimesse in acqua per un paio di chilometri; poi la flotta venne nuovamente tirata in secco e trascinata sul ripido pendio per il passo San Giovanni, per poi discendere verso Nago, attraverso la valle di Santa Lucia, per arrivare, finalmente, al lago nei pressi di Torbole. Schema del tragitto e relativa legenda (centrostudidialogo.com) 1- Venezia – La flotta esce dall’Arsenale 2- Imbocca la foce dell’Adige 3- Verona – Nell’Adige c’è poca acqua e sulle imbarcazioni vengono applicati dei “galleggianti” 4- Mori (Tn) – Il convoglio viene portato in secca attraverso macchinari appositamente costruiti 5- Viene trascinato fino al Lago di Loppio, 230 metri slm, poi supera il Passo di San Giovanni, a 264 metri 6 – Torbole (Tn) – Attraverso una discesa molto pericolosa arriva al Lago di Garda. Nell'impresa di trascinamento vennero impiegati ben 2000 buoi requisiti nelle località attraversate dal convoglio e in quelle limitrofe, nonché centinaia di persone tra marinai, rematori, militari e uomini dei luoghi, che dovevano indirizzare le navi e all'occorrenza frenarle, tramite gosse funi. Tutta la complessa operazione non fu particolarmente fausta, giacché le forze milanesi riuscirono a bloccare la flotta veneziana e catturandola in parte; giusto le due galee riuscirono a riparare a Torbole. Brescia non fu liberata, ma grazie al controllo della parte superiore del lago di Garda, Venezia riuscì a far giungere alla città le derrate e gli aiuti che gli consentirono di resistere all'assedio ancora per un anno. Nell'anno successivo Venezia organizzò una nuova squadra navale a Torbole, ben più numerosa della precedente, sfruttando il tracciato impiegato l'anno precedente e questa volta sconfisse i milanesi, guadagnando l'intero controllo del lago. Il costo dell'impresa è stato calcolato in 15.000 ducati d'oro. Evitando di farci venire il mal di testa, non consideriamo l'eventualità che si tratti di ducati di conto, ma reali; 15.000 ducati al peso medio ciascuno di gr 3,50, vuol dire 52.000 grammi (52 Kg) di oro puro. Se consideriamo il valore dell'oro puro in questo periodo, pari a ca. €. 51,00, risulta un esborso da parte della Serenissima di €. 2.652.000, con l'avvertenza che, a quei tempi, il valore dell'oro era ben superiore. Ducato d'oro a nome di Francesco Foscari saluti luciano- 2 commenti
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