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Risultati per Tag 'età del bronzo'.
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Lago di Garda: emerge una bellissima spada dell’Età del Bronzo
ARES III ha aggiunto un nuovo link in Rassegna Stampa
Custodita dal Lago di Garda, emerge una bellissima spada dell’Età del Bronzo Dopo la spada nella roccia, ecco il nuovo episodio: la spada nel lago. Parliamo del Lago di Garda, dove nella scorsa primavera dei sub hanno ritrovato una splendida nonché antichissima arma. Secondo i primi, ma minuziosi esami, la datazione risale al periodo di raccordo tra Età del Bronzo recente ed Età del Bronzo finale (tra il 1350 a.C. ed il 700 a.C.). L’arma ha sulle spalle circa 3.200 – 3.300 anni, ma se li porta bene. È lunga ben 46 cm e sembra che all’impugnatura presentasse, nei tempi antichi, un rivestimento di materiale deperibile La lama non ha dimensioni imponenti, ma si allarga in prossimità della punta. La domanda che sorge spontanea non riguarda le sue dimensioni, ma il luogo del suo ritrovamento: perché si trovava sul fondale di un lago? La risposta è molto semplice e legata all’ambito religioso-culturale dell’epoca in questione. Era infatti fortemente in voga il concetto di “dono al lago“, o più in generale ai corsi d’acqua, anche fiumi e mari. Questo perché era una forma diffusa di sacrificio o dono agli Dei, chiaramente in ottica di un sempreverde do ut des. Il fenomeno non riguardava solo le spade e le armi, ma anche altri oggetti, spesso di valore, per sottolineare infatti l’importanza del sacrificio compiuto e nella speranza di ricevere in cambio qualcosa di ugualmente importante. Il rilievo della spada sta inoltre nella sua rarità. In Italia solo un’altra decina di esemplari dello stesso tipo sono note. Nell’area veronese, tali tipi di ritrovamento riguardavano prettamente la bassa pianura. Quella del lago, legata alla cultura sopra citata, è un unicum, almeno finora. L’antichissima arma giaceva a circa 25 metri di profondità e a 60 di distanza dalla riva del lago. Il ritrovamento è opera di tre sub della compagnia dell’associazione subacquea Gas diving di Bardolino che, coscienziosamente, hanno contattato le autorità competenti. La spada è ritornata alla luce insieme alla cultura e alla storia ad essa collegata, ed il lago sembra averla conservata per noi a lungo con questo preciso intento. https://www.storiachepassione.it/custodita-dal-lago-di-garda-emerge-una-bellissima-spada-delleta-del-bronzo/ -
Galles: colletta per salvare 50 oggetti dell’Età del Bronzo
ARES III ha aggiunto un nuovo link in Rassegna Stampa
Gli abitanti fanno colletta. Devono raccogliere circa 5mila euro per comprare 50 oggetti dell’Età del Bronzo trovati in un campo Parte degli oggetti bronzei trovati in un campo del Galles durante una battuta con metal detector @ Consiglio del Ceredigion Nel pittoresco scenario della contea costiera di Ceredigion, Galles, un tesoro dell’età del bronzo risalente a circa 3.000 anni fa è al centro di una corsa contro il tempo, con i sostenitori del Museo di Aberystwyth che si impegnano a raccogliere 4.200 sterline (equivalenti a 4891 euro) per conservare questa collezione di oltre 50 manufatti. I reperti, tra cui strumenti, punte di lancia e ornamenti per il corpo, sono stati scoperti nei terreni locali da appassionati utilizzando metal detector in un campo agricolo. Questa scoperta è stata dichiarata tesoro dal medico legale, che ha raccolto i pareri di una commissione di esperti. La dichiarazione di “tesoro” di un certo oggetto consente alle istituzioni pubbliche di avere una sorta di diritto di prelazione nell’acquisto degli oggetti, a prezzo di mercato. La legge britannica prevede anche che il ricavato sia equamente diviso tra il cercatore che ha portato alla luce i reperti o i preziosi e il proprietario del terreno in cui la scoperta è stata compiuta. Llangeitho – luogo del ritrovamento – è un villaggio con status di community del Galles centro-occidentale, facente parte della contea del Ceredigion (contea tradizionale: Cardiganshire e situato lungo il corso del fiume Aeron. L’intera comunità conta una popolazione di circa 700 abitanti. Gli oggetti, molto probabilmente, facevano parte di un deposito sacro. Offerte dei fedeli che costituivano un tesoro e che furono sepolte probabilmente da chi aveva compiti sacerdotali. Il Museo di Aberystwyth ha ora l’opportunità di acquistare questi preziosi manufatti per preservarli nella contea, ma il costo non è trascurabile. I sostenitori del museo stanno mobilitando le forze, cercando di raccogliere i fondi necessari attraverso una campagna online guidata da Cyril Evans, uno dei ferventi sostenitori del museo. La collezione comprende non solo utensili e armi, ma anche gioielli bronzei, offrendo un affascinante sguardo nella vita quotidiana di un popolo avanzato dell’età del bronzo. Cyril Evans ha descritto la scoperta come “una collezione molto completa” e ha sottolineato la rarità di reperti del genere nella regione di Ceredigion. Il professor Martin Bates dell’Università del Galles Trinity St David a Lampeter ha commentato l’importanza della scoperta, sottolineando che, nonostante ci siano numerosi reperti dell’età del bronzo nel Regno Unito, questo potrebbe essere il primo “tesoro ben documentato” della sua specie in Ceredigion. Una testimonianza della complessità e dell’avanzamento di queste antiche civiltà. Tuttavia, il costo dell’acquisizione di un tesoro del genere è significativo, come sottolineato dal professor Bates, che ha affermato: “Questi tipi di età del bronzo non costano due penny”. La raccolta fondi online avviata dal signor Evans è quindi cruciale per garantire che questa preziosa collezione resti nella regione e sia accessibile al pubblico. La comunità locale e gli appassionati di storia sono chiamati a unirsi a questa causa, contribuendo finanziariamente per preservare e celebrare un pezzo unico di patrimonio culturale che può offrire una finestra nel passato di Ceredigion e del Galles. Il Museo di Aberystwyth e i suoi sostenitori sperano che, grazie alla generosità del pubblico, questo tesoro dell’età del bronzo possa continuare a ispirare e istruire le generazioni future. https://stilearte.it/gli-abitanti-fanno-colletta-devono-raccogliere-circa-5mila-euro-per-comprare-50-oggetti-delleta-del-bronzo-trovati-in-un-campo/ Credo che "medico legale" non sia la traduzione giusta per "coroner" in quanto è un funzionario governativo che ha il potere di condurre od ordinare un'indagine sulle circostanze o sulle cause di un decesso e di indagare o confermare l'identità di una persona sconosciuta che è stata trovata morta nella giurisdizione del coroner o anche altre tipologie di indagine. All'interno dell'ufficio del coroner lavora un (o più) medico legale.... Quindi tralasciamo questi particolari e godiamoci la notizia. -
Lago di Garda: emerge una bellissima spada dell’Età del Bronzo
Vel Saties ha risposto a un topic di ARES III inviato in Rassegna Stampa
BARDOLINO (Vr). Estratta la spada nella roccia sul fondo del lago di Garda: ha oltre tremila anni. https://www.archeomedia.net/bardolino-vr-estratta-la-spada-nella-roccia-sul-fondo-del-lago-di-garda-ha-oltre-tremila-anni/ Era incastrata tra le rocce in fondo al lago, a 25 metri di profondità. Sbucava solo una punta. Abbastanza, però, per attirare l’attenzione di tre subacquei dell’associazione Gas Diving di Bardolino impegnati quest’estate in un’immersione a 60 metri dalla costa. Così Tobia Cigagna, Leonardo Bonvissuto e Federico Gugole si sono avvicinati a quell’oggetto misterioso e l’hanno recuperato, scoprendo che si trattava di una spada lunga 46 centimetri. Una volta portata sulla barca, l’hanno esaminata con più attenzione e si sono accorti dell’eccezionalità del ritrovamento. Da lì è scattata subito la segnalazione alla Soprintendenza di Verona da parte del presidente dell’associazione, Michele Girelli, e dell’istruttore responsabile alla formazione, Davide Furlani. La spada è stata consegnata agli esperti perché ne studiassero fattezze e valore. E che valore: dalle ricerche eseguite in questi mesi dalle archeologhe Paola Salzani e Paola Bianchi è emerso che la spada ritrovata dai sub bardolinesi risale all’Età del Bronzo, precisamente alla fase di transizione tra il Bronzo Recente e il Bronzo Finale. In termini cronologici, tra la fine del XIII e l’inizio del XII secolo a.C. Si tratterebbe di una deposizione votiva, secondo una precisa usanza di quell’epoca: gettare spade o altri oggetti pregiati in fiumi e laghi come dono alle acque. A dirlo sono le due specialiste che l’hanno presa in esame. «Allo stato attuale della ricerca in Italia sono note soltanto poche decine di esemplari di questo tipo di spada», scrivono nella dettagliata relazione. «Raramente sono state rinvenute come corredi di sepolture di guerrieri armati o in ripostigli e depositi votivi, mentre più spesso si tratta di rinvenimenti sporadici fortuiti come nel caso di questo esemplare del lago di Garda». Orgogliosi i sub della Gas Diving, che raduna una cinquantina di soci ed è attiva a Bardolino da cinque anni. «Questa scoperta ci rende molto felici, attendavamo con ansia di conoscere gli esiti degli studi della Soprintendenza», afferma il presidente Girelli. Le ultime indagini archeologiche sono ancora in corso, poi verrà deciso dove sistemare il reperto per farlo vedere al pubblico. «Ci piacerebbe poterla esporre anche a Bardolino», ammette Girelli. Questa spada è molto antica ed è assimilabile, spiegano gli esperti della Soprintendenza, ai tipi classificati come Arco e Terontola. Altri ritrovamenti simili sono avvenuti in Italia centrale, nelle acque del lago Trasimeno, in Europa continentale e nei Balcani. «Presenta una lama abbastanza corta, con un’evidente espansione in prossimità della punta», segnalano Salzani e Bianchi. «L’impugnatura è a “mazzuolo rettilineo”, con una parte più sottile originariamente rivestita da un’immanicatura in materiale deperibile e l’estremità ingrossata, che rimaneva probabilmente a vista ed era così per evitare lo sfilamento dell’impugnatura». Una forma precisa che rimanda a quella riportata in antiche raffigurazioni rupestri di armi presenti in zona lacustre, come la Roccia delle Griselle a Torri del Benaco. Inoltre altre spade di questo tipo, nel Veronese, sono state trovate nei depositi votivi della bassa pianura di Pila del Brancon a Nogara – oggetto esposto al Museo archeologico nazionale di Verona – e di Corte Lazise a Villa Bartolomea, oltre che come manufatto sporadico a Verona in località Porto San Pancrazio. Per la Soprintendenza ora sarà necessario procedere al restauro del manufatto per bloccare il processo di corrosione del metallo. Ma non solo. Se venissero reperiti i fondi per effettuare analisi archeo-metallurgiche, si potrebbe conoscere la composizione chimica e isotopica del metallo con cui la spada è stata forgiata. Dettagli che permetterebbero di sapere se è stata prodotta con rame dalle miniere del Trentino o di altra provenienza. Magari era stata fabbricata a Peschiera, dove durante il Bronzo Recente era attivo un centro di produzione di armi, strumenti e oggetti di ornamento in bronzo che commerciava questi materiali ad ampio raggio. E allora sarebbe la scoperta nella scoperta, per la ricerca archeologica nel territorio gardesano. Autore: Camilla Madinelli- 4 commenti
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La cultura di Hallstatt (1200 a.C. - 500 a.C.) è stata una cultura dell'Europa centrale dell'età del bronzo e degli inizi dell'età del ferro. Prende il nome dalla cittadina di Hallstatt, nei pressi di Salisburgo (Salzkammergut), nei dintorni del quale è stato rinvenuto il sito tipo attribuito a tale cultura. Nel 1846 Johann Georg Ramsauer, direttore delle locali miniere, scoprì una grande necropoli preistorica del I millennio a.C. Gli scavi proseguirono nella seconda metà del XIX secolo, fino al 1876, ad opera dall'Accademia delle scienze di Vienna, portando alla scoperta di oltre mille tombe con una ricca suppellettile funeraria. Gli oggetti si erano conservati particolarmente bene a causa della salinità del suolo. Lo stile e la decorazione degli oggetti rinvenuti erano fortemente caratteristici e oggetti simili erano diffusi in gran parte dell'Europa. A causa dell'importanza della scoperta il sito diede il nome alla fase più antica dell'età del ferro nella cronologia elaborata nel 1872 dall'archeologo svedese Hans Hildebrand, mentre la fase più recente dell'età del ferro prendeva il nome dal sito di La Tène (Cultura di La Tène). Gli abitanti del sito sfruttarono le miniere di salgemma esistenti nell'area, da cui si ricavava il sale, indispensabile ovunque per la conservazione dei cibi e che comportava intensi scambi commerciali. Il sito declinò con l'inizio dello sfruttamento delle vicine miniere di Hallein e fu abbandonato per una frana nel IV secolo a.C. Nella necropoli le sepolture a inumazione sono di poco più numerose di quelle a incinerazione. Le fasi La cultura di Hallstatt si sviluppò tra il XIII e il VI secolo a.C., come probabile evoluzione della "cultura dei campi di urne" a cui inizialmente si sovrappone, e fu suddivisa in quattro fasi principali: Hallstatt A e Hallstatt B corrispondono alla tarda età del bronzo (1200-800 a.C. ca.) Hallstatt C corrisponde agli inizi dell'età del ferro (800-600 a.C. ca.) e alle tombe a tumulo principesche Hallstatt D (600-500 a.C. ca.) l'area occidentale, probabilmente in connessione con il commercio verso il Mediterraneo, acquista una maggiore importanza La ceramica e gli oggetti di ornamento presentano ugualmente significative differenze tra i diversi periodi. La cultura di Hallstatt è collegata alla formazione dei Protocelti. La diffusione Collocazione della Cultura di Hallstatt (XIII-VI secolo a.C.). Si possono inoltre distinguere in questa cultura un'area orientale (Croazia, Slovenia, Ungheria occidentale, Austria, Moravia, Slovacchia) e un'area occidentale (Italia settentrionale, Svizzera, Francia orientale, Germania e Boemia). Gli scambi commerciali e i movimenti migratori delle popolazioni diffusero ulteriormente la cultura di Hallstatt nella metà orientale della penisola iberica e nelle isole britanniche. Contatti commerciali Il commercio con la Grecia, che probabilmente si svolgeva a partire dalla colonia di Massalia (Marsiglia) è attestato dal ritrovamento di vasi in ceramica a figure nere di stile Attico nelle tombe più ricche delle fasi più tarde. Sono attestate inoltre importazioni di lussuose opere toreutiche dall'Etruria. Si importavano inoltre ambra, avorio e vino. Alcuni ritrovamenti avevano fatto pensare alla presenza di importazioni di tessuti di seta dall'oriente, ma analisi recenti hanno smentito questa ipotesi. Dal sud veniva importata una tintura rossa. I tumuli principeschi Girocollo in ambra. Corazze ed elmo dall'Austria Nelle zone centrali della cultura di Hallstatt si rinvennero tombe particolarmente ricche sotto grandi tumuli, riferibili cronologicamente alla fase finale di questa cultura. Ai tumuli sono associati abitati fortificati in altura. I corredi presentano spesso beni di lusso di importazione, che testimoniano dei numerosi contatti commerciali. Le tombe contengono spesso carri da guerra a quattro ruote e finimenti da cavallo. Tra gli esempi più noti si possono citare i tumuli di Býčí Skála ("Roccia del Toro"), di Vix e di Hochdorf an der Enz. Un modello di carro da guerra fatto in piombo è stato rinvenuto nel sito di Frögg, in Carinzia. I siti fortificati comprendono spesso officine per la lavorazione del bronzo, dell'argento e dell'oro. Si possono citare i siti di Heuneburg, nell'alta valle del Danubio, nella cui necropoli sono stati rinvenuti nove grandi tumuli, di Mont Lassois presso Châtillon-sur-Seine, nella Francia orientale, con la ricca tomba di Vix, e di Molpir nella Repubblica Ceca. Di particolare pregio artistico gli elaborati gioielli di bronzo e di oro, e le stele scolpite, come il celebre guerriero di Hirschlanden.
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Trovata una grande sala riunioni di un re di 3000 anni fa
ARES III ha aggiunto un nuovo link in Storia ed archeologia
Trovata una grande sala riunioni di un re di 3000 anni fa. Siamo all’Età del Bronzo. 254 metri quadri di superficie, un camino. La tomba non lontana Le fondazioni della sala del trono di un sovrano dell’Età del bronzo. Il ritrovamento è stato presentato poche ore fa dall’autorità distrettuale tedesca @ Foto Distretto di Prignitz La squadra di scavo ha fatto una scoperta vicino al tumulo del re Hinz che non ha eguali in tutta l’età del bronzo nordica (dal 2200 all’800 a.C.). Lì sono stati scoperti i resti di una sala riunioni dell’età del bronzo di 10 x 31 metri, con una superficie interna di oltre 250 metri quadrati: solo le dimensioni sono uniche per quest’epoca, almeno in Germania. L’edificio, che presenta una parte absidata – dove forse era collocato il trono – era costruito in legno con intonacatura a graticcio ed era probabilmente alto 7 metri. La squadra di scavo al lavoro. @ quartiere Prignitz Chi pensa che Prignitz sia una regione periferica è stato smentito dagli archeologi, almeno per quanto riguarda l’età del bronzo: sembra che la regione fosse un centro di potere ai tempi del leggendario re Hinz fino a circa 2.800 anni fa. Ciò è supportato dal fatto che gli archeologi hanno ora scoperto i resti di una sala riunioni – o sala del trono – del IX o X secolo a.C., le cui dimensioni sono uniche per l’età del bronzo nordica – un ritrovamento di portata tedesca, se non europea. Resti del camino nella Sala del Re. @ Foto Distretto di Prignitz SiSe I – Ambiente di insediamento Seddin è il titolo del progetto di ricerca triennale, avviato dal febbraio di quest’anno e sostenuto dalla Fondazione tedesca per la ricerca (DFG) con 300.000 euro. La collaborazione tra l’Ufficio statale del Brandeburgo per la conservazione dei monumenti e il Museo archeologico statale (BLDAM) e il Seminario di preistoria e protostoria dell’Università di Göttingen ha già dato i suoi frutti nel suo primo anno. Il ritrovamento è avvenuto nei pressi della tomba reale, vicino a Seddin, scoperta nel 1899 e datata al IX secolo a.C., considerata il complesso più importante dell’epoca nell’Europa centro-settentrionale. La tomba, coperta da un grande tumulo di terra, conteneva anche oggetti importati dal Mediterraneo, come vasi di bronzo e perline di vetro. Presentazione del ritrovamento (da sinistra): il Dott. Immo Heske, il professor Dr. Franz Schopper, Christian Fenske a capo della divisione 2 dell’amministrazione distrettuale di Prignitz e il segretario di Stato Tobias Dünow del Ministero della scienza, della ricerca e della cultura del Brandeburgo. @ Foto Distretto di Prignitz A sinistra una delle ceramiche trovate durante gli scavi, a destra – per la comparazione della data – un vaso dell’Età del Bronzo oggi conservato al Museo Perleberg. @ Foto Distretto di Prignitz Il distretto di Prignitz era rappresentato dal capo della divisione 2, Christian Fenske , dal capo del dipartimento per la protezione dei monumenti, Gordon Thalmann, e dall’archeologo distrettuale Torsten Geue. Il capo dell’ufficio per l’ordine pubblico, Karsten Lehmann , è venuto come rappresentante della comunità di Groß Pankow . Alla presentazione della Sala del Re ha insistito per essere presente anche l’amministratore delegato dell’Associazione turistica di Prignitz, Mike Laskewitz. Le fondazioni della sala del trono di un sovrano dell’Età del bronzo. Il ritrovamento è stato presentato poche ore fa dall’autorità distrettuale tedesca @ Foto Distretto di Prignitz Tobias Dünow : “ Ciò che viene presentato qui è davvero spettacolare. Ci vuole sicuramente fortuna per trovare qualcosa del genere. Ma è anche il risultato di una collaborazione esemplare a diversi livelli, in particolare con il distretto di Prignitz e il comune di Groß Pankow”. Il segretario di Stato ha inoltre sottolineato che Seddin è la prima e finora unica zona di protezione degli scavi nel Brandeburgo, che da molti anni è oggetto di ricerca interdisciplinare. Christian Fenske: “Questo è davvero un grande progetto realizzato da persone con passione. Mille grazie a Immo Heske, Franz Schopper, Gordon Thalmann, Torsten Geue e tutti i soggetti coinvolti. È una vera scoperta sensazionale. Nel nostro dipartimento abbiamo una visione diversa del progetto: per noi il turismo è un pilastro importante”. Karsten Lehmann: “Voglio ringraziare tutti i presenti, compresi i proprietari dei terreni e i gestori. Non vedo l’ora di valutare un altro progetto di scavo qui e magari di esaminare reperti completamente diversi”. Franz Schopper: “Questo è un vero successo: una pianta estremamente estesa con il cuore di un camino al centro.” Secondo Schopper, le pareti dell’edificio erano costituite da assi di legno e un graticcio di intonaco di argilla. Si presume che l’edificio fosse alto circa sette metri e avesse pertanto piani aggiuntivi. Schopper: “Un gran numero di attori hanno reso servizi eccezionali a Seddin. Un sentito ringraziamento al comune di Groß Pankow, al distretto di Prignitz e allo Stato di Brandeburgo. Tutti hanno preso un impegno economico”. Immo Heske: “Questo è l’edificio più grande del suo genere, conosciamo solo quattro edifici di quest’epoca in un periodo di 1000 anni che sono così ampi. La superficie interna al piano terra è di 254 mq. Probabilmente sarà stata una sala per riunioni con camino”. A prima vista si distingue appena la planimetria e qualche resto di pietre da campo. Tuttavia, da una posizione leggermente elevata o dall’alto, è possibile vedere chiaramente l’entità del reperto e il suo contorno. https://stilearte.it/trovata-una-grande-sala-riunioni-di-un-re-di-3000-anni-fa-siamo-alleta-del-bronzo-254-metri-quadri-di-superficie-un-camino-la-tomba-non-lontana/ The Colossal Nordic Bronze Age Hall Unearthed in Germany May Be the Legendary King Hinz Meeting Hall A colossal hall from the Bronze Age was discovered during excavations near the “royal grave” of Seddin (Prignitz district) northwest of Berlin, Germany. A colossal Bronze Age building remains thought to be the fabled meeting hall of King Hinz, a legendary figure purported to be interred in a golden coffin. Since the spring, the Brandenburg State Office for Monument Preservation and archaeologists from the University of Göttingen have been carrying out large-scale excavations around the legendary royal grave of Seddin. The “King’s Grave” near Seddin near Groß Pankow is considered the most important grave complex of the 9th century BC in northern Central Europe. It was discovered in 1899 during stone extraction work. As the Brandenburg State Office for Monument Preservation announced on Wednesday in Wünsdorf, it is the largest building of its kind from the Nordic Bronze Age (approx. 2200-800 BC). It was said that the meeting hall of the legendary “King Hinz” was probably excavated with the 31 by 10 meter (102 by 33 feet) floor plan. According to state archaeologist Franz Schopper, it is a “really big, spectacular find”. Dr. Immo Heske “Houses in prehistory were usually built in such a way that they were six to seven, sometimes eight meters wide. We’re at ten meters here, that’s what’s unusual,” explains Dr. Immo Heske, a leading archaeologist at the University of Göttingen. The walls of the building consisted of wooden planks and wattle and daub with clay plaster. The roof was covered with thatch or straw. Due to the estimated building height of seven meters, it is assumed that there were additional floors for living and storage. There was a fireplace centrally located inside the western half of the building. A miniature vessel was recovered on the northern long wall, which is interpreted as a ritual sacrifice. The experts also found two outer walls of the hall made of piled-up field stones in the Prignitz soil. A completely atypical construction method for Northern Europe in the Bronze Age. Remains of the fireplace in the King’s Hall. Photo: Prignitz district -
Urne dell’Età del Bronzo su una spiaggia della Puglia
ARES III ha aggiunto un nuovo link in Storia ed archeologia
Urne dell’Età del Bronzo su una spiaggia della Puglia. In una tomba di 3200 anni fa un prezioso “rasoio bilama” di un capo. Le foto Scoperte archeologiche A un passo dalla spiaggia e dal mare cristallino del Salento, presso Torre Guaceto, dove le acque mutano repentinamente dall’azzurro al turchese e al blu intenso, è stata trovata una necropoli dell’Età del Bronzo. Quest’anno gli scavi hanno permesso di portare alla luce urne cinerarie di ottima fattura, che erano state calate nei pozzetti, in un punto in cui gli Dei del mare giungevano nella spuma dell’onda, in una nuvola profumata d’acqua polverizzata. Tra le sepolture anche un’urna particolarmente sontuosa. E lì accanto un rasoio di bronzo. Possedere un rasoio in bronzo non doveva essere una fatto normalmente diffuso. Esso rappresentava – anche – uno status symbol, come dimostra, peraltro, la ricchezza del vaso cinerario a cui lo strumento per la rasatura (nella foto qui sotto) si riferisce. “Le indagini si sono concluse da poco e, anche se il team degli archeologi non ha ancora iniziato a lavorare sui materiali appena rinvenuti, gli entusiasmi degli ultimi giorni sono ormai ufficialmente confermati: la campagna di scavo 2023 della necropoli a cremazione dell’età del Bronzo di Torre Guaceto è stata davvero un successo” dicono gli studiosi del dipartimento Archeologia della Preistoria dell’ Università del Salento “Basterebbe considerare anche solo gli scarni dati numerici – dicono gli archeologi dell’università salentina – nel solo mese di giugno è stato infatti possibile raddoppiare il numero complessivo di tombe scoperte nel corso delle tre annate precedenti, numero che raggiunge ora la quota di 65 deposizioni funerarie”. “Non si tratta però solo di una questione di numeri” – sottolinea il direttore dello scavo, il prof. Teodoro Scarano del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, che nel 2019 ha scoperto la necropoli e dal 2021 conduce le ricerche in regime di concessione ministeriale in collaborazione con il Dipartimento di Storia, Culture e Civiltà dell’Università di Bologna, con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Bari e con l’Istituto Archeologico Austriaco dell’Accademia delle Scienze di Vienna, in accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi e Lecce e con il supporto del Consorzio di Gestione di Torre Guaceto. “Il prof. Scarano spiega infatti che i risultati ottenuti sono di grandissimo rilievo se si considera che lo scavo (che sino a questo momento si era svolto in aree coincidenti con la spiaggia attuale) era indirizzato soprattutto a verificare l’eventuale estensione della necropoli verso l’entroterra” afferma il dipartimento archeologico dell’Università del Salento. “Le indagini hanno consentito di accertare che, nonostante le importanti trasformazioni ambientali avvenute nel corso degli ultimi millenni (soprattutto a causa dell’innalzamento del livello del mare con la conseguente sommersione della linea di costa antica), ampi tratti della necropoli a cremazione sono ancora ben conservati sia al di sotto della duna che della vegetazione costiera immediatamente retrostante”. prosegue il professor Scarano. Sebbene spesso le tombe risultino danneggiate nella porzione superiore da interventi condotti dall’uomo nei secoli successivi all’abbandono della necropoli (Età Ellenistica), e poi forse anche in tempi molto più recenti a causa delle attività connesse con la piantata delle tamerici, in qualche caso la perseveranza degli archeologici è stata davvero premiata. Eccezionale è infatti il rinvenimento di alcune tombe che presentano invece sia l’urna che la ciotola di copertura ancora integralmente conservate all’interno del pozzetto di deposizione e che, in almeno due casi, vedono l’urna riccamente adornata con motivi decorativi ad impressione e solcature. “Si tratta di deposizioni funerarie che si collocano in una fase avanzata dell’età del Bronzo (XII-XI secolo a.C.) – sottolinea il prof. Scarano – e che sono da attribuire con ogni probabilità ad individui di rango così come dimostra, almeno nel caso della tomba n. 38, il rinvenimento di un rasoio bitagliente in bronzo tipo Pertosa che, diversamente dagli ornamenti femminili in bronzo e ambra sin qui rinvenuti, suggerirebbe per la prima volta la presenza di un individuo di sesso maschile tra le tombe con corredi di pregio”. Le singole tombe, con il loro prezioso contenuto di resti umani combusti e di oggetti di corredo, costituiscono però solo una parte di quello che lo scavo archeologico sta portando alla luce nell’area della necropoli di Torre Guaceto. Spesso attorno alle urne, ad esempio, sono deposti dei vasi accessori che, sulla base delle analisi chimiche sin qui effettuate, sembrerebbero aver contenuto bevande fermentate a base di cereali (birra!) che testimonierebbero lo svolgimento di libagioni connesse con la deposizione funeraria. Oltre alle tombe, inoltre, quest’ultima campagna di scavo ha notevolmente arricchito anche il repertorio di deposizioni a carattere cultuale già saltuariamente identificate negli anni precedenti in quest’area e che documentano lo svolgimento di azioni rituali forse avvenute in un momento precedente all’avvio delle pratiche funerarie o nella sua fase più antica (Bronzo Medio). Si tratta perlopiù di fosse colmate di materiali combusti e di pozzetti sul cui fondo sono deposti vasi miniaturistici, coppe capovolte o macine, evidenze che potrebbero occupare degli spazi sacri delimitati da recinti e palizzate. Nei prossimi mesi gli archeologi saranno impegnati nelle attività di microscavo del contenuto delle urne e poi nel restauro delle ceramiche e dei manufatti in bronzo, e nelle analisi dei resti umani, dei resti vegetali e di quelli animali, nello studio dei terreni così come nelle datazioni radiocarboniche e nell’elaborazione di tutta la documentazione di scavo. https://www.stilearte.it/urne-delleta-del-bronzo-trovate-su-una-spiaggia-della-puglia-in-una-tomba-di-3200-anni-fa-un-prezioso-rasoio-bilama-di-un-capo-le-foto-la-storia/ -
Ritrovate teste d'ascia in Gran Bretagna
ARES III ha aggiunto un nuovo link in Storia ed archeologia
Padre e figlio trovano nei campi 14 teste d’ascia dell’Età del Bronzo. Ora si cerca un santuario o un villaggio 14 teste d’ascia dell’Età del Bronzo sono stati trovati in un campo da Martin Turner, responsabile della manutenzione di una fattoria di Dorchester, in Inghilterra e da suo figlio Rhys. Padre e figlio stavano rilevando il terreno con i metal detector, quando hanno notato un segnale forte. Hanno scavato con la vanghetta trovando prima una parte del deposito – 8 pezzi, poi una seconda. Buona parte delle asce sono perfettamente integre. Turner ha avvertito gli archeologi che hanno compiuto un sopralluogo e che hanno programmato uno scavo per cercare di sciogliere il mistero. Il sottosuolo, nei pressi della fattoria è ricco di reperti di varie epoche, che vengono regolarmente alla luce, in piccola parte, durante arature o ricerche di superficie. A giudizio degli archeologi le 14 teste d’ascia dovrebbero risalire al 1400-1700 a.C. Esistevano strutture dell’età del bronzo, in quel punto? Erano abitazioni o un luogo di culto. Oggi non siamo in grado di avvertire quale fosse il valore del bronzo, nell’omonima epoca. Si era passati dalla lavorazione della pietra alla scoperta del rame, fino a giungere a produrre una lega più vigorosa e performante. Il bronzo, oltre ad essere utilizzato per produrre utensili di alta qualità, che consentivano di affrontare lavoro e difesa-offesa con grande efficacia, aveva un valore intrinseco perchè poteva essere fuso per produrre nuove utensili. Gli archeologi dovranno cercare di capire la natura del deposito, indagando l’area circostante. Lo scavo ricognitivo avverrà alla fine delle colture. In ogni caso l’accumulo delle teste d’ascia, che configura un deposito, è collegato alla preziosità del materiale. Esso fu depositato presso un villaggio o presso un santuario? Fu una tesaurizzazione personale o un omaggio alla divinità? Sono queste le risposte che potranno fornire gli archeologi quando in autunno avranno mano libera allo scavo. https://www.stilearte.it/padre-e-figlio-trovano-nei-campi-14-teste-dascia-delleta-del-bronzo-ora-si-cerca-un-santuario-o-un-villaggio/ PS: come al solito invito tutti a leggere le normative italiane in materia di MD -
Scoperta una tomba di coppia. Lui e lei. 30enni vissuti 3200 anni fa. Sepolti insieme nel letto, sull’oro La tomba di due persone, probabilmente una coppia – composta da un uomo e da una donna – è stata scoperta a Metsamor, in Armenia, da un team di archeologi polacco-armeno. I due morirono contemporaneamente 3200 anni fa, durante la tarda Età del Bronzo. I loro corpi furono affidati, insieme, all’Aldilà, deposti su un letto e ornati da ricche corone preziose, tre delle quali d’oro. Per intenderci sull’epoca possiamo dire che la giovane coppia visse mentre il più importante regno dell’epoca, nel nostro quadrante, era nelle mani del faraone Ramesse II (1303 a.C. – 1213 o 1212 a.C.). La notizia è stata data in queste ore da Nauka W Polsce, la testata che si occupa della Scienza in Polonia. Veduta della cittadella megalitica, in cui abitava la coppia.. Foto. Simon Zdziebłowski Lo scavo archeologico relativo alla sepoltura congiunta dellla donna e dell’uomo. Foto Joanna Pawlik I ricercatori hanno anche trovato i resti di un letto funerario in legno. Stime preliminari indicano che la donna e l’uomo avevano, al momento della morte, un’età compresa tra i 30–40 anni. “La morte di queste persone per noi è un mistero. Non ne conosciamo la causa, ma tutto indica che sono morte contemporaneamente, perché non ci sono tracce della riapertura della tomba. Quindi la tomba è stata chiusa, su entrambi, nello stesso istante” – dice il responsabile della ricerca, prof. Krzysztof Jakubiak della Facoltà di Archeologia dell’Università di Varsavia, lo studioso che coordina il progetto congiunto del Centro di archeologia mediterranea dell’Università di Varsavia e del Dipartimento di antichità e protezione del patrimonio nazionale dell’Armenia. Parte del corredo funebre. Le collane erano formate da grani di corniola e da elementi d’oro. Foto Marek Truszkowsky All’interno della tomba, gli archeologi hanno trovato oltre un centinaio di perline e ciondoli d’oro, numerosi pendenti in corniola – “Probabilmente tutti questi elementi costituivano tre collane” – dice Krzysztof Jakubiak. una dozzina di vasi di ceramica integri e una unica fiaschetta di maiolica, che non risulta di produzione locale, ma oggetto di importazione dall’area dell’antico confine siriano-mesopotamico. E’ evidente che la giovane coppia apparteneva all’élite della città di Metsamor. Metsamor aveva raggiunto il periodo di massimo splendore tra il IV al II millennio aC, L’insediamento occupava oltre 10 ettari ed era circondato da mura ciclopiche. “Durante la prima età del ferro dall’XI al IX secolo – dice Szymon Zdziebłowski di Nauka W Polsce – Metsamor crebbe fino ad occupare quasi 100 ettari. La parte centrale a forma di fortezza era circondata da complessi di templi con sette santuari. A quel tempo era uno dei centri culturali e politici più importanti della valle di Araks. Il luogo fu abitato ininterrottamente fino al XVII secolo”. Le sepoltura bisoma sarà studiata accuratamente. I resti non sembrano portare segni di violenza all’apparato osseo. Ma è anche chiaro che lesioni ai tessuti molli non sono più rilevabili. Difficile ipotizzare la causa di morte – a livello di sepolture bisome – che potrebbe essere anche legata a un avvelenamento del cibo o dell’aria a causa del monossido di carbonio . Più difficile ipotizzare che le sepolture bisome siano originate da una contemporanea malattia mortale della coppia quando, come in questo caso, la tomba fu sigillata e mai più riaperta. https://www.stilearte.it/scoperta-una-tomba-di-coppia-lui-e-lei-trentenni-vissuti-3200-anni-fa-sepolti-insieme-nel-letto-sulloro/
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Torre Guaceto trovate 35 tombe dell'età del bronzo
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Archeologia, decine di tombe e reperti dell’età del bronzo: a Torre Guaceto trovate sepolture di 3mila anni fa Molti reperti sono già stati restaurati, ora si pensa alla creazione di un museo. Le scoperte sono state fatte dal team di archeologi del Dipartimento di Beni Culturali dell'Università del Salento, con il supporto della Soprintendenza archeologia per le Provincie di Brindisi e Lecce Decine di tombe risalenti all'età del bronzo, 35 al momento, sono state portate alla luce dagli archeologi nell'ambito delle campagne di scavo 2021/2022 condotte nella riserva di Torre Guaceto. I reperti della necropoli a cremazione rinvenuta sotto la sabbia della spiaggia delle conchiglie sono già stati in parte restaurati e ora si pensa alla creazione di un museo. La necropoli Sono 20 le tombe rinvenute grazie agli scavi archeologici condotti nell'area protetta da giugno, fino a pochi giorni addietro. Altre 15 - sottolinea una nota - erano state scoperte con la campagna 2021 che, oltre a portare alla luce per la prima volta la necropoli a cremazione di Torre Guaceto, ha permesso di iniziare a ricostruire i costumi funerari della popolazione che nella tarda età del Bronzo (XIII-XII sec .aC) popolava il promontorio della torre aragonese ed aveva allestito il proprio cimitero poco distante, nell'area dell'attuale spiaggia delle conchiglie. Il laboratorio archeologico Le scoperte sono state fatte dal team di archeologi diretti dal professore Teodoro Scarano del Dipartimento di Beni Culturali dell'Università del Salento, con il supporto della Soprintendenza archeologia per le Provincie di Brindisi e Lecce che ha permesso di aprire gli scavi in regime di concessione ministeriale, e del Consorzio di Gestione di Torre Guaceto, da sempre molto attento e pronto ad investire per la ricostruzione del volto antico della riserva, tanto da essere l'unico Ente Parco italiano ad aver realizzato un proprio laboratorio archeologico. Il progetto di ricerca, ripreso in mano nel 2019 con la scoperta fortuita delle prime quattro tombe a cremazione affioranti subito sotto la sabbia, vanta diverse collaborazioni sia nazionali, sia internazionali e vede soprattutto una consolidata partnership con l'Università di Bologna. "La scoperta della necropoli - ha spiegato Scarano -, rientra in un più ampio progetto di archeologia dei paesaggi costieri che il gruppo di ricerca archeologica dell'Università del Salento conduce dal 2008 nel territorio della riserva in collaborazione con il professore Giuseppe Mastronuzzi del Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell'Università di Bari. La mappatua L'individuazione delle tombe e la mappatura di un'ampia serie di evidenze presenti nella stessa area, sul banco di roccia anche al di sotto dell'attuale livello del mare, testimoniano infatti con inusuale chiarezza di come nell'età del Bronzo, la linea di costa e la geografia di questo luogo fossero differenti da oggi, offrendoci dunque l'opportunità di ricostruirne l'aspetto di oltre 3mila anni fa". https://cultura.tiscali.it/news/articoli/torre-guaceto-tombe-reperti-eta-bronzo/ -
Puglia Scoperto un insediamento dell'età del Bronzo nel Salento
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Un insediamento dell'età del Bronzo scoperto nel Salento Un saggio di scavo eseguito dalla Soprintendenza archeologica di Brindisi, Lecce e Taranto lungo il litorale di Nardò ha riportato alla luce una piastra in argilla per la cottura degli alimenti e una gran quantità di ceramiche dell'Età del Bronzo medio (XV secolo a.C.). L'intervento, nella penisola dell'Aspide tra Santa Caterina e Santa Maria al Bagno, ha avuto il supporto operativo del Comune di Nardò. https://bari.repubblica.it/cronaca/2020/09/03/news/archeologia_insediamento_eta_del_bronzo_salento-266161871/amp/ Una piastra in argilla per la cottura degli alimenti, sepolta sotto pochi centimetri di terra. È quanto emerso durante un saggio di scavo eseguito dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto lungo il litorale neretino, sulla penisola cosiddetta dell’Aspide, a metà strada tra le marine di Santa Caterina e di Santa Maria al Bagno. La località, tutelata con vincolo archeologico da circa un anno, era nota da tempo per la presenza di materiale ceramico disperso in superficie e per la presenza di un muro di chiusura della penisola ben visibile nelle fotografie aeree del secondo dopoguerra. Tutto ciò lasciava presumere l’esistenza di testimonianze archeologiche nel sottosuolo, ora finalmente venute alla luce. Il rinvenimento di queste ulteriori evidenze risale, però, allo scorso gennaio quando il Gruppo Speleologico Neretino ha segnalato alla Soprintendenza la presenza di alcune pietre infisse nella terra, che delimitavano piccole aree rettangolari e quadrangolari, probabilmente scoperte dalle mareggiate del novembre scorso. Il saggio, che ha interessato solo metà di una di queste evidenze, ha riportato alla luce una piastra in argilla concotta ben conservata e una gran quantità di ceramica dell’Età del Bronzo medio (XV secolo a.C.) che fa pensare ad un contesto abitativo, quindi ad un piccolo insediamento, in relazione visiva con il promontorio di Torre dell’Alto, dove è attestato un muro di fortificazione databile sempre alla stessa epoca. «La scoperta -spiegano dalla Soprintendenza- conferma ciò che la bibliografia scientifica aveva ipotizzato negli ultimi decenni e potrà fare luce sulle dinamiche insediative che hanno interessato il litorale ionico in particolare e il Salento più in generale in una fase fondamentale della protostoria. Ora sarà importante reinterrare la testimonianza, per poterla tutelare in vista di altri saggi su un’area più vasta. L’auspicio è di poter intervenire a breve e di poter riportare alla luce altre evidenze che potranno essere valorizzate in futuro e che si prestano a diventare una passeggiata archeologica in un contesto di grande valenza paesaggistica, a breve distanza dal frequentatissimo lungomare e oggetto di attenzioni anche da parte degli affezionati bagnanti. L’intervento ha avuto il supporto operativo del Comune di Nardò». https://www.leccesette.it/nardo/72672/piastra-di-cottura-delleta-del-bronzo-continuano-le-scoperte-sul-litorale-neretino.html xresize.php,qsrc=,hwww.leccesette.it,_archivio,_terracotta.JPG,aw=1000,aq=100.pagespeed.ic.0b98thJaoL.webp
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