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Egina: Trovato sul monte rifugio con ceramiche di 3mila anni
ARES III ha aggiunto un nuovo link in Rassegna Stampa
Trovato sul monte rifugio con ceramiche di 3mila anni. I micenei erano in fuga dai pirati etruschi, italici, siculi e sardi? Un misterioso, minuscolo edificio, risalente a circa 3000 anni fa è stato portato alla luce da una missione archeologica greco-svizzera sull’isola greca di Egina, sulla vetta del Monte Ellanio. La scoperta è stata annunciata in questi giorni dal Ministero della Cultura greco. In questo vano che misura 4,5 x 3 metri sono stati rinvenuti trenta vasi di ceramica micenea. Al culmine della montagna, accanto alle rovine del Tempio di Zeus Hellanios – IV secolo a. C -, sorge una piccola bizantina del XIII secolo. I ritrovamenti avvenuti in quest’area portano alla preistoria e, in particolar modo, a un periodo terribile per la civiltà micenea, aggredita dalle cosiddette Popolazioni del Mare, popolazioni marinare – probabilmente collegate anche alle coste e alle isole italiche – che posero sotto scacco gli antenati dei greci e persino gli Egizi. L’attacco sulle coste da parte di questi predoni, costrinse i micenei, che avevano sviluppato una società organizzata ed evoluta, a ritirarsi rapidamente verso i monti, mentre a valle gli incursori facevano bottino e bruciavano case e palazzi, dopo aver seminato morte. Fu probabilmente in questo periodo – come testimonierebbero le ceramiche trovate dagli archeologi greco-svizzeri – che gli abitanti di Egina raggiunsero i punti più impervi dell’isola, per porsi in salvo. Considerate le incursioni reiterate, questi luoghi furono probabilmente rifugi stabili e duraturi. La civiltà micenea, che qui venne posta sotto assedio, è una cultura di origine indoeuropea, fiorita nella Grecia continentale durante la tarda età del bronzo (1600-1100 a.C.), contraddistinta dalla lingua micenea, la più antica varietà di lingua greca attestata. L’espressione prende origine dalla città di Micene e fu coniata da Heinrich Schliemann. Diversamente dai Minoici, la cui società prosperava grazie al commercio, i Micenei si sviluppavano tramite la conquista, essendo un popolo guerriero. La civiltà micenea era dominata da un’aristocrazia guerriera. In seguito i Micenei estesero il loro controllo a Creta, il centro della civiltà minoica (la quale era stata indebolita dall’eruzione di Santorini), e adattarono la forma di scrittura minoica, chiamata Lineare A, finora non ancora decifrata, a una propria arcaica forma di greco, chiamata scrittura Lineare B, invece quasi del tutto decifrata Da Ventris e Chadwitck nel 1952. Non solo i Micenei sconfissero i Minoici, ma secondo successive leggende elleniche essi espugnarono Troia, presentata nell’epica come una città-stato rivale. Il declino della civiltà micenea, un tempo fiorente nell’antica Grecia, rappresenta uno dei misteri più affascinanti e dibattuti della storia antica. Si ritiene che questo declino abbia avuto luogo circa intorno al 1200 a.C., durante l’inizio del periodo noto come Medioevo Ellenico. Tuttavia, le cause esatte di questo declino rimangono ancora oggetto di dibattito tra gli storici e gli archeologi moderni. Una delle teorie più tradizionali attribuisce il declino della civiltà micenea all’invasione dei Dori, un popolo indoeuropeo presumibilmente originario del nord della penisola balcanica. Anche se alcuni sostengono che i Dori fossero già presenti nel Peloponneso in una posizione marginale, vi è una forte corrente di pensiero che li considera come i principali invasori responsabili del crollo della civiltà micenea. Tuttavia, recenti scoperte archeologiche, come le tavolette scoperte a Pilo e scritte in Lineare B, suggeriscono la possibilità di un’invasione marittima, evidenziando preparativi militari frenetici per fronteggiare una minaccia imminente. Uno degli elementi di maggior peso nella crisi di questa società ellenica fu causato dall’ascesa dei cosiddetti “Popoli del Mare”, potrebbe aver contribuito al collasso della civiltà micenea. Questi predoni del mare, probabilmente originari dell’Europa meridionale, soprattutto dell’Egeo, saccheggiarono e invasero varie regioni del Mediterraneo orientale, determinando il crollo di importanti potenze come l’Impero ittita e causando turbolenze in tutto il mondo antico. Ma tra questi predoni confederati – e tra i loro fiancheggiatori – ci sarebbero stati, con ruoli notevoli, anche popolazioni dell’area italica. Gli Shardana, o più correttamente Sherdana, (anche Sherden) erano una delle popolazioni, citate dalle fonti egizie del II millennio a.C. appartenenti alla coalizione dei popoli del Mare; la loro presumibile identificazione con gli antichi Sardi è al momento oggetto di dibattito archeologico. i Šekeleš, sempre indicati tra le Popolazioni dei mari, sono stati associati ai Siculi, popolazione di lingua indoeuropea che si stanziò nella tarda età del bronzo in Sicilia orientale. Tra queste turbolente gente di mare, anche i Tereš, conosciuti anche come Turša, forse Tirsenoi o “Tirreni”, il nome con cui gli autori greci si riferivano agli Etruschi. L’idea di una connessione tra i Tirreni e il mondo del Mar Egeo è emersa successivamente al ritrovamento della Stele di Lemno sull’isola di Lemno nel 1885. Questa stele presenta un’iscrizione in una lingua ritenuta correlata all’etrusco più arcaico, attestato nell’area dell’Etruria meridionale. Alcuni studiosi, come lo storico olandese Luuk de Ligt, ipotizzano che la presenza di una comunità che parlava una lingua simile all’etrusco sull’isola di Lemno nel VI secolo a.C. possa essere stata il risultato di movimenti di mercenari provenienti dalla penisola italica e arruolati dai Micenei. Similmente, l’archeologo austriaco Reinhard Jung suggerisce che i movimenti di guerrieri dall’Italia all’Egeo e al Vicino Oriente potrebbero essere stati associati ai Popoli del Mare. Altri studiosi, come Norbert Oettinger, Robert Drews, Michel Gras e Carlo De Simone, interpretano la presenza di insediamenti etruschi sull’isola di Lemno prima del 700 a.C. come indicativa di attività piratesca o commerciale degli Etruschi nella regione. https://stilearte.it/trovato-un-rifugio-con-ceramiche-di-3mila-anni-fa-sulla-vetta-del-monte-i-micenei-erano-in-fuga-dai-pirati-etruschi-italici-siculi-e-sardi/ -
Nuove imissioni
Sensational65 ha aggiunto un nuovo link in Monete a circolazione ordinaria di tutti i Paesi dell’Area Euro.
Buongiorno, volevo sapere in quali mesi vengono emesse le nuove monete da 2 euro di Slovacchia e Grecia? Ringrazio chi vorrà rispondere! -
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29 monete d’argento, deposito offertoriale femminile e acquedotto dell’imperatore Adriano portati alla luce durante gli scavi Corinto, 14 gennaio 2024 – Durante gli scavi archeologici condotti a Tenea, un’antica città greca nelle vicinanze di Corinto, gli archeologi hanno riportato alla luce una sezione dell’acquedotto di Adriano, una delle più imponenti opere idrauliche del II secolo d.C. Questa rilevante scoperta è stata annunciata dalla Direzione delle Antichità Preistoriche e Classiche del Ministero della Cultura in seguito agli scavi effettuati a Chiliomodi, nella regione di Corinzia, nel sud della Grecia, negli ultimi mesi del 2023. Nel corso degli stessi interventi di dindagine archeologica è stato rinvenuto un prezioso deposito di monete, legato probabilmente a un atto di fondazione religiosa. I materiali recuperati e le contestualizzazioni sono ora al vaglio degli studiosi. Tenea (Τενέα) è un ex comune situato nella periferia del Peloponneso, in Grecia, con una popolazione di circa 5500 abitanti. Questo comune è stato soppresso come parte della riforma amministrativa nota come Programma Callicrate, entrato in vigore nel gennaio 2011. Attualmente, il territorio di Tenea è incluso nel comune di Corinto. La storia di Tenea è avvolta nella mitologia e nei testi storici, con la leggenda che racconti la sua fondazione da parte dei prigionieri di guerra troiani intorno al 1100 a.C. La sua valenza storica nella regione è stata confermata da scoperte archeologiche, inclusi reperti preistorici e un’antica sezione dell’acquedotto di Adriano, che hanno portato alla luce elementi distintivi della sua storia e cultura. Nel corso degli scavi, che si sono concentrati principalmente nella zona di Chiliomodi a circa 80 chilometri a sud-ovest di Atene, gli archeologi non solo hanno portato alla luce l’acquedotto di Adriano, ma hanno anche rinvenuto un eccezionale tesoro composto da 29 rare monete greche antiche d’argento. Queste monete, risalenti al periodo compreso tra la fine del VI secolo a.C. e il 330 a.C., sono descritte come alcune delle più rare e storiche dell’antica Grecia. Tra le monete trovate spiccano infatti tre stateri di Elide coniati ad Olimpia durante vari Giochi Olimpici, stateri di Egina, stateri di Stinfalo, Argo e Opuntia Lokron, nonché stateri di Tebe del V secolo a.C. che raffigurano Ercole che soffoca due serpenti con le mani. La scoperta di questo tesoro è stata collegata alla presenza di manufatti rituali, tra cui figurine femminili, animali, vasi in miniatura e altri, che erano stati scoperti nei precedenti scavi, conferendo così un distintivo carattere rituale ai siti esplorati. Gli archeologi hanno avuto l’opportunità di esplorare e studiare la sezione dell’acquedotto adrianeo che trasportava l’acqua dall’antica città di Corinto da Stinfalo. La struttura dell’acquedotto, scoperta vicino alle terme romane lungo il fiume Karkana, è stata descritta come una delle più grandi opere idrauliche della Grecia del II secolo d.C. Il tratto scavato ha una lunghezza di circa 31 metri in direzione nord-sud. La condotta idrica presenta pareti verticali esterne alte 3,20 metri e una copertura a volta semicircolare. La scoperta dell’acquedotto di Adriano è di particolare importanza poiché offre una visione dettagliata di questa struttura monumentale che ha contribuito allo sviluppo e alla fornitura d’acqua dell’antica città di Corinto. Contestualmente, sono emersi reperti archeologici che testimoniano l’esistenza di Tenea, un’antica città leggendaria menzionata nei miti e nei testi storici, costruita secondo la leggenda dai prigionieri di guerra troiani intorno al 1100 a.C. Sono stati anche ritrovati resti dell’insediamento preistorico di Tenea, risalente alla Prima Età del Bronzo II (2600-2300 a.C.), e un complesso di edifici che abbraccia il periodo dal tardo arcaico a quello ellenistico, comprendente luoghi di culto e tre cisterne elaborate. https://stilearte.it/29-monete-dargento-deposito-offertoriale-femminile-e-acquedotto-dellimperatore-adriano-portati-alla-luce-durante-gli-scavi/
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Amarynthos : nuovi reperti emergono dal santuario di Artemide
ARES III ha aggiunto un nuovo link in Rassegna Stampa
Nuovi reperti emergono dal santuario di Artemide. Ricchi depositi devozionali e fuochi anomali per sacrifici 12 gennaio 2024 – Per il quarto anno consecutivo, il team di archeologi svizzeri appartenenti all’Esag, School of Archaeology in Greece, insieme ai loro colleghi greci, ha condotto scavi entusiasmanti nel santuario di Artemide Amarysia, situato ad Amarynthos, nell’isola di Eubea, in Grecia. La campagna del 2023 – i cui risultati sono stati presentati in queste ore – ha consentito lo scavo completo dei resti di un tempio risalente al VII secolo avanti Cristo. L’edificio ha riservato agli archeologi numerose sorprese: la sua pianta era absidata, cosa abbastanza insolita per questo periodo, mentre le sue dimensioni erano maggiori di quanto originariamente previsto. La sua lunghezza raggiungeva infatti i 34 metri, che corrispondono a 100 piedi nel sistema metrico greco: questa misura “perfetta” si riscontra su altri monumenti dello stesso periodo. default Un aspetto unico di questa struttura è emerso attraverso la scoperta di focolari e altari all’interno del tempio, contrariamente alla pratica comune nei santuari greci, dove solitamente si trovavano all’esterno. Su queste piattaforme di pietra, si svolgevano i riti di sacrificio, come indicato dai densi strati di cenere ricchi di ossa calcinate. Si presume che il fumo dei sacrifici si disperdesse attraverso aperture nel tetto del tempio, offrendo un’interessante variante rispetto alle consuete cerimonie all’aperto. Questa rivelazione getta nuova luce sulle pratiche rituali all’interno di questo antico santuario di Artemide Amarysia. Artemide, come ben sappiamo, era dea della caccia, degli animali selvatici, della foresta, del tiro con l’arco; è anche la dea delle iniziazioni femminili e della luna, protettrice della verginità e della pudicizia. Quando le si voleva chiedere qualcosa a proposito della luna le si offrivano focacce tonde, mentre quando le si voleva chiedere qualcosa a proposito della foresta le si offrivano focacce con la forma della testa di un cervo, che era il suo animale sacro. La festa di Artemide dell’Eubea si distingueva per diversi aspetti, dalle altre feste in nome della Dea, tra i quali gli splendidi cortei; Strabone riferisce di aver visto, nel tempio di Artemide Amarisia, una colonna posta dagli abitanti di Eretria a ricordo di uno splendido corteo celebrativo a cui avevano preso parte 3000 opliti, 600 cavalieri e 60 carri. default Proprio come gli anni precedenti, gli scavi di quest’estate hanno portato alla luce un gran numero di offerte: vasi, armi, gioielli, ecc. Spiccavano diversi oggetti esotici, tra cui una testa d’avorio finemente cesellata con caratteristiche egiziane. Irriconoscibile al momento del ritrovamento, è stato meticolosamente restaurato per rivelare la qualità della sua lavorazione- * La lunga storia del Santuario Man mano che gli scavi continuano, la storia del santuario diventa più chiara. Tracce di incendio fanno pensare che il tempio “di 100 piedi” sia stato parzialmente distrutto da un incendio nella seconda metà del VI sec. a. C.; fu temporaneamente restaurato con muri in mattoni crudi, prima di essere interamente sostituito da un nuovo edificio alla fine del secolo. Profondi scavi di prova hanno portato alla luce anche resti di epoche precedenti: un edificio che potrebbe risalire al IX o VIII sec. a.C., diverse statuette di animali in bronzo dello stesso periodo, nonché una testa di toro in terracotta della tarda età del bronzo. Sebbene l’esplorazione di questi antichi livelli sia ancora agli inizi, le scoperte finora effettuate sembrano già confermare che il culto di Artemide ad Amarynthos affonda le sue radici nella preistoria del sito. Amarynthos preistorico Il santuario sorge ai piedi di una collina abitata già durante l’età del bronzo. Gli scavi effettuati sulle sue pendici hanno messo in luce imponenti murature, che probabilmente facevano parte di un sistema di fortificazione realizzato nel III mulino. AVANTI CRISTO. L’esistenza di Amarynthos in epoca micenea (seconda metà del II millennio a.C.) è attestata anche negli archivi del palazzo miceneo di Tebe, nella vicina Beozia. I resti dell’Amarynthos preistorico, ancora visibili quando fu realizzato il santuario, contribuirono certamente all’attrattiva del sito: ce n’erano abbastanza per alimentare racconti di un passato eroico, come quelli di Omero, a cui aspiravano i greci dell’epoca. Il santuario nel paesaggio antico Parallelamente agli scavi, viene effettuata un’ampia ricognizione nella regione di Amarynthos. Gli archeologi stanno cercando di comprendere come il santuario fosse integrato nel paesaggio antico, attraverso lo studio dell’ambiente naturale, della distribuzione degli insediamenti, delle aree agricole, dei cimiteri, delle cave, nonché della rete di comunicazioni. Quest’ultimo comprendeva una “Via Sacra” che collegava il santuario di Amarynthos all’antica città di Eretria. Dopo lo scavo Dopo diversi anni di intenso lavoro sul campo e una serie di scoperte spettacolari, è giunto il momento di utilizzare i dati raccolti. Un team internazionale di specialisti sta contribuendo a questa fase della ricerca. Archeozoologi e archeobotanici, che identificano migliaia di frammenti ossei e resti vegetali, esperti che analizzano al microscopio gli strati rimossi durante lo scavo, specialisti della ceramica, architetti, ecc.: le indagini su Artemide continuano ora in laboratorio. L’isola del ritrovamento La località del ritrovamento si trova sull’isola Eubèa o Èvia (in greco moderno Εύβοια, Evvia, in greco antico Εὔβοια, Èuboia), chiamata dai veneziani Negroponte. L’isola greca – 3658 km², 218 032 abitanti – è situata nel Mare Egeo, adiacente a parte della costa sud-orientale della penisola, con capoluogo Calcide, dove l’isola dista dalla terraferma solo 40 metri. È per grandezza la seconda isola della Grecia, nonché la sesta del Mar Mediterraneo dopo Sicilia, Sardegna, Cipro, Corsica e Creta. https://stilearte.it/nuovi-reperti-emergono-dal-santuario-di-artemide-ricchi-depositi-devozionali-e-fuochi-anomali-per-sacrifici/ -
Prove in laboratorio. “Sono lenti d’ingrandimento straordinarie di 2750 anni fa gli strani oggetti trovati nel tempio di Atena” -Sono lenti d’ingrandimento i misteriosi oggetti di cristallo di rocca trovati in un tempio a Rodi. Gli studiosi hanno sottoposto a verifica questi reperti e hanno anticipato i risultati dell’indagine in questi giorni su ScienceDirect. Lo studio – firmato da Georgia Tsouvala, Lee L. Brice,Alex Papen, George Papen – sarà pubblicato sul numero di febbraio 2024 del Journal of Archaeological Science. Questi reperti, databili tra il 750 e il 700 a.C., rappresentano tra le prime lenti piano-convesse mai realizzate. Questa scoperta getta nuova luce sulle abilità tecniche e scientifiche delle antiche civiltà mediterranee e apre la strada a ulteriori ricerche per comprendere appieno il ruolo e l’importanza di queste straordinarie creazioni nel contesto della storia umana. Le lenti di ingrandimento realizzate in cristallo di rocca sono inserite in cornici bronzee dotate di una piccola protuberanza che migliora la presa. Le lenti, con diverso potere diottrico, sono di tipo piano-convesso e presentano un diametro di circa 1,5 cm. Le cornici in bronzo sono decorate con simboli che facilitano l’identificazione dell’ingrandimento della lente. Queste lenti sono verosimilmente tra le più antiche conosciute e si presume che fossero impiegate per attività come la lavorazione dell’oreficeria e l’incisione di sigilli “I manufatti di Ialysos – affermano gli studiosi – consentono ingrandimenti nominali delle immagini che vanno da 8,3 a 13,2, come indicato nelle nostre misurazioni. Tuttavia, nonostante la lucidatura accurata, i cristalli di rocca presentano imperfezioni che causano distorsioni. Le bande sono contrassegnate da tacche sulle maniglie, e sulla base. Si presume che il numero di tacche sia correlato alla qualità e alla risoluzione dell’immagine stessa.” Le tacche sarebbero pertanto servite per identificare le performance delle singole lenti, aiutando nella cernita chi le doveva usare. Gli studiosi hanno dichiarato: “Qui riportiamo la caratterizzazione quantitativa iniziale delle proprietà di imaging di una serie di periodici manufatti a forma di lente provenienti dal tempio di Atena a Ialysos, Rodi.” Il loro lavoro coinvolge una combinazione di metodi di risoluzione delle lenti standard e un caso di prova per la risoluzione sulle immagini micro-stampate delle valuta moderna. La conclusione sorprendente è che l’utilizzo di questi manufatti a forma di lente permette a un adulto con vista normale di osservare dettagli più fini in un oggetto rispetto a un adulto che non ha utilizzato questi strumenti. Per contestualizzare questa scoperta, è fondamentale esaminare il contesto storico in cui sono emersi questi reperti. La Missione Archeologica Italiana a Rodi, nel primo XX secolo, ha svolto uno scavo significativo nel sito del Tempio di Atena a Ialysos. Questo tempio, situato in una delle tre città antiche più importanti dell’isola, ha rivelato depositi di templi in cavità naturali sulle parti sud e ovest dell’edificio, risalenti al periodo tra il 750 e il 323 a.C. Gli oggetti ritrovati in questi depositi sono stati inizialmente interpretati come strumenti di lavoro, ma successivamente riferiti, nei decenni, dagli studiosi, a scopi diversi. https://stilearte.it/prove-in-laboratorio-sono-lenti-dingrandimento-straordinarie-di-2750-anni-fa-gli-strani-oggetti-trovati-nel-tempio-di-atena/
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Delfi, il santuario sepolto del Dio Apollo
Vel Saties ha aggiunto un nuovo link in Storia ed archeologia
Delfi, il santuario sepolto del Dio Apollo Alla fine del XIX secolo alcuni archeologi francesi, con l’appoggio del neonato stato greco, portarono alla luce i resti del santuario di Apollo a Delfi, sede del famoso oracolo, nascosti per secoli sotto un piccolo villaggio /medio/2019/12/12/situato-su-un-terrazzo-sopra-il-tempio-di-apollo-in-una-posizione-da-cui-dominava-il-paesaggio-circostante-il-teatro-del-santuario-poteva-accogliere-cinquemila-spettatori_22884be2_800x532.jpg Situato su un terrazzo sopra il tempio di Apollo, il teatro del santuario poteva accogliere cinquemila spettatori Foto: Funkystock/Age fotostock Secondo i greci Delfi era il centro del mondo. Senza dubbio è un luogo unico per la sua posizione. L’immenso complesso monumentale si sviluppa su varie terrazze in un anfiteatro naturale sulle pendici del monte Parnaso, nella Grecia centrale, a 500 metri di altitudine. In quanto sede del tempio e dell’oracolo del dio Apollo, Delfi era uno dei più importanti centri di culto e di pellegrinaggio dell’antichità. Inoltre, ospitava competizioni atletiche, poetiche e musicali. Tra il VI e il IV secolo a. C. il santuario accumulò grandi ricchezze grazie agli oggetti, ai trofei e agli ex voto offerti dai fedeli in segno di gratitudine e devozione. Anche se l’oracolo rimase in attività fino al IV secolo d.C., già verso la fine del II secolo d.C. era iniziata la costruzione di case negli spazi liberi a nord e a ovest del tempio. Nacque allora un piccolo nucleo urbano che successivamente venne ampliato approfittando dei crolli causati da un terremoto nel 365. Dopo la chiusura dei templi pagani dell’impero romano, avvenuta nel 391, gli antichi edifici furono smantellati per riutilizzarne la pietra o per costruirvi sopra. In poco tempo nessuno di questi era più visibile. Secoli dopo, in epoca moderna, nella zona dove una volta sorgeva il famoso santuario era rimasto solo un villaggio di misere abitazioni di nome Kastri. Nel 1833 il nuovo stato greco ritenne necessario promuovere la rivalutazione del suo passato e salvaguardarne le vestigia. Vennero approvate leggi contro la vendita di reperti antichi, fu creata la Società archeologica greca e venne permesso l’insediamento di centri archeologici stranieri. Tuttavia, gli scavi di Delfi costituivano un caso a parte, dato che implicavano uno sforzo titanico. Per realizzarli era innanzitutto necessario espropriare gli abitanti di Kastri, risarcirli e trasferirli in un’altra zona. Il villaggio di Kastri e, ai suoi piedi, gli scavi del tempio di Apollo in un'immagine del 1893 Foto: N.C./École Francaise d'Athènes. Ministry of culture and sports/Ephirate of antiquities of Phokis Visto che la situazione economica della Grecia non permetteva grandi spese, nel 1838 il governo dichiarò le proprietà non trasferibili e ne proibì la riqualificazione. Nel frattempo gli archeologi iniziarono a effettuare delle ricerche su un terreno abbandonato. Nel 1840 il tedesco Karl Müller scoprì parte della struttura del tempio, ovvero una decina di metri del muro poligonale di sostegno, ricoperto di iscrizioni, che era già stato identificato in precedenza da alcuni viaggiatori. Müller morì a causa di un’insolazione mentre cercava di copiare le iscrizioni, e gli scavi vennero richiusi. Ma un astuto abitante della zona, di nome Dimos Frangos, un ex capitano che si era battuto contro i turchi, comprò il terreno prevedendo l’opportunità di futuri benefici. Più tardi, tra il 1860 e il 1861, il francese Paul Foucart portò alla luce un’altra cinquantina di metri del muro. Di fronte a così tante scoperte, nel 1862 la Società archeologica greca organizzò una lotteria per raccogliere fondi. Tuttavia, né questa né un’altra iniziativa successiva diedero buoni risultati: i proprietari avevano intuito che i loro terreni erano di grande valore e chiedevano cifre esorbitanti. Tutto cambiò nel 1870 quando, in seguito a un forte terremoto, si staccarono dalla montagna enormi rocce che distrussero il villaggio e causarono la morte di 30 persone. Dopo il sisma fu creata una commissione per negoziare con gli abitanti e trovargli una nuova sistemazione. Ma questi si rifiutavano di vendere se non venivano pagati in contanti. La Società archeologica greca decise allora di contattare i proprietari a uno a uno. Il capitano Frangos fu il primo ad accettare una somma di novemila dracme per una proprietà che ne valeva un centinaio. Questo incentivò gli altri. Ciononostante, i terreni da espropriare erano ancora molti e i soldi pochi. In attesa di finanziamenti, nel 1880 la Società archeologica greca cedette il terreno di Frangos alla Scuola archeologica francese di Atene perché potesse effettuare degli scavi. Tempio di Atena Pronaia situato a 800 metri dal santuario di Apollo, sul terrazzo di Marmarià Foto: Orgad Navè/Fototeca 9x12 A caccia della concessione La Scuola archeologica francese di Atene era stata fondata nel 1846 e a partire dal 1874 si era ritrovata a competere con l’Istituto archeologico germanico di Atene, fondato quello stesso anno. Quando l’anno seguente i tedeschi ottennero il permesso di realizzare scavi a Olimpia, le proteste francesi non si fecero attendere. Il governo greco assegnò allora alla Francia la concessione per l’isola di Delo e promise di affidarle i futuri scavi a Delfi. Nel 1880 Bertrand Haussoullier si mise alla guida della missione francese a Delfi. Haussoullier si concentrò sui 20 metri della proprietà di Frangos, tra il settore che era stato scavato nel 1840 e quello portato alla luce nel 1860. Era sicuro di trovarsi di fronte alla terrazza del tempio, ma non si spiegava la presenza di alcuni muri che si trovavano di fronte. Gli scavi rivelarono che si trattava della spianata accanto al terrazzo, dove sorgevano dei monumenti commemorativi. I muri appartenevano a uno di questi, il portico degli ateniesi, costruito all’inizio del V secolo a.C. per ospitare i trofei delle vittorie navali di Atene. Nelle vicinanze fu ritrovata anche la colonna frammentata della sfinge, un ex voto dell’isola di Naxos. Risalente alla metà del VI secolo a.C., la sfinge dei nassi si trova oggi al museo archeologico di Delfi Foto: Akg/Album Nel 1881 il primo ministro Alexandros Kumunduros promise Delfi alla Francia in cambio dell’appoggio alle rivendicazioni territoriali greche. Iniziava così un periodo di dieci anni, noto in Francia come “la guerra di Troia”, durante il quale Delfi fu moneta di scambio nelle negoziazioni tra il governo greco e quello francese. Presto vi si aggiunsero gli Stati Uniti, anch’essi interessati a partecipare agli scavi del sito. Alla morte di Kumunduros il nuovo primo ministro, Charilaos Trikoupis, offrì Delfi ai francesi a cambio della riduzione delle imposte sulle importazioni di uva sultanina, un prodotto all’epoca estremamente ricercato in Francia, dove la fillossera aveva distrutto le viti locali. Il senato francese rifiutò e Trikupis ritirò l’offerta. Alla fine, in seguito agli scavi illegali del tedesco Hans Pomtow nel 1887 e a una nuova proposta con cui la Francia si impegnava a pagare 400mila franchi per espropriare Kastri, il 13 aprile del 1891 il re Giorgio I di Grecia firmò la concessione. Iniziano i “grandi scavi” I cosiddetti “grandi scavi” sarebbero dovuti iniziare nel settembre del 1892. Tuttavia, gli abitanti del villaggio, furiosi per non essere ancora stati pagati, impedirono l’accesso alla zona. Gli archeologi furono costretti a lavorare sotto la protezione della polizia fino a quando, l’11 ottobre, non vennero effettuati i pagamenti. Quattro giorni prima si era svolta l’inaugurazione ufficiale. I lavori si protrassero per dieci anni, dal 1892 al 1901, sotto la direzione di Théophile Homolle, futuro direttore del Museo del Louvre. Data l’enorme estensione del sito, circa 20mila metri quadrati, furono impiegati 200 operai per dieci ore al giorno e vennero installati quattro chilometri di rotaie su cui circolavano 75 carrelli, che trasportavano 28.500 metri cubici di terra. Nonostante le difficoltà – vento, pioggia, smottamenti – l’opera diede ben presto i suoi frutti. Nel 1893 vennero scoperti l’altare di Chio, la roccia della sibilla e il tesoro degli ateniesi. Un edificio, quest’ultimo, offerto alla dea Atena per commemorare la vittoria di Maratona sui persiani nel 490 a.C.: sui suoi blocchi erano incisi il testo e le notazioni musicali dell’Inno ad Apollo. Questa foto fu scattata il 30 maggio del 1893, quando venne alla luce la statua di Cleobi Foto: N.C./École Francaise d'Athènes. Ministry of culture and sports/Ephorate of antiquities of Phokis Nel 1894, invece, furono scoperte la statua di Antinoo e di Bitone (quella di Cleobi era stata rinvenuta l’anno prima) e i tesori degli cnidi e dei sicioni, mentre nel 1896 fu rinvenuta l’inimitabile figura di bronzo dell’auriga. Tra il 1895 e il 1897 vennero portati alla luce il teatro e lo stadio, quindi il ginnasio e la fonte Castalia. A partire dal 1898 fu la volta del terrazzo inferiore, detto Marmarià, con il tempio di Atena Pronaia. La metodologia usata era quella dell’epoca, molto sbrigativa. D’altro canto, la scrupolosità del diario degli scavi, l’ampio uso della fotografia e la pubblicazione di riassunti annuali rappresentavano una novità. Forse perché si trattava di un luogo ampiamente descritto dagli autori antichi, l’approccio fu più letterario che archeologico. Il 28 maggio 1894 venne alla luce la statua di Bitone e un anno prima quella di suo fratello Cleobi Foto: N.C./École francaise d'Athènes. Ministry of culture and sports/Ephorate of antiquities of Phokis Alla conclusione degli scavi, Homolle dichiarò la sua delusione per non aver trovato «neanche una metopa né un frammento del fregio, neppure il dito di una figura del frontone del tempio». E nemmeno la caverna dell’oracolo né altri ex voto citati dai testi antichi. D’altro canto, la scarsa qualità dei resti rivenuti obbligò a ricostruire il tesoro degli ateniesi nel 1903 e l’altare di Chio nel 1920. Nel 1935 la parte orientale del sito archeologico venne sepolta da una frana e fu necessario rimettere in funzione rotaie e carrelli. Nel 1938, invece, vennero ricostruite alcune colonne del tempio di Apollo e di Atena Pronaia. I “grandi scavi” segnarono l’inizio di un lungo cammino che continua ancor oggi e che ha portato al recupero di uno dei luoghi più emblematici del mondo antico. Nel 1992, in occasione del centenario della campagna, Jean Leclant, segretario emerito della Scuola francese, ha definito gli scavi «il trionfo dello spirito di Apollo, tutto sapienza e bellezza».- 1 commento
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Ceramiche e frammenti di statua di 2500 anni fa nelle ritrovate stanze, tra terra e mare, che si affacciavano sul portico di una piazza Una missione archeologica anfibia si è svolta sul lato nord-occidentale della baia di Ampelaki, rivelando importanti scoperte relative alla città classica di Salamina. Nel corso degli ultimi anni, questa baia è stata oggetto di una sistematica esplorazione dei resti sommersi di Salamina, tra cui spicca un porticato che si affacciava su una piazza. La scoperta è stata annunciata nelle ore scorse dal Ministero della Cultura greco. Questo luogo è nei pressi del punto in cui avvennero gli scontri armati della battaglia di Salamina (480 a.C.). Salamina, Ambelaki. Veduta di parte di un edificio lungo e stretto (Stoà) durante lo scavo, da nord-ovest. @ copyright E. Kroustalis Il fulcro di questa recente esplorazione è stato un grande edificio pubblico, parzialmente sommerso, situato nell’angolo nord-ovest dell’attuale Ormos, un’area delimitata dalla diga marittima a sud ed est. Questa area era già stata oggetto di documentazione in anni precedenti, ma l’indagine ha portato a ulteriori scoperte significative. Lo scavo di questo edificio è stata condotta utilizzando una tecnica di scavo “anfibio”, che combina metodologie sia terrestri che subacquee. Per drenare l’area di scavo, è stata installata una diga e utilizzate due pompe idrauliche, consentendo così il completo esame di una superficie marina di 60 metri quadrati. L’edificio in questione, che ha una larghezza fissa di 6 metri e una lunghezza di 32 metri, mostra una notevole continuità architettonica nella sua porzione settentrionale lungo il litorale, mentre nella sua estremità meridionale presenta una proiezione quadrata. Dalle dimensioni, dalla forma e dalla disposizione degli spazi interni, così come da altri dettagli architettonici, è stato identificato come una stoà. La stoà, di origine greca antica e derivante dal verbo ἵστημι, che significa “collocare”, è una caratteristica struttura architettonica che consiste in passaggi coperti o portici destinati all’uso pubblico. Questi elementi sono situati all’interno di un edificio rettangolare allungato, caratterizzato da un lato lungo aperto e affiancato da colonne. Questa parte solitamente si affaccia su una piazza o una strada, mentre l’altro lato è chiuso da un muro. La copertura può variare da spioventi a terrazze, e l’edificio stesso può avere una parte superiore che ripete il modello del piano inferiore. Salamina, Ambelaki. Parte superiore (titolo) di colonna a risoluzione marmorea del IV sec. a. C, con sezione a rilievo. copyright Χρ. Μαραμπέα All’interno di questo edificio, sono stati individuati almeno 6-7 ambienti, con particolare attenzione ad uno di essi, che misura 4,7 x 4,7 metri e presenta un ampio pozzo di deposito situato nell’angolo nord-ovest. Le sue solide mura, spesse circa 0,60 metri, sono composte da grandi blocchi di pietra squadrata, dei quali oggi rimangono solo uno o due strati di pietre. Tuttavia, lungo il lato occidentale e le murature trasversali si appoggiano su una fondazione ben costruita. I resti archeologici in questa zona sono stati in gran parte spogliati del loro materiale da costruzione, poiché questa zona è stata utilizzata per il recupero di materiale edilizio fino alla fine del XIX secolo. L’indagine della stoà ha portato alla luce un tesoro di reperti mobili, tra cui una vasta quantità di ceramica di varie epoche. Questa ceramica include frammenti di vasi di vario tipo e ceramiche risalenti all’epoca classica-ellenistica. Di particolare importanza sono i vasi colorati e conchiglie ateniesi risalenti al periodo tardo classico (IV secolo a.C.). Salamina, Ampelaki. Ceramica ateniese del IV sec. copyright Χρ. Μαραμπέα Tra i reperti marmorei, due meritano particolare attenzione. Uno di essi è un frammento di colonna con una parte di iscrizione, mentre l’altro è la parte superiore di un’altra stele con una rappresentazione in rilievo che sembra raffigurare un eroe incoronante un uomo barbuto. Questi ritrovamenti sono datati al IV secolo a.C. e si collegano direttamente a una rappresentazione simile su una stele nel Museo Archeologico di Salamina, con l’eroe come figura principale nella celebre festa adolescenziale di Aianteia. L’identificazione della stoà è di notevole importanza per lo studio della topografia e dell’organizzazione abitativa dell’antica città di Salamina. Si ritiene che questa struttura costituisse il confine orientale dell’area dell’Agorà della città durante l’epoca classico-ellenistica, invece che essere direttamente associata al porto. La sua esistenza era stata menzionata dal viaggiatore Pausania nel II secolo d.C., e l’area in cui è stata scoperta era stata già proposta come ubicazione dell’Agorà da W. Kendrick Pritchett nel 1959, basandosi su osservazioni precedenti di A. Milchhöfer e altri ricercatori. Le ricerche sottomarine sulla sponda orientale di Salamina si sono svolte in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Archeologiche Marine (I. EN.A.E.) e l’Eforato delle Antichità Marine (E.E.A.) del Ministero delle Antichità Marine, sotto la direzione di Angeliki G. Simosi, Responsabile dell’E.F.A. del Pireo e delle Isole, e di Giannos G. Lolos, Professore Emerito di Archeologia Preistorica presso l’Università di Ioannina e membro del Consiglio di Amministrazione. dell’I.EN.A.E., con la Dott.ssa Christina Marabea come principale collaboratrice, come responsabile del campo e della documentazione, e con la partecipazione di archeologi, altri esperti e tecnici. Si tratta della prima ricerca subacquea interdisciplinare, condotta in modo intensivo (dal 2016) da agenzie greche, nelle aree dello storico Stretto, nell’area marina di Ampelaki-Kynosoura. https://stilearte.it/ceramiche-e-frammenti-di-statua-di-2500-anni-fa-nelle-ritrovate-stanze-tra-terra-e-mare-che-si-affacciavano-sul-portico-di-una-piazza/ E per il momento mi fermo!
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Più di 2000 statuette e gioielli trovati dagli archeologi nel tempio delle donne in cui si pregavano Demetra e Persefone Copyright ΥΠΠΟΑ Un’acropoli, templi dedicati a Demetra e alla figlia Kore – Persefone -, monete e più di 2000 statuette votive sono stati portati alla luce a Bryokastro Kythnos, a Citno, un’isola della Grecia appartenente all’arcipelago delle Cicladi situata tra le isole di Ceo e Serifo che dista 104 km (56 miglia nautiche) dal Pireo. L’isola ha oggi circa 1500 abitanti. Copyright ΥΠΠΟΑ Copyright ΥΠΠΟΑ I lavori delle ultime settimane si sono concentrati sullo scavo degli edifici dell’Acropoli che erano stati portati alla luce nel 2021.La parte meridionale dell’acropoli era destinata ad installazioni militari, senza dubbio la guardia macedone che fu dislocata a Citno nel 201 a.C. La parte settentrionale dell’altopiano è occupata dai resti di un santuario, identificato con certezza come luogo di culto di di Demetra e della figlia. Qui le indagini sono proseguite su tre edifici oltre che nelle aree esterne. Demetra è una divinità della religione greca – corrispondente con la Cerere romana e con Cibele anatolica – figlia di Crono e Rea, che presiedeva la natura, i raccolti e le messi. Associata all’agricoltura, alle stagioni e alla legge sacra, lei e la figlia Persefone sono inoltre intimamente connesse con la religione misterica, e in particolare con i misteri eleusini. Persefone (in greco antico: Περσεφόνη, Persephónē), detta anche Kore (Κόρη, giovinetta), Kora, o Core, figlia di Demetra è una figura fondamentale nei Misteri eleusini, entrata nella religione romana come Proserpina. Essendo la sposa di Ade, era la dea minore degli Inferi e regina dell’oltretomba. Secondo il mito principale, nei sei mesi dell’anno (Autunno e Inverno) che passava nel regno dei morti, Persefone svolgeva la stessa funzione del suo consorte Ade, cioè governare su tutto l’oltretomba; negli altri sei mesi (Primavera ed Estate) ella andava sulla Terra da sua madre Demetra, facendo rifiorire la terra al suo passaggio. A queste due divinità, i fedeli dell’isola greca donarono immagini, ex voto, gioielli, che ora sono oggetto di datazione da parte degli studiosi. Διάφορα ειδώλια γυναικείων μορφών Copyright ΥΠΠΟΑ Copyright ΥΠΠΟΑ Copyright ΥΠΠΟΑ Copyright ΥΠΠΟΑ Copyright ΥΠΠΟΑ Copyright ΥΠΠΟΑ Copyright ΥΠΠΟΑ Copyright ΥΠΠΟΑ “Sono state raccolte molte centinaia di statuette fittili arcaico-ellenistiche (quelle intere o quasi intatte sono numericamente superiori alle 2000). Le statuette – sottolinea il ministero greco della cultura – rappresentano soprattutto donne e bambini. Un numero inferiore riguarda le figure maschili. Tante anche le rappresentazioni di animali quali porcellini, tartarughe, leoni, arieti, uccelli, ecc. Sono state raccolte anche altrettante lampade di epoca arcaico-romana e vasi poli-ibridi per l’illuminazione rituale, “corna” anulari con epiteti – l’epiteto è l’accostamento, generalmente al sostantivo, di un elemento che lo caratterizza ndr come Dio misericordioso, Dio comprensivo ecc., ndr – , ceramiche di ottima qualità, prevalentemente attiche a figure nere e rosse (idrie, urne, ecc.), ma anche provenienti da altri centri di bottega (corinzia, cicladica ed egeo orientale). Le offerte votive comprendono anche alcuni gioielli in rame, argento, osso e vetro, vasi in marmo e alabastro (fiaschi, compassi), ecc. Sono state rinvenute anche alcune monete romane in bronzo (es. il sesterzio di Traiano, dopo il 106 dC, e la moneta di Diocleziano del 285 dC). Tuttavia, una moneta d’argento con la testa di Apollo sul dritto e una lira sul retro è di particolare interesse, poiché le monete di Citno del periodo ellenistico conosciute fino ad oggi sono tutte di bronzo. Le offerte votive comprendono anche alcuni gioielli in rame, argento, osso e vetro, vasi in marmo e alabastro (fiaschi, compassi), ecc. Sono state rinvenute anche alcune monete romane in bronzo (es. il sesterzio di Traiano, dopo il 106 dC, e la moneta di Diocleziano del 285 dC)”. Qui sono stati rinvenuti diversi vasi per sacre libagioni, prevalentemente di epoca romana, provenienti sia dall’interno del tempio, sia dai vari terrapieni all’interno di un edificio che sorgeva lì accanto o dai depositi sacri simili alle favisse romane, cioè buche entro il recinto sacro, nelle quali venivano collocati, dopo anni, gli ex voto, per far spazio ad altri oggetti di devozione che giungevano da altri fedeli. Questi vasi identificati come rituali – in quanto recano iscrizioni sacre incise prima della cottura della ceramica – sono offerte di donne a Demetra e alla figlia. Copyright ΥΠΠΟΑ Copyright ΥΠΠΟΑ Il programma quinquennale di scavi a Vryokastro Kythnos (2021-2025) è condotto sotto la direzione del professore di archeologia classica Alexandros Mazarakis Ainianos e del curatore delle antichità Dr. Dimitris Athanasoulis. Le ricerche dell’Università della Tessaglia e dell’EFA Cyclades sono supportate anche dalla DG Politica dell’Egeo e delle Isole, dal Comune di Kythnos, dall’Associazione degli Amici del Museo Archeologico di Kythnos, dal capitano della nave “MARMARI”, e soprattutto il generoso sponsor del programma di scavo, e Thanasis Martinos. Il gruppo di ricerca interdisciplinare di archeologi, architetti, conservatori, zooarcheologi, archeologi, ecc. ha ingaggiato 33 studenti di archeologia dell’Università della Tessaglia, oltre a due studenti francesi. https://www.stilearte.it/piu-di-2000-statuette-e-gioielli-trovate-dagli-archeologi-nel-tempio-delle-donne-in-cui-si-pregavano-demetra-e-persefone/
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Antiche e rare spade micenee scoperte in Grecia Gli archeologi hanno scoperto tre spade di bronzo in un’antica tomba del XII-XI secolo a.C. La civiltà micenea fu l’ultima fase dell’età del bronzo nell’antica Grecia, coprendo il periodo che va dal 1750 al 1050 a.C. circa. Il periodo rappresenta la prima civiltà avanzata nella Grecia continentale, in particolare per i suoi stati sontuosi, l’organizzazione urbana, le opere d’arte e il sistema di scrittura. La tomba è stata rinvenuta in una necropoli micenea situata nell’antico insediamento di Rypes, dove numerose tombe a camera furono scavate nel sottosuolo sabbioso durante il periodo del “primo palazzo” dell’era micenea. Le prove archeologiche suggeriscono che le tombe furono ripetutamente riaperte per usanze funerarie e complesse pratiche rituali fino alla fine dell’età del bronzo durante l’XI secolo a.C. Gli scavi della necropoli hanno rivelato numerosi vasi, collane, ghirlande d’oro, pietre di sigillo, perline e pezzi di vetro, maiolica, oro e cristallo di rocca. Nell’ultimo scavo, i ricercatori hanno esplorato una tomba di forma rettangolare che contiene tre sepolture del XII secolo a.C. adornate con anfore a falsa bocca. Tra i resti ci sono offerte di perle di vetro, cornaline e una statuetta di cavallo in argilla, oltre a tre spade di bronzo con parte del manico in legno ancora conservate. Tutte e tre le spade appartengono a diverse classificazioni tipografiche, essendo D ed E della “tipologia Sandars”, che risalgono al periodo del palazzo miceneo. Nella tipologia, le spade di tipo D sono tipicamente descritte come spade “incrociate”, mentre le spade di classe E sono descritte come spade con “elsa a T”. Gli scavi hanno anche rinvenuto parte dell’insediamento in prossimità delle tombe, rivelando parte di un edificio di alto rango con un vano rettangolare contenente al centro un focolare. https://www.scienzenotizie.it/2023/03/15/antiche-e-rare-spade-micenee-scoperte-in-grecia-3967114 PS: per i più distratti quella in foto non è una Z ma una N, che indica il Nord.
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Decadramma di siracusa originale?
Eu10 ha aggiunto un nuovo link in Richiesta Identificazione/valutazione/autenticità
Salve a tutti, ho ereditato una collezione di monete antiche da mio nonno... la conservo gelosamente da anni e volevo capire se lo sto facendo a ragion veduta... Mi sto avvicinando al mondo delle monete greche e vorrei capire se il decadramma di siracusa che allego alla discussione è originale o, come pare a me, è troppo bella per essere vera?! Ringrazio di cuore chiunque sappia aiutarmi, anche solo con un consiglio.- 2 commenti
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Grecia, scoperto il tempio di Poseidone citato da Strabone Archeologi greci e austriaci ritengono di avere trovato a Samikon il tempio di Poseidone di Samiano, tra i principali luoghi di culto del Peloponneso Era citato da Strabone ma non si conosceva la sua collocazione, avvolta nel mito. Ora una équipe di archeologi greci e austriaci che sta scavando nella Grecia meridionale ritiene di aver trovato il tempio di Poseidone di Samiano. La scoperta del santuario dedicato al dio del mare greco, il cui culto godeva di molta fama, è stata fatta sull'acropoli dell'antica città di Samikon, nota anche come Samicum, in Trifilia, a pochi km da Olimpia. Strabone citò il santuario risalente al periodo arcaico greco tra il 700 e il 480 a.C., nella sua Geografia, completata intorno al 20 a.C. Strabone scrisse che si trattava di un centro cruciale di identità religiosa ed etnica che ancorò la Lega delio-attica all'interno dell'area della Trifilia, nel Peloponneso. "Gli abitanti della città di Macisto, nelll'Elide (Peloponneso nord-occidentale) ne avevano il controllo", scrive Strabone, "ed erano anche loro a proclamare il giorno dell'armistizio chiamato Samiano. Ma tutti i Trifili contribuivano alla manutenzione del tempio". Gli archeologi hanno scoperto le fondamenta di un edificio largo parecchi metri, con "muri accuratamente fissati" spessi più di un metro e mezzo. Sulla base dei primi calcoli, si può calcolare un edificio di almeno 30 metri di lunghezza. "Il grande edificio allungato non può essere altro che un tempio arcaico situato sul sito del santuario di Poseidone, forse addirittura dedicato al dio stesso", riferisce un comunicato dell'Istituto Archeologico Austriaco. Frammenti di un tetto a lacunari e di un perirrhanterion in marmo, ossia un bacino d'acqua usato per i riti, confermano che l'edificio risale al periodo arcaico. Il team di archeologi ha scoperto anche altre caratteristiche architettoniche tipiche dei templi antichi, tra cui un pronao (vestibolo) e due stanze interne, una delle quali è una cella, riempita con un denso strato di tegole. La collaborazione tra gli archeologi austriaci e greci proseguirà fino al 2026. Durante questo periodo, il team continuerà a studiare la topografia di Samikon e a cercare di localizzare il porto di Samikon. https://www.avvenire.it/agora/pagine/archeologia-grecia-scoperto-il-tempio-di-poseidone-citato-da-strabone
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Magnifica statua di Ercole di 2.000 anni emersa da uno scavo a Filippi Durante scavi condotti nell’antica città greca di Filippi, in Macedonia, gli archeologi hanno rinvenuto una statua di Ercole con busto e testa ben conservati. Una straordinaria statua di Ercole di 2.000 anni è stata scoperta tra le rovine di un edificio dell'antica città greca Filippi, che oggi si trova in Macedonia, nel comune di Kavala affacciato sul Mar Egeo. Il reperto, seppur frammentato, è considerato in ottime condizioni, in particolar modo per quel che concerne il busto e la testa dell'eroe e semidio, che risultano perfettamente integri. Lo scavo è stato condotto da archeologi e decine di studenti dell'Università Aristotele di Filippi, coordinati dalla professoressa Natalia Poulos e dai ricercatori Anastasios Tantsis e Aristotele Menzos. La statua di Ercole è emersa dai resti di un edificio riccamente decorato che un tempo si affacciava su una piazza dell'antica città della Tracia, che a sua volta sorse sui resti di Crenides. Il suo nome, Filippi (Philippes), è un omaggio al re Filippo II di Macedonia. È interessante notare che la città fu eretta in epoca bizantina, tra l'VIII e il IX secolo, circa tre secoli dopo la caduta di Roma, mentre la statua è stata datata in epoca romana. Gli archeologi ritengono sia stata realizzata 800 anni prima della costruzione dell'insediamento macedone. Come specificato dal Ministero della Cultura e dello Sport della Grecia, non c'è da stupirsi per questo disallineamento temporale. “Sappiamo da fonti e dati archeologici che a Costantinopoli statue di epoca classica e romana hanno adornato edifici e spazi pubblici fino al periodo tardo bizantino. Questo ritrovamento dimostra il modo in cui venivano decorati gli spazi pubblici nelle importanti città dell'impero bizantino, compresa Filippi”, ha affermato il ministero in comunicato stampa. I ricercatori sottolineano che si tratta di una statua di Ercole e non di Eracle (il mito originale greco, da cui romani hanno attinto) proprio per via della datazione della statua. Non ci sono dubbi sull'identità del personaggio per gli oggetti tenuti mano; oltre alla famosa mazza, un oggetto iconico del periodo dell'Impero Romano, il figlio di Zeus sorregge le spoglie del leone di Nemea (o leone nemeo), una creatura mitologica che terrorizzava l'omonima città, impossibile da uccidere a causa di una pelliccia che non veniva trafitta da lance e frecce. Nel mito fu proprio Ercole a ucciderlo durante la prima delle famose “12 fatiche”, dopo averlo bloccato in una caverna e soffocato con un braccio grazie alla sua forza sovrumana. Dalla pelliccia del leone di Nemea Ercole ottenne un mantello impenetrabile grazie al quale fu aiutato nelle successive sfide. La mazza dell'eroe è stata purtroppo ritrovata in frantumi, mentre le spoglie del leone che pendono dalla mano sinistra dell'eroe sono ben conservate. La statua è di Ercole ha dimensioni maggiori di quelle reali, col semidio presentato con un corpo atletico e giovanile. Probabilmente la statua si ergeva fiera innanzi a una fontana di Filippi. L'antica città, dopo essere passata dai greci ai romani, fu abbandonata nel 1.300 dopo che i bizantini furono conquistati dall'Impero Ottomano. Oggi rappresenta un prezioso sito per le ricerche archeologiche. Gli scavi dove è stata trovata scoperta la statua di Ercole proseguiranno il prossimo anno. https://www.fanpage.it/innovazione/scienze/magnifica-statua-di-ercole-di-2-000-anni-emersa-da-uno-scavo-a-filippi/
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Decagramma di Akragas
Ospite ha aggiunto un nuovo link in Richiesta Identificazione/valutazione/autenticità
Ciao a tutti, vi chiedo gentilmente di guardare questa moneta, apparteneva a mia nonna... e vorrei sapere se c'è la possibilità che sia un originale.. non ho la possibilità di pesarla per adesso, ma è molto leggera.. la moneta è tenuta molto bene per essere una moneta cosi antica.. ho fatto qualche ricerca e il mio dubbio è che queste monete siano state coniate solo in argento, è la mia sembra di bronzo o rame... qualcuno sa dirmi qualcosa in più? vi ringrazio- 10 commenti
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Qualcuno ha notizie, ma soprattutto foto/immagini, di monete raffiguranti la dea Demetra, coniate a Cirene tra il VI e il V secolo a.C? Grazie.
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Valutazione Tetras Agyrion
Argyrion ha aggiunto un nuovo link in Richiesta Identificazione/valutazione/autenticità
Salve a tutti, sono entrato in possesso di due Tetras di Agyrion , nonchè mio paese (Agira). Qualcuno sa se queste monete hanno mercato o meno? Risalgano al 420 a.C. ma la loro datazione è molto discussa, in un vecchio post del 2015 ho letto che è stata messa all'asta la stessa moneta a 150 euro , arrivando fino al prezzo di circa 1000 mille euro. Se vi potrebbe interessare in questi giorni metto le foto. Sono autentiche, trovate da me stesso nella mia terra, più originali di così- 1 commento
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Buonasera, volevo segnalare il link di un'altra città ritrovata, segnalando il seguente passaggio (che interesserà ai collezionisti di monete greche): <<Gli scavi da settembre a ottobre nel Peloponneso meridionale avrebbero permesso di avere prova dell’esistenza dell’antica città di Tenea, conosciuta fino ad oggi solo tramite i testi antichi, come si legge in una dichiarazione del ministro greco. Tra le altre cose, sono state ritrovate monete dal IV secolo avanti Cristo, ai tempi dei Romani.>>, di seguito il link dell'articolo http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/tenea-grecia-archeologia-scavi-17c830d5-6cdd-49c9-b992-350f799bcd31.html
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Buona sera, dichiaro sin d'ora che la mia competenza numismatica è legata ad una piccolissima collezione ereditata ed è quindi pressoché nulla. La collezione è rimasta chiusa in un raccoglitore dal 1987 e le monete contenute sono per lo più frutto di raccolta dilettantistica durante viaggi compiuti tra gli anni 50 e 80. Ciò detto mi sono imbattuto in un possibile errore di conio sul quale non riesco a trovare lumi anche sui cataloghi che ho consultato. Si tratta della moneta nelle foto: 20 Dracme argento 1960, coniata anche sul bordo con le parole "ΒΑΣΙΛΕΙΟΝ ΤΗΣ ΕΛΛΑΔΟΣ 1960" vale a dire Re di Grecia 1960. Come spero sia chiaramente visibile la parola Basileion è scritta con due iota tra la sigma e la lambda. C'è qualcuno che si è mai imbattuto in qualcosa del genere? Mille ringraziamenti a chi volesse aiutarmi
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- monete moderne
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Buongiorno a tutti, scpntato che la moneta è un Filippo do Macedonia, non riesco ad identificare il monogramma e se c'è qualche simbolo sotto la pancia del cavallo- Diametro: da 16,8 a 17 mm Peso: 4,96 Bronzo
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AIUTO! IDENTIFICAZIONE MONETA ANTICA (SICILIA)
FabioLight ha aggiunto un nuovo link in Richiesta Identificazione/valutazione/autenticità
Salve a tutti. Prima di chiedere il Vostro aiuto è bene cominciare dall'inizio. Qualche anno fa, durante un lavoro, mio padre trovò nei pressi di "Centuripe" la moneta che vedete in foto. È da anni che la posseggo, e finora non avevo mai fatto caso se fosse realmente una moneta o altro, perché molto ossidata. Ma ieri mi è venuto un dubbio e spulciando qua e là, non ho ancora trovato nulla. In fondo, non sono un massimo esperto in numismatica. Per questo chiedo aiuto a voi. In allegato vi sono le foto, e spero sappiate riconoscerle. Posso darvi queste informazioni: Peso - 4g Non è magnetica Ritrovata nei pressi di un sito ex Magna Grecia Possibile (credo) Litra Non so se è chiaro nella foto, ma posso riconoscere la figura di un cavallo e una testa, ma davvero non so in che periodo posizionarla o capire esattamente cos'è. Vi ringrazio anticipatamente P.S. Di seguito il LINK per le immagini, in quanto troppo pesanti per caricarle qui sul forum: Fabio -
Ciao a tutti, sono un neofito e non un esperto in numismatica. vi scrivo perché ho trovato insieme ad altre monete italiane conservate, questa moneta. È una moneta greca antica? Mi potreste indicare il valore? Ho cercato nei cataloghi internet ma senza esito. Grazie a chiunque mi voglia aiutare.
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Valutazione 2 dracme 1926
ettoremarchetot ha aggiunto un nuovo link in Richiesta Identificazione/valutazione/autenticità
Salve a tutti, sono nuovo nel forum, e mi ha spinto a registrarmi questa moneta greca del 1926, due dracme. Quello che chiedo a voi è: è un'errore di "stampa" il fatto che il diritto sia rovescio al dorso (e viceversa) ? In qualunque caso mi piacerebbe avere una valutazione della moneta (vedi link). click here grazie a tutti! -
Salve, sono in possesso di questa moneta greca antica, potreste darle un'occhiata? http://imageshack.com/a/img924/7755/Cxb0SV.jpg http://imageshack.com/a/img921/2066/3vCAi4.jpg
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Qualche giorno fa sono riuscito a procurarmi questa moneta trovandola ad un buon prezzo...si tratta di 10 lepta del 1830, una delle primissime coniazioni emesse dalla Grecia indipendente. a quell'epoca peraltro non governava ancora il Re, bensì un nobile di origini veneziane, Giovanni Capodistria che era stato eletto come Capo di Stato (Governatore) nel 1827. Capodistria, nato a Corfù nel 1776 (allora veneziana), era a quel tempo uno dei diplomatici più conosciuti ed apprezzati in tutta Europa. Queste monete, oltre che rare, sono interessanti anche perchè non sono delle dracme come si potrebbe supporre bensì "Fenici", anch'esse suddivise in 100 lepta o centesimi...il nome di tale valuta venne scelto proprio da Capodistria ed avrebbe dovuto simboleggiare la rinascita della Grecia dopo secoli di dominio turco...