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Ciao, in una delle risposte alla precedente discussione sui rapporti tra Roma e la Partia mi si esortava a proseguire nella narrazione del periodo successivo a quello trattato, che si era concluso con la caduta del dominio arsacide. Raccolgo oggi questo invito e pertanto proseguo con la presente discussione che ne rappresenta idealmente la seconda parte, avvisando subito i lettori che si tratta di un’esposizione molto incentrata sul tema storico e meno su quello numismatico. Non si tratta di una lacuna della ricerca ma di una carenza ritengo motivabile da più concause: lo scontro Roma-Sasanidi copre un arco temporale travagliato per l’Impero Romano (III secolo in primis)e generalmente con meno risorse a disposizione, dove spesso gli imperatori coinvolti vestirono la porpora per breve tempo o furono impegnati su più fronti e spesso anche se si investirono di titoli onorifici relativi al settore orientale non si resero protagonisti di gloriose imprese militari vittoriose ma bensì di disfatte. Rovesci militari spesso non subiti sul campo di battaglia ma talvolta sul piano diplomatico o semplicemente per l’abbandono ( dovuto a più casuse) di campagne militari vittoriose. LE GUERRE ROMANO-SASANIDI PROLOGO: come abbiamo visto in precdenza le frequenti sconfitte militari, la struttura gerarchica instabile e il clima di malcontento portarono alla caduta della dinastia arsacide. Nel 224 un nobile, Papak, si ribellò al regnante Gocir e si proclamò Re di Persia. Ardashir I, il figlio di Papak, iniziò ad espandersi nelle province confinanti fino a che il re partico Artabano IV decise di intervenire militarmente, venendo sconfitto e lasciando via libera alla conquista persiana. « Ardashir I fu il primo re persiano che ebbe il coraggio di lanciare un attacco contro il regno dei Parti e il primo a riuscire a riconquistare l'impero per i Persiani. » Erodiano, Storia dell’Impero dopo Marco Aurelio, VI, 2.6 Nel 226 Ardashir fu incoronato Šāhanšāh a Ctesifonte. La nuova dinastia, detta Sasanide (da Sāsān , sacerdote del Tempio di Anahita e padre di Papak), affermava di discendere dall’ultimo re achemenide, Dārā (Dario) e fu contraddistinta da un governo centralista, nazionalista ed espansionista. Lo Zoroastrismo divenne religione di stato e i Magi, il clero zoroastriano, acquisirono grandi privilegi e potere. Logico che nella loro espansione verso nord ed ovest si ritrovarono a scontrarsi con l’Impero Romano. A oriente si scontrarono con l’Impero Kusana, ben presto conquistato. Una volta diventato Šāhanšāh, Ardashir trasferì la sua capitale al sud della Persia fondando Ardashir-Khwarrah (in precedenza Gur, l'odierna Firouzabad). Riconoscendosi come discendenti degli Achemenidi, i Sasanidi reclamavano il diritto di possedere tutto i territorio dell’Asia Minore e del Vicino Oriente fino a quel momento sotto il dominio romano. « [Ardashir] Credendo che l'intero continente di fronte all'Europa, separato dal Mare Egeo e dalla Propontide, e la regione chiamata Asia gli appartenessero per diritto divino, intendeva recuperarlo per l'Impero persiano. Egli dichiarò che tutti i paesi della zona, tra Ionia e Caria, erano stati governati da satrapi persiani, a partire da Ciro il Grande, che per primo trasferì il regno dalla Media ai Persiani, fino a Dario III, l'ultimo dei sovrani persiani, il cui regno fu distrutto da Alessandro Magno. Così secondo lui era giusto restaurare e riunire per i Persiani, il regno che avevano precedentemente posseduto. » Erodiano, Storia dell’Impero dopo Marco Aurelio, VI, 2.2
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