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Risultati per Tag '1600'.
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Varianti Quattrino Giubileo 1600 - Clemente VIII
Magus ha aggiunto un nuovo link in Monete e Medaglie Pontificie
Buongiorno, nel catalogare alcune monete pontificie ho trovato due monete da un quattrino di Clemente VIII per il giubileo 1600 (quelle con la porta santa e "MDC"). Se volete vi posso postare le foto, ma il motivo della mia curiosità era un altro. Guardando online sul forum e sui siti d'asta, mi sembra di capire che di questa moneta ci sono due principali varianti del R/, una con timpano a volute: e una con timpano triangolare: Entrambe poi hanno una serie di sotto varianti per la legenda al D/ (CLEM, CLEME, ecc.). Sul forum ho visto la variante con timpano a volute citata come Muntoni 75, CNI 90-100, mentre quella con timpano triangolare è citata Muntoni 73-74 CNI 74. Io sono un neofita della numismatica e non ho una copia del Muntoni, ma ho potuto consultare il CNI online. Da qui sorge il mio dubbio. Sul CNI le due varianti principali di questi quattrini giubilari sono in effetti quelle tra 74-89 e tra 90-100. Tuttavia mi sembra che le descrizioni siano invertite rispetto a ciò che ho visto citato online. Al 74 il CNI scrive: "La Porta Santa aperta, sormontata da cimasa a cornice piana e su questa una figura tra due volute". Per la variante al 90 invece scrive: "La Porta Santa aperta, sormontata da cimasa a cuspide, interrotta da ornato fusiforme". A me verrebbe da pensare quindi che la variante con timpano a volute dovrebbe essere CNI 74-89, mentre quella con timpano triangolare (a cuspide) dovrebbe essere CNI 90-100. Oltretutto l'ornato della variante con timpano triangolare è in effetti molto più "fusiforme" rispetto all'ornato della variante a volute (che a me sembra più astratto). Le tavole del CNI sembrano confermare questa ipotesi, dato che l'immagine numero 12 (con timpano a volute) è riferita a CNI 78 (una sotto variante del 74) mentre la numero 13 (con timpano triangolare) è riferita a CNI 91 (una sotto variante del 90). Che ne dite, mi sfugge qualcosa? Ringrazio per qualsiasi chiarimento in merito. Magus- 2 commenti
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Identificazione monete (siciliane del 1600?)
Mistero79 ha aggiunto un nuovo link in Richiesta Identificazione/valutazione/autenticità
Buongiorno, Qualcuno mi saprebbe aiutare nell'identificazione di queste due monetine? il peso della prima è 0,79g e della seconda 0,61g. Mi hanno detto che dovrebbero essere siciliane, forse del 600, ma non sono riuscito a trovarle sul catalogo di numista. Il materiale potrebbe essere bronzo o rame per entrambe. Spero possiate aiutarmi Grazie mille -
Zecca di Salisburgo, kreuzer Arc. Thun: ok?
LeptonD ha aggiunto un nuovo link in Richiesta Identificazione/valutazione/autenticità
Ciao tutti, in occasione di un giretto in Austria, a Salisburgo, mi sono regalato questo ricordino allegato (foto pessime ma ho solo il tablet a disposizione). Premesso che le mie competenze ed interessi sono altrove e si intuiscono dal nick, direi che questa moneta è chiaramente un kreuzer del 1691 sotto il vescovo Thun a Salisburgo. Domanda: esistono i falsi in quest'area? Potrebbe esserlo, avendola pagata meno di 20 euro? Manco il costo del metallo, a momenti... Ho cercato un pò di letteratura sul tema, ma non mi pare ci sia molto, nè in italiano nè in inglese...perciò, chi non psrla tedesco come me, deve disturbare i colleghi del forum! Grazie.- 12 commenti
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Un affascinante tarì napoletano per Filippo III di Spagna.
Caio Ottavio ha aggiunto un nuovo link in Monete e Medaglie delle Due Sicilie, già Regno di Napoli e Sicilia
Salve a tutti. Con questa discussione volevo oggi focalizzare la vostra attenzione su una rarissima tipologia monetaria coniata a Napoli nei primi anni del regno di Filippo III d'Asburgo (1598-1621). Senza frapporre ulteriori indugi, passiamo alle descrizioni. 1. D/ PHILIPP. III. DG. REX. ARA. VT. SI. Busto radiato, corazzato e drappeggiato volto a sinistra. Sotto, una croce tra due globetti. R/ MARGARI + AVSTR + CONIVXIT Busti dei sovrani Filippo III e Margherita d’Austria affrontati, posti su due cornucopie intrecciate. Tra di loro, nel campo, una corona reale. Sotto, 16.. · M. Pannuti – V. Riccio, p. 140, n° 9 (fig. 1). · Coll. Sambon 1897, p. 89, n° 1099 (tav. VIII del catalogo di vendita) – fig. 2. · G. Bovi, Le monete napoletane di Filippo III, in BCNN, anno LII, 1967, p. 22, n° 3 (tav. I, n° 3, proveniente dalla Coll. Catemario con un peso di 5,92 g.) – fig. 3 e 3 bis. · A. D’Andrea – C. Andreani – S. Perfetto, Le monete napoletane da Filippo II a Carlo VI, Castellalto (TE), 2011, p. 183, n° 23 (rarità: R4). Fig. 1. Immagine tratta da Pannuti-Riccio, p. 140. Fig. 2. Immagine tratta dal catalogo di vendita della Collezione Sambon del 1897, tav. VIII. Fig. 3. Immagine tratta dall'articolo di G. Bovi del 1967 in BCNN, tav. I (ex Coll. Catemario). Fig. 3 bis. In questa immagine sembra che la moneta ritratta sia la stessa già appartenuta alla Coll. Catemario pubblicata dal Bovi e qui riportata in fig. 3. 2. D/ PHILIPP. III. DG. REX. ARA. VT. SI. Busto simile al numero precedente. Dietro il busto, sigla comunemente interpretata come G. R/ Del tutto simile al numero precedente. · M. Pannuti – V. Riccio, p. 140, n° 9a. · Coll. Sambon 1897, p. 89, n° 1100. · G. Bovi, Le monete napoletane di Filippo III, in BCNN, anno LII, 1967, manca. · A. D’Andrea – C. Andreani – S. Perfetto, Le monete napoletane da Filippo II a Carlo VI, Castellalto (TE), 2011, p. 184, n° 24 (rarità: R4). · CNI XX, p. 178, n° 27 (esemplare della Coll. Sambon). Al momento, l’unico pezzo conosciuto di questa varietà fu esitato nell’asta Varesi XXXIII Utriusque Siciliae del 30 maggio 2000, p. 63, lotto n° 316 (fig. 4). Il medesimo esemplare, prima di approdare in questa recente asta, era appartenuto a Giulio Sambon e dalla sua ditta fu venduto nel catalogo della sua collezione a Milano nel 1897. Successivamente, si registrò un altro passaggio in asta Ratto del 5 maggio 1959 (lotto n° 353), per concludere poi in asta Varesi. Fig. 4. Immagine tratta dal catalogo d'asta Varesi Utriusque Siciliae. Come si evince dal titolo, questa interessantissima moneta napoletana dal valore di un tarì (ovvero due carlini), oltre alla rarità e all’importanza numismatica, riveste anche un rilevante significato storico, espresso attraverso l’iconografia del rovescio. Il diritto non rileva nulla di eccezionalmente importante, fatto salvo per la sigla G dietro il busto della variante qui descritta al n° 2, ma che avremo modo di approfondire di qui a breve. Volevo quindi soffermarmi in particolare sul rovescio. La legenda è già di per sé molto eloquente, ricordando il matrimonio tra Filippo III e Margherita d’Austria. Quest’ultima (1584 – 1611) era figlia dell’Arciduca d’Austria Carlo II di Stiria (1540 – 1590) e nipote dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Ferdinando I (1556 – 1564). Non era certo di bell’aspetto: i ritratti dell’epoca ce ne tramandando un’immagine caratterizzata dal celebre prognatismo asburgico, tuttavia era di carattere mite, molto religiosa (alcuni l’hanno definita addirittura bigotta) e tutt’altro disinteressata agli affari politici e alle celebrazioni di corte. Nel 1599 sposò il Re Filippo III per procura, portando alla Corona spagnola una dote di 100.000 ducati, e di lì a poco intraprese il viaggio verso la penisola iberica, dove la sua unione regale doveva essere confermata nella capitale Madrid. Durante il suo viaggio verso la Spagna, il corteo austriaco fece tappa a Milano dove, per celebrare la sosta della nuova Regina spagnola, fu inaugurata, nell’allora Palazzo Ducale, la prima sala cittadina predisposta all’esecuzione dell’opera, il cosiddetto Salone Margherita. Alla corte spagnola, Margherita divenne una donna molto potente: ella era affezionata al consorte, così come anche lui esprimeva un sincero sentimento nei suoi confronti, ma non disdegnava l’intromissione, quando era necessario, negli affari di Stato. Il legame tra i due regnanti è ben illustrato su questa moneta: l’unione matrimoniale è simboleggiata dalle cornucopie che s’intrecciano. Questo simbolismo di pace, amicizia e concordia era già stato adoperato nel mondo classico su alcune monete romane sorprendentemente simili, nell’iconografia, a quella in oggetto (fig. 5 e 6, per fare alcuni esempi). Non escludo che l’incisore che curò l’esecuzione dei conii di rovescio per questi tarì napoletani non abbia preso spunto diretto da una di queste due monete romane, forse presenti nelle raccolte reali partenopee già messe insieme dall’epoca aragonese per volere di Re Alfonso il Magnanimo. Fig. 5. Sesterzio coniato a Roma a nome di Druso, figlio dell'Imperatore Tiberio, intorno al 22 - 23 d.C. Le due teste che sormontano le cornucopie sono quelle dei nipoti di Tiberio e figli dello stesso Druso: Tiberio Gemello e Germanico Gemello. RIC I, n° 42 (under Tiberius). Ex NAC 51, lotto 171. Fig. 6. Sesterzio dell'Imperatore Antonino Pio coniato a Roma intorno al 149 d.C. I due bambini le cui teste sono poste sopra le cornucopie sono T. Elio Antonino e T. Aurelio Antonino, i due figli del futuro Imperatore Marco Aurelio e di sua moglie Faustina II, nati proprio nel 149 d.C. RIC III, n° 857. Ex CNG Triton VIII, lotto n° 1142. La Regina dimostrò molto peso nella scelta dei ministri e dei cortigiani che circondavano il sovrano, decretando la caduta di quelli a lei sfavorevoli ed incentivando l’ascesa di coloro che si rivelavano fedeli non solo alla Spagna, ma anche all’Austria, suo Paese d’origine. Era lei, infatti, che spesso decideva che poteva avere contatti con il Re e chi invece veniva escluso da questo rapporto privilegiato. Filippo, dal canto suo, era felice, non senza una punta di opportunismo, di condividere con la moglie i pesi della politica, sia interna che estera. La politica filo-austriaca di Filippo III si intensificò a partire dal 1600, quando, sotto l’influsso della zia Maria Imperatrice del Sacro Romano Impero, figlia di Carlo V, e della figlia di lei, monaca, il Re iniziò ad appoggiare finanziariamente la fazione cattolica attraverso l’Arciduca Ferdinando II d’Asburgo, futuro Imperatore (1619 – 1637) in quella che passerà alla storia come Guerra dei Trent’anni. Alla morte di Margherita, il 3 ottobre del 1611, Filippo, profondamente addolorato per la perdita, non si risposò più. Riprendendo il discorso sul tarì in questione, esso fu coniato a Napoli nell’anno 1600, come dimostra anche la dicitura del numerale 16.. espresso sotto le due cornucopie al rovescio. Ad un anno di distanza, quindi, dal matrimonio tra i sovrani che si era tenuto solo l’anno precedente. Secondo un’ipotesi, sicuramente attendibile, avanzata dal Sambon in occasione della vendita della sua collezione nel 1897, a proposito di queste monete, esse vennero battute per una visita che i Re di Spagna avevano progettato a Napoli proprio per quell’anno, ma che non si realizzò mai. Questi tarì dovevano quindi essere gettati al popolo durante la cavalcata dei Re in visita alla città. In previsione di un simile evento, il nuovo Viceré Fernando Ruiz de Castro Conte di Lemos, insediatosi a Napoli nell’ottobre del 1599 con la moglie Catalina de Zùniga ed il figlio Pedro Fernàndez che gli succederà poi nella medesima carica, ordinò, oltre alla coniazione di queste monete, anche la costruzione di un nuovo palazzo (l’odierno Palazzo Reale in Piazza Plebiscito) per ospitare il Re in visita con la consorte. A seguito dell’annullamento del viaggio reale a Napoli, la costruzione della nuova residenza continuò, mentre molti dei tarì di questo tipo già coniati vennero ritirati dalla circolazione e rifusi per recuperare il metallo in Zecca. In circolazione ne rimasero pochissimi, come ad esempio l’unico esemplare noto descritto qui al n° 2, che risulta anche tosato e che quindi testimonia una discreta quanto movimentata attività di circolazione. Questo provvedimento potrebbe spiegare anche l’eccellente livello di rarità raggiunto ad oggi da questi particolari tarì: partiamo dicendo che solo un esiguo numero di esemplari sfuggì al ritiro ed alla fusione e, per quelli che restarono in circolazione, non tutti sono pervenuti fino ai nostri giorni, il che porta ad abbassare drasticamente il numero di pezzi sopravvissuti alle vicissitudini storiche e quotidiane intercorse in un così lungo arco temporale. Da un primo confronto dei conii dei diversi esemplari qui illustrati, risulta facile notare come per il rovescio fossero stati preparati meno conii rispetto al diritto: le somiglianze tra i conii di rovescio, infatti, sono più strette e calzanti rispetto a quelle dei conii di diritto (in alcuni casi sembra sia stato usato proprio lo stesso conio, ma è difficile giudicare anche a causa della conservazione dei pezzi), il che fa presupporre che furono preparati più conii di diritto, ma, a confronto, pochi, se non pochissimi, di rovescio. Passiamo ora, finalmente, a parlare della sigla G che compare dietro il busto al diritto dell’esemplare n° 2, come già detto, conosciuto, al momento, solo in quest’unico pezzo. Nel periodo in cui furono coniati questi tarì, ovvero nell’anno 1600, nella Zecca partenopea lavorava Giovanni Antonio Fasulo come Maestro di Zecca. Costui, un banchiere di origini napoletane, aveva già ricoperto questa carica a partire dal 1594, sotto Filippo II, continuando a mantenerla anche sotto Filippo III fino al 6 settembre del 1611. Egli siglava le monete con le proprie iniziali: IAF, seguendo una dizione latina “Joannes (o Johannes) Antonius”, e GF, ovvero “Giovanni Fasulo” seguendo invece una dizione volgare, possiamo dire, se vogliamo, in termini più recenti, italiana. Entrambe le sigle sono espresse in monogramma. Nello stesso periodo, come Maestro di Prova, lavorava, accanto al Fasulo, Gaspare Giuno (o Juno), attivo già dal 1591 e risultante in carica fino al 6 giugno 1609. Egli siglava le monete con la lettera G o con GI in monogramma. Ora, nei testi, come ad esempio il CNI XX, viene riportato in merito a questo tarì con sigla, che la lettera G indicherebbe il Maestro di Prova Gaspare Giuno, ipotesi, questa, che è ancora tutt’oggi prevalente nel pensare comune quando si parla di tale moneta. Io, però, ho dei dubbi al riguardo: il solo Maestro di Prova, che, a differenza del Maestro di Zecca non aveva la responsabilità dell’intera attività monetale e non sempre era tenuto a siglare le monete a differenza, invece, del suo superiore, avrebbe potuto apporre la propria inziale omettendo, invece, quella del Maestro di Zecca? In realtà, a livello amministrativo, era quest’ultimo che rispondeva della qualità del lavoro in Zecca e dei prodotti monetari che vi uscivano, non il Maestro di Prova. Dunque, è più credibile che la sigla G non appartenga in realtà a Gaspare Giuno, come creduto finora, ma sia in realtà quella del Maestro di Zecca, ovvero di Giovanni Antonio Fasulo, responsabile della Zecca e, quindi, anche della coniazione di questo tarì commemorativo. Ne deriva che la sigla non può essere letta semplicemente come G, ma come GF (anche secondo criteri stilistici), il monogramma di Giovanni Antonio Fasulo, così come avviene ad esempio in altri nominali napoletani dello stesso periodo dove si ritrovano sullo stesso tondello le sigle GF e G (cfr. il carlino coevo con aquila e legenda di rovescio EGO + IN + FIDE del tipo Pannuti – Riccio, n° 16a). Anche se ci fosse stata la seconda sigla di Gaspare Giuno, essa sarebbe apparsa, probabilmente, sotto il busto del sovrano (come, ad esempio, nel tipo Pannuti-Riccio, n° 9 sotto il busto vi era una croce tra due globetti), come nel predetto carlino, in una parte della moneta che risulta purtroppo tosata. Infatti, non compare nessun’altra sigla nei campi, così come non possiamo immaginare che, in una coniazione ufficiale, appaia solo la sigla del Maestro di Prova, mentre viene omessa (per quale ragione plausibile poi?) quella più importante del Maestro di Zecca che garantiva, appunto, la bontà della moneta. In conclusione, secondo la mia opinione, la sigla che fino ad oggi si è malamente letta come G andrebbe letta per quello che in realtà è, cioè il monogramma GF del Maestro di Zecca dell’epoca. Ipotizzando la presenza della sigla G di Giuno, essa si sarebbe trovata sotto il busto, una parte della moneta purtroppo ad oggi perduta. Tale teoria sarebbe confermata se uscisse un secondo esemplare con la sigla dietro il busto ma con la parte sottostante non tosata. Per le sigle ho fatto molto affidamento su quanto pubblicato da P. Magliocca in Maestri di Zecca, di Prova ed Incisori della Zecca napoletana dal 1278 al 1734, Formia 2013. Ma ora lascio la parola a tutti coloro che vorranno intervenire con le proprie impressioni, commenti ed ipotesi: spero che anche questa discussione possa suscitare il vostro interesse.- 31 commenti
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identificazione probabile doppio tornese
Abigail_Leroy ha aggiunto un nuovo link in Richiesta Identificazione/valutazione/autenticità
Salve a tutti, vorrei identificare con precisione questa moneta, anche se molto rovinata. E' di rame, con un diametro di circa 2 cm, lo spessore è meno di un millimetro, il peso è inferiore ai 2 grammi. Facendo un confronto su internet l'ho trovata molto simile ai doppi tornesi francesi del 1600. qualcuno può aiutarmi? grazie -
ritrovamento entusiasmante ma sospetto!
francescodavid ha aggiunto un nuovo link in Richiesta Identificazione/valutazione/autenticità
Buongiorno a tutti, purtroppo sono un neofita del mondo numismatico quindi chiedo scusa anticipatamente per eventuali scivoloni su terminologie ed espressioni non inerenti alla materia. Vi spiego molto brevemente il perché sono a richiedere il vostro aiuto. In occasione di un trasloco, cercando di alleggerire qualche mobile smontandone cassetti etc. mi è capitato di scoprire all'interno di un antico "segretaire" del '700 un piccolo sacchettino di monete(una quindicina)tra tutte, quella che spiccava in maniera particolare era una d'orata senza data e citante frase: "moneta nuova aurea",In maniera molto accurata ne ho saggiato subito la qualità del materiale che si è rivelato essere oro,del resto non conosco nulla quindi mi limito ad allegarvi una foto del dritto e del rovescio accostati ad un righello improvvisato in modo che possiate dedurne anche le dimensioni. In trepidante attesa per conoscerne la storia,colgo l'occasione per ringraziarvi nuovamente! Francesco Davide- 14 commenti
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Moneta del 1697
LordMAGGIX ha aggiunto un nuovo link in Richiesta Identificazione/valutazione/autenticità
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- 1600
- bono nia docet
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