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IL BARATTO



Dal baratto alla coniazione delle prime monete
La nascita della moneta ? il punto d?arrivo di un lungo processo d?organizzazione e regolamentazione degli scambi commerciali. Port? i popoli antichi a munirsi di un indicatore in grado di intervenire nelle intermediazioni di merci e servizi differenti, introducendo un equivalente simbolico che incorporasse un valore patrimoniale certo. Tracciare un resoconto sintetico ed esatto di questa lunga evoluzione risulta un lavoro complesso, in quanto le scarse notizie pervenute sono spesso discordanti ed in contrasto tra loro.
E? dunque doveroso precisare che i dati riportati di seguito sono frutto sia dell?elaborazione di fatti storici sia dall?interpretazione delle opinioni degli studiosi a riguardo. Nella numismatica antica si pala speso di ipotesi in quanto mancano dati inconfutabili. Non si esclude che nuovi ritrovamenti archeologici o nuove teorie mettano in discussione quanto scritto e detto fino ad ora.



Il baratto
Fin dai tempi pi? antichi il commercio si basava sul baratto, la possibilit? di scambiare merci tra loro. Tale sistema richiedeva un?abile capacit? di negoziazione unita alla non comune capacit? di riuscire a valutare il rapporto di valore tra generi differenti. La cosa risultava abbastanza semplice quando le parti interessate appartenevano alla stessa classe economica. Esempio: contadini che raggiungevano accordi su forme d?interscambio basandosi sulle proprie carenze ed eccedenze, cos? riuscendo a calcolare di quanto grano o latte si sarebbero dovuti privare per avere in cambio vino, miele o verdure. Pi? difficili risultavano i rapporti tra classi economiche differenti, spesso basati su intermediazione a lunga distanza. Esempio: quanti litri d?olio per quanti chilogrammi di sale, quanto vino per un aratro, etc.

Un chiaro esempio di baratto ci viene offerto dai cartaginesi, popolo di commercianti per eccellenza si mun? tardi della moneta preferendo, nei suoi commerci con le popolazioni atlantiche della costa dell?Africa, il baratto silenzioso. Ecco come lo descrisse Erodoto (IV, 196).
Arrivati in prossimit? delle coste sbarcavano le merci e le disponevano in bell?ordine sulla spiaggia. Tornando a bordo accendevano un fuoco, gli indigeni vedendo il fumo andavano sulla spiaggia e depositavano una certa quantit? di oro in cambio delle merci. I mercanti tornavano e se l?oro deposto soddisfava le loro aspettative lo caricavano sulla nave e se ve andavano altrimenti non toccavano nulla ed aspettavano che gli indigeni aggiungessero altro oro per aumentare l?offerta o lo portassero via per rinunciare.

Con lo sviluppo del commercio, delle maggiori esigenze ed i maggiori spostamenti delle popolazioni, questo semplice strumento di scambio inizi? ad essere inadeguato e laborioso. Nelle societ? in evoluzione i governanti che chiedevano al popolo i loro tributi in peso ed in natura (grano, olio, sale) o sotto forma di prestazione di manodopera (le piramidi furono costruite in questo modo), si posero il problema di intervenire nello scambio tra beni contro beni e beni contro servizi, introducendo un equivalente che incorporasse un valore certo.

Chiaramente la merce di riferimento era differente da popolo a popolo e tra le varie epoche.
Tra i vari oggetti che in differenti epoche sono stati utilizzati come moneta di scambio tra i popoli troviamo: sale, pelli di elefanti, semi di cacao (a Ceylon), sassi (a Yap), penne (nelle Nuove Ebridi), arachidi (in Nigeria), semi di cacao (in Messico), mandorle (nel Surat), gong e semi (in India), tamburi rituali (nelle Indie olandesi), tavolette di t? o di tabacco compressi (usate fino al diciannovesimo secolo nella Cina occidentale, Tibet e Siberia meridionale), tessuti simili a fazzoletti o salviette (nel Messico degli Aztechi, in Cina, Giappone ed in Africa occidentale).
Nelle regioni tropicali ebbero enorme successo le conchiglie di cyprae (fig 1), volgarmente dette cauri. L?uso di questo mezzo di scambio si diffuse in molti paesi dell?Asia, ed ancora oggi, in alcune vallate del Nepal di etnia tibetana, gli uomini usano giocare ad un giuoco simile alla dama puntando queste conchiglie.



fig 1

Altro aspetto largamente diffuso nelle societ? arcaiche era il dono, un usanza che imponeva comportamenti non legati a considerazioni mercantili ma si distingueva per obblighi e regole di tipo morale. Quando una persona o un autorit? offrivano un dono l?altra parte era obbligata ad accettarla ed era vincolata da un?obbligazione a tempo indeterminato non misurabile in valore. Molto semplice, ti facevano un dono, non potevi rifiutare per non offendere il donatore ma prima o poi dovevi ricambiare.
Erodoto ci narra un fatto storico che ci fa ben comprendere questo tipo di mentalit? (III, 139-144). Durante una visita a Menfi Dario, allora guardia del corpo del re persiano Cambise II , incontr? per caso il samio Syloson, fratello del tiranno Policrate. Dario not? lo splendido mantello rosso di Syloson e chiese di comprarlo, il samio rispose per? che non lo avrebbe ceduto per nessuna cifra, piuttosto lo avrebbe offerto in dono. Dario accett? e quando divent? re a Susa nel 522 a.C. gli si present? Syloson che definendosi suo benefattore chiese ed ottenne la satrapia dell?isola di Samo in mano al dittatore Meandrio. Dario non pot? rifiutare in quanto era in obbligo verso Syloson.

Nell?area mediterranea prese piede l?utilizzo del bestiame come strumento di equiparazione. La nostra lingua mantiene ancora oggi tracce di questa epoca storica, ad esempio il termine capitale deriva dal latino ?caput? cio? testa o capo di bestiame. Il termine pecunia, cio? denaro, deriva da ?pecus? ovvero gregge dal quale deriva anche il termine ?peculatum?, furto di bestiame. Gli studiosi linguisti sono andati oltre arrivando ad identificare la radice di origine indo-europea peku che significava ? ricchezza mobile personale? e solo in seguito il termine ?pecus? fu usato per indicare i beni personali mobili dei pastori, le pecore appunto.
Varie testimonianze storiche testimoniano il come venissero equiparati tra loro bestiame, schiavi ed altri oggetti. Ad esempio nell? Iliade ( XXIII,703-705, 884-885) in occasione dei premi Proposti da Achille nelle gare di tiro con l?arco una schiava che sapeva lavorare bene era valutata quattro buoi (I1. XXIII, v.705), un grande tripode di bronzo era valutato 12 buoi ( I1. XXIII, v.703), una lancia ed un labete valevano un bue mentre in generale per i cambi una mucca era cambiata a 10 pecore.
L?uso del bestiame come unit? di misura aveva per? le sue controindicazione. Con lo sviluppo del commercio, le maggiori esigenze ed i frequenti spostamenti delle popolazioni, questo semplice strumento di conto e di scambio inizi? ad essere inadeguato e laborioso. Se sulle grandi quantit? era possibile arrivare ad un compromesso, nei piccoli commerci l?oggetto di scambio non si equiparava al valore minimo di un animale. Non ? infatti facile girare con due pecore nel portafoglio, e non sempre si hanno 20 galline da dare in resto! Bisognava per cui trovare uno strumento che consentisse scambi pi? modesti.

Di qui in avanti, grazie anche all?avvento della metallurgia con la nascita di officine attrezzate si diffuse rapidamente, per il baratto, il commercio, e soprattutto in ambito religioso (tributi e donazioni), l?utilizzo di oggetti in metallo. L?utilizzo di tale materiale aveva molti vantaggi, non era facilmente deperibile, poteva essere facilmente trasportabile senza cure particolari, era largamente conosciuto ed apprezzato e soprattutto era frazionabile. Ritrovamenti archeologici confermano che fin dal III millennio a.C., nel vicino Oriente ed in Egitto, piccoli pezzi d?oro e d?argento furono utilizzati come valori di scambio ed elementi di contabilit? economica.
Il passaggio dall?utilizzo del bestiame ( o altre merci deperibili) al metallo non fu immediato, per molto tempo i due sistemi convissero tanto che in vari testi troviamo citate delle corrispondenze metallo- bestiame.>br> L?utilizzo del metallo, lavorato in anelli di rame ( fig 2), apparve in Asia minore attorno al 1770-1600 a.C, come forma di scambio. Una pittura murale del XV secolo a.C., rinvenuta nei pressi di Tebe (fig 3), ci testimonia l?utilizzo dell?anello monetario in Egitto.



fig 2

Nello stesso periodo gli Ebrei creano un?unit? pondometrica chiamata kikkar, il cui significato era anello. Nel continente africano, si utilizzavano piastre circolari di rame con foro al centro.
I matematici sumeri (III millennio a.C.) seguiti da quelli babilonesi, credevano che il pallido argento fosse sacro alla divinit? lunare, mentre l'oro, con i suoi bagliori di fuoco, fosse sacro alla divinit? solare, in questo periodo cominciarono ad imporsi per il loro valore intrinseco i due metalli preziosi i quali erano particolarmente apprezzati per l?inattaccabilit? rispetto ai processi d?ossidazione, lucentezza e malleabilit?.

Venne applicato tra oro ed argento il rapporto esistente tra l?anno solare ed il mese lunare con un cambio tra loro di 1 a 13,5. Quanto alle frazioni di peso i matematici presero d?esempio una spiga di grano, la quale forniva un insieme formato da unit? uguali. Esempio: 180 chicchi di grano avrebbero dato un shiqlu (siclo), costituendo la base di conto dell?argento, poi su doppia base sessagesimale 60 sicli avrebbero dato una mina dal peso di 463 gr, 60 mine davano un talento (pari a 648.000 chicchi di grano) unit? di tale rilievo economico da richiedere una traduzione in oro.
Il primo concetto di moneta furono dei blocchetti di metallo che valevano esattamente per il loro peso, il quale veniva verificato di volta in volta per assicurarsi che fosse corretto. Difatti i truffatori nascono molto prima della moneta!

A Babilonia troviamo il primo metallo-denaro utilizzato come mezzo di pagamento, il cui valore fisso era legato a quello dell'argento. I templi assunsero la funzione di banche deposito dove il popolo poteva portare l?eccedenza di prodotti e di metallo, i sacerdoti contabili aprivano un ?conto corrente? e consegnavano delle tavolette di terracotta ( fig. 3 ), veri e propri titoli al portatore in cui veniva stabilita una quantit? astratta di valore corrispondente alla merce depositata. Successivamente quando le persone volevano un altro tipo di prodotto depositato nel tempio si seguiva il procedimento inverso.



fig 3

Il codice di Hammurabi ( monarca sumero dal 1792 al 1750 a.C.) valuta i delitti e le pene inflitte in valori monetari e ne viene fornita anche l?equivalenza in bestiame, ad esempio una pena di un siclo corrispondeva ad un maiale, una pena di due sicli equivaleva ad un montone.
Un documento in cuneiforme dice che Hammurrabi diede ai soldati della citt? di Mari degli anelli in argento e degli oggetti chiamati kaniktum ossia oggetti con marchi che ne stabilivano il peso. Questi oggetti avevano effettivamente un peso inferiore all?unit? intera del siclo, o,8, 1,7, 2,5 sicli ma l?autorit? aveva arrotondato per eccesso indicando sempre unit? intere da 1, 2, 3 sicli ( con una sopravalutazione media del 20-30 %) Su tali oggetti mancava per? il sigillo di garanzia dell?autorit? emittente e non si possono ancora considerare monete. I Kaniktum venivano scambiati spesso con beni di consumo, da qui la nascita di mercanti-banchieri che si specializzano nelle pratiche di intermediazioni monetarie, di prestiti e persino di assicurazioni.

In seguito (seconda met? del II millennio a.C.), fecero la loro comparsa in tutto il Mediterraneo i cosiddetti pani di rame di origine egeo-cretese. Si tratta di grossi rettangoli del peso variante tra i 10 ed i 36 kg, dallo spessore di circa 6 cm. I pi? antichi fra questi pani presentano una forma quasi perfettamente rettangolare, mentre i pi? recenti sono caratterizzati dai quattro angoli molto sviluppati (fig 3). La forma che, originariamente attribuita alla forma di una pelle di bue stilizzata, serviva in realt? per migliorarne maneggevolezza ed era il risultato di una procedura di fusione in serie dove le punte degli angoli sviluppati erano facilmente separabili a materiale freddato. Questi pani ebbero una circolazione prevalentemente marittima e talvolta si trovano con iscrizioni lineari A e B o in alfabeto cipriota (dall? isola del ?Cuprum? = rame).
Per quanto riguarda la provenienza di tali pani sono stati recentemente misurati gli isotopi di piombo, presente in piccola percentuale nei pani, scoprendo che ad eccezione degli esemplari pi? antichi, risalenti al quindicesimo sec. a.C , il rame proveniva esclusivamente dal distretto minerario di Apliki-Skouriotissa, nell?isola di Cipro.
Una testimonianza di questi oggetti ? stata rinvenuta sia negli affreschi della tomba di Rekhmire presso Tebe risalenti al 1480-1450 a.C., sia in decorazioni bronzee greche arcaiche di Cipro. Non mancano le scoperte di tali oggetti in ambito nazionale. Infatti vari pani sono stati rinvenuti tra le rovine del nuraghe di Serra Ilxi in Sardegna. Uno dei rinvenimenti pi? sensazionali ? avvenuto in due relitti presso la costa della Turchia dove sono stati recuperati complessivamente 384 pani di rame dal peso medio di 29 kg. , 120 lingotti convessi e vari lingotti di stagno.

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