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I contenuti con la più alta reputazione dal 02/14/25 in tutte le aree

  1. Vignetta ricorrente per collezionisti di monete, ma anche i collezionisti di banconote non sono immuni! Mai dimenticarsene...........
    19 punti
  2. Salve. Condivido tre monete di Giuseppe Napoleone. Una piastra del 1806 ( gr. 27,50, mm. 37,9- Magliocca pag. 238, n. 402, R2 ), una piastra del 1807 (gr.27,52, mm.38,5,- Magliocca pag. 238, n. 403, R ) ed una del 1808 ( gr. 27,42, mm.38,00- Magliocca pag. 238, n. 404, NC ). La 1806, al rovescio, presenta una piccola escrescenza di metallo simile all'angolo di un 7, 7 che poi troviamo sul tipo dell'anno successivo negli esemplari con la data ribattuta (7 su 6). Il mezzo anello passante dell'ancora é appena accennato. Questa piastra, fra le tre, è quella più difficilmente reperibile in buona conservazione. Nella mia 1807 la data non è ribattuta ed il 7 è allineato agli altri numeri della data. Si trova a sinistra, mentre il valore si trova a destra (come avviene normalmente, eccezion fatta per un unico rarissimo tipo che riporta la data a destra ed il valore a sinistra). Il ciuffo dei capelli del sovrano è più folto rispetto al ciuffo presente nella 1806. L'ancora è con mezzo anello passante ed è sostenuta dal braccio di una sirena. L'altra sirena è con timone nella mano destra. Le due sirene, insieme, sostengono lo stemma coronato con al centro aquila imperiale ad ali spiegate. Piastra 1808: tipo II, ancora con mezzo anello, come nella 1807. Ciuffo del sovrano un po' meno folto che nella 1807, ma più folto rispetto alla 1806, comunque diverso da quello delle altre due ( almeno così mi sembra). Per quanto riguarda, invece, la struttura della corona, essa è identica per la 1806 e 1807, varia leggermente in alcuni particolari nella 1808. Pubblico dritto e rovescio delle tre monete, ma aggiungo una foto in cui le tre monete sono insieme ed affiancate, al fine di facilitare dei confronti. Ringrazio tutti per l'attenzione. Saluti.
    14 punti
  3. Cari Amici buon giorno. Oggi per Voi, dalla mia collezione, un antoniniano di MARINIANA . CONSECRATIO L'esemplare fa parte del gruppo di antoniniani ritrovati nel Tresor de la Guerche sur l'Aubois !!! La moneta è pubblicata (Rome 34) Spero, vivamente, che possa piacere. Un abbraccio a tutti Mario
    9 punti
  4. Dall'esperienza che ho maturato dedicandomi al restauro monetale, posso dirle che un semplice bagno in acqua demineralizzata ed un successivo lavaggio con sapone, non risolverà nulla. Per tentare un recupero altre al bagno in demineralizzata (almeno un mese con cambio giornaliero dell'acqua), è necessario intervenire meccanicamente con bisturi lavorando al microscopio. Lavoro molto lungo e complesso, che richiede una notevole manualità ed allenamento ad operare in tali condizioni, che, comunque, non può garantire un intero recupero della moneta, che presenta solo tracce di rilievi sotto l'incrostazione. Allego foto di un restauro eseguito qualche anno fa su un sesterzio.
    9 punti
  5. Grazie all'amico Faini abbiamo questa foto del mercatino scattata nella seconda metà del 1980, usata da Corriere della Sera per un articolo. Mi fa piacere condividerla.
    8 punti
  6. Salute Il n°414 di Panorama Numismatico del marzo 2025 ha, nel suo interno, pubblicati i segg.articoli: Per le curiosità numismatiche: Giulio Cesare Croce (1550-1609), scrittore e cantastorie, diede voce scherzosa alle classi inferiori della società e alla difficile esistenza del popolo. Gianni Graziosi, attraverso le opere di Croce, fornisce cenni sull’attività della zecca bolognese e sulle monete di che circolavano al tempo, in Alcune note su opere di Croce e sulla monetazione bolognese del tempo. Per la monetazione antica: Soldato e ufficiale esperto, Vetranio servì sotto Costantino I e divenne magister militum sotto Costante I, come racconta Roberto Diegi, in Vetranio, un usurpatore che se la cavò molto bene, ovverosia come l’attaccamento alla vita può prevalere sull’amor proprio. Alberto Castellotti parla di Un sesterzio di Druso Maggiore che più bello non si può, un insolito esemplare appartenente al monetiere del Museo Archeologico di Firenze. Per la monetazione medievale e moderna: Jacopo Feola ha individuato un particolarissimo coronato con sigle sovrapposte, caso riscontrato per la prima volta su un esemplare del primo tipo, come illustra in Un inedito coronato napoletano dell’incoronazione di Ferdinando I d’Aragona. Maurice Cammarano racconta la storia di un raro 5 soldi francese del 1643 che lascia Parigi, va nell’Oriente Latino e viene contromarcato, garantendone la buona qualità dell’argento, ma ritornato in Francia viene bucato come una moneta falsa, in La triste fine di un raro 5 soldi francese del 1643. L’arte fiamminga del XVI secolo rappresentò spesso l’attaccamento al denaro e la condanna delle attività lucrose e capitalistiche, come racconta Paolo Cammisuli in Il denaro nell’arte pittorica fiamminga e olandese tra Rinascimento e Barocco. Benedetto Mura propone un Aggiornamento e nuove valutazioni sulle monete della Zecca di Sassari coniate dal Giudice Guglielmo I d’Arborea, a partire da una moneta inedita coniata a Sassari. Recensioni: Le molte facce di una moneta. Denaro e materialità nella Storia: saggi in onore di Lucia Travaini, a cura di Monica Baldassarri, Barrie Cook, Stefano Locatelli, Milano University Press 2025. Stefano Poddi, Operation Bernhard. The Counterfeits of block 19. History’s biggest counterfeiting swindle, Edizioni D’Andrea, Roseto degli Abruzzi 2025. Per le Notizie dal mondo numismatico: Donato al Museo della Banconota il progetto della prima “banconota” italiana, consegnato alla Banca d’Italia dall’Ing. Gerardo Vendemia. Accademia Numismatica Italiana: sotto il segno del Giano per unire passato e futuro: a Grottaferrata, in provincia di Roma, un gruppo di noti studiosi, cultori, collezionisti e professionisti ha fondato l’Accademia Numismatica Italiana, ANit. Il nuovo numero di «Panorama Numismatico» è disponibile al prezzo di 6,00 euro presso la Redazione o sullo shop online. Salutoni odjob
    8 punti
  7. Gli ultimi arrivi Tallero senza data. Esemplare splendido al dritto, al rovescio il conio è stanco Tallero del 1607, condizione non eccelsa, ma millesimo rarissimo: 5 esemplari noti, di cui uno nella Collezione Reale, più altri 2 con data corrotta di difficile lettura. un bell'R4 Tallero del 1613. Un R5. In tutto sono noti 2 esemplari
    8 punti
  8. Credo che nel frattempo l'utente abbia fatto la Cresima e magari si sia anche sposato 😅
    8 punti
  9. Salve. Condivido un coronato di Ferdinando I D'Aragona con croce potenziata tratteggiata. Nella didascalia la casa d'aste la dichiarava senza sigle, invece la sigla è presente, sotto la croce potenziata : si tratta della sigla "Y" sovrapposta a "C" (= YC). Moneta alquanto rara da reperire sul mercato. Inoltre, la "V" di CORONATVS è una "A" capovolta e le "A" delle legende del dritto e del rovescio sono tutte delle "V" capovolte. Spero di non sbagliarmi. Ringrazio. Saluti.
    8 punti
  10. Buongiorno a tutti e buona Domenica. Oggi a Gaeta ricordano il 164°anniversario della fine dell'assedio di Gaeta 1860-61. Riporto la locandina dell'evento, purtroppo per motivi di salute non potrò esserci ma ci sarà il mio carissimo Amico Sergio @motoreavapore Il quale mi aveva girato la locandina ed invitato a presenziare insieme. Riporto le parole di Re Francesco II rivolte al Popolo. 《 Io sono Napolitano; nato tra voi, non ho respirato altr'aria, non ho veduti altri paesi, non conosco altro suolo, che il suolo natio. Tutte le mie affezioni sono dentro il Regno: i vostri costumi sono i miei costumi, la vostra lingua la mia lingua, le vostre ambizioni mie ambizioni》 Re Francesco II Parole molto toccanti. Voglio ricordarlo con le sue monete. Posto il mio Tari al quale sono molto affezionato perché proviene dalla Collezione di Sergio, proprio da Gaeta. Tutti potete partecipare, con le vostre monete, con le vostre riflessioni. Saluti Alberto
    8 punti
  11. La nascita dell’Associazione ANit, Accademia Numismatica Italiana, su CN Cronaca Numismatica, buona lettura ! https://www.cronacanumismatica.com/accademia-numismatica-italiana-sotto-il-segno-del-giano-per-unire-passato-e-futuro/
    7 punti
  12. Un tedesco per la Zecca L'idea di trovare un incisore europeo di valore (uno bravo ) per la Zecca di Philadelphia, nacque probabilmente in contemporanea con la zecca stessa. Coloro che si erano succeduti alla direzione nei primi anni di attività, erano consapevoli che gli incisori americani non potevano competere con gli europei, e le stesse maestranze addette alla produzione non avevano l'esperienza necessaria per produrre monete di qualità. Ci vollero però anni prima che il desiderio diventasse realtà, e la realtà aveva il nome di Johann Matthias Reich, un immigrato tedesco nato a Furth, in Baviera, nel 1768, e trasferitosi in America nel 1800. Reich, che al suo arrivo negli Stati Uniti aveva anglicizzato il suo nome in John, aveva appreso il mestiere dal padre, anch'egli incisore. Già nel 1801, appena un anno dopo essersi trasferito, alcuni suoi lavori erano stati notati da Thomas Jefferson, che lo aveva raccomandato per un impiego alla Zecca. Impiego che però non fu a tempo pieno, ma solo per piccoli lavori, tanto che pochi anni dopo, disilluso, stava pensando di tornarsene in Europa. Ma nel gennaio 1806 la Zecca vide la nomina del suo quarto Direttore, Robert Patterson, che intuì le sue qualità, e nel 1807 lo nominò Second Engraver (il primo era sempre Robert Scot, che mantenne la carica fino alla morte, nel 1823), col compito di ridisegnare la gran parte delle monete in circolazione. Al dritto di tutte queste monete, compare una properosa Lady Liberty nella quale qualche critico, probabilmente non senza ragione, credette di riconoscere l'amante dell'artista. Nelle half eagles, le prime monete d'oro coniate con questo disegno nel 1807, Lady Liberty, volta a sinistra, indossa un cappello frigio con l'iscrizione LIBERTY sulla fascia. Nel giro 13 stelle, 7 a sinistra e 6 a destra, in basso la data. (foto da Heritage Auctions) Ma, inaspettatamente, il berretto indossato da Lady Liberty, che nelle intenzioni di Reich voleva rappresentare un cappello frigio, simbolo di libertà (Liberty Cap), fu invece interpretato in un modo che scandalizzò molti. Si disse, anche qui non senza qualche ragione, che un cappello come quello lo si poteva vedere su alcuni fregi e bassorilievi funerari dell'antica Roma, tra la fine della Repubblica e l'inizio dell'Impero, ed era un oggetto donato ai liberti, gli schiavi liberati dal loro stesso padrone.... naturalmente, nessuno poteva concepire gli Stati Uniti come una nazione di schiavi a cui gli inglesi avevano graziosamente concesso l'indipendenza. Dovette intervenire il presidente Jefferson in persona, che nonostante le mille incombenze legate al suo ruolo, e i suoi ancor più numerosi interessi, trovava anche il tempo di occuparsi di tutte le questioni riguardanti la Zecca e le monete, per spiegare che quello non era affatto un berretto da schiavo, bensì un cappello alla moda. Più precisamente, un mob cap, un cappello tondo e morbido, solitamente di lino o di una sorta di garza, con dei volant decorativi intorno al bordo, spesso ornato di pizzo o nastro. Molte donne usavano portarlo, soprattutto in casa, per tenere raccolti i capelli. Tra esse, Jefferson citò Martha Washington, la prima First Lady d'America, della quale in effetti esiste più di un ritratto con indosso questo copricapo... e a quel punto, nessuno poté obiettare più nulla Continua...
    7 punti
  13. DE GREGE EPICURI Stamattina, grazie alla prof.ssa Monica Baldassarri ed alla dott.ssa Giulia Valli (conservatore del medagliere del Castello Sforzesco) poco meno di dieci studenti ed ex-studenti del corso di Numismatica Medievale hanno potuto accedere al..."sancta sanctorum". E' stata una esercitazione davvero straordinaria. Dopo alcune notizie introduttive, abbiamo potuto esaminare tre maxi-plateaux di monete: il primo di monete genericamente "barbariche", il secondo di ostrogote, il terzo di longobarde. Racconto quel che ricordo, forse con imprecisioni. Il primo gruppo conteneva prevalentemente bronzi imitativi del III e IV secolo: quindi, radiati imitativi e imitative costantiniane; alcune particolarmente ben fatte e di peso insolito. Il secondo plateau conteneva molte monete d'oro e d'argento, a partire da numerosi solidi di Focas, altri solidi a nome di Anastasio (Vittorie di produzione romana), silique e rarissimi quarti di siliqua (alcuni milanesi, con monogramma, n° 35 del primo testo di Arslan). Le monete longobarde riguardavano zecche dell'Italia Settentrionale e Centrale: qui si sono visti soprattutto i vari tremissi con Vittoria frontale (diritto con ritratto stilizzato di Anastasio), monete in Ag molto rare (con stella e altri rovesci), monete in oro "a stella" fra cui una straordinaria di Novate a nome di Desiderio, piccole monete in Ag a nome di Pertarito (scritta PER). Insomma, una mattinata numismatica indimenticabile!
    7 punti
  14. Il quotidiano Il Foglio pubblica una bella intervista a Laura Cretara, come tutti sanno autrice della faccia nazionale italiana della moneta da 1 euro con l'Uomo Vitruviano, nella quale l'artista ripercorre le tappe della sua carriera: https://www.ilfoglio.it/cultura/2025/02/22/news/laura-cretara-con-le-mie-monete-ho-riscattato-anche-le-donne--7448054/ Un plauso a Il Foglio, per una delle rare volte in cui la stampa generalista si occupa di numismatica in modo serio e approfondito... chapeau petronius
    7 punti
  15. Salve, per chi fosse interessato a seguire il nuovo corso (anche qualche parte) in presenza segnalo che da questa settimana cominciano a pieno ritmo le lezioni, con il seguente orario: mercoledì alle 16.30 in aula M205 (Santa Sofia), giovedì alle 14.30 in aula 515 (Festa del Perdono) e venerdì alle 12.30 in aula 3 in via Sant'Antonio 5 (ingresso a fianco della chiesa lato chiostro) . Qui trovate il programma di massima dei 3 moduli (aprendo la finestra "edizione unica": https://www.unimi.it/it/corsi/insegnamenti-dei-corsi-di-laurea/2025/storia-delle-monete-medievali-e-moderne In seguito ad accordi ancora in corso di definizione, durante il corso sono previste anche visite a collezioni museali e biblioteche specialistiche. A seconda del numero dei partecipanti, inoltre, potranno essere organizzati seminari ed alcune esercitazioni pratiche. Un saluto cordiale, MB
    7 punti
  16. Vorrei lasciare solo un piccolo commento a margine, visto che la questione mi tocca da vicino: ho riflettuto a lungo prima di intervenire e scrivere queste brevi considerazioni perché, visti i presupposti, non ero pienamente convinto di farlo. Tuttavia, rispondo in questa discussione, ma il mio discorso è più ampio e si adatta bene anche ad altri topic simili su temi e pubblicazioni affini. Con questo, non voglio assolutamente far perdere altro prezioso tempo (che non ha – l’ha ripetuto fino alla noia in vari contesti come questo) al nostro Amico, ma, impiegandone un po’ del mio, non posso fare a meno di notare che, quando la nave inizia ad affondare, il capitano, in questo strano caso, sia il primo ad abbandonarla. Dopo un’attenta lettura di quest’ultimo affascinante capitolo di quella che sembra essere effettivamente una interminabile “saga”, com’è stata definita precedentemente in tale contesto, aggiungerei dai parziali contorni “fanta-numismatici”, mi è parso superfluo e del tutto inutile procedere con una lunga disamina dei punti deboli di tale ricostruzione: ne sarebbe uscito un altro corposo saggio che, oltre a risultare scomodo per qualcuno, avrebbe dato eccessiva visibilità a questioni che non la meritano. Non è detto, tuttavia, che gli scritti del nostro Amico, trattati con la dovuta attenzione, non possano fornire, nel prossimo futuro, l’assist necessario per correggere il tiro e segnare finalmente un punto a favore delle scienze storico-numismatiche: d’altra parte, come è ben noto ai professionisti del settore, la ricerca storica, così come quella numismatica ad essa affine, comporta dei rischi a cui nessuno si può sottrarre. Da qui, il richiamo e l’invito, come vedremo nel corso di questa mia raccolta di osservazioni, alla prudenza. Mi è parso, inoltre, superfluo approfondire i singoli punti, in primis perché la maggior parte delle criticità si sono già rese evidenti agli occhi dei lettori più attenti; in secondo luogo, perché non si può discutere scientificamente di qualcosa che non è scientificamente fondato: non basta saper citare fonti, bibliografie e documenti per riconoscere la scientificità di un elaborato, ma, come dirò qui appresso, è il metodo ad indirizzare buona parte della ricerca e a determinarne la propria validità scientifica. D’altronde, «una cosa è lo strumento, un’altra è la scienza» (M. Bloch, Apologia della storia o Mestiere di storico, a cura di M. Mastrogregori, Milano, 2024, p. 134): già raccogliere e selezionare i documenti più utili per il proprio lavoro è, per lo studioso, uno dei compiti più complessi; figurarsi, ora, passare alla loro esegesi. Occorre una buona dose di accortezza in questa fase, a maggior ragione se i documenti ufficiali sopravvissuti sono relativamente pochi e ci consentono di ricostruire solo uno spaccato parziale e non il quadro generale della questione: «il pericolo inizia solamente quando ogni fonte di luce pretende da sola di illuminare tutto» (p. 248). Perché, per quante fonti possiamo disporre in ogni periodo storico, esse non saranno mai in numero sufficiente per ricostruire minuziosamente l’intero panorama degli eventi: tentiamo di avvicinarci ad esso con gli strumenti che abbiamo a disposizione di volta in volta, ma, al massimo, possiamo solo sottolineare alcuni aspetti del tutto. Infatti, mi è sembrato di individuare nuovamente il vero problema di questi scritti nel metodo d’indagine adottato, lo stesso con cui i documenti vengono man mano approcciati ed interpretati. Il merito principale del nostro Amico – ormai è palese ai più – consiste nel pubblicare documenti e testimonianze d’epoca in maniera filologicamente corretta (anche se non sempre possiamo parlare di edizioni critiche che seguono i classici criteri paleografici e diplomatici), ma il metodo d’interpretazione che poi viene ad essi applicato è finalizzato solamente alla dimostrazione di una o più idee che già sono insite nell’ipotesi iniziale a priori. In altre parole, non è la pubblicazione e la lettura del documento, laddove esso esista e ci sia giunto, a dimostrare i passaggi chiave di questo o di altro suo studio, bensì la dinamica è inversa: il documento viene interpretato e finanche, in alcuni passaggi, forzato al solo fine di arrivare alle conclusioni che egli ha già preconcette, ovvero «quando il giudizio pende da una parte, non si può evitare di volgere e torcere la narrazione in quel senso» (M. de Montaigne, Essais, a cura di A. Thibaudet, Paris, Gallimard, 1953, libro II, cap. X, p. 459 [ed. it. F. Garavini, Milano, Bompiani, 2012, p. 743]). È, questo, uno degli errori di metodo più comuni tra gli storici non professionisti, il che non è una novità: «le lunghe minuzie dell’erudizione storica, del tutto capaci di divorare una vita intera, meriterebbero di essere condannate come spreco di energie assurdo, quasi criminale, se avessero come unico risultato quello di rivestire con un po’ di verità uno dei nostri svaghi» (pp. 37-38). Ed è proprio quello che accade tra queste come in altre pagine a firma del nostro Amico: l’erudizione da lui messa in campo, con questi continui scoop e scoperte inseguite quasi ossessivamente ad ogni costo (come se l’unico senso della ricerca scientifica fosse quello di presentare ogni volta un elemento di novità da presentare tra squilli di tromba e rulli di tamburi), ha il solo scopo di «rivestire con un po’ di verità» una teoria a monte già data. In altre parole, quest’«immodesta sicurezza di sé» devia dalla cultura del dubbio, già di pirenniana memoria, che costituisce una delle basi fondanti, ma non esclusive, del metodo storiografico moderno e si imbatte, invece, in quella serie di errori e refusi che già Bloch riconosceva «in qualche modo suggeriti dai suoi testimoni» (p. 165). Estremizzando, forse, si potrebbe esemplificare tale meccanismo vizioso con un aneddoto narrato dal nostro storico: «smanioso di far prevalere le proprie tesi sulla trasmissione dei caratteri acquisiti, il biologo viennese Paul Kammerer produsse lui stesso, con iniezioni d’inchiostro di china sulle zampe dei suoi rospi, le supposte escrescenze nuziali che poi avrebbe mostrato trionfalmente come l’effetto di adattamenti ereditari». E sono proprio casi simili che inducono gli studiosi a ricorrere alle «regole ordinarie della critica della testimonianza» e, quindi, ad interrogarsi sul metodo e sulle sue problematiche, per evitare di incorrere in false o inquinate piste (anche queste citazioni sono tratte tutte da Bloch, Apologia della storia cit., p. 114). Tali “incidenti di percorso”, dunque, furono, sono e – mi auguro in misura progressivamente minore – saranno sempre presenti, sebbene in percentuali ridotte, all’interno della parabola evolutiva della ricerca, qualsiasi campo d’indagine essa abbia per oggetto. Perché di questo si tratta: le fonti, la bibliografia, i documenti, maneggiati in assenza di metodo critico, languiscono nel campo dell’erudizione o, al massimo, di un’utile ricerca antiquaria, ma non sono capaci di andare oltre. La critica, infatti, è come una «specie di torcia che ci illumina e ci conduce lungo le oscure strade dell’antichità, aiutandoci a distinguere il vero dal falso» (L. Ellies Du Pin, Nouvelle bibliothèque des auteurs ecclésiastiques, I, Paris, A. Pralard, 1690, p. 13). Se ne erano consapevoli già gli autori del XVII secolo – e, anzi, fu proprio all’epoca che le opere critiche iniziarono a muovere i loro primi passi, soprattutto in ambito dell’esegesi biblica e successivamente anche storiografica (penso, per rimanere in tema, a Pierre Bayle, il quale aveva già capito come tale metodo si potesse applicare ad un’infinità di opere e campi diversi del sapere) –, come mai ce ne dimentichiamo così facilmente ancora nel nostro tempo? Nonostante tutti i suoi successivi perfezionamenti, aggiungerei. D’altronde, la conduzione di un simile metodo ha portato a scardinare, allontanandoli tra loro, alcuni nessi di causa ed effetto su cui si regge la ricostruzione storico-numismatica, approdando a ben altre conclusioni. Per dirla con le felici parole – ancora una volta – di Bloch, che, mi pare chiaro, abbiamo eletto a nostra guida in tale frangente, «l’errore sulla causa si trasforma, come succede quasi necessariamente, in terapia sbagliata» (p. 92). Questo non si traduce, in ultima analisi, con la preclusione nei confronti di alcuni protagonisti di occuparsi di storia e di numismatica, anche a determinati livelli, né che queste discipline siano solo appannaggio di una ristretta cerchia di studiosi accreditati, bensì, più propriamente, significa sottolineare come esse debbano essere trattate con il dovuto rigore metodologico e con la giusta prudenza intellettuale, soprattutto se si è decisi ad agire in contesti scientifici, perché la storia, così come altre scienze, gode di punti fermi assoluti, ma è costellata di altrettanti – e forse più numerosi – punti oscuri che non le consentono, al pari della numismatica, di farne una disciplina ammantata di certezze. Infatti, già Bloch aveva intuito che «le certezze della storia sono ancora a uno stadio molto meno avanzato» (p. 44): e la situazione, ad oggi, non è mutata così tanto. I problemi e gli errori di metodo non sono sempre difficili da individuare, soprattutto per gli “addetti ai lavori”, ma ardui da risolvere nel momento in cui quello sfoggio di erudizione, a cui ci si richiamava precedentemente, è funzionale all’aumento dell’ego personale: e questo fenomeno mi pare pacifico anche dai toni usati ed emersi in questa discussione (ma non è la prima volta), non da ultimo quello sprezzante, emerso nel momento in cui viene citata qualche mia pubblicazione scientifica sull’argomento. Come è stato giustamente sottolineato anche in questa sede, senza un dibattito e un confronto costruttivo, oltreché scientificamente fondato non solo sui documenti (questi ultimi subentrano solo in un secondo momento), quanto più sull’adozione di un metodo storiografico valido in grado di comprendere tali fonti, questi suoi scritti, seppur con i dovuti pregi, approdano a conclusioni quantomeno discutibili e poco condivisibili; a maggior ragione ora che si delinea un quadro quasi surreale nel quale sono stati tirati in ballo eventuali grandi “guru” e “poteri forti” della numismatica che metterebbero a tacere le voci della presunta verità mediante complotti mirati. Neanche stessimo trattando, soprattutto in questa sede, di fantascienza con tanto di complotti e man in black della numismatica, ovviamente sottomessi a non meglio specificati “poteri forti” ed operanti sotto la loro egida, che tentano di intimorire e mettere a tacere i veri studiosi con la presunta verità in tasca. Il che, per carità, si sposa perfettamente con la “fanta-numismatica” praticata a tratti dal Nostro, ma mi lascia con un sorriso amaro sulle labbra il constatare come le nostre amate discipline, anziché essere trattate con il giusto metodo ed il rigore che richiederebbero, vengano esposte in tal modo su vetrine internazionali, evidentemente a digiuno di tali tematiche settoriali e, come si vedrà, ad esse poco o per nulla avvezze, e quindi incapaci, in assenza di strumenti critici adeguati, di emettere un giudizio metodologicamente fondato. Inoltre, come è stato già evidenziato, il criterio di riordino delle emissioni degli augustali, da cui deriva anche tutto un discutibile sistema di datazioni, è a dir poco risibile e non ha nulla di assimilabile alla scientificità che ci si aspetterebbe da una pubblicazione che si presenta in tale veste: anzi, mi meraviglio pure che abbia trovato seguito e accoglienza in una rivista con tanto di peer-review (questa, se ce ne fosse ancora bisogno, è l’ennesima conferma di ciò a cui mi riferivo poco più sopra)! Per dimostrarlo, infatti, mi sarà sufficiente chiedere cosa sarebbe successo agli augustali, e alla loro relativa sistemazione cronologica basata sui paragoni con le monete romane e bizantine, qualora si fossero individuati ritratti monetali afferenti agli stessi imperatori ma di stili completamente diversi rispetto a quelli selezionati dal nostro Amico nel suo lavoro: tanto per fare un esempio, i ritratti sugli assi o sui sesterzi di Domiziano (per limitarci al bronzo – ricordo che anche io ho una buona esperienza in campo di monetazione classica: sono stato, tra l’altro, curatore per ben due anni, qui sul Forum, della sezione di monete romane repubblicane) sono tutti uguali, in termini stilistici, a quello pubblicato dal Nostro per eseguire il confronto con il relativo augustale? Oppure si conoscono anche altri ritratti monetali del suddetto imperatore, stilisticamente differenti da quello selezionato nella pubblicazione, che sarebbero da soli sufficienti a smontare tutto questo inutile castello di carte? E siamo proprio così sicuri (le certezze della storia e della numismatica!) che tra le mani di Federico II e dei suoi funzionari capitò proprio e solo quel ritratto monetale di Domiziano, anziché un altro di tipo e fattura diversi? I richiami al mondo classico, custoditi nei caratteri iconografici ed epigrafici dell’augustale federiciano, sono ovviamente chiari e innegabili – e sono stati appurati da studiosi di ben altra caratura –, ma qui mi sembra che si stia andando un attimino oltre. Tra l’altro, questo sistema di classificazione e datazione, evidente prodotto dei problemi di metodo fin qui evidenziati, non può essere nemmeno scusato con il pretesto di una futura ottimizzazione: cosa dobbiamo ottimizzare se tale sconclusionata catalogazione si regge su basi così inconsistenti e facilmente opinabili? Mi chiedo, dunque, se siamo arrivati a tanto – il che è davvero triste –, quali siano le prospettive future per scienze come la storia o la numismatica se continueranno ad essere bistrattate in questo modo, senza metodo, senza prudenza e senza senso critico? In altre parole, prima di mettere mano alle fonti e ai documenti e a spendere a livello internazionale i propri titoli, sarebbe quasi un dovere morale per ogni studioso che intenda scrivere di storia o di altre discipline ad essa affini, come la numismatica, accostarsi ad una lettura, come quella di Bloch, che avvii allo studio metodologicamente ragionato e fondato della storia: il nostro Amico dovrebbe avere – mi auguro – una certa familiarità con testi di tal fatta, ed in particolare con le pagine di Bloch, non solo in virtù della sua recente formazione, ma vieppiù se pensiamo che proprio in Spagna, prima che altrove, il lavoro del nostro storico-guida fu dato alle stampe proprio con la chiara intenzione di fornire uno strumento di introduzione al metodo storiografico! Se accantoniamo tutto ciò, il risultato sarà quello di rimanere nel recinto del dilettantismo erudito, per quanto virtuoso e utile esso sia.
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  17. E poi ci si stupisce se la gente non denuncia le scoperte… cornuti e mazziati.. Il ritrovamento - La società, nel settembre 2018, scoprì le mille monete d'oro di età romana nel corso di un intervento di ristrutturazione nel centro storico di Como. Secondo i consulenti numismatici di Officine Immobiliari, il tesoretto varrebbe sul mercato internazionale tra i nove e gli undici milioni di euro, stima che il ministero della Cultura ha dimezzato. Il motivo del "taglio" sta nel fatto che la legge vieta l'esportazione di tali reperti. Il valore viene quindi indicato in circa quattro milioni e 901mila euro. Il premio da elargire per legge - La legge, in questi casi, quantifica in una dote "non superiore al 25% del valore del ritrovamento". E dopo una limatura sul presunto valore delle monete, sempre il ministero aveva ritenuto congruo un premio del 9,25%, pari cioè a circa 453mila euro, salvo infine liquidarne soltanto 73mila. Il decreto del tribunale - A chiusura della lunga vertenza, il tribunale di Milano ha emesso un decreto ingiuntivo nei confronti del ministero della Cultura, intimandogli di pagare immediatamente altri 295.233 euro. Officine Immobiliari, nelle operazioni di recupero del tesoro composto dalle mille monete, aveva investito circa 400mila euro. La somma era servita per consentire la prosecuzione degli scavi e per consentire alla Soprintendenza di eseguire le lavorazioni del caso, finanziando anche i successivi studi numismatici
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  18. Buonasera, condivido l’ultimo arrivo, una moneta dell’imperatore Graziano. (D): DN GRATIANVS PF AVG; busto panneggiato di Graziano con diadema di perle, verso dx (autorità emittente Valentiniano I); (R): GLORIA RO-MANORVM. La lettura del venditore per campo ed esergo è: F|/R/(R) // DSISCP; imperatore con diadema e abito militare, volge la testa indietro mentre procede verso dx trascinando dietro di sé un prigioniero inginocchiato; con la sx impugna il labaro cristiano. AE3; diam. mm 17,5; gr.2,13; asse coniazione 1h; zecca di Siscia, 4a officina. Tipo RIC IX 14c, sottotipo xxxv. La lettura del rovescio proposta dal venditore non mi è chiarissima. Nella dx del campo la lettera superiore mi sembra A piuttosto che R (anche confrontandola con le A di GRATIANUS). Riguardo la lettera sottostante sono del tutto ignorante: sembra una sorta di monogramma, una R “uncinata” superiormente. L’ultima lettera dell’esergo, infine, viene indicata come P ma mi lascia dei dubbi. Grazie sin da ora per ogni commento e correzione. Secondo quanto leggo, i ritrovamenti inglesi si riferirebbero principalmente all’utilizzo di queste emissioni per il pagamento delle truppe inviate in Britannia nel 367 al comando di Flavio Teodosio, magister equitum praesentalis di Valentiniano I, nonché padre del futuro imperatore Teodosio. Rimediando agli insuccessi iniziali di Saverio e Giovino, il comes Teodosio riuscì a risolvere un quadro di gravi disordini in Britannia (Ammiano Marcellino, XXVII,8) prolungando il dominio romano sull'isola per i successivi quaranta anni. Primogenito di Valentiniano e Marina Severa, Graziano è co-Augusto a 8 anni e imperatore a 16 (alla morte del padre) ma deve spartire il potere sull’Occidente con il fratellastro Valentiniano II, nato dalle seconde nozze di Valentiniano con Giustina (già sposa dell’usurpatore Magnenzio). Valentiniano II ha appena quattro anni ma sotto il controllo della madre tiene corte a Milano regnando su Italia, Illiria e Africa, mentre Graziano governa da Treviri su Gallia, Spagna e Britannia (Zosimo IV,19,2). Durante il proprio regno, nel breve giro di due anni (378-380) Graziano vive da co-protagonista due eventi epocali, il primo politico-militare, l’altro culturale-religioso. Nel 378 l’imperatore Valente, suo zio, cade ad Adrianopoli, esito tragico della pessima gestione da parte romana di una massa di Goti profughi che Valente aveva deciso di accogliere all’interno dei territori imperiali (Ammiano, XXXI, 4,10 sgg.; Jordanes, Getica, XXXVI). Graziano – che nel Maggio 378 aveva trionfato ad Argentovaria sulla tribù alamanna dei Lentiensi (Ammiano, XXXI, 10-17) - non raggiunge in tempo Valente il quale, invidioso delle imprese del nipote (così dice Ammiano), il 9 Agosto dà battaglia senza attendere i rinforzi del nipote. Il secondo evento due anni dopo, nel 380, quando Teodosio - che Graziano aveva designato alla gestione dell’Oriente dopo i fatti di Adrianopoli - pone fine alla storia di Roma pagana con l’editto di Tessalonica (un successivo decreto di Teodosio, nel 391, dichiarerà impuro e contaminante anche solo guardare le statue degli dèi pagani). Graziano, nonostante un precettore d’infanzia pagano (il poeta Decimo Magno Ausonio), una volta augusto si allinea alla svolta religiosa di Teodosio promulgandone l’editto e accogliendo le posizioni più intransigenti del vescovo di Milano, Ambrogio. Graziano cancellerà i contributi pubblici e i lasciti testamentari privati ai collegi sacerdotali pagani, e interrompendo una tradizione che veniva fatta risalire all’età regia (con la costruzione del più antico ponte di Roma, il pons Sublicius) rifiuta la sacra carica di Pontifex Maximus, restituendo la veste tradizionalmente offertagli. “Se l’imperatore non vuole essere pontefice massimo, presto vi sarà un pontefice massimo” afferma uno dei sacerdoti, predicendo il trasferimento del titolo al papa cristiano (Zosimo IV,36,5). Nel 382, inoltre, Graziano rimuove dalla Curia Iulia la statua della Vittoria e l’altare che accoglieva i sacrifici e i giuramenti del Senato e la cui collocazione si doveva ad Augusto al tempo del trionfo di Azio. Dopo la morte di Graziano, i senatori pagani sperarono si ripetesse quanto già accaduto con Costanzo nel 357, quando una prima rimozione si era risolta grazie al “restauratore” Giuliano II. Stavolta si confida soprattutto nel dodicenne Valentiniano II e in sua madre, di fede ariana, ai quali il grande oratore Simmaco - prestigioso esponente senatoriale pagano nonchè prefetto dell’Urbe - indirizza nel 384 una celebre supplica (Relatio III) perorando la ricollocazione di quelli che egli considera i simboli della storia e della fortuna di Roma, perciò condivisibili da pagani e cristiani nel segno di una religiosità universale (si richiede anche, ovviamente, il ripristino del quadro finanziario tradizionale). Il vescovo Ambrogio soffocherà però ogni speranza di dialogo, “istruendo” l’imperatore con due durissime lettere (Epistola XVII e XVIII), nella quali chiarisce sin dalle prime righe che gli dèi pagani sono “cose demoniache”. La lettura dei testi di Simmaco e Ambrogio, offre un quadro vivissimo dello scontro finale tra la morente cultura pagana e la trionfante età cristiana. L’altare sarà ripristinato un’ultima volta dall’imperatore Eugenio (392), ma dopo la sconfitta di questi contro Teodosio, viene nuovamente rimosso. Sarà ancora una volta Simmaco a guidare una delegazione a Milano (402) per rivolgere la richiesta di ricollocazione a Onorio e Arcadio, ma la domanda viene definitivamente respinta e l’altare distrutto. Tornando a Graziano, se egli rimuovendo la statua e l’altare aveva tradito la Vittoria, la Vittoria avrebbe presto tradito lui (direbbe un pagano…). Magno Massimo, un militare assai capace che aveva operato in Britannia, postosi alla testa di un forte scontento delle truppe legato pare al massiccio ingresso di barbari ben pagati nell’esercito (Zosimo IV, 35,2), sbarca sul continente presso Parigi e sconfigge Graziano, il quale tenta la fuga ma trova la morte (383) a Lugdunum per mano di Andragazio, magister equitum di Magno Massimo. Un saluto, grazie e a presto, Lucius LX
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  19. Buongiorno a tutti! Visto che la sezione "dorme" da un po' di tempo cerco di svegliarla postando un nuovo "piccolo" arrivo... Come da titolo si tratta di un Viennese del I tipo di Emanuele Filiberto, non capisco molto la divisione in due tipologie di questa moneta essendo solo una variante del conio tra le zue zecche che hanno coniato questa moneta... l'ordinanza era la stessa e cambiano solo gli anellini/rosette nei contorni ai due lati. Ma adattiamoci alle vecchie catalogazioni e seguiamo la strada sino ad ora seguita. Il MIR la considerava con un grado di rarità R8, mentre il secondo tipo veniva classificato R6, ora il Cudazzo ha eguagliato le due tipologie a R5, ovviamente per gli esemplari usciti in questi anni, anche se a parer mio il primo tipo si vede comunque un poco meno del secondo. Moneta quasi introvabile diversi anni fa, non ero ancora riuscito ad aggiungerla in collezione, per fortuna è diventata meno rara e sono riuscito a tappare il buco! Piccolina, 15 mm di diametro per un peso di 0,82 gr. ora è vicina alla sorella di Chambéry.
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  20. Buongiorno, segnalo che venerdì 21 marzo sarò ospite del Circolo Numismatico Ticinese con la conferenza "Committenza e finalità del riconio della medaglia pontificia nel XVII secolo". Verranno discusse brevemente le riconiazioni di medaglie papali degli Hamerani e del Mazio; si passerà quindi alla presentazione di casi in cui le medaglie del XVII secolo furono riconiate anni dopo la prima tiratura (commissionata dalla Camera Apostolica) oppure addirittura dopo la morte del pontefice effigiato. Verranno analizzate inoltre le richieste per tali medaglie, il loro impiego nei cerimoniali e la scelta dei tipi oggetto di nuova tiratura. Cordiali saluti, Antonio Rimoldi
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  21. E venne il giorno 22 settembre 1795, il giorno in cui le prime aquile si alzarono in volo dalla Zecca di Philadelphia Per rendere la cosa possibile, si era dovuta ridurre la produzione delle half eagles, per concentrarsi su quella delle Eagles, le monete d'oro da 10 dollari, fino al 1850 il taglio più alto in moneta circolante. Come per le half eagles, i disegni e i conii per le eagles furono creati da Robert Scot. Di fatto, si trattava di una versione più grande delle half, doppia in peso (17,50 grammi), e con un diametro approssimativo di 33 mm. (contro i 25 delle half). Anche la composizione rimaneva invariata, 91,67% di oro, 8,33% di argento e rame. Al dritto, ritroviamo dunque la Lady Liberty con il turbante, la data, l'iscrizione LIBERTY e un numero variabile di stelle nel giro, 15 o 16. Al rovescio, l'aquila ad ali aperte, che ben poco ha a che vedere con l'uccello in natura, che poggia su un ramo di palma e stringe nel becco una corona d'ulivo. Nel giro UNITED STATES OF AMERICA. Ancora una volta, non compare da nessuna parte l'indicazione del valore. Nella maggior parte delle monete coniate nel 1795, il ramo sotto i piedi dell'aquila ha 13 foglie (vedi sopra), ma in alcune, si stima un migliaio sul totale coniato di 5.583, le foglie sono solo 9. Inutile dire che queste monete sono le più ricercate dai collezionisti. (foto da Heritage Auctions) Ma sorse un problema riguardo al rovescio... che non piaceva quasi a nessuno. Pare che Scot si fosse basato sul disegno visto su un cameo romano, che si rivelò ben presto impopolare. Si pensava che l'aquila fosse un po' troppo anemica e magra, e non il possente uccello che quasi tutti all'epoca immaginavano come il trionfante simbolo degli Stati Uniti. Così, dopo soli tre anni, nel 1798, Scot modificò il rovescio, inserendo l'aquila araldica che abbiamo già visto nei quarter eagles. E forse fu solo un caso, ma il cambio del disegno coincise con un irrigidimento della politica estera nei confronti di francesi e inglesi, che cercavano di intromettersi nei commerci degli americani. Questa linea più dura sarebbe ben presto sfociata in una guerra non dichiarata con i francesi, ed è significativo che, allo stesso tempo, la piccola, pacifica aquila con l'ulivo e la palma, simboli universali di pace, sia stata sostituita con la bellicosa aquila araldica. petronius
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  22. Buon pomeriggio a tutti. Ringrazio @Litra68 e @gennydbmoneyper aver postato importanti testimonianze incisorie relative all'ultimo Re del Regno di Napoli Francesco II. Dal 1992 si celebra ogni anno questo evento storico culturale nella città di Gaeta, patrocinato dalla sezione ex allievi della scuola militare Nunziatella sezione Lazio, dal Sacro Ordine Militare Costantiniano di San Giorgio e dal comune di Gaeta. L'evento si divide in due parti: - la Santa Messa, celebrata nella chiesa della SS. Trinità, in onore dei caduti durante l'assedio del 1861 - l'alza bandiera del Regno di Napoli con il lancio della corona dei fiori sul luogo dove sorgeva la batteria Transilvania prima che i Piemontesi la facessero esplodere. Luoghi suggestivi circondati di storia, una storia che racconta le radici del sud e di un Regno che non esiste più. Di seguito alcune foto dei momenti più importanti. Altre foto.....
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  23. DE GREGE EPICURI Cilicia, terra di pirati: proprio questo fatto ha destato il mio interesse. Perchè proprio lì, e per tanti secoli? Dopo il repulisti di Pompeo (67 a.C.) la cosa si attenuò per qualche secolo, per poi ripresentarsi nel III-IV secolo. Si trattava di una terra estremamente povera (soprattutto il settore occidentale, la cosiddetta "Cilicia aspra" o "rocciosa"), con poche strade, quasi nessun porto, insomma poche risorse; si specializzarono quindi nell'arrembaggio ai navigli stranieri. Perciò, il 25.2 cominceremo con un po' di geografia, seguita da un po' di storia, per poi approdare alle monete.
    6 punti
  24. Buonasera a tutti, di recente acquisizione. Un Sestino di Federico III D'Aragona. Prima cosa chi fu costui? Era il figlio di Ferdinando I e di Isabella di Taranto; fratello di Alfonso II e zio di Ferdinando II, successe al nipote Ferdinando II, morto precocemente senza eredi nel 1496. Sestino - Ae Questo esemplare grammi 1,51 diametro mm. 19 Secondo il Mir 109 il peso è g 2,00 22/20 mm. D/FEDERICVS°D°G°R°SI; Busto del Re radiato volto a d. con lunghi capelli. R/+SIT:NOMEN:DNI:BENEDIT Croce Potenziata in cerchio lineare Questo esemplare si presenta di stile insolito diverso dagli altri in mio possesso. Inoltre si apprezzano quelle che sembrano delle lettere dietro la capigliatura. Potrebbe trattarsi di un falso d'epoca o è magari ribattuto su un altra, moneta? Aspetto vostri graditi pareri. Saluti Alberto
    5 punti
  25. Buonasera a tutti, confesso di averli presi io. Freschi di Adozione li ho fotografati insieme prima di metterli in Scuderia con i Fratellini. Saluti Alberto
    5 punti
  26. Peter Jefferson No, non è un parente povero, e nemmeno il fratello furbo di Thomas. E i due non si sono nemmeno mai incontrati, perché quando Peter fece la sua prima apparizione alla Zecca di Philadelphia, Thomas era già morto da qualche anno. Accadde, si dice, all'incirca nel 1830. Peter incominciò a volare intorno alla Zecca, per poi infine entrare a curiosare. I lavoratori della zecca rimasero sicuramente sorpresi quando videro un'aquila calva aggirarsi tranquilla nelle stanze, ma lo presero come un buon auspicio e all'inizio lasciarono l'uccello a se stesso. Ogni notte, quando gli operai finivano il turno, lo mandavano fuori per chiudere la zecca. L'aquila faceva qualche volo notturno sulla città e tornava la mattina presto. Peter era alla zecca ogni mattina prima che gli operai arrivassero, aspettando pazientemente che aprissero le porte e lo facessero rientrare. Rimaneva dentro, appollaiandosi e volando dentro la zecca durante il giorno. A detta di tutti, era piuttosto docile e non gli dispiaceva stare vicino alle persone, tenendosi però in disparte la maggior parte del tempo, ma senza preoccuparsi se le persone gli si avvicinavano troppo. L'uccello divenne il beniamino della città man mano che si diffondeva la voce del suo attaccamento alla zecca e della sua tolleranza verso gli umani, e la gente lo riconosceva durante i suoi regolari voli su Philadelphia. Lo chiamarono Peter, forse il nome di un operaio che gli era particolarmente affezionato, e Jefferson, probabilmente un omaggio all'ex-presidente scomparso pochi anni prima, nel 1826. Ma per tutti, semplicemente Peter. Rimase lì per circa sei anni, fino a quando, un brutto giorno del 1836, era appollaiato, forse, su una pressa per coniare, non è del tutto chiaro, quando la macchina si accese. Sebbene gli operai si fossero precipitati a spegnerla, l'ala di Peter restò incastrata nei meccanismi e rimase gravemente ferito. Nonostante i grandi sforzi di tutti, Peter perse la capacità di volare e, a causa delle ferite all'ala, morì pochi giorni dopo l'incidente Per onorare la memoria dell'aquila, e per tenere Peter, che era diventato un pilastro della Zecca e una specie di mascotte non ufficiale dell'istituzione, gli operai lo fecero impagliare, posizionandolo all'ingresso principale della Zecca... dovrebbe essere ancora lì Secondo la leggenda, Peter sarebbe servito da modello per due delle più belle monete degli Stati Uniti, non a caso quelle che più di ogni altra raffigurano un'aquila vicina al vero: il dollaro di Christian Gobrecht e il Flying Eagle cent di J.B. Longacre. "Io non avevo visto per molti anni quella moneta, ma poi ne sono rimasto veramente impressionato e ho pensato che... è, con tutta probabilità, il miglior disegno su una moneta americana." Parola di Augustus Saint-Gaudens petronius
    5 punti
  27. Salve, vorrei dare il mio contributo a questa interessante discussione dell'amico Alberto,inserendo i miei falsi tarì di Ferdinando ii.
    5 punti
  28. Le quarter eagle di Reich ripropongono, ovviamente, il disegno delle half eagles, ma a differenza di queste furono coniate con molta meno regolarità. In particolare, il modello Capped Bust, venne coniato solo nel 1808, dopodiché la produzione subì un lungo stop, e venne ripresa solo nel 1821. Anche sui quarti di aquila compare per la prima volta il valore al rovescio, 2-1/2 D. (foto da Heritage Auctions) Ma la ripresa del 1821, naturalmente con il modello Capped Head, fu ancora una volta breve, per una maggiore regolarità nelle coniazioni si dovette attendere il 1824. (foto da Ira&Larry GoldberG Auctions) Un'altra importante modifica riguardò il diametro della moneta, ridotto, a partire dal 1821, da 20 a 18,5 mm, e che subí un'ulteriore riduzione, portandosi a 18,2 mm., nel 1829, quando furono ridotte anche le dimensioni di lettere, data e stelle. Peso e composizione non subirono variazioni rispetto alle emissioni precedenti, e la moneta con queste caratteristiche fu coniata fino al 1834 (ad eccezione del 1828). petronius
    5 punti
  29. Per il rovescio delle sue monete Reich disegnò un'aquila (e ti pareva ) vista di fronte, che stringe tra gli artigli tre frecce e un ramoscello d'ulivo, con lo scudo sovrapposto al petto. Le ali dell'aquila sono sollevate sulle monete d'oro, e parzialmente piegate in quelle d'argento. Sopra la testa dell'aquila è sospeso un cartiglio con il motto E PLURIBUS UNUM, nel giro l'iscrizione UNITED STATES OF AMERICA. E per la prima volta sulle monete d'oro compare il valore, in forma abbreviata, ai piedi dell'aquila: 5 D. per la half eagle. (rovescio della moneta del post precedente, da Heritage Auctions) Anche l'aquila non mancò di suscitare critiche. Un funzionario governativo disse che l'animale sfidava sia la natura che l'araldica. Qualcun altro paragonò l'aquila ad ali spiegate con lo scudo sul petto a un sandwich (e il disegno divenne poi noto come sandwich-board). Secondo il noto numismatico e storico dell'arte Cornelius Vermeule, lo scudo somiglierebbe piuttosto alla protezione di un arbitro di baseball Sia come sia, i disegni di John Reich rimasero a lungo sulle monete, sia pure con qualche modifica. La half eagle rimase invariata, come l'abbiamo vista, fino al 1812. Nel 1813 venne cancellato il drappeggio del busto di Lady Liberty, e la moneta passò dall'essere indicata come Capped Bust a Capped Head, mentre le stelle non furono più divise parte a destra e parte a sinistra, ma occuparono interamente il giro. Invariato il rovescio. (foto da Heritage Auctions) Senza ulteriori modifiche ai disegni, ma con una riduzione del diametro (che passò da 25 a 23,8 mm.) e della dimensione delle lettere e delle stelle (più piccole), lasciando invariati peso e titolo, la half eagle di Reich fu coniata fino al 1834, ad eccezione degli anni 1817-1818. petronius
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  30. Ringrazio @gpittini e @Parpajola per l'entusiasmo e per le belle parole riservate all'iniziativa: senz'altro è stata l'occasione per poter vedere direttamente diverse monete, tra cui alcune emissioni molto rare e interessanti che anche io maneggiavo per le prime volte. In sostanza abbiamo potuto le cosiddette emissioni "barbariche" della collezione Leuthold (1 vassoio) e buona parte delle monete ostrogote e longobarde studiate e pubblicate nell'ancora fondamentale volume di Arslan dedicato alle raccolte civiche milanesi (2 vassoi; delle emissioni longobarde solo della parte settentrionale del Regnum, tra cui appunto le monete di Desiderio per Castel Novate). Devo dire che eravamo tutti così presi dall'osservazione delle monete, che siamo arrivati ben oltre l'orario solito di fine lezione (e qualcuno senza pranzo!) senza neppure accorgersi. Ma la prossima settimana sentirò anche il feedback degli studenti, che non avevano mai avuto prima dimestichezza con le monete, a differenza dei collezionisti e altri appassionati che frequentano il corso. Per tutto questo va ringraziata soprattutto la dottoressa Giulia Valli, conservatore del "Gabinetto numismatico e Medagliere" dei Musei Civici di Castello Sforzesco (e alla sua collaboratrice del servizio civile), che ha accolto con grande entusiasmo e disponibilità la mia proposta di fare anche delle lezioni di taglio più "laboratoriale", facendo vedere agli studenti direttamente le monete tra quelle presenti nelle collezioni del Gabinetto numismatico. A lei e ai suoi predecessori, che hanno ordinato e conservato i materiali in modo davvero encomiabile, devono andare i ringraziamenti non soltanto miei e degli studenti del corso, ma anche di tutti i cittadini e degli studiosi che con le dovute garanzie e accortezze necessarie, come avvenuto in questo caso, possono avervi accesso. Buon fine settimana e alla prossima, MB
    5 punti
  31. In realtà i conii di rovescio sono 5. Sono illustrati in un articolo di PN di qualche anno fa. Dall’alto in basso: segno di zecca in esergo e punti circostanti (allineati con il testo, conii R1 e R2 [BAJ.B.50], o a mezza altezza, conii 3, 4, 5 [BAJ•B•50]); tronco con superficie più frastagliata in R1 che negli altri conii (simile a quella delle monete coniate nella zecca di Roma, forse proveniente da una delle coppie di conii originariamente trasmessi a Bologna); bastone di S. Romualdo, che appare liscio nei conii R2 e R3, con piccoli nodi in R1, con nodi lunghi in R4 e con nodi radi in R5. Le fratture di conio che partono da ore 2 e da ore 4 sono caratteristiche di R4, mentre R5 presenta una frattura che parte da ore 1. Panorama Numismatico n. 375, settembre 2021 | PANORAMA NUMISMATICO
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  32. Avendo iniziato ha seguire il corso della Prof.ssa Baldassarri devo dire che la lezione di oggi è stata veramente impagabile. L'opportunità che gli studenti oggi hanno avuto, quella di potersi esercitare su monete che è difficilissimo vedere, lo si deve alla Professoressa che è riuscita a coinvolgere la Dottoressa Valli che ha messo a disposizione una sala del Castello e i tre vassoi contenti monete tremendamente interessanti.
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  33. Martedì 25 febbraio alle ore 20:45 al CCNM (via Kramer, 32 Milano. Citofono SEIDIPIU') si terrà una riunione informale, aperta a Soci ed Amici, condotta dal Socio Gianfranco Pittini con tema "Le zecche e le monete della Cilicia romana".
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  34. Le ultime aquile Almeno per un bel po' Le difficoltà "politiche" della Zecca, e soprattutto la scarsa disponibilità di metalli preziosi (la scoperta dei grandi giacimenti d'argento in Nevada e dell'oro in California era ancora lontana), non potevano non avere riflessi sulla produzione monetaria, che venne dapprima rallentata, per poi cessare del tutto, e per molti anni, per i nominali più alti dei rispettivi metalli, il dollaro d'argento e i 10 dollari d'oro. Si deve tuttavia riconoscere che coloro i quali sostenevano l'inutilità di una monetazione nazionale non avevano tutti i torti, in particolare proprio riguardo a questi due nominali. Il dollaro aveva un più che valido sostituto nel "pezzo da otto" spagnolo, che si trovava dappertutto in quantità, e gli era parificato come valore, anche legale. Quanto ai 10 dollari, come abbiamo visto anche in precedenza, erano una somma che molti faticavano a ritrovarsi in tasca. Il 1804 fu l'ultimo anno di produzione per queste monete, la cui coniazione riprese più di 30 anni dopo. Ma mentre, come sappiamo, tutti i dollari coniati in quell'anno, ben 19.570 secondo i registri della Zecca, portano la data del precedente, e sono indistinguibili da essi, per le Eagles le cose andarono in maniera diversa. Perché esistono monete da 10 dollari datate 1804, ed effettivamente coniate in quell'anno. Il totale del coniato sarebbe stato di 9.795 pezzi, di questi più di 6.000 datati 1803, il restante, stimato in 3.757, porta la data del 1804. Il disegno del dritto è quello di Robert Scot che già conosciamo, al rovescio l'aquila araldica in uso dal 1797 su questo nominale, mentre le stelle nel giro del dritto sono definitivamente 13, quelle delle colonie originali: probabilmente avranno capito che continuando ad aggiungere una stella ad ogni nuova entrata nell'Unione, ben presto sarebbe finito lo spazio (foto da Heritage Auctions) Le restrizioni colpirono anche le altre monete d'oro, in particolare le quarter eagles, che subirono anch'esse un lungo stop: la produzione venne sospesa nel 1808 per riprendere solo nel 1821, e procedere a singhiozzo fino al 1834. Da lì in poi continuò ininterrotta fino al 1929. Il destino migliore toccò alle half eagles, le monete da 5 dollari, che erano le più richieste. La loro produzione continuò quasi senza interruzioni (pochissimi gli anni saltati) fino al 1929. Quanto all'aquila, bisognerà attendere fino al 1838 per vederla di nuovo, e con un nuovo disegno, opera di Christian Gobrecht. Ma nel mezzo, quella di Scot conoscerà ancora un breve, ma fulgido, momento di gloria... sia pure in maniera quasi clandestina petronius
    5 punti
  35. Da quanto scrivi mi sorge il dubbio che tu non abbia figli o, perlomeno, figli giovani. In effetti la maggior parte delle forme di collezionismo di origine "giovanile" (tessere telefoniche, filatelia, figurine) sono state oggi sostituite da altre forme di collezionismo non meno significative per i ragazzi; vedi ad esempio le carte Yu Gi Ho; le carte Pokemon; le figurine Dangeons & Dragons... collezioni dei vari personaggi dei suddetti cartoni. Non è da trascurare nemmeno tutto il merchandising che troviamo a latere delle varie saghe; da Star Wars a Harry Potter al Signore degli anelli, con costumi, riproduzioni dei personaggi, materiali vari. Da ultimo vorrei ricordare il grande movimento collezionistico che anima il mondo dei fumetti, da Tex Willer a Dilan Dog fino ai Manga giapponesi... L'elenco è incompleto ma il mondo giovanile è animato da spirito collezionistico quanto quello "tradizionale"; ovviamente si orienta al proprio mondo ed è difficile prevedere quanto il primo potrà, nel tempo, confluire nel secondo... ma, a mio parere, c'è ampio margine d'incontro. Mario
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  36. Ciao Releo, ecco la mia 8 su 7. Un saluto Raffaele.
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  37. Oggi su di un banchetto una scatola di scarpe piena di biglietti tedeschi logori/molto logori di grandi dimensioni ad un euro, quasi tutti del periodo dell'inflazione della Repubblica di Weimar, praticamente i soliti già visti e molto ripetuti. L'unico biglietto che ha attirato la mia attenzione, che all'inizio avevo scambiato per un depliant pubblicitario dell'epoca , questo dieci milioni di marchi (emissione locale) dell'agosto del 1923 della città di Duisburg (in italiano Duisburgo) storica città attualmente della Renania. Carta consistente filigranata per esteso formata da rombi posti a spina di pesce, avrebbe perso il suo valore il 31 dicembre del 1923. E' raffigurata una delle tante acciaierie, vanto della città, tutte completamente distrutte dai bombardamenti alleati durante la seconda guerra mondiale. (cm. 19 x cm. 11) (cliccarci sopra per ingrandire)
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  38. A questo abbiamo già risposto, precisando che la Casa d'asta svolge un'opera di intermediazione fra i conferenti e gli aggiudicatari e non "commercializza", in senso tecnico, le monete esitate in asta. Quindi, la Casa d'asta deve ottenere delle specifiche autorizzazioni di P.S. per l'attività di intermediazione ma non quelle di chi commercializza le monete, siano esse monete numismatiche o "da investimento". A livello fiscale, la cessione della propria collezione ad una casa d'aste (o anche ad un altro collezionista) non sarà soggetta ad alcuna imposizione fiscale nè ad obblighi dichiarativi, con il solo obbligo di ricevere il corrispettivo della cessione con modalità tracciate (ad esempio: bonifico) ove il corrispettivo percepito sia superiore alla soglia di ammissibilità dei pagamenti in contanti (attualmente il limite in Italia è fissato in euro 4.999,99). Poichè stiamo trattando un argomento molto tecnico e considerando che l'utilizzo di questi "social" consente a tutti, nessuno escluso, di esprimere pareri a briglia sciolta, pur ignorando i principi della materia trattata e traendo ispirazione, quando va bene, da notizie acquisite dai cugggini e, quando va male, da convinzioni personali fondate sul nulla cosmico o sul sentito dire, con ciò generando confusione con false e distorte informazioni (altrimenti dette: "cazzate"), onde non incorrere io stesso in questo errore, vorrei corredare questo intervento con il supporto di una recentissima sentenza (ottobre 2024) della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Torino, che a sua volta richiama un arresto della Cassazione del 2023, con il quale si fa esattamente il punto sulla questione posta da Cinna74. Nelle sentenze si fa un preciso distinguo tra tre figure ben distinte 1. il mercante; 2, lo speculatore occasionale; il collezionista. Solo le cessioni poste in essere da quest'ultimo non saranno soggette ad alcuna imposizione fiscale. Penso che leggere quello che stabiliscono le Corti di Giustizia con le loro sentenze, valga ben di qualunque parere. Anche perchè poi, in caso di contenzioso con il Fisco, saranno quelle stesse Corti a decidere le controversie. Se avete 5 minuti di tempo, consiglio la lettura delle 3 pagine della sentenza allegata. M. corte-di-giustizia-tributaria-di-primo-grado-piemo.pdf
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  39. L'aquila e il serpente O, per meglio dire, l'aquila o il serpente? La vulcanica mente di Franklin, che una ne pensava e cento ne inventava ben prima del tacchino, quando ancora nessuna scelta era stata fatta, anzi, prima ancora che il problema si presentasse agli americani, nel 1775, quando i combattimenti tra coloni e inglesi erano già iniziati ma la Dichiarazione d'Indipendenza doveva ancora essere scritta, aveva proposto di adottare come simbolo nazionale un animale del tutto diverso, a dire il vero assai poco amato dalla maggior parte delle persone, che ne hanno spesso un vero e proprio terrore: il serpente. Ma non uno qualsiasi, bensì il più conosciuto e famoso del Nordamerica, the rattlesnake, il serpente a sonagli Il 27 dicembre 1775, il Pennsylvania Journal pubblicò la seguente lettera a firma di "An American Guesser", un indovino americano, nel quale gli storici riconoscono concordemente Benjamin Franklin. "Ho osservato che su uno dei tamburi appartenenti ai marines che si stavano sollevando era dipinto un serpente a sonagli, con questo modesto motto, 'Non calpestarmi'. Poiché so che è usanza avere un qualche simbolo sulle armi di ogni paese, ho supposto che questo potesse essere adatto per le armi dell'America; e poiché non ho nulla a che fare con gli affari pubblici e il mio tempo è perfettamente mio, per impiegare un'ora oziosa, mi sono seduto a indovinare cosa si volesse intendere con questo insolito simbolo. Ho avuto cura, tuttavia, di consultare in questa occasione una persona che ha familiarità con l'araldica, da cui ho appreso che è una regola tra gli studiosi di quella scienza che le proprietà degne dell'animale debbano essere considerate, ma non, al contrario, quelle vili. Mi informò anche che gli antichi consideravano il serpente un emblema di saggezza, e in qualche modo portatore di un certo atteggiamento di durata infinita: entrambe le circostanze suppongo possano essere tenute in considerazione. Dopo aver acquisito questa informazione, e ricordando che i paesi sono talvolta rappresentati da animali a loro peculiari, mi è venuto in mente che il serpente a sonagli non si trova in nessun'altra parte del mondo oltre all'America, e potrebbe quindi essere scelto, per questo motivo, per rappresentarla. Ma poi 'le proprietà mondane' di un serpente, pensai, sarebbero state difficili da indicare. Ciò sollevò piuttosto che reprimere la mia curiosità, e avendo visto spesso il serpente a sonagli, ripassai nella mia mente ogni proprietà per cui si distingueva, non solo dagli altri animali, ma anche da quelli dello stesso genere o classe di animali, cercando di attribuire a ciascuna un significato, non del tutto incoerente con il buon senso. Ricordai che il suo occhio superava in luminosità quello di qualsiasi altro animale, e che non ha palpebre. Può quindi essere considerato un emblema di vigilanza. Non inizia mai un attacco, né, una volta impegnato, si arrende mai: è quindi un emblema di magnanimità e vero coraggio. Come se fosse ansioso di prevenire ogni pretesa di litigare con lui, nasconde nel palato le armi di cui la natura lo ha fornito, cosicché, a chi che non lo conosce, sembra un animale indifeso; e anche quando quelle armi vengono mostrate e tese per la difesa, sembrano deboli e spregevoli; ma le loro ferite, per quanto piccole, sono decisive e fatali. Consapevole di ciò, non ferisce mai finché non ha generosamente dato avviso, anche al suo nemico, e lo ha messo in guardia contro il pericolo di calpestarlo. Ho sbagliato nel pensare che questa fosse una forte rappresentazione del temperamento e della condotta dell'America? Il veleno dei suoi denti è il mezzo necessario per digerire il suo cibo, e allo stesso tempo una distruzione certa per i suoi nemici. Questo può essere inteso come un'indicazione che quelle cose che sono distruttive per i nostri nemici, possono essere per noi non solo innocue, ma assolutamente necessarie alla nostra esistenza... é curioso e sorprendente osservare quanto siano distinti e indipendenti l'uno dall'altro i sonagli di questo animale, e tuttavia quanto siano saldamente uniti insieme, tanto da non poter essere mai separati se non rompendoli in pezzi. Uno di quei sonagli, singolarmente, è incapace di produrre suono, ma il tintinnio di essi insieme è sufficiente ad allarmare l'uomo più audace del mondo. Il serpente a sonagli è solitario e si associa ai suoi simili solo quando è necessario per la sua conservazione. In inverno, il calore di un certo numero di esemplari insieme preserverà le loro vite, mentre singolarmente probabilmente perirebbero. Può essere inteso nel senso che coloro che amano la libertà e le benedizioni che l'America offre, una volta che si sono avvicinati a lei, non la lasciano mai più, ma trascorrono la loro vita con lei." Bisogna riconoscere che l'idea di Franklin non era senza ragioni, e anche se non ebbe seguito a livello "nazionale", l'immagine del serpente fu adottata in svariati ambiti, non ultimo quello monetario. Sono diverse le banconote emesse dalle colonie, prima e durante la guerra d'indipendenza, che raffigurano il serpente a sonagli, come questi 20 dollari della Georgia del 1778. Il motto latino nel tondo, NEMO ME IMPUNE LACESSET, significa "nessuno mi provocherà impunemente", e ben si adatta a quanto scritto tre anni prima da Franklin nella sua lettera. Viene ripetuto anche al retro del biglietto. Certo, se gli Stati Uniti avessero davvero adottato il serpente a sonagli per il loro Grande Sigillo, poi questo avrebbe dovuto vedersela con il Grande Sigillo del Messico, raffigurante anch'esso un'aquila... ma un'aquila che divora un serpente a sonagli petronius
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  40. Il problema è che c'è una difformità, almeno visiva, della Verdi certificata SPL dal Dott. Moruzzi con quella postata dove si evidenziano alcuni difetti come correttamente evidenziati da @PriamoB e @wstefano. È molto probabile che sia stata conservata male ma ciò non toglie che non sia collezionabile e forse limitandoci nel dar peso al valore economico e focalizzando la nostra attenzione su tutto il mondo di storia, cultura e studio che c'è dietro una banconota allora il suo valore sarà indescrivibile indipendentemente dal suo grado di conservazione. Quindi puoi postare, come consigliato da @nikita_, un fronte/retro più nitido ed avere opinioni più obiettive possibili ma alla fine avrai comunque un piccolo libro di storia da sfogliare, studiare e custodire nella tua collezione. Saluti numys
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  41. Dopo metà... un quarto La moneta da un quarto di aquila (quarter eagle), del valore di 2,50 dollari, prevista dal Mint Act del 1792, iniziò ad essere coniata solo nel 1796. Al pari della half eagle, di cui riprende il disegno del dritto, fu creata da Robert Scot. Ma, a differenza dell'altra, nelle prime monete coniate non sono presenti stelle nel giro, che vennero aggiunte successivamente, sempre nello stesso anno, in numero di 16, tanti quanti erano in quel momento gli stati dell'Unione, per poi scendere a 13, le colonie fondatrici, l'anno successivo e fino al termine delle coniazioni, nel 1807. Cambiava invece il disegno del rovescio, che adottava per la prima volta l'aquila araldica (Heraldic Eagle), modellata sul Grande Sigillo (Great Seal) degli Stati Uniti (ci torneremo ). Anche se esistono half eagles datate 1795 con lo stesso disegno, esse furono in realtà coniate nel 1798, e dunque l'aquila araldica fa qui, per la prima volta, la sua comparsa... prima di una lunga serie, su monete di ogni tipo. Si tratta di un'aquila ad ali distese, con sul petto uno scudo. Nel becco regge un cartiglio con il motto E PLURIBUS UNUM, con l'artiglio sinistro stringe un ramo d'ulivo, con il destro un mazzo di frecce. Sopra la testa, nuvole e stelle: 16 nel 1796 e 1797, 13 dal 1798, ad eccezione del 1804, che può presentarne 13 o 14. Nel giro UNITED STATES OF AMERICA. (foto da Ira&Larry Goldberg Auction) La moneta è composta dal 91,67% di oro e l'8,33% di argento e rame, ha un diametro indicativo di 20 mm. e un peso di 4,37 grammi. E, come abbiamo visto per le half eagles, non vi compare alcuna indicazione del valore. Nel 1796 furono coniate 963 monete senza stelle al dritto e, successivamente, 432 con 16 stelle. Entrambe le tipologie sono di estrema rarità, a causa del basso numero di esemplari e della rifusione, nel corso degli anni, di molti di essi. Ma, è quasi superfluo dirlo, i collezionisti prediligono gli esemplari senza stelle, un unicum, mentre quelli con le stelle furono poi coniati, anche se non tutti gli anni, fino al 1807. petronius
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  42. Sicuramente voluto! Io ho una ventina se nn di più piastre del 56 e vi posso dire che c'è di tutto, ATR, FERDINANDAS, GRVTIV, aquile capovolte,13 torrette, torri del Portogallo capovolte, i pallini a riempire lo Stemma da assente a un numero di 7 e una disposizione da 2/2/2/1 fino a 7 tutte precisamente in fila, doppiopunto nelle legende, se tutte queste cose sono casuali c'è qualcosa che non va a mio semplice parere. Diciamo che le 56sono come le 34 non si fanno mancare nulla. Ultimamente ne ho trovato un altra con un bel punto proprio tra la R e proprio come una 34.
    5 punti
  43. Buongiorno a tutti gli Amici. Oggi mi piace condividere con Voi un altro antoniniano della mia collezione : Valeriano I. L'esemplare fa parte del gruzzolo del tesoretto di Rocquencourt e risulta pubblicato . Spero sia di vostro gradimento. Buona domenica. Mario
    4 punti
  44. Usata per pagare un pezzo di pizza nella pizzeria di mio cugino a Roma, 2€ del 2024 Vaticano. Di regola non vengono emesse per la circolazione normale (vengono vendute in folder oppure date sfuse ai difendenti). Ho gia il folder del 2024, ma questa me la tengo comunque, non capita spesso trovarla in giro.
    4 punti
  45. Il problema è che fino a quando rimarrai convinto delle tue supposizioni allora è inutile, almeno per me, andare avanti... C'è un concetto che dovrebbe essere preso in considerazione da tutti i collezionisti, quando si fanno delle affermazioni le stesse devono essere inconfutabili,se ci sono dei dubbi, come nel caso del tuo coronato (ribattiture, scivolamento e usura)nessun professionista serio ti metterà per iscritto che quel coronato è con sigla YC,e anche se ne trovi uno disponibile a farlo ciò non significherà che troverà riscontro tra gli appassionati di questa tipologia, perché per quanto si possa parlare di periti, commercianti,aste e compagnia cantante, il vero esperto è l'appassionato collezionista di questa determinata tipologia di monete,se non hai riscontri da questa categoria di esperti allora puoi stare tranquillo che non è un coronato con sigla YC... Mi ero già proposto di non rispondere ai tuoi quesiti per le motivazioni di cui sopra ma visto che più volte hai rimarcato il problema della scarsità di partecipazione in sezione allora mi sono sentito in dovere di farlo,ma per il bene della sezione,se poi i miei interventi non ti piacciono mi dispiace per te ma non è un problema mio... Mi dispiace dirlo ma io sono profondamente convinto che tendenzialmente non cerchi un parere ma delle affermazioni a quello che pensi tu,e questo si capisce anche dal fatto che ogni volta rimarchi il discorso che la moneta è R5,che la moneta è inedita,che la moneta è così,e per me questi non sono discorsi da appassionato collezionista ma più da aspirante investitore...
    4 punti
  46. AE 4 con SPES REIPVBLICE di Costanzo II (credo che la testa sia diademata) e officina terza di Roma probabilmente (R stella T). Arka # slow numismatics
    4 punti
  47. La mia sciabola con tre fiamme regolarmente dichiarata. Mostrine e stellette.
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