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Contenuti più popolari
Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 12/02/24 in tutte le aree
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Buongiorno oggi posto questa che è la serie del 1887 Giubileo della Regina Vittoria , composta da 14 valori, graficamente molto ben fatti, Effigie della Regina in vari tipi di cornici.6 punti
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E' disponibile il nuovo Comunicazione Bollettino della Società Numismatica italiana 2024 n.84, al seguente link è possibile eseguire il download gratuito: https://www.socnumit.org/comunicazione/ Elisabeth Marinelli Le fasi monetali della zecca di Tiati. Mario Veronesi Un probabile ripostiglio di antoniniani conservato presso la Biblioteca Marcantonio Maldotti di Guastalla. Luca Oddone e Dario Ferro Un denaro grosso ibrido realizzato con conii di Modena e Pavia: falso d’epoca o emissione congiunta ufficiale? Antonio Rimoldi Tre medaglie papali inedite dal Landesmuseum Württemberg (Stoccarda). Tiziano Francesco Caronni La storia del Centro Culturale Numismatico Milanese attraverso le sue medaglie.5 punti
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Buongiorno, mercatino domenicale, scatola di biscotti ricolma di monete mondiali, 1 € per 5 monete; questo il pescato più interessante: Marocco, 5o centimes 1921 , zecca di Parigi Bulgaria, 10 stotinki 1913 Oman, 10 baisa 1410-1990 Kazakhstan, 20 tenge 2016 Iran, 250 rials 1390-1990 Argentina, 1 peso 2019 Armenia, 10 dram 2004 Estonia, 20 senti 1992 rame/alluminio e 1999 acciaio/nickel3 punti
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Se fossi stato a Venezia nel '600 avrei fatto valere la mia fama di "rompi 🤐" e preteso il resto all'ultimo soldo 🤪2 punti
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Si possono argomentare e sostenere le proprie tesi anche in dissenso da quelle espresse dalla "opinione dominante" (per usare la locuzione riportata nella tesi di Laurea postata da Oppiano), ci mancherebbe altro. Sempre però che dette tesi minoritarie siano motivate e si fondino su fatti storici oggettivi, non su circostanze, come quella secondo cui "lo Stato continuò a coniare monete" (Si? E Quali?), espressa per dimostrare la continuità dello Stato e che è tanto più grave, non solo poichè destituita totalmente di fondamento, ma perchè richiamata per fondare il ragionamento sulla continuità dello Stato e poi giacchè siamo su un Forum di Numismatica e certi svarioni sarebbero magari da evitare (visto che disponiamo pure di un catalogo dove si può agevolmente constatare che dopo il 1870 non ci furono più coniazioni, che ripresero solo nel 1929). Penso che non sia elegante essere attaccati gratuitamente, sentendosi anche dire che le fonti citate (vedi Treccani) sarebbero "un bel riparo da mettere di fronte per proteggersi" (proteggersi da cosa? Forse dalle "pillole di Storia" recuperate su Wikipedia?), che è uno "strumento con tutti i limiti del caso" (quali limiti? Forse quelli di aver attinto alla Storiografia più accreditata?) e che "la testa e la logica e bene sempre usarla"....(ed è forse proprio perchè si è usata la testa e la logica che poi salta fuori che la "opinione dominante" degli Storici propende per la tesi che ciò che accadde nel 1870 alla Stato Pontificio fu proprio un caso di "debellatio"?). A leggere taluni interventi (peraltro sempre della stessa persona) sembrava che l'opinione di chi si era espresso da subito nella discussione a favore della "debellatio" non dovesse essere tenuta in alcun conto e neppure meritasse di essere citata come contributo (visto che si citavano e ringraziavano unicamente coloro che si erano espressi diversamente alla tesi della debellatio); ma, guarda caso, salta fuori adesso che l'Opinione dominante (sic!) fra gli storici sia proprio quella! Ma guarda un pò. La Treccani, quello "strumento con tutti i limiti del caso"....a quanto pare aveva ragione. L'avreste mai detto? Treccani batte Wikipedia 6:0 - 6:0 - 6:0. M.2 punti
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Era l'unica che ti mancava almeno? Ma finchè li trovi in ciotola a quasi nulla va bene, è il loro espositore originario che è difficile a reperire.2 punti
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Non è un francobollo ma un fiscale (marca da bollo) messicano del 1888. Il numero dietro e' un numero di controllo.2 punti
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In zecca vi era la possibilità di sfruttare le acque, come suggerisce Bernardo Perger nel 1773, ma poi non se ne fece nulla. ASNA, Ministero delle finanze, fascio 299.2 punti
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Buongiorno...un 6 tornesi preso per migliorare la conservazione del "modello base" che ho in collezione ( vedi prime foto su questo post)... L'ho migliorata con questa che ha un bel fascio definito....2 punti
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Ciao @Alexio85, la moneta è classificabile CNI 6, manca nel Muntoni. Come visibile sull'esemplare presente nelle foto del catalogo lamonetiano a questo link (seconda riga): https://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-PIOVISS/6 al rovescio in prossimità della "O" finale di SEVERINO si nota un eccesso di metallo dovuto al degenerare del conio, probabile che all'aumentare del difetto il conio sia stato in qualche modo "aggiustato" ripunzonandolo erroneamente con una "I", che essendo su una porzione più bassa, per la mancanza di materiale, viene ad essere più evidente sul tondello rispetto alle altre lettere. Quindi in realtà le due monete sono la stessa tipologia, ma coniate in due "momenti di vita" differenti del conio... Ciao, RCAMIL.2 punti
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Premesso che sono contrario alla "plastichina di cianocrilato" (quasi quanto le "bare" degli slab) che a mio parere è solo una moda poiché ritengo che la maggior parte del problema non risieda nelle plastiche delle "perizie", ma nell'aria in cui sono immerse (inquinata e non). Moda cui non sfugge il buon vecchio Perry, trovo la moneta gradevole e la libererei dalle plastiche per quei fastidiosi graffietti che, se ho capito bene, dici che appartengano alle stesse. Del resto stiamo parlando di una R2 (Montenegro) o R (Gigante) che merita di mettere in mostra la propria bellezza e conservazione. Come consueto posto un esemplare in buona conservazione per confronto e condivisione (la moneta è conservata da anni in taschina di plastica in album dedicato ad Umberto I e non presenta problemi di sorta...):2 punti
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Oggi non vi dirò niente,nessun dato,nessuna informazione tediosa ,solo immagini di manufatti suntuari longobardi di recente presentazione e quindi poco conosciuti. Belli ,di una bellezza sublime ,senza se e senza ma ,soprattutto gli smalti .. degni di Sutton hoo.1 punto
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On line può acquistare il collezionista esperto, che non ha bisogno di averla in mano per giudicare e valutare una moneta. E all'opposto può acquistare il collezionista inesperto, che online prenderà molte fregature. (Non prendo in considerazione gli Investitori in monete, ai quali certo basta la vendita in asta o online). Ma il collezionista che deve crescere? Quello che continuerà a collezionare? E' a quello, che deve vedere e toccare monete, che può interessare un convegno. Vedere, toccare monete, vedere intorno a lui tanti altri con lo stesso interesse. Sgomitare davanti ad un banco per vedere un vassoio, magari in maniera poi superficiale, ma che lascia un senso di appagamento e di interesse. Senza i convegni commerciali secondo mio parere diminuiranno i collezionisti.1 punto
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Altro esemplare esitato all’asta GMA dell’aprile scorso, Lotto 243: NAPOLI. Ferdinando IV di Borbone (1759-1816). 10 tornesi 1798 con doppio punto dopo SICILIAR. CU (g 27,27). Gig.113b. R. Grading/Stato: MB Altro esemplare sempre esitato dalla GMA (asta n. 1 del 2021), Lotto 535: NAPOLI. Ferdinando IV di Borbone (1759-1816). 10 Tornesi 1798. CU (g 24,53). Gig.113b; Magliocca 367. R. Doppio punto dopo SICILIAR. Frattura del tondello. BB1 punto
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Segnalato da CGB,Paris sul n. dicembre 24 del Bulletin https://www.cgb.fr/magna-graecian-and-sicilian-counterfeit-coins-a-catalogue-dandrea-alberto-faranda-gaetano-moruzzzi-umberto,lm351,a.html1 punto
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@Releo, ti segnalo questo esemplare che sarà esitato alla prossima asta Bertolami del 12 p.v., Lotto 193, così descritto in Catalogo: NAPOLI. Regno di Napoli. Ferdinando IV di Borbone (1759 - 1799 I periodo). Carlino da 10 grana 1798 "doppio punto dopo SICIL..". Ag (2,2 g; 18,7 mm) Gig. 110a. RR. BB1 punto
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In questo periodo eventi a"manetta" al CCNM1 punto
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Credo che praticamente tutti gli anelli e pezzi in bronzo siano utensili o oggetti d'uso, con l' eccezione dei frammenti contrassegnati da x o crescente. Vengono considerati aes rude anche i frammenti di bonzo trovati ne ripostigli votivi, ma in realtà anche questi erano frammenti tesaurizzati solo perché fondendoli potevano essere utilizzati come metallo, così come i frammenti di ascia che negli stessi stipi votivi si ritrovano. Il fatto di considerarli bronzo premonetale è un trucchetto commerciale.1 punto
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Grazie a tutti per i contributi, volendo sintetizzare, potrebbe trattarsi di un denario not in RIC della stessa tipologia del RIC III 19 Roma (181 d. C.) ma con leggenda invertita, tale leggenda si riscontra ad esempio nei denarii 13, 14, 15, 18, ecc... La conservazione sarebbe un buon BB o qualcosa in più il che unito alla tipologia non censita dovrebbe dare a questo esemplare un discreto valore. Comunico quanto emerso al possessore e vi ringrazio per l'interesse mostrato.1 punto
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Molto bella, a livello si dettagli sicuramente migliire dell'altra, che comunque è a mio parere di ottimo livello. Ne cerco una anche io e di recente ne è passata una all'ultima asta Nomisma Verona descritta come probabile migliore esemplare mai apparso in vendita. Però non ha trovato acquirenti.1 punto
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Grazie Oppiano, prezioso ed interessante contributo. Fra l'altro molto centrato sul tema della discussione. Speriamo che non venga anch'esso dileggiato al pari dei contenuti della Treccanti. Si sa che chi è solito informarsi su Wikipedia guarda con diffidenza i testi di approfondimento. M.1 punto
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Perchi volesse, allego anche in versione .pdf l'estratto della Tesi di cui al post #72 e pubblicato su: https://www.academia.edu/34831616/Continuità_discontinuità_tra_Stato_Pontificio_e_Città_del_Vaticano Continuita_discontinuita_tra_Stato_Ponti.pdf1 punto
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Ciao,piacere. Inizio col dirti che le monete manomesse hanno un valore inferiore,sempre. Ci sono casi, quando rare o quando come le pontificie che all epoca era di moda trasformarle in "gioielli" appicagnolate. Le prende lo stesso . C è anche chi cerca questi artefatti dandogli anche un plus valore a volte. Io la calcolerei in questo caso come una conservazione BB o qBB. Per il prezzo puoi fare riferimento a cataloghi o le ultime aste o altri numislamonetiani più aggiornati di me . 👌1 punto
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mi chiedo allora perchè non chiamarlo mercato numismatico anzichè convegno son d'accordo che senza la parte commerciale si perde il sale di tutto, però dai, almeno 1/2 interventi al giorno di esperti che parlano magari anche di esperienze di 30 anni fa, è veramente privo di anima e poi non ci si deve lamentare se per il vile denaro il commerciante se ne va prima, fa bene a questo punto, se vi interessa solo il lato commerciale1 punto
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Classical Numismatic Group > Triton XXVIII Auction date: 14 January 2025 Lot number: 411 Price realized: This lot is for sale in an upcoming auction Lot description: KINGS of PERSIS. Vahbarz (Oborzos). 3rd century BC. AR Tetradrachm (27mm, 17.07 g, 4h). Istakhr (Persepolis) mint. Diademed head right, wearing kyrbasia / Figure in Achaemenid royal attire, with bow and quiver over shoulder, standing right, holding in his left hand the hair of a Greek hoplite kneeling right, wearing military attire and with shield on left arm, who he is preparing to slay with a dagger held in his right hand; whwbrz to left; krny in Aramaic to right; wntwy in Aramaic in exergue. Cf. van't Haaff, Persis, Type 532Aab (for drachm); otherwise unpublished. Lightly toned, with iridescence, traces of deposits, light circulation marks. Near EF. Bold reverse. Excessively rare. INTRO HEADER: Vahbarz as Commander-in-Chief Among the issues of Vahbarz (Oborzos) are the extremely rare drachms – and now, tetradrachm – showing an Achaemenid-style ruler slaying a captive Greek hoplite. So far, only three examples of the drachms are known, all struck from the same pair of dies. The tetradrachm of the same type, the reverse design of which shares stylistic affinities with the drachms, indicates a particularly special issue and that a single engraver – a master craftsman – was responsible for the reverse dies of both denominations. The obverse of our tetradrachm is die linked with those of Ardaxšir (Artaxerxes) I (see, for example, CNG 123, lot 334), placing the two rulers in close chronology. The legend here calls Vahbarz (Oborzos) ynrk (krny), rather than the more usual àKR†RP (prtrk'), a title that appears on his later coinage. Vahbarz (Oborzos) is the only ruler of Persis to have coins with this title on them. Other examples of his coins with krny include two tetradrachms (van't Haaff, Persis, Type 562A, examples a and b), and a unique drachm in a private collection (Müseler, Dating Fig. 13), all with the fire-altar reverse. None of these coins have the royal standard that normally appears in the design. A probable explanation is that Vahbarz's status as commander-in-chief, and not ruler in his own right, would account for the absence of the standard. In addition, one of these tetradrachms, as well as the drachm, includes a ¡ in the exergue (cf. SC 241-243[for monogram]). This monogram is similar to Seleukid issues of the coregency of Seleukos I and Antiochos I, attributed in SC to an uncertain mint in Drangiana or Western Arachosia, and dated to 294-281 BC. All together, the krny coinage of Vahbarz forms a compact group. The reverse design has been the subject of interest since the first drachm showing an Achaemenid style ruler slaying a captive Greek hoplite came onto the market almost four decades ago. That coin, discovered by the late Wilhelm Müseler in 1986, was sold in Peus 316 (lot 259). Michael Alram, in his publication of the coin the following year ("Eine neue Drachme des Vahbarz [Oborzos] aus der Persis?," in Litteratae Numismaticae Vindobonenses 3 [1987], p. 149) was quick to note the unusual subject, arguing that the coinage of Persis was conservative in design, with ideologically predetermined elements, and lacking the influence of foreign ideas. While true in most respects, the coronation-type coinage of Baydād (Bagadat) provides a visible counterpoint: an innovative design that is of indigenous, rather than foreign ideas (see the reliefs of the enthroned Achaemenid king Dareios I from the Apadana at Persepolis which served as the model for Baydād [Bagadat]). For Vahbarz (Oborzos), the trope has a long history, both in the ancient Near East, as well as in Persian art. Two seals of the Achaemenid period showing potential prototypes of the victor slaying the captive (J. Boardman, Persia and the West, p. 160, figs. 5.6 and 5.7). One of these shows Artaxerxes III Ochos slaying the rebellious pharaoh Nektanebo I, while the other depicts one Greek hoplite spearing another. Among the tombs in Necropolis II at Limyra in Lykia is a tomb relief of one hoplite about to slay another. All three examples demonstrate that this scene was a well-known eastern motif. Other than the coins themselves, very little is known about the career of Vahbarz, or the events commemorated on this particular issue. An anecdote in the Strategmata, or Stratagems in War, by Polyainos, a Macedonian author and rhetorician, has since been recognized to be referring to Vahbarz. Written in AD 163, during the Roman-Parthian War of AD 161-166, and dedicated to Marcus Aurelius and Lucius Verus, it is a collection of narratives describing various stratagems, in particular, those involving various military leaders. In Book VII, which describes the actions of a number of non-Greeks, Polyainos relates the murder and secret burial of 3000 Greek military settlers by Oborzos, whom he considered to be plotting against him (Chapter 40). This tale, however, contains an underlying sense of deception that would seem hardly appropriate for such a prestige issue. Given the Achaemenid association, the design rather recalls the Greco-Persian Wars of the early 5th century BC and the subsequent events that resulted in the disintegration of the Persian Empire and the rise of the Macedonian kingdoms. The kingdom of Persis, which until the third century BC had been a quasi-vassal state of the Seleukid Empire, may have taken the defeat of Antiochos III at Thermopylai in 191 BC to exploit its autonomy. This change was short-lived, however, as the Seleukids seemed to recover as Antiochos is recorded as being present in the area. Vahbarz appears to have submitted his independence and been installed as a frataraka, as his subsequent coinage is of the fire-altar type. It is quite possible that the anecdote about his treachery may have been spread to undercut any future rebellion and assuage Seleukid sensibilites. All that remains is the extremely rare numismatic evidence of Persian glory. Estimate: 75000 USD1 punto
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1. 1951, £1.50 2. 1951, 0.60p 3. 1951, 0.50p 4. 1950 ....dulcis in fundo questo è quotato £15.00 sterline. Fatti un po' l' addizione e calcola quanto nella pagina. Questo è quello che avresti pagato per acquistarli oggi da Stanley Gibbons piu' o meno.1 punto
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Molto interessante: https://www.academia.edu/34831616/Continuità_discontinuità_tra_Stato_Pontificio_e_Città_del_Vaticano "1.4 Il problema della Debellatio Quando la mattina del 20 settembre 1870 le cannonate italiane14 abbatterono un tratto delle mura di Roma nei pressi di Porta Pia, i proiettili non fecero crollare soltanto le pietre dell’antica cinta aureliana ma anche la secolare costruzione del potere temporale della Chiesa. L’esercizio di tale potere venne meno definitivamente, la capitale degli Stati Pontifici fu occupata dalle truppe italiane che dilagarono in essa arrestandosi solo sul limitare della Città Leonina, un’area nel centro dell’Urbe compresa tra il colle Vaticano, Castel Sant’Angelo e Borgo Pio, la cui edificazione come autonoma cittadella fortificata sulla sponda destra del Tevere era stata avviata da Papa Leone IV (m. nel 855) nel IX secolo, in seguito assunse il suo aspetto definitivo durante il pontificato di Sisto V (1520 - 1590) espandendosi fino ad inglobare il Rione Borgo. All’esito dell’invasione, alla quale le Forze Armate pontificie opposero una resistenza puramente simbolica, secondo le disposizioni di Pio IX, venne elaborata una convenzione armistiziale conclusa dal Generale Hermann Kanzler (1822 – 1888), Comandante Supremo delle Forze Armate pontificie, e dal Generale Raffaele Cadorna (1815 – 1897), Comandante del Corpo di Spedizione italiano, che determinava le condizioni militari cui si sarebbero attenute le due parti. In particolare, si stabiliva all’articolo I che: « La città di Roma, tranne la parte che è limitata al sud dai bastioni Santo Spirito, e che comprende il Monte Vaticano e Castel Sant’Angelo, costituenti la Città Leonina, il suo armamento completo, bandiere, armi, magazzini da polvere, tutti gli oggetti di aspettazione governativa, saranno consegnati alle truppe di S.M. il Re d’Italia.» Il successivo articolo III disponeva lo scioglimento ed il rimpatrio delle truppe straniere, mentre l’articolo IV disciplinava in questi termini la sorte delle truppe considerate italiane: « Le truppe indigene saranno costituite in deposito senza armi, con le competenze che attualmente hanno, mentre è riservato al governo del Re di determinare sulla loro posizione futura.» I restanti articoli si limitavano a determinare tempi e modalità della smobilitazione dell’esercito pontificio, sancendo anche la nomina di una commissione mista per l’esecuzione delle clausole d’armistizio, senza però nulla stabilire circa la sorte del governo papale e delle istituzioni dello stato ecclesiastico. In realtà, già nella giornata del 22 settembre, le truppe italiane occuparono la Città Leonina, che formalmente era rimasta esclusa dalla consegna alla autorità italiane, intervenendo al fine di mantenere l’ordine e di sedare i tumulti popolari che erano esplosi a seguito di un’esplicita richiesta del Segretario di Stato Cardinale Giacomo Antonelli (1806 - 1876). Da più parti15 si è ipotizzato che tale richiesta fosse funzionale a provocare una reazione internazionale in difesa delle prerogative papali, nei fatti però tale reazione non si verificò ed il territorio nell’effettivo controllo del Papato si ridusse ai soli palazzi apostolici vaticani. Da parte italiana, inoltre, si precisò ripetutamente che l’occupazione della cittadella sarebbe cessata qualora ne avessero fatta richiesta le autorità pontificie. Questa particolare serie di eventi ha fatto sorgere una annosa disputa circa l’effettivo venir meno, de jure oltre che de facto, del principato temporale dei pontefici, ponendo quale materia controversa la totale soppressione dello Stato Pontificio e la fine delle sue istituzioni e delle sue articolazioni. Secondo la dottrina prevalente16 si sarebbe determinata una situazione di debellatio, e cioè una condizione nella quale, al termine di un conflitto armato, uno Stato si trovi ad essere sconfitto in via definitiva trovandosi in una situazione nella quale i suoi nemici controllino totalmente il suo territorio e siano in grado di poter decidere la sorte di quest’ultimo e delle autorità statali interessate. Essa dunque comporterebbe la totale distruzione dello Stato e dello e delle sue articolazioni, pertanto, a differenza di una occupazione, la quale rimane pur sempre una situazione temporanea, la debellatio rappresenterebbe una condizione definitiva. Da essa derivano l’estinzione della sovranità dello Stato soccombente e l’acquisizione del suo territorio e della sua popolazione da parte dello Stato vincitore, il quale vi eserciterà la propria sovranità. Le modalità di acquisto della sovranità territoriale sono dettate da norme di diritto internazionale di natura consuetudinaria, la conquista rientra sicuramente tra le più antiche, laddove è ammessa la possibilità dell’impossessamento di un territorio appartenente ad altro Stato sconfitto a seguito di aggressione. L’impossessamento è però conseguenza di un atto politico distinto dalla condotta bellica, la conquista, infatti, « deve essere tenuta distinta dalla debellatio, che costituisce la completa distruzione dell’apparato militare dell’avversario. Una volta debellato, lo Stato è alla mercé del debellante, che potrebbe procedere all’annessione per incorporazione. »17 Questa ricostruzione pone su due piani distinti l’esito dei conflitti e le conseguenze politico-statuali di questi ultimi. Seguendo questa linea di analisi si può agevolmente affermare che la capacità militare dello Stato Pontificio sia cessata all’atto della capitolazione, con il disarmo delle sue forze armate e la consegna delle piazzeforti, compreso Castel Sant’Angelo, anche se esso conservò una ridotta forza militare costituita dalla sopravvivenza di alcuni corpi armati definiti con il termine “guardie” nel testo della capitolazione stessa. In merito a quest’ultima sarà opportuno soffermarsi anche sulla valenza dell’esclusione della Città Leonina dalla consegna alle truppe italiane e sulle sue implicazioni. L’esclusione di questa porzione di territorio non fu richiesta dal Kanzler ma fu decisa da Cadorna in ottemperanza alle direttive ricevute dal governo italiano: « […] Governo del Re ha deciso, che le truppe operanti sotto i di Lei ordini debbano impadronirsi di forza della città di Roma, salva sempre la Città Leonina […] »18; le quali, peraltro, risultano coerenti con gli orientamenti che già espressi precedentemente dalle autorità italiane19. La constatazione di questi eventi dimostra che, sia pura in maniera vaga e non pienamente esplicita, mancò, da parte italiana, la volontà di sopprimere totalmente lo Stato Pontificio e di estinguere la sovranità papale. Benché risulti quale principio della dottrina internazionalistica, anche di quella dell’epoca, che « la debellatio non richiede la necessaria occupazione di tutto il territorio dello stato nemico, se quest’ultimo, di fatto, è ridotto all’impotenza»20, e per quanto la richiesta di intervento delle truppe italiane per il mantenimento dell’ordine pubblico nella Città Leonina possa far ipotizzare una completa disarticolazione della struttura statuale pontificia, considerando inoltre che il contingente armato che restò a difesa dei Palazzi Apostolici non era parte dell’Esercito Pontificio, disciolto con la capitolazione, né era più dipendente dal Ministero delle Armi dello Stato Pontificio, diverse circostanze paiono contraddire la posizione della dottrina dominante. La stessa considerazione secondo cui l’occupazione militare della Città Leonina sia da sola sufficiente a dimostrare la sostituzione della sovranità italiana a quella pontificia è contraddetta dalle disposizioni impartite alle truppe operanti, secondo cui la permanenza delle stesse veniva subordinata alla volontà del Pontefice21; sarebbe singolare che uno Stato che si ritiene vittorioso e che ha in effettivo potere il territorio del nemico subordini le operazioni da svolgersi nel territorio controllato alle disposizioni emanate dal capo dello Stato che si ritiene sconfitto e debellato. La disputa circa la sussistenza o meno di una forma di sovranità a seguito della occupazione di Roma ha dato la stura a due distinte teorie che saranno nello specifico analizzate successivamente, specie nei loro sviluppi, in questa sede appare invece opportuno dar conto dei fondamenti di diritto e delle condizioni di fatto che generarono la disputa stessa e mettere in luce gli elementi che emergono dai documenti d’epoca circa la sorte del territorio dello Stato della Chiesa. La questione verte principalmente sulla Città Leonina e sui palazzi vaticani, essendo incontestabile la occupazione della restante parte della città di Roma da parte del Regno d’Italia, nonché la volontà di quest’ultimo di annettere quei territori e di esercitarvi la propria sovranità. Le gerarchie pontificie si opposero sempre energicamente allo stato di occupazione, non vi fu, pertanto, mai accettazione né esplicita né tacita della situazione di fatto, al contrario, sin da subito, nella stessa giornata del 20 settembre, il Segretario di Stato Cardinale Antonelli indirizzò una formale nota di protesta al Corpo Diplomatico nella quale si definiva « usurpazione » l’occupazione manu militari e si dichiarava la stessa, nei confronti del Pontefice, « […] irrita, nulla e di niun valore, né verun pregiudizio poter mai irrogare ai diritti incontrovertibili e legittimi di dominio e di possesso, come suoi, così anche de’ suoi successori in perpetuo, e se la forza ne impedisce l’esercizio, intende e vuole la Santità Sua conservarlo intatto per ripigliarne a suo tempo reale possesso. »22 Le proteste da parte da parte vaticana erano fondate anche sul contenuto della già richiamata comunicazione riservata del Ministro degli Esteri Italiano Visconti Venosta alle rappresentanze diplomatiche italiane all’estero del 29 agosto precedente all’invasione (ma divulgata solo successivamente), nella quale si esplicitava l’intenzione di mantenere una sovranità territoriale al Pontefice limitatamente alla Città Leonina. Anche se il documento non può assumere i crismi dell’ufficialità, poiché non si tratta di un atto giuridico ed inoltre il suo contenuto era meramente confidenziale e da non comunicare ufficialmente ai governi esteri, resta comunque indicativo di una decisione politica che sostenne la realizzazione di atti giuridicamente rilevanti, quali la Capitolazione ed il Plebiscito. I punti di maggior interesse del documento, composto di una nota e due memorandum allegati, riguardano l’indicazione secondo cui il governo italiano è chiamato a regolare « le condizioni della trasformazione del potere pontificio » e la presa in considerazione come basi per la risoluzione della Questione Romana che « Il Sovrano Pontefice conserva la dignità, l’inviolabilità e tutte le altre prerogative della sovranità » e che « La Città Leonina rimane sotto la piena giurisdizione e sovranità del Pontefice ». L’ulteriore nota finale sulla Città Leonina non fa che confermare il carattere indipendente di quest’ultima dal resto di Roma. Si sta parlando, dunque, di “trasformazione” e non di “soppressione” del potere temporale, che, almeno nelle intenzioni originarie, avrebbe dovuto sopravvivere alla Breccia di Porta Pia. Un’ulteriore conferma di tale intenzione si riscontra nelle modalità di svolgimento del Plebiscito di annessione, dal quale fu escluso il Rione Borgo che comprendeva esattamente la Città Leonina; solo a seguito delle accese proteste popolari per tale esclusione si optò per una soluzione di compromesso che consentì agli abitanti di esprimere il proprio voto in un’urna non ufficiale posta nel Rione, la quale fu successivamente trasportata in Campidoglio ed il cui contenuto fu ritenuto valido ai fini del conteggio dei risultati del plebiscito, malgrado le proteste di Pio IX che dichiarò nullo ed invalido il seggio approntato in un territorio che la Capitolazione riconosceva sotto la giurisdizione del Pontefice. Malgrado tali premesse, in conseguenza di valutazioni di natura politica sulla inopportunità di escludere migliaia di romani, che pure avevano votato compattamente per l’annessione al Regno d’Italia, dal nuovo Stato, nell’impossibilità di giungere a qualsivoglia accordo con le autorità pontificie, il Regio Decreto n. 5903 del 9 ottobre 1870 recepì il risultato plebiscitario annettendo l’intero territorio ex pontificio al Regno d’Italia, pur sancendo che il Papa avrebbe mantenuto « la dignità, la inviolabilità e tutte le prerogative personali del Sovrano » e demandando ad una successiva legge la determinazione di « franchigie territoriali » che ne avrebbero garantita l’indipendenza. Non essendo specificata alcuna distinzione territoriale23 nel decreto è stata consequenzialmente considerata l’intera città di Roma, compresa la Città Leonina, sottratta alla sovranità pontificia ed annessa al territorio italiano. Ma, secondo l’opinione di Alessandro Corsi24 il testo del Regio Decreto n. 5903 del 9 ottobre 1870 andrebbe inteso nel senso dell’annessione di Roma con le riserve territoriali contenute nella Capitolazione, inoltre deve tenersi presente il rapporto dell’articolo 3 dello stesso, che fa menzione, come già anticipato, delle « franchigie territoriali », con gli articoli 5 e 7 della successiva Legge delle Guarentigie, nei quali si stabilisce, rispettivamente, che il Pontefice continua a mantenere il godimento « dei palazzi apostolici Vaticano e Lateranense, con tutti gli edifizi, giardini e terreni annessi e dipendenti, non che della villa di Castel Gandolfo con tutte le sue attinenze e dipendenze » e che nessun pubblico ufficiale italiano possa introdursi nei « palazzi o luoghi di abituale residenza o temporaria dimora del Sommo Pontefice » senza esplicita autorizzazione di quest’ultimo. Dal momento che l’extraterritorialità dei palazzi vaticani e della residenza di Castel Gandolfo sulla scorta della Legge delle Guarentigie è sempre stata negata dalla dottrina l’analisi conduce ad una situazione ibrida: da un lato si afferma la piena sovranità italiana su un territorio, ma dall’altro si riconosce, sia pure con legge ordinaria e pertanto caducabile da legge successiva, la esclusiva disponibilità di quel territorio ad un soggetto estraneo allo Stato, alla cui autorizzazione si subordinano le attività dello Stato in quella stessa porzione di territorio ed al quale la medesima legge, all’articolo 3, riconosce onori sovrani. Risulta quantomeno singolare che un sovrano che si assume spodestato continui a godere dei palazzi che già erano in suo possesso e dai quali esercitava il proprio potere di Capo di Stato vedendosi inoltre conservate parte delle proprie prerogative sovrane. Se, inoltre, la connotazione del possesso è tale da essere in grado di paralizzare ed escludere l’azione dello Stato che si assume conquistatore, diviene evidente che essa non configura dei meri diritti di proprietà ma si avvicina ad un forma di sovranità. Per quanto, poi, questa situazione fosse determinata da una legge ordinaria, nei sessant’anni successivi essa non è mai stata modificata, cristallizzando una coesistenza di poteri alternativi. L’opinione dominante, comunque, ritiene che il Pontefice abbia perduto la propria sovranità territoriale nel 1870 e che lo Stato Pontificio sia cessato per debellatio. A parere di chi scrive sarebbe più indicato parlare di deminutio della sovranità pontificia piuttosto di una sua vera e propria scomparsa, cioè di un ridimensionamento della sovranità e dei diritti ad essa conseguenti, quali esistevano prima dell’annessione all’Italia, limitati all’ultima porzione dell’antico Stato costituita dai palazzi vaticani e dalle relative pertinenze. Si sarebbe pertanto verificata una debellatio parziale, nella quale parte delle istituzioni dello Stato Pontificio sono sopravvissute ed al Papa è stata riconosciuta una limitata forma di sovranità25."1 punto
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Buonasera a tutti, come da titolo, vorrei condividere questa moneta alla quale davo la "caccia" da un po'... Sulla tipologia è già stato scritto tutto nel forum, perciò, per quanto le foto lo permettano, mi farebbe piacere ricevere un parere sulla conservazione. A tal proposito, evidenzio che ho dovuto usare una luce artificiale per le foto e che la moneta è riposta in doppia bustina per la perizia. Gli unici graffietti effettivamente presenti sulla stessa, sono quelli sul collo del sovrano. Inoltre sul dritto è presente un colpetto sopra a R di re come da foto del dettaglio. In particolare vorrei però un parere su un dettaglio che mi è saltato all'occhio ingrandendo la foto della moneta, il 5 della data. Mi ha dato l'impressione come se non seguisse la linea degli altri numeri ma fosse "messo a parte". Ho confrontato il numero con altre monete presenti in rete e in alcune ho constatato lo sresso effetto ma continuo ad essere perplesso... Grazie mille a coloro che interverranno.1 punto
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Può essere utile? Type : Denier Année d'émission : 29/27 avant J-C Diamètre : 19,3 mm Poids : 3,91 g Axe : 11h Atelier : Brundisium ou Rome Avers : Tête laurée à droite (Octave sous les traits d'Apollon). Inscriptions à l'avers : Anépigrahe. Revers : Colonne rostrale ornée de si rostres et de deux ancres retournées; au dessus, statue d'Octave tenant une haste de la main droite. Inscriptions au revers : IMP / CAESA(R) dans le champ. Références : Babelon : 163 (Julia), BMC : 633, RIC : 271, R.C.V : 1559 Commentaire : Revers légèrement décentré; jolie patine. https://www.colleconline.com/fr/items/147103/monnaies-antiques-jc-ap-romaines-republicaines-imperiales-octave1 punto
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Il riferimento é alla chiusura delle officine di torre annunziata e arsenale parliamo di 1622-23. Al 1790 ce ne passa di tempo: peste eruzioni guerre ereditarie rivoluzioni re austiaci... Filippo IV Enrico di Lorena Carlo II Carlo III di nuovo Carlo III come Carlo vi Filippo v Carlo di Borbone Ferdinando IV cioè passa un mondo, non credo che ci fosse mancanza di controlli in zecca come nel 16001 punto
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Questa emissione anonima (cioè senza i nome dei magistrati monetari) è molto comune. https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-A1/72 Il Crawford riporta oltre 400 conii di D/ e almeno 500 conii di R/. Tenendo conto che i conii venivano incisi a mano da diversi incisori (più o meno abili nell'incisione del conio), puoi capire che si sono diversi stili della stessa moneta.1 punto
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Domenico, ma INPANS, NAPOLITAN, FERDINANAS con A capovolta, INFNAS, SICILIARV, GIGLI INVERTITI (pensiamo alla introvabile 1793), AQUILE CAPOVOLTE, HISPAINIARVM, TESTE PICCOLE E GRANDI, FERDIN, HSIP, BUSTI DIVERSI, NUMERO DI TORRETTE E TORRETTINE e chi più ne ha più ne metta, secondo te, hanno una solida documentazione storica a supporto? Se l’hanno, a me, evidentemente, è sfuggita. E non è che il doppio punto non abbia documentazione perché collegato a movimenti ed accorgimenti segreti, non l’ha come non l’hanno tantissime altre varianti della monetazione napoletana. Anzi, con le foto da me pubblicate si possono fare raffronti fra vari conii, valutare la variante sotto varie sfaccettature e pervenire a considerazioni importanti, anche se si resta pur sempre nel campo delle ipotesi. D’altra parte, che le monete napoletane venissero “segnate” viene riportato da testi e studiosi di numismatica. Non da me. E non vedo perché il doppio punto non possa rientrare a pieno titolo fra i segni utilizzati e debba, invece, incontrare più scetticismo rispetto ad altre varianti. Non stiamo parlando di un “accorgimento segreto”, stiamo parlando di una variante che presenta le stesse problematiche di tutte le altre. Forse qualcuna in meno. Cerchiamo, piuttosto, di lanciare delle ipotesi sul motivo che lega strettamente questa variante agli anni 1790/1798. Caio. Un caro saluto.1 punto
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Buonasera, lasci perdere le stupidaggini di internet e, se ha altre monete, chieda qui sul Forum con foto della moneta, diametro e peso. Valenti esperti le risponderanno con competenza e .... a gratis😊 Un saluto cordiale e a presto.1 punto
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Ho provato a fare un po' di ricerche su testi e cataloghi d'asta, ma del Muntoni 46 non ho trovato traccia. Anche nel volume delle Piastre e Scudi Papali (D'Andrea-Andreani-Novelli) vengono classificati 11 esemplari, ma anche qui M. 46 senza immagine.1 punto
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Ringrazio per gli apprezzamenti Apro un piccolissimo off-topic, scusandomi con @Alan Sinclair. Concordo con @torpedo sul fatto che, per il mercato internazionale, lo slab sia una realtà assolutamente consolidata. Se sia o meno un obbligo non saprei dirlo, ma i realizzi importanti che fanno le monete chiuse in queste scatoline sono sotto gli occhi di tutti. Per una serie di motivi, personalmente ho scelto di non far chiudere le mie monete in slab quando, recentemente, le ho esitate . Visto che ogni tanto spunta fuori questo argomento, che ne direste se apro una discussione ad hoc in questa sezione e la metto in evidenza? Se siete d'accordo potete votare questo mio intervento con le faccine sorridenti o piangenti (in questo modo i punteggi non verranno sommati al profilo utente). Se ci saranno ALMENO 15 reazioni su questo post procederò ad aprire il thread. Grazie Chiudo l'off topic sullo slab (nel caso ne parliamo nell'apposito topic) EDIT: Qui c'è un'interessantissima discussione sugli slab relativa alle monete preunitarie. L'ho messa in evidenza visto che l'argomento è sempre attuale1 punto
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