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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 11/30/24 in tutte le aree
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Ringrazio per gli apprezzamenti Apro un piccolissimo off-topic, scusandomi con @Alan Sinclair. Concordo con @torpedo sul fatto che, per il mercato internazionale, lo slab sia una realtà assolutamente consolidata. Se sia o meno un obbligo non saprei dirlo, ma i realizzi importanti che fanno le monete chiuse in queste scatoline sono sotto gli occhi di tutti. Per una serie di motivi, personalmente ho scelto di non far chiudere le mie monete in slab quando, recentemente, le ho esitate . Visto che ogni tanto spunta fuori questo argomento, che ne direste se apro una discussione ad hoc in questa sezione e la metto in evidenza? Se siete d'accordo potete votare questo mio intervento con le faccine sorridenti o piangenti (in questo modo i punteggi non verranno sommati al profilo utente). Se ci saranno ALMENO 15 reazioni su questo post procederò ad aprire il thread. Grazie Chiudo l'off topic sullo slab (nel caso ne parliamo nell'apposito topic) EDIT: Qui c'è un'interessantissima discussione sugli slab relativa alle monete preunitarie. L'ho messa in evidenza visto che l'argomento è sempre attuale5 punti
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Sono d'accordissimo con il tuo punto di vista, ma permettimi di "spezzare una lancia" nei confronti di chi cerca le monete "imbullettate" (non scrivo "periziate" visto che i ben noti cartellini costituiscono semplicemente un attestato di autenticità con parere di conservazione). Quello che tu osservi riguardo i collezionisti di monete medievali è sacrosanto, ma tra i due tipi di collezionisti c'è, spesso, un profondo divario. Escludendo chi colleziona il Regno da anni, queste monete di grande modulo sono molto attraenti per i nuovi collezionisti, che ovviamente non hanno l'esperienza e la preparazione per giudicare sia l'autenticità che la conservazione di queste tipologie molto falsificate. Una "perizia" Tevere, ad esempio, fa certamente gola, visto soprattutto la fama di grande serietà e integrità che questo noto Professionista si era costruito nel tempo. Quindi, per alcune categorie di persone, cercare le monete "periziate", è comprensibile. Certo, rimane sempre e ancora di più valido l'invito a imparare quanto prima: come scrivo sempre, è fondamentale imparare a fidarsi solo ed esclusivamente dei propri occhi e del proprio sapere, visto che il mercato numismatico è, purtroppo, pieno di venditori "generosi" quando devono vendere. Non è esagerazione ma un triste dato di fatto. Spendo due parole per quanto riguarda il sistema di valutazione che sto approntando, visto che serve a "completare" il concetto sopra espresso. Sia le "perizie" degli slab, che quelle nostrane sono estremamente "parsimoniose" in termini di spiegazioni. Di fatto, non ne hanno, a parte qualche brevissima nota sulla patina, su qualche difetto tecnico, ma poi, tutto finisce li... Non ci sono informazioni relative alla qualità di coniazione, o altri parametri valutativi che possano aiutare a capire il perchè si è giunti a un determinato grading. Ecco, riuscire a trasformare tutto questo in un concept rodato e modulare (in base alle tecniche produttive) è davvero molto ostico, ma sono certo che aiuterebbe i collezionisti che vorrebbero imparare a valutare tutti gli aspetti in gioco di una valutazione qualitativa.4 punti
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Carissimi amici, tra pochi giorni è il 2 dicembre, data molto significativa per i bonapartisti perché il 2 dicembre 1804 Napoleone si incoronò imperatore dei francesi a Notre-Dame de Paris ed il 2 dicembre 1805 vi fu la vittoriosa battaglia di Austerlitz. Per celebrare queste due ricorrenze, ho il piacere di mostrarvi una bella rarità napoleonica. Ad essere sincero, non posso affermare che si tratti di un acquisto recente. Difatti, l'acquistai da un privato poco più di un anno fa ma, per una serie di ragioni, non l'avevo ancora pubblicata qui sul forum. Anche se so che le prove non hanno molti estimatori, mi auguro, comunque, che sia di vostro gradimento. L'esemplare in questione proviene dalla prestigiosa collezione Este Milani, esitata nell'asta Varesi 54 del 2009. Tornò poi in asta sempre da Varesi nel maggio del 2022 ma andò invenduta. Come ho avuto modo di scrivere già in un'altra discussione, queste prove vennero realizzate a fine 1810 allo scopo di preparare il passaggio dalla coniazione fuori virola a quella entro virola per i nominali in rame (soldo, 3 centesimi e centesimo). Per questo si parla di "tipo intermedio", perché rappresenta in un certo senso l'anello di congiunzione tra I e II tipo. Il soldo viene classificato come R4 ed è il più comune tra i tre nominali. Segue per rarità il 3 centesimi, un R5 di cui sono noti pochissimi esemplari al mondo, ed infine il centesimo, di cui purtroppo non sono noti passaggi d'asta né esemplari conservati in collezioni private o raccolte museali e, per questa ragione, se ne dubita l'esistenza. Come potete notare, queste prove sono caratterizzate da un bordo alto e liscio, mentre l'effige di Napoleone è realizzata con particolare cura ed attenzione al dettaglio. Si guardi, ad esempio, ai capelli, elemento critico della monetazione napoleonica in Italia per la loro intrinseca delicatezza. Qui, invece, si può apprezzare una capigliatura ben delineata e definita.3 punti
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E’ stato ed e’ un lavoro di gruppo questo, senza i più di 100 collaboratori non si sarebbe realizzato e senza la sapiente mano in redazione e nell’editing di Marco @El Chupacabra non avremmo avuto questi risultati, quindi i miei ringraziamenti sempre a chi ha operato per questo fine. Bello vedere il primo numero quasi un ciclostile in bianco e nero e poi confrontarlo con gli ultimi numeri, dei libri di fatto a colore con tante pagine in cartonato. E’ una storia romantica questa da raccontare e divulgare …e’ anche bello vedere la trasversalità della numismatica dove grandi esperti si cimentano insieme a giovani che vogliono iniziare un percorso creando un mix divulgativo a favore di tanti.3 punti
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Buongiorno, vorrei ringraziare tutti coloro che si son presi la briga di condividere nozioni storiche, punti di vista e buoni spunti di riflessione. É stata senz'altro una discussione accesa e istruttiva, che spaziando nel contesto storico e politico é andata a sviscerare sentimenti e motivazioni che possono aver ispirato le famose 1000 lire CONCORDIA del 1970. Interessante la divergenza interpretativa del termine *debellatio*. Molto costruttivo. Grazie.2 punti
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stante la solita premessa della valutazione su foto e del peso dichiarato, io credo che questa moneta sia un falso. al rovescio manca anche una lettera che nell'originale era probabilmente molto evanida, come spesso accade, ma qua si è persa ogni traccia. anche i gradoni sono un bell'indizio e poi, anche la dimensione sembra un pelo ridotta rispetto all'originale ho visto purtroppo moltissimi falsi tra i solidi di questo periodo, e questo a me appare un falso quasi certo, con il beneficio del dubbio del non averla vista in mano...2 punti
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Bhe mi pare che Genny abbia illustrato almeno 3 varianti nella corona per il 1636...alloro, spiga etc... Buongiorno, proprio nella discussione delle diverse corone al rovescio del tornese del 1636 con sigla O/C e precisamente al posto # 22 fu' postato un tornese 1636 O/C testa a sinistra con al rovescio il fiore a 9 petali,la differenza sta nella data che segue le legenda... A mio avviso credo che il simbolo in questione sia comune sugli esemplari di questo periodo ma che difficilmente si vede a causa delle varie problematiche avvenute in fase di coniazione nonché dalla intensa circolazione... Nei tornesi del periodo successivo, cioè dal 36 al 38 e sotto la direzione di Giovanni Andrea Cavo (GA/C) ho notato che a chiudere la corona al rovescio si possono trovare dei globetti diversamente disposti...2 punti
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Verissimo,ogni tanto lo prendo il n°1 e mi piace pensare all' evoluzione avuta ,anche se "non esistivo "nei precedenti , 8 compreso. Pensi sempre a quello che c' è dietro. Devi esserne orgoglioso e hai tutte le ragioni. La spalla "tecnico tattica" poi non ti manca @El Chupacabra2 punti
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Da Alessandria di Egitto, un esemplare " very rare " di tetradrammo al nome di Gallieno, con al diritto busto dell' imperatore ed al rovescio rappresentazione di Alessandria con lungo scettro e reggente sulla mano la testa di Serapide . Sarà a brevissimo, il 1 Dicembre, in vendita Tiber Auct. 7 al n. 117 .2 punti
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Martedì 10 dicembre alle ore 20:45 al CCNM (via Kramer, 33 Milano. Citofono SEIDIPIU') si terrà una riunione informale aperta a Soci ed Amici, condotta dal Socio Marco Sassi, su i falsi nella monetazione genovese. Questo sarà l'ultimo appuntamento per il 2024, anno veramente positivo per le attività fornite dal Centro culturale Numismatico Milanese. Stiamo preparando il calendario di incontri e conferenze per il primo semestre del 2025. Al termine dell'incontro ci sarà il consueto brindisi con panettone e gli auguri per le festività, vi aspettiamo numerosi.1 punto
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Un’approfondita ricerca bibliografica e documentaria per comprendere la vera natura dei misteriosi “ingegni” operativi nella zecca partenopea di Carmelo R. Crupi | Pietro Magliocca, nei suoi interessanti lavori sulla monetazione napoletana pubblicati nel 2018 e 2020, afferma che icinque “ingegni” arrivati in quel di Napoli “da Alemania” nel 1619, atti a coniare moneta, invece che essere bilancieri, come tante volte fu scritto da altri autori del passato, in realtà erano macchine a coni rotanti, azionate mediante forza idraulica. In sostanza, secondo Magliocca tali cinque ingegni altro non erano che coni rotanti dello stesso tipo di quelli che, a quel tempo, erano già in azione da circa 50 anni nella zecca di Hall, in Tirolo, e da circa 40 anni nella zecca di Segovia, azionati, appunto, mediante forza idraulica. Non sono tuttavia persuaso di tale conclusione. I miei dubbi nascono dalla lettura comparata della bibliografiarecente e meno recente su questo argomento, da quella reperita in relazione alla descrizione di macchinari a coni rotanti effettivamente in funzione in altre zecche, nonché dall’analisi dell’aspetto esteriore delle monete napoletane che Pietro Magliocca ritiene siano state prodotte coi coni rotanti. Macchinario con coni rotanti ricostruito nella zecca di Hall, in Tirolo Analizziamo la bibliografia recente e meno recente intervenuta sui famosi “cinque ingegni”. Carlo Prota ne L’officina monetaria di Torre dell’Annunziata e la moneta di Napoli del 1622 da documenti del R. Archivio di Napoli, pubblicato nel 1914, afferma: “ […] E, dato l’urgenza con cui doveva uscire questa nuova moneta, fu stabilita che la zecca di Sant’Agostino fabbricasse le monete a mano, quella della Fonderia del R.o Arsenale le monete di rame con la tagliuola, e quelle fatte con l’ingegno venissero battute nell’officina di Torre dell’Annunziata. A tal uopo fu risoluto che Vincenzo Russo, Pietro Milla e Giovan Vincenzo Buonoacquisto si dovessero conferire nella suddetta Torre dell’Annunziata a gettare l’argento nella forma ivi preparata (Ved. Doc. n.3). Ma per poco tempo funzionò l’officina di Torre dell’Annunziata, poiché fu chiusa a metà del 1622 per evitare le frodi che ivi potevansi commettere dagli appaltatori Graffoglietti, Castelli, Fossa e compagni, e quella della Fonderia del R.o Arsenale venne chiusa nell’anno 1623. Esse furono riunite nella zecca principale di Sant’Agostino, dopo l’esposto fatto dagli ufficiali della R.a Zecca, specie del credenziero maggiore Gian Donato Turbolo, che in data 10 febbraio 1623 supplicava le S.rie Ill.me della Camera della Sommaria, affinchè per evitare le continue frodi e la poca correttezza come si facevano le monete in quelle zecche, le officine fossero tutte riunite in quella di Sant’Agostino, perché è diminuita la fabbrica della moneta d’argento e di rame ed essendosi presi locali di più si può fare la fabbrica della moneta con maggiore attenzione e diligenza (Vedi Doc. n.4)”. Una selezione di coni cilindrici usata nella zecca spagnola di Segovia Il documento n. 1 in calce a questo lavoro di Prota, rubricato Consulta della nuova moneta (22 gennaio 1622), ad un certo punto suona testualmente così: “[…] se chiamarono dentro il Tribunale della R.a Camera l’infrascripti officiali Michele Cavo maestro di Zecca, Giov. Donato Turbolo credenziero maggiore, Costantino de Costanzo maestro di pruova et Gio. Ant. Scarano R.o Credentiero della Sayola et se li ordinò che dassero il loro parere circa il remedio poteva stabilirse come pelle monete che si fabricavano a mano in la R. Zecca di Napoli come per le monete che si fabricaranno con nuovo ingegno nella Torre dell’Annunziata, li quali hanno dato il loro parere […]”. “Per quanto spetta al remedio da concedere alle monete per battere con l’ingegno suddetto dela Torre dell’Annunziata non havendone prattica di quelle zecche che hanno osservato cosa simile, ne anco avendo fatto esperienze della loro riuscita appigliandoci solamente col giuditio alla varietà che possono causare simili monete et confirmandoci ancora con l’observanza di molte monete di Fiorenza et Segovia da noi scandagliate, et trovatele con diversità stravagante siamo perciò di parere che al cianfrone che per adesso si intende battere in detta Torre se li possano concedere acini otto di remedio” (questa relazione degli ufficiali di zecca risulta compilata a Napoli, nella zecca, il 15 gennaio 1622). In altra parte del documento si legge: “[…] Fu dopo discussi, et risoluti li capi sop.tti proposto dall’Ill.mo Marchese de San Giuliano che avendo trattato con li officiali della Zecca delle monete si harebbe potuto tenere per accelerare la sudd.a fabbrica delle monete se disse che potrebbe costruirse moneta al doppio più di quello che hoggi si fa nella Zecca se si cognassero tari con li cicinelli tirati alle trafile [“girinelli”, nota in calce di Prota; tondelli per dirla con termine odierno] ma che v’era necessaria spesa di altre grana due et cavalli otto più per ogni libra non per li trafilatori; alli quali sarebbe stato necessario stabilire più salario di quello de li affilatori, che per gli ubrieri, li quali non potevano ubrare li cicinelli de la trafile con la facilità con la quale ubrarebbero le verghe a martello […] se risolse, che il molto utile che si causerà dalla presta costruttione delle monete, et necessità che si tiene di esse, li cicinelli dei tari se trafilassero, ancorchè per trafilarli et ubrarli poi vi corressero le grana due, et cavalli otto più di spesa per ogni libra. […] nelli cicinelli della trafila più proportionorse più il peso a quel che sta ordinato che è quanto ne occorre […]” (documento datato 22 gennaio 1622). Esemplare di moneta da 15 grana del 1619 battuta con coni di Nicola Galoti (Nicolò Globo) Analizziamo adesso il documento n. 3 in calce del lavoro di Prota, rubricato Dip. Sommaria Fascio 15 – Libro del Cred.ro mag.re pag. 221 datato 22 gennaio 1622. A un certo punto si legge: “Si è risoluto perché la fabrica di queste monete de tarì se facci al più presto possibile, che si pongano in ordine otto ingegni di trafile per li quali si assegnano quattro stanze le due dove stà il Rationale et le due altre stanze dove sta la funditura, ei che si faccia la spesa necessaria per gli ingegni predetti restando incaricato del tutto il Maestro di Zecca con far la spesa necessaria e farne il debito conto. Si è risoluto, che alli trafilanti sele diano per salario grana quattroper libbra et cicinelli. Si è risoluto che all’obrieri per obrare questi cicinelli de tari, se le diano grana quattro, cavalli otto per libra. Che il Maestro di zecca prevenga altri obrieri se non al numero di sessanta. Si è dipiù risoluto che si prevengano cognatori al numero de sessanta per potersi cognare argento e rame all’istesso tempo, e resta a carico del maestro di zecca provvederli di stanze, che dicano che esistano, e se ci bisogna accomodo si facci coll’intervento de Picchetto. Si è risoluto, che Vincenzo Russo Fiorentino, Pietro Milla e Gio. Vincenzo Buonacquisto napoletano funditori, si abbiano a conferire nella Torre della Annunziata a gettare le verghe nella forma appontata col salario di un tornese per libra e del mezzo sterlino solito […]”. Si noti che i trafilanti, ovviamente, erano gli addetti al funzionamento delle trafile; per gli obrieri riporto le parole di Vincenzo Ariani (Memorie della vita e degli scritti di Agostino Ariani, Napoli, 1778): “il metallo […] mediante la fusione riducevasi in lastre della qualità, o sia bontà intrinseca stabilita, le quali mercè il taglio di grosse forbici si dividevano in pezzi quadrangolari, e questi poi si ricuocevano fra carboni ardenti, per raddorcigli in modo da poter resistere a’ colpi dè martelli, per mezzo dè quali su di incudini levigate si spianavano da gli artefici, che erano appellati lubrieri. Dopo di che si consegnavano a gli affilatori, altri artefici, i quali con forbici proporzionate ritagliavano detti pezzi nè loro angoli, riducendogli ad una possibil forma più vicina alla rotonda; e mediante le bilance con i loro pesi accomodate al giusto stabilito peso della moneta terminavansi”. Uno degli studi di Carlo Prota sulle monete napoletane di Filippo IV e un grano del 1617 Dai documenti illustrati da Prota risulta evidente che degli ingegni facevano parte certamente le trafile, non già dotate di coni rotanti, ma, per quanto mi appresto a dire, atte a produrre lamine. I tondelli (“cicinelli” nei documenti) sarebbero stati tagliati dalle lastre metalliche dagli obrieri, dopo la laminazione-trafilatura. Per tali nuove operazioni, trafilatura dei tondelli e loro successivo taglio, infatti è previsto un aumento del salario per trafilatori (che nei documenti, si badi, sono distinti dai coniatori) ed obrieri, a causa dei maggiori impegno e difficoltà delle nuove operazioni di zecca. Importante notare che, nella fattispecie, non sono nominati gli affilatori, in quanto non era necessaria la loro prestazione, posto che i tondelli (“cicinelli”) erano tagliati, separati dalle lamine metalliche, dagli obrieri, ovviamente in tempi successivi alla laminazione. Una volta tagliati, i tondelli dovevano essere ricotti (al fine di ridare malleabilità al metallo incrudito dal forzato stiramento subito con la trafilatura), bianchiti e passati ai coniatori. Insisto sul fatto, importantissimo, che i documenti distinguono nettamente i trafilatori dai coniatori, per il qual motivo mi pare di tutta evidenza che la coniazione non avveniva con le trafile a coni rotanti, bensì in un momento successivo alla laminazione delle verghe. Si nota anche che il documento del 22 gennaio 1622 attesta che coi “cicinelli della trafila” si riusciva a proporzionare meglio il peso delle singole monete, fatto indicativo e di non poca importanza: è infatti noto che una delle criticità della tecnica di coniazione con coni rotanti consisteva proprio nella difficoltà di ottenere nummi di peso uniforme. Altro fatto notevole è che tutte le operazioni di zecca sopra descritte erano eseguite nella zecca di Napoli, mentre a Torre Annunziata era prevista esclusivamente la fusione e il getto delle verghe metalliche. Ciò in quanto, come attestato dai documenti di cui sopra, la sala della fusione, nella zecca di Napoli, era stata adibita ad ospitare parte degli otto ingegni di trafile, rendendo ivi impossibile la produzione delle verghe metalliche. Probabilmente fu questo il motivo per il quale si aprì un’officina ausiliaria in quel di Torre Annunziata: non per coniare moneta, almeno inizialmente, bensì per l’esecuzione di quella parte delle lavorazioni di zecca che non era più possibile eseguire a Napoli. Importante anche l’elevato numero di obrieri e coniatori previsto per la coniazione innovativa in argomento: se sessanta obrieri erano giustificati dalla notevole quantità di tondelli (“cicinelli”) da tagliare dalle lamine metalliche uscite dalle trafile, altrettanti coniatori non sarebbero giustificati nell’ipotesi che le monete venissero realizzate direttamente al momento della trafilatura, mediante i coni rotanti. Ciò rende più evidente che la coniazione delle monete avveniva in tempi successivi al distacco dei tondelli (“cicinelli”) dalle lamine. A tutto ciò qualcuno potrebbe contrapporre, in favore della teoria dei coni rotanti, il documento riportato nella nota 10 del saggio di Carlo Prota La moneta di Napoli di Filippo IV dal 1621 al 1623, apparso nel BCNN nel 1920, ovvero la fede di Ascanio Carafa in favore di Giovan Donato Turbolo in data 22 dicembre 1622, direttamente tratta dal Libro del Credenziero Maggiore allora conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli. L’Archivio di Stato di Napoli, autentica miniera di notizie numismatiche Questo documento recita testualmente: “Contraddisse sempre (riferito al Turbolo) alle nuove jnventioni proposte di battere le monete con li nuovi modelli nella Torre dell’Annunziata, et dopo, che furono svanite, restrinse a battere li tari per trafila del quale modo mai per prima posto in uso, si è arrivato a battere sino alla summa di ventimila ducati al dì che fu servitio di grandissima importanza”. Si potrebbe, dunque, affermare che “battere li tari per trafila”significhi che la coniazione avveniva mediante i coni rotanti, il cui funzionamento è del tutto simile a quello della trafila. Ma, a ben vedere, la stessa frase è per nulla in contrasto con quanto sopra espresso, potendo ben essere stata concepita in questo modo quale succinta descrizione di una operazione complessa, nel contesto di una annotazione che aveva ben altri scopi rispetto a quello di descrivere dettagliatamente l’innovativo processo di produzione monetale a quel tempo messo in esercizio nella zecca di Napoli. Ad ulteriore supporto della tesi della coniazione in tempi successivi alla trafilatura/laminazione delle verghe metalliche, si consideri che: mai nei documenti coevi si fa riferimento alla forza idraulica necessaria per azionare i coni rotanti. Sul punto si tenga conto del fatto che nelle maggiori zecche europee in cui fu in uso tale metodo di coniazione, delle quali Hall e Segovia rappresentano i casi più famosi ed eclatanti, i coni rotanti vennero sempre azionati da un importante ed ingombrante sistema di canali idraulici che faceva sì che un grosso flusso idrico colpisse le pale di grandi ruote idrauliche lignee, collegate meccanicamente ad ingranaggi solidarizzati coi coni rotanti; mai nei documenti coevi si fa riferimento alle dimensioni degli ingranaggi necessari per mettere in funzione i coni rotanti. Tali ingranaggi avevano dimensioni considerevoli, certamente sorprendenti per quei tempi e, soprattutto, per chi era abituato a considerare gli spazi necessari per la tradizionale coniazione a martello: a parte quelli installati ad Hall e Segovia, davvero di grandi dimensioni, tenuto conto anche del notevole spazio necessario per l’adduzione idrica verso le ruote a pale, esiste un’interessante descrizione degli ingranaggi connessi ai coni rotanti installati presso la zecca pontificia di Roma, redatta nel 1767 da Giovanni Pietro Chattard nel suo Nuova descrizione del Vaticano, tomo 3. L’autore, fortunatamente, rende note anche le dimensioni di quegli ingranaggi e della sala della zecca in cui erano installati: la sala che ospitava i coni rotanti misurava in pianta circa 14 per 9 metri (superficie di 126 mq) e l’ordegno “mosso da impetuoso e grosso canale d’acqua” aveva altezza di 3 metri, larghezza di 4 metri circa e profondità di circa 1,80 metri (il tutto per quasi 22 metri cubi); sulla scorta dei documenti coevi sopra menzionati è accertato che il nuovo metodo di coniazione, nel 1620, venne messo in funzione a Napoli in assenza di qualsivoglia opera idraulica al margine dell’edificio della zecca. E’ noto che la zecca a Napoli venne trasferita nel 1333, per volere di Roberto d’Angiò, nel palazzo di Nicola di Somma e che ivi rimase fino all’Unità d’Italia. Dall’analisi della tavola della città di Napoli, stampata nel 1566 ad opera di Antoine Lafrery, incisa su rame da Duperac, non risultano corsi d’acqua, naturali o artificiali, esistenti al margine o nelle vicinanze dell’edificio della zecca. Uno dei cosiddetti “grani bislunghi” di Filippo IV per Napoli coniato nel 1622 La zecca partenopea appare, infatti, inserita nel complesso tessuto urbano della città cinquecentesca, tessuto del tutto incompatibile, anche dal solo punto di vista degli spazi necessari, con canali idraulici di qualsiasi tipo. Stessa cosa dicasi per la pianta della città di Napoli realizzata da Baratta nel 1670. Un intervento edilizio di una certa importanza in zecca è attestato a partire dal 1675: sul prospetto opposto alla strada l’edificio è interessato da lavori di ampliamento, probabilmente in vista delle esigenze della nuova monetazione che, qualche anno più tardi, sarà coniata al bilanciere sotto il governo vicereale del marchese del Carpio. Ma a ben vedere, sono noti altri documenti che confermano questa tesi. Mi riferisco a due relazioni ufficiali, redatte nel 1821, da cui si traggono informazioni sulla consistenza e composizione di macchinari utilizzati a Napoli per la produzione di monete nel 1622. Rese note dall’avvocato Benvenuto Cosentini nel Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano nel lontano 1916, dalla loro analisi l’autore fu indotto ad ipotizzare che nel 1622 a Napoli si coniassero monete di rame con l’ausilio di “macchine ben distinte dai bilancieri o ingegni del Galoti”. Tale dichiarazione di Cosentini può e deve essere intesa, oggi, alla luce delle considerazioni di cui sopra: oggi è chiaro che gli ingegni del Galoti nulla ebbero a che spartire col bilanciere. Giova rammentare che a Napoli l’utilizzo dei bilancieri venne introdotto per la prima volta nel 1680, inizialmente per la monetazione di rame. Ma analizziamo i documenti del 1821. Come detto, trattasi di due relazioni ufficiali. La prima venne compilata dall’Intendente della Provincia di Terra d’Otranto in tempi successivi al 22 settembre 1821, e riporta la notizia, non troppo dettagliata, dell’avvenuto ritrovamento in una buca, durante i lavori di demolizione del campanile della chiesa di Carmiano (comune oggi in provincia di Lecce) di tre torchi di ferro, sette pezzetti di rame perforati e cinque “impronti”, dei quali tre avevano l’effigie di Filippo IV di Spagna e due una croce con altre quattro croci più piccole, che recavano l’anno 1622. La seconda relazione è più dettagliata e utile, e fu redatta a Napoli l’8 novembre 1821 da Giovanni Pappalettere, segretario generale della Regia Zecca. Coerentemente con le specifiche competenze dell’estensore, essa descrive, in modo più pertinente, gli oggetti rinvenuti durante la demolizione del campanile della chiesa di Carmiano, correggendo il dato numerico dei coni fornito nella precedente relazione: tre presse di ferro; cinque coni, dei quali due con l’effigie di Filippo IV e tre con la croce e la leggenda NEAPOLIS REX 1622. Si specifica che i coni sono in acciaio e incisi in modo molto goffo. A questo punto il Pappalettere, persona competente sui fatti monetari, esprime il proprio parere: i coni dovevano essere montati agli estremi delle presse, entro i corrispondenti fori, e la coniazione doveva avvenire mediante colpo di percussione dato verticalmente. E’ del parere, altresì, che le presse dovessero essere vincolate a macchinari lignei o lapidei, visto che l’estremità di una di esse recava evidenti segni di vecchio impiombamento. Pappalettere continua col chiarire anche la funzione dei pezzetti di rame rinvenuti assieme agli altri oggetti: servivano per serrare e incastrare i coni entro i fori predisposti nelle presse. La relazione si conclude evidenziando il valore di testimonianza storica di quegli oggetti, in relazione a come si coniava la moneta nell’anno 1622. Faccio notare che nessuna delle due relazioni, ed in specie la seconda, vergata da un alto funzionario della zecca di Napoli, paventa l’ipotesi che i menzionati oggetti fossero stati realizzati da falsari, certificando nel contempo, per logica conseguenza, che essi fossero autentici dispositivi atti a coniare la moneta, utilizzati nella zecca di Napoli nel 1622. Tale considerazione, ad onor del vero, è stata espressa senza remore anche dall’vvocato Cosentini nel 1916. Resta il dubbio su quando, perché e da chi i menzionati attrezzi autentici della zecca di Napoli siano stati trasportati e nascosti in quel di Carmiano. Orbene, Magliocca afferma che gli oggetti descritti in queste due relazioni ufficiali corrisponderebbero ai coni rotanti che furono in funzione negli anni in questione nell’officina di Torre Annunziatae nella zecca di Napoli. A mio avviso, invece, la descrizione fatta dal funzionario della zecca Pappalettere è tale da escludere in modo categorico che detti materiali possano essere riconducibili a coni rotanti. Infatti, in entrambe le relazioni non sono menzionate parti di forma cilindrica, quando, invece, il Pappalettere parla chiaramente di coni da incastrare nei fori di presse metalliche, nelle parti estreme di esse, che, a loro volta, dovevano essere vincolate a macchinari di legno o di pietra, mediante impiombamento, asserendo, altresì, che la coniazione con siffatte presse dovesse avvenire mediante compressione secondo la direzione verticale, non facendo riferimento alcuno al movimento rotatorio proprio dei coni rotanti. Il tarì col sole raggiante coniato nel 1620 con gli “ingegni venuti da Alemanna” Un paio d’anni prima del Cosentini, Carlo Prota pubblicò nel primo numero del Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano la ricerca, utile ancora oggi, sui Maestri ed incisori della Zecca Napolitana, in cui scrisse che nel 1619, al fine di dare attuazione ai proponimenti riformatori del maestro di zecca Giovanni Francesco Citarella, furono installati nella zecca di Napoli “cinque ingegni venuti da Alemanna” per produrre il tarì d’argento col sole raggiante nel rovescio, i cui coni, egli dice, furono incisi da Nicola Galoti, tedesco, e la moneta coniata ed emessa in pochissime liberate di prova. Al margine Prota riproduce nella nota 6 di pag. 18 un documento della Dipendenza Sommaria Zecca dell’Archivio di Stato di Napoli, redatto il 14 febbraio 1619, con cui si dispone un ulteriore pagamento di ducati quindici in favore di Nicolò Galoti, definito “alemanno intagliatore deli cugni”, riportando “in conto delle sue fatiche per causa deli cogni fatti per servitio de quella zecca et del novo modello de far le nove monete ad usanza d’Alemagna”. E’ il caso di notare che, dal tenore del documento, risulta che alla data del 14 febbraio 1619 ancora le monete non erano state coniate secondo “usanza d’Alemagna”. E’ riprodotto anche un ulteriore documento d’archivio, in cui si fa riferimento ad una relazione del maestro di zecca Michele Cavo al presidente della Regia Camera della Sommaria, datata 29 aprile 1619, da cui risulta che l’incisore tedesco Nicola Galoti ha lavorato ai coni della moneta da 15 grana per nove mesi e mezzo consecutivi, dal 14 luglio 1618 fino a tutto l’aprile 1619, dando ampia dimostrazione della propria bravura di incisore. Un rarissimo carlino del tipo “coi giri attorno” ideato da Fabrizio Biblia Più oltre, sempre nel suo lavoro del 1914, Prota riporta nella nota 5 di pag. 20 un documento inviato dal soprastante di fabbrica della Regia Zecca di Napoli all’attenzione del marchese di Santa Giuliana, vergato nel 1629 a Napoli, con cui si rammenta che negli anni precedenti, dietro ordine di quest’ultimo, vennero coniate le nuove monete “con giri attorno” mediante “l’ingegni di Nicola Galoti Tedesco”, ricevendo disposizione che si tenessero annotate tutte le spese sostenute per la rimessa in funzione di detti macchinari; si parla, quindi, di cantara quattro di ferro, provenienti dalla Regia Dogana, e di tre cantara di piombo del Castel dell’Ovo, consegnati in zecca, specificando che tutte le operazioni di ripristino di dette macchine coniatrici, in numero di cinque, con cui effettivamente furono battute le monete della riforma ideata dal catanzarese Fabrizio Biblia, e le relative spese erano avvenute sotto il diretto controllo del cavalier Giulio Cesare Fontana, definito “ingegnere maggiore” del Regno. Era accaduto, narra Prota, che dopo le prime coniazioni con detti ingegni, questi non vennero più utilizzati, tanto che lo stesso incisore Nicola Galoti ne pignorò tutte le parti metalliche. Dunque la Regia Camera della Sommaria non solo dovette accollarsi tutte le spese per eliminare i pignoramenti fatti dall’incisore tedesco, ma ebbe a sostenere anche tutte le spese per rimettere in funzione quei macchinari, che Prota definisce – errando – bilancieri. Dalle considerazioni precedenti ho maturato la convinzione che i cinque ingegni giunti a Napoli nel 1619 da Alemagna fossero macchinari non solo diversi dal torchio a vite o bilanciere (che entrerà in funzione a Napoli solo nel 1680), ma certamente diversi dai coni rotanti del tipo delle zecche di Hall e di Segovia. Questa mia opinione, a ben vedere, trova ulteriore conferma in due importanti documenti coevi. Il primo è il Documento V in appendice al pregevole lavoro di Giovanni Bovi sulle monete napoletane di Filippo III (BCNN, gennaio-dicembre 1967): nel contesto di una relazione del maestro di zecca Giovanni Francesco Citarella, compilata nella zecca di Napoli il 28 gennaio 1619, si parla del lavoro di incisore dei coni eseguito da Nicolò Globo, alemanno, con riferimento alle monete argentee da 15 grana col millesimo 1618, dal mese di luglio 1618 fino ad allora, per sette mesi consecutivi, nonostante che il “mastro dei cogni” fosse, a quel tempo, Giovanni Antonio Consolo, e ciò per espresso ordine del presidente della Regia Camera della Sommaria. Scudo napoletano in argento a nome di Filippo III del 1617 Nel documento si riferisce, ad un certo punto, di un pagamento di 55 ducati già effettuato in favore dell’incisore Globo, riportando testualmente, “per conto d’un modello da Lui proposto di far le monete ad usanza di Alemagna megliori e più belle di quelle di Fiorenza e di Segovia fatte con forza d’acqua”. E’ evidente, dunque, che la tecnica di coniazione proposta dal Globo (o Galoti, per dirla come Carlo Prota), a quel tempo tipica delle zecche di area germanica, era per Napoli innovativa ma anche e soprattutto differente da quella, basata su coni rotanti mossi da energia idraulica, adottata nelle zecche di Firenze e Segovia. Il secondo documento è quello riportato da Carlo Prota in calce alla nota 19 del suo lavoro La moneta di Napoli di Filippo IV nel 1621 e 1623(BCNN 1920), che testualmente recita, con riferimento al riattamento degli ingegni del Galoti/Globo del 1624 ai fini della produzione dei carlini e tarì ideati da Fabrizio Biblia: “In primo cinque ingegni armati di tutto punto con i suoi ferri, metalli e piombo, con suoi pile, et torrelli e zeppe, vite e catene, che non ci manca cosa alcuna”. Il mezzo scudo napoletano in argento a nome di Filippo III del 1617 Questa succinta descrizione degli ingegni non solo è coerente con le due relazioni ufficiali del 1821 viste sopra, ma è incongruente con un supposto macchinario dotato di coni rotanti, oltretutto azionati mediante energia idraulica. Non solo non vi è riferimento alcuno a cilindri rotanti, ma si parla chiaramente di pile e “torrelli” (torselli), con evidente rimando ai coni di incudine e martello, rispettivamente. Ma allora, come avveniva la coniazione col metodo proposto dall’incisore tedesco Galoti/Globo? Per farcene un’idea, a questo punto è indispensabile interrogare i documenti ufficiali più significativi in materia, le monete. Prima, però, mi sia consentita una brevissima digressione sulle monete napoletane prodotte a Napoli a nome di Filippo III in base alla riforma monetaria attuata dal maestro di zecca Giovanni Francesco Citarella. Da quanto si legge nei lavori di Magliocca, egli ritiene che le monete napoletane in argomento, che al dritto riportano il profilo del re di Spagna con voluminosa gorgiera, siano state coniate tutte con gli ingegni di Nicola Galoti/Globo. Ovviamente ciò non è e, per rendersene conto, basterebbe osservare le monete in argomento: sul presupposto che gli ingegni tedeschi dovessero venire azionati a mano, mediante leve, peraltro coerentemente con le relazioni del 1821 sopra analizzate, non sarebbe stato possibile coniare i grandi moduli dello scudo e mezzo scudo del 1617 in modo diverso che a martello. Con gli ingegni tedeschi, azionati a mano, si poterono coniare soltanto le monete di modulo sensibilmente più piccolo di quello degli scudi e dei mezzi scudi del 1617. Ciò, peraltro, è coerente con quanto attestato dal documento datato 14 febbraio 1619 prima analizzato, secondo cui, rammento, a quella data ancora non erano state coniate monete secondo “usanza d’Alemagna”. Un raro esemplare di terzo di scudo d’argento del 1617 per Napoli Stesso discorso per la moneta da un terzo di scudo coi millesimi 1617 e 1618: osservando la foto di una di queste monete pubblicata a pag. 162 di Magliocca 2020, è possibile notare al dritto un macroscopico salto di conio nell’effigie reale, fatto che poteva accadere solo con la tecnica di coniazione a martello. Per poter risalire al metodo effettivo di coniazione delle monete oggetto del presente saggio, si noti quanto segue: il tarì di Filippo III col sole raggiante, millesimo 1620, la cui foto è pubblicata in entrambi i lavori di Magliocca riportati in bibliografia, denuncia una nitidezza e precisione di rilievi impensabile per la coniazione a martello; trattasi di moneta certamente coniata con un macchinario, in serie. Ad ogni buon conto, si può affermare che non può essere stata coniata coi coni rotanti in quanto, se così fosse, la macroscopica deformazione perimetrale del metallo che la caratterizza non dovrebbe esserci. Infatti con la tecnica dei coni rotanti la moneta era staccata, tranciata, dalla lamina metallica in tempi successivi alla coniazione, ergo la forma della moneta coniata con i coni rotanti deve, per forza di cose, avere una forma rotonda e priva di deformazioni in pianta. Si badi, ho parlato di forma della moneta e non già di forma dei rilievi impressi sulla moneta che, come noto, con i coni rotanti assumevano molto spesso una forma ellittica. le precedenti considerazioni sono viepiù valide con riferimento ai c.d. “grani bislunghi” del 1622: come si concilia la loro forma macroscopicamente allungata, ellittica, col fatto che, se fossero stati battuti ai coni rotanti, sarebbero stati tagliati dalla lamina dopo la coniazione? Concludendo, tenuto conto di tutti i ragionamenti in precedenza illustrati e di quanto desumibile dall’analisi del documento moneta, si può ragionevolmente affermare che gli ingegni del Galoti/Globo consistevano non in un solo particolare macchinario, bensì in un insieme di macchinari funzionali alla coniazione, azionati a mano mediante apposite leve: trafilatrice a cilindri rotanti, tranciatrice dei tondelli (taglietto; qualche volta definita “tagliuola” nei documenti napoletani coevi), pressa a coni basculanti o oscillanti. I sistemi di coni rotanti e di coni oscillanti descritti da Angelo Finetti Infatti la pressa a coni oscillanti, che secondo letteratura era diffusa nei territori di lingua tedesca tra la fine del XVI e per tutto il XVII secolo, è perfettamente compatibile con la descrizione fatta dal Pappalettere nel 1821 in relazione al macchinario ed agli oggetti ritrovati in quel di Carmiano: in queste macchine i coni di incudine e di martello erano smontabili ed estraibili dai propri supporti, proprio come è per le presse a coni oscillanti; in esse l’asse principale di funzionamento è quello verticale; in letteratura è, altresì, noto che nel caso di monete di piccolo modulo, come per le monete napoletane in argomento, le presse a coni oscillanti erano azionate a mano. In questo contesto è il caso di rievocare le parole di Philip Grierson in merito alle presse a coni rotanti ed a coni basculanti: “[…] Altri sistemi per coniare le monete furono quelli del torchio a rulli e del torchio oscillante. I coni del torchio a rulli venivano incisi sulla superficie dei rulli e i nastri di metallo venivano fatti passare ta questi affinché, all’uscita, recassero l’impronta di più monete, le quali venivano poi tagliate mediante fustellatrice. Poiché la pressione dei rulli provocava un’espansione longitudinale delle lamine, affinché le monete assumessero forma circolare si dovevano incidere i coni con una figura ovale piuttosto larga. I risultati non erano molto soddisfacenti perchè riusciva difficile allineare esattamente i coni e, dal momento che le monete venivano tagliate dal nastro solo dopo essere state coniate, non era possibile garantirne l’uniformità di peso. Philip Grierson descrive in modo esemplare le tecniche di coniazione meccanizzata Questo metodo (Welzenpragung) presentava l’ulteriore svantaggio di costringere a raschiare tutti i coni incisi su uno stesso rullo se uno solo di essi subiva un danno. Inventate nel XVI secolo, furono impiegate largamente in Germania nei secoli XVII e XVIII tanto nella versione originale quanto in quella perfezionata, nella quale i coni potevano essere rimossi (Taschenwerkebetrieb). Il torchio oscillante fu una variante del torchio a rulli molto utilizzata nel XVII secolo. I coni erano incisi su superfici curve di ‘culle’ che erano imperniate assieme ed azionate da una barra oscillante collegata alla ‘culla’ superiore. Quando si piazzava un tondello fra le facce delle culle si abbassava la barra perché passasse tra le due superfici. Spesso le impressioni erano insoddisfacenti e le monete di foggia irregolare [si pensi ai grani bislunghi, NdA] perché la pressione non si distribuiva uniformemente sulla superficie della moneta; tuttavia le culle avevano il vantaggio, rispetto ai rulli, di consentire il controllo del peso dei tondelli prima che venissero coniati. Né il torchio a rulli né quello oscillante potevano produrre monete coniate sul taglio”. da: https://www.cronacanumismatica.com/gli-speciali-di-cn-sui-cinque-ingegni-per-coniar-moneta-giunti-a-napoli-dalla-germania-nel-1619/1 punto
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Buonasera lamonetiani e buonasera agli amici appassionati di Vicereali. Non scrivo da un pezzo e vi sottopongo le foto di questo Tornese. Vorrei leggere i vostri pareri. Buona serata.1 punto
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Io sono arrivato venerdì e sono ripartito sabato. Avevo il treno di ritorno alle 17:40 e vi assicuro che non è stato facile trovare cosa fare mentre aspettavo che venisse l'ora di tornare in stazione. Nonostante il divieto di rientrare, ho potuto parlare con le persone all'ingresso che, ad personam, mi hanno fatto la concessione di poter tornare in fiera dopo pranzo mettendo una croce sul biglietto (cosa che avrei potuto facilmente fare anche da solo...). Ma, al rientro dal pranzo conviviale, ho constatato che il 60% dei banchi aveva già chiuso. Vero che i venditori dovrebbero garantire la presenza per tutta la durata dell'evento ma, davanti al deserto che ho trovato nel pomeriggio di sabato (notare, sabato dovrebbe essere il giorno di maggior affluenza...), comprendo anche che chi vende si domandi "ma che ci sto a fare io qui?" e se ne vada. A carenza di pubblico, carenza di venditori e carenza di materiale, come già spiegato bene da altri. Davvero, questa di novembre è stata la peggiore edizione di cui ho memoria. Curioso di vedere cosa succederà il prossimo maggio...1 punto
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Buonasera, a vederlo così è un annullo postumo, aspettiamo il retro che potrebbe darci conferma1 punto
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Si tratta di un piccolo bronzo della serie FEL TEMP REPARATIO (uno dei rovesci più significativi del IV secolo d.C. e di tutta la monetazione romana imperiale) nella sua tipologia "fallen horseman" o "cavaliere disarcionato". Il rovescio ha dot S dot nel campo sinistro che potrebbe orientare sulla zecca (lo si trova, da solo, a Nicomedia, Cyzicus, Alexandria, Thessalonica, mi pare) L'esergo non lo leggo Non capisco se il busto sia diademato perché , se non lo fosse, si potrebbe tirare in causa anche Costanzo Gallo. Ad ogni modo, se diademato, e' molto più probabile che si tratti di Costanzo II che non di Costante essendo questa tipologia più frequente per lui. Giusto per capire di cosa parliamo, eccoti questa bella discussione esplicativa. In teoria, questi bronzi (dal un punto di vista formale dopo la riforma di Costanzo II e Costante del 348, per l'appunto con l'inizio della serie FTR) non sarebbero più indicati come follis e in loro nome non e' tutt'ora ben noto (probabilmente anche il follis non si chiamava così). Ciao. Stilicho1 punto
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Giusto, sei voluto andare dove per te era più sicuro ed hai fatto bene. La Numismatica è anche un fatto personale non ci comportiamo tutti alla stesso modo ma quello che conta alla fine è riuscire a non prendere una "sola" sia nella conservazione che nell'autenticità o peggio nella manomissione (artefatti). Poi con gli anni si fa esperienza, ci si sente più sicuri e le perizie a meno che non necessitano se ne fa anche a meno. 👌🏼1 punto
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Sì @favaldar, d'accordo, ma visto i numerosi falsi per questa moneta, addirittura dovuti alle lettere L di Romagnoli e M di Motta ( in incuso o non ), nonché il costo ed i già discussi gradi di conservazione, ho preferito prenderla SPL periziata da Raffaele Negrini, che senza nulla togliere al Grande Emilio Tevere, credo sia un affermato perito. Intanto così so che la moneta è buona, confermo che il "rapporto" con la moneta a tu per tu senza sigilli e senza scatole, è più affascinante ma sono sempre in tempo a prescindere, a togliere in qualsiasi momento la moneta dal sigillo, non credi ? Pazienza per la perdita della perizia, intanto ripeto, so che è buona ed io non ho intenzione di vendere nulla dalla mia collezione, almeno ad oggi.1 punto
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Aggiungo l'immagine presa dal catalogo dell'asta Varesi 79 del 10 maggio 2022.1 punto
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Perché volete aggiungere ulteriori complicazioni a regole già più che farraginose e insensate?1 punto
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conserva ancora buoni rilievi.. siamo in zona spl più o meno.. pesa un po a livello di appeal quella macchia al rovescio perché abbastanza estesa1 punto
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Non posso dire di essere un vero esperto per queste, ma la moneta non mi turba affatto devo dirti1 punto
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Normalmente io facevo periziare o faccio periziare solo quando la moneta "deve" essere dichiarata sia per conservazione o genuinità da un Professionista, meglio se super apprezzato e conosciuto. Il perchè è semplice se vuoi venderla io sono uno dei tanti e non ho qualifiche, su carta, un professionista conosciuto e riconosciuto da fiducia e sicurezza soprattutto con certe cifre, tutto qui. Altrimenti le monete mi piace sentirle a contatto con la pelle e scrutarle nei minimi dettagli alla lente, cosa che in busta o scatola non puoi fare e ti perdi sensazioni uniche. Sicuramente capirete.........🙏🏼 🧐 Aggiungo: una moneta con una perizia Tevere Emilio con la sua firma originale per me a un valore a parte, in più.😔1 punto
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Si si, non sono un perfezionista dell' estetica. Ho tante basse e bassissime conservazioni Diciamo le macchie, in certi contesti, personalmente non mi disturbano. Se è altro,come cancro o formazioni strane che ne alterano veramente il contesto, allora agisco1 punto
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Buon pomeriggio, continuo con la quarta moneta e anche per questa chiedo la Vostra gentile competenza: Cartellino riporta tale descrizione: VENEZIA M LARGA .X. 1817-1833 Diadema 6 perle Nastri con 4 +4 globetti sotto corona rarità - R conservazione SPL grazie1 punto
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Ursula Kampmann , direttrice della Rivista , scrive : I recenti incidenti mi hanno portato a chiedermi perché questo approccio non sia diventato da tempo una pratica standard per i criminali: usare la forza bruta per rubare reperti di alto valore materiale da musei locali mal protetti, asportando le gemme e fondendo il metallo prezioso. Gli autori non si preoccupano del fatto che stanno distruggendo il patrimonio culturale dell'umanità. E il loro approccio continuerà ad avere successo per molto tempo, fino a quando i governi non decideranno di spendere abbastanza denaro per proteggere i nostri tesori. Ma le autorità pubbliche hanno altre priorità. L'esempio di Colonia ci mostra quali sono. Nel 2023 non sono stati rubati oro e diamanti, ma porcellane cinesi per un valore assicurato di 1,3 milioni di euro. I ladri avevano preso di mira proprio questi oggetti. Siamo a conoscenza di circa 20 altri furti che hanno seguito lo stesso schema per rubare oggetti simili. Gli esperti sospettano che sia stato un collezionista cinese a ingaggiare i criminali, commentando che il governo cinese, almeno, non scoraggia questa forma di rimpatrio. Gli oggetti sono spariti, ma almeno erano adeguatamente assicurati. Gli 1,3 milioni di euro sono stati pagati. Ma non al museo, bensì al suo patrocinatore, la città di Colonia. E l'amministrazione di Colonia li ha usati per tappare qualche buco nel suo bilancio. Quando la direttrice del museo si è lamentata di questo, l'amministrazione comunale le ha risposto che “va notato che la città nel suo complesso e lo stesso settore culturale si trovano in una situazione di difficoltà finanziaria, motivo per cui le spese e le entrate per i consumi devono essere ripartite di conseguenza”. In altre parole, Colonia vuole pagare i suoi dipendenti pubblici prima che un museo possa sostituire gli oggetti rubati. Certo, ma mi domando perché debbano fare questa deviazione attraverso il furto e l'assicurazione. Perché non chiudere semplicemente il Museo dell'Asia orientale e mettere all'asta la sua collezione? Questo coprirebbe sicuramente le necessità finanziarie di Colonia per uno, due, forse anche cinque anni! Con i suoi numerosi musei, Colonia potrebbe andare avanti così per qualche decennio. E una volta esauriti i musei, la città potrebbe semplicemente chiedere ai suoi cari collezionisti di finanziarne di nuovi. Sono certa che saranno felici di farlo. Tradotto con DeepL.com https://new.coinsweekly.com/news-en/two-robberies-in-two-days-french-museums-targeted-by-criminals/1 punto
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Senza voler fare discorsi troppo impegnati, direi che la mancanza di risorse in settori pubblici come, rimanendo alla discussione di Coinsweekly, il settore della Cultura, sia anche e sopratutto dovuto a ben precise decisioni e scelte politiche. Guarda caso, i soldi si trovano sempre per fornire aiuti militari a Paesi "amici" o anche solo per rinforzare il proprio esercito. E non parliamo di qualche decina di milioni di euro ma di miliardi. Ciò che non capisco, rimanendo sempre all'articolo in commento, è perchè mai dovrebbero essere i Collezionisti a finanziare i nuovi Musei, posto che in molti casi sono stati proprio i Collezionisti a donare alle Istituzioni museali le proprie raccolte che, nel ragionamento dell'Intervistata, andrebbero poi vendute per finanziare il debito delle Città. Salvo poi auspicare che quegli stessi Collezionisti, in un secondo momento "rifondino" altri nuovi Musei con le proprie collezioni e finanziamenti. Un ragionamento a dir poco contraddittorio, per non dire insensato. I soldi pubblici per la Cultura in realtà ci sarebbero pure, semprechè la politica voglia destinarli a quella finalità e non ad altri scopi ritenuti, a quanto pare, più meritevoli. M.1 punto
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Come giustamente fatto notare da @ilnumismaticoho usato un termine inappropriato parlando di "obbligo" a far slabbare le monete, in realtà non c'è nessun obbligo, ma solamente una mera convenienza. Anch'io comunque sono contrario ad inscatolare le monete🙂.1 punto
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Ciao carissimo È difficile sbilanciarsi cosí Io ti posso dare un parere orientativo in tal caso,non è facile. Per me si viaggia in zona spl, di preciso non saprei quanto,di piú di meno? Le foto con perizia poi mettono ancora piú in difficoltà con le plastiche. Per la moneta,al mio occhio è bellissima, pensa, a me non disturbano neanche quelle macchie.1 punto
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Buongiorno,a me ricorda un follis di Massenzio... https://www.cgbfr.it/maxence-follis-ou-nummus-sup-ttb-,brm_665868,a.html1 punto
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Ciao, è un gettone generico, probabilmente da utilizzare per un parcheggio. Ho trovato la scheda con le specifiche in questo link Token - Genova A - Italy – Numista1 punto
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@fagiolino Buongiorno, grazie anzitutto per l'articolo proposto. Vien da pensare che "tutto il mondo è paese": una Pubblica Amministrazione priva di preparazione e attenta al tornaconto politico momentaneo nuoce gravemente alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale. Quando poi le medesime PP.AA., invece di essere messe pubblicamente di fronte alle loro responsabilità da Associazioni o privati dotati della necessaria sensibilità, sono da questi blandite nella speranza di averne un qualche beneficio appare chiaro che il problema non è di pronta soluzione. Un saluto cordiale e a presto.1 punto
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Pensa che al giorno d'oggi le più importanti monete, per essere vendute da primarie case d'asta a livello mondiale, sul mercato americano o in estremo oriente devono obbligatoriamente essere chiuse in slab ed accuratamente sigilllate e periziate, altrimenti non se le fila nessuno.1 punto
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E GUARDA CASO OGGI: https://www.rainews.it/articoli/2024/11/bankitalia-disservizi-su-pagamenti-con-carte-da-oltre-24-ore-monitoriamo-1d88dfc2-66c0-4b49-ad30-280f529a0a3b.html Bancomat, problemi col Pos in Italia per lavori alla rete del gas in Svizzera CI RENDIAMO CONTO DI QUANT'E' VULNERABILE IL SISTEMA, RAGAZZI?? PENTITEVI E FATE PENITENZA1 punto
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S chi è re D idra P pelli R O mani SCHIERE DI DRAPPELLI ROMANI Buona notte. Stilicho1 punto
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Salve, gettone di Norimberga (Rechenpfennig) di Johann Jakob Laurer raffigurante Alessandro Magno1 punto
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Io ho una passione per la Sacra Famiglia e per gli Angeli, siamo a qualche settimana dal Natale.. le userei per fare un presepe, magari incorniciate per averle in vista tutto l' anno. Sembra banale ma oggi non esistono più i disegnatori e stampatori in grado di fare queste cose, ..oggi non si possiede più neanche il buon gusto. Abbine cura.1 punto
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Questo interessante articolo è uscito quasi contemporaneamente a quest'altro, che presenta fonti inedite e documenta l'attività della zecca di Napoli con le stesse tecniche produttive dal tempo di Federico II a quello di Luis Ram, quando vi fu la svolta della trafila. Buona lettura L’introduzione della trafila nella zecca di Napoli (1542-1543): un «ingegno» poco noto, in «Napoli Nobilissima», VOLUME LXXX DELL’INTERA COLLEZIONE RIVISTA DI ARTI, FILOLOGIA E STORIA SETTIMA SERIE - VOLUME IX FASCICOLO I - GENNAIO - APRILE 2023, pp. 19-29 https://www.academia.edu/102056851/L_introduzione_della_trafila_nella_zecca_di_Napoli_1542_1543_un_ingegno_poco_noto_in_Napoli_Nobilissima_VOLUME_LXXX_DELL_INTERA_COLLEZIONE_RIVISTA_DI_ARTI_FILOLOGIA_E_STORIA_SETTIMA_SERIE_VOLUME_IX_FASCICOLO_I_GENNAIO_APRILE_2023_pp_19_291 punto
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Teniamo anche presente che due esemplari del grosso controverso furono pubblicati da Raffaele Paolucci e dal Prof. Alan Stahl, senza dubbio studiosi di primissimo livello e non furono allora qualificati come falsi. Anche a parere mio invece quelli che stanno uscendo nelle ultime aste sono dei falsi. Non mi stupisco se qualcuno stesse facendo il furbo con queste coniazioni...1 punto
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A mio parere la sigillatura in bustina è a dir poco anacronistica all’alba del 2025. Inoltre, malgrado il miglioramento pubblicizzato della plastica, sempre a mio parere conserva i suoi lati negativi. Al di là della possibile manipolazione nella sostituzione della moneta (non facile, ma non impossibile), a mio parere non rimane la scelta migliore per la conservazione (e la tutela) a lungo termine della moneta (specialmente se questa è stata lavata nell’apposito liquido). Ultimamente ho ripreso i miei lavori sul mio sistema di grading, e al contempo sto lavorando su un sistema economico di sigillatura in bustina senza sigilli metallici (non mi sono mai piaciuti, specie quando sono vicini alla moneta) e con la possibilità immediata di verificare l’integrità della sigillatura. Spero a breve di mostrarvi qualcosa1 punto
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Io sarò presente domani ma vedo che ogni anno l’interesse per il Veronafil cala drammaticamente e, con esso, la partecipazione dei commercianti all’evento. Si viene così a creare un circolo vizioso (meno clienti, meno banchi, meno monete, ecc.) che, tempo qualche anno, se non cambiano le cose porterà all’inevitabile cancellazione di questa manifestazione. In questi giorni ho avuto modo di chiedere a due importanti commercianti se sarebbero stati presenti ed entrambi mi hanno risposto di no perché è un luogo pericoloso al quale è meglio stare alla larga. Non ho capito, però, se il problema sia legato solo ad una mancanza di sicurezza o anche al fatto che ormai le monete importanti viaggiano soprattutto nel circuito delle aste ed i convegni sono sempre meno economicamente convenienti. Io temo che da parte di taluni ci sia l’intenzione di tagliare definitivamente le gambe ai convegni, sempre di più visti come un’inutile perdita di tempo e denaro. Ecco, vorrei dire a queste persone che la numismatica non può essere portata avanti solo attraverso aste da centinaia di lotti con foto in alta definizione. La numismatica necessita anche di una visione fisica delle monete e, soprattutto, di potersi confrontare con altri collezionisti e professionisti allo scopo di ampliare le proprie conoscenze. Purtroppo, vedo che questo aspetto interattivo si sta mano a mano riducendo. Questo forum certamente aiuta a mantenere vivo un contatto tra molti appassionati sparsi per l’Italia ma non basta. Manca sempre più l’esperienza pratica di poter guardare e apprezzare una moneta tra le proprie mani…1 punto
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Ciao, le foto non sono per nulla nitide per valutare la conservazione della banconota al meglio, è comune, ma in eccellenti condizioni ha un buon valore, si va da 5/10 euro comunemente circolata sino ad centinaio di euro in condizioni ottimali, servirebbero foto migliori. l tuo biglietto per esempio leggermente ingrandito: servirebbe invece questa nitidezza1 punto
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Buongiorno a tutti, ciao Rocco, mi pare che i primi esperimenti di galvanizzazione risalgano proprio alla fine del Settecento... e siccome è sempre difficile - se non impossibile - datare con precisione un falso d'epoca - e cioè - scoprire a quale epoca risalga, se abbia circolato o meno, oppure se si tratta di un falso creato per ingannare i collezionisti e realizzato magari nei primi del Novecento... credo che non sia affatto facile rispondere alla tua domanda. Allego comunque alcune pagine che potrebbero essere utili. Pagine tratte da: "Nel regno dei ladri, come si ruba e come si falsificano le monete" Luigi Rusticucci - 19191 punto
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Ho dato un occhiata ai siti che nomini. Sono due Società private che usano un metodo di "grading" inventato da Sheldon, che era un numismatico. Non penso che abbiano problemi a fornire una conservazione a qualsiasi tipologia di moneta. Si fanno anche pagare bene, poi te le inseriscono negli "slab" cosicchè la tua bella moneta si trasforma in una figurina rara dei Pokemon. Nessuno la potrà mai più toccare, non potrai più vedere il contorno e sarà ( forse ) sempre uguale. L'unica avvertenza è quella di non metterla nel microonde, perchè la plastica si scioglie... Ciao1 punto
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Tous les numismatistes connaissent ces monnaies fiduciaires de cuivre qui se rencontrent encore communément en Chypre et dans le Levant, et qui furent frappées par ordre du fameux M. A. Bragadin (Gustave Schlumberger, Numismatique de l’Orient latin, 1878) Con questa frase il grande storico e numismatico francese ottocentesco introduceva, nella sua monumentale opera dedicata alla monetazione di quello che allora era chiamato Oriente latino, le monete coniate dai Veneziani durante l’assedio turco di Famagosta nel 1570. Nel variegato panorama delle ossidionali, il bisante per Cipro presenta delle peculiarità storiche e numismatiche che lo hanno reso fin da subito un pezzo ri cercato e studiato, ma forse non ancora del tutto compreso. Pur non essendo stato battuto a Venezia ma in una zecca di fortuna da parte degli assediati, lontani duemila miglia di mare dalla propria patria, questo nominale è da sempre considerato parte della numismatica veneziana a tutti gli effetti, come in generale le monete per il Levante, le quali invece erano coniate a Venezia e solo in seguito venivano inviate nelle località di destinazione per l’utilizzo. Lo scopo di questa ricerca è tentare un primo approccio di tipo statistico per valutare sia i dati ponderali sia le varianti di legenda che, come si vedrà, possono portare a interessanti implicazioni che dovranno in seguito essere approfondite.1 punto
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