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Dal libro Stato e Collezionismo........Siamo nell’Aprile del 1944, la situazione nella Capitale è veramente tragica. Il giorno 13, forse al mattino, personale militare e civile della Repubblica Sociale Italiana, si presenta presso lo stabilimento della Regia Zecca, in Via Principe Umberto. Il nucleo di persone è comandato dal Capitano Pietro Martinelli. Ha le credenziali in ordine per il ritiro di materiale da trasportare ad Aosta. Gli viene pertanto consegnato quello che richiede. Della consegna viene redatto apposito verbale, con il quale il cedente, secondo il principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione e della gestione della Cosa Pubblica, cede in carico ad altra persona designata dalla stessa Pubblica Amministrazione, materiale di proprietà dello Stato. Cosa aveva ritirato il Cap.Martinelli di così tanto importante dallo Stabilimento Monetario di Stato? Per quasi sessant’anni non si è mai saputo, probabilmente perché nessuno aveva avuto interesse ad approfondire le ricerche. Il tempo trascorre, lento ma inesorabile. La guerra finalmente ha termine, e termina anche la lotta fratricida che ha insanguinato il nostro Paese, quando si sono affrontati armi in pugno giovani e meno giovani, che avevano scelto di stare da una o dall’altra parte. Con gli anni le ferite si rimarginano, i ricordi, pur se dolorosi, si affievoliscono e pian piano ci si avvia verso una pacificazione nazionale, che finalmente possa riconciliare coloro che si contrapposero in armi. Arriviamo dunque con un salto in avanti di quasi sessant’anni, al 2001, quando alla Guardia di Finanza viene affidato l’incarico di svolgere degli accertamenti su presunti comportamenti illeciti posti in essere da personale della Sezione Zecca dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. L’indagine, affidata all’allora capitano Domenico Luppino, era caratterizzata da un’ampia delega rilasciata dalla Magistratura al fine di verificare le varie ipotesi di reato. Essendo una indagine atipica, a ritroso nel tempo, che necessariamente richiedeva l’esame di documentazione anche non recente, si decise di iniziare le ricerche proprio dagli archivi della Zecca di Roma. Presso la sede storica della Zecca del Regno d’Italia, che tutti sappiamo trovarsi a Roma, Via Principe Umberto, attraverso l’ordine di esibizione della Procura della Repubblica, vennero visionati materiali e documentazione del nostro passato monetario. All’interno del Magazzino Materiale Creatore, tenuto in estremo disordine, in un angolo stavano ammucchiati alla rinfusa, decine di registri cartacei. Dopo alcuni giorni di attenta lettura, nello sfogliare un vecchio registro, vennero scoperte alcune annotazioni che datavano 1944. Subito si pensò alla storia della monetazione per la Repubblica Sociale Italiana ed effettivamente ci si rese conto che si trattava di note scritte (finalmente!), che riguardavano la consegna di materiali da destinarsi ad Aosta. Ma qual’era il materiale richiesto dai militari della R.S.I.? Dopo quasi sessant’anni dunque, altri militari, stavolta quelli della Guardia di Finanza, nell’esaminare la vecchia documentazione dimenticata in un angolo del Magazzino Materiale di Incisione, rinvennero, all’interno di un vecchio “Registro Materiale”, alla data del 13.04.1944, l’annotazione seguente: · Punzone orig. D2 R1 Cent.10 acmonital; · Matrici D1 R1 “ “ ; · Punzone Riproduttore D1 R1 Cent. 20 acmonital; · Punzone Riproduttore D1 R1 Cent. 50 acmonital; Consegnati al Sig.Martinelli per il trasferimento ad Aosta (vedi verbale del 13.04.1944): · nr.2 punzoni originali Diritto e nr.1 punzone originale Rovescio dei centesimi 10 in acmonital; nr.1 matrice Diritto e nr.1 matrice Rovescio dei centesimi 10 in acmonital; nr.1 punzone riproduttore Diritto e nr.1 punzone riproduttore Rovescio dei centesimi 20 in acmonital; nr.1 punzone riproduttore Diritto e nr.1 punzone riproduttore Rovescio dei centesimi 50 in acmonital; Della consegna sarebbe stato redatto un verbale , il nr.5 del 13.04.1944, non rinvenuto, relativo al trasferimento del materiale ad Aosta. Il Sig.Martinelli potrebbe identificarsi nel Cap.Pietro MARTINELLI, destinato poi a diventare il Questore di Aosta nella Repubblica Sociale Italiana. Nessun altra notizia risultava, anzi, il registro si concludeva bruscamente con un tratto di penna orizzontale, come a voler mettere definitivamente la parola fine ad un periodo travagliato. Per gli investigatori, l’unica cosa ormai da fare era quella di acquisire in copia conforme tutti i registri rinvenuti (ma che fine faranno poi gli originali?), al fine di acquisire agli atti ogni elemento utile per la prosecuzione delle indagini e, perché no, a illuminare un periodo oscuro della nostra storia recente. Nelle figure: Documento relativo ai punzoni e alle matrici destinate alla Zecca di Aosta nell’Aprile del 1944. E così il cerchio pareva chiudersi. Tutto il materiale creatore relativo alla moneta da centesimi 10 in acmonital, e non solo quella, come avremo modo di vedere, era stato effettivamente prelevato per essere trasferito ad Aosta. Evidente ormai che si trattava di manufatti realizzati a Roma, in previsione di una nuova monetazione per Vittorio Emanuele III, prima della caduta del Fascismo. Ci sono però, alcuni punti ancora da chiarire. Ad esempio, quando il Professor Traina afferma che 20 esemplari dei 32 coniati “…s’ignora dove siano finiti…” : non di tutti, ma almeno di quelli che ogni tanto appaiono in aste pubbliche si potrebbe quantomeno tentare di risalire alla provenienza, che non può essere altro che di origine furtiva, essendo state queste monete, teoricamente, di proprietà dell’allora Direzione Generale del Tesoro di Brescia, oppure potrebbero fare parte di quella partita di dieci esemplari che avrebbero dovuto essere deformati al loro rientro a Roma. Forse troppo frettolosamente si è voluto chiudere la vicenda affermando che questi esemplari andarono perduti nel corso delle vicende belliche. Sappiamo però che tutti i pezzi presenti sul mercato appartengono allo Stato Italiano e che dunque la loro commercializzazione appare alquanto discutibile. Del resto, dopo la guerra, tutti gli enti (Banca d’Italia in testa), si sono prodigati per recuperare il maltolto, ma anche in questo caso la numismatica ha fatto la parte della cenerentola e lo Stato Italiano ha omesso, colpevolmente, di interessarsene, consentendo così il commercio d molti esemplari metallici che oggi dovrebbero essere custoditi presso il Museo della Zecca. Altro particolare che dovremmo riconsiderare è quello che riguarda i due esemplari presenti al Museo della Zecca (cartellino nr.175, Zecca di Aosta). La corrente di pensiero prevalente concorda nel ritenere che questi due esemplari siano i superstiti dei 12 tornati a Roma (dieci vennero deformati, ma non esistono verbali in tal senso). Sorge però spontaneo un dubbio: è mai possibile che presso la Zecca di Roma, che possedeva il materiale creatore già prima dell’Aprile del 1944, non siano state effettuate delle battiture della moneta, quanto meno per verificare l’idoneità dei conii e del loro impatto sull’acmonital? Francamente pare impossibile. Probabile dunque, che la zecca abbia effettuato qualche battitura, che potrebbe anche essere stata consegnata agli emissari della RSI che ritirarono, quel 13 aprile del 1944, il materiale creatore. Purtroppo non è più reperibile il verbale nr.5 redatto quel giorno. Sappiamo per certo che l’eventuale consegna di monete non poteva risultare dal registro dal quale sono stati estrapolati i frammenti che testimoniano l’avvenuto ritiro del materiale creatore, perché, tassativamente, in quell’ambiente blindato non potevano e non possono, ancora oggi, essere custodite monete o tondelli vergini o quant’altro. Potrebbe dunque darsi che gli esemplari oggi noti vennero battuti a Roma, consegnati al Capitano Martinelli, a corredo del materiale prelevato, e quindi ritornati a Roma nel dopoguerra, ad eccezione degli esemplari andati perduti. Ma rimaniamo comunque nel campo delle ipotesi. Il Cartellino nr.175 presente al Museo della Zecca, di per sé non sembra sufficiente per poter affermare con certezza che quelle monete vennero effettivamente battute ad Aosta. Chi lo compilò (ma perché nel dopoguerra non si sono interpellate le persone che si occuparono in prima persona della vicenda?), può aver erroneamente inventariato il materiale che stava rientrando appunto dalla cittadina di Aosta. Alberto Santamaria nel suo articolo fa cenno alle notizie fornite di prima mano dal compianto Professor Pietro Giampaoli e dal Tenente Colonnello Lauria, quest’ultimo Direttore della Sezione Zecca di Aosta in quel travagliato periodo, scrivendo che “…ci mostrò anche le copie di alcuni ordinativi passati alla Cogne dalla Zecca di Aosta…”. Viene da chiedersi il perché il Tenente Colonnello Lauria detenesse quel materiale cartaceo (siamo poi sicuri che fossero copie? Stiamo parlando degli anni quaranta del secolo scorso...), oggi andato irrimediabilmente perduto. In figura: lettera del Direttore della Zecca nella quale si conferma la dizione “Zecca di Aosta” nel cartellino identificativo dei due esemplari da centesimi 10 del 1943 in acmonital presenti al Museo della Zecca. Per concludere, desideriamo ricordare che, quando il governo della Repubblica Sociale Italiana, con decreto ministeriale del 01.05.1944 XXII nr.422, a firma del Ministro Pellegrini, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nr.171 del 24 Luglio 1944 ([1]), dispose che la Zecca nazionale aprisse una sezione staccata ad Aosta, presso la Società Nazionale Cogne (dove era stato messo a punto il procedimento per la fabbricazione di acciaio ([2]), per la realizzazione di monete), andò a stabilirsi ad Aosta anche l’incisore capo Pietro Giampaoli, rimanendovi per circa un anno ([3]). In questo tormentato periodo l’artista effettuò studi di coni monetali, incisioni, fusioni, esperimenti con nuove leghe ecc. ([1]) “E’ istituita ad Aosta presso la Società Nazionale Cogne una sezione staccata della Zecca di Roma con il compito di stampaggio di monete da 50 e 20 centesimi del tipo Costituzione Impero per assicurare al Nord Italia i bisogni monetari della popolazione.”. ([2]) Acmonital: lega di ferro, cromo e nichelio. ([3]) L’articolo 3 del DM del 1 maggio 1944 XXII nr.422 precisava che il personale sarebbe stato fornito dalla Società Nazionale Cogne per quanto riguarda gli operai mentre dalla Direzione Generale del Tesoro sarebbero stati inviati ad Aosta tecnici ed incisori.5 punti
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Oggi vi propongo questa interessante monetina , trovata in una ciotola a 0.50 cent . Presa giusto per sfizio , non avendo mai visto una 10 lire conciata cosi. Si tratta di un artefatto , forse starebbe bene nella sezione " Museo degli orrori " chissà chi si è impegnato cosi tanto a rovinare questa moneta 🤷♂️😂4 punti
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Se bevevano!Nella toponomastica cittadina sono molti i riferimenti al vino, come Calle Malvasia, la riva del vin lungo Canal Grande nei pressi di Rialto e l’isola delle Vignole; ma anche chiese, come San Francesco della Vigna. Quanto ne avrebbero acquistato a Malvasia di malvasia con un tornesello coniato a Venezia?!?Meno o più che a Venezia? Meglio la Dorona della Malvasia che a costa anca manco e vien da Masorbo! No non credo si sarebbe offeso per quello, forse sull'osservazione per l'errore compiuto! Ostrega quanti gavemo da bater de sti tornesel! Un mucio! Xe fadiga agra! Una doppia battitura o altri errori ci stanno proprio. Come mi piacciono questi errori! Che ti avvicinano ancora di più all'uomo antico e alla sua quotidianità. Vicinanza che la produzione moderna con le macchine rende invece molto meno diretta...certo altre erano le magagne! Ma il vino certo era meglio dell'acqua 😉3 punti
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Nella zecca di Alessandria tra il 317 e il 324 periodo in cui ha coniato monete per Licinio II sono in funzione due officine contrassegnate dalle lettare A e B. Esclusa la A, perchè, nonostante la frattura, l'ultima lettera dell'esergo non corrisponde, a mio avviso, alle altre A, non resta che la B, come ipotesi per la tua moneta. Arka # slow numismatics2 punti
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Ciao! Parole sante .... anche perché di acqua da bere, a Venezia, ce n'era poca e in minor misura del vino. L'acqua era un elemento raro, spesso di cattivo gusto, inquinata dall'acqua salata o infetta. Per una informazione più completa, leggete questo post: saluti luciano2 punti
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Forse da Gortyna in Creta, un esemplare, stimato RRR, di tridrammo al nome di Caligola, con al diritto testa dell' imperatore con scettro ed al rovescio figura di Augusto su sedia curule, contornato da stelle . Sarà il 15 Ottobre in vendita Gorny&Mosch 306 al n. 351 .2 punti
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Passiamo alla seconda moneta. Peso 4,16 grammi Diametro 24,3 / 24,7 io ho identificato la moneta come, 1 cash del 1621/1627 https://en.numista.com/catalogue/pieces222405.html ma ho dei dubbi in merito al colore Per la terza moneta Peso 7,87 grammi Diametro 27,4 / 27,6 io ho identificato la moneta come, 2 cash del 1208/1220 https://it.numista.com/catalogue/pieces167470.html1 punto
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Confermo RENGNI Pulizia effettuata da "specialisti " del punteruolo e spazzola d'acciaio.1 punto
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E' indubbio che siamo in presenza di un lavoretto degno di un artista della mi..... moneta!1 punto
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Odjob, ti ringrazio per l’intervento e per l’interessamento. Ho sempre piacere quando si esprimono dei pareri e da me sono sempre bene accetti e presi nella massima considerazione. Tanto è vero, che oggi sono tornato a colloquiare con la Nomisma. Non dovrebbero assolutamente sussistere problemi di cancro del bronzo. Non posso non esserne convinto, visto che loro hanno la moneta fra le mani. Per cui, penso che non ci siano motivi per dovere intervenire. In ogni modo, sono sempre stato attento a non fare pasticciate, con il rischio di causare danni maggiori e irreparabili. Ma i tuoi suggerimenti sono più che opportuni, perché il collezionista spesso è tentato di rimediare alla ben meglio. Ti ringrazio. Un caro saluto.1 punto
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Bella presa, carina! o a trasformare con un discreto sforzo e precisione una monetina in una piccola opera d'arte (=neutrale, non deve piacere per forza a tutti) ed è questa, secondo me, la differenza tra uno "sfregiatore" ed un "mutatore". Njk1 punto
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Non mi sembra circolata... c'è un pò di perdità di lustro sulla guancia e sull'ala a ds al rovescio. Inoltre si aggiungono questi graffi ben visibili. Per me sta sullo SpL. Saluti...Ronak1 punto
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Mi sembra che il lustro sia "onnipresente" .. quindi potrebbe benissimo essere un FdC. Poi il tondello mi pare sia di 2ª classe, quindi credo che tutte quelle imperfezioni al bordo non sono legate alla circolazione della moneta, ma alla produzione dei tondelli. Non scendere sicuramente sotto l'SpL-FdC... quindi complimenti per la moneta! Ronak1 punto
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È giusto allora abbassare la conservazione per il dritto. Ronak1 punto
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Grazie per la risposta , anche io avevo pensato intorno allo spl punto piu, punto meno. La tua sicuramente è superiore alla mia, bella moneta 👍1 punto
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Con aggiunta di "macro" + autoscatto. La fonte di luce non deve essere peró diretta e sparata sull' oggetto, cosí da evitar riflessi ecc. Se "alzi il tiro" con la lampada, vedrai che esce meglio la foto. Bravo1 punto
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più che un genio ci vorrebbe un mago o qualcuno con la sfera magica...😅 Bradi, prova così: Saluti...Ronak1 punto
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Mai visto un lustro simile su dei BB... per me sta sopra l'Spl: Forse un quarto di grado in più al rovescio (SpL+) per la quasi totale assenza di graffi. Molto bella come come moneta. Allego la mia per confronto:1 punto
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[Nè al di qua, nè al di là] Alessandro VII (1655-1667) Testone - Munt. Manca; CNI 20 AG (g 9,59) R Variante con punto all'inizio e alla fine della leggenda al R/.1 punto
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Buongiorno. Moneta molto bella e gradevole. Lustro abbondante. A giudicare dalle fotografie io mi spingerei allo Spl+1 punto
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Ciao Ale, mi sembra un esemplare decisamente gradevole. Il lustro si percepisce (dalla foto) in prossimità dei rilievi. Piccolissima tacchetta sul rilievo del ciglio al dritto a h. 9 circa, in corrispondenza della S di victoriuS. Dalle foto siamo sul bello spl per me.1 punto
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Premesso che tutto ciò che ho scritto va letto il forma dubitativa. Posso solo aggiungere che quello dei pesi monetali è un Mare Magno, con numerosissime opzioni ,se invece si trattasse di un peso di bilancino ,non necessariamente potrebbe essere legato all' ambito monetale .1 punto
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Buon giorno. A me sembrano fotografie bruttine di una bella moneta. Scherzi a parte per quel poco che vedo, e cioè, le cifre del valore quelle della data e , mi sembra, la mano che porta la fiaccola, a me sembra in alta conservazione. Servirebbero foto migliori in particolare della spiga e della chioma sopra gli occhi della mano che porta la fiaccola. Cordiali saluti. Gabriella1 punto
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Eh, magari... Le foto che presenti sono sfuocate e di difficile lettura, comunque concordo con chi parla di riproduzione. Il peso è veramente eccessivo, secondo il Regio Decreto n° 1916 dell'8 settembre 1927 la tolleranza indicata per il 20 Lire "littore" va da 14,925 a 15,075 (± 75 mg.) per un peso "ufficiale di 15,000 g. Nel millesimo 1928 è acclarato anche qualche piccolo difetto nel perlinatura, ma nella tua moneta - per quello che riesco a vedere - i difetti sono eccessivi. Posto per confronto una moneta auyentica in buona conservazione dove potrai divertirti a cercare altre differenze:1 punto
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Informo a tutti quanti di aver aperto le danze della Serenissima Buona lettura. Giorni di studio, di discussioni, di considerazione, di dubbi, non è stato facile, ma bisogna farlo. PER NOI E PER I FUTURI AMANTI DELLA SERENISSIMA Fabry.1 punto
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Non direi. Cosa ne sai della situazione dei lavoratori di zecca? Il vino era la sostanza più energetica all'epoca con meno costo.. e non é un detto casuale che i veneziani bevano...1 punto
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Molto bello,la decorazione a cerchietti viene definita "ad occhi di dado", se fosse stato rinvenuto nel nord Italia avrei detto longobardo ,altrimenti direi bizantino o genericamente altomedievale. Sembra aver ricevuto una serie di colpi sulla superficie decorata, forse una defunzionalizzazione legata alla sfera funebre ? Sicuramente un peso monetale o da bilancino.1 punto
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Certo è che nella sezione identificazioni ho visto monete messe peggio di questo sasso1 punto
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DE GREGE EPICURI @CremuzioE' vero, avevo dimenticato la T sotto Giano. @RufiliusNon so se lo schema dei nummulari sia quello di Crawford, comunque anche lui aveva ricostruito uno schema del genere. Mi pare che l'ipotesi prevalente sia che il singolo segno rappresenti la "firma" di un certo nummulario, e non abbia quindi un altro significato. Ma i nummulari saggiavano l'argento, mentre qui si tratta di bronzo, ed è difficile immaginare un parallelismo.1 punto
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Se può essere utile come riferimento inserisco qui sotto la tabella dei simboli nummulari che avevo salvato da un post precedente dove qualcuno gentilmente l'aveva inserita, non riesco sul momento a ritrovare il post in questione che ricordo aveva anche alcuni interessanti spunti su contromarche/simboli/punzonature quindi al momento ho solo l'immagine: In riferimento alla tua moneta così al volo mi pare di riconoscere la T e anche le famose righe I, vedo anche però le C e la S e quella che pare vagamente una mezzaluna?1 punto
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https://www.ebay.it/itm/126307669958?mkevt=1&mkcid=1&mkrid=724-53478-19255-0&campid=5338722076&customid=&toolid=100501 punto
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Giusto. Io non sono umile quando dalla scrivania scorro lo sguardo sui libri dei ripiani attorno a me. Sono superbo. Non sono umile quando guardo la mia collezione di monete e so che ho esemplari che pochi hanno e alcuni che nessuno ha; monete che sono riuscito ad acquisire perchè io le ho individuate e gli altri no. Sono superbo ed orgoglioso. Non sono umile se penso alla mia cultura e allo studio che mi ha permesso di acquisirla, No no , un numismatico non può essere umile. Nessun collezionista può esserlo, perchè sarà sempre orgoglioso di avere interessi e conoscenze (e cose) che altri non hanno.1 punto
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Sono rari. Una manciata è stata venduta, stranamente soprattutto da CNG. Quelli che ho visto sono tutti stateri, non piccoli come i tuoi. Questo è quello che ho. Mi scuso per il riferimento piuttosto vecchio! La mia foto è scomparsa....1 punto
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Carissimi amici e colleghi, siamo ormai al crepuscolo dell'estate e già si avverte quella fragranza briosa tipica delle prime aste autunnali. A pochi giorni dal genetliaco del Napoleone, ho il piacere di mostrarvi una lira del Regno d'Italia. Pur trattandosi di una moneta relativamente comune, non è affatto semplice da reperire in alta conservazione, con i rilievi integri ed un lustro ancora ben intatto. Piccola nota dolente quei leggeri hairlines che si possono osservare al dritto. Ad ogni modo, è un esemplare che, pur con le sue piccole imperfezioni, mi soddisfa. Mi auguro che sia di vostro gradimento.1 punto
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Aggiungo delle foto scattate sfruttando la luce del sole, anziché quella artificiale del lampadario.1 punto
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Mi attira l'idea di scoprire dove abiti e venire a darti la giusta punizione che meriti per una pensata del genere, cioè di essere gentilmente adagiato IN GINOCCHIO SUI CECI ed essere costretto a recitare PER ALMENO 5 ORE la seguente preghiera sotto minaccia di vergate ad ogni interruzione imprevista: DIO DENARO NOSTRO! MISERO PECCATOR CONFIDA NELL'IMMENSA MISERICORDIA MAI LATENTE NELLA SPERANZA NELL'UMANITA' CHE DIRIGE A CATASTROFI E SOFFERENZA ANDANTE CHIEDO PERDONO A TE, O DIVINO ONNIPOTENTE NELLA FORMA SCUDO HERCULES DEL BELGIO, 500 CARAVELLE E 1000 ROMA CAPITALE E OGN'ALTRA FORMA TU POSSA AVER DEL CAPITALE SUPPLICO QUINDI LA SALVEZZA PER L'ANIMA MIA NERA CHE PURIFICAR TU POSSA ARDENTEMENTE SPERA O DENARO, PERDONAMI!1 punto
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Il francobollo da 1,25 in tuo possesso con la soprastampa Somalia Italiana avrebbe dovuto avere i colori cambiati, infatti sarebbe dovuto essere azzurro scuro, ed invece e' "oltremare" cioe' azzurro chiaro come puoi vedere. Questo per trasformare magicamente un francobollo da 8€ in un francobollo da 50€. Quindi e' sbagliato il colore per l'emissione della colonia Somalia. Da questo ed altri particolari che ti ho illustrato deduco che sono falsi gli annulli di tutti e tre, sempre fatti di proposito per aumentarne il valore. Ora, io non pretendo che il mio giudizio sia il Vangelo, ci mancherebbe altro. Il valore di questi falsi e' completamente irrilevante.1 punto
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Qualche tempo fa ho acquistato dal venditore “Sondermann Numismatics” due monete. Ecco la prima: D/: IMP C VICTORINVS P F AVG: Busto di Vittorino, radiato, drappeggiato e corazzato, a destra. R/: PAX AVG: La Pax stante a sinistra, con un ramoscello nella mano destra e uno scettro trasversale nella sinistra; V/ star nei campi ESERGO: - Questa la seconda: D/ IMP CC VAL DIOCLETIANVS P F AVG: Busto di Diocleziano, radiato, drappeggiato e corazzato, a destra R/ CONCORDIA MILI-TVM: Diocleziano, stante a sinistra in abiti militari, mentre riceve una piccola Vittoria su globo da Giove stante a sinistra appoggiato ad uno scettro; H al centro del rovescio ESERGO/ XXI Si trattava di due esemplari senza particolari pretese di rarità, tutto sommato gradevoli, ma con una particolarità: erano accompagnati dai loro vecchi cartellini di catalogazione. Ed eccoli questi cartellini, piccoli da stare dentro le caselle di un vassoio. Dalla descrizione del venditore, le monete risultavano provenire dalla “Ex Grohs-Fligély collection, 1875-1962”. Quindi le monete facevano parte della collezione di un certo Grosh-Fligèly, nato nel 1875 e morto nel 1962. Per ora fermiamoci qua. Trovo interessanti questi cartellini che fanno trasparire una certa conoscenza della numismatica romana imperiale. Nel cartellino di Diocleziano è indicata la corrispondente classificazione del Cohen (e mi sembra anche correttamente). L'opera del Cohen "The description historique des monnaies frappées sous l'Empire Romain" uscì con il primo volume del 1859 e fu completata nel 1868. Il RIC (The Roman Imperial Coinage) iniziò ad essere pubblicato nel 1923 ed il volume V (che tocca il periodo in cui cadono le due monete) è del 1927. E' probabile che il nostro avesse dimestichezza soprattutto con il Cohen che però, come sappiamo, ha i suoi limiti in quanto ha fonti poco attendibili ed ha una valenza per lo più antiquaria. A maggior ragione per i "gallici" che erano davvero poco conosciuti (su di essi anche il RIC zoppica molto). Alla luce di ciò, interessante che avesse in collezione proprio un Vittorino. Gli perdoniamo, pertanto, sia il lapsus calami (Diocleianus anziché Diocletianus) sia l'errore nella collocazione cronologica di Vittorino. Al di là di tutto ciò, inoltre, anche la qualità delle monete non e' poi male, no? A questo punto la domanda sorge spontanea, come si suol dire: ma chi sarà mai stato questo Grohs-Fligély? Che tipo di collezione era? E’ partita così una mia piccola indagine numismatica senza grosse pretese, ma animata dalla volontà di cercare di capire a chi fossero appartenute le monete prima di finire nelle mie mani. Quindi ho iniziato qualche ricerca ed ecco a cosa sono giunto. La storia comincia dai due fratelli Adolf ed August (nati rispettivamente nel 1808 e 1810) appartenenti alla nobile famiglia austriaca dei Fligély. Dei due il più famoso era August che era un ufficiale, un cartografo ed un feldmaresciallo austriaco. August si era sposato tardi in età ed il suo matrimonio era stato senza figli. Di Adolf sappiamo molto meno, se non che morì di tifo e che, prima di morire, ebbe una figlia di nome Emilie. Tuttavia, allora, ciò che contava nelle famiglie nobili era avere un erede maschio che portasse il nome di famiglia. E questo arrivò quando Emilie sposò un noto farmacista di nome Anton Grohs al quale passò, con solenne dichiarazione, la nobiltà, lo stemma ed il nome dei Fligély. Da allora, la famiglia avrebbe avuto il doppio nome di Grohs-Fligély. Anton Grohs, inizialmente, era stato avviato dalla famiglia al sacerdozio, ma dopo due anni di studio in seminario capì che quella non era la vita che faceva per lui; lui voleva studiare farmacia, campo al quale si era avvicinato grazie alla amicizia con alcuni giovani medici. E così, dopo essersi guadagnato da vivere prima lavorando in una birreria e poi in un conceria, finalmente divenne farmacista lavorando in diverse farmacie di Vienna. Di indole curiosa e animato da spirito innovativo, inventò e allestì preparazioni di gelatina utilizzata per la prodizione di capsule, compresse, confetti e supposte divenendo famoso nel suo campo tanto che, nel 1870, ricevette la concessione per gestire una grossa farmacia di Vienna, l’Apoteke zur Austria in Wahringstrasse 18 e che e’ esistente ancora oggi: Anton ebbe cinque figli, quattro femmine ed un maschio; il maschio era August, nato nel 1875: e’ proprio il nostro collezionista. Con la morte di Anton, la farmacia fu inizialmente gestita insieme da tutti i componenti della famiglia, anche se l’unico farmacista era proprio August, come sembrerebbe testimoniato da questi strani annunci trovati in rete in parte in tedesco (grassetto) ed in parte (credo) in ungherese (sarebbe interessante se qualcuno potesse tradurli bene: io ci ho provato, ma mi sono perso subito): Interessante, in particolare, questo secondo annuncio. Ipotizzo possa indicare una sorta di un preparato galenico brevettato (zäpfchen ho visto che vuol dire “supposte”), ma anche qui sarebbe utile una traduzione ad hoc. Ciò porterebbe August sulla linea del padre Anton, al punto da essere riconosciuto nel 1913 “reale fornitore” degli Asburgo. August Grohs-Fligély e’ morto nel 1962: Quindi abbiamo identificato il collezionista, ma purtroppo non sappiamo molto di più della sua collezione. Ho provato quindi a scrivere a Sondermann. Ecco la sua risposta: Hello, Sorry, I don't have much Information about Grohs-Fligely. He was an Apothecary in Vienna, Austria. His collection was auctioned by Dorotheum in June 2020. That's all I know about him. Best regards, Sebastian Sondermann Quindi la sua collezione è stata venduta all’asta da Dorotheum nel giugno 2020. La sensazione è che la collezione dovesse essere piuttosto cospicua, magari non solo di monete romane. Del resto, la disponibilità economica doveva averla. Ieri ho provato a scrivere a Dorotheum; attendo la risposta; vi terrò aggiornati. Qui finisce questa piccola ricerca. Spero di non avervi annoiato. Io mi sono divertito e, per di più, ho ricostruito alcuni passaggi precedenti delle mie due monete, cosa che rappresenta (a mio avviso) un valore aggiunto per i pezzi in collezione. Infine, abbiamo conosciuto un po' questo farmacista austriaco con la passione per le monete (solo romane?). E voi sapete qualcosa in più su questa collezione? Avete qualche esemplare che ne ha fatto parte? Chiudo con un ringraziamento particolare all'amico e collega Curatore @grigioviola. Un saluto a tutti voi da Stilicho1 punto
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Gens Trebania La Gens Trebania o Trebana era un' oscura famiglia plebea dell' antica Roma . Solo pochissimi membri di questa Gens sono noti , principalmente dalle iscrizioni . Trebanius sembra derivare dalla città di Treba in Sabinum , vicino al confine con il Lazio . Lucio Trebanio , fu Triumviro monetale ad un certo punto tra il 135 e il 126 a.C. circa . Le sue monete presentano una testa di Roma sul dritto , mentre il rovescio raffigura Giove che guida una quadriga . Emissione molto semplice che denota la mancanza di antenati illustri . Alcuni Trebanii : Gaio Trebanio Rufo , così chiamato in un' iscrizione in bronzo da Neapolis . Publio Trebano Salistiano , sepolto a Trebula Mutusca , all' età di trent' anni , in una tomba del I secolo costruita dalla moglie , Ulpia Sabina . Trebula Mutusca , presunta citta’ di origine della Gens , era un' antica città dei Sabini , una delle due che portano il nome di Trebula , Plinio è l' unico autore che menziona entrambi i luoghi : Trebulani qui cognominantur Mutuscaei , et qui Suffenates . Il suo sito è chiaramente fissato a Monteleone Sabino , un paese a circa 3 km sulla destra della via Salaria , tra Osteria Nuova e Poggio San Lorenzo . Ci sono notevoli rovine qui tra cui quelle di un teatro , di terme o bagni e porzioni dell' antico marciapiede . Qui sono state trovate anche diverse iscrizioni , alcune delle quali portano il nome del suo popolo , Plebs Trebulana , Trebulani Mutuscani e Trebulani Mut., in modo che non possa rimanere alcun dubbio sulla loro attribuzione . Un’ altra alternativa circa la provenienza della Gens Trebania potrebbe essere l’ attuale Trevi nel Lazio , un antichissimo oppidum degli Equi , In epoca tardo repubblicana fu un Municipio , come attesta un' iscrizione con il primitivo nome di Treba , poi in epoca imperiale divenne Treba Augusta . Nel suo territorio aveva origine l' acquedotto dell' Acqua Marcia ; e’ ipotizzabile che la Famiglia possa provenire da qui , gli abitanti di ieri come di oggi sono chiamati Trebani e il nome della Gens Trebania potrebbe giocare a favore di questa seconda ipotesi . Lucio Trebanio , Triumviro monetale , emise questo Denario e bronzi : al D/ : testa elmata e alata della dea Roma a destra , dietro X , al R/ : L. TREBANI ROMA , Giove che lancia la folgore su quadriga al galoppo a destra Bronzo , Semisse , al D/ : testa di Saturno a destra , dietro S , al R/ : L. TREBANI ROMA , prua di nave , davanti S Seguono Trienti , Quadranti e Sestanti , con le stesse legende , simboli e divinita’ tipici di queste emissioni ll Triente e Sestante sono in disegno nel Babelon Fonte : wikipedia , rete, babelon Gens Tullia La Gens Tullia era una famiglia dell' antica Roma con rami sia patrizi che plebei . Il primo di questa Gens ad ottenere il consolato fu Manio Tullio Longo nel 500 a.C. , ma il più illustre della famiglia fu senza dubbio Marco Tullio Cicerone , statista , oratore e studioso del I secolo a.C. I primi Tullii che appaiono nella storia erano patrizi , ma tutti i Tullii menzionati in tempi successivi erano plebei , e alcuni di loro discendevano da liberti . Il nomen Tullius è un cognome patronimico , derivato dall' antico latino praenomen Tullus , probabilmente da una radice che significa sostenere , sopportare o aiutare . I Tullii della Repubblica a volte rivendicavano la discendenza da Servio Tullio , il sesto re di Roma , che secondo alcune tradizioni era figlio di Servio Tullio , un principe di Corniculum che fu ucciso in battaglia contro i Romani sotto Lucio Tarquinio Prisco , il quinto re romano . Tuttavia, gli storici romani riportano che i Tullii erano una delle famiglie nobili albane che arrivarono a Roma dopo la distruzione della loro città durante il regno di Tullo Ostilio , il terzo re di Roma . Questo probabilmente renderebbe i Tullii una delle gentes minores , le case patrizie minori della Repubblica . Il patrizio Tullio portava il cognomen Longus , alto , ma solo uno di loro appare nella storia . Le notevoli famiglie plebee portavano i cognomi Decula e Cicerone . Quest' ultima , tra le più famose dei cognomi romani appartiene ad una classe comune di cognomi derivati da oggetti familiari . Questa famiglia proveniva da Arpinum , i cui abitanti ottennero la cittadinanza romana nel 188 a.C. Plutarco riferisce che il cognome fu dato a un antenato dell' oratore, che aveva una fessura nella punta del naso a forma di cece , o cicer. All' inizio della sua carriera , Cicerone fu esortato ad adottare un cognome più propizio , ma rifiutò , affermando che avrebbe reso famoso il nome . La maggior parte degli altri cognomi trovati con i Tullii della Repubblica appartenevano a liberti , ma un certo numero della famiglia non portava cognomen . Forse il monetiere che emise il Denario conosciuto , dovrebbe essere stato Marco Tullio Decula , Console nell’ 81 a.C. , costui è stato un politico della Repubblica romana . Fu Console nell' 81 a.C. insieme al collega Gneo Cornelio Dolabella , durante il periodo della dittatura di Lucio Cornelio Silla . Per tale motivo il potere dei due Consoli fu solo nominale , dato che il potere era solo nelle mani di Silla . Denario , al D/ : testa elmata e alata della dea Roma a destra , dietro ROMA , al R/ : M. TULLI , la Vittoria su quadriga a destra tiene una palma , sopra una corona , sotto i cavalli X Fonte : Dionigi , wikipedia , babelon1 punto
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Buona giornata Discussione molto interessante che mi dà l'opportunità di descrivere una situazione diametralmente opposta a quella romana e di tutte quelle città costruite in terraferma, dove l'acqua potabile poteva essere presente sotto forma di sorgenti naturali, fiumi o rii, oppure estratta da pozzi artesiani o convogliata da acquedotti più o meno lunghi. A Venezia non c'era acqua potabile e non era disponibile in nessuno dei modi sopra citati; il diarista Marin Sanudo, intorno al 1500, scriveva correttamente che “Veniexia è in aqua et non ha aqua”; in città, fin dai suoi albori, si beveva esclusivamente acqua piovana. Già nell'alto medioevo nasceva quindi l'esigenza di raccogliere l'acqua piovana in specifiche cisterne che a Venezia assunsero il nome di "pozzi alla veneziana", denominazione che li differisce da quelli artesiani che raccolgono l'acqua da fonti sotterranee. Com'erano costruiti i pozzi alla veneziana? Innanzitutto la realizzazione era affidata alla confraternita dei “Pozzieri”, aggregata all' “Arte dei Muratori”, costituita da esperti che si tramandavano la professione di padre in figlio e che avevano l'obbligo di lavorare esclusivamente per la costruzione dei pozzi all' “uso di Venezia”; venivano privilegiate aree rialzate che non subissero l'intaccamento dell'acqua salata in caso di innalzamento del livello delle maree, in caso contrario si provvedeva artificialmente all'innalzamento dell'area prescelta; si scavavano delle vasche profonde circa 1,5 metri con delle pareti adeguatamente coibentate da uno strato di circa 50 cm di argilla; sul fondo veniva posta una pietra d'Istria sulla quale veniva costruito verticalmente la canna o sifone centrale in mattoni, che avrebbe consentito il pescaggio dell'acqua e tutto intorno si depositavano strati di ghiaia e sabbia che avrebbero filtrato e depurato l'acqua. La vasca veniva poi sigillata dalla pavimentazione e venivano predisposti dei tombini in adeguati avvallamenti che facilitassero l'adduzione dell'acqua, detti pilelli o gattoli; infine prendeva posto, sopra la colonna, la così detta “vera da pozzo”, generalmente realizzata in pietra d'Istria, rifinita con decorazioni e bassorilievi. Sezione tipo di un pozzo. Esempio di pozzo rialzato. Le “Vere da pozzo” a Venezia erano ovunque; ancora oggi se ne possono contare circa 600 pur non essendo in uso, ma alla fine della Serenissima erano circa 7.000. Per vederne di parecchi tipi, è sufficiente navigare in internet …. ce ne sono alcune estremamente pregevoli, che denotano la maestria degli scalpellini; ci sono poi le uniche due realizzate in fusione di bronzo, all'interno di palazzo Ducale Poiché il costo per la realizzazione di un pozzo era estremamente costoso, la maggior parte di questi veniva fatta realizzare da congregazioni religiose in prossimità delle loro chiese e/o all'interno dei conventi, oppure da famiglie nobili in prossimità e/o all'interno dei loro palazzi; in ogni caso la maggior parte di questi erano accessibili dall'intera popolazione, seppur in determinati orari. C'erano pure i pozzi fatti costruire da famiglie nobili e realizzati in diversi campi o campielli della città per semplice benemerenza (questi riportano scolpito sulla “vera” lo stemma della casata), nonché quelli costruiti a spese dello Stato, ma il numero di questi ultimi rappresentava circa il 10% del totale; su questi era immancabile la presenza del leone marciano, scolpito in “maestà” o “andante”, tutti, o quasi, scalpellinati dalle zelanti masnade giacobine. Per sovrintendere alla manutenzione, pulizia e controllo della salubrità del pozzo concorrevano varie istituzioni; in primis c'erano i fanti dei Provveditori alle Acque, Santità e Comun, seguivano poi i parroci ed i capicontrada, ai quali erano anche affidare le chiavi della copertura della "vera" che veniva aperta due volte al giorno: mattina e sera, al suono della “campana dei pozzi”. Intorno alla metà del 1400 ci si accorse che, comunque, la quantità d'acqua piovana non era sufficiente per dissetare i veneziani; bisognava integrare l'acqua dei pozzi con altra acqua e quindi rivolgere la ricerca in terra ferma. Questa è però tutt'altra storia, che vedrò di sviluppare prossimamente, perché Venezia è particolare e unica e quasi tutti gli aspetti che la coinvolgono, anche quelli che sembrano semplici, in verità non lo sono mai. saluti luciano1 punto
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