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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 03/11/24 in tutte le aree
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5 punti
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Il mio pensiero. Se devo essere onesto, queste monete mi destano alcune perplessità. - hanno uno stile generale molto simile (stesso venditore?) - la ritrattistica mi pare un po' approssimativa, se paragonata a quella di altri esemplari noti - le legende sono irregolari, sia come dimensioni che come forma e mi paiono a volte evanescenti. Inoltre, a proposito della moneta di sinistra, notavo che la parola CONCORDIA ha le N scritta al rovescio - non si vede bene il contorno, ma la moneta di sinistra pare abbia tipo un piccolo codolo Naturalmente, il mio e' solo il pensiero di un appassionato, espresso guardando una fotografia (quindi con tutti i limiti sia personali che formali). Un saluto. Stilicho3 punti
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Martedì 26 marzo alle ore 20:45 al CCNM (Via Kramer, 32 Milano. Citofono SEIDIPIU') si terrà una riunione informale, condotta dal Socio Tiziano Caronni, sulle contraffazioni di monete milanesi coniate dalle zecche minori lombarde e dalle zecche piemontesi dalla fine degli Sforza 1522 a Carlo II Re di Spagna 1675. Durante l'incontro si potranno vedere queste monete solitamente difficili da reperire e trovare in buone condizioni (solitamente le legende non sono visibili per il tondello ridotto), per questo chi volesse partecipare e possiede alcune di queste monete ma non riesce ad attribuirle alla zecca emittente si avrà l'occasione di catalogarle correttamente.2 punti
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Prologo 20 agosto 1570, provincia di Hizen. Gli eserciti dei due clan più potenti del nord Kyushu si stanno per scontrarsi, dando inizio alla così detta battaglia di Imayama. Da una parte abbiamo l’esercito del clan Ryuzoji, costituito da soli 5000 guerrieri comandanti dal daimyo Ryuzoji Takanobu; dalla parte opposta abbiamo la coalizione guidata dal clan Otomo, forte di 60000 guerrieri agli ordini di Otomo Chikasada, fratello del daimyo Otomo Sorin. Prima della battaglia, i guerrieri del clan Otomo iniziano a pregare, sperando nella vittoria grazie all’aiuto divino. Pregano per qualche divinità shintoista? No. Pregano pronunciando qualche mantra buddista? No! Pregano per la Vergine Maria e Gesù Cristo! Sembra una cosa strana, non trovate? Oggi spiegheremo brevemente la storia del Cristianesimo in Giappone, dalla sua diffusione fino alla caduta. 1. L’inizio del cristianesimo in Giappone Principali clan durante il periodo Sengoku La storia del cristianesimo in Giappone comincia verso la metà del XVI secolo, in pieno periodo Sengoku. A quel tempo il Sol Levante era ancora terreno di scontro tra decine e decine di clan, desiderosi di prendere il controllo di più territori possibili. Nel 1543 una nave cinese diretta verso l'isola di Okinawa fu costretta a ormeggiare nella piccola isola di Tanegashima a causa di una tempesta. A bordo della nave cinese erano presenti anche mercanti e avventurieri portoghesi, tra cui l’esploratore Fernão Mendes Pinto. La nave venne sequestrata e il signore dell'isola, Tanegashima Tokitaka, entrò in possesso di due archibugi. Capite le potenzialità di queste armi, Tokitaka affidò i due archibugi al suo armaiolo di fiducia, ma questo non riuscì a riprodurre il complesso scodellino dell'archibugio. Il problema si risolverà l'anno successivo, quando i portoghesi tornarono a Tanegashima portando un loro armaiolo che venne messo a servizio del signore dell'isola. Nacque così il tanegashima-teppo, il primo archibugio giapponese. Pinto ritornò presso le coste della Cina, e contattò diversi mercanti portoghesi che si dimostrarono molto interessati a iniziare i commerci con il Giappone. Oltre ai mercanti, nelle terre giapponesi arrivarono anche missionari di vari ordini cristiani. Il più importante fu lo spagnolo Francesco Saverio, membro della Compagnia di Gesù considerato il pioniere della diffusione del Cattolicesimo in Asia. Nel 1547 Saverio incontrò alcuni giapponesi nella penisola di Malacca, tra cui un certo Anjirò, un fuggitivo accusato di omicidio. Anjirò raccontò la sua vita, i costumi e la cultura giapponese a Saverio e gli propose di estendere l'evangelizzazione al Giappone. Anjirò fu il primo giapponese a convertirsi alla fede cristiana e assunse il nome di Paulo de Santa Fé. Nel 1549 Saverio, insieme ad Anjirò e ad altri tre missionari gesuiti, si unì alla nuova spedizione di Pinto diretta a Kagoshima, importante città situata a sud dell’isola di Kyushu. Il gesuita fu accolto amichevolmente da Shimazu Takahisa, daimyo di Satsuma e capo del potente clan Shimazu, ma l'anno successivo proibì la conversione dei suoi sudditi al cristianesimo sotto pena di morte. Per imparare la lingua e la cultura locale, Francesco fu ospitato dalla famiglia di Anjiro fino all'ottobre del 1550. Da ottobre a dicembre del 1550 risiedette a Yamaguchi, città principale della regione di Chugoku. Poco prima di Natale partì per Kyoto con l’intento di incontrare l’imperatore, ma il piano fallì a causa delle guerre che imperversavano in tutto il Giappone. Il gesuita tornò a Yamaguchi nel marzo 1551, dove il daimyo della provincia, Ouchi Yoshitaka, gli diede il permesso di predicare. In questi tre anni il numero di missionari, gesuiti e di altri ordini come quello francescano, aumentò e furono fondate diverse congregazioni cristiane in varie città e province, tra le quali spicca quella di Bungo. Tuttavia, il popolo giapponese non si convertì facilmente in quanto molte persone erano già buddiste o shintoiste. Francesco cercò di combattere la rigidità di alcuni giapponesi secondo cui un Dio che aveva creato tutto, compreso il male, non poteva essere buono. Nonostante la diversa religione, Saverio descriveva i giapponesi come brave persone, riassumendo il tutto come la razza migliore tra i pagani. Criticò invece l’omosessualità, una caratteristica molto diffusa nel Giappone feudale. Nel 1552 Francesco decise di ritornare in India, ma nello stesso anno morì nell’isola cinese di Sancian. Il corpo fu sepolto nella città coloniale portoghese di Goa. Il successo dei missionari dipendeva da vari fattori. Prima di tutto c’era una forte somiglianza tra i missionari e i monaci buddisti, in particolare per la disciplina in quanto era un punto fondamentale da entrambe le parti. Diversi giapponesi credevano di avere a che fare con una nuova filosofia di buddismo, tanto che Cristo poteva essere scambiato per Amida, nome nipponico di Amitabha Buddha. Inoltre, i nipponici ammiravano il coraggio dei missionari, uomini venuti da terre lontane che si addentravano in terre ignote. Tuttavia, il vero successo era solo per natura economica: i signori locali giapponesi più potenti ricavavano grandi profitti dal commercio con gli europei, accogliendo favorevolmente i missionari pur di non rovinarne i rapporti. Un altro fattore era quello militare, dove molti daimyo sollecitavano mercanti e missionari per nuove risorse e armi, specialmente archibugi e navi. Le conversioni ricoprivano una vasta massa di gente, dai contadini fino alle classi più nobili, come la casta dei samurai. Durante le battaglie, i samurai cristiani si gettavano nella mischia portando rosari, urlando e invocando il nome di Gesù o della Vergina Maria, con la speranza di riceverne il supporto. Furono proprio alcuni samurai cristiani a uccidere il tredicesimo shogun dello shogunato Ashikaga, Ashikaga Yoshiteru. Oltre a contadini e samurai, si convertirono al Cristianesimo anche diversi daimyo. Le due parti successive del post saranno incentrate sui signori della guerra cristiani più importanti: Omura Sumitada e Otomo Sorin. San Francesco Saverio in un dipinto di Bartolomé Esteban Murillo Il viaggio percorso 2. Breve storia di Omura Sumitada Emblema del clan Omura Omura Sumitada è uno dei daimyo più importanti e conosciuti della storia giapponese in quanto fu il primo signore feudale a convertirsi al Cristianesimo, oltre a essere il principale responsabile dell’apertura del porto di Fukae, l’odierna Nagasaki, al commercio estero. Shodomaru nacque nel 1533 da Arima Haruzumi, signore di Shimabara e capo del clan Arima, e da una figlia di Omura Sumiyoshi. All’età di cinque anni fu adottato da suo zio Omura Sumisaki. L’adozione fu una scelta strategica in quanto lo zio non aveva eredi legittimi, ma Sumisaki adottò prontamente il giovane Shodomaru grazie agli antichi legami di parentela tra il clan Arima e Omura. Al momento della sua successione, il giovane Shodomaru cambiò il nome in Omura Sumitada. Il regno iniziò in modo turbolento tra coinvolgimenti di parenti e pressioni di altri clan, ma il pericolo più grande fu l’invasione dei territori da parte del clan Ryuzoji. Sumitada doveva trovare immediatamente degli alleati. Nel 1561, in seguito all'assassinio di stranieri nella città di Hirado, i portoghesi iniziarono a cercare altri porti dove poter commerciare. In risposta alla loro ricerca, nel 1562 Sumitada offrì un rifugio sicuro nel suo dominio, dando speciali privilegi ai mercanti portoghesi nel porto di Fukae e la libertà di predicare ai gesuiti. Nel 1563, Sumitada si convertì al Cristianesimo, battezzato con il nome di Bartolomeo. Tuttavia, la conversione fu accolta molto negativamente da alcuni sudditi. La ribellione portò alla distruzione di Fukae e alla fuga di Sumitada, ma grazie all’aiuto dei portoghesi riuscì a sedare la rivolta e a stabilizzare i domini. Nel 1572 ci fu un’altra invasione da parte di Saigo Sumitaka, ma la minaccia fu definitivamente sventata nel 1574, sempre con l’ennesimo contributo dei portoghesi. Nello stesso anno Sumitada diede inizio alla repressione delle altre religioni; numerosi templi furono distrutti, e tutti gli abitanti del suo dominio furono obbligati a convertirsi al Cristianesimo o essere uccisi sul posto. Negli anni 1577 – 1578, il daimyo Ryuzoji Takanobu, il più potente della regione nord del Kyushu, prese di mira i domini di Sumitada. Preoccupato del fatto che Takanobu avrebbe cacciato gli stranieri una volta che gli Omura fossero sconfitti, Sumitada “concesse” il porto di Nagasaki ai gesuiti, mantenendo i diritti di riscuotere le tariffe doganali sulle merci che passavano attraverso il porto. Nel 1580 Sumitada si sottomise ai Ryuzoji, diventandone così vassallo. Dopo la guerra Ryuzoji – Shimazu, nel 1587 il dominio di Omura si sottomise immediatamente al potente signore della guerra Toyotomi Hideyoshi, successore di Oda Nobunaga nella riunificazione del Giappone, anche se subirono la perdita del porto commerciale di Nagasaki che passò sotto il controllo diretto di Hideyoshi. Nello stesso anno Omura Sumitada morì di tubercolosi e gli succedette il figlio Yoshiaki, anche lui cristiano battezzato con il nome di Sancho. La devozione di Sumitada al Cristianesimo venne illustrata dal gesuita Luís Fróis, che descrisse un breve episodio: mentre Omura Sumitada era in marcia per la guerra, accadde che passò per la strada come un idolo, Marishiten di nome, che è il loro dio delle battaglie. Quando lo superano, si inchinano e gli pagano la riverenza, e i pagani che sono a cavallo scendono da cavallo come segno del loro rispetto. Ora l'idolo aveva sopra un galletto. Quando il daimyo arrivò con il suo squadrone fece fermare i suoi uomini e ordinò loro di prendere l'idolo e bruciarlo insieme a tutto il tempio; e prese il galletto e gli diede un colpo con la spada, dicendo "oh quante volte mi hai tradito!" E dopo che tutto fu bruciato, fece erigere una croce molto bella nello stesso punto, e dopo che lui e i suoi uomini gli avevano prestato una profonda riverenza, continuarono la loro strada verso le guerre. Antica raffigurazione europea di Omura Sumitada 3. Breve storia di Otomo Sorin Emblema del clan Otomo Volete un daimyo che rispetti i tre principali motivi (devozionale, economico, militare) per la sua conversione al Cristianesimo? Ci sta solo un nome: Otomo Sorin. Otomo Sorin nacque nel 1530 da Otomo Yoshiaki, capo dell’omonimo clan e signore del dominio di Funai, mentre per la madre non ci sono informazioni storiche. Il progetto del padre era di disegnare come suo successore Shioichimaru, fratellastro paterno di Sorin, e aveva un piano per eliminare sia Sorin che Chikazane, il suo tutore. Tuttavia, nel 1550 l’attentato fallì e il vassallo anziano del gruppo di Sorin sollevò una ribellione. La rivolta provocò l’uccisione del padre, di Shioichimaru e di sua madre. Il giovane Sorin divenne così il ventunesimo capofamiglia del clan Otomo. Sorin fu un daimyo molto abile nella diplomazia, tanto che nel 1551 riuscì a far cessare il “secolare” scontro tra il suo clan e quello di Ouchi. Nello stesso anno, incontrò personalmente il gesuita Francesco Saverio, concedendone la libertà di predicare nei suoi domini, ma la scelta provocò una ribellione di alcuni vassalli, scatenando un vero e proprio conflitto religioso. Sedata la rivolta, la città di Funai, l’odierna Oita, divenne un porto importante simile a Nagasaki, frequentato da preti gesuiti, mercanti, banditi e pirati. Oltre a favorire le relazioni con i cristiani, tanto che lo designavano come Re di Bungo, Sorin combatté una serie di battaglie negli anni successivi, conquistando nuove province e consolidando il territorio. In questo periodo è attestato anche l’invio di delegazioni politiche alla città portoghese coloniale di Goa, in India. Nel 1557, gli Otomo iniziarono una guerra con il clan Mori, famoso per la sua potente flotta. Il conflitto fu veramente aspro, tanto che nel 1559 intervenne lo shogun Ashikaga Yoshiteru per porre fine alla disputa. Con grande abilità diplomatica, Sorin inviò un enorme donazione allo shogun, che ricompensò il signore degli Otomo con la nomina di shugo, ovvero signore provinciale ufficiale. Nel 1562, Sorin entrò nel sacerdozio e prese il secondo nome di Kyuan Sorin. Fornendo continuamente molto sostegno alla famiglia shogun Ashikaga, nel 1563 fu nominato shobanshu, una carica superiore a quella di shugo. La mediazione con lo shogunato aveva un unico scopo: ottenere maggiori vantaggi nei negoziati di riconciliazione con il clan Mori. Pensate che la pace durava così a lungo durante il periodo Sengoku? Nel 1569, il clan Mori invase un territorio vassallo di Sorin, scatenando così un nuovo conflitto. Durante la guerra, Sorin chiese ai mercanti e ai gesuiti salnitro di buona qualità, archibugi e cannoni in quanto si considerava protettore della cristianità. Si dice che sia stato proprio l’esercito di Sorin a usare per la prima volta un cannone “moderno” in Giappone. L’esercito Mori fu sconfitto nella decisiva battaglia di Tatarahama. A questo punto, Sorin controllava un grande territorio che comprendeva le province di Bungo, Chikuzen, Chikugo e la maggior parte di Buzen. Inoltre, aveva influenza sulle province di Hugo, Hizen e Iyo. Nel 1570 iniziò il declino degli Otomo, con la sconfitta nella battaglia di Imayama da parte del clan Ryuzoji. Nella battaglia perse la vita il fratello minore di Sorin, Otomo Chikasada. Nel 1576, il quarantaseienne Sorin decise di condividere il potere con il figlio Yoshimune, instaurando un governo dualistico. L’anno successivo, la coalizione guidata da Sorin contro il clan Shimazu subì una sconfitta talmente schiacciante nella battaglia di Mimi-kawa che gli Otomo persero molti vassalli e territori. Inoltre, le dispute per il potere con il figlio si facevano sempre più dure e pressanti. Nell'agosto del 1578, Sorin fu battezzato da padre João con il nome di Francesco, e inviò una lettera di avviso al re del Portogallo. Ogni giorno prima del suo battesimo, Sorin ripeteva cinquanta preghiere dell'Ave Maria (una per ogni grano della catena del rosario) e cinquanta preghiere del Signore per tre volte al giorno: mattina, mezzogiorno e sera. Oltre a favorire la diffusione del Cristianesimo e i commerci con Spagna e Portogallo, Sorin seguì anche un piano simile a quello di Omura Sumitada, con la distruzione dei templi e costringendo la popolazione dei suoi domini a unirsi alla nuova religione. Nello stesso periodo, costruì il primo ospedale generale del Giappone, una struttura specializzata nella scienza medica occidentale dove le persone del dominio potevano sottoporsi a controlli gratuiti. Nel 1582, Sorin inviò la così detta Ambasciata Tensho, la prima delegazione ufficiale giapponese in Europa. Ideata dal gesuita Alessandro Valignano e supportata dai tre daimyo cristiani Omura Sumitada, Otomo Sorin e Amira Harunobu, la spedizione era guidata dal gesuita giapponese Mancio Ito, e nel corso del viaggio in Europa incontrarono autorità importanti come il re Filippo II di Spagna, il granduca Francesco I de' Medici, papa Gregorio XIII e il suo successore papa Sisto V. A Roma Mancio Ito divenne cittadino onorario e nobile con il titolo di Cavaliere di Speron d'oro. A causa delle nuove pressioni del clan Shimazu, nel 1585 Sorin chiese aiuto a Toyotomi Hideyoshi. Hideyoshi guidò il suo esercito alla conquista della regione di Kyushu e nel 1587 sconfisse l'esercito degli Shimazu in vari luoghi. Sorin si ammalò durante la rapida inversione della situazione della guerra e morì di malattia, probabilmente tifo, a Tsukumi, nella provincia di Bungo, poco prima della resa del clan Shimazu. Ritratto di Otomo Sorin in una stampa d'epoca Dipinto del 1665 che raffigura l'incontro tra l'ambasciata giapponese e Papa Gregorio XIII 4. Ascesa e declino del Cristianesimo in Giappone L’avanzare del Cristianesimo in Giappone fu lento ma progressivo, specialmente nella regione del nord Kyushu. Una bozza del 1582 scritta dal gesuita Alessandro Valignano stimava circa 200 chiese e 150000 adepti, fino ad arrivare a quasi 300000 alla fine del XVI secolo secondo stime di alcuni storici. Dalla metà del periodo Sengoku fino agli inizi del periodo Edo, la percezione del Cristianesimo cambiò sempre di più sotto l’influenza dei tre grandi unificatori del Giappone: Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu. Nobunaga favorì il Cristianesimo per i vantaggi economici e militari, ma soprattutto vide la nuova religione come uno strumento utile per combattere il fanatismo buddista, considerato un ostacolo per i suoi piani di conquista. Alcuni monaci erano interessati al Cristianesimo, mentre quelli dei templi principali, considerati lo zoccolo duro del buddismo giapponese, percepivano la nuova religione come una minaccia. Le dispute si fecero sempre più dure e violente, tanto che i monaci cacciarono via i cristiani dalla capitale Kyoto, costringendoli a trovare rifugio nella città autonoma di Sakai. Il gesuita portoghese Luís Fróis non si arrese e decise di tornare a Kyoto per parlare direttamente con Oda Nobunaga, spiegandogli le sue ragioni. Quale migliore occasione per dare uno scacco matto ai buddisti della capitale? Così Kyoto divenne un terreno fertile per il Cristianesimo. Inizialmente Toyotomi Hideyoshi seguì una politica di tolleranza simile a quella applicata dal suo predecessore, tanto che durante i suoi primi anni di regno alcune città erano governate direttamente dai gesuiti. Ben presto le cose cambiarono. La frequente paranoia che colpiva Hideyoshi iniziò a entrare in gioco: daimyo e generali che si convertono? Adepti che chiamano Signore la loro figura divina? Vogliono instaurare un altro potere! Inoltre, la rivalità tra missionari spagnoli e portoghesi faceva presagire a Hideyoshi un ipotetico futuro scontro tra Spagna e Portogallo, nella quale il Giappone poteva essere terreno di scontro. In aggiunta, le dispute tra cristiani e buddisti si fecero sempre più violente, minando la stabilità del regno. La goccia che fece traboccare il vaso? La scoperta di traffici di schiavi giapponesi da parte di alcuni mercanti portoghesi. Nel 1587, Hideyoshi bandì i missionari dal Giappone e applicò maggiori controlli verso i signori feudali cristiani, mantenendo però le relazioni commerciali con gli europei. Tuttavia, il decreto non fu mai applicato del tutto, e diversi missionari continuarono a praticare la loro predicazione. Con il passare degli anni, l’atteggiamento anticristiano di Hideyoshi cresceva sempre di più, fino a esplodere nel 1593 con l’arrivo in massa dei francescani, più autoritari e intolleranti verso le altre religioni. Alla fine del 1596, Hideyoshi diede inizio alle prime persecuzioni e ordinò ai governatori da lui dipendenti di arrestare tutti i religiosi cristiani. Nella capitale Kyoto furono catturati ventisei cristiani: 6 francescani di origine spagnola o portoghese, 3 gesuiti e 17 terziari francescani giapponesi. I prigionieri furono portati in una piazza, dove subirono il taglio di un pezzo dell’orecchio sinistro. Per intimorire tutti i giapponesi cristiani e scoraggiare altre conversioni, Hideyoshi fece marciare i ventisei da Kyoto a Nagasaki, la città dove era presente la maggiore comunità cattolica. I condannati arrivarono nella città portuale dopo 30 giorni e circa 600 chilometri di estenuanti fatiche. Il 5 febbraio del 1597, i ventisei furono portati alla collina Nishizaka, pronti per la crocifissione. La morte doveva avvenire come quella del loro Signore. Dopo averli fatti soffrire per molto tempo, tutti i Ventisei martiri del Giappone furono finiti mediante un colpo di lancia, ricavato da canne di bambù, sul costato. L’ammonimento funzionò e diversi missionari, tra cui Alessandro Valignano, fuggirono dal Giappone. Agli inizi anche Tokugawa Ieyasu era favorevole verso i cristiani, dando libertà nei suoi domini, ma con l’inizio del nuovo shogunato Tokugawa, che coincide con l’avvio del lungo periodo Edo, Ieyasu applicò politiche restrittive e persecutorie simili a quelle del suo predecessore Hideyoshi. Durante il 1613 iniziò una nuova campagna di persecuzione, che culminarono con il martirio di Kyoto. Nel 1614, Ieyasu bandì definitivamente il Cristianesimo dal Giappone tramite un editto, definendola dottrina perversa. Il 14 maggio dello stesso anno si svolse l’ultima processione per le strade di Nagasaki, che toccò sette delle undici chiese della città, tutte successivamente demolite. Da allora, i cristiani continuarono a professare la loro fede nella clandestinità: iniziava così l’era dei kakure kirishitan, ovvero cristiani nascosti. Gli adepti celebravano i loro riti in alcune stanze segrete all'interno delle loro abitazioni private. Nel corso del tempo le raffigurazioni sacre venivano trasformate in statuette che assomigliavano a quelle tradizionali di Buddha o di altre divinità. Le preghiere furono scritte per sembrare dei canti buddisti, mentre la Bibbia e i testi liturgici furono trasmessi oralmente. Con il secondo shogun Tokugawa Hidetada, le persecuzioni aumentarono di portata e brutalità, specialmente verso i giapponesi convertiti. Nel 1619 quasi 60 fedeli vennero condannati al rogo, tre anni dopo 55 vennero giustiziati nel cosiddetto Grande martirio di Nagasaki. Nel 1625 venne inaugurata la pratica dei yefumi, tavolette di legno con le icone di Gesù o della Vergine che si dovevano profanare calpestandole come prova di abiura del cristianesimo da parte dei condannati. Chi si rifiutava di farlo veniva torturato e ucciso. I metodi furono brutali: cavamento degli occhi, bambini malmenati davanti ai loro genitori, crocifissioni, roghi o ebollizioni da vivo, decapitazioni e tsurushi, una pratica altamente utilizzata dove il malcapitato veniva appeso a testa in giù in una fossa piena di escrementi, con un taglio sulla tempia in modo che il sangue potesse defluire e non morisse rapidamente. Con il terzo shogun Tokugawa Iemitsu, il malcontento verso gli occidentali aumentò in modo vertiginoso e le persecuzioni si aggravarono ancora di più. Nel 1639 tutti gli occidentali furono espulsi e si vietò l’attracco a tutte le potenze europee, ad eccezione per gli olandesi, che potevano commerciare con il resto del Giappone e risiedere nella piccola isola di Deshima, nel porto di Nagasaki. Inoltre, si vietò anche l’emigrazione: migliaia e migliaia di nipponici non poterono rientrare nel loro paese, pena condanna di morte. Nel 1640, alcuni membri di un’ambasciata portoghese sbarcarono in Giappone, ma furono subito decapitati sul posto. Iniziò così il lungo periodo dell’isolazionismo giapponese, noto con l’appellativo di sakoku jidai, periodo del paese chiuso. Dal 1640 tutti i giapponesi furono obbligati a registrarsi presso i templi buddisti e a seguire corsi, in modo tale da dimostrare di non essere cristiani. Del Cristianesimo non ne rimaneva quasi traccia nel 1660. Antica stampa che raffigura i Ventisei martiri del Giappone Xilografia del XIX secolo della mappa di Nagasaki. L'isola al centro della stampa è la piccola isola artificiale di Deshima, territorio olandese dal 1641 al 1859. 5. La rivolta di Shimabara, l’ultima resistenza dei giapponesi cristiani Durante gli inizi del periodo Edo non mancava la resistenza da parte dei cristiani giapponesi. La più grande e conosciuta fu la rivolta di Shimabara del 1637. La penisola di Shimabara era governata dal daimyo Matsukura Katsuie, figlio di Matsukura Shigemasa noto per aver dato avvio le tremende persecuzioni nei confronti dei cristiani nei suoi domini. Il figlio continuò il piano di sradicamento del Cristianesimo iniziato dal padre, e in più attuò un’eccessiva tassazione per rispettare la politica dell'ikkoku – ichijo, ovvero un castello in ogni provincia, decisa dallo shogunato Tokugawa. I proventi delle tasse servivano per smantellare i castelli di Hara e Hino e costruire la nuova postazione difensiva a Shimabara. Le tasse logoranti peggiorarono le condizioni dei contadini e molti morirono di fame, mentre i samurai al servizio del daimyo compivano crudeltà di ogni genere come furti, uccisioni e stupri. Tra persecuzioni e tasse la pazienza era finita. La rivolta scoppiò nell’autunno del 1637 con l'assassinio del daikan di Shimabara Hayashi Hyozaemon, cioè l’esattore delle tasse. In molti villaggi di Shimabara iniziarono le prime violenze e i contadini cominciarono con l'attaccare i granai pubblici in cui era contenuto il riso con cui avevano pagato le logoranti tasse. Al fianco dei contadini cristiani si unirono anche ronin cristiani, ovvero samurai decaduti senza padrone, veterani nel combattimento e nelle arti marziali. La notizia della ribellione arrivò a Nagasaki, che inviò delle truppe per reprimere la rivolta. La rivolta scoppiò anche nell’arcipelago di Amakusa e il daimyo del luogo, Terazawa Katataka, inviò subito un contingente di 3000 guerrieri al comando di nove nobili per eliminare la rivolta. Tuttavia, il piccolo corpo di spedizione fu annientato dall’armata ribelle il 27 dicembre del 1637. In una successiva battaglia combattuta il 3 gennaio 1638, gli insorti di Amakusa furono sconfitti e i sopravvissuti fuggirono dalla loro isola per unirsi ai ribelli di Shimabara. Verso gli inizi del 1638, le file dell’armata ribelle erano aumentate e a capo dell’esercito ribelle si pose il sedicenne ronin cristiano Amakusa Shiro. L’esercito ribelle riunì le forze nel castello dismesso e in rovina di Hara. Nonostante le pessime condizioni della struttura, il castello garantiva ugualmente una buona protezione in quanto situato su un promontorio che dava sul mare. Tre lati del castello, infatti, terminavano con un dirupo e per attaccarlo si doveva usare l'unico passaggio disponibile che era protetto da due profondi fossati. Nel castello gli insorti portarono con sé anche le loro famiglie. Secondo gli storici, il numero totale tra insorti, donne e bambini era di 27000 – 37000 persone. Nel castello tutti lavorarono per rafforzare le difese e sui merli esposero croci di legno e vessilli crociati. L’armata assediante dello shogun comprendeva circa 50000 guerrieri, tra i quali era presente anche il famoso Musashi Miyamoto, considerato il migliore spadaccino della storia giapponese. A capo dell’immenso esercito fu messo Shigemasa Itakura, scelto direttamente dallo shogun Tokugawa Iemitsu. Nel frattempo, i Tokugawa avevano chiesto aiuto anche agli olandesi, che presero parte all'assedio con Nicolaes Couckebacker, il capo del trading post della Compagnia olandese delle Indie Orientali della città di Hirado. Gli olandesi rifornirono l'esercito dello shogunato di cannoni e polvere da sparo, e inviò sul luogo dello scontro tre vascelli da guerra, uno dei quali comandato dallo stesso Couckebacker, il de Ryp. Il castello per una quindicina di giorni subì un pesante cannoneggiamento sia dalle truppe a terra sia dalle navi olandesi, ma gli insorti si rifugiarono in alcune gallerie sotterranee che avevano creato nei giorni precedenti per proteggersi dalle cannonate. A causa della disorganizzazione dell’esercito dello shogun e del piano fallimentare, gli olandesi si ritirano. Il vero motivo fu un altro: i giapponesi non gradirono farsi aiutare da stranieri e per orgoglio dovevano combattere la ribellione con le loro forze. Dopo diversi tentativi falliti di attacco, e a seguito della morte di Itakura in uno degli assalti, l’armata dello shogunato passò al nuovo comandante Matsudaira Nobutsuna. Gli insorti riuscirono a resistere per altri due mesi, ma le condizioni climatiche e la tenacia degli assedianti cominciavano a farsi sentire. Il freddo dell'inverno aveva danneggiato entrambe le fazioni, ma le truppe dello shogunato ricevevano periodicamente dei rinforzi a differenza dei ribelli, che, oltretutto, cominciavano ad esaurire le munizioni e le scorte di cibo. Nell'aprile del 1638, Matsudaira aveva al suo comando circa 125000 guerrieri. Sapendo delle condizioni difficili dei ribelli, Matsudaira inviò un messaggio di resa in cui prometteva il totale perdono per tutti i non cristiani e per coloro che avessero ritrattato la loro fede. Al messaggio rispose lo stesso Amakusa Shiro scrivendo che tutti erano cristiani e sarebbero morti per la loro fede. Il 12 aprile del 1638, l’esercito dello shogunato riuscì fare breccia nel castello. Gli scontri terminarono definitivamente il 15 aprile, con la sconfitta delle ultime sacche di resistenza. Tutti gli insorti sopravvissuti, compresi donne e bambini, furono decapitati, e i loro corpi ammassati e sepolti tra le rovine del castello, che fu incendiato e completamente raso al suolo. La testa del capo della rivolta, Amakusa Shiro, fu portata fino a Nagasaki ed esposta al pubblico per diversi giorni, come monito per la popolazione. Lo shogunato prese seri provvedimenti anche nei confronti dei comandanti del suo stesso esercito: diversi daimyo furono considerati responsabili della rivolta e vennero decapitati; Matsukura Katsuie, la cui politica tirannica fu tra le cause della rivolta, fu indotto a compiere il seppuku, il suicidio rituale. I clan che diedero il loro contributo militare all'esercito dello shogunato furono invece ricompensati venendo esentati dai periodici contribuiti che dovevano versare allo shogun. La grande rivolta di Shimabara fu l’ultimo tentativo di resistenza da parte dei cristiani giapponesi. Dopo la rivolta, lo shogunato sospettò i cattolici occidentali come aiutanti degli insorti. L’evento influenzò il decreto di espulsione degli occidentali dal Giappone del 1639. Xilografia del XIX secolo raffigurante Amakusa Shiro Resti del castello di Hara. La struttura fa parte del bene protetto dall’UNESCO “siti cristiani nascosti della regione di Nagasaki” 6. Che cosa rimane? Per quasi tutta la durata del periodo Edo, i cristiani rimasero nascosti sotto gli occhi dello shogunato Tokugawa. A seguito della spedizione navale USA guidata dal commodoro Matthew Perry, nel 1853 il Giappone fu riaperto ai rapporti con l'estero. Nonostante il Cristianesimo fu ancora bandito, giunsero molti religiosi cristiani. Sotto il governo dell’imperatore Meiji, nel 1871 fu introdotta la libertà religiosa, riconoscendo così alle comunità cristiane il diritto all'esistenza. Dopo più di 200 anni, l’epoca dei cristiani nascosti finì. Oggi il Cristianesimo viene praticato da meno dell'1% della popolazione giapponese, con comunità cattoliche concentrate perlopiù a nord dell’isola di Kyushu, principalmente nelle vicine città di Nagasaki, Hirado e Goto. Circa il 70% delle chiese risulta essere normalmente frequentata da meno di 30 fedeli. Una chiesa nei pressi di Hirado Spero che questo post sia stato di vostro gradimento! 😄 Alla prossima, Xenon972 punti
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Un righello in casa credo che lo abbiamo tutti.... quindi anche senza aprire si può fare. Una moneta antica per essere identificata necessita di dati. C'è un problema di fondo nel greco antico la lettera F non c'era, quindi fai un po' tu sulla bontà della moneta. È strano che qualcuno voglia buttarsi nell'acquisto di una moneta antica (secondo le precedenti considerazioni) pur essendo privo di un minimo di conoscenze in materia, soprattutto è pericoloso!2 punti
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@lucius LX Purtroppo di questo ripostiglio esiste un report ufficiale fatto dalla divisione francese dei beni culturali, la DRAC e consegnato in copia alla moglie dello scopritore unitamente al ripostiglio al termine dell'analisi e prima della messa in vendita regolare su cgb. Nel 2022, Marie Brillant (la referente per CGB delle monete antiche) interrogata da me per avere copia del report, dopo qualche scambio di mail mi disse che avrebbe contattato direttamente lo scopritore per poi girami copia del tutto. Purtroppo qualche settimana dopo la nostra ultima mail mi scrisse dicendomi: "The discoverer of the treasure is unfortunately deceased and his wife cannot findthe report of the DRAC". All'epoca sia Marie Brillant che un funzionario del DRAC mi dissero che era anche in pubblicazione uno studio su una serie di ripostigli francesi tra cui molto probabilmente sarebbe finito anche questo tesoro - ignoro se in analisi completa o come raffronto con qualche breve cenno - tuttavia non ho più avuto informazioni su questa pubblicazione e non so se sia già uscita in stampa o se si sia arenata da qualche parte. Ahimé le sole informazioni che posseggo su questo ripostiglio - di cui anch'io ho qualche esemplare - sono le scarne note che si possono recuperare sul sito di CGB. Nella serie dei Tresors Monetaires della BNF (ferma al momento a 30 volumi) non è ancora stato pubblicato. https://antiquitebnf.hypotheses.org/179902 punti
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Buongiorno, mi potete indicare la provenienza e la datazione di questo gettone? Ha un diametro di circa 24 mm., le due facce uguali e non identifico scritte. Grazie1 punto
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La discussione aperta sulle contromarche per le isole ionie mi ha molto incuriosito e interessato. Mi sono messo alla ricerca di pezzi Napoletani contromarcati e devo dire che ce ne sono molti in rete. Il pezzo che mi ha colpito di più e questa piastra, mi ha colpito per la storia che si porta dietro. https://www.mycoinalog.com/anzac-ephemera/trench-art/australian-world-war-1-identity-disc-4444-t-b-armfield-2/ Non sapevo che durante la prima guerra mondiale usassero monete a mo' di piastrina identificativa.1 punto
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Il 1617 segna il passaggio dai tornesi con cornucopia e impresa pietra/acciarino a quelli con l'ara. Data la rarità, R4, della prima tipologia sì può ipotizzare che sia stata prodotta in pochi esemplari. Però abbiamo potuto appurare la presenza di tornesi ibrido. Tornese I tipo Tornese II tipo IBRIDO 1: dritto I tipo/rovescio II tipo INEDITO IBRIDO 2 : dritto del tipo con bastoni (sconosciuto per il 17) / rovescio II tipo INEDITO Mi piacerebbe sapere se ci sono altri tornesi ibridi, probabilmente dovremmo avere anche un ibrido 2 con rovescio di tipo I1 punto
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Si vero, questa è una teoria suffragata peraltro da autorevoli studiosi anche attuali. Ci mancherebbe! Se di “errori” veri e propri si tratti ovvero di “libere” interpretazioni nella costruzione delle legende, ciò significa (forse) che il presidio dei controlli non era poi così tanto efficace ed efficiente. La cd “ignoranza” non era presente solamente a Napoli. Forse potrebbe proprio dipendere dalla circostanza di essere “vice” di altro Paese….?1 punto
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Bellissimo orrorone 🤣 Sembra un ferma carte o magari lo hanno potuto incassare in un alloggio circolare tipo per farne un ciondolone😁 Ha lo spessore tipo medaglione romano😅 Va negli artefatti "a.bombazza"1 punto
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Secondo il mio "illustre" parere si tratterebbe di una moneta suberata inchiodata sul banco di qualche cambiavalute. Oppure , più probabilmente,di una moneta ad usum funerario defunzionalizzata per impedirne il riuso, quantunque fosse già stata consapevolmente scelta per essere deposta nella tomba proprio perché suberata.1 punto
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A me non piacciono ma è una questione di gusti! Comunque non credo che andranno facilmente esaurite per via delle tirature piuttosto alte e per la tematica non proprio originale. È interessante la forma romboidale ma anche questa non è novità.1 punto
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Ciao..direi che ho poco da aggiungere a quanto scritto fin qui...è una moneta particolarmente rara, molto ricercata..e molto contraffatta...di storie dai possessori di monete false ne ho sentite a josa..tutte suggestive e romantiche..Se non vado errato il Re regalò un esemplare di questa moneta al solo Generale Osio, suo precettore..non era tipo che andava in giro a regalare monete..ma ovviamente..tutto è possibile...1 punto
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@Atexano Hai ripreso una discussione di 15 anni fa... Arka Diligite iustitiam1 punto
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Ringrazio per la citazione. Bene o male, avete già detto molto riguardo questa particolare emissione ma provo un attimo a riordinare i concetti e aggiungere qualche elemento. Come sappiamo, l'incoronazione ad imperatore di Francia fu uno dei momenti topici della vita di Napoleone. Per celebrare questo importante evento, vennero emesse una serie di medaglie in oro, argento e bronzo. Esistono numerose varianti di queste medaglie, che differiscono per peso, diametro, disposizione della testa di Napoleone (rivolta a destra o a sinistra) e conformazione della testa stessa (a seconda che l'incisore fosse Droz o Andrieu). Accanto a queste medaglie, troviamo anche una serie di piccolissime medagliette dal peso di 1-2 grammi (a seconda del metallo utilizzato). Queste furono realizzate prendendo ispirazione dai quinari dell'antica Roma e come tali furono donate al popolo durante la celebrazione dell'incoronazione (specialmente gli esemplari in argento). Aggiungo che oltre ai quinari in oro ed argento, esistono anche dei quinari in bronzo. Nell'asta NAC-Varesi del 2019 ne furono esitati alcuni esemplari. In particolare nel lotto 1440 ne troviamo 4 (2 in argento e 2 in bronzo), di cui l'ultimo presenta Napoleone con elmo attico e la legenda "ARMÉ POUR LA PAIX". https://www.numisbids.com/n.php?p=lot&sid=3172&lot=1440 Si tratta di un particolare esemplare, in cui troviamo accoppiato il rovescio del quinario per l'incoronazione con il dritto del quinario realizzato per celebrare il trattato di Amiens, ovvero l'accordo di pace tra Francia ed Inghilterra, che purtroppo durerà solo per pochi mesi... Questo a dimostrazione che questi "quinari napoleonici" non vennero realizzati solo per l'incoronazione ma anche per celebrare altri eventi. https://www.numisbids.com/n.php?lot=1398ù&p=lot&sid=48011 punto
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No, quella che hai citata è l'ultima comunicazione che ho ricevuto.1 punto
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Quanto chiedono? Probabilmente almeno 1440 GBR 22.08.2019 ROMA NUMISMATICS LIMITED, E-SALE 61 Ciao1 punto
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Nel mio archivio ho registrato questo passaggio come esemplare migliore degli ultimi anni. Ex collezione ANPB, Varesi 691 punto
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Buonasera a tutti quanti. Riprendo questa vecchia discussione condividendo un altro Tarì di Filippo II con al rovescio sotto la Corona lo stesso simbolo evidenziato da @francesco77. Il Tarì è classificato dal Magliocca al numero 54 di pag.118 del suo Manuale, ma differisce al rovescio per non riportare né il mascherone né la palma con 6 foglie.1 punto
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Posto un esemplare da 6 tornesi del 1801 contromarcato con B rovesciata e con asterisco in basso e in alto...1 punto
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Bellissima discussione. vorrei offrire la mia interpretazione. All'origine, nel conio c'erano le canoniche 12 Torrette nel campo del Portogallo. A causa di una otturazione parziale del conio relativamente alle due torrette indicate dalle due frecce, si era creato un varco. Le monete coniate risultavano con 10 Torrette intere + 2 parziali. Per questo motivo si è proceduto alla punzonatura di una torretta nel varco che si è creato, fra il frammento della torretta inferiore ed il frammento della torretta superiore. Non so proprio se intenderla una variante, visto che per me è un intervento di sistemazione di un problema, a mio avviso, momentaneo, in attesa della creazione del nuovo conio del rovescio. La risultante dell'intervento di correzione è stato 11 Torrette intere + 2 frammentate. Per carità, potrebbe anche questa cosa essere intesa come variante (ed una parte di me lo pensa)... per cui mi sento di dire "variante minore"; resta il fatto che è una cosa interessante che mette in luce le dinamiche di zecca. Un abbraccio a tutti1 punto
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Si, Ravenna fu capitale del regno ostrogoto in alcuni periodi, Ma la moneta cui ci si riferisce in questo post non è una moneta ostrogota, bensì dell'imperatore Leone I. E quella raffigurata sulla moneta non è la personificazione di Ravenna turrita, non è neppure turrita. Questo è un esemplare di decanummo recante al diritto la personificazione di Ravenna e legenda FELIXR AVENNA1 punto
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Buonasera a tutti, propendo anche io per 11. Saluti Alberto Ps. Complimenti, mai visto una 35 con questa variante.1 punto
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Questa speculazione sui presunti errori di conio sta facendo sempre più vittime e creando sempre più imbroglioni …..1 punto
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Raffaele, siano 11 oppure 13 ( cosa alquanto difficile da accertare), rimane la certezza della variante…Ciao.1 punto
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Interessante e’ la figura di Nicola Ielpo da cui parte tutto https://www.festivaldellamoneta.it/nicola-ielpo1 punto
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Provi a confrontare il suo esemplare con questo Le differenze sono palesi già al primo impatto Aggiungo anche il retro1 punto
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Secondo me, inoltre, non vi è ricambio generazionale nel senso che i giovani non sono interessati a queste forme di collezionismo ( es. mio figlio che ora ha 35 anni e ciò mi rammarica un pochino, idem per sua moglie) . I negozi di numismatica- per quel poco che posso notare - sono gestiti da persone prossime alla pensione, non da giovani. Quindi il numero degli acquirenti credo sia in forte contrazione. La domanda diminuisce . Poi molte delle monete 2024 non mi piacciono, oltre ai prezzi troppo alti. Con me la Zecca quest'anno perde qualcosa come quantità venduta: nonostante i costi maggiori spenderò molto meno, meno prodotti.1 punto
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Ciao a tutti . Asse molto più che dubbio. Però attenzione e mi rivolgo ai neofiti come me.Il fatto che abbia tondello regolare e sia ben centrata non ha nulla che vedere con l'autenticità o meno della stessa. Ci sono monete false con tondelli irregolari e non centrate come monete autentiche con tondello circolare e ben centrate. Queste sono caratteristiche assolutamente non dirimenti. La moneta va esaminata nel suo complesso percui massima attenzione, sempre 🙂 ANTONIO1 punto
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Buongiorno, La moneta di Filippo l'Arabo qui discussa proviene, secondo la certificazione del venditore francese (CGB) , dal tesoro/ripostiglio di Guercheville. Su tale ritrovamento non si riescono, o almeno non riesco, a rintracciare notizie. A differenza di altri ripostigli meglio documentati come quello de la Guerche-Sur-L'aubois. Nel caso di la Guerche-Sur-L'aubois il percorso documentato dei reperti monetali (ritrovamento - affidamento all'autorità pubblica per lo studio scientifico - restituzione al proprietario e immissione sul mercato tramite la stessa CGB), ne stabilisce la liceità anche per la legislazione italiana (come mi è già stato gentilmente chiarito in altra discussione). Ma nel caso di Guercheville? Vista l'assenza di documentazione, ritenete, secondo la vostra esperienza, io possa continuare ad acquistare con serenità monete provenienti da quel ripostiglio? Grazie per qualunque riflessione e indicazione sull'argomento e perdonate eventuali ingenuità contenute nella domanda. Lucius LX Ps ho visto adesso la discussione"Importazione oggetti/beni archeologici dalla Francia". Ma non sono riuscito a ricavarne autonomamente una risposta al mio quesito. ( Anzi le domande sono aumentate: per esempio: oltre alla fattura e al certificato numismatico è necessario anche un certificato di esportazione?) Se poi considero alcune questioni e gravi disavventure legali di cui leggo sul forum, in cui sono incorsi appassionati collezionisti esperti, correttissimi e in perfetta buona fede, beh... sono vicende capaci di scoraggiare un neofita, per quanto entusiasta...1 punto
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L' unica certezza per datare una moneta imperiale e' la numerazione della TRP , quando presente , in quanto veniva rinnovata ogni anno a partire dal 10 Dicembre , quindi l' emissione puo' solo variare dal 10 Dicembre fino al 9 Dicembre dell' anno successivo quindi e' praticamente esatta al 99% considerando l' incertezza degli ultimi 21 giorni dell' anno di attribuzione della TRP . Per gli altri titoli del rovescio abbiamo PM = 244 , PP = 244 , COS (I) = 245 , mentre il COS II e' del 247 Da questi dati si ricava che la data indicata dal venditore , del 246 , e' esatta .1 punto
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Ciao, per quanto riguarda l'anno di coniazione indicato dal venditore ( 246 d.C.) dovrebbe essere esatto in quanto corrisponde alla Tribunicia Potestas lll. Per i difetti di coniazione riscontrabili sulla moneta personalmente non li ritengo dovuti ad una ribattitura della moneta ( non penso sia rimasta attaccata al conio altrimenti i difetti sarebbero stati presenti su tutte le parti della moneta). Sulla tua sono visibili solo in alcuni punti ( che ti indico nelle foto ) il che mi fa propendere più ad uno scivolamento del conio dopo la battitura o alla frattura del tondello in fase di coniazione abbastanza anomala che ha influito sulla corretta impronta. Attendo come te ulteriori interventi a proposito 🙂 ANTONIO Condivido mio esemplare stessa tipologia ma Tribunicia Potestas llll coniato nel 247 RIC 41 punto
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Ciao, Rocco @Rocco68, a mio parere la moneta è stata adattata ( e quindi deturpata ) per entrare in una montatura più piccola del suo diametro. Come giustamente scritto da @nikita_, potrebbe essere un portachiavi, ma anche un ciondolo, una spilla etc. Lo sventurato massacratore probabilmente aveva una struttura, magari in argento ed ha pensato di adattare la moneta ad essa, martellandola e limandola. Peccato. Saluti, Beppe1 punto
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In un recente studio sulla composizione delle red spots di monete d’oro del regno Austro-Ungarico con l’impiego di varie tecniche strumentali è stata dimostrata la presenza del ferro. Un nuovo rossetto tra i cosmetici delle monete d’oro. apollonia1 punto
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“Red spots“ e “ Red streaks” su monete d’oro “Red spots“ e “ Red streaks” sono i termini anglosassoni per indicare le macchie e le striature rosse/rossastre che compaiono sulle monete d’oro d’epoca. La presenza di queste macchie può sembrare in contraddizione con la chimica dell’oro che lo vuole inerte nei confronti della luce e degli agenti atmosferici responsabili della patina di altri metalli monetali come l’argento e il rame, ma non è così in quanto queste macchie non sono prodotte da trasformazioni chimiche dell’oro bensì di metalli presenti nella lega monetale con l’oro. Il termine “macchie di rame” con cui queste formazioni sono conosciute nel settore delle monete dimostra la loro provenienza dal rame in lega con l’oro. Le monete d'oro degli Stati Uniti coniate per la circolazione generale fino al 1933, per esempio, sono in realtà solo al 90% d'oro in quanto il resto della massa è costituito da metalli minori che servivano a rendere le monete più dure e quindi più resistenti all'usura. A tale scopo è stata aggiunta all’oro una miscela di rame (per la maggior parte) e argento (in piccole quantità) per creare una lega standard tipica di queste emissioni che in teoria al riscaldamento era completamente fusa, in modo che con la solidificazione ogni area della moneta fosse uniformemente composta dal 90% di oro e dal 10% di rame-argento. Ma a volte il rame si concentrava in alcune aree della superficie della moneta dove, per azione degli agenti atmosferici, assumeva lentamente un colore rosso ben evidente sul fondo color giallo-oro. Il fenomeno si manifesta non solo sulle monete moderne come le Aquile d'oro americane e i Krugerrand a 22 carati, ma anche su quelle più antiche come i Franchi francesi e le Sovrane inglesi che non sono d’oro puro al 100% ma contengono una percentuale di metalli come argento, rame e altri metalli più duri. In alcune monete d’oro della Cina si è visto che le red spots traggono origine da piccole macchie di argento che reagiscono con lo zolfo presente nell'atmosfera. Oltre alle macchie rosse di natura, diciamo così, endogena come quelle descritte sopra, ve ne sono anche di natura esogena in quanto dovute alla presenza di granelli di rame o d’argento sul tondello o sull'attrezzatura di conio che aderisce alla superficie durante la coniazione. apollonia1 punto
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Biglietto "burlone" liberamente reinterpretato e stampato con intenti fraudolenti, con l'analfabetismo dilagante bastava anche una lontana somiglianza con il biglietto autentico. Le persone in grado di leggere capivano immediatamente le differenze e consideravano giustamente queste banconote scherzose. Ma i truffati dovevano essere in tanti... in special modo in un territorio in cui la maggior parte della gente era analfabeta. Per la "Banca del Buonumore" le pene in caso di contraffazione erano ben descritte e riportate nel cerchio sinistro: "La legge punisce i falsari con 150 chilogrammi di noia". Piuttosto divertente malgrado la sua tragicità. Il biglietto autentico preso dal web:1 punto
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Ti rispondo di no ma sono di parte :D Secondo me e ' una evoluzione naturale del collezionista che vuole conoscere meglio la storia delle sue passioni nel nostro caso le monete e quindi si documenta sempre piu' Inoltre non potendo disperdere tempo e risorse verso tutte le monetazioni di ogni epoca e nazione , preferisco acquistare alcuni testi su di esse per almeno studiarle1 punto
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Per quanto riguarda l'attacco chimico acido e parzialmente corrosivo delle monete, questo avviene sicurame in terreni torbosi e nella parte più superficiali dei suoli ricca di sostanze organiche in putrefazione con formazione di acidi Humici. In questo caso le parti che vengono attaccate per prime sono proprio quelle in rilievo (non si potrebbero quindi vedere i capelli così nitidi della moneta di Galba postata. Un conto sono le incrostazioni ed un conto è la patina. Le incrostazioni avvengono con apporto di nuovo materiale sulla moneta (calcare, ossidi/idrossidi di ferro e di manganese) il metallo non viene per nulla intaccato anzi ne viene protetto. Nella formazione della patina, il metallo reagisce coi componenti dell'aria e delle acque formando nuovi composti per lo più idro carbonati di ramee di zinco, ossidi di rame e di zinco e per l'argento solo Solfuri. Questo processo avviene con sottrazione del metallo alla moneta che viene inglobato nel materiale della patina. A volte il processo è tanto spinto in profondità da sostituire l'intera parte metallica. Il rame e lo zinco non formano composti giallini, ma il color giallo può essere data da un incrostazione sottile di limonite (idrossido di ferro) o da un apporto di limonite durante fa formazione della patina (in questo caso però si deve pensare ad idrossidi di Zinco impregnati dall'apporto di limonite). E per la verità ho visto monete molto chiare di color verdino pallido quasi biancastro.(solo in internet )che si giustificherebbero solo con la prevalenza nella patina di idrossidi di zinco rispetto a quelli di rame..(non sono mai stato sicuro che si trattasse di monete non contraffatte) Escrescenze su monete si possono trovare su monete ricavate dai grumi di monete che spesso formano un conglomerato cementato da ossidi di ferro e di rame. A volte per reazioni chimico fisiche e fenomeni di idrolisi collegate a circolazione di correnti elettriche nei terreni si riforma dai carbonati ed idrossidi del nuovo rame metallico che cementa in parte il gruppo di monete. Quest'ultima secondo me è l'unica ipotesi che porti ad escrescenze.(a parte natralmente buchi e cavità sul conio).1 punto
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Salve amici. Avete quasi centrato l'obiettivo. Ma non è una reazione fantachimica o fantasmatica. I fiumi corrodono i ponti e consumano le monete. Quella moneta è quasi sicuramente autentica...se l'autore della discussione proposta avesse dei dubbi al riguardo.. Dico "quasi" per scrupolo e coerenza, perchè è comunque una foto di un oggetto distante. Il Tevere è sogggetto a regimi diversi. Più o meno corrente, più o meno livello, più o meno detriti. Le monete per centinaia di anni si muovono, vengono colpite da sassolini, detriti di vario genere e misura, come in un microbombardamento che dura molto tempo. A volte la moneta viene coperta dalla sabbia di sponda e di fondo. Poi alla prossima piena si può nuovamente scoprire e inizia di nuovo il processo. Quindi il fenomeno può essere più o meno uniforme. Se poi si formano delle concrezioni su una parte della superficie quella rimane protetta. Così capitano quelle monete di fiume che hanno un lato più lavorato dai microdetriti e anche da qualche macro.... A volte una parte è stata più lavorata dell'altra che era occlusa. O la moneta si può incastare da qualche parte per la forza della corrente, o la stessa arriva ad un salto d'acqua (come alll’isola Tiberina) che la spinge ad incastrarsi in in una spaccatura. La parte che rimane più esposta continua ad essere "lavorata" dagli eventi e dagli incontri. In pratica c'è una continua ma lentissima asportazione del metallo con abbassamento non uniforme dello stesso e che lascia escrescenze. Ciò è visibilissimo nell'ingrandimento postato, dove ad esempio la A è quasi completamente abrasa, altra lettere vicine meno. Sono rimasti rimasti un piccoli vertici casuali. Questi vertici o puntini o bozzettini, che dir si voglia, sono le escrescenze del casuale e secolare microprocesso, poichè nel microbombardamento a fasi alterne, alcuni punti subiscono meno in una infinita causaltà di microurti. Oppure in quel piccolo punto la lega del metallo ha assunto una maggiore consistenza equindi resiste meglio, o ancora quel punto era coperto da una delle concrezioni che maculano la superficie e poi vengono asportate perché antiestetiche. Sto per fare un esempio improprio ma pensate al parco della Monument Valley negli Usa dove hanno girato Ombre Rosse (che film!). Tuttavia si tratta di un esempio solo visivo, ma non analogo perchè quella valle si è formata per dilavamento uniforme, e non per microimpatti da corpuscoli in movimento liquido. A Roma anni addietro esistevano falsari di monete di fiume, uno era noto con il soprannome di "Cannavota". I falsi in questione avevano la colorazione giallina imitata più o meno bene, dipende dall'occhio che le osserva. Per imitare anche i microimpatti in argomento, l'artigiano si "divertiva" a micromartellare con punteruoli di varia fattura e dimensione i campi e un pò meno i ritratti e le figurazioni per evitare di dover abbattere il valore dell'opera finita. Dove perdeva tempo faceva un bel lavoro. Alle prime ci si può cadere. Quindi, Caius, occhio e attenzione ai buchetti, il fiume li provoca indirettamente ma più che buchetti, quelli naturali sono microcrepature in atto allo stato iniziale che sembrano fori. I buchetti pretesi come casuali li facevano "Cannavota" e altri della sua progenie. L'ultimo esemplare del genere che ho visto è stato un tre sorelle di Gaio che girava, anche al noto convegno che si svolge sulla riviera adriatica, un paio di anni or sono. Un amico che collezionava lo stava trattando sotto il sole di inizio settembre, ma l'abbiamo salvato in extremis. Scusate la forma articolata, non mi fate "le pulci" sull'esposizione un pò raffazzonata...è tardi. Il concetto credo che sia sufficientemente chiaro. :) Ho scritto per Voi :P , spero gradirete. Ciao a tutti. Piakos.1 punto
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