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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 03/10/24 in tutte le aree
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Un caro saluto a tutti quanti. Trovata nel cassetto di "Nonno Domenico", il mio primo Due Cavalli di Carlo V. La monetina si presenta senza i soliti difetti nel metallo, e abbastanza leggibile nonostante una schiacciatura di conio sul bordo della stessa. Al D/ testa nuda, con fichu sul collo, intorno: CAROLVS IIIII RO ° IM , sotto il busto simbolo del coniatore. R/ Corona con due globetti ai lati, Intorno: REX ARAGO VTRIVS, in alto a chiusura simbolo : Croce potenziata. Peso: grammi 3,60. Diametro: 20 mm. Riferimento: Magliocca 82/2 , rarità assegnata R29 punti
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Buongiorno alla sezione, Ho un dubbio e vorrei chiedere aiuto a tutti voi. Questa piastra quante torrette ha nello scudetto del Portogallo ? Le 2 pseudo torri che ho evidenziato cn le frecce secondo voi le devo considerare? Grazie a chi vorrà aiutarmi. Un saluto a tutti. Raffaele.5 punti
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La discussione aperta sulle contromarche per le isole ionie mi ha molto incuriosito e interessato. Mi sono messo alla ricerca di pezzi Napoletani contromarcati e devo dire che ce ne sono molti in rete. Il pezzo che mi ha colpito di più e questa piastra, mi ha colpito per la storia che si porta dietro. https://www.mycoinalog.com/anzac-ephemera/trench-art/australian-world-war-1-identity-disc-4444-t-b-armfield-2/ Non sapevo che durante la prima guerra mondiale usassero monete a mo' di piastrina identificativa.4 punti
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Questa tipologia di grano per me è ricca di fascino, anche se oggettivamente potrebbe non essere così. Ecco un esempio4 punti
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@Pontettotuttavia gli "agnelli" hanno la fortuna di avere a loro disposizione il nostro forum, che in modo gratuito aiuta tutti (forse anche troppo gentile in alcuni casi limite, ma è solo una mia opinione) ad evitare truffe, speculazioni, raggiri e quant'altro. Quindi possiamo dircelo, in modo onesto e pure con un po' di orgoglio, che siamo i paladini della numismatica difendendo i deboli ed inesperti!3 punti
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Grazie Genny e Riccardo,infatti essendo incomplete non pensavo di considerarle. Dimenticavo è una 353 punti
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Dalla discussione "Regno di Napoli:::le monete"ho estrapolato il tarì del 98 con contromarca greca,catalogato al numero 507 di pagina 224 del Nomisma e al numero 284b di pagina 148 del manuale, di cui allego anche le annotazioni...3 punti
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Prologo 20 agosto 1570, provincia di Hizen. Gli eserciti dei due clan più potenti del nord Kyushu si stanno per scontrarsi, dando inizio alla così detta battaglia di Imayama. Da una parte abbiamo l’esercito del clan Ryuzoji, costituito da soli 5000 guerrieri comandanti dal daimyo Ryuzoji Takanobu; dalla parte opposta abbiamo la coalizione guidata dal clan Otomo, forte di 60000 guerrieri agli ordini di Otomo Chikasada, fratello del daimyo Otomo Sorin. Prima della battaglia, i guerrieri del clan Otomo iniziano a pregare, sperando nella vittoria grazie all’aiuto divino. Pregano per qualche divinità shintoista? No. Pregano pronunciando qualche mantra buddista? No! Pregano per la Vergine Maria e Gesù Cristo! Sembra una cosa strana, non trovate? Oggi spiegheremo brevemente la storia del Cristianesimo in Giappone, dalla sua diffusione fino alla caduta. 1. L’inizio del cristianesimo in Giappone Principali clan durante il periodo Sengoku La storia del cristianesimo in Giappone comincia verso la metà del XVI secolo, in pieno periodo Sengoku. A quel tempo il Sol Levante era ancora terreno di scontro tra decine e decine di clan, desiderosi di prendere il controllo di più territori possibili. Nel 1543 una nave cinese diretta verso l'isola di Okinawa fu costretta a ormeggiare nella piccola isola di Tanegashima a causa di una tempesta. A bordo della nave cinese erano presenti anche mercanti e avventurieri portoghesi, tra cui l’esploratore Fernão Mendes Pinto. La nave venne sequestrata e il signore dell'isola, Tanegashima Tokitaka, entrò in possesso di due archibugi. Capite le potenzialità di queste armi, Tokitaka affidò i due archibugi al suo armaiolo di fiducia, ma questo non riuscì a riprodurre il complesso scodellino dell'archibugio. Il problema si risolverà l'anno successivo, quando i portoghesi tornarono a Tanegashima portando un loro armaiolo che venne messo a servizio del signore dell'isola. Nacque così il tanegashima-teppo, il primo archibugio giapponese. Pinto ritornò presso le coste della Cina, e contattò diversi mercanti portoghesi che si dimostrarono molto interessati a iniziare i commerci con il Giappone. Oltre ai mercanti, nelle terre giapponesi arrivarono anche missionari di vari ordini cristiani. Il più importante fu lo spagnolo Francesco Saverio, membro della Compagnia di Gesù considerato il pioniere della diffusione del Cattolicesimo in Asia. Nel 1547 Saverio incontrò alcuni giapponesi nella penisola di Malacca, tra cui un certo Anjirò, un fuggitivo accusato di omicidio. Anjirò raccontò la sua vita, i costumi e la cultura giapponese a Saverio e gli propose di estendere l'evangelizzazione al Giappone. Anjirò fu il primo giapponese a convertirsi alla fede cristiana e assunse il nome di Paulo de Santa Fé. Nel 1549 Saverio, insieme ad Anjirò e ad altri tre missionari gesuiti, si unì alla nuova spedizione di Pinto diretta a Kagoshima, importante città situata a sud dell’isola di Kyushu. Il gesuita fu accolto amichevolmente da Shimazu Takahisa, daimyo di Satsuma e capo del potente clan Shimazu, ma l'anno successivo proibì la conversione dei suoi sudditi al cristianesimo sotto pena di morte. Per imparare la lingua e la cultura locale, Francesco fu ospitato dalla famiglia di Anjiro fino all'ottobre del 1550. Da ottobre a dicembre del 1550 risiedette a Yamaguchi, città principale della regione di Chugoku. Poco prima di Natale partì per Kyoto con l’intento di incontrare l’imperatore, ma il piano fallì a causa delle guerre che imperversavano in tutto il Giappone. Il gesuita tornò a Yamaguchi nel marzo 1551, dove il daimyo della provincia, Ouchi Yoshitaka, gli diede il permesso di predicare. In questi tre anni il numero di missionari, gesuiti e di altri ordini come quello francescano, aumentò e furono fondate diverse congregazioni cristiane in varie città e province, tra le quali spicca quella di Bungo. Tuttavia, il popolo giapponese non si convertì facilmente in quanto molte persone erano già buddiste o shintoiste. Francesco cercò di combattere la rigidità di alcuni giapponesi secondo cui un Dio che aveva creato tutto, compreso il male, non poteva essere buono. Nonostante la diversa religione, Saverio descriveva i giapponesi come brave persone, riassumendo il tutto come la razza migliore tra i pagani. Criticò invece l’omosessualità, una caratteristica molto diffusa nel Giappone feudale. Nel 1552 Francesco decise di ritornare in India, ma nello stesso anno morì nell’isola cinese di Sancian. Il corpo fu sepolto nella città coloniale portoghese di Goa. Il successo dei missionari dipendeva da vari fattori. Prima di tutto c’era una forte somiglianza tra i missionari e i monaci buddisti, in particolare per la disciplina in quanto era un punto fondamentale da entrambe le parti. Diversi giapponesi credevano di avere a che fare con una nuova filosofia di buddismo, tanto che Cristo poteva essere scambiato per Amida, nome nipponico di Amitabha Buddha. Inoltre, i nipponici ammiravano il coraggio dei missionari, uomini venuti da terre lontane che si addentravano in terre ignote. Tuttavia, il vero successo era solo per natura economica: i signori locali giapponesi più potenti ricavavano grandi profitti dal commercio con gli europei, accogliendo favorevolmente i missionari pur di non rovinarne i rapporti. Un altro fattore era quello militare, dove molti daimyo sollecitavano mercanti e missionari per nuove risorse e armi, specialmente archibugi e navi. Le conversioni ricoprivano una vasta massa di gente, dai contadini fino alle classi più nobili, come la casta dei samurai. Durante le battaglie, i samurai cristiani si gettavano nella mischia portando rosari, urlando e invocando il nome di Gesù o della Vergina Maria, con la speranza di riceverne il supporto. Furono proprio alcuni samurai cristiani a uccidere il tredicesimo shogun dello shogunato Ashikaga, Ashikaga Yoshiteru. Oltre a contadini e samurai, si convertirono al Cristianesimo anche diversi daimyo. Le due parti successive del post saranno incentrate sui signori della guerra cristiani più importanti: Omura Sumitada e Otomo Sorin. San Francesco Saverio in un dipinto di Bartolomé Esteban Murillo Il viaggio percorso 2. Breve storia di Omura Sumitada Emblema del clan Omura Omura Sumitada è uno dei daimyo più importanti e conosciuti della storia giapponese in quanto fu il primo signore feudale a convertirsi al Cristianesimo, oltre a essere il principale responsabile dell’apertura del porto di Fukae, l’odierna Nagasaki, al commercio estero. Shodomaru nacque nel 1533 da Arima Haruzumi, signore di Shimabara e capo del clan Arima, e da una figlia di Omura Sumiyoshi. All’età di cinque anni fu adottato da suo zio Omura Sumisaki. L’adozione fu una scelta strategica in quanto lo zio non aveva eredi legittimi, ma Sumisaki adottò prontamente il giovane Shodomaru grazie agli antichi legami di parentela tra il clan Arima e Omura. Al momento della sua successione, il giovane Shodomaru cambiò il nome in Omura Sumitada. Il regno iniziò in modo turbolento tra coinvolgimenti di parenti e pressioni di altri clan, ma il pericolo più grande fu l’invasione dei territori da parte del clan Ryuzoji. Sumitada doveva trovare immediatamente degli alleati. Nel 1561, in seguito all'assassinio di stranieri nella città di Hirado, i portoghesi iniziarono a cercare altri porti dove poter commerciare. In risposta alla loro ricerca, nel 1562 Sumitada offrì un rifugio sicuro nel suo dominio, dando speciali privilegi ai mercanti portoghesi nel porto di Fukae e la libertà di predicare ai gesuiti. Nel 1563, Sumitada si convertì al Cristianesimo, battezzato con il nome di Bartolomeo. Tuttavia, la conversione fu accolta molto negativamente da alcuni sudditi. La ribellione portò alla distruzione di Fukae e alla fuga di Sumitada, ma grazie all’aiuto dei portoghesi riuscì a sedare la rivolta e a stabilizzare i domini. Nel 1572 ci fu un’altra invasione da parte di Saigo Sumitaka, ma la minaccia fu definitivamente sventata nel 1574, sempre con l’ennesimo contributo dei portoghesi. Nello stesso anno Sumitada diede inizio alla repressione delle altre religioni; numerosi templi furono distrutti, e tutti gli abitanti del suo dominio furono obbligati a convertirsi al Cristianesimo o essere uccisi sul posto. Negli anni 1577 – 1578, il daimyo Ryuzoji Takanobu, il più potente della regione nord del Kyushu, prese di mira i domini di Sumitada. Preoccupato del fatto che Takanobu avrebbe cacciato gli stranieri una volta che gli Omura fossero sconfitti, Sumitada “concesse” il porto di Nagasaki ai gesuiti, mantenendo i diritti di riscuotere le tariffe doganali sulle merci che passavano attraverso il porto. Nel 1580 Sumitada si sottomise ai Ryuzoji, diventandone così vassallo. Dopo la guerra Ryuzoji – Shimazu, nel 1587 il dominio di Omura si sottomise immediatamente al potente signore della guerra Toyotomi Hideyoshi, successore di Oda Nobunaga nella riunificazione del Giappone, anche se subirono la perdita del porto commerciale di Nagasaki che passò sotto il controllo diretto di Hideyoshi. Nello stesso anno Omura Sumitada morì di tubercolosi e gli succedette il figlio Yoshiaki, anche lui cristiano battezzato con il nome di Sancho. La devozione di Sumitada al Cristianesimo venne illustrata dal gesuita Luís Fróis, che descrisse un breve episodio: mentre Omura Sumitada era in marcia per la guerra, accadde che passò per la strada come un idolo, Marishiten di nome, che è il loro dio delle battaglie. Quando lo superano, si inchinano e gli pagano la riverenza, e i pagani che sono a cavallo scendono da cavallo come segno del loro rispetto. Ora l'idolo aveva sopra un galletto. Quando il daimyo arrivò con il suo squadrone fece fermare i suoi uomini e ordinò loro di prendere l'idolo e bruciarlo insieme a tutto il tempio; e prese il galletto e gli diede un colpo con la spada, dicendo "oh quante volte mi hai tradito!" E dopo che tutto fu bruciato, fece erigere una croce molto bella nello stesso punto, e dopo che lui e i suoi uomini gli avevano prestato una profonda riverenza, continuarono la loro strada verso le guerre. Antica raffigurazione europea di Omura Sumitada 3. Breve storia di Otomo Sorin Emblema del clan Otomo Volete un daimyo che rispetti i tre principali motivi (devozionale, economico, militare) per la sua conversione al Cristianesimo? Ci sta solo un nome: Otomo Sorin. Otomo Sorin nacque nel 1530 da Otomo Yoshiaki, capo dell’omonimo clan e signore del dominio di Funai, mentre per la madre non ci sono informazioni storiche. Il progetto del padre era di disegnare come suo successore Shioichimaru, fratellastro paterno di Sorin, e aveva un piano per eliminare sia Sorin che Chikazane, il suo tutore. Tuttavia, nel 1550 l’attentato fallì e il vassallo anziano del gruppo di Sorin sollevò una ribellione. La rivolta provocò l’uccisione del padre, di Shioichimaru e di sua madre. Il giovane Sorin divenne così il ventunesimo capofamiglia del clan Otomo. Sorin fu un daimyo molto abile nella diplomazia, tanto che nel 1551 riuscì a far cessare il “secolare” scontro tra il suo clan e quello di Ouchi. Nello stesso anno, incontrò personalmente il gesuita Francesco Saverio, concedendone la libertà di predicare nei suoi domini, ma la scelta provocò una ribellione di alcuni vassalli, scatenando un vero e proprio conflitto religioso. Sedata la rivolta, la città di Funai, l’odierna Oita, divenne un porto importante simile a Nagasaki, frequentato da preti gesuiti, mercanti, banditi e pirati. Oltre a favorire le relazioni con i cristiani, tanto che lo designavano come Re di Bungo, Sorin combatté una serie di battaglie negli anni successivi, conquistando nuove province e consolidando il territorio. In questo periodo è attestato anche l’invio di delegazioni politiche alla città portoghese coloniale di Goa, in India. Nel 1557, gli Otomo iniziarono una guerra con il clan Mori, famoso per la sua potente flotta. Il conflitto fu veramente aspro, tanto che nel 1559 intervenne lo shogun Ashikaga Yoshiteru per porre fine alla disputa. Con grande abilità diplomatica, Sorin inviò un enorme donazione allo shogun, che ricompensò il signore degli Otomo con la nomina di shugo, ovvero signore provinciale ufficiale. Nel 1562, Sorin entrò nel sacerdozio e prese il secondo nome di Kyuan Sorin. Fornendo continuamente molto sostegno alla famiglia shogun Ashikaga, nel 1563 fu nominato shobanshu, una carica superiore a quella di shugo. La mediazione con lo shogunato aveva un unico scopo: ottenere maggiori vantaggi nei negoziati di riconciliazione con il clan Mori. Pensate che la pace durava così a lungo durante il periodo Sengoku? Nel 1569, il clan Mori invase un territorio vassallo di Sorin, scatenando così un nuovo conflitto. Durante la guerra, Sorin chiese ai mercanti e ai gesuiti salnitro di buona qualità, archibugi e cannoni in quanto si considerava protettore della cristianità. Si dice che sia stato proprio l’esercito di Sorin a usare per la prima volta un cannone “moderno” in Giappone. L’esercito Mori fu sconfitto nella decisiva battaglia di Tatarahama. A questo punto, Sorin controllava un grande territorio che comprendeva le province di Bungo, Chikuzen, Chikugo e la maggior parte di Buzen. Inoltre, aveva influenza sulle province di Hugo, Hizen e Iyo. Nel 1570 iniziò il declino degli Otomo, con la sconfitta nella battaglia di Imayama da parte del clan Ryuzoji. Nella battaglia perse la vita il fratello minore di Sorin, Otomo Chikasada. Nel 1576, il quarantaseienne Sorin decise di condividere il potere con il figlio Yoshimune, instaurando un governo dualistico. L’anno successivo, la coalizione guidata da Sorin contro il clan Shimazu subì una sconfitta talmente schiacciante nella battaglia di Mimi-kawa che gli Otomo persero molti vassalli e territori. Inoltre, le dispute per il potere con il figlio si facevano sempre più dure e pressanti. Nell'agosto del 1578, Sorin fu battezzato da padre João con il nome di Francesco, e inviò una lettera di avviso al re del Portogallo. Ogni giorno prima del suo battesimo, Sorin ripeteva cinquanta preghiere dell'Ave Maria (una per ogni grano della catena del rosario) e cinquanta preghiere del Signore per tre volte al giorno: mattina, mezzogiorno e sera. Oltre a favorire la diffusione del Cristianesimo e i commerci con Spagna e Portogallo, Sorin seguì anche un piano simile a quello di Omura Sumitada, con la distruzione dei templi e costringendo la popolazione dei suoi domini a unirsi alla nuova religione. Nello stesso periodo, costruì il primo ospedale generale del Giappone, una struttura specializzata nella scienza medica occidentale dove le persone del dominio potevano sottoporsi a controlli gratuiti. Nel 1582, Sorin inviò la così detta Ambasciata Tensho, la prima delegazione ufficiale giapponese in Europa. Ideata dal gesuita Alessandro Valignano e supportata dai tre daimyo cristiani Omura Sumitada, Otomo Sorin e Amira Harunobu, la spedizione era guidata dal gesuita giapponese Mancio Ito, e nel corso del viaggio in Europa incontrarono autorità importanti come il re Filippo II di Spagna, il granduca Francesco I de' Medici, papa Gregorio XIII e il suo successore papa Sisto V. A Roma Mancio Ito divenne cittadino onorario e nobile con il titolo di Cavaliere di Speron d'oro. A causa delle nuove pressioni del clan Shimazu, nel 1585 Sorin chiese aiuto a Toyotomi Hideyoshi. Hideyoshi guidò il suo esercito alla conquista della regione di Kyushu e nel 1587 sconfisse l'esercito degli Shimazu in vari luoghi. Sorin si ammalò durante la rapida inversione della situazione della guerra e morì di malattia, probabilmente tifo, a Tsukumi, nella provincia di Bungo, poco prima della resa del clan Shimazu. Ritratto di Otomo Sorin in una stampa d'epoca Dipinto del 1665 che raffigura l'incontro tra l'ambasciata giapponese e Papa Gregorio XIII 4. Ascesa e declino del Cristianesimo in Giappone L’avanzare del Cristianesimo in Giappone fu lento ma progressivo, specialmente nella regione del nord Kyushu. Una bozza del 1582 scritta dal gesuita Alessandro Valignano stimava circa 200 chiese e 150000 adepti, fino ad arrivare a quasi 300000 alla fine del XVI secolo secondo stime di alcuni storici. Dalla metà del periodo Sengoku fino agli inizi del periodo Edo, la percezione del Cristianesimo cambiò sempre di più sotto l’influenza dei tre grandi unificatori del Giappone: Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu. Nobunaga favorì il Cristianesimo per i vantaggi economici e militari, ma soprattutto vide la nuova religione come uno strumento utile per combattere il fanatismo buddista, considerato un ostacolo per i suoi piani di conquista. Alcuni monaci erano interessati al Cristianesimo, mentre quelli dei templi principali, considerati lo zoccolo duro del buddismo giapponese, percepivano la nuova religione come una minaccia. Le dispute si fecero sempre più dure e violente, tanto che i monaci cacciarono via i cristiani dalla capitale Kyoto, costringendoli a trovare rifugio nella città autonoma di Sakai. Il gesuita portoghese Luís Fróis non si arrese e decise di tornare a Kyoto per parlare direttamente con Oda Nobunaga, spiegandogli le sue ragioni. Quale migliore occasione per dare uno scacco matto ai buddisti della capitale? Così Kyoto divenne un terreno fertile per il Cristianesimo. Inizialmente Toyotomi Hideyoshi seguì una politica di tolleranza simile a quella applicata dal suo predecessore, tanto che durante i suoi primi anni di regno alcune città erano governate direttamente dai gesuiti. Ben presto le cose cambiarono. La frequente paranoia che colpiva Hideyoshi iniziò a entrare in gioco: daimyo e generali che si convertono? Adepti che chiamano Signore la loro figura divina? Vogliono instaurare un altro potere! Inoltre, la rivalità tra missionari spagnoli e portoghesi faceva presagire a Hideyoshi un ipotetico futuro scontro tra Spagna e Portogallo, nella quale il Giappone poteva essere terreno di scontro. In aggiunta, le dispute tra cristiani e buddisti si fecero sempre più violente, minando la stabilità del regno. La goccia che fece traboccare il vaso? La scoperta di traffici di schiavi giapponesi da parte di alcuni mercanti portoghesi. Nel 1587, Hideyoshi bandì i missionari dal Giappone e applicò maggiori controlli verso i signori feudali cristiani, mantenendo però le relazioni commerciali con gli europei. Tuttavia, il decreto non fu mai applicato del tutto, e diversi missionari continuarono a praticare la loro predicazione. Con il passare degli anni, l’atteggiamento anticristiano di Hideyoshi cresceva sempre di più, fino a esplodere nel 1593 con l’arrivo in massa dei francescani, più autoritari e intolleranti verso le altre religioni. Alla fine del 1596, Hideyoshi diede inizio alle prime persecuzioni e ordinò ai governatori da lui dipendenti di arrestare tutti i religiosi cristiani. Nella capitale Kyoto furono catturati ventisei cristiani: 6 francescani di origine spagnola o portoghese, 3 gesuiti e 17 terziari francescani giapponesi. I prigionieri furono portati in una piazza, dove subirono il taglio di un pezzo dell’orecchio sinistro. Per intimorire tutti i giapponesi cristiani e scoraggiare altre conversioni, Hideyoshi fece marciare i ventisei da Kyoto a Nagasaki, la città dove era presente la maggiore comunità cattolica. I condannati arrivarono nella città portuale dopo 30 giorni e circa 600 chilometri di estenuanti fatiche. Il 5 febbraio del 1597, i ventisei furono portati alla collina Nishizaka, pronti per la crocifissione. La morte doveva avvenire come quella del loro Signore. Dopo averli fatti soffrire per molto tempo, tutti i Ventisei martiri del Giappone furono finiti mediante un colpo di lancia, ricavato da canne di bambù, sul costato. L’ammonimento funzionò e diversi missionari, tra cui Alessandro Valignano, fuggirono dal Giappone. Agli inizi anche Tokugawa Ieyasu era favorevole verso i cristiani, dando libertà nei suoi domini, ma con l’inizio del nuovo shogunato Tokugawa, che coincide con l’avvio del lungo periodo Edo, Ieyasu applicò politiche restrittive e persecutorie simili a quelle del suo predecessore Hideyoshi. Durante il 1613 iniziò una nuova campagna di persecuzione, che culminarono con il martirio di Kyoto. Nel 1614, Ieyasu bandì definitivamente il Cristianesimo dal Giappone tramite un editto, definendola dottrina perversa. Il 14 maggio dello stesso anno si svolse l’ultima processione per le strade di Nagasaki, che toccò sette delle undici chiese della città, tutte successivamente demolite. Da allora, i cristiani continuarono a professare la loro fede nella clandestinità: iniziava così l’era dei kakure kirishitan, ovvero cristiani nascosti. Gli adepti celebravano i loro riti in alcune stanze segrete all'interno delle loro abitazioni private. Nel corso del tempo le raffigurazioni sacre venivano trasformate in statuette che assomigliavano a quelle tradizionali di Buddha o di altre divinità. Le preghiere furono scritte per sembrare dei canti buddisti, mentre la Bibbia e i testi liturgici furono trasmessi oralmente. Con il secondo shogun Tokugawa Hidetada, le persecuzioni aumentarono di portata e brutalità, specialmente verso i giapponesi convertiti. Nel 1619 quasi 60 fedeli vennero condannati al rogo, tre anni dopo 55 vennero giustiziati nel cosiddetto Grande martirio di Nagasaki. Nel 1625 venne inaugurata la pratica dei yefumi, tavolette di legno con le icone di Gesù o della Vergine che si dovevano profanare calpestandole come prova di abiura del cristianesimo da parte dei condannati. Chi si rifiutava di farlo veniva torturato e ucciso. I metodi furono brutali: cavamento degli occhi, bambini malmenati davanti ai loro genitori, crocifissioni, roghi o ebollizioni da vivo, decapitazioni e tsurushi, una pratica altamente utilizzata dove il malcapitato veniva appeso a testa in giù in una fossa piena di escrementi, con un taglio sulla tempia in modo che il sangue potesse defluire e non morisse rapidamente. Con il terzo shogun Tokugawa Iemitsu, il malcontento verso gli occidentali aumentò in modo vertiginoso e le persecuzioni si aggravarono ancora di più. Nel 1639 tutti gli occidentali furono espulsi e si vietò l’attracco a tutte le potenze europee, ad eccezione per gli olandesi, che potevano commerciare con il resto del Giappone e risiedere nella piccola isola di Deshima, nel porto di Nagasaki. Inoltre, si vietò anche l’emigrazione: migliaia e migliaia di nipponici non poterono rientrare nel loro paese, pena condanna di morte. Nel 1640, alcuni membri di un’ambasciata portoghese sbarcarono in Giappone, ma furono subito decapitati sul posto. Iniziò così il lungo periodo dell’isolazionismo giapponese, noto con l’appellativo di sakoku jidai, periodo del paese chiuso. Dal 1640 tutti i giapponesi furono obbligati a registrarsi presso i templi buddisti e a seguire corsi, in modo tale da dimostrare di non essere cristiani. Del Cristianesimo non ne rimaneva quasi traccia nel 1660. Antica stampa che raffigura i Ventisei martiri del Giappone Xilografia del XIX secolo della mappa di Nagasaki. L'isola al centro della stampa è la piccola isola artificiale di Deshima, territorio olandese dal 1641 al 1859. 5. La rivolta di Shimabara, l’ultima resistenza dei giapponesi cristiani Durante gli inizi del periodo Edo non mancava la resistenza da parte dei cristiani giapponesi. La più grande e conosciuta fu la rivolta di Shimabara del 1637. La penisola di Shimabara era governata dal daimyo Matsukura Katsuie, figlio di Matsukura Shigemasa noto per aver dato avvio le tremende persecuzioni nei confronti dei cristiani nei suoi domini. Il figlio continuò il piano di sradicamento del Cristianesimo iniziato dal padre, e in più attuò un’eccessiva tassazione per rispettare la politica dell'ikkoku – ichijo, ovvero un castello in ogni provincia, decisa dallo shogunato Tokugawa. I proventi delle tasse servivano per smantellare i castelli di Hara e Hino e costruire la nuova postazione difensiva a Shimabara. Le tasse logoranti peggiorarono le condizioni dei contadini e molti morirono di fame, mentre i samurai al servizio del daimyo compivano crudeltà di ogni genere come furti, uccisioni e stupri. Tra persecuzioni e tasse la pazienza era finita. La rivolta scoppiò nell’autunno del 1637 con l'assassinio del daikan di Shimabara Hayashi Hyozaemon, cioè l’esattore delle tasse. In molti villaggi di Shimabara iniziarono le prime violenze e i contadini cominciarono con l'attaccare i granai pubblici in cui era contenuto il riso con cui avevano pagato le logoranti tasse. Al fianco dei contadini cristiani si unirono anche ronin cristiani, ovvero samurai decaduti senza padrone, veterani nel combattimento e nelle arti marziali. La notizia della ribellione arrivò a Nagasaki, che inviò delle truppe per reprimere la rivolta. La rivolta scoppiò anche nell’arcipelago di Amakusa e il daimyo del luogo, Terazawa Katataka, inviò subito un contingente di 3000 guerrieri al comando di nove nobili per eliminare la rivolta. Tuttavia, il piccolo corpo di spedizione fu annientato dall’armata ribelle il 27 dicembre del 1637. In una successiva battaglia combattuta il 3 gennaio 1638, gli insorti di Amakusa furono sconfitti e i sopravvissuti fuggirono dalla loro isola per unirsi ai ribelli di Shimabara. Verso gli inizi del 1638, le file dell’armata ribelle erano aumentate e a capo dell’esercito ribelle si pose il sedicenne ronin cristiano Amakusa Shiro. L’esercito ribelle riunì le forze nel castello dismesso e in rovina di Hara. Nonostante le pessime condizioni della struttura, il castello garantiva ugualmente una buona protezione in quanto situato su un promontorio che dava sul mare. Tre lati del castello, infatti, terminavano con un dirupo e per attaccarlo si doveva usare l'unico passaggio disponibile che era protetto da due profondi fossati. Nel castello gli insorti portarono con sé anche le loro famiglie. Secondo gli storici, il numero totale tra insorti, donne e bambini era di 27000 – 37000 persone. Nel castello tutti lavorarono per rafforzare le difese e sui merli esposero croci di legno e vessilli crociati. L’armata assediante dello shogun comprendeva circa 50000 guerrieri, tra i quali era presente anche il famoso Musashi Miyamoto, considerato il migliore spadaccino della storia giapponese. A capo dell’immenso esercito fu messo Shigemasa Itakura, scelto direttamente dallo shogun Tokugawa Iemitsu. Nel frattempo, i Tokugawa avevano chiesto aiuto anche agli olandesi, che presero parte all'assedio con Nicolaes Couckebacker, il capo del trading post della Compagnia olandese delle Indie Orientali della città di Hirado. Gli olandesi rifornirono l'esercito dello shogunato di cannoni e polvere da sparo, e inviò sul luogo dello scontro tre vascelli da guerra, uno dei quali comandato dallo stesso Couckebacker, il de Ryp. Il castello per una quindicina di giorni subì un pesante cannoneggiamento sia dalle truppe a terra sia dalle navi olandesi, ma gli insorti si rifugiarono in alcune gallerie sotterranee che avevano creato nei giorni precedenti per proteggersi dalle cannonate. A causa della disorganizzazione dell’esercito dello shogun e del piano fallimentare, gli olandesi si ritirano. Il vero motivo fu un altro: i giapponesi non gradirono farsi aiutare da stranieri e per orgoglio dovevano combattere la ribellione con le loro forze. Dopo diversi tentativi falliti di attacco, e a seguito della morte di Itakura in uno degli assalti, l’armata dello shogunato passò al nuovo comandante Matsudaira Nobutsuna. Gli insorti riuscirono a resistere per altri due mesi, ma le condizioni climatiche e la tenacia degli assedianti cominciavano a farsi sentire. Il freddo dell'inverno aveva danneggiato entrambe le fazioni, ma le truppe dello shogunato ricevevano periodicamente dei rinforzi a differenza dei ribelli, che, oltretutto, cominciavano ad esaurire le munizioni e le scorte di cibo. Nell'aprile del 1638, Matsudaira aveva al suo comando circa 125000 guerrieri. Sapendo delle condizioni difficili dei ribelli, Matsudaira inviò un messaggio di resa in cui prometteva il totale perdono per tutti i non cristiani e per coloro che avessero ritrattato la loro fede. Al messaggio rispose lo stesso Amakusa Shiro scrivendo che tutti erano cristiani e sarebbero morti per la loro fede. Il 12 aprile del 1638, l’esercito dello shogunato riuscì fare breccia nel castello. Gli scontri terminarono definitivamente il 15 aprile, con la sconfitta delle ultime sacche di resistenza. Tutti gli insorti sopravvissuti, compresi donne e bambini, furono decapitati, e i loro corpi ammassati e sepolti tra le rovine del castello, che fu incendiato e completamente raso al suolo. La testa del capo della rivolta, Amakusa Shiro, fu portata fino a Nagasaki ed esposta al pubblico per diversi giorni, come monito per la popolazione. Lo shogunato prese seri provvedimenti anche nei confronti dei comandanti del suo stesso esercito: diversi daimyo furono considerati responsabili della rivolta e vennero decapitati; Matsukura Katsuie, la cui politica tirannica fu tra le cause della rivolta, fu indotto a compiere il seppuku, il suicidio rituale. I clan che diedero il loro contributo militare all'esercito dello shogunato furono invece ricompensati venendo esentati dai periodici contribuiti che dovevano versare allo shogun. La grande rivolta di Shimabara fu l’ultimo tentativo di resistenza da parte dei cristiani giapponesi. Dopo la rivolta, lo shogunato sospettò i cattolici occidentali come aiutanti degli insorti. L’evento influenzò il decreto di espulsione degli occidentali dal Giappone del 1639. Xilografia del XIX secolo raffigurante Amakusa Shiro Resti del castello di Hara. La struttura fa parte del bene protetto dall’UNESCO “siti cristiani nascosti della regione di Nagasaki” 6. Che cosa rimane? Per quasi tutta la durata del periodo Edo, i cristiani rimasero nascosti sotto gli occhi dello shogunato Tokugawa. A seguito della spedizione navale USA guidata dal commodoro Matthew Perry, nel 1853 il Giappone fu riaperto ai rapporti con l'estero. Nonostante il Cristianesimo fu ancora bandito, giunsero molti religiosi cristiani. Sotto il governo dell’imperatore Meiji, nel 1871 fu introdotta la libertà religiosa, riconoscendo così alle comunità cristiane il diritto all'esistenza. Dopo più di 200 anni, l’epoca dei cristiani nascosti finì. Oggi il Cristianesimo viene praticato da meno dell'1% della popolazione giapponese, con comunità cattoliche concentrate perlopiù a nord dell’isola di Kyushu, principalmente nelle vicine città di Nagasaki, Hirado e Goto. Circa il 70% delle chiese risulta essere normalmente frequentata da meno di 30 fedeli. Una chiesa nei pressi di Hirado Spero che questo post sia stato di vostro gradimento! 😄 Alla prossima, Xenon972 punti
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Sicuramente Onorio. Avrei detto vrbs Roma.... Ma al rovescio vedo AV. Domani la controllo con calma...da cellulare è sempre difficile2 punti
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Posto un esemplare da 6 tornesi del 1801 contromarcato con B rovesciata e con asterisco in basso e in alto...2 punti
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In effetti non è una variante, ma solo un curioso dettaglio, uno dei tanti della monetazione borbonica napoletana2 punti
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Bellissima discussione. vorrei offrire la mia interpretazione. All'origine, nel conio c'erano le canoniche 12 Torrette nel campo del Portogallo. A causa di una otturazione parziale del conio relativamente alle due torrette indicate dalle due frecce, si era creato un varco. Le monete coniate risultavano con 10 Torrette intere + 2 parziali. Per questo motivo si è proceduto alla punzonatura di una torretta nel varco che si è creato, fra il frammento della torretta inferiore ed il frammento della torretta superiore. Non so proprio se intenderla una variante, visto che per me è un intervento di sistemazione di un problema, a mio avviso, momentaneo, in attesa della creazione del nuovo conio del rovescio. La risultante dell'intervento di correzione è stato 11 Torrette intere + 2 frammentate. Per carità, potrebbe anche questa cosa essere intesa come variante (ed una parte di me lo pensa)... per cui mi sento di dire "variante minore"; resta il fatto che è una cosa interessante che mette in luce le dinamiche di zecca. Un abbraccio a tutti2 punti
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Si , fino al 540 , anno della conquista durante la guerra gotica , dal 540 in poi dopo essere stati cacciati da Ravenna la capitale ostrogota divenne Pavia . Una brevissima storia di Ravenna a partire dal V secolo : Nel 402 l'imperatore Onorio trasferì da Milano a Ravenna la capitale dell' Impero romano d' Occidente . Ravenna rimase capitale dell' Impero romano fino al 476 quando il re degli Eruli Odoacre depose Romolo Augusto . Con lo scoppio della guerra greco-gotica nel 535 il generale bizantino Belisario per conto dell' Imperatore Giustiniano I conquistò Ravenna nel 540 elevandola a capitale dell' Esarcato bizantino d' Italia .2 punti
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Per la propagazione della fede in oriente, a Roma si stampavano delle immagini dei Santi con lo sfondo tipicamente orientale destinate a quelle popolazioni. Grazie a Xenon per questa interessante discussione. Di seguito delle immagini della vita di San Francesco.2 punti
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Oggi proprio due cosette a 50 cent ciascuna. Un 10 cent della Sierra Leone del 1964, un nominale mai visto in ciotola sino ad ora: Ed un gettone pubblicitario belga della fine dell'800 per un mio amico che li colleziona. Ho perfino trovato la sua scheda su Numista: 3.6 Francs - Aux Trois François - Belgium – Numista Aux Trois François - la più grande cappelleria del Belgio in una foto dell'epoca.2 punti
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Due righe sulle origini di questo Imperatore , forse screditato dalla storia per il presunto tradimento militare verso Traiano Decio . C. Vibio Treboniano Gallo apparteneva alla Gens Vibia , mentre Treboniano derivava forse dal gentilizio della madre Trebonia , oppure che questo secondo gentilizio fosse stato acquisito da una adozione della Gens Vibia da quella Trebonia . Gallo era invece il cognomen (soprannome) L' origine territoriale di Vibio Treboniano e' controversa in quanto il gentilizio Vibia e' spesso ritenuto di origine osca , probabilmente a causa del nome del capuano Vibio Virro il quale nel corso della seconda guerra punica istigo' il Senato di Capua a passare al partito cartaginese piuttosto che romano , riuscendoci , questo fatto quando i Romani riconquistarono Capua gli costo' il suicidio insieme ad altri senatori capuani . La Gens Vibia (etrusca Vubia) e' attestata anche nel Lazio e in Umbria probabile origine dei Vibii , infatti il nostro Imperatore secondo altre fonti era dato nativo dell' attuale Monte Vibiano Vecchio (Ubianum-Montebiano) , localita' di antica origine etrusca-umbra nel Comune di Marsciano (PG)2 punti
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Purtroppo dove mi trovo al momento non ho i libri con me. Un valore lo avranno di certo bisogna controllare. Riproponimi la domanda fra una settimana (spero) in una discussione dedicata con foto che credo si possano si pubblicare, in fondo qui stiamo facendo filatelia. @dux-sab a presto.2 punti
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Il 1617 segna il passaggio dai tornesi con cornucopia e impresa pietra/acciarino a quelli con l'ara. Data la rarità, R4, della prima tipologia sì può ipotizzare che sia stata prodotta in pochi esemplari. Però abbiamo potuto appurare la presenza di tornesi ibrido. Tornese I tipo Tornese II tipo IBRIDO 1: dritto I tipo/rovescio II tipo INEDITO IBRIDO 2 : dritto del tipo con bastoni (sconosciuto per il 17) / rovescio II tipo INEDITO Mi piacerebbe sapere se ci sono altri tornesi ibridi, probabilmente dovremmo avere anche un ibrido 2 con rovescio di tipo I1 punto
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cari amici volevo segnalarvi la presenza su un'asta greca, la Karamitsos, la presenza di queste curiose e, immagino, rarissime monete. si tratta di un tarì e un calino di Carlo II d'Asburgo che presentano una contromarca rispettivamente da 50 e 25 paras, presumibilmente datate 1813-14. la cosa sorprendente è l'utilizzo di monete di un secolo e mezzo prima e per di più di Napoli. le monete hanno una base d'asta di 7000 e 6000 franchi svizzeri.1 punto
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Si racconta che, all’età di 9 anni, il futuro grande matematico tedesco Carl Friedrich Gauss (1777-1855) risolse in modo brillante un macchinoso calcolo che il suo maestro aveva sottoposto agli allievi sperando di tenerli occupati a lungo: trovare la somma dei numeri da 1 a 100. Scrivendo in una fila la serie da 1 a 50 e in un’altra fila sotto la prima, in senso contrario, la serie da 51 a 100, Gauss si accorse che ogni volta la somma dei due numeri incolonnati (1+100, 2+99, ecc.) dava 101; comprese così che la soluzione era data dalla veloce moltiplicazione 50 x 101 = 5050. apollonia1 punto
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Mi sembrava chiaro: sotto Vespasiano: 69-79 d.C. L'anno preciso non mi sembra individuabile date le condizioni della moneta.1 punto
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Penso che si tratti più di pubblicizzare truffe o raggiri vari... Basterebbe sapere chi paga tutte quelle pubblicità, articoli e siti farlocchi sugli euro/lire con errori o pseudo errori, per comprendere che tipo di utilità ha in questo. L'Agicom dovrebbe intervenire.1 punto
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Da Palermo ed al nome di Ruggero II, un non comune esemplare di ducato con al diritto il re ed il figlio che sostengono una croce ed al rovescio busto frontale di Gesù Cristo contornato da leggenda . Sarà il 6 Aprile in vendita Munzen Gut-Lynt 15 al n. 2782 . Unisco, dal vecchio ( 1992 ) manuale di Biaggi, questa tipologia lì censita .1 punto
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per stile del diritto e della testa ricorderebbe un bronzetto di hipponium, ma il R/ vi è un anfora. HN n.2244, tav 371 punto
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Non era una contromarca greca su moneta in argento, ma era una moneta in rame di Ferdinando IV . La contromarca era uno scudetto con all'interno la scritta "SC ARA FON" su tre righe e purtroppo non si riuscì a capire da chi fosse stata apposta.1 punto
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Buon pezzetto, ma credo che gli slaab su queste monete non sia consono.. Da queste ultime foto non si evidenziano airlines o lucidature come invece si notavano dalle prime. Come tutte le monete Medicee queste piastre in spl vero diventano Ancor piú rare da poter reperire e si contano sulle dita di una mano. Considera che un vero spl non lucidato siamo sulle 4 k a trovarla. Un saluto1 punto
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Piccola scultura tradizionale giapponese in avorio Misure: 5 cm x 2,5 cm x 1,5 cm Peso: 16,8 g. Dietro la scultura è forata da due buchi per i quali passava un cordoncino in seta che serviva a fissare alla cintura del kimono un contenitore come la scatoletta delle medicine o la scatola del tabacco o l’astuccio della pipa tradizionale giapponese. I kimono giapponesi non avevano le tasche e i piccoli oggetti o cose che le persone si portavano appresso erano messi in contenitori (portamonete, porta tabacco, portaspezie ecc.) attaccati alla cintura (obi) di seta con una corda. Per evitare che questi contenitori scivolassero via, all'estremità opposta della corda si attaccava un piccolo oggetto del genere (netsuke) che serviva da fermo oltre che da ornamento. apollonia1 punto
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due immagini fatte alla luce naturale (quelle da me postate mi erano state mandate, ma fatte con luce artificiale per evidenziare i dettagli della moneta, tanto artificiale da renderla argento pulito come giustamente da Voi evidenziato). Posto quelle più veritiere dello stato. buona giornata e grazie per i riscontri1 punto
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Ciao Raff,io ne considererei 11,le altre due sembrano il risultato di uno scivolamento...1 punto
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Interessante e’ la figura di Nicola Ielpo da cui parte tutto https://www.festivaldellamoneta.it/nicola-ielpo1 punto
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Esatto,senza entrare nei dettagli,non dovremmo neanche postar monete del Regno allora tipo fasci littori in evidenza o le patacche mussoliniane o altro di fazioni opposte a quelle ( risoluzione parlamento europeo 19 settembre 2019) ecc ecc Qui si fa collezionismo,storia.😉1 punto
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Sul Nomisma sono catalogate con contromarca greca il tarì del 94,al numero 57 di pagina 170,e il carlino dell'89,al numero 82 di pagina 172,mentre il tarì in discussione è chiaramente un 92 come correttamente classificato dalla casa d'asta...1 punto
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Link al sito! https://www.edizionidandrea.com/1 punto
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Come immaginavo, Covo piccolo paese in provincia di Bergamo. È un atto privato per il pagamento di interessi. Non servono altre immagini, ora servirebbe controllare le marche da bollo con i libri che purtroppo finché non torno a casa non ho. Se non ci fossero altri apporti dal forum in merito e mi dovessi dimenticare, ti prego di ripropormi la conversazione.1 punto
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Ho trovato anche questo: Il rapporto col ducato d'oro nel corso dei secoli era andato variando, fino a giungere nel 1455 a 124 soldi, cioè 6 lire e 4 soldi (6 × 20 + 4 =124). Un decreto del senato del 2 agosto sanciva questo rapporto, ordinando che i pagamenti alle casse pubbliche dovessero avvenire almeno per metà in oro, il resto in moneta valutata 124 soldi per ducato. Ne era nata una nuova unità di conto, il ducato corrente, normalmente impiegata come valore superiore della scala. Il ducato corrente restò immutato in questo suo valore di 6 lire e 4 soldi fino alla caduta della Repubblica. Con l'introduzione del ducato corrente la moneta di conto s'articolava ora in un unico sistema: 1 lira di grossi = 20 soldi grossi = 240 denari grossi = 10 ducati correnti = 62 lire di piccoli 1 ducato corrente = 6 lire e 4 soldi di piccoli = 124 soldi di piccoli 1 lira di grossi = 62 lire di piccoli = 1240 soldi di piccoli mezzo ducato = 1 soldo di grossi = 12 denari grossi 1 ducato = 24 grossi, ciascuno dei quali suddiviso in 32 denari = 768 denari. In linea teorica qualsiasi unità di conto della scala poteva essere utilizzata per esprimere qualsiasi grandezza valutabile in moneta. In pratica i prezzi dei beni e dei servizi più comuni venivano dati in ducati, lire, soldi e denari piccoli, così anche le obbligazioni di importo non grande, mentre la lira di grossi era ad esempio la moneta delle polizze d'assicurazione e di certi pagamenti pubblici. Ma quando non c'è una specificazione oppure si parla di lira veneziana deve intendersi la lira di piccoli. Con la lira di piccoli si misurava il valore di scambio delle varie monete effettive, coordinate in base al metallo del quale erano fatte, al peso, al fino. Il rispetto di questo principio garantiva l'armonia della costruzione, chiudendo la strada a speculazioni e arbitraggi. I valori erano soggetti a mutamenti e si movevano obbedendo all'andamento del mercato o negli ordini di un corso legale la cui regolazione era nell'epoca considerata uno dei più efficaci strumenti di politica monetaria Il valore di 124 soldi, cioè lire 6 soldi 4 di piccoli, assegnato al 1472 dal Papadopoli, e sulle sue orme da altri, va invece anticipato al 1455, sulla base di una deliberazione del senato del 2 agosto, che disponeva che i pagamenti alle casse pubbliche dovevano essere fatti almeno per metà in oro e per l'altra metà in monete in ragione di 124 soldi per ducato . Questa quotazione trova conferma, almeno dalla fine del 1453, nella lunga serie di dati raccolti da Lane e Mueller , e restò stabile fino agli anni di Cambrai1 punto
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Portala da un perito, paghi e avrai la risposta al tuo dilemma... Solo che avrai la stessa risposta avuta qui ma che pagherai per averla...1 punto
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Mi sono permesso di correggere la locandina 😁 per saperne di più sull'immagine in primo piano a SX: Francesco Giannone, Il ventennale dell’AIAM, 1983. SUGGESTIONI IN METALLO L’ARTE DELLA MEDAGLIA TRA OTTOCENTO E MODERNITA’ https://www.numismaticadellostato.it/pns-pdf/BdN/pdf/BOLLNUM-60.pdf Njk1 punto
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Proprio in questi giorni, 40 anni or sono, sono arrivato in Libia a Misurata per un impegno lavorativo protrattosi per circa 4 mesi ed In quei miei primi, ed anche ultimi, 115 giorni in Africa, ho raggiunto 2 volte Leptis Magna . Di questo notevole sito archeologico, unisco un poco di immagini da una pubblicazione di allora, acquistata all' ingresso agli scavi . Le ultime 2 immagini sono di una banconota allora in corso, con raffigurazione dell' arco di Traiano a Leptis .1 punto
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@lucius LX Purtroppo di questo ripostiglio esiste un report ufficiale fatto dalla divisione francese dei beni culturali, la DRAC e consegnato in copia alla moglie dello scopritore unitamente al ripostiglio al termine dell'analisi e prima della messa in vendita regolare su cgb. Nel 2022, Marie Brillant (la referente per CGB delle monete antiche) interrogata da me per avere copia del report, dopo qualche scambio di mail mi disse che avrebbe contattato direttamente lo scopritore per poi girami copia del tutto. Purtroppo qualche settimana dopo la nostra ultima mail mi scrisse dicendomi: "The discoverer of the treasure is unfortunately deceased and his wife cannot findthe report of the DRAC". All'epoca sia Marie Brillant che un funzionario del DRAC mi dissero che era anche in pubblicazione uno studio su una serie di ripostigli francesi tra cui molto probabilmente sarebbe finito anche questo tesoro - ignoro se in analisi completa o come raffronto con qualche breve cenno - tuttavia non ho più avuto informazioni su questa pubblicazione e non so se sia già uscita in stampa o se si sia arenata da qualche parte. Ahimé le sole informazioni che posseggo su questo ripostiglio - di cui anch'io ho qualche esemplare - sono le scarne note che si possono recuperare sul sito di CGB. Nella serie dei Tresors Monetaires della BNF (ferma al momento a 30 volumi) non è ancora stato pubblicato. https://antiquitebnf.hypotheses.org/179901 punto
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Dopo un'attenta visione del pezzo, correggo... Ribattuto su tornese di Filippo III1 punto
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scusate, mi permetto qualche precisazione, anche se mi perdonerete, ma ammetto di aver letto velocemente 1 - la moneta in questione è d'argento e non è suberata .... è semplicemente successo quello che accade a molti di questi argenti, si è cristallizzata e diventata quindi fragile e dura... 2 - il foro non è né per appenderla, né occasionale dovuto alla frantumazione del piombo agglomerato come accade nei nummi... mi pare più un colpo o occasionale o volontario dato con un oggetto quadrato... un chiodo? che il buco sia molto più moderno non è da escludere... ho visto monete rovinate dai lavori agricoli nei campi...1 punto
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Buonasera a tutti, grazie ancora @gennydbmoney. Era anche accompagnato... Lo ripropongo con piacere sul mio solito panno. Saluti Alberto1 punto
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Ringrazio per i complimenti. Ogni tanto la numismatica finisce anche in prima pagina... e senza reati connessi... 😉 presto su academiaedu il pdf dell'articolo pubblicato su Panorama Numismatico n°399 Mario1 punto
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In quella stessa asta passò un sebeto, ad oggi penso sia il più raro di tutti, senza nulla togliere agli altri... Un 1734 NEAP...1 punto
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