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Ciao a tutti, fra le mie tante passioni "Imperiali" ho un amore sconfinato per l'Anfiteatro Flavio o, se preferite, il Colosseo Da questa ne consegue una passione particolare anche per la dinastia dei Flavi, nel corso di questa mia avventura numismatica mi sono ero ripromesso di avere almeno un denario per ognuno dei tre. Ovviamente i Flavi non hanno costruito solo l'Anfiteatro, Vespasiano e Tito furono valenti generali e politici, anche Domiziano in parte, purtroppo ha poi avuto una parabola discendente simile a quella di Nerone, non sta comunque a me raccontarvi la loro storia ovviamente, già sono state scritte molte parole anche su questo forum da mani molto più autorevoli delle mie. Fino a qualche giorno fa la mia ricerca era rimasta in "pausa" vista la parentesi obbligata con la dinastia Giulio-Claudia, dopo aver concluso (per modo di dire...non si conclude mai veramente 😀) una soddisfacente collezione di bronzi (i loro denari sono un tantino proibitivi per me) dei primi 5 Imperatori ed aver accantonato con un "magari un giorno" il mitico trio Galba-Otone-Vitellio, sono tornato alla ricerca dei Flavi. Finalmente da pochi giorni sono riuscito a trovare tutto (per ora 😃) quello che cercavo e ho pensato quindi di condividere anche con voi queste monete. Iniziamo quindi con Vespasiano con un piacevole denario con Ceres al rovescio, è una delle prime monete che ho comprato, il venditore ha tralasciato alcune parti della classificazione quindi nel caso ci fossero degli errori vi sarei grato delle eventuali correzioni: Roma - 77-78 d.C. - Cohen 53, RIC 970(?) - 3.50g x 18mm Al D/ CAESAR VESPASIANVS AVG; testa laureata, sinistra. Al R/ CERES AVGVST; Cerere stante a sinistra con spighe nella destra e lungo scettro nella sinistra. Proseguiamo con Tito, il più ostico da trovare, alla fine però ne ho aggiunti addirittura due, tra l'altro sono molto soddisfatto perché sono particolari. Il primo denario è del 79 d.C., anno dell'eruzione del Vesuvio e della tragedia di Pompei e Ercolano, questa moneta, con il capricorno al rovescio (simbolismo che rimanda ad Augusto), è simile a quella ritrovata a Pompei (ma la mia ha il PP) e che ha suscitato inizialmente tanto scalpore perché sembrava dover spostare la data dell'eruzione da agosto a ottobre, la cosa mi risulta sia stata poi smentita, lo spiega però meglio di me Umberto Moruzzi in questo interessante articolo: https://www.cronacanumismatica.com/verita-numismatica-e-fake-news-esiste-la-moneta-che-riscrive-la-data-delleruzione-del-vesuvio/ Roma - 79 d.C.- RIC 19 - 3.39g x 18mm D/ IMP TITVS CAES VESPASIAN AVG P M; testa laureata. R/ TR P VIIII IMP XIIII COS VII P P; capricorno sopra globo. Il secondo è dell'80 d.C., anno dell'inaugurazione dell'Anfiteatro Flavio, presenta al rovescio un elefante e dovrebbe essere fra le monete coniate in occasione proprio dell'inaugurazione, una cosa che mi affascina in maniera incredibile. Da notare che purtroppo ha subito una pulizia/lucidatura che in ogni caso, fortunatamente, almeno a mio modesto parere, non ne ha comunque rovinato la bellezza. Roma - 80 d.C. - RIC 115 - 3.52g x 18mm D/ IMP TITVS CAES VESPASIAN AVG P M; testa laureata. R/ TR P IX IMP XV COS VIII P P; elefante. Concludiamo quindi con Domiziano con un denario che presenta al rovescio una bellissima Minerva sulla prua di una nave con tanto di civetta. Roma - 95 d.C. - RIC 771 - 3.17g x 19mm Al D/ IMP CAES DOMIT AVG GERM P M TR P XIIII; testa laureata. Al R/ IMP XXII COS XVII CENS P P P; Minerva su prua con civetta. Spero davvero che abbiate gradito le monete, vi ringrazio per l'attenzione, Matteo9 punti
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Prologo 20 agosto 1570, provincia di Hizen. Gli eserciti dei due clan più potenti del nord Kyushu si stanno per scontrarsi, dando inizio alla così detta battaglia di Imayama. Da una parte abbiamo l’esercito del clan Ryuzoji, costituito da soli 5000 guerrieri comandanti dal daimyo Ryuzoji Takanobu; dalla parte opposta abbiamo la coalizione guidata dal clan Otomo, forte di 60000 guerrieri agli ordini di Otomo Chikasada, fratello del daimyo Otomo Sorin. Prima della battaglia, i guerrieri del clan Otomo iniziano a pregare, sperando nella vittoria grazie all’aiuto divino. Pregano per qualche divinità shintoista? No. Pregano pronunciando qualche mantra buddista? No! Pregano per la Vergine Maria e Gesù Cristo! Sembra una cosa strana, non trovate? Oggi spiegheremo brevemente la storia del Cristianesimo in Giappone, dalla sua diffusione fino alla caduta. 1. L’inizio del cristianesimo in Giappone Principali clan durante il periodo Sengoku La storia del cristianesimo in Giappone comincia verso la metà del XVI secolo, in pieno periodo Sengoku. A quel tempo il Sol Levante era ancora terreno di scontro tra decine e decine di clan, desiderosi di prendere il controllo di più territori possibili. Nel 1543 una nave cinese diretta verso l'isola di Okinawa fu costretta a ormeggiare nella piccola isola di Tanegashima a causa di una tempesta. A bordo della nave cinese erano presenti anche mercanti e avventurieri portoghesi, tra cui l’esploratore Fernão Mendes Pinto. La nave venne sequestrata e il signore dell'isola, Tanegashima Tokitaka, entrò in possesso di due archibugi. Capite le potenzialità di queste armi, Tokitaka affidò i due archibugi al suo armaiolo di fiducia, ma questo non riuscì a riprodurre il complesso scodellino dell'archibugio. Il problema si risolverà l'anno successivo, quando i portoghesi tornarono a Tanegashima portando un loro armaiolo che venne messo a servizio del signore dell'isola. Nacque così il tanegashima-teppo, il primo archibugio giapponese. Pinto ritornò presso le coste della Cina, e contattò diversi mercanti portoghesi che si dimostrarono molto interessati a iniziare i commerci con il Giappone. Oltre ai mercanti, nelle terre giapponesi arrivarono anche missionari di vari ordini cristiani. Il più importante fu lo spagnolo Francesco Saverio, membro della Compagnia di Gesù considerato il pioniere della diffusione del Cattolicesimo in Asia. Nel 1547 Saverio incontrò alcuni giapponesi nella penisola di Malacca, tra cui un certo Anjirò, un fuggitivo accusato di omicidio. Anjirò raccontò la sua vita, i costumi e la cultura giapponese a Saverio e gli propose di estendere l'evangelizzazione al Giappone. Anjirò fu il primo giapponese a convertirsi alla fede cristiana e assunse il nome di Paulo de Santa Fé. Nel 1549 Saverio, insieme ad Anjirò e ad altri tre missionari gesuiti, si unì alla nuova spedizione di Pinto diretta a Kagoshima, importante città situata a sud dell’isola di Kyushu. Il gesuita fu accolto amichevolmente da Shimazu Takahisa, daimyo di Satsuma e capo del potente clan Shimazu, ma l'anno successivo proibì la conversione dei suoi sudditi al cristianesimo sotto pena di morte. Per imparare la lingua e la cultura locale, Francesco fu ospitato dalla famiglia di Anjiro fino all'ottobre del 1550. Da ottobre a dicembre del 1550 risiedette a Yamaguchi, città principale della regione di Chugoku. Poco prima di Natale partì per Kyoto con l’intento di incontrare l’imperatore, ma il piano fallì a causa delle guerre che imperversavano in tutto il Giappone. Il gesuita tornò a Yamaguchi nel marzo 1551, dove il daimyo della provincia, Ouchi Yoshitaka, gli diede il permesso di predicare. In questi tre anni il numero di missionari, gesuiti e di altri ordini come quello francescano, aumentò e furono fondate diverse congregazioni cristiane in varie città e province, tra le quali spicca quella di Bungo. Tuttavia, il popolo giapponese non si convertì facilmente in quanto molte persone erano già buddiste o shintoiste. Francesco cercò di combattere la rigidità di alcuni giapponesi secondo cui un Dio che aveva creato tutto, compreso il male, non poteva essere buono. Nonostante la diversa religione, Saverio descriveva i giapponesi come brave persone, riassumendo il tutto come la razza migliore tra i pagani. Criticò invece l’omosessualità, una caratteristica molto diffusa nel Giappone feudale. Nel 1552 Francesco decise di ritornare in India, ma nello stesso anno morì nell’isola cinese di Sancian. Il corpo fu sepolto nella città coloniale portoghese di Goa. Il successo dei missionari dipendeva da vari fattori. Prima di tutto c’era una forte somiglianza tra i missionari e i monaci buddisti, in particolare per la disciplina in quanto era un punto fondamentale da entrambe le parti. Diversi giapponesi credevano di avere a che fare con una nuova filosofia di buddismo, tanto che Cristo poteva essere scambiato per Amida, nome nipponico di Amitabha Buddha. Inoltre, i nipponici ammiravano il coraggio dei missionari, uomini venuti da terre lontane che si addentravano in terre ignote. Tuttavia, il vero successo era solo per natura economica: i signori locali giapponesi più potenti ricavavano grandi profitti dal commercio con gli europei, accogliendo favorevolmente i missionari pur di non rovinarne i rapporti. Un altro fattore era quello militare, dove molti daimyo sollecitavano mercanti e missionari per nuove risorse e armi, specialmente archibugi e navi. Le conversioni ricoprivano una vasta massa di gente, dai contadini fino alle classi più nobili, come la casta dei samurai. Durante le battaglie, i samurai cristiani si gettavano nella mischia portando rosari, urlando e invocando il nome di Gesù o della Vergina Maria, con la speranza di riceverne il supporto. Furono proprio alcuni samurai cristiani a uccidere il tredicesimo shogun dello shogunato Ashikaga, Ashikaga Yoshiteru. Oltre a contadini e samurai, si convertirono al Cristianesimo anche diversi daimyo. Le due parti successive del post saranno incentrate sui signori della guerra cristiani più importanti: Omura Sumitada e Otomo Sorin. San Francesco Saverio in un dipinto di Bartolomé Esteban Murillo Il viaggio percorso 2. Breve storia di Omura Sumitada Emblema del clan Omura Omura Sumitada è uno dei daimyo più importanti e conosciuti della storia giapponese in quanto fu il primo signore feudale a convertirsi al Cristianesimo, oltre a essere il principale responsabile dell’apertura del porto di Fukae, l’odierna Nagasaki, al commercio estero. Shodomaru nacque nel 1533 da Arima Haruzumi, signore di Shimabara e capo del clan Arima, e da una figlia di Omura Sumiyoshi. All’età di cinque anni fu adottato da suo zio Omura Sumisaki. L’adozione fu una scelta strategica in quanto lo zio non aveva eredi legittimi, ma Sumisaki adottò prontamente il giovane Shodomaru grazie agli antichi legami di parentela tra il clan Arima e Omura. Al momento della sua successione, il giovane Shodomaru cambiò il nome in Omura Sumitada. Il regno iniziò in modo turbolento tra coinvolgimenti di parenti e pressioni di altri clan, ma il pericolo più grande fu l’invasione dei territori da parte del clan Ryuzoji. Sumitada doveva trovare immediatamente degli alleati. Nel 1561, in seguito all'assassinio di stranieri nella città di Hirado, i portoghesi iniziarono a cercare altri porti dove poter commerciare. In risposta alla loro ricerca, nel 1562 Sumitada offrì un rifugio sicuro nel suo dominio, dando speciali privilegi ai mercanti portoghesi nel porto di Fukae e la libertà di predicare ai gesuiti. Nel 1563, Sumitada si convertì al Cristianesimo, battezzato con il nome di Bartolomeo. Tuttavia, la conversione fu accolta molto negativamente da alcuni sudditi. La ribellione portò alla distruzione di Fukae e alla fuga di Sumitada, ma grazie all’aiuto dei portoghesi riuscì a sedare la rivolta e a stabilizzare i domini. Nel 1572 ci fu un’altra invasione da parte di Saigo Sumitaka, ma la minaccia fu definitivamente sventata nel 1574, sempre con l’ennesimo contributo dei portoghesi. Nello stesso anno Sumitada diede inizio alla repressione delle altre religioni; numerosi templi furono distrutti, e tutti gli abitanti del suo dominio furono obbligati a convertirsi al Cristianesimo o essere uccisi sul posto. Negli anni 1577 – 1578, il daimyo Ryuzoji Takanobu, il più potente della regione nord del Kyushu, prese di mira i domini di Sumitada. Preoccupato del fatto che Takanobu avrebbe cacciato gli stranieri una volta che gli Omura fossero sconfitti, Sumitada “concesse” il porto di Nagasaki ai gesuiti, mantenendo i diritti di riscuotere le tariffe doganali sulle merci che passavano attraverso il porto. Nel 1580 Sumitada si sottomise ai Ryuzoji, diventandone così vassallo. Dopo la guerra Ryuzoji – Shimazu, nel 1587 il dominio di Omura si sottomise immediatamente al potente signore della guerra Toyotomi Hideyoshi, successore di Oda Nobunaga nella riunificazione del Giappone, anche se subirono la perdita del porto commerciale di Nagasaki che passò sotto il controllo diretto di Hideyoshi. Nello stesso anno Omura Sumitada morì di tubercolosi e gli succedette il figlio Yoshiaki, anche lui cristiano battezzato con il nome di Sancho. La devozione di Sumitada al Cristianesimo venne illustrata dal gesuita Luís Fróis, che descrisse un breve episodio: mentre Omura Sumitada era in marcia per la guerra, accadde che passò per la strada come un idolo, Marishiten di nome, che è il loro dio delle battaglie. Quando lo superano, si inchinano e gli pagano la riverenza, e i pagani che sono a cavallo scendono da cavallo come segno del loro rispetto. Ora l'idolo aveva sopra un galletto. Quando il daimyo arrivò con il suo squadrone fece fermare i suoi uomini e ordinò loro di prendere l'idolo e bruciarlo insieme a tutto il tempio; e prese il galletto e gli diede un colpo con la spada, dicendo "oh quante volte mi hai tradito!" E dopo che tutto fu bruciato, fece erigere una croce molto bella nello stesso punto, e dopo che lui e i suoi uomini gli avevano prestato una profonda riverenza, continuarono la loro strada verso le guerre. Antica raffigurazione europea di Omura Sumitada 3. Breve storia di Otomo Sorin Emblema del clan Otomo Volete un daimyo che rispetti i tre principali motivi (devozionale, economico, militare) per la sua conversione al Cristianesimo? Ci sta solo un nome: Otomo Sorin. Otomo Sorin nacque nel 1530 da Otomo Yoshiaki, capo dell’omonimo clan e signore del dominio di Funai, mentre per la madre non ci sono informazioni storiche. Il progetto del padre era di disegnare come suo successore Shioichimaru, fratellastro paterno di Sorin, e aveva un piano per eliminare sia Sorin che Chikazane, il suo tutore. Tuttavia, nel 1550 l’attentato fallì e il vassallo anziano del gruppo di Sorin sollevò una ribellione. La rivolta provocò l’uccisione del padre, di Shioichimaru e di sua madre. Il giovane Sorin divenne così il ventunesimo capofamiglia del clan Otomo. Sorin fu un daimyo molto abile nella diplomazia, tanto che nel 1551 riuscì a far cessare il “secolare” scontro tra il suo clan e quello di Ouchi. Nello stesso anno, incontrò personalmente il gesuita Francesco Saverio, concedendone la libertà di predicare nei suoi domini, ma la scelta provocò una ribellione di alcuni vassalli, scatenando un vero e proprio conflitto religioso. Sedata la rivolta, la città di Funai, l’odierna Oita, divenne un porto importante simile a Nagasaki, frequentato da preti gesuiti, mercanti, banditi e pirati. Oltre a favorire le relazioni con i cristiani, tanto che lo designavano come Re di Bungo, Sorin combatté una serie di battaglie negli anni successivi, conquistando nuove province e consolidando il territorio. In questo periodo è attestato anche l’invio di delegazioni politiche alla città portoghese coloniale di Goa, in India. Nel 1557, gli Otomo iniziarono una guerra con il clan Mori, famoso per la sua potente flotta. Il conflitto fu veramente aspro, tanto che nel 1559 intervenne lo shogun Ashikaga Yoshiteru per porre fine alla disputa. Con grande abilità diplomatica, Sorin inviò un enorme donazione allo shogun, che ricompensò il signore degli Otomo con la nomina di shugo, ovvero signore provinciale ufficiale. Nel 1562, Sorin entrò nel sacerdozio e prese il secondo nome di Kyuan Sorin. Fornendo continuamente molto sostegno alla famiglia shogun Ashikaga, nel 1563 fu nominato shobanshu, una carica superiore a quella di shugo. La mediazione con lo shogunato aveva un unico scopo: ottenere maggiori vantaggi nei negoziati di riconciliazione con il clan Mori. Pensate che la pace durava così a lungo durante il periodo Sengoku? Nel 1569, il clan Mori invase un territorio vassallo di Sorin, scatenando così un nuovo conflitto. Durante la guerra, Sorin chiese ai mercanti e ai gesuiti salnitro di buona qualità, archibugi e cannoni in quanto si considerava protettore della cristianità. Si dice che sia stato proprio l’esercito di Sorin a usare per la prima volta un cannone “moderno” in Giappone. L’esercito Mori fu sconfitto nella decisiva battaglia di Tatarahama. A questo punto, Sorin controllava un grande territorio che comprendeva le province di Bungo, Chikuzen, Chikugo e la maggior parte di Buzen. Inoltre, aveva influenza sulle province di Hugo, Hizen e Iyo. Nel 1570 iniziò il declino degli Otomo, con la sconfitta nella battaglia di Imayama da parte del clan Ryuzoji. Nella battaglia perse la vita il fratello minore di Sorin, Otomo Chikasada. Nel 1576, il quarantaseienne Sorin decise di condividere il potere con il figlio Yoshimune, instaurando un governo dualistico. L’anno successivo, la coalizione guidata da Sorin contro il clan Shimazu subì una sconfitta talmente schiacciante nella battaglia di Mimi-kawa che gli Otomo persero molti vassalli e territori. Inoltre, le dispute per il potere con il figlio si facevano sempre più dure e pressanti. Nell'agosto del 1578, Sorin fu battezzato da padre João con il nome di Francesco, e inviò una lettera di avviso al re del Portogallo. Ogni giorno prima del suo battesimo, Sorin ripeteva cinquanta preghiere dell'Ave Maria (una per ogni grano della catena del rosario) e cinquanta preghiere del Signore per tre volte al giorno: mattina, mezzogiorno e sera. Oltre a favorire la diffusione del Cristianesimo e i commerci con Spagna e Portogallo, Sorin seguì anche un piano simile a quello di Omura Sumitada, con la distruzione dei templi e costringendo la popolazione dei suoi domini a unirsi alla nuova religione. Nello stesso periodo, costruì il primo ospedale generale del Giappone, una struttura specializzata nella scienza medica occidentale dove le persone del dominio potevano sottoporsi a controlli gratuiti. Nel 1582, Sorin inviò la così detta Ambasciata Tensho, la prima delegazione ufficiale giapponese in Europa. Ideata dal gesuita Alessandro Valignano e supportata dai tre daimyo cristiani Omura Sumitada, Otomo Sorin e Amira Harunobu, la spedizione era guidata dal gesuita giapponese Mancio Ito, e nel corso del viaggio in Europa incontrarono autorità importanti come il re Filippo II di Spagna, il granduca Francesco I de' Medici, papa Gregorio XIII e il suo successore papa Sisto V. A Roma Mancio Ito divenne cittadino onorario e nobile con il titolo di Cavaliere di Speron d'oro. A causa delle nuove pressioni del clan Shimazu, nel 1585 Sorin chiese aiuto a Toyotomi Hideyoshi. Hideyoshi guidò il suo esercito alla conquista della regione di Kyushu e nel 1587 sconfisse l'esercito degli Shimazu in vari luoghi. Sorin si ammalò durante la rapida inversione della situazione della guerra e morì di malattia, probabilmente tifo, a Tsukumi, nella provincia di Bungo, poco prima della resa del clan Shimazu. Ritratto di Otomo Sorin in una stampa d'epoca Dipinto del 1665 che raffigura l'incontro tra l'ambasciata giapponese e Papa Gregorio XIII 4. Ascesa e declino del Cristianesimo in Giappone L’avanzare del Cristianesimo in Giappone fu lento ma progressivo, specialmente nella regione del nord Kyushu. Una bozza del 1582 scritta dal gesuita Alessandro Valignano stimava circa 200 chiese e 150000 adepti, fino ad arrivare a quasi 300000 alla fine del XVI secolo secondo stime di alcuni storici. Dalla metà del periodo Sengoku fino agli inizi del periodo Edo, la percezione del Cristianesimo cambiò sempre di più sotto l’influenza dei tre grandi unificatori del Giappone: Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu. Nobunaga favorì il Cristianesimo per i vantaggi economici e militari, ma soprattutto vide la nuova religione come uno strumento utile per combattere il fanatismo buddista, considerato un ostacolo per i suoi piani di conquista. Alcuni monaci erano interessati al Cristianesimo, mentre quelli dei templi principali, considerati lo zoccolo duro del buddismo giapponese, percepivano la nuova religione come una minaccia. Le dispute si fecero sempre più dure e violente, tanto che i monaci cacciarono via i cristiani dalla capitale Kyoto, costringendoli a trovare rifugio nella città autonoma di Sakai. Il gesuita portoghese Luís Fróis non si arrese e decise di tornare a Kyoto per parlare direttamente con Oda Nobunaga, spiegandogli le sue ragioni. Quale migliore occasione per dare uno scacco matto ai buddisti della capitale? Così Kyoto divenne un terreno fertile per il Cristianesimo. Inizialmente Toyotomi Hideyoshi seguì una politica di tolleranza simile a quella applicata dal suo predecessore, tanto che durante i suoi primi anni di regno alcune città erano governate direttamente dai gesuiti. Ben presto le cose cambiarono. La frequente paranoia che colpiva Hideyoshi iniziò a entrare in gioco: daimyo e generali che si convertono? Adepti che chiamano Signore la loro figura divina? Vogliono instaurare un altro potere! Inoltre, la rivalità tra missionari spagnoli e portoghesi faceva presagire a Hideyoshi un ipotetico futuro scontro tra Spagna e Portogallo, nella quale il Giappone poteva essere terreno di scontro. In aggiunta, le dispute tra cristiani e buddisti si fecero sempre più violente, minando la stabilità del regno. La goccia che fece traboccare il vaso? La scoperta di traffici di schiavi giapponesi da parte di alcuni mercanti portoghesi. Nel 1587, Hideyoshi bandì i missionari dal Giappone e applicò maggiori controlli verso i signori feudali cristiani, mantenendo però le relazioni commerciali con gli europei. Tuttavia, il decreto non fu mai applicato del tutto, e diversi missionari continuarono a praticare la loro predicazione. Con il passare degli anni, l’atteggiamento anticristiano di Hideyoshi cresceva sempre di più, fino a esplodere nel 1593 con l’arrivo in massa dei francescani, più autoritari e intolleranti verso le altre religioni. Alla fine del 1596, Hideyoshi diede inizio alle prime persecuzioni e ordinò ai governatori da lui dipendenti di arrestare tutti i religiosi cristiani. Nella capitale Kyoto furono catturati ventisei cristiani: 6 francescani di origine spagnola o portoghese, 3 gesuiti e 17 terziari francescani giapponesi. I prigionieri furono portati in una piazza, dove subirono il taglio di un pezzo dell’orecchio sinistro. Per intimorire tutti i giapponesi cristiani e scoraggiare altre conversioni, Hideyoshi fece marciare i ventisei da Kyoto a Nagasaki, la città dove era presente la maggiore comunità cattolica. I condannati arrivarono nella città portuale dopo 30 giorni e circa 600 chilometri di estenuanti fatiche. Il 5 febbraio del 1597, i ventisei furono portati alla collina Nishizaka, pronti per la crocifissione. La morte doveva avvenire come quella del loro Signore. Dopo averli fatti soffrire per molto tempo, tutti i Ventisei martiri del Giappone furono finiti mediante un colpo di lancia, ricavato da canne di bambù, sul costato. L’ammonimento funzionò e diversi missionari, tra cui Alessandro Valignano, fuggirono dal Giappone. Agli inizi anche Tokugawa Ieyasu era favorevole verso i cristiani, dando libertà nei suoi domini, ma con l’inizio del nuovo shogunato Tokugawa, che coincide con l’avvio del lungo periodo Edo, Ieyasu applicò politiche restrittive e persecutorie simili a quelle del suo predecessore Hideyoshi. Durante il 1613 iniziò una nuova campagna di persecuzione, che culminarono con il martirio di Kyoto. Nel 1614, Ieyasu bandì definitivamente il Cristianesimo dal Giappone tramite un editto, definendola dottrina perversa. Il 14 maggio dello stesso anno si svolse l’ultima processione per le strade di Nagasaki, che toccò sette delle undici chiese della città, tutte successivamente demolite. Da allora, i cristiani continuarono a professare la loro fede nella clandestinità: iniziava così l’era dei kakure kirishitan, ovvero cristiani nascosti. Gli adepti celebravano i loro riti in alcune stanze segrete all'interno delle loro abitazioni private. Nel corso del tempo le raffigurazioni sacre venivano trasformate in statuette che assomigliavano a quelle tradizionali di Buddha o di altre divinità. Le preghiere furono scritte per sembrare dei canti buddisti, mentre la Bibbia e i testi liturgici furono trasmessi oralmente. Con il secondo shogun Tokugawa Hidetada, le persecuzioni aumentarono di portata e brutalità, specialmente verso i giapponesi convertiti. Nel 1619 quasi 60 fedeli vennero condannati al rogo, tre anni dopo 55 vennero giustiziati nel cosiddetto Grande martirio di Nagasaki. Nel 1625 venne inaugurata la pratica dei yefumi, tavolette di legno con le icone di Gesù o della Vergine che si dovevano profanare calpestandole come prova di abiura del cristianesimo da parte dei condannati. Chi si rifiutava di farlo veniva torturato e ucciso. I metodi furono brutali: cavamento degli occhi, bambini malmenati davanti ai loro genitori, crocifissioni, roghi o ebollizioni da vivo, decapitazioni e tsurushi, una pratica altamente utilizzata dove il malcapitato veniva appeso a testa in giù in una fossa piena di escrementi, con un taglio sulla tempia in modo che il sangue potesse defluire e non morisse rapidamente. Con il terzo shogun Tokugawa Iemitsu, il malcontento verso gli occidentali aumentò in modo vertiginoso e le persecuzioni si aggravarono ancora di più. Nel 1639 tutti gli occidentali furono espulsi e si vietò l’attracco a tutte le potenze europee, ad eccezione per gli olandesi, che potevano commerciare con il resto del Giappone e risiedere nella piccola isola di Deshima, nel porto di Nagasaki. Inoltre, si vietò anche l’emigrazione: migliaia e migliaia di nipponici non poterono rientrare nel loro paese, pena condanna di morte. Nel 1640, alcuni membri di un’ambasciata portoghese sbarcarono in Giappone, ma furono subito decapitati sul posto. Iniziò così il lungo periodo dell’isolazionismo giapponese, noto con l’appellativo di sakoku jidai, periodo del paese chiuso. Dal 1640 tutti i giapponesi furono obbligati a registrarsi presso i templi buddisti e a seguire corsi, in modo tale da dimostrare di non essere cristiani. Del Cristianesimo non ne rimaneva quasi traccia nel 1660. Antica stampa che raffigura i Ventisei martiri del Giappone Xilografia del XIX secolo della mappa di Nagasaki. L'isola al centro della stampa è la piccola isola artificiale di Deshima, territorio olandese dal 1641 al 1859. 5. La rivolta di Shimabara, l’ultima resistenza dei giapponesi cristiani Durante gli inizi del periodo Edo non mancava la resistenza da parte dei cristiani giapponesi. La più grande e conosciuta fu la rivolta di Shimabara del 1637. La penisola di Shimabara era governata dal daimyo Matsukura Katsuie, figlio di Matsukura Shigemasa noto per aver dato avvio le tremende persecuzioni nei confronti dei cristiani nei suoi domini. Il figlio continuò il piano di sradicamento del Cristianesimo iniziato dal padre, e in più attuò un’eccessiva tassazione per rispettare la politica dell'ikkoku – ichijo, ovvero un castello in ogni provincia, decisa dallo shogunato Tokugawa. I proventi delle tasse servivano per smantellare i castelli di Hara e Hino e costruire la nuova postazione difensiva a Shimabara. Le tasse logoranti peggiorarono le condizioni dei contadini e molti morirono di fame, mentre i samurai al servizio del daimyo compivano crudeltà di ogni genere come furti, uccisioni e stupri. Tra persecuzioni e tasse la pazienza era finita. La rivolta scoppiò nell’autunno del 1637 con l'assassinio del daikan di Shimabara Hayashi Hyozaemon, cioè l’esattore delle tasse. In molti villaggi di Shimabara iniziarono le prime violenze e i contadini cominciarono con l'attaccare i granai pubblici in cui era contenuto il riso con cui avevano pagato le logoranti tasse. Al fianco dei contadini cristiani si unirono anche ronin cristiani, ovvero samurai decaduti senza padrone, veterani nel combattimento e nelle arti marziali. La notizia della ribellione arrivò a Nagasaki, che inviò delle truppe per reprimere la rivolta. La rivolta scoppiò anche nell’arcipelago di Amakusa e il daimyo del luogo, Terazawa Katataka, inviò subito un contingente di 3000 guerrieri al comando di nove nobili per eliminare la rivolta. Tuttavia, il piccolo corpo di spedizione fu annientato dall’armata ribelle il 27 dicembre del 1637. In una successiva battaglia combattuta il 3 gennaio 1638, gli insorti di Amakusa furono sconfitti e i sopravvissuti fuggirono dalla loro isola per unirsi ai ribelli di Shimabara. Verso gli inizi del 1638, le file dell’armata ribelle erano aumentate e a capo dell’esercito ribelle si pose il sedicenne ronin cristiano Amakusa Shiro. L’esercito ribelle riunì le forze nel castello dismesso e in rovina di Hara. Nonostante le pessime condizioni della struttura, il castello garantiva ugualmente una buona protezione in quanto situato su un promontorio che dava sul mare. Tre lati del castello, infatti, terminavano con un dirupo e per attaccarlo si doveva usare l'unico passaggio disponibile che era protetto da due profondi fossati. Nel castello gli insorti portarono con sé anche le loro famiglie. Secondo gli storici, il numero totale tra insorti, donne e bambini era di 27000 – 37000 persone. Nel castello tutti lavorarono per rafforzare le difese e sui merli esposero croci di legno e vessilli crociati. L’armata assediante dello shogun comprendeva circa 50000 guerrieri, tra i quali era presente anche il famoso Musashi Miyamoto, considerato il migliore spadaccino della storia giapponese. A capo dell’immenso esercito fu messo Shigemasa Itakura, scelto direttamente dallo shogun Tokugawa Iemitsu. Nel frattempo, i Tokugawa avevano chiesto aiuto anche agli olandesi, che presero parte all'assedio con Nicolaes Couckebacker, il capo del trading post della Compagnia olandese delle Indie Orientali della città di Hirado. Gli olandesi rifornirono l'esercito dello shogunato di cannoni e polvere da sparo, e inviò sul luogo dello scontro tre vascelli da guerra, uno dei quali comandato dallo stesso Couckebacker, il de Ryp. Il castello per una quindicina di giorni subì un pesante cannoneggiamento sia dalle truppe a terra sia dalle navi olandesi, ma gli insorti si rifugiarono in alcune gallerie sotterranee che avevano creato nei giorni precedenti per proteggersi dalle cannonate. A causa della disorganizzazione dell’esercito dello shogun e del piano fallimentare, gli olandesi si ritirano. Il vero motivo fu un altro: i giapponesi non gradirono farsi aiutare da stranieri e per orgoglio dovevano combattere la ribellione con le loro forze. Dopo diversi tentativi falliti di attacco, e a seguito della morte di Itakura in uno degli assalti, l’armata dello shogunato passò al nuovo comandante Matsudaira Nobutsuna. Gli insorti riuscirono a resistere per altri due mesi, ma le condizioni climatiche e la tenacia degli assedianti cominciavano a farsi sentire. Il freddo dell'inverno aveva danneggiato entrambe le fazioni, ma le truppe dello shogunato ricevevano periodicamente dei rinforzi a differenza dei ribelli, che, oltretutto, cominciavano ad esaurire le munizioni e le scorte di cibo. Nell'aprile del 1638, Matsudaira aveva al suo comando circa 125000 guerrieri. Sapendo delle condizioni difficili dei ribelli, Matsudaira inviò un messaggio di resa in cui prometteva il totale perdono per tutti i non cristiani e per coloro che avessero ritrattato la loro fede. Al messaggio rispose lo stesso Amakusa Shiro scrivendo che tutti erano cristiani e sarebbero morti per la loro fede. Il 12 aprile del 1638, l’esercito dello shogunato riuscì fare breccia nel castello. Gli scontri terminarono definitivamente il 15 aprile, con la sconfitta delle ultime sacche di resistenza. Tutti gli insorti sopravvissuti, compresi donne e bambini, furono decapitati, e i loro corpi ammassati e sepolti tra le rovine del castello, che fu incendiato e completamente raso al suolo. La testa del capo della rivolta, Amakusa Shiro, fu portata fino a Nagasaki ed esposta al pubblico per diversi giorni, come monito per la popolazione. Lo shogunato prese seri provvedimenti anche nei confronti dei comandanti del suo stesso esercito: diversi daimyo furono considerati responsabili della rivolta e vennero decapitati; Matsukura Katsuie, la cui politica tirannica fu tra le cause della rivolta, fu indotto a compiere il seppuku, il suicidio rituale. I clan che diedero il loro contributo militare all'esercito dello shogunato furono invece ricompensati venendo esentati dai periodici contribuiti che dovevano versare allo shogun. La grande rivolta di Shimabara fu l’ultimo tentativo di resistenza da parte dei cristiani giapponesi. Dopo la rivolta, lo shogunato sospettò i cattolici occidentali come aiutanti degli insorti. L’evento influenzò il decreto di espulsione degli occidentali dal Giappone del 1639. Xilografia del XIX secolo raffigurante Amakusa Shiro Resti del castello di Hara. La struttura fa parte del bene protetto dall’UNESCO “siti cristiani nascosti della regione di Nagasaki” 6. Che cosa rimane? Per quasi tutta la durata del periodo Edo, i cristiani rimasero nascosti sotto gli occhi dello shogunato Tokugawa. A seguito della spedizione navale USA guidata dal commodoro Matthew Perry, nel 1853 il Giappone fu riaperto ai rapporti con l'estero. Nonostante il Cristianesimo fu ancora bandito, giunsero molti religiosi cristiani. Sotto il governo dell’imperatore Meiji, nel 1871 fu introdotta la libertà religiosa, riconoscendo così alle comunità cristiane il diritto all'esistenza. Dopo più di 200 anni, l’epoca dei cristiani nascosti finì. Oggi il Cristianesimo viene praticato da meno dell'1% della popolazione giapponese, con comunità cattoliche concentrate perlopiù a nord dell’isola di Kyushu, principalmente nelle vicine città di Nagasaki, Hirado e Goto. Circa il 70% delle chiese risulta essere normalmente frequentata da meno di 30 fedeli. Una chiesa nei pressi di Hirado Spero che questo post sia stato di vostro gradimento! 😄 Alla prossima, Xenon975 punti
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Si @Acqvavitus è la stessa identica moneta. È stata riprodotta grossolanamente e in maniera dozzinale3 punti
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Ciao a tutti . Asse molto più che dubbio. Però attenzione e mi rivolgo ai neofiti come me.Il fatto che abbia tondello regolare e sia ben centrata non ha nulla che vedere con l'autenticità o meno della stessa. Ci sono monete false con tondelli irregolari e non centrate come monete autentiche con tondello circolare e ben centrate. Queste sono caratteristiche assolutamente non dirimenti. La moneta va esaminata nel suo complesso percui massima attenzione, sempre 🙂 ANTONIO3 punti
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Martedì 26 marzo alle ore 20:45 al CCNM (Via Kramer, 32 Milano. Citofono SEIDIPIU') si terrà una riunione informale, condotta dal Socio Tiziano Caronni, sulle contraffazioni di monete milanesi coniate dalle zecche minori lombarde e dalle zecche piemontesi dalla fine degli Sforza 1522 a Carlo II Re di Spagna 1675. Durante l'incontro si potranno vedere queste monete solitamente difficili da reperire e trovare in buone condizioni (solitamente le legende non sono visibili per il tondello ridotto), per questo chi volesse partecipare e possiede alcune di queste monete ma non riesce ad attribuirle alla zecca emittente si avrà l'occasione di catalogarle correttamente.2 punti
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Molto interessanti. Inserisco le descrizioni dei 2 pezzi. Un saluto a tutti. Raffaele.2 punti
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Condivido il mio FALSO per un confronto. Il peso è poco più di 3 grammi ed il metallo naturalmente non è argento2 punti
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Finalmente vi siete decisi ad osservare ed apprezzare le banconote dal loro vero valore e grado di rarità. Ecco una bella festa senza bikini da avere in collezione delle colonie francesi:2 punti
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Ciao @Rufiliuscomplimenti per gli ottimi denari che hai condiviso. I denari ( ma secondo me tutta la monetazione dei Flavii) sono veramente interessanti ( anche quelli delle auguste del periodo, molto più rari) ed in ottimo argento. Condivido volentieri tre dei miei esemplari. Alle prossime 🙂 ANTONIO2 punti
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L' anfiteatro di Statilio Tauro fu completamente distrutto in occasione del grande incendio di Roma del 64 essendo costruito principalmente in legno , inoltre non vedo quale motivo avrebbe avuto Nerone (?) se fosse lui , a riprodurlo su una moneta , chiaramente falsa , anche nel peso , copiata nel rovescio da un Sesterzio di Tito . IL Circo di Caligola non era un anfiteatro ma un Circo di forma ellittica con tanto di obelisco centrale , quello che oggi e' al centro della piazza di San Pietro .2 punti
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Non mi sbagliavo che il milite appartenesse alla MVSN.. forse potrebbe essere stata spedita anche da zona di guerra.. Guarda qui cosa sono questi CC NN https://it.m.wikipedia.org/wiki/1ª_Divisione_CC.NN._"23_marzo"2 punti
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Cartolina di franchigia per le forze armate 2° guerra mondiale. Annulli del comando sia rotondo che lineare, requisiti essenziali per ottenere/autorizzare la franchigia + annullo della Commissione Provinciale di censura e il cerchio con numero 31 che è l' identificativo del censore. Per verificarne la storia postale occorrebbero i testi, bisognerebbe vedere dove fosse dislocato questo Comando 7a Zona CC NN Firenze. Notare che giustamente non ci sono date. Ritengo dal grado del milite "Cent." che secondo me sta per Centuria, che era un grado della MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale) che la cartolina abbia viaggiato sul territorio nazionale in franchigia anche se ci sono i timbri di censura, penso a basi militari, arsenali ecc.. . Penso di non sbagliarmi, ma i libri fugherebbero ogni dubbio. Anche se non venisse da zone di guerra è comunque un documento postale interessantissimo, con annulli nitidi che lo rendono pregiato.2 punti
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Piastra 1736 G H o Piastra 1747 NEA? esemplari di piastre del 1736 G H ne conosco 5, Di cui 2 in mio possesso la piastra del 1747 con NEA invece di NEAP è l’unica conosciuta, tra l’altro in ottima conservazione. Che ne pensate? Buona serata2 punti
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Il merito della identificazione e' di @Pxacaesar. Guarda quanto ti ha allegato. Quanto al RIC provo a risponderti, da appassionato. ll RIC (The Roman Imperial Coinage) e' il catalogo (inglese) delle monete romane imperiali note, in ordine cronologico, con una attenzione particolare all'inquadramento storico ed anche (ovviamente) ai cambiamenti di questa monetazione nel corso dei secoli. E' composto da 10 corposi volumi pubblicati in un lungo arco di tempo (dal 1923 al 1990) e quindi soggetti ad essere revisionati (cosa già in atto, anche proprio per Adriano) alla luce dei nuovi ritrovamenti, delle più recenti acquisizioni e, ovviamente, delle novità emerse dagli studi e dalle ricerche. Il RIC e' un testo complesso, niente affatto semplice, soprattutto agli inizi (anche io fatico). On line esiste una versione per così dire "semplificata" che infatti non contiene tutte le monete e che, ahimè, a volte contiene errori. Il sito e' questo: http://www.wildwinds.com/coins/ric/i.html Un motore di ricerca basato sul RIC e' OCRE: Online Coins of the Roman Empire (numismatics.org) Esistono poi anche altri cataloghi, ma il RIC e' il catalogo di riferimento. Quello che posso consigliarti e' di unire al collezionismo (o anche alla semplice raccolta) lo studio e la lettura di libri o articoli sulla numismatica imperiale e la frequentazione della sezione specifica del nostro forum dove potrai trovare tutto per soddisfare la tua curiosità. Classificare correttamente e' sicuramente importante e a volte indispensabile, ma la classificazione può restare fine a se stessa se non si sa come interpretare quello che c'e' rappresentato (e scritto) su una moneta. Lì, secondo me, sta il bello. Ciao. Stilicho2 punti
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E non hai torto.... i collezionisti di banconote avranno guardato solo un particolare lascivo di quel 500 lire, firme, decreti, ornati ecc tutto in secondo piano, tanto che non hanno nemmeno notato che la "variante" non è altro che un artefatto! A sinistra 500 lire post 55, a destra la stessa ma l'originale!2 punti
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DE GREGE EPICURI Non sono molte le università che possono disporre di due corsi di numismatica (rispettivamente: antica e medievale/moderna) e fra queste c'è la Statale di Milano. Ieri pomeriggio ho avuto il piacere di assistere come uditore alla lezione introduttiva di Numismatica Medievale e Moderna, tenuta dalla prof.ssa Monica Baldassarri, che ha sostituito (si tratta di un contratto) la prof.ssa Lucia Travaini dopo il pensionamento. Il corso è rivolto anzitutto agli studenti magistrali di storia, ma può rientrare nel curriculum di filosofia, lettere antiche e moderne, beni culturali, ecc. Abbiamo sentito illustrare, in modo chiaro ma molto ricco e interessante, i concetti di moneta e di denaro, le origini della monetazione, i suoi rapporti con l'economia, la religione, la vita associativa. Oggi si riprende, e credo che vedremo dei bei tondelli (già ieri si è proiettato uno splendido augustale...) Il corso si tiene mercoledì alle 16.30 in aula M205 (Santa Sofia), giovedì alle 14.30 in aula M401 e venerdì alle 12.30 in aula 515 (Festa del Perdono).1 punto
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cari amici volevo segnalarvi la presenza su un'asta greca, la Karamitsos, la presenza di queste curiose e, immagino, rarissime monete. si tratta di un tarì e un calino di Carlo II d'Asburgo che presentano una contromarca rispettivamente da 50 e 25 paras, presumibilmente datate 1813-14. la cosa sorprendente è l'utilizzo di monete di un secolo e mezzo prima e per di più di Napoli. le monete hanno una base d'asta di 7000 e 6000 franchi svizzeri.1 punto
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Per me è un falso. Non vedo neanche i quattro cunei (o meglio sono riprodotti in modo rozzo) agli angoli d'incrocio della croce nel rovescio. Fabio1 punto
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DE GREGE EPICURI Moneta abbastanza strana; talmente rozza da far pensare a certe emissioni celtiche. Evidentemente è stata prodotta in condizioni di emergenza e da maestranze non molto sperimentate.1 punto
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TIGNALE (BRESCIA) SANTUARIO MARIA SS. DI MONTE CASTELLO Ubicato su uno sperone roccioso a picco sul lago di Garda, il Santuario risale al XIII secolo. D/. Maria Santissima si presenta inginocchiata, velata, nimbata, con mani al petto, benedetta da Gesù seduto e nimbato. Rifer. RODOLFO MARTINI COLLEZIONE TAM Medaglie devozionali cattoliche, vol. 2.1 n. 27711 punto
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Forse è colpa mia usando un linguaggio un pochino tecnico, ti rende la cosa non chiarissima. Se c'è qualcosa che non ti è chiaro chiedi pure senza problemi.1 punto
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Già In realtà sono scintille e non fiamme 😉1 punto
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a me sembra di scorgere una figura umana con aureola e una croce in mano (a destra)1 punto
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Se ne parlò tempo fa in sezione ma non ricordo la discussione,forse può dirci qualcosa @dareios itche mi permetto di citare...1 punto
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Ciao, faccio volentieri da apripista ad altri pareri in proposito. L'aspetto generale che le foto ( per la verità abbastanza brutte da postare per chi vende una moneta. Presumo che il denario lo hai visto in vendita, non è il tuo 🙂) comunicano è quello di un denario non coniato ma molto probabilmente prodotto per fusione. Il peso molto scarso e la porosità irregolare della superficie ( nonché alcuni apparenti distacchi di metallo lungo il bordo) potrebbero anche far pensare alla cristallizzazione dell'argento...Non facile determnarlo da foto. Per me non è autentico. Attendo come te ulteriori interventi a proposito. ANTONIO1 punto
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Grazie @Pxacaesar per aver condiviso anche i tuoi denari, mi piacciono molto e sono d'accordo con te, hanno delle monete molto belle e interessanti, sicuramente ci tornerò sopra e mi piacerebbe aggiungere anche qualche Augusta ma la vedo più complicata come ricerca 😃1 punto
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La denominazione sociale è Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato SpA -Società per Azioni con Socio Unico Ministero dell'Economia e delle Finanze Detto questo, il capo in questione che domande dovrebber farsi? Se quel giorno ci sono 100 (numero a caso) monete e 100 monete vengono vendute, pensi veramente che importi qualcosa se sono finite alle 10.01 o se qualcuno che l'aveva nel carrello è rimasto senza? Fanno overbooking come fanno per gli aerei: tu pensi che il capo di un qualsiasi vettore sia dispiaciuto se deve lasciare qualcuno a piedi per overbooking? Sarà solo contento di aver riempito il volo, di quelli rimasti a terra non gliene importa nulla, ma proprio nulla. Le domande se le sarebbe fatte se dopo ore, giorni o peggio mesi la moneta fosse stata ancora disponibile, magari perché per qualche motivo la gente non riusciva a completare l'acquisto. Allora lì sì che sarebbero volati gli stracci. Ma visto che quello che interessa è vendere, nessuno va a chiedersi perché o come. Pensi che l'introduzione delle code sia per far contenti gli acquirenti o per evitare che il sito diventi inusabile e di conseguenza non riescano a vendere?1 punto
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Ho trovato anche questo: Il rapporto col ducato d'oro nel corso dei secoli era andato variando, fino a giungere nel 1455 a 124 soldi, cioè 6 lire e 4 soldi (6 × 20 + 4 =124). Un decreto del senato del 2 agosto sanciva questo rapporto, ordinando che i pagamenti alle casse pubbliche dovessero avvenire almeno per metà in oro, il resto in moneta valutata 124 soldi per ducato. Ne era nata una nuova unità di conto, il ducato corrente, normalmente impiegata come valore superiore della scala. Il ducato corrente restò immutato in questo suo valore di 6 lire e 4 soldi fino alla caduta della Repubblica. Con l'introduzione del ducato corrente la moneta di conto s'articolava ora in un unico sistema: 1 lira di grossi = 20 soldi grossi = 240 denari grossi = 10 ducati correnti = 62 lire di piccoli 1 ducato corrente = 6 lire e 4 soldi di piccoli = 124 soldi di piccoli 1 lira di grossi = 62 lire di piccoli = 1240 soldi di piccoli mezzo ducato = 1 soldo di grossi = 12 denari grossi 1 ducato = 24 grossi, ciascuno dei quali suddiviso in 32 denari = 768 denari. In linea teorica qualsiasi unità di conto della scala poteva essere utilizzata per esprimere qualsiasi grandezza valutabile in moneta. In pratica i prezzi dei beni e dei servizi più comuni venivano dati in ducati, lire, soldi e denari piccoli, così anche le obbligazioni di importo non grande, mentre la lira di grossi era ad esempio la moneta delle polizze d'assicurazione e di certi pagamenti pubblici. Ma quando non c'è una specificazione oppure si parla di lira veneziana deve intendersi la lira di piccoli. Con la lira di piccoli si misurava il valore di scambio delle varie monete effettive, coordinate in base al metallo del quale erano fatte, al peso, al fino. Il rispetto di questo principio garantiva l'armonia della costruzione, chiudendo la strada a speculazioni e arbitraggi. I valori erano soggetti a mutamenti e si movevano obbedendo all'andamento del mercato o negli ordini di un corso legale la cui regolazione era nell'epoca considerata uno dei più efficaci strumenti di politica monetaria Il valore di 124 soldi, cioè lire 6 soldi 4 di piccoli, assegnato al 1472 dal Papadopoli, e sulle sue orme da altri, va invece anticipato al 1455, sulla base di una deliberazione del senato del 2 agosto, che disponeva che i pagamenti alle casse pubbliche dovevano essere fatti almeno per metà in oro e per l'altra metà in monete in ragione di 124 soldi per ducato . Questa quotazione trova conferma, almeno dalla fine del 1453, nella lunga serie di dati raccolti da Lane e Mueller , e restò stabile fino agli anni di Cambrai1 punto
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Ciao,non è il periodo di mio interesse ma a me questo gigliato non fa una buona impressione,oltre all'aspetto generale trovo strani alcuni particolari,ad esempio il braccio destro del Re,le lettere delle legende,il perlinato al dritto e al rovescio... Inoltre un grammo in meno e veramente tanto... Per me è uno dei tanti falsi che invasero il mercato numismatico qualche anno fa... Se vuoi saperne di più...1 punto
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E' la classica legge economica "domanda-offerta". Tiratura bassa (ossia bassa offerta sul mercato) non vuol dire necessariamente domanda alta da parte dei collezionisti. Ossia: IPZS a causa della sua strategia commerciale senza senso sta perdendo il mercato di collezionisti a cui in passato rivolgeva l'offerta e che generava la domanda di monete. Quindi, nonostante la bassa offerta, anche la bassa domanda non permette ai prezzi di salire e le monete vengono rivendute al prezzo iniziale o sottocosto.1 punto
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Complimenti per la rarità di entrambe le Piastre Sebeto. La 1747, poi, è fenomenale.1 punto
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Scatoletta in osso con dipinto a lacca sul coperchio di forma quadrata. Dimensioni 4 x 4 x 1,7 cm; peso 28,4 g. apollonia1 punto
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Buonasera, spinto dalla curiosità... Ho fatto un piccolo raffronto tra il "testa grande e testa piccola " così giusto per tenerli insieme a colpo d'occhio. Saluti Alberto Ps. Il testa piccola è, passato in asta Nomisma del 20181 punto
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Buona sera. Penso che se la moneta è stata conservata per un certo periodo come una reliquia dipenda dalla manomissione di cui è stata oggetto e che comunque non ha niente a che fare con la coniazione della moneta. Credo pertanto che dal punto di vista economico non abbia valore. Curioso invece sarebbe conoscere il motivo di questa deturpazione derivante senza dubbio da una significativa esperienza di suo nonno. Se fosse mia la custodirei come cimelio di famiglia facendo contemporaneamente una ricerca presso amici e parenti per scoprire il motivo del valore affettivo attribuitole dal nonno. Cordiali saluti. Gabriella1 punto
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Beh li bisogna farlo il francobollo con tutta l' abilità artistica ecc. ecc. .. .. oggi, soprattutto gli italiani li fanno ad un computer utilizzando parti di fotografia, allora..qualcuno ci può anche stare.. ma li fanno tutti così. Guardate le emissioni degli ultimi anni, sono tutti così. Questa cosa non succede solo in Italia ma un po' dappertutto, ho amici di filatelia in forum internazionali dove dicono che hanno smesso di collezionare i moderni, soprattutto gli autoadesivi, ..e si fermano agli anni 80 . Nel francobollo moderno essendo autoadesivo è quasi impossibile collezionare i viaggiati perché è difficile staccarli dal supporto cartaceo senza rovinarli, meglio lasciarli su busta o su supporto. Non hanno più filigrane perché oggi hanno sistemi antifrode diversi. Le dentellature sui moderni sono tutte uguali. Fortuna che abbiamo quantità enormi di filatelia classica. PS comunque si, la Spagna ha una lunga tradizione filatelica, come tutte le vecchie nazioni.1 punto
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Allego una moneta nabatea che riveste notevole importanza storico numismatica. E’ una moneta di bronzo del re Areta IV dove al dritto compaiono i consueti busti affiancati del re e della regina Shuqaylat e al rovescio le consuete cornucopie incrociate con i nomi da destra a sinistra del re e della regina su tre righe HRTT / SQY / LT (Haritat Shuqaylat) Tale coniazione rappresenterebbe la testimonianza della riforma monetaria effettuata da Areta, sul dritto sulle teste dei sovrani appare infatti la dicitura da destra a sinistra in nabateo (SH)LM che può essere scritta sia per esteso che in monogramma (nell’esempio è in monogramma). Tale parola SHALOM = INTERO significherebbe infatti che era una unità (gr. 4,19) e non una frazione. Unità che sarà poi ridotta a 2,77 gr sotto il regno di Malichus e 2,84 sotto Rabbel (Meshorer 1975, Schmitt Korte 1990 e 1994). A conferma il termine è sopravvissuto ancor oggi nell’uso semantico di dialetti yemeniti (si pensa che i nabatei siano di origine yemenita) proprio in riferimento a una moneta “completa” senza frazioni. Altro elemento importante è la X che compare nel rovescio sopra le cornucopie incrociate sotto la prima parte della legenda del nome della regina (SQY). La X rappresenta il numero 4 in nabateo. Sono state trovate altre varianti di queste monete di bronzo che mostrano lo stesso segno X dell'emissione d'argento dell'anno di regno 29 di Areta. Si suppone pertanto che questo segno evidenzi l'anno 4 della regina Shuqaylat e che questo, come evidenziato, sia stato l'anno della riforma monetaria quando è stato introdotto il nuovo tipo di bronzo. Peraltro, forse al fine di evidenziare i cambiamenti, diverse caratteristiche delle nuove monete sono state modificate. Areta porta i baffi, Shuqaylat ha un orecchino diverso, ecc.ecc. e il numero 4 è stato aggiunto sia sulle monete d'argento che su quelle di bronzo nel primo anno delle nuove emissioni. Se il 29 è il quarto anno di Shuqaylat, allora il matrimonio tra Areta e la regina cadrebbe nel suo 25° anno, che corrisponde indicativamente al 16 d.C.1 punto
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Un vero peccato usarle per il carrello.... Per chi se ne volesse fare una scorta ad un costo irrisorio e con spedizione gratuita >>>1 punto
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Buon Giorno, quando ho iniziato con queste monete studiavo principalmente sui libri, anche solo dieci anni fa c'erano poche immagini adeguate disponibili, le monete pur non rarissime anche per il valore erano poco accessibili, pensavo fosse tutto chiaro e definito. Poi ho iniziato a studiare le monete e molte certezze sono diventati dubbi da approfondire. Non è un pensiero mio, ma la considerazione che i dubbi aumentano con la conoscenza (pur limitata) è fondamentale. Oltre alla luce e al buio ci sono moltissime gradazioni di ombra. Molti angoli e ripostigli resteranno al buio. Cordialità1 punto
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Scavi, a Imola emersa una tomba villanoviana: stop ai lavori A lavoro gli archeologi della Soprintendenza, che stanno recuperando una tomba con urne cinerarie e oggetti in bronzo Un ritrovamento che blocca il cantiere. Da qualche giorno sono stati interrotti i lavori per il completamento del sottopassaggio ciclopedonale di Pontesanto a Imola e delle opere connesse per il ritrovamento di una tomba del periodo villanoviano venuta alla luce nello scavo della rampa vicino alla sede della CTI. Come rende oto il Comune di Imola, sono al lavoro gli archeologi della Soprintendenza, che stanno recuperando una tomba con urne cinerarie e oggetti in bronzo. Il fermo potrebbe durare un paio di settimane. Il cantiere era già stato oggetto di rinvenimenti archeologici anche durante i primi rilievi. "Non è escluso che alla ripresa degli scavi per realizzare la rampa emergano nuovi reperti, essendo la zona nell’antichità area cimiteriale" si legge nella nota "La nuova pista ciclopedonale con il sottopassaggio per collegare Pontesanto alla rete ciclabile del resto della città comporta un investimento pari a 1,1 milioni di euro". Cultura villanoviana E' il nome convenzionale e moderno della fase più antica della civiltà etrusca che si sviluppò tra gli inizi del I millennio a. C. (Età del Ferro) fino agli ultimi decenni dell'VIII secolo a. C. Fino ad allora sconosciuta, questa cultura venne portata alla luce e identificata da Giovanni Gozzadini fra il 1853 ed il 1856 grazie agli scavi effettuati - a seguito di un ritrovamento fortuito - nel podere Camposanto alle spalle della Chiesa di Santa Maria delle Caselle tra Castenaso e San Lazzaro, che portarono alla scoperta dei resti di una vasta necropoli a incinerazione e a inumazione. Il termine ''Villanoviano'' venne scelto da Gozzadini ispirandosi al nome della sua tenuta, situata poco distante nella località oggi conosciuta come Villanova di Castenaso. I reperti archeologici relativi all'epoca villanoviana ritrovati nel corso del tempo sul territorio sono ospitati in sedi diverse: -per quanto riguarda gli scavi nell'area tra Castenaso e San Lazzaro: quelli scoperti da Gozzadini passarono dopo la sua morte alla Biblioteca dell'Archiginnasio per poi confluire nelle raccolte del Museo Civico Archeologico di Bologna che tuttora li ospita; i reperti frutto di campagne di scavo più recenti (1988) in un lembo superstite della necropoli sono presentati in un'apposita sezione del Museo della Preistoria di San Lazzaro di Savena; gli ultimi eccezionali ritrovamenti (2007) in frazione Marano di Castenaso sono diventati il fulcro del MuV- Museo della Civiltà Villanoviana di Castenaso Inoltre, a Bazzano sono conservati i reperti di alcune tombe del Villanoviano orientalizzante di Casalecchio; a Budrio i reperti dalla necropoli e dall'insediamento villanoviano di Castenaso; a Imola, nella sala dedicata al villanoviano imolese sono esposti, dalla necropoli di Pontesanto, i calchi di due tombe così come furono riportate alla luce nel momento dello scavo e i materiali restaurati dei loro corredi. (fone: Città Metropolitana) https://www.bolognatoday.it/attualita/imola-tomba-villanoviana-lavori-sottopasso.html1 punto
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Da sbellicarsi ...🤣🤣🤤😮💨🥺😢 https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/03/07/siracusa-nominato-direttore-del-museo-archeologico-che-custodisce-i-reperti-sequestrati-a-casa-sua-rimosso-dopo-48-ore/7472081/1 punto
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È stato un piacere, se hai dell' altro materiale che vuoi mostrare piano piano ..ci fa piacere vederlo. Se hai domande non esitare a chiedere. @latino1 punto
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Complimenti @Oppiano per l' acquisto. Meraviglioso esemplare. Da notare come solo per il 10 lire 1926 esistano oltre a questa altre 2 prove diverse: La prima foto riguarda il rovescio della 1^ PROVA TECNICA 1926 mentre la seconda è il rovescio 10 lire 1926 PROVA. Andiamo cosi a completare il trittico di PROVE del 1926 di cui parlava in precedenza @Oppiano spiegandone le differenze.1 punto
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Ciao @euka1la tipologia come ti già stato detto è quella con la raffigurazione sul rovescio della galea. Tuttavia tenderei ad escludere che si tratti di quella con la dicitura Felicitas e con COS IIIPP in exergo ma si tratta di un asse come quello che ti posto ( sul tuo si vede bene il busto nudo dell'imperatore sul dritto e le scritte COS III sopra la galea e SC in exergo, come ti indico) 🙂 ANTONIO1 punto
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Interessante conferenza, sentire a voce quello scritto nel libro aiuta poi molto nella consultazione. Molto accoglienti gli organizzatori del Circolo Numismatico Ticinese.1 punto
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