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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 02/09/24 in tutte le aree

  1. Salve. Posto la foto della mia piastra 120 grana 1828 di Francesco I. La bustina della perizia, come al solito, mi ha creato dei problemi... Saluti.
    5 punti
  2. Consultando il catalogo dell'asta delle collezioni Sambon-Giliberti (dispersa a Napoli dal 10 dicembre 1921) custodito presso la biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, mi sono imbattuto in due curiosità che, a mio avviso, raccontano un pezzo di storia del collezionismo napoletano della prima metà del Novecento. In origine il catalogo era composto da due libretti: il primo contenente un elenco delle monete in vendita e un secondo composto di sole tavole. Il catalogo che ho consultato è stato successivamente rilegato (testo+tavole) con una copertina rigida e in ogni pagina, accanto a ogni lotto, sono riportati a matita il prezzo di vendita e il nome dell'acquirente. Per alcuni lotti non compaiono i nominativi, bensì dei numeri, probabilmente perché gli acquisti venivano effettuati per acquirenti che volevano rimanere anonimi. La seconda curiosità è in un foglietto volante nel quale sono trascritti tutti i partecipanti dell'asta e le loro presenze durante le quattro giornate (domenica compresa). Come potete leggere vi parteciparono grandi collezionisti.
    4 punti
  3. La seconda.... 37,5 mm 27,51 g taglio inciso al D e giglio ad ore 8
    3 punti
  4. Calma e gesso. 1) Moneta autentica. 2) Non esistono dupondi né assi per Postumo, ma solamente sesterzi (corona laureata) e sesterzi ritariffati (corona radiata) di ipotetico doppio valore (o comunque superiore della versione laureata). 3) Questo è un sesterzio (devo controllare sul Bastien) che dovrebbe essere uscito dall' atelier II (Chateaubleau) e quindi non è una produzione ufficiale di zecca. Il pezzo ha tutta l'aria di essere un prodotto realizzato per fusione. Anche qui dovrei controllare nel libro di Pollon per una possibile definizione da quale delle tre officine dell'atelier potrebbe essere uscita. ma al momento son fuori casa e non ho né Bastien né testo di Pilon sull'atelier II
    3 punti
  5. Mi sa, caro @Scudo1901, che stavolta non mi devo vergognare nel confronto fra monete mie e tue. Ti posto (in realtà l'ho già presentato una o due volte in altre discussioni) il mio 20 Lire del 1928 di buona qualità:
    3 punti
  6. Buonasera, è da un po' che non posto una moneta, stasera vi mostro un 50 lire in Acmonital, come sempre chiedo i vostri pareri di conservazione. Saluti Marfir
    2 punti
  7. Condivido una delle mie due 1831. Entrambe con 4 quadratini nello stemma del Portogallo (a mio parere la più comune delle 5) 37,5 mm - 27,27 g taglio inciso al rovescio e giglio ad ore 8.
    2 punti
  8. 1. Statere in oro di Carataco, unico esemplare conosciuto, coniato nel 40-41 d.C. circa a Calleva (Silchester, Hants). Trovato vicino a Newbury, Berks., il 10 novembre 2019. In vendita il 15 novembre 2020, stima £ 30.000. Da quando è stata annunciata la scoperta dell’unico statere d’oro conosciuto di Carataco («Coin News», giugno-luglio 2020) sono state sollevate molte discussioni in ambito accademico. Che questa moneta susciti così tanto interesse non sorprende. Carataco è sempre stato un personaggio noto. In vita era celebre come combattente per la libertà. Per otto anni resistette all’invasione romana della Gran Bretagna a partire dal 43 d.C. Per otto anni fu l’uomo più ricercato dell’Impero romano, braccato senza sosta, di combattimento in combattimento, di fortezza in fortezza, sulle montagne del Galles, finché non fu tradito e consegnato ai Romani nel 51 d.C. da Cartimandua, regina dei Briganti dello Yorkshire, a cui era ricorso per chiedere aiuto. Quando fu portato a Roma in ceppi per essere esibito e ucciso, la sua fama era già notevole: si era diffusa in tutta la Gallia ed era arrivata a Roma ancor prima di lui. L’imperatore Claudio volse questa situazione a proprio vantaggio. Fece esporre in pubblico Carataco ammanettato insieme alla sua famiglia ma invece di giustiziarlo, come di norma, lo perdonò e liberò, il che rese Claudio ancora più celebre. Carataco rimase a Roma, in tranquillo ritiro e, per quanto sappiamo, morì alcuni anni dopo a Roma. Ma la sua fama gli sopravvisse e, all’inizio del II secolo d.C., accrebbe ulteriormente grazie allo storico romano Tacito che diede un resoconto emozionante del discorso di Carataco mentre si trovava in catene davanti a Claudio e ai cittadini di Roma. Anche se Tacito lo riportò molti anni dopo, forse tutto o solo in parte, questo discorso ha risuonato nel corso dei secoli e fece di Carataco un personaggio leggendario fino ad oggi. Ricordato nella tradizione gallese medievale e nelle leggende gallesi, a Carataco venne attribuita l’introduzione del cristianesimo in Gran Bretagna e venne persino indicato come padre di papa Lino. È apparso nella commedia di John Fletcher Bonduca (1613), nell’opera Carattaco di J.C. Bach (1767), nella cantata Caractacus di Elgar (1898) e, più recentemente, in vari romanzi e nel dramma televisivo Claudius the God. 2. Per otto anni Carataco fu l’uomo più ricercato nell’Impero romano, alla guida delle tribù gallesi in una guerriglia contro le forze di Claudio. Dati i suoi due millenni di fama internazionale – come primo noto combattente per la libertà della Gran Bretagna e membro più conosciuto della più antica famosa famiglia reale britannica (suo padre era Cunobelino di Colchester, “Old King Cole”, immortalato come Cymbeline da Shakespeare) – non sorprende che la prima moneta d’oro di Carataco portata alla luce abbia colpito i numismatici. David R. Sear, autore di Roman Coins and their Values (Spink 2000-2014) e tra le autorità più note nel mondo sulla numismatica antica, afferma: «Questo deve sicuramente essere classificato tra le scoperte numismatiche più emozionanti del XXI secolo, se non di tutti i tempi». Dopo quarant’anni di ricerca, perché è stata trovata una sola moneta d’oro di Carataco? Il dottor Philip de Jersey, autore di Celtic Coinage in Britain (Shire 1996) e Coin Hoards in Iron Age Britain (Spink 2014), afferma: «Il semplice fatto che sia unica, dopo tutti quegli anni di ricerche e migliaia di reperti ritrovati, deve indicare che si trattava di una moneta rara e insolita fin dal momento in cui è stata coniata». 3. Carataco potrebbe essere discendente di Cassivellauno, comandante della coalizione britannica contro Cesare nel 54 a.C., rappresentato qui con l’elmo alato (ABC 2472). Il dottor John Sills, autore di Divided Kingdoms: the Iron Age gold coinage of Southern England (Chris Rudd 2017), è d’accordo. Dice: «L’unicità dello statere di Carataco deve significare che pochissimi esemplari furono coniati all’origine». Egli suggerisce che sia stata «battuta all’inizio del suo regno per cementare la sua autorità come nuovo sovrano di una dinastia straniera». Gli stateri di Carataco potrebbero essere stati donati all’aristocrazia locale perché servissero a identificare e consolidare lo status del nuovo sovrano ma sembra che non siano entrati in circolazione. Due grandi tesoretti, ritrovati a Bentworth e Chawton («Coin News», dicembre 2013 e aprile 2016), arrivano fino alle coniazioni in oro di Epaticco e potrebbero essere collegati all’invasione Claudiana; se stateri di Carataco fossero entrati in circolazione dovrebbero essere presenti in questi repertori, ma non lo sono». Ci può essere un’altra ragione per la grande rarità degli stateri d’oro di Carataco: dei pochi che furono coniati, la maggior parte furono probabilmente riconvertiti in lingotti subito dopo l’invasione di Claudio. Perché? Perché chi si fosse trovato in possesso di una di quelle monete sarebbe stato subito identificato come anti-romano e, peggio ancora, come simpatizzante dei ribelli. John Sills dice: «Probabilmente non era saggio per nessuno possedere una moneta d’oro del leader della resistenza dopo l’invasione romana. Sarebbe stato pericoloso essere scoperti dai romani con una coniazione di Carataco». Non è ironico che una moneta d’oro celtica che nessuno voleva possedere duemila anni fa sia ora la moneta d’oro che i collezionisti celtici più desiderano nella loro collezione? 4. Il fratello di Carataco, Togodumno, morì combattendo contro i Romani nel 43 d.C. Quarto di statere in oro (ABC 3008), trovato a Bourne End, Beds., nel 2013. Venduto da Chris Rudd nel 2014 per £ 10.200 (ingrandimenti). 5. Carataco e Claudio potrebbero essersi incontrati a Roma molto prima che Claudio invadesse la Gran Bretagna nel 43 d.C. Moneta d’argento (ABC 1376) e tetradramma d’argento (BMC 228). 6. Claudio ha trascorso solo 16 giorni in Gran Bretagna. Ma era così orgoglioso della “sua” conquista che ribattezzò suo figlio Britannico, rappresentato qui con Marte. Sesterzio, 51 d.C. circa, BMC 226. Aggiudicato da Numismatica Ars Classica NAC AG, asta 59 del 6 ottobre 2011, lotto 658, per CHF 125.000 (£ 104.000). Le notizie e le ipotesi attuali su Carataco, molte innescate dalla scoperta, lo scorso novembre, dell’unico statere battuto a suo nome, sono sorprendenti. Ad esempio, l’archeologo professor Michael Fulford ha recentemente scoperto un enorme fossato, lungo 1,5 miglia e profondo fino a 4,8 metri, che Carataco potrebbe aver scavato intorno alla sua capitale a Calleva (l’attuale Silchester, Hampshire) per difenderla dagli invasori romani («Current Archaeology» 356, novembre 2019). «Il ritrovamento di uno statere d’oro di Carataco è estremamente importante», afferma il professor Fulford, «in quanto aggiunge non solo un nuovo esemplare alla serie delle sue coniazioni, che altrimenti erano solo in argento, ma fornisce anche informazioni sulle risorse di colui che comandava all’epoca l’invasione romana della Gran Bretagna». 7. Quando Claudio invase la Gran Bretagna, Carataco scavò o ri-scavò un fossato difensivo intorno alla sua capitale, Calleva, che misurava 1,5 miglia di lunghezza e fino a 4,8 metri di profondità. Sala regale a Calleva, 10-45 d.C. Altre due affermazioni arrivano dalla Dottoressa Daphne Nash Briggs, esperta numismatica e autrice di Coinage in the Celtic World (Seaby 1987), e dall’archeologo Reverendo Professor Martin Henig, autore di The Heirs of King Verica: Culture & Politics in Roman Britain (Amberley 2002). Nel loro articolo di prossima pubblicazione, Caratacus, suggeriscono che il combattente britannico per la libertà potesse essere cresciuto a Roma, dove incontrò Claudio. Dicono: «Non è affatto inverosimile immaginare che Carataco abbia effettivamente parlato con Claudio, sia nel latino che aveva imparato un tempo a Roma, sia nella lingua celtica che Claudio aveva assorbito da bambino a Lione. Forse Claudio lo aveva conosciuto personalmente proprio come aveva conosciuto i figli di altri capi, tra cui Prasutago, che divenne sovrano delle tribù confederate degli Iceni e degli Atrebati, il gallo-britannico Cogidubno, e manteneva ancora un sentimento amichevole nei suoi confronti». La seconda ipotesi riguarda l’amica del poeta Marziale, Claudia Rufina, detta “testa rossa” (Epigrammi XI, 53), descritta dal poeta come «caeruleis… Britannis edita», ossia “nata dai britannici blu” e che era, come scrive Anthony Birley, «senza dubbio la figlia o la nipote di un beneficiario dello Stato romano nel periodo immediatamente successivo alla conquista» (The People of Roman Britain, Batsford 1970, pp. 15-16). Secondo gli autori, Rufina «avrebbe potuto essere la figlia di Carataco» (D. Nash Briggs e M. Henig, Caratacus, in «Association for Roman Archaeology News», autunno 2020). Quando ho detto al professor Henig che è stato trovato uno statere d’oro di Carataco, ha esclamato: «Sono elettrizzato. Questa è una delle monete celtiche più importanti trovate in questo secolo». 8. Cranio di un uomo di 25-35 anni rinvenuto nel fossato intorno a Calleva. È morto difendendo Calleva con Carataco quando le forze di Claudio attaccarono nel 43-44 d.C.? 9. Carataco raffigurato come barbaro seminudo. In realtà egli era probabilmente ricco, ben vestito, ben istruito (a Roma?), scriveva in latino, aveva schiavi, beveva del buon vino italiano in un calice d’argento e indossava le più moderne armature romane. Allo stesso modo commenti entusiastici sono stati fatti da altri studiosi solitamente riservati. Il professor Chris Gosden dell’Istituto di Archeologia di Oxford, sede del Celtic Coin Index, descrive lo statere di Carataco come «una moneta straordinaria». Il dottor Philip de Jersey, ex amministratore del Celtic Coin Index, dice: «Che moneta straordinaria! A differenza del primo statere d’oro di Volisios dei Catuvellauni, della cui esistenza era certo Derek Allen già nel 1944, non credo che nessuno di noi abbia mai pensato che potesse essere ritrovato questo statere di Carataco. Sembra piuttosto straordinaria, dopo così tanti decenni di rilevamento di reperti antichi in metallo – di quella che dopo tutto è una risorsa in diminuzione – l’apparizione di qualcosa di così inaspettato e, inoltre, appartenente a un sovrano che ha avuto un ruolo così importante nella storia britannica». Rainer Kretz, un esperto di monete dinastiche del Tamigi settentrionale e la prima persona a rendersi conto che l’abbreviazione Dubn (ABC 3008) può riferirsi al fratello di Carataco, Togodumno, afferma: «Essendo stato battuta da un sovrano che fino ad ora era conosciuto solo da tre monete in argento e tre minimi, questo rappresenta una scoperta davvero sensazionale. Chi, sinceramente, avrebbe mai puntato sul ritrovamento di uno statere di Carataco eppure, contro tutte le probabilità, eccolo!» E il dottor John Sills, un coautore di Ancient British Coins (Chris Rudd 2010), sostiene che è «la più importante moneta dell’età del ferro mai trovata in questo paese» («Coin News», luglio 2020, p.39). Dato il grande interesse che ha suscitato la scoperta dell’unico statere d’oro di Carataco e la notevole fama del principe che lo ha coniato, ci si attende che questa moneta possa raggiungere un prezzo record quando sarà battuta in asta il 15 novembre prossimo. Il professor Colin Haselgrove, che ha recentemente pubblicato un rapporto sugli scavi a Stanwick, nello Yorkshire, ex capitale della regina Cartimandua, che consegnò Carataco ai romani nel 51 d.C., afferma: «Questa potrebbe diventare la moneta più preziosa dell’età del ferro trovata fino ad oggi. A tutti piace un eroe britannico». Lo statere d’oro di Carataco, unico esemplare conosciuto, sarà venduto in asta a Norwich il 15 novembre 2020. Crediti fotografici: 1, 3a, 4, 5a © Chris Rudd. 2 Caractacus by William Blake © The British Museum, 3b Jane Bottomley © Chris Rudd. 5b, 6 © Numismatica Ars Classica NAC AG. 7 Reconstruction by Margaret Matthews, in Late Iron Age Calleva, Britannia Monograph Series No.32, Soc. PRS, 2018. 8 Photo Diana Pearl McNutt © University of Reading. 9 Caractacus marble statue, John Henry Foley, 1859, © City of London, Guildhall Art Gallery. https://www.panorama-numismatico.com/lo-statere-di-carataco/
    2 punti
  9. 2 punti
  10. No. Se vuoi puoi farti anche tu i rivetti personalizzati. Quello che davvero conta sono eventuali indicazioni riportate sul cartellino relative a eventuali iscrizioni, come tribunale, Camera di Commercio o altro ente, che se mendaci possono costituire un falso e quindi anche un reato. Come ho scritto sopra, no. Una persona (non faccio nome, ma è accaduto veramente) si era fatto fare i rivetti personalizzati e si presentava nel cartellino come “competente” in una determinata area monetale. Come ha già ben spiegato @Arka, il cartellino non è una perizia, ma esprime solo un parere di conservazione, peraltro (a mio parere) spesso molto limitato visto lo spazio esiguo per poter esplicare degnamente eventuali note (aspetto questo molto sottovalutato. Leggendo l’articolo sui NIP, presentato da cronaca numismatica e citato in questo topic, vedo piacevoli intenti di cambiamento a questo riguardo). 1) Commetterebbe “una furberia” se sul cartellino scrivesse che è un perito CCIAA o NIP quando non lo è. Come scritto sopra, chiunque può sigillare con rivetti personalizzati, e un commerciante può benissimo farlo a mò di garanzia sulle sue monete. 2) come già ampiamente spiegato sopra, vale come PARERE. Le perizie sono ben altre cose (e costano ben più di 10 o 15€) 3) Come già scritto, si, ma non deve riportare false credenziali. Certamente, ma poi sorgerebbe il problema della sicurezza, in quanto la moneta potrebbe benissimo essere sostituita con un’altra. Ci sono periti che hanno ovviato a questo inconveniente inserendo un qr-code che riporta a un certificato elettronico online, così da rendere la perizia più sicura indipendentemente dai rivetti Si possono anche omettere… ma per ovvie ragioni è meglio riportarli al fine di dimostrare le proprie credenziali professionali. Teoricamente si (prendi ad esempio i cartellini di Emilio Tevere… una certa “differenza” la fanno ancora). Ma come scrivo sempre, il mio consiglio è quello di imparare da sé a giudicare il grading. Le perizie hanno da sempre costituito un argomento molto vivace nel forum. Se fai delle ricerche ti si aprirà un vero mondo. Spero di aver risposto esaurientemente alle tue domande. Se vuoi contattami anche in privato, io rientro tra coloro che sono iscritti alla CCIAA come periti numismatici anche se non esercito questa attività in maniera professionale, per cui sentiti libero di contattarmi qualora volessi farmi altre domande. Un saluto Fabrizio
    2 punti
  11. Sì, è vero ci sono queste differenze negli anni indicati dal buon Andrea, ma si tratta di minuzie. La prima "A" chiusa o aperta nella firma di GIAMPAOLI) che oltretutto, a mio avviso, è poco visibile se non con lente a forte ingrandimento.. Nel 1954 invece, ci troviamo con due conii con differenze sparse qua e là, il II tipo (il più comune, chiedo scusa, nella risposta a @Marfir avevo detto il contrario) presenta: - bordo più sottile; - la "INC" di incisori, più a destra rispetto a Romagnoli; - le cifre del millesimo più sottili; la "R" di Roma (segno di zecca) più piccola; - la chioma di vulcano più ampia; - il manico del martello più corto. -
    2 punti
  12. Ripropongo l’esemplare Prova di Stampa in questo thread, che ormai si è sfocato rispetto alla moneta che lo ha aperto (nessun problema), in modo così da vedere se qualcuno ha voglia di aggiungere i suoi esemplari, così per confronto. Mi piacerebbe vedere anche la PROVA standard del 20 lire Elmetto, più rara di questa, variante che appare più frequentemente in asta, e che si situa tra R3 e R4 pur non trovandosi in tutti i mercatini domenicali 😸. Sarebbe anche interessante che qualche esperto di prove ci potesse spiegare gentilmente come mai la prova semplice è più rara di quella “di stampa”
    2 punti
  13. Ti posto la "briciola" apparsa sul Gazzettino #6 del novembre 2019:
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  14. Buongiorno amici...oggi condivido questa...un 10 paoli 1797 in buona conservazione , Migliore di BB, con una bella patina a mio gusto. Non è il 97 più comune, ma un conio più raro. Spiccano le scritte LIBERTAS nello scudo in caratteri molto più piccoli oltre a delle differenze sulla veduta di Bologna. Il muso del Leone è penalizzato da una debolezza come ho visto in altri esemplari. Una moneta bella con un suo equilibrio estetico. Il Cassanelli la giudica R....ho cercato un po' di passaggi sul web ma non ne ho trovati...solo uno recentissimo. A voi i pareri e le foto. Condivido con piacere questa nuova arrivata....sogno nel cassetto raccogliere tutte le varianti (lo so sono tantine!!!) per questa affascinante moneta.
    1 punto
  15. Martedì 20 febbraio alle ore 20:45 al CCNM (Via Kramer, 32 Milano. Citofono SEIDIPIU') si terrà una riunione informale, condotta dal Socio Fabio Songa, su un tema di monetazione romana: CONSECRATIO, Le monete di deificazione degli imperatori romani. Verrà spiegato il termine e a cosa veniva applicato e si vedrà una carrellata di monete dei differenti imperatori con al rovescio la CONSECRATIO. L'invito è aperto a tutti e per arricchire la serata portate le vostre monete da consultare.
    1 punto
  16. Ciao a tutti, ieri ho acquistato in asta questa moneta attribuita a Valeriano II. Il venditore scrive che si tratta di un asse coniato a Viminacium dal peso di 5,2gr. D/PCL VALERIANUS CAES testa a dx R/IOVI CRESCENTI Giove in groppa alla capra amaltea Cercando sul Mir per Viminacium trovo solo degli antoniani Mir 860a/b, mentre su Roma trovo solo Mir 247K ma sempre un antoniniano. Il venditore porta ad esempio una moneta simile passata in asta da Bertolami Aste qualche tempo fa. Voi cosa ne pensate, Göbl non la cita, sono un po dubbioso sulla corretta attribuzione Grazie a tutti
    1 punto
  17. Il 3 febbraio 2024 il Museo Civico Carlo Verri di Biassono ha ospitato il primo incontro del ciclo di conferenze intitolato "Identità di un territorio". Il direttore del Museo Civico Carlo Verri e accademico dei Lincei, prof. Ermanno A. Arslan, racconta la complicata convivenza sul territorio brianteo di Celti e Romani, da un punto di vista archeologico, con la relazione "Celti padani e Romani: un rapporto difficile".
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  18. 1 punto
  19. Nessuna dicitura conta nulla se dietro non c’è qualcosa a supporto a termini di legge. ”Collezione privata italiana” cosa significa? Che il precedente proprietario l’ha acquistata o che l’ha scavata?”Ce una differenza non da poco. Chi vende, firma una cessione ( tra privati) che è niente altro che una assunzione di responsabilità nei riguardi dell’acquirente , con cui il venditore si dichiara lecito possessore della moneta. Va da sé che se invece non lo è perché la dichiarazione non è veritiera, se ne assume tutti gli obblighi e conseguenze di legge. In caso di vendita da professionista a privato, si emette fattura( per le monete classiche nessun altro tipo di documento è legalmente ammesso) con scheda fotografica e descrittiva della moneta ( obbligatoria) in cui ci DEVE essere riportato il numero di registro relativo al bene come riportato sul registro beni usati d preziosi ex questura . Qualunque altra documentazione vi venga rilasciata che non risponda alle caratteristiche suddette, non ha validità legale ( e soprattutto penale). Se vi rilasciano qualcosa di diverso ( fatture generiche, fatture per servizi o prestazioni non meglio identificate, scontrini e compagnia cantante) significa che a: il venditore non ha i documenti in regola per esercitare questo tipo di commercio specifico ( licenza ambulante, licenza monete moderne, licenza preziosi non specifica) ma che usa un qualche tipo di escamotage per far finta di essere in regola, ma poi in sede di eventuale controllo la sconta l’acquirente b: non ha i documenti di acquisizione e/o registrazione a norma di legge ( ex TU 64) 😄 non ha alcuna licenza valida ma è solo un bagarino ( BDM bagarino di m…come dice un collega fiorentino) E sono guai per gli acquirenti se c’è un controllo
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  20. Caspita che bella moneta e che rarita' 😍
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  21. La data dovrebbe trovarsi sotto al busto,che nel tuo esemplare non si vede... È comunque la data è sempre presente anche al dritto,a parte due esemplari che la riportano solo al rovescio...
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  22. Già dare un giudizio da foto è difficile, ancor più con la plastica.Da quello che vedo, hanno ambedue una bava di conio che presumo possano essere FDC, però vedo anche dei segni abbastanza pesanti sul 50 Lire Aratrice, un pò meno sul 20 Lire. A mio parere il perito può averle chiuse FDC con segni o SPL +.
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  23. Grazie mille immaginavo! Ormai è sempre così riguardo tutto...
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  24. Ciao,il triangolo che vedi sotto la descrizione di varietà ti indirizza nello schemino sottostante.... Se il tuo grano è un 37/37 allora è classificato al numero 74 del Magliocca,se vai nello schema sottostante nella riga dedicata alle monete catalogate al numero 74 puoi vedere le varietà,che sarebbero i simboli dei coniatori,nel caso dei grani classificati in questa riga abbiamo:F,G,M,N,Q,R(M),omino.. Ovviamente è da considerare che sicuramente ci sono altri simboli non ancora censiti come ad esempio nel tuo grano dove davanti al busto sembra esserci un numero 7,che al momento non e censito sul Magliocca,mentre è censito per il grano 38/38 catalogato al numero 77...
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  25. C'e' del vero nelle bufale ? buona serata
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  26. Ciao a tutti, i falsi per questo hemilitron sono conosciuti da tempo, se ne era parlato anche qui https://www.lamoneta.it/topic/151998-fake-abakainon-ae-coin/#comment-1733687 ritengo che per lo più siano prodotti per fusione (il mancato riempimento delle perline nel 1° esemplare é eloquente). Anche il sito Forgerynetwork ne riporta un paio di esempi.
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  27. Può accadere, e sul forum troverai moltissime discussioni che ne parlano.
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  28. Buongiorno. Vale 2 euro. Nulla di più. Ciò che ha letto su internet sono solo stupidaggini. Purtroppo la rete su questo argomento è piena di false informazioni. Che generano ulteriori false informazioni e così via. Per questo non è facile orientarsi
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  29. Vedo ora il tuo contributo,ora non ho tempo ma stasera mi voglio sfondare di Arslan e celtismo padano .👏👏
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  30. Ciao, può anche darsi che ci sia solo un esemplare (il primo) che sia stato clonato dal secondo ma questo non si può dire con certezza. Come anche che sia opera di un falsario alle prime armi che si è messo un giorno a casa ed abbia deciso di clonare una moneta. Come falsario alle prime armi non è stato poi tanto incapace. Moneta che da quanto sostieni non esiste come tipologia ( hai detto che è di fantasia) percui cosa aggiungere. Mi auguro che sia come tu sostieni e che non vi siano ulteriori esemplari che giacciono beati in tante collezioni 🙂 ANTONIO
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  31. In Turchia è vietato detenere antichità di ogni genere. Qualsiasi ritrovamento deve essere consegnato alle autorità (Polizia, Musei, ecc.) Se un contadino trova nel suo terreno un tesoretto monetale può : 1)consegnarlo alla polizia. ( che magari lo accusa di consegnarne solo una parte e trattenere il resto). la quale polizia ....vedi punto 3 2) rimetterlo dove lo ha trovato, ricoprendo per bene il buco. 3) consegnarlo a ..........che gli da qualche lira in cambio.( Sempre meglio di niente) E poi manda tutto in Germania dove finisce all'asta. Avete notato quante case d'asta nuove (DE,NL, Est) sono nate da qualche tempo e offrono migliaia di monete-rottame che si vendono a pochi euro ? Non solo trovate in Turchia, prima, ma oggi anche in tutto il M.O. nei buchi delle bombe. Tutto quanto saputo da un amico archeologo turco, che quando ne trova le deve portare a un museo dove il Curatore le butta in un bidone assieme alle altre. Dove poi finiscano meglio non indagare. Meglio non parlare in giro del ritrovamento.
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  32. Complimenti @Scudo1901 ci fai sempre vedere ottime monete.
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  33. sapevo di questa differenza e non solo per il 1954, fino ad un certo anno, ma non ricordo quale, hanno usato due conii per le 50 lire, vado a cercare il link che ho letto sperando di non aver travisato il ricordo eccolo qua, spero di fare cosa gradita https://www.erroridiconiazione.com/50-lire/
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  34. ascoltate il video al minuto 16 e capirete tutto: "la zecca realizza prodotti commerciali che devono creare un utile per il nostro datore del lavoro e cioè il Ministero dell'economia e finanze"
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  35. Favolosa Marco, semplicemente favolosa. 👏🏽👏🏽👏🏽👏🏽👏🏽 Inoltre non capisco il sentimento della vergogna nel confronto tra monete. Ogni nummo ha una sua dignità a prescindere dalla conservazione e non bisogna mica vergognarsi se una delle proprie monete non regge il confronto con altre…ma lo so che scherzi! Questo tuo Cappellone è un esemplare realmente eccezionale, ed io sono felice che sia nella tua collezione. 👍👍
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  36. Moneta molto gradevole. La rarità per il '97 è funzione inversa del numero di edifici sulla linea di esergo! Riusciresti a fotografare il contorno, per mia curiosità?
    1 punto
  37. Ma ragione su cosa? Che un giorno queste monete varranno meno di oggi? Pazienza, dove c’è gusto non c’è perdenza.
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  38. Ti invio foto dell'intera pagina, sperando riesca a leggerla bene. ciao.
    1 punto
  39. Questa in foto che hai postato è la replica o una originale? Ho chiesto una foto con il bilancino e come immaginavo il peso corrisponde, 30,14gr, credo che lascerò comunque perdere, seppur pochi euro, non mi va di rischiare
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  40. Ciao @didrachm, come ho già scritto e come ha già provato a spiegarti Raffaele, l'argomento sulle piastre del 1831 è stato concepito come un vero e proprio archivio fotografico, fatto di dati e foto... proprio per questo - se hai notato - tutti coloro che hanno partecipato pubblicando le proprie piastre, hanno rispettato questa semplicissima regola... così, noi tutti, proveremo a mantenerlo libero da commenti e domande varie... quindi, ti rinnovo l'invito: per qualsiasi domanda, dubbio, perplessità in merito ad eventuali varianti, non esitare a spostarti su questa discussione... In merito alla tua domanda riguardo la variante "collo lineare"... Se tu avessi aperto questo link che - non a caso - ho riportato alla fine del mio intervento... avresti letto anche il primo commento di @giuseppe ballauri (#276 pag.12) il quale, con una breve descrizione ed una foto che vede più piastre sovrapposte, riporta un esempio abbastanza esplicativo della variante in oggetto... poi, continuando a leggere, post dopo post, pagina dopo pagina, potrai trovare anche altri interessantissimi esempi. Spero che, anche questa semplicissima immagine che ti allego, possa aiutarti a comprendere la differenza tra il taglio normale alla base dell'effige e quello che definiamo "collo lineare" (per le Piastre del 1° tipo e del 2° tipo). Spero di esserti stato utile. Lorenzo
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  41. Io, sinceramente, dopo aver visto qualche centinaia di quete monetine (senza peraltro averci ahimè capito molto) non penso sia suberata. non vedo un’anima in metallo vile ma vedo in sezione nella zona del foro come se il tondello sia stato realizzato con metallo ripiegato. Non so se venisse fatto e non so se vedo bene. al di là di questo sto cercando di spiegarmi la violenza di cui questo quarto di siliqua è stato oggetto. Confrontandomi con altri numismatici la fratturazione complessiva è compatibile con il colpo inferto con oggetto a sezione rettangolare. E non vedo segni antecedenti che facessero vedere l’anima ignobile di una suberazione visto che l’aspetto generale è di buona fattura e buon metallo. Anche così molte monete degradate, consunte, malconiate, continuavano imperterrite a circolare… l’interpretazione di @Adelchi66 mi piace ma non mi convince del tutto. Ma si ragiona ad alta voce guardando una foto… sono stato fesso dovevo prenderla per analizzarla! Mannaggia a me!
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  42. Buongiorno. Allego foto di una mia 56 sopra 55, doppia rottura del conio a croce (verticale/orizzontale) dopo il 18, tondello dentellato al taglio sotto legenda PROVIDENTIA.
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  43. Mi è’ arrivato il libro di Vincenzo Castelli e ho incominciato a sfogliarlo. Inizia con una parte generale sulle origini e la storia delle monete senesi, indispensabile per poter seguire il successivo catalogo. Si passa poi al Catalogo con 210 tipologie di monete descritte e con le immagini relative, il tutto seguito da una parte molto interessante sulle falsificazioni. Segue oltre alla bibliografia molto completa, una parte sulle valutazioni di mercato, quindi un libro decisamente completo sia per chi vuole capire e conoscere la monetazione senese che per il collezionista per orientarsi nel mercato. Mi ripropongo di ritornarci dopo una lettura del testo, sicuramente è’ un testo importante e che sarà un riferimento per questa monetazione.
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  44. Julio Romero de Torres ( 1915 ) Il Poema di Cordoba Cordoba - Museo Julio Romero de Torres
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  45. Per chi ama la numismatica, che in un'asta molto seria un nummo sia denominato "uncertain" è una sfida evidente che ho accolto. I quattro nummi sono questi: Provo a identificarli. Il lotto 733 mi pare che corrisponda a Valentiniano III, RIC 2108
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  46. Cari tutti, questa sera mi piacerebbe condividere con voi una monetina recentemente acquistata. L’oggetto in questione era parte di un lotto di 7 monete proposte in asta come tutte della zecca genovese ( vi allego la foto proposta nei cataloghi) Ad un analisi delle monete proposte, saltava all’occhio una monetina somigliante alla prima tipologia di esemplari da 8 denari, ma che presentava in esergo al posto della data una serie di tre stelle a sei punte. Questa caratteristica è nota per alcune contraffazioni operate da zecche lombarde, quelle di Bozzolo in particolare sono quelle che presentano identica rappresentazione. Spinto dalla curiosità di capire se le mie idee erano corrette (e dal modico prezzo di partenza) ho deciso così di provarci, aggiudicandomi il lotto alla base. Di seguito le caratteristiche della moneta: Bozzolo Scipione Gonzaga (1613-1670) CNI 215, MIR 96/1, Bellesia 79 moneta piuttosto rara, a livello di passaggi in asta per ora ho trovato solo quello dell asta Christie’s del giugno 2003 (lotto 533) - ex collezione Pesce. Se qualcuno avesse altri riferimenti di questa interessante tipologia sarei grato se me li girasse . Grazie a tutti e buona serata Le foto della moneta
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  47. La discussione alla quale mi aggancio ha costituito l’occasione per scrivere questo lungo, lunghissimo, post che da tempo avevo in mente e che, per questioni di tempo, non ero riuscito prima d'oggi a mettere giù. Il richiamo dell’art. 64 del Codice dei Beni Culturali non è mai ridondante e tantomeno scontato, come giustamente osserva @Oppiano . La tutela del collezionista di monete antiche trova il suo primo baluardo nella competenza, nella correttezza e nella preparazione del commerciante, requisiti tutti sussumibili nel concetto di professionalità. Il secondo baluardo è nel livello di studio e approfondimento che chi si approccia a collezionare monete antiche deve necessariamente prestare anche alla normativa nel cui ambito dovrà muoversi. E’ un dato di fatto oggettivo. Ed è un fatto altrettanto oggettivo, con il quale ciclicamente mi scontro, che alcuni (pochi per fortuna) commercianti professionisti che vendono anche monete antiche, ancora oggi non abbiano ben chiara l’essenza dell’attestazione di autenticità e provenienza di cui all’art. 64 del Codice dei Beni Culturali. Probabilmente perché il commercio di antiche non rappresenta, per loro, il core business. Capita, quindi, che taluni ritengano di assolvere all’obbligo posto dall’art. 64 del Codice dei Beni Culturali mediante la consegna all’acquirente di “un mero pezzo di carta” (o di un file, nei casi più evoluti) impropriamente denominato “certificato” di autenticità e “lecita” provenienza (come se un bene oggetto di compravendita, qualunque esso sia, possa essere di provenienza illecita!). L’attestato di cui all’art. 64 non si risolve in una foto della moneta antica (per restare nell’ambito degli oggetti di nostro interesse) corredata di una descrizione (auspicabilmente non sommaria e imprecisa) conclusa dalla pomposa dicitura: “certifico che la suddetta moneta è autentica e di lecita provenienza”, a volte pure priva di timbro e sottoscrizione del commerciante (come pure – vi garantisco – mi è capitato in un emblematico caso isolato che ha fortemente ispirato questo post). Tantomeno l’obbligo può ritenersi assolto dal rinvio alla fattura di acquisto e alle condizioni generali di vendita (che, nella stragrande maggioranza dei casi, già contengono la garanzia che il materiale proposto in vendita sia genuino e autentico). Naturalmente il mio discorso è circoscritto agli operatori commerciali italiani, gli unici ad essere tenuti al rilascio dell’attestazione in commento. E’ sconfortante verificare ancora oggi, dopo fiumi di discussioni, di problemi giudiziari e di polemiche, quanto sia complicato per qualcuno comprendere l’importanza che l’attestazione prevista dal Codice dei Beni Culturali riveste anche nella formazione del pedigree che ogni moneta antica dovrebbe recare con sé. Pedigree della cui importanza pure tanto si discute. Ovviamente lo sconforto è tutto personale. L’art. 64, che su questo forum sarà stato citato una infinità di volte, è chiaro nel delineare il contenuto dell’attestazione. La norma recita testualmente che: “Chiunque esercita l'attività di vendita al pubblico, di esposizione a fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla vendita di opere di pittura, di scultura, di grafica ovvero di oggetti d' antichità o di interesse storico od archeologico, o comunque abitualmente vende le opere o gli oggetti medesimi, ha l'obbligo di consegnare all'acquirente la documentazione che ne attesti l'autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza delle opere medesime; ovvero, in mancanza, di rilasciare, con le modalità previste dalle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull'autenticità o la probabile attribuzione e la provenienza. Tale dichiarazione, ove possibile in relazione alla natura dell'opera o dell'oggetto, è apposta su copia fotografica degli stessi”. Ho voluto sottolineare ed enfatizzare con l’uso del grassetto le espressioni lessicali che, a mio avviso, costituiscono l’essenza della disposizione. Ribadisco che qui farò riferimento solo alle monete antiche. Il commerciante italiano ha l’obbligo (non la facoltà) di garantire all’acquirente che la moneta venduta sia autentica e di documentarne o di attestarne la provenienza (la norma non dice “lecita” perché si sarebbe trattato di una ovvietà). Tale obbligo, quindi, può essere assolto per due vie, tra esse non alternative ma in posizione di subordine l’una rispetto all’altra: a) consegnando all’acquirente la documentazione che attesti l’autenticità della moneta (una eventuale perizia, ad esempio, ove esistente) e la sua provenienza (mi viene da pensare alla documentazione giustificativa dell’acquisizione della moneta che il venditore, a sua volta, ne ha fatto da un terzo: in questo caso si potrebbero porre problemi legati alla privacy del terzo cedente che, tuttavia, ritengo possano agevolmente superarsi laddove il commerciante, al momento dell’acquisizione, abbia l’accortezza di richiedere e ottenere dal proprio dante causa una autorizzazione al trattamento e alla diffusione di quei dati sensibili); b) in mancanza (della documentazione di cui sopra), dichiarando egli stesso (il venditore, intendo) l’autenticità e la provenienza della moneta, offrendo all’acquirente tutte le informazioni a tal fine necessarie: è quest’ultimo l’attestato propriamente inteso. Ovviamente, poiché detta dichiarazione integra gli estremi di una assunzione di responsabilità a tutti gli effetti di legge nei confronti dell’acquirente, è scontato rilevare che il commerciante (che non voglia incappare in problemi) dovrà a sua volta avere accertato preliminarmente l’autenticità e la provenienza della moneta che pone in vendita (e, quanto alla provenienza, sconsiglierei a qualsiasi commerciante di farlo accontentandosi di una autodichiarazione da parte di colui dal quale intende acquisire la moneta). Per l’assolvimento dell’obbligo posto dall’art. 64 il commerciante (italiano) non può chiedere all’acquirente un solo centesimo, neppure camuffando la pretesa (postuma) sotto il velo del rimborso spese per “stampa fotografica di alta qualità” (come pure un “buontempone” si è preso la briga di rispondermi per giustificare una richiesta di pagamento di un attestato che in prima battuta non mi era stato spedito unitamente alla moneta antica acquistata). Il commerciante dovrà tenere conto di questo costo nel momento in cui andrà a determinare il prezzo della moneta offerta in vendita (o l’entità delle commissioni applicate, in caso di intermediazione), così di fatto recuperandolo comunque, sia pure indirettamente (ma in maniera sicuramente più elegante), dal cliente finale. A mio avviso, un attestato di autenticità e provenienza degno del disposto normativo dovrebbe comporsi da: (i) riproduzione fotografica della moneta, sicuramente sempre producibile nel caso dei nostri amati tondelli (si rammenti che l’art. 64 specifica che “Tale dichiarazione, ove possibile in relazione alla natura dell'opera o dell'oggetto, è apposta su copia fotografica degli stessi”); (ii) una accurata descrizione della moneta, comprensiva di dati ponderali (fedeli), stato di conservazione (per quanto opinabile) e riferimenti bibliografici, che si concluda con una attestazione di autenticità della stessa (autenticità che, come detto, dovrebbe essere stata accertata dallo stesso commerciante prima di immettere la moneta sul mercato; in ogni caso, generalmente il materiale messo in vendita viene garantito autentico già nelle condizioni generali di vendita… ma i rinvii non mi piacciono); (iii) le informazioni sulla provenienza, quali ad esempio: collezione privata italiana, europea o extracomunitaria (senza la necessità di menzionare l’identità del precedente proprietario); il numero di annotazione, in entrata e in uscita della moneta, attribuito nel registro del commerciante prescritto dalla normativa in materia di pubblica sicurezza (si veda l’art. 63 del Codice dei Beni Culturali e l’art. 128 del TULPS), informazione che tutelerà la privacy del soggetto dal quale il commerciante ha acquisito la moneta ma che consentirà, al contempo, in caso di dispute giudiziarie, di risalire agevolmente ai vari passaggi di mano della stessa; ove disponibili, eventuali precedenti passaggi d’asta noti (ad esempio, ex Casa d’Aste S.p.A. vendita n. …. del ….); (iv) timbro e firma del commerciante. E attenzione a non confondere e a non sovrapporre l’importanza dell’attestato con quella della fattura: la seconda non sopperisce e non esclude il primo. La fattura è il titolo che giustificherà e proverà la provenienza della moneta per chi l’ha acquistata, cioè per il suo nuovo proprietario. L’attestato è il documento con cui il commerciante professionale (colui che vende) ha l’obbligo di dichiarare a chi compra la precedente provenienza della moneta, legittimando in tal modo il potere che egli ha di cederla attraverso l’immissione sul mercato. Ritengo che una delle funzioni che il legislatore abbia voluto attribuire all’attestazione di autenticità e provenienza sia quella di consentire (quantomeno sul suolo dello Stato) una sorta di tracciamento dei “passaggi di mano” delle “opere di pittura, di scultura, di grafica ovvero di oggetti d'antichità o di interesse storico od archeologico” (e con i tempi che corrono non può che essere un bene sia per il collezionista che per il commerciante) così da arginare il proliferare dei ricettatori, oltre che dei falsari. Nella prospettiva del legislatore, l’attestato in parola era (ed è) finalizzato a caricare di responsabilità i soggetti coinvolti nella compravendita professionale di oggetti di antichità o di interesse storico o archeologico facendo assurgere i commercianti al ruolo (determinate) di “filtro”, essendo essi indubbiamente gravati dall’onere (non codificato ma non privo di conseguenze ove non assolto) di accertare l’autenticità e la provenienza di ciò che pongono in vendita (non mi stancherò mai di ripeterlo: colui che commercia in questo particolare tipo di beni non può pensare di superare il problema della provenienza mediante la semplice acquisizione, dal conferente, di una autodichiarazione sulla liceità della provenienza e del possesso). Infatti, poiché essi sono obbligati ad attestare all’acquirente l’autenticità e la provenienza del materiale venduto, non potranno che – in primis, a propria tutela – pretendere dal soggetto dal quale si sono a loro volta “approvvigionati” quelle medesime garanzie che essi saranno tenuti a dare all’acquirente. I commercianti, dunque, sono l’anello centrale della catena di responsabilità insite nei trasferimenti della moneta nel tempo. Un ruolo decisivo e pregno di responsabilità che, come ogni professione che si rispetti, deve essere svolto con la massima diligenza e che deve portare il collezionista a prediligere sempre l’acquisto da commerciante professionista. Un ruolo che tanti svolgono in maniera ineccepibile ma che pochi, purtroppo, fingono di ignorare con grave nocumento per l’intero settore. Saluti.
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