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Contenuti più popolari
Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 11/29/23 in tutte le aree
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DE GREGE EPICURI L'Armenia antica aveva dimensioni molto superiori al paese che oggi designamo con questo nome. Si parlava di una Armenia Maior (o semplicemente Armenia), che era la zona ad est dell'alto Eufrate, fino al Mar Caspio; e di Armenia Minor, ad ovest dell'Eufate, confinante col Ponto e la Cappadocia. La prima comprendeva le zone dei grandi laghi Van, Sevan e Urmia. Nel periodo ellenistico era controllata dal Regno Seleucide, poi ebbe periodi di indipendenza ed altri in cui fu soggetta ai persiani. I romani giunsero in Armenia già con Lucullo (69 a.C.) e successivamente il paese funzionò da "cuscinetto" fra Roma e i Parti: di qui la sua storia così complicata e turbolenta. Fu provincia romana in senso stretto solo sotto Traiano, ma in genere Roma preferì averla come stato-vassallo semi-indipendente. Sotto il regno di M.Aurelio e Lucio Vero i Parti, approfittando di una rivolta in Britannia e di ostilità in Germania, invasero l'Armenia e si portarono fino in Siria. Roma dovette organizzare una controffensiva, che fu affidata a Lucio Vero (163-165): egli ebbe successo, conquistò rapidamente la capitale Artaxata e la distrusse; successivamente, i Parti chiesero la pace. Dal 163, Lucio Vero ebbe il titolo di Armeniacus. Tutto questo è ben illustrato da un asse che ho posseduto diversi anni fa (pesa ben 12, 95 g. e misura 27 mm). Al D attorno al busto di Vero campeggia il titolo ARMENIACUS. Al Rovescio, l'Armenia è a terra volta a sinistra, sotto un trofeo, circondata da uno scudo, un vessillo e armi varie; in esergo ARMEN. Nel giro invece gli altri titoli di Vero: TRP IIII, IMP II, COS II. Dovrebbe essere il RIC 1364. Sarebbe interessante anche approfondire il tentativo di "impero collegiale" di M.Aurelio e Lucio Vero, che fallì e non fu più ripetuto; ma il discorso è lungo e andrebbe sviluppato con calma e separatamente.4 punti
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Ho terminato la lettura, complimenti agli autori, un numero eccezionale, ad maiora semper4 punti
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Ciao @gpittini , molto bello ed interessante il tuo Asse la cui classificazione RIC 1364 mi sembra esatta . Due parole sull' "Impero collegiale" . Marco Aurelio fu "costretto" ad assumere Lucio Vero , figlio di Elio Cesare (Lucio Ceionio Commodo) , all' Impero per volere ereditario di Adriano in primis e di Antonino Pio come esecutore testamentario di Adriano . Marco Aurelio non apprezzava il modo di vivere di Lucio Vero , opposto al suo , e quando scoppio la guerra contro i Parti fu ben felice di affidargli la campagna militare sperando che la vita militare lo temprasse nel carattere , vana speranza . Al ritorno a Roma di Lucio Vero al termine della vittoriosa campagna partica ad entrambi gli Imperatori venne attribuito il nome onorifico di Armeniacus . Scoppiata la guerra germanica Marco Aurelio preferi' portare con se Lucio Vero anche per evitare che facesse guai a Roma durante la sua lunga assenza . Durante il viaggio , nei pressi di Altino , Lucio Vero fu stroncato da un colpo apoplettico , nome generico per le morti improvvise , e dopo tre giorni mori' a quaratadue anni . Di questa repentina morte venne sospettato lo stesso Marco Aurelio o piu' probabilmente la moglie Faustina II che avrebbe dato a Vero delle ostriche avvelenate . Un mio Sesterzio , non in eccelse condizioni , di Lucio Vero "LUCIUS AUG. ARM. PARTH. MAX." con al rovescio TR.POT. VI IMP IIII COS II e la Vittoria che scrive su uno scudo VIC PAR , RIC 1456 , peso 30,6 grammi .4 punti
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Ciao, oggi condivido un denario dell'imperatore Eliogabalo ( 218-222 d.C.) con la personificazione sul rovescio della dea Vittoria andante coniato a Roma poco dopo la sua proclamazione (spero 🙂). Eliogabalo, nipote della potente Giulia Mesa fu scelto proprio da quest'ultima come successore di Macrino che con molta abilità politica e non solo, grazie ad una congiura da lei orchestrata con l'appoggio di parte del Senato e dell'esercito, fece uccidere e rimpiazzare dopo un solo anno dì regno. Eliogabalo, esiliato da Macrino in Siria, divenne sacerdote del dio Sole (Elagabal) da cui prese anche il nome è quando divenne imperatore cercò di imporre tale culto come prioritario rispetto a tutte le altre divinità tradizionali. Fu un grave errore perché il popolo romano, non pronto al repentino cambiamento, non accettando questo iniziò a non vedere più di buon occhio il suo operato. A questo si aggiunse il suo modo di vivere a dir poco molto dissoluto che fece propendere per la sua eliminazione, orchestrata sempre da Giuia Mesa, a favore del cugino Alessandro Severo. Fu colpito da damnatio mamoriae, infamia massima che un imperatore potesse subire dopo la sua morte, ed il suo corpo vilipeso non fu soggetto a normale procedura post mortem ma fu gettato nel fiume Tevere. Come a volerlo cancellare dalla Storia. Che dire, un più che triste epilogo dopo soli 4 anni di regno. Tornando alla moneta ed alla Vittoria sul rovescio rappresentava un chiaro messaggio celebrativo che simboleggiava l'eliminazione di Macrino e dei suoi seguaci ed il ritorno degli Antonini sul trono dell'impero. Da esame diretto risulta coniato, centrato,con buon metallo ed ha svolto la sua funzione di moneta. Grazie ed alle prossime. ANTONIO 19 mm 2,82 g RIC 1563 punti
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DE GREGE EPICURI Martedì 12 dicembre alle 20.30 al CCNM (MI, via Kramer 32, citof. SEIDIPIU') si terrà l'ultimo incontro del 2023. Si tratterà di una riunione informale, condotta da Fabio Songa e Gianfranco Pittini, su un tema di monetazioe romana: le colonie di lingua latina. Esse sono: tutte le zecche ispaniche, alcune zecche africane, ed inoltre tutti gli insediamenti in Grecia, Asia Minore e coste siro-palestinesi definiti come COLONIE o come MUNICIPI. Ci occuperemo soprattutto di queste due ultime categorie, illustrando gli aspetti principali e senza troppe sottigliezze da specialisti. Soprattutto, saranno esposte e descritte molte belle monete. Alla fine, in vista del Natale: auguri, brindisi e panettone! Un piccolo esempio di coloniale in latino: Gordiano III, Antiochia di Pisidia.2 punti
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Segnalo interessante intervista all’on. Piero Fassino sul Corriere della sera di Torino avente ad oggetto la passione filatelica. a prescindere dalle preferenze politiche, la trovo una bella promozione della filatelia. In calce il link. Purtroppo con il telefono non riesco ad incollare l’intera intervista. https://torino.corriere.it/notizie/cronaca/23_novembre_28/piero-fassino-e-i-suoi-francobolli-con-loro-da-bambino-giravo-il-mondo-un-passione-trasmessa-da-papa-e3ca69bf-6ec7-4c57-9a59-96c6501dexlk_amp.shtml2 punti
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Eccole qua, entreranno in circolazione il 1 gennaio 2024 La figura della "Seminatrice" è rimasta Cosa vi sembra?2 punti
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"Monete romane" di Adriano Savio resta ancora oggi il migliore a mio parere.2 punti
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Ciao @Rufilius , grazie dell' apprezzamento , non ho belle monete , mi accontento di averne in scarsa conservazione purche' tramandino fatti ed eventi storici , non prediligo le monete , anche belle , con le solite divinita' . Per farti un' altro esempio ti allego un mio scarsissimo Sesterzio con Marco Aurelio Armeniacus , per rimanere in tema , con un' altro splendido ed identico al mio Sesterzio preso dalla rete . Entrambi RIC 890 con legende al D/ M. AVREL. ANTONINVS AVG. ARMENIACVS P.M. e al R/ VICT. AVG. TR. P. XVIII IMP. II COS. III , la Vittoria avanza tenendo in avanti uno stendardo , ai suoi piedi l' Armenia affranta . In foto il mio scarso (in foto peggiora ancor piu') Sesterzio paragonato con uno splendido2 punti
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Anche a me viene il tuo stesso dubbio, in particolare consiglierei a tutti di prestare maggiore attenzione, quando certi utenti chiedono spesso pareri e giudizi sulla autenticità o meno di monete antiche, chiedendo con insistenza di entrare nei particolari per cui si ritiene quella moneta non autentica. Teniamo sempre presente che la maggior parte delle persone è gente onesta e per bene, purtroppo però esistono anche i lestofanti che chiedono apposta tutte queste indicazioni, per poi magari spacciare monete false.2 punti
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2 punti
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Ps.. prendetelo pure come suggerimento per un presente di Natale per me2 punti
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https://www.numisbids.com/n.php?p=lot&sid=7378&lot=336 Secondo esemplare conosciuto di questa piccola meraviglia coniata a nome di Postumo POSTUME (259-268), AV aureus, 261-262. D/ IMP C POSTVMVS P F AVG B. l., dr., cuir. à d. R/ VICTORIA AVG La Victoire assise à d. sur une cuirasse, écrivant VO sur un bouclier posé sur ses genoux. A d., un trophée. RIC 41 var.; Schulte p. 172, a; Calico, Aurei, - (cfr 3788); Sondermann 6b.11 (mêmes coins). 5,49 g. De la plus haute rareté. Deux fines griffes au droit. Légère frappe faible au centre. Bel exemplaire bien centré, sur flan large. Superbe Extremely Fine Le deuxième exemplaire connu, des mêmes coins que l'exemplaire de la collection Arthur Bally-Herzog (Monnaies et Médaillles, vente 93, 16 décembre 2003, lot 254). Chargé de la défense du Rhin, gouverneur de Germanie, Postume s'opposa à Gallien et fut acclamé empereur par l'armée du Rhin en 260. Entre 260 et 263, il dut affronter les Germains à de multiples reprises et remporta une importante victoire en 261 à Magosa. Base d'asta 30k1 punto
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Segnalo l'uscita del n. 400 di Panorama Numismatico. Come vi avevo preannunciato si tratta di un numero speciale per celebrare il n. 400 della rivista. Ecco l'indice: Editoriale, di Lorenzo Bellesia Renzo Bruni, Panorama Numismatico e la passione per la ricerca: una lunga storia p. 7 Giuseppe Carucci, Le geografie della numismatica p. 7 Mariella Cambi Mariani, Le votazioni nell’antica Roma p. 8 Alberto Castellotti, I Medici come conigli? p. 10 Alberto Castellotti, Sognando le gambe di Abdera p. 11 Paolo Pini, La rarità del presepio nei tipi monetali. Analisi critica p. 12 Francesco Ceccarelli, Introduzione alla medaglistica p. 13 Michele Chimienti, Io e Panorama p. 18 Roberto Diegi, La numismatica tra collezionismo e storia p. 20 A cura di Germano Fenti, Visita allo stabilimento della zecca italiana p. 21 Gianni Graziosi, La numismatica è un viaggio avventuroso p. 23 Speciale Veronafil, Dove comprare. Tutto il mondo della numismatica p. 27 Bernardino Mirra, Davvero un bel... Panorama p. 39 Mario Veronesi, Anche una piccola moneta è una miniera di conoscenze p. 41 Luigi Londei e Neri Scerni, Zecca e monete a Perugia in età Giacobina p. 43 Giovanni B. Vigna, Monetazione dell’Ottocento per Bologna: storia di un progetto e di una collaborazione p. 51 A cura di Germano Fenti, Le nuove monete di nichelio da due lire: specificazioni opportune sul fascio p. 53 Il Museo d’Arte della Medaglia e la sua storia p. 56 Mostre e convegni p. 60 Aste in agenda p. 61 Indice annata 2023 p. 621 punto
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Molto belle come sempre, il periodo dei Severi mi piace moltissimo, appena posso riprenderò la lista dei personaggi mancanti 😃1 punto
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Une sédimentation alluviale Le contexte géologique a nécessité la réalisation de deux transects perpendiculaires au méandre pour comprendre la conservation des occupations et de caractériser leur environnement. Ils ont permis de renseigner les séquences géologiques sur des longueurs respectives de 38 et 60 m allant pour le premier à une profondeur de plus de 4 m sur une vingtaine de mètres. Ces séquences témoignent d’une succession de chenaux emboîtés. Un travail spécifique a été mené en collaboration avec des géomorphologues, afin d'appréhender ces dynamiques alluviales et mettre en perspective les indices de fréquentations des berges de l’Oise. Des vestiges néolithiques fugaces Au sud de l’emprise, un petit secteur a livré du mobilier principalement en céramique et quelques structures de type fosse et trou de poteau, organisées en arc de cercle. Le niveau dans lequel s’inscrit les vestiges est recoupé par un chenal. Ces vestiges sont assez fugaces. Leur attribution chronologique s’oriente vers le Néolithique moyen et plus particulièrement vers le Cerny (4600-4200 av. notre ère). Une concentration mésolithique Au nord-ouest du site, une nappe de vestiges lithiques d’environ 400 m² a été mise au jour. S’étendant sur 50 m de long et 8 m de large, elle est principalement constituée de silex taillés et de nombreux fragments de calcaire, de grès et de galets de silex brûlés. S’y ajoutent également quelques vestiges osseux épars et de rares outils en os. La quasi-absence de céramique et la nature des pièces en silex semblent orienter leur attribution chronologique vers le Mésolithique. Cet ensemble est constitué de peu d’éléments caractéristiques comme les armatures de flèche. Leur type varie très vite au cours de cette période. Elles permettent bien souvent une datation plus fine, comme le précisera peut-être l'étude de cette série. Cette nappe de mobilier se caractérise néanmoins par une assez forte dispersion verticale des vestiges, de l’ordre de 70 cm en moyenne. Il s’agit d’un phénomène récurent pour les sites préhistoriques du début de l’Holocène qui connaissent généralement une faible sédimentation associée à une forte activité biologique végétale (racines) et animale (terriers) qui remonte certains objets anciens et en enfouit des plus récents. Ainsi, cette nappe pourrait être également constituée de vestiges d’autres périodes, comme cela pourrait être le cas des nombreux fragments de roches brûlés. Ceux-ci se retrouvent en effet parfois accumulés dans des cuvettes au comblement noir, souvent très irrégulières et de taille variables évoquant des chablis brûlés. Un défrichage pourrait donc avoir eu lieu à une période postérieure au Mésolithique, pratique fréquemment observée chez les populations d’agro-pasteurs. L’étude des restes osseux découverts résoudra peut-être cette question grâce à la caractérisation des espèces animales présentes. En effet, la mise en évidence de faunes domestiques comme le bœuf, le mouton ou le cochon, introduites au Néolithique, tranche avec le contexte de faune sauvage du Mésolithique. Affiner l’attribution chronologique des occupations de ce site sera un des enjeux des études à venir, et les mettre en perspective dans leur contexte plus général géologique et environnemental. Investigation profonde. © A.-L. Sadou, Inrap Aménageurs : Société du canal Seine-Nord-Europe Contrôle scientifique : Service Régional de l’Archéologie (Drac Hauts-de-France) Recherche archéologique : Inrap Responsable scientifique : Anne-Lise Sadou, Inrap https://www.inrap.fr/des-vestiges-de-frequentation-mesolithique-thourotte-oise-176361 punto
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Delfi, il santuario sepolto del Dio Apollo Alla fine del XIX secolo alcuni archeologi francesi, con l’appoggio del neonato stato greco, portarono alla luce i resti del santuario di Apollo a Delfi, sede del famoso oracolo, nascosti per secoli sotto un piccolo villaggio /medio/2019/12/12/situato-su-un-terrazzo-sopra-il-tempio-di-apollo-in-una-posizione-da-cui-dominava-il-paesaggio-circostante-il-teatro-del-santuario-poteva-accogliere-cinquemila-spettatori_22884be2_800x532.jpg Situato su un terrazzo sopra il tempio di Apollo, il teatro del santuario poteva accogliere cinquemila spettatori Foto: Funkystock/Age fotostock Secondo i greci Delfi era il centro del mondo. Senza dubbio è un luogo unico per la sua posizione. L’immenso complesso monumentale si sviluppa su varie terrazze in un anfiteatro naturale sulle pendici del monte Parnaso, nella Grecia centrale, a 500 metri di altitudine. In quanto sede del tempio e dell’oracolo del dio Apollo, Delfi era uno dei più importanti centri di culto e di pellegrinaggio dell’antichità. Inoltre, ospitava competizioni atletiche, poetiche e musicali. Tra il VI e il IV secolo a. C. il santuario accumulò grandi ricchezze grazie agli oggetti, ai trofei e agli ex voto offerti dai fedeli in segno di gratitudine e devozione. Anche se l’oracolo rimase in attività fino al IV secolo d.C., già verso la fine del II secolo d.C. era iniziata la costruzione di case negli spazi liberi a nord e a ovest del tempio. Nacque allora un piccolo nucleo urbano che successivamente venne ampliato approfittando dei crolli causati da un terremoto nel 365. Dopo la chiusura dei templi pagani dell’impero romano, avvenuta nel 391, gli antichi edifici furono smantellati per riutilizzarne la pietra o per costruirvi sopra. In poco tempo nessuno di questi era più visibile. Secoli dopo, in epoca moderna, nella zona dove una volta sorgeva il famoso santuario era rimasto solo un villaggio di misere abitazioni di nome Kastri. Nel 1833 il nuovo stato greco ritenne necessario promuovere la rivalutazione del suo passato e salvaguardarne le vestigia. Vennero approvate leggi contro la vendita di reperti antichi, fu creata la Società archeologica greca e venne permesso l’insediamento di centri archeologici stranieri. Tuttavia, gli scavi di Delfi costituivano un caso a parte, dato che implicavano uno sforzo titanico. Per realizzarli era innanzitutto necessario espropriare gli abitanti di Kastri, risarcirli e trasferirli in un’altra zona. Il villaggio di Kastri e, ai suoi piedi, gli scavi del tempio di Apollo in un'immagine del 1893 Foto: N.C./École Francaise d'Athènes. Ministry of culture and sports/Ephirate of antiquities of Phokis Visto che la situazione economica della Grecia non permetteva grandi spese, nel 1838 il governo dichiarò le proprietà non trasferibili e ne proibì la riqualificazione. Nel frattempo gli archeologi iniziarono a effettuare delle ricerche su un terreno abbandonato. Nel 1840 il tedesco Karl Müller scoprì parte della struttura del tempio, ovvero una decina di metri del muro poligonale di sostegno, ricoperto di iscrizioni, che era già stato identificato in precedenza da alcuni viaggiatori. Müller morì a causa di un’insolazione mentre cercava di copiare le iscrizioni, e gli scavi vennero richiusi. Ma un astuto abitante della zona, di nome Dimos Frangos, un ex capitano che si era battuto contro i turchi, comprò il terreno prevedendo l’opportunità di futuri benefici. Più tardi, tra il 1860 e il 1861, il francese Paul Foucart portò alla luce un’altra cinquantina di metri del muro. Di fronte a così tante scoperte, nel 1862 la Società archeologica greca organizzò una lotteria per raccogliere fondi. Tuttavia, né questa né un’altra iniziativa successiva diedero buoni risultati: i proprietari avevano intuito che i loro terreni erano di grande valore e chiedevano cifre esorbitanti. Tutto cambiò nel 1870 quando, in seguito a un forte terremoto, si staccarono dalla montagna enormi rocce che distrussero il villaggio e causarono la morte di 30 persone. Dopo il sisma fu creata una commissione per negoziare con gli abitanti e trovargli una nuova sistemazione. Ma questi si rifiutavano di vendere se non venivano pagati in contanti. La Società archeologica greca decise allora di contattare i proprietari a uno a uno. Il capitano Frangos fu il primo ad accettare una somma di novemila dracme per una proprietà che ne valeva un centinaio. Questo incentivò gli altri. Ciononostante, i terreni da espropriare erano ancora molti e i soldi pochi. In attesa di finanziamenti, nel 1880 la Società archeologica greca cedette il terreno di Frangos alla Scuola archeologica francese di Atene perché potesse effettuare degli scavi. Tempio di Atena Pronaia situato a 800 metri dal santuario di Apollo, sul terrazzo di Marmarià Foto: Orgad Navè/Fototeca 9x12 A caccia della concessione La Scuola archeologica francese di Atene era stata fondata nel 1846 e a partire dal 1874 si era ritrovata a competere con l’Istituto archeologico germanico di Atene, fondato quello stesso anno. Quando l’anno seguente i tedeschi ottennero il permesso di realizzare scavi a Olimpia, le proteste francesi non si fecero attendere. Il governo greco assegnò allora alla Francia la concessione per l’isola di Delo e promise di affidarle i futuri scavi a Delfi. Nel 1880 Bertrand Haussoullier si mise alla guida della missione francese a Delfi. Haussoullier si concentrò sui 20 metri della proprietà di Frangos, tra il settore che era stato scavato nel 1840 e quello portato alla luce nel 1860. Era sicuro di trovarsi di fronte alla terrazza del tempio, ma non si spiegava la presenza di alcuni muri che si trovavano di fronte. Gli scavi rivelarono che si trattava della spianata accanto al terrazzo, dove sorgevano dei monumenti commemorativi. I muri appartenevano a uno di questi, il portico degli ateniesi, costruito all’inizio del V secolo a.C. per ospitare i trofei delle vittorie navali di Atene. Nelle vicinanze fu ritrovata anche la colonna frammentata della sfinge, un ex voto dell’isola di Naxos. Risalente alla metà del VI secolo a.C., la sfinge dei nassi si trova oggi al museo archeologico di Delfi Foto: Akg/Album Nel 1881 il primo ministro Alexandros Kumunduros promise Delfi alla Francia in cambio dell’appoggio alle rivendicazioni territoriali greche. Iniziava così un periodo di dieci anni, noto in Francia come “la guerra di Troia”, durante il quale Delfi fu moneta di scambio nelle negoziazioni tra il governo greco e quello francese. Presto vi si aggiunsero gli Stati Uniti, anch’essi interessati a partecipare agli scavi del sito. Alla morte di Kumunduros il nuovo primo ministro, Charilaos Trikoupis, offrì Delfi ai francesi a cambio della riduzione delle imposte sulle importazioni di uva sultanina, un prodotto all’epoca estremamente ricercato in Francia, dove la fillossera aveva distrutto le viti locali. Il senato francese rifiutò e Trikupis ritirò l’offerta. Alla fine, in seguito agli scavi illegali del tedesco Hans Pomtow nel 1887 e a una nuova proposta con cui la Francia si impegnava a pagare 400mila franchi per espropriare Kastri, il 13 aprile del 1891 il re Giorgio I di Grecia firmò la concessione. Iniziano i “grandi scavi” I cosiddetti “grandi scavi” sarebbero dovuti iniziare nel settembre del 1892. Tuttavia, gli abitanti del villaggio, furiosi per non essere ancora stati pagati, impedirono l’accesso alla zona. Gli archeologi furono costretti a lavorare sotto la protezione della polizia fino a quando, l’11 ottobre, non vennero effettuati i pagamenti. Quattro giorni prima si era svolta l’inaugurazione ufficiale. I lavori si protrassero per dieci anni, dal 1892 al 1901, sotto la direzione di Théophile Homolle, futuro direttore del Museo del Louvre. Data l’enorme estensione del sito, circa 20mila metri quadrati, furono impiegati 200 operai per dieci ore al giorno e vennero installati quattro chilometri di rotaie su cui circolavano 75 carrelli, che trasportavano 28.500 metri cubici di terra. Nonostante le difficoltà – vento, pioggia, smottamenti – l’opera diede ben presto i suoi frutti. Nel 1893 vennero scoperti l’altare di Chio, la roccia della sibilla e il tesoro degli ateniesi. Un edificio, quest’ultimo, offerto alla dea Atena per commemorare la vittoria di Maratona sui persiani nel 490 a.C.: sui suoi blocchi erano incisi il testo e le notazioni musicali dell’Inno ad Apollo. Questa foto fu scattata il 30 maggio del 1893, quando venne alla luce la statua di Cleobi Foto: N.C./École Francaise d'Athènes. Ministry of culture and sports/Ephorate of antiquities of Phokis Nel 1894, invece, furono scoperte la statua di Antinoo e di Bitone (quella di Cleobi era stata rinvenuta l’anno prima) e i tesori degli cnidi e dei sicioni, mentre nel 1896 fu rinvenuta l’inimitabile figura di bronzo dell’auriga. Tra il 1895 e il 1897 vennero portati alla luce il teatro e lo stadio, quindi il ginnasio e la fonte Castalia. A partire dal 1898 fu la volta del terrazzo inferiore, detto Marmarià, con il tempio di Atena Pronaia. La metodologia usata era quella dell’epoca, molto sbrigativa. D’altro canto, la scrupolosità del diario degli scavi, l’ampio uso della fotografia e la pubblicazione di riassunti annuali rappresentavano una novità. Forse perché si trattava di un luogo ampiamente descritto dagli autori antichi, l’approccio fu più letterario che archeologico. Il 28 maggio 1894 venne alla luce la statua di Bitone e un anno prima quella di suo fratello Cleobi Foto: N.C./École francaise d'Athènes. Ministry of culture and sports/Ephorate of antiquities of Phokis Alla conclusione degli scavi, Homolle dichiarò la sua delusione per non aver trovato «neanche una metopa né un frammento del fregio, neppure il dito di una figura del frontone del tempio». E nemmeno la caverna dell’oracolo né altri ex voto citati dai testi antichi. D’altro canto, la scarsa qualità dei resti rivenuti obbligò a ricostruire il tesoro degli ateniesi nel 1903 e l’altare di Chio nel 1920. Nel 1935 la parte orientale del sito archeologico venne sepolta da una frana e fu necessario rimettere in funzione rotaie e carrelli. Nel 1938, invece, vennero ricostruite alcune colonne del tempio di Apollo e di Atena Pronaia. I “grandi scavi” segnarono l’inizio di un lungo cammino che continua ancor oggi e che ha portato al recupero di uno dei luoghi più emblematici del mondo antico. Nel 1992, in occasione del centenario della campagna, Jean Leclant, segretario emerito della Scuola francese, ha definito gli scavi «il trionfo dello spirito di Apollo, tutto sapienza e bellezza».1 punto
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Il barbaro Odoacre, il primo re d'Italia https://www.storicang.it/a/il-barabaro-odoacre-il-primo-re-ditalia_15967 Nel 476 il comandante germanico depose l’ultimo imperatore di Roma. Preso il potere, combatté a lungo contro altri barbari e contro l’impero d’Oriente, fino al suo assassinio da parte del capo ostrogoto Teodorico Pere Maymó i Capdevila 16 gennaio 2023, 08:06 Durante l’ultimo e convulso secolo dell’impero romano d’Occidente gli imperatori si ritrovarono spesso alla mercé dei loro eserciti, formati essenzialmente da soldati germanici foederati, che avevano cioè stretto un patto con l’impero e, talvolta, si erano insediati nel suo territorio. I comandanti di queste truppe erano pienamente consapevoli del loro potere e alcuni di essi, divenuti potenti generali, arrivarono a comportarsi da governanti di fatto, anche se formalmente erano sottomessi agli imperatori. L’aristocrazia romana non vedeva di buon occhio il fatto che l’impero dovesse affidarsi ai servigi di questi barbari, ma la loro influenza continuava a crescere in modo pressoché inarrestabile. Mausoleo di Galla Placidia. I generali barbari Stilicone ed Ezio detennero il potere a Roma durante i regni di Onorio e Valentiniano III, rispettivamente fratello e figlio di Galla Placidia Foto: Scala Così, agli inizi del V secolo, Stilicone, figlio di un vandalo, difese Onorio dai goti; Ezio, forse di origine scita, vinse gli unni di Attila ai Campi Catalaunici (451) in nome di Valentiniano III; Ricimero, mezzo suebo e mezzo visigoto, dominò l’Occidente tanto da proclamare tre imperatori: Maggioriano (457), Libio Severo (461) e Olibrio (472); e suo nipote, il burgundo Gundobado, elevò alla porpora Glicerio (473). A questi barbari si aggiunse Odoacre, che nel 476 depose l’ultimo imperatore romano d’Occidente, Romolo Augusto. Odoacre nacque verso il 433 in un luogo rimasto ignoto, tra le province romane di Norico e Pannonia (nelle odierne Austria e Ungheria). La sua etnia è incerta: le varie fonti lo presentano come rugio, erulo, goto, unno o sciro. Quest’ultima versione sarebbe avvalorata dall’ipotesi che fosse figlio di Edicone, un principe sciro al servizio di Attila. Tuttavia, una fonte dell’epoca – la Vita di Severino del monaco Eugippio – lo descrive «giovane, vestito in maniera molto misera, alto di statura», il che non indicherebbe origini nobili. Non si sa neanche con sicurezza quando Odoacre entrò al servizio dell’impero, ma nel 473 era già capo della guardia personale di Glicerio (comes domesticorum). La sua ascesa culminò due anni dopo, quando Romolo Augusto giunse al potere in seguito alla ribellione del padre Oreste contro l’imperatore Giulio Nepote. Odoacre fu nominato allora generale supremo dell’esercito imperiale d’Occidente. Oreste aveva rovesciato Nepote grazie alle truppe germaniche comandate da Odoacre, che ora esigevano la loro ricompensa. Nell’ultimo mezzo secolo visigoti e franchi avevano ottenuto un terzo delle terre della Gallia come compenso per il ruolo di difensori dell’impero, secondo la legge romana della hospitalitas, che assegnava all’ospite un terzo del patrimonio dell’anfitrione. Odoacre, in nome del suo esercito, fece la stessa richiesta a Oreste nelle terre italiane. Al suo rifiuto, il comandante sciro, acclamato re d’Italia dalle sue truppe, assediò Oreste a Pavia e lo uccise. Poco dopo, il 4 settembre del 476, depose Romolo Augusto e lo confinò in una fortezza a Napoli. v La fortezza di Castel dell’Ovo, a Napoli, la cui costruzione risale al I secolo a.C. In questo luogo venne confinato Romolo Augusto, dopo che Odoacre lo ebbe deposto dalla carica di imperatore d’Occidente Foto: Giovanni Guarino / Age Fotostock Padrone d’Italia Odoacre rimase così l’unico governante d’Italia, anche se restava aperta la questione della successione imperiale. Romolo Augusto era stato infatti considerato un usurpatore da Zenone, l’imperatore d’Oriente, che riconosceva Nepote come legittimo sovrano d’Occidente. Forse su richiesta di Odoacre, il senato di Roma inviò presso Zenone un’ambasciata con una lettera in cui si riconosceva quest’ultimo anche imperatore d’Occidente, poiché «un unico sovrano comune sarebbe stato sufficiente per entrambi i territori». Gli venivano quindi restituite le insegne imperiali – il diadema, lo scettro, la spada, la toga ricamata in oro e il mantello militare – e gli si richiedeva di nominare Odoacre patrizio d’Italia, un titolo che conferiva la potestà di governare in nome dell’imperatore. Ma anche Giulio Nepote aveva inviato un’ambasciata a Zenone, per richiedere la propria conferma a capo dell’impero d’Occidente e gli appoggi necessari a riprendere il potere. Zenone optò per una decisione salomonica: riconobbe Giulio Nepote come legittimo imperatore d’Occidente, ma non gli diede aiuti; dall’altro lato, nominò patrizio Odoacre, che aggiungeva così un titolo romano alla sua condizione di re, diventando Flavio Odoacre. In pratica, Zenone accettava il fatto compiuto. Nepote restò in Dalmazia, dove sarebbe stato assassinato nel 480. Odoacre esercitò l’autorità in nome dell’imperatore di Costantinopoli, mantenendo quindi la legalità dell’impero romano. Benché il 476 sia ritenuto oggi l’anno della “caduta” dell’impero romano d’Occidente, i contemporanei non diedero particolare rilievo alla deposizione di Romolo Augusto e continuarono a ritenere Nepote – o Zenone, in sua assenza – il legittimo imperatore. Il governo di Odoacre costituì una sintesi tra le tradizioni romane e barbare. Egli non volle mai assumere il titolo imperiale e appare nei documenti solo con il doppio titolo di “patrizio e re”. In qualità di comandante barbaro, si preoccupò di guadagnarsi la lealtà del suo esercito, concedendo quella hospitalitas negata da Oreste. In questo modo, i barbari non erano più truppe mercenarie di passaggio, ma la guarnigione propria del Paese. L’amministrazione dell’impero, invece, continuò a essere nelle mani dei romani e si mantennero le antiche istituzioni. Moneta fatta coniare da Odoacre con l’effigie di Zenone, l’imperatore d’Oriente che nel 476 riconobbe il potere del capo barbaro in Italia Foto: Money Museum Zurich Un re tollerante Odoacre si guadagnò così l’appoggio delle classi dirigenti italiane e in particolare del senato di Roma, che vide ristabilita la sua gloria passata. Per citare lo storico austriaco del secolo scorso Ernst Stein, è una «singolare ironia della storia» il fatto che il primo re barbaro d’Italia concesse alla nobiltà romana più privilegi di quanto avesse fatto qualsiasi imperatore. Pur essendo ariano (una setta cristiana nata nel IV secolo che la Chiesa di Roma considerava eretica), Odoacre si mostrò tollerante verso i cattolici e addirittura li favorì. È nota la sua stima per il vescovo di Pavia, Epifanio, che lo convinse a ridurre le sanzioni imposte alla sua città per il fatto di aver appoggiato Oreste. Inoltre, in occasione dell’elezione di papa Felice III nel 483, fu proclamato un editto che impediva di alienare il patrimonio della Chiesa, evitando così l’appropriazione dei beni ecclesiastici per utilizzarli nelle lotte politiche dell’epoca. Odoacre sotto attacco Il successo di Odoacre non piacque a Zenone, che istigò contro di lui due popoli germanici: i rugi e gli ostrogoti. I primi riunirono un esercito per muovere contro Odoacre, ma questi li sconfisse nelle loro terre, uccidendo Feleteo, re dei rugi del Norico, nel 487. Odoacre rinunciò però al territorio rugio per non scontrarsi con Zenone, a cui inviò il bottino di guerra. Ebbe minor fortuna con l’invasione degli ostrogoti. Nel 489 il re Teodorico l’Amalo sconfisse in due battaglie successive, ad Aquileia e Verona, le truppe di Odoacre, che dovette rifugiarsi a Ravenna. La sorte favoriva gli invasori e la situazione peggiorò quando Odoacre subì una terza e brutale sconfitta sull’Adda, nel 490, che lo obbligò a barricarsi di nuovo a Ravenna. Questo rilievo della basilica di San Zeno, a Verona, mostra uno scontro tra Odoacre e il re ostrogoto Teodorico, che nell’anno 490 sconfisse il primo presso il fiume Adda Foto: Scala Odoacre resistette all’assedio per oltre due anni, finché Teodorico assaltò la città via mare. Per mediazione di Giovanni, vescovo di Ravenna, l’ostrogoto offrì un patto a Odoacre in virtù del quale entrambi avrebbero governato l’Italia. Ingenuamente Odoacre accettò e Teodorico entrò in città: dieci giorni dopo, durante un banchetto, Teodorico uccise Odoacre insieme a tutta la sua famiglia e al suo stato maggiore. Secondo la cronaca del monaco Giovanni di Antiochia (VII secolo), quando Teodorico lo trafisse, Odoacre esclamò: «Dov’è Dio?» e il suo assassino gli rispose: «È questo che hai fatto ai miei amici», alludendo alla morte del re dei Rugi Feleteo. Teodorico divenne così il primo re ostrogoto d’Italia. Sotto il suo regno, il Paese godette di trent’anni di pace e prosperità, che in gran parte furono merito della saggia amministrazione del suo predecessore Odoacre. Per saperne di più L’impero e i barbari. Peter Heather, Garzanti, Milano, 2010 La caduta di Roma. Adrian Goldsworthy, Elliot, Roma, 2011 L’ultima legione. Valerio Massimo Manfredi, Mondadori, Milano, 20161 punto
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https://www.vaccarinews.it/news/Al_ministro_Giovanardi_l___Oscar_della_filatelia_2003/421 Per par-condicio segnalo il Ministro Carlo Giovanardi come appassionato filatelista.1 punto
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Sì, la prima è una medaglia tedesca d’argento, aggiudicata a 45 € in un’asta da prezzo iniziale 40 €. Karlsruhe. 1965. 25.13 g. Silbermedaille als offizielle Ehrengabe auf das 250 jährige Stadtjubiläum, Av.: Kopf nach rechts, MARKGRAF KARL WILHELM VON BADEN-DURLACH, Rv.: Ansicht des Schlosses, im Hof Wappen, 1715-1965 / 250 JAHRE KARLSRUHE, im Rand gepunzt O im Dreieck Halbmond 1000, mit originalem Verleihungszettelchen des Oberbürgermeisters Günther Klotz, 25.13 g., 40.5 mm. selten La seconda è una copia moderna del tallero d’argento della Repubblica di Berna in argento 900/1000 venduta in rete a 25 €. Suisse, Berne (Canton de), copie de thaler en argent, 1795 (postérieur). A/ RESPUBLICA – BERNENSIS. Écu à l’ours couronné, en-dessous ruban inscrit 20 JAHRE MOWO. R/ DOMINUS – PROVIDEBIT. Soldat debout tenant une épée dans la main droite ; en-dessous (différent) et (titre 900). Argent – 29,97 g – 40,2 mm – 12 h. FDC apollonia1 punto
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La sedicesima campagna della Missione Archeologica Italiana in Anatolia Centrale, guidata dall’Università di Pisa, ha recentemente portato alla luce nuovi e significativi elementi relativi al sito archeologico di Uşaklı Höyük. Questo luogo, oggetto di attenta indagine, è ritenuto essere Zippalanda, l’antica città sacra degli Ittiti, sebbene l’ufficialità di questa identificazione sia ancora in attesa della prova finale. Il professor Anacleto D’Agostino, responsabile della direzione degli scavi, anticipa i risultati dello studio archeozoologico, evidenziando un ricco repertorio di resti faunistici all’interno di una struttura circolare scoperta nel 2022. La presenza predominante di pecore e capre, con evidenti segni di lavorazione atipica, suggerisce un utilizzo rituale di questo spazio, ipotesi rafforzata dalla vicinanza al tempio della città bassa, precedentemente riportato alla luce nel 2013. L’ampliamento degli scavi nella corte lastricata nelle vicinanze ha portato al rinvenimento di scheletri parziali di due bambini, posizionati in prossimità di un focolare e circondati da cenere, ossa animali e frammenti di contenitori ceramici. Questo enigmatico ritrovamento, se da un lato solleva domande, contribuisce a consolidare l’ipotesi di un contesto legato a pratiche rituali e attività connesse alla sfera religiosa. Tra i reperti che corroborano l’ipotesi di uno spazio legato a cerimonie rituali, si annoverano frammenti di intonaco dipinto a fresco con motivi geometrici e figurati, in rosso e nero, simili a quelli rinvenuti in altri templi ittiti. Particolare interesse suscitano anche i frammenti di due vasi a forma di avambraccio, con la parte terminale a coppella, utilizzati per le libagioni. Durante la sedicesima campagna di scavo, svoltasi tra la fine di aprile e gli inizi di luglio, il gruppo di archeologi ha esteso le attività anche ad altre zone della città. Il prosieguo dello scavo della necropoli individuata l’anno precedente ha rivelato tombe di epoca tardo romana e bizantina, fornendo preziose informazioni sulle pratiche funerarie, nonché lo studio delle paleopatologie e del DNA. Inoltre, è stata aperta una nuova trincea di scavo sulla pendice sud-orientale del sito per approfondire la conoscenza del sistema di terrazzamento della cittadella dell’età del Ferro. Gli specialisti della missione continuano l’analisi dei resti vegetali e delle ossa animali, raccogliendo dati cruciali per la comprensione dell’archeologia dell’alimentazione. I reperti di cibo, gli animali abbattuti e i contenitori ceramici specifici forniscono informazioni dettagliate sulle pratiche di cottura e sfruttamento delle risorse, contribuendo alla ricostruzione del paesaggio antico. Il progetto archeologico, avviato nel 2008 e gestito dall’Università di Pisa, rappresenta l’unico intervento italiano su un insediamento ittita nell’area che fu centro del regno e dell’impero. Sostenuto finanziariamente per il 2023 dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dall’Università di Pisa, dalla Fondazione Oriente Mediterraneo e dall’Università degli Studi di Firenze, il progetto coinvolge un team internazionale di archeologi, filologi, ricercatori e studenti. La campagna del 2023 ha visto la partecipazione di numerosi professionisti e studenti provenienti dalle Università di Pisa, Firenze, Siena, Koç, Istanbul, Yozgat Bozok e UCL Londra. Il gruppo, coordinato da Anacleto D’Agostino, Valentina Orsi, Stefania Mazzoni, Giulia Torri, Yagmur Erskine Heffron, Demet Taşkan, Claudia Minniti, Yılmaz Selim Erdal e Lorenzo Castellano, ha lavorato su diversi fronti, includendo anche rilievi topografici, riprese da drone e disegni accurati dei materiali rinvenuti. In conclusione, la sedicesima campagna ha portato alla luce importanti scoperte che gettano nuova luce sulla natura rituale del sito, fornendo chiavi di lettura preziose per comprendere la storia, la cultura e le pratiche quotidiane delle antiche civiltà ittite. Storia: Zippalanda costituiva uno dei fondamentali centri amministrativi e religiosi hattici dell’Antico Regno ittita. Il suo nome era noto dalle iscrizioni, ma solo alla fine del XX secolo gli studiosi riuscirono a collocarlo in modo definitivo nella regione menzionata. In quanto antico centro religioso hatti (šiunan URU, “città degli dei”), Zippalanda vantava privilegi, in un contesto in cui altri centri simili includevano Arinna e Nerik, con l’aggiunta successiva di Hattusa. Nel corso dell’Impero Ittita, anche dopo il trasferimento della capitale da Hattusa a Tarhuntassa sotto Muwatalli II, Zippalanda mantenne il suo status di città sacra. Il re ittita partecipava attivamente a cerimonie religiose ufficiali, tra cui la festa del purulli, le celebrazioni imperiali primaverili e autunnali, la festa mensile e possibilmente la festa della caccia (Ki-Lam). Divinità principale: Il dio principale di Zippalanda, originariamente di origine hattica, era considerato il figlio di Tarḫunna, il “dio del tempo del cielo”, e della dea del sole della Terra (nota come Allani nella “Canzone del riscatto” hurrita-ittita). La sua compagna era la dea Anzili o Enzili, la quale svolgeva un ruolo significativo nei rituali del parto ittita. Risorse documentarie: La maggior parte delle informazioni su Zippalanda provengono da tavolette trovate a Hattusa, che registrano l’esistenza del tempio dedicato al dio della tempesta e di un palazzo o residenza reale (halentu). Questi documenti forniscono indirettamente dettagli sulla vita religiosa quotidiana e sulle festività svolte nel centro. Attività della popolazione: Oltre alle pratiche religiose, le persone di Zippalanda erano coinvolte in diverse attività, tra cui affari militari, artigianato, caccia e allevamento di bestiame, riflettendo la diversificazione delle attività economiche svolte nella regione. https://stilearte.it/sotto-questa-collina-ce-una-citta-sacra-ritrovamenti-da-parte-degli-archeologi-toscani-misteriose-sepolture/1 punto
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Seguo con piacere questa discussione con belle monete e interessanti approfondimenti storici in attesa di poter condividere qualche Marco Aurelio o Lucio Vero, al momento purtroppo non ne possiedo ancora nessuno 🙃1 punto
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Grazie delle informazioni! Non ho in previsione gite all'Elba, però neanche sapevo dell'esistenza di queste istituzioni isolane. Alla prima occasione... Buona giornata!1 punto
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Se mollano su una cosa queste grandi istituzioni che hanno formato le proprie collezioni grazie al sistema clientelare e colonialistico rischiano di perdere le loro più grandi attrazioni che oramai fanno formalmente parte del patrimonio culturale nazionale. Oltre al British pensiamo al museo di Pergamo a Berlino, ai musei nordamericani o al Louvre con tutte le "acquisizioni" napoleoniche. Ci sarebbero da richiedere migliaia di statue, mummie, suppellettili, corredi, armi, dipinti, mosaici.... quadri per esulare dall'ambito archeologico1 punto
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Era un film che attendevo da anni, da quando si iniziò a mormorare di un’opera intitolata “Kitbag”. Non mi aspettavo di certo un’opera storicamente fedele al 100% ma speravo in un film epico, con una trama avvincente e coinvolgente almeno la metà del Gladiatore. Invece, il Napoleon di Ridley Scott è semplicemente un film squallido: lo scorrere degli eventi è confusionario, la figura di Napoleone è resa in maniera vergognosa ed i dialoghi tra i personaggi sono aberranti. Senza contare la completa omissione di figure importanti, come i marescialli (Murat in primis) ed i fratelli (salvo Luciano, che però scompare di punto in bianco). In poche parole, per me è stata una grandissima delusione. Forse Ridley Scott ha perso definitivamente il suo tocco magico…1 punto
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Ancora nessuna news. Secondo me stanno aspettando l'approvazione della Legge di bilancio e dell'articolo riguardante i nuovi tagli di monete coniabili, a partire da 0,25 euro a 1.000 euro1 punto
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Fammelo dire: la tua risposta è TOP! 👍1 punto
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Io non la toccherei, la moneta in fondo è piacevole, come conservazione direi un BB.1 punto
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Non conosco i risultati dopo giorni in immersione, ma il trattamento è sicuramente ripetibile diverse volte senza problemi (parliamo, quindi di una decina di minuti al massimo, anche perché oltre è perfettamente inutile: la soluzione agisce sull'ossido, asportato quello, e cioè la patina, è perfettamente inutile continuare). Tempo fa avevo elencato una serie di metodi per pulire l'argento a chi me lo chiedeva: Del metodo con acqua-sale-bicarbonato-alluminio ho trovato (se si esclude il passaggio in micoonde) conferma in un articolo pubblicato su "Le Scienze" che ne dà anche una spiegazione scientifica su come avviene il procedimento chimico:1 punto
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La moneta per me è autentica. Conforme perlinatura e taglio coi dettagli annessi. Conservazione a mio avviso mBB, in quanto,come si evince dal taglio,ha svariati colpi che non si apprezzano dalle foto frontali,inoltre si notano segni di pulizia aggressiva. Ps: la perlinatura potrebbe sembrare un pò diversa,ma è conforme. Quella delle patacche è un' altra storia. Possiamo notare anche la presenza di un buon bordo,a differenza di quello fino ed accennato della riproduzione,che ha la perlinatura attaccata e tutt' una allo stesso. @Regno1231 punto
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Purtroppo non solo in Italia, ma in tutti i paesi occidentali i reati contro le cose come il furto non vengono più perseguiti, anzi in Italia con un po’ di fortuna i ladri recidivi di tanto in tanto cumulano qualche condanna e scontano un annetto.. poche settimane fa ho sorpreso due zingare nelle scale del mio condominio, le ho seguite per strada e le ho fatta arrestare. Ho recuperato le registrazioni condominiali e le ho denunciate dopo qualche settimana che mi ha chiamato la polizia. I poliziotti mi han detto:’ vero che non le abbiam potute tenere, ma grazie a lei arriverà una condanna e se fossero tutti come lei col tempo le sbatteremmo dentro’. Va da se che fatte fuori quelle due, vi sono i sostituti pronti.. che dire, c’è gente che vive di furti e gente che vive di truffe.. unica soluzione è armarsi di santa pazienza, cassette in banca, magari più di una.. negli Stati Uniti ho saputo che per i furti quasi non arrestano più.. che tristezza1 punto
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Il problema dei furti nelle abitazioni non sono i ladri, il problema è che non li prendono e quando li acchiappano non gli fanno nulla. Strano paese questo, dove è tutto permesso....... Per quanto mi riguarda considero l' intromissione in casa (senza considerare i danni e gli spregi se non trovano nulla) una violenza personale paragonata allo stupro che andrebbe severamente punita (andrebbero messi in galera e buttate le chiavi in mare). Li conosco bene (i ladri) perchè vengono a farmi visita con una cadenza temporale straordinaria, si sono affezionati all' ambiente" (vivo nella campagna toscana) e vi assicuro che non servono a nulla i cancelli e le recinzioni, i cani, i portoncini e gli infissi blindati gli allarmi con decibel spaccatimpani. Se vogliono entrare (i professionisti) entrano. Ritornando alle mie esperienze, 40 anni fa chiamai i muratori per smurare la cassaforte che avevo in casa (dopo che al mio vicino gliela avevano tolta con il motopicco lesionando anche il muro maestro nel quale era inserita), 20 anni fa chiamai i carabinieri per consegnare il fucile da caccia perche' sapevo che se lo avessi tenuto (il fucile) e li trovavo in casa avrei sparato. L' unica, realistica soluzione é rappresentata dalle cassette di sicurezza, anche se ogni tanto si sente che "arrivano" anche nei caveu delle banche. Una ultima considerazione, ah che tristezza osservare (e gustare) le proprie monete in fotografia.,1 punto
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È sempre interessante confrontare con l’originale, e non è male per una riproduzione, Ma assomiglia di più a questo elettrotipo per i girini attorno alla testa di Aretusa: https://www.acsearch.info/search.html?id=61136891 punto
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Ciao, dovrebbe essere un quinario repubblicano, 101 a.C, Cr. 126/2 https://www.acsearch.info/search.html?id=69761041 punto
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Ciao a tutti, questo non è un post di un universo parallelo, qui voglio solo raccontare la storia di una moneta che ha avuto una vita molto breve, ma che fu per un molto più lungo periodo un simbolo di unità ed - appunto - identificazione di una regione: il Tirolo. Il periodo storico è l'insurrezione tirolese dei primi dell'800, scaturita dal fatto che, in seguito al Trattato di Pressburg del 1805 (tra l'impero austriaco sotto Francesco I e l'impero francese sotto Napoleone Bonaparte) il Tirolo fu annesso alla Baviera. Dal 9 aprile 1809, la popolazione fedele all'imperatore Francesco II d'Austria si sollevò e fu il locandiere Andreas Hofer a guidare la rivolta. L'11 del mese stesso, le sue truppe sconfiggono i bavaresi a Vipiteno e occupano Innsbruck, ma vittoria di Napoleone sugli austriaci dell'arciduca Karl permette ai bavaresi di riconquistare la città. Neanche il tempo di ritirare le truppe napoleoniche, che scoppia una nuova rivolta. Il 25 e 29 maggio, le truppe di Hofer sconfiggono nuovamente i bavaresi a Bergisel ed il 30 si riprendono Innsbruck. La vittoria napoleonica (favorita dall'invio di ben 40.000 uomini) nella battaglia di Wagram del 6 luglio rese vani i successi precedenti. Piegato l'esercito austriaco, vennero eliminate anche tutte le ultime sacche di resistenza. La rivolta fu così definitivamente stroncata e Hofer fu deportato a Mantova e lì fucilato dai francesi a nel 1810. Adesso qualcuno magari si chiede che cosa c'entra tutta questa storia con le monete? Ebbene, nonostante il periodo breve ed assai travagliato, i "ribelli" trovarono appropriato coniare una loro valuta per un periodo brevissimo (tra il 15 agosto e il 14 ottobre 1809), battuta nella zecca di Hall, cioè una moneta da uno e da 20 Kreuzer: tra tutti i guai di una guerra ma non avevano altro a cui pensare?!? qui la mia con la montatura, che aggiungo alla collezione di numisaltra. Qui ribadisco il concetto di unione che esprime il denaro (sempre che non venga imposto), come anche oggi il nostro Euro non è solo un biglietto da visita della comunità europea, ma anche il risultato di un patto di pace stretto tra nazioni che fino a quasi 100 anni fa si bastonavano a vicenda. Il mito di Hofer si cementò nella tradizione, ancora oggi viene ricordato come un eroe, caduto per la libertà. Per l'archivio: 20 Kreuzer / 1809 / Zecca di Hall / Ag. 585 ‰ / Ø 27 mm / 6,65 g. Per saperne di più: La guerra: https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Wagram L'uomo: https://it.wikipedia.org/wiki/Andreas_Hofer La moneta: https://en.wikipedia.org/wiki/Andreas_Hofer_Kreuzer Servus, Njk ============================= Una leggenda sull'esecuzione di Hofer: Quando Andreas Hofer si trovò di fronte ai granatieri francesi che dovevano giustiziarlo sui bastioni di Mantova, diede al comandante delle truppe l'ultima moneta che ancora possedeva: un Haller da venti kreuzer, dicendo che la moneta gli ricordava la sua amata patria. Poi Hofer gridò: "Fate fuoco!"1 punto
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Condivido volentieri. Lotto 70 Nomisma Aste - Asta 4 - Da ASSAB all'AFIS. Vittorio Emanuele III Somalia (1909-1925) 4 Bese 1909 Prova - Mont.774 AG UNICO Questo e l'unico esemplare conosciuto del 4 Bese in argento. Nella sua ultima opera Prove e Progetti di monete Italiane, Luppino, al numero 620, la classifica RRRRR senza alcuna indicazione del valore. Proveniente dalla collezione Farouk, re d'Egitto, asta The Palace Collections of Egypt - Soteby e Co. - Londra 1953. Sempre la stessa moneta è transitata successivamente dall'asta Santamaria 1961 n° 683. Grading/Stato: FDC Dall’asta Santamaria citata.1 punto
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Ma dal momento che noi collezionisti (a detta di certi geni della medicina) dovremmo essere "dei soggetti patologici" , allora dovrebbero esserlo anche tutti coloro che hanno una o più passioni... Mi domando chi non vorrebbe vivere in una reggia, assieme a delle bellissime donne , mangiando bene (magari pure rimanendo fisicamente in forma e perché no, non invecchiando, un po' come Dorian Gray) ? E questo sarebbe da pazzi? Forse se le donne sono troppe e litigiose magari sì, ma per il resto non mi sembra proprio una cosa così preoccupante e patologica.... Come diceva Don Giovanni: "Viva le femmine, viva il buon vino sostegno e gloria d'umanità".1 punto
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Ciao, io in tutta franchezza non ci vedo nulla di demoniaco da quanto scritto sul giornale, anzi. C'è un articolo che parla di un'importante ritrovamento ed il suo ritorno a casa di un'opera d'arte recuperata ed infine si parla di collezionismo in generale che può scadere anche in una vera e propria dipendenza o malattia, cosa che non si può negare. Vedi recente esempio di chi a Roma trafugava dalle lapidi del cimitero foto di giovani donne e che sono state ritrovate a casa sua o il piu' famoso "collezionista di ossa " del celeberrimo film. Che ci sia anche in noi collezionisti di monete un piccolo grado di "malattia mentale" , che io definirei più passione, non possiamo certamente negarlo 🙂. Ovviamente, parlo a titolo personale, niente a che vedere con i due esempi da me citati, meglio specificarlo. Mia opinione in proposito. ANTONIO1 punto
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Questo è il mio 6 Tornesi 1799 Regia Corte, con al rovescio evidenti segni di incussione di un altro 6 Tornesi.1 punto
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quasi quasi smetto di collezionare, non credevo di avere tutti questi problemi psichici !1 punto
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luccica se lo lucidi e l'oro non si corrode in quel modo...non so chi t'ha detto che è oro , ma se è davvero convinto ho un paio di quintali do rubinetti vecchi da vendergli, sono in ottone e bronzo e se li passi col sidol luccicano che è una bellezza...te fai conto che una lega del bronzo si chiama "oricalco" che significa "simile all'oro" ...che poi è diventato il similoro o " oro degli sciocchi"...a Napoli con l'ottone venduto come oro ci hanno fatto anche un film...digli che cambi mestiere al tuo orefice..1 punto
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