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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 08/29/23 in tutte le aree
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Cari tutti, Apro questa discussione per condividervi e chiedere un vostro parere su questa moneta, un antoniniano di Floriano (276 d.C.), coniato a Lione. I riferimenti corretti dovrebbero essere i seguenti: RIC 2, RIC Online 4140. Normalmente non colleziono monete romane, tuttavia questa volta ho fatto un eccezione. L’ho trovata presso un antiquario di York (UK) che l aveva esposta in una vetrina assieme ad altre monete classiche e medievali. Ad impressionarmi in particolare è stato il dritto con il ritratto dell’imperatore molto dettagliato e chiaro. purtroppo al momento non in grado di fornire il peso e diametro precisi Le foto non sono il massimo e sfalsano un po’ il colore della moneta, in mano più scura ed omogenea. un caro saluto a tutti, matteo7 punti
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Mah… In tutta onestà, trovo queste indicazioni estremamente fuorvianti. Non so proprio dove il Pedrotti abbia trovato un littore autentico dal peso di oltre 15,7 grammi (così come un esemplare da 14,2 grammi). Comunque, anche ammettendo che la tolleranza sia di 5 millesimi per ogni grammo di argento, vuol dire che su 15 grammi l’oscillazione massima è di 75 milligrammi. Quindi il range sarebbe tra 14,925 e 15,075 grammi. Evidentemente qualcuno ha sbagliato i calcoli in passato e l’errore si è riverberato fino ai giorni nostri…4 punti
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Dove si svolgerà Milano Numismatica ? In pieno centro dietro il Duomo all’Hotel De La Ville, alla Sala Duomo di cui riporto l’immagine. Via U. Hoepli 6, Mm1 fermata Duomo3 punti
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Segnalo l'uscita del n. 397 di Panorama Numismatico. Questo è l'indice: Gianni Graziosi, Uomini e animali: amici nemici – p. 3 Roberto Diegi, La monetazione di tipo greco in Sicilia, 10, La zecca di Imera (Himera) – p. 11 Alberto Castellotti, In odore di Massoneria la monetazione di Leone XII? – p. 16 Michele Guarisco, Le monete di Vittorio Emanuele II, Regno di Sardegna 1849-1861 – p. 21 Da Assab all’AFIS. Storia della presenza italiana all’estero attraverso le monete e le banconote – p. 27 Vladimiro Pirani, Ancona e l’Agontano. Così famoso e così sconosciuto – p. 39 Ezio Cairoli, La prima moneta da un euro a tre facce arriva dal Belgio – p. 55 Recensioni – p. 57 Notizie dal mondo numismatico – p. 59 Emissioni numismatiche – p. 61 Mostre e Convegni – p. 62 Aste in agenda – p. 632 punti
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Spiace vedere come sul forum stiano passando praticamente inosservate le ultime coniazioni della Royal Mint, che raffigurano si un re non esattamente amato nel mondo, dal passato sicuramente controverso (per lo meno per quanto riguarda i suoi rapporti con lady D) e che non sarà destinato ad un regno duraturo (compie 75 anni questo autunno), ma che pur sempre di un re inglese si tratta. La bulimia della zecca inglese (già pienamente chiara ed operativa almeno dal 2017) non ha purtroppo risparmiato i primi mesi di regno di Carlo III. Troppe emissioni, tirature enormi, prezzi folli. Il rischio concreto di una nausea nel collezionista c'è. Ma andiamo con ordine. La morte della 96 enne Regina Elisabetta, avvenuta lo scorso 8 Settembre, pur se in qualche modo attesa, data l'età, è arrivata in modo alquanto repentino. E se il tutto era stato già programmato nei dettagli (l'operazione "London bridge" accuratamente pianificata, veniva costantemente aggiornata, e del resto la morte della regnante inglese più longeva ha realmente rappresentato un evento epocale, segnando la fine di un'era), lo stesso non si può ovviamente dire per l'aspetto numismatico. Come molti, alla notizia de "London bridge is down", mi sarei aspettato una sorta di "pausa numismatica" per il 2022. Del resto la regina e con lei il Regno intero avevano da pochi mesi celebrato lo strepitoso giubileo di platino (ufficialmente raggiunto il 6 febbraio 2022, ma in realtà onorato nel mese di giugno), un evento più unico che raro (70 anni di regno!!) e "chiudere" il proprio lunghissimo servizio allo Stato con la relativa moneta commemorativa ha lasciato un senso quasi "romantico" nei collezionisti di tutto il mondo. La jubilee sovereign proof e bullion (e le sue sorelline e sorellone, i set-s, la piedfort, la 5 pounds BU etc), ideata dall'artista "araldico" Timothy Noad, rappresenta infatti al rovescio una rivisitazione del "Royal Coats of army" (sulla storia, sul significato e sui differenti Coats of army si potrebbe parlare e scrivere per settimane...); quello della regina Elisabetta rappresenta-va i quattro quarti scudati del regno unito (l'origine data 1707, con "l'Act of Union"), sormontati dalla corona reale e simboleggia l'alleanza delle quattro nazioni britanniche (sono rappresentati i 3 leoni inglesi, il leone rampante scozzese, i 3 leoni gallesi e dorata arpa scozzese). Ai lati dello scudo un leone d'oro e un unicorno d'argento. Il motto recita "Dio e il mio diritto"). Emissione a mio parere azzeccatissima, il rovescio è intricato ma molto molto efficace anche sui moduli medio piccoli. La tiratura fu abbastanza consistente ma, nonostante oramai la Royal Mint marchi ogni emssione come unica, quella lo fu veramente. E la risposta entusiastica dei collezionisti rese quella emissione sold out in pochi giorni/settimane. Tornando a Settembre 2022 quindi, tutto lasciava presagire qualche mese di quiete, in vista dell'incoronazione del nuovo regnante, e delle relative monete con la nuova effige. (la "sovereign proof" viene da ormai vari anni infatti emessa a Novembre, per l'anno successivo). In realtà alla Royal Mint l'hanno pensata in modo differente, e nel giro di poco più di un mese ecco infatti pronta confezionata e impacchettata una nuova emissione INTEGRALE. Poco male, si pensò al momento. Riguarderà il 2023.... poveri illusi. La memorial sovereign infatti porta sempre la data 2022. Una emissione semplicemente "oltre" rispetto al consueto alternarsi bullion-proof anno dopo anno. Stupisce molto la velocità con la quale il mercato è stato letteralmente inondato da un buon 20-25 mila monete (e parlo solo delle emissioni in oro). Tiratura enorme (19.500 pezzi soltanto la sovereign), prezzi in costante ascesa. Ed il mercato infatti, nonostante la solita promessa di "una emissione unica, once in a life time etc etc" ha faticato moltissimo ad assorbire il tutto (e questo lo dimostrano i prezzi correnti delle memorial, uguali o addirittura inferiori rispetto all'emissione). E se è vero che sono sempre più, percentualmente, le monete mandate a slabbare che conquistano l'agognato PF70 (e questo le rende non molto appetibili a mio avviso. Si parla di circa 13-14.000 potentiali PF70 solo per la sovereign singola), gli standard qualitativi della RM sono diventati la nuova barzelletta d'oltremanica. Son uscite dalla zecca monete graffiate, monete con un "frosting" parziale e incompleto, monete con colpi, insomma un disastro). Tornando alla parte più interessante, la scelta per la prima moneta con l'effige di re Carlo III è stata, per il rovescio, la discontinuità nella continuità. Per opera dello scultore inglese Martin Jennings è stato infatti deciso di riproporre il Coats of army, rendendolo però tremendamente "affollato", complicato a vedersi, difficile da apprezzare in prima, seconda e anche terza battuta (forse nei moduli più grandi, che non ho mai avuto la fortuna non dico di possedere, ma nemmeno di maneggiare, la godibilità è maggiore?). Sostanzialmente si riprende, ingrandendolo, il Coats of army della mamma, non lasciando nemmeno un millimetro di spazio libero. Monetazione (parere soggettivo) sbagliata, sia come tempistica, che come tiratura, che come prezzo. Tutto questo trambusto ha ovviamente modificato i piani consueti per le emissioni del 2023. Avvicinandosi la data dell'incoronazione (6 Maggio 2023), la Royal Mint ha ovviamente colto la palla al balzo, coniando un'altra 15-20 ina di monete celebrative. Ori, argenti, dai rovesci più bizzarri e innovativi. Per quel che riguarda il fulcro di questo topic, il 6 di Maggio ha visto la luce una nuova sterlina, coniata in 1260 esemplari, letteralmente coniata il giorno dell'incoronazione. La SoTD con finitura matte (satinata) è andata esaurita nel giro di poche ore. Prezzo ovviamente altissimo (850 gbp in emissione, si parla oramai di 1000 Euro), raffigura il re Carlo con testa coronata (e questa è veramente una succosa novità, essendo oramai secoli che un re inglese non veniva più raffigurato incoronato, e anche su questo tema e sulle varie motivazioni la digressione sarebbe pressochè infinita), mentre al rovescio si torna al classico immortale di Benedetto Pistrucci (San Giorgio e il drago). La corona raffigurata è quella "Tudor" (e anche sul tema delle corone utilizzate, e del significato politico collegato ci sono infinite chiavi di lettura..), l'artista è sempre Martin Jennings. Tutto finito? Nemmeno per sogno... manca-va all'appello infatti l'emissione 2023... e ovviamente la benemerita RM non si è lasciata sfuggire l'occasione... una emissione in pompa magna, ufficialmente in vendita dallo scorso 12 giugno; Coronation sovereign, sorelle, sorelline e sorellone sono infatti da pochi giorni disponibili sul mercato. I numeri sono impressionanti (15.000 esemplari solo per la sovereign) i prezzi anche (il set da 5 monete infatti ha un prezzo di uscita di 6700 euro). Il mercato soffre, sbuffa, impreca... ma compra. In realtà, in questa orgia di monete, questa emissione è un qualcosa di unico. Rappresenta infatti l'incoronazione di re Carlo (anche queste monete son tutte con testa coronata, il disegno utilizzato è lo stesso della Sotd) e di fatto i set-s (o il set da 5) è quanto di più vicino oggi si possa avere rispetto ai vecchi e gloriosi "coronation set" del passato. Certo mancano quegli stilosissimi cofanetti e mancano tutte le monete in argento e in bronzo. La bullion sarà sul mercato tra qualche settimana. La scelta di inondare letteralmente il mercato con decine di migliaia di pezzi non penso abbia alla base una volontà democratica (del tipo "che tutti i sudditi possano avere un pezzo di storia inglese, per intenderci), dati i prezzi. Penso che più semplicemente rifletta l'oramai tristemente nota cupidigia della zecca inglese e la sua dichiarata missione "commerciale". Una deriva alquanto triste, che riflette però una deriva più generale della numismatica, oramai sempre più mortalmente abbracciata agli enti certificatori e alla ricerca del numero, più che della storia e della moneta stessa.2 punti
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Trovandomi in vacanza in Grecia e facendo tappa ad Atene non ho potuto non visitare il museo numismatico, anche se sono completamente ignorante sulla monetazione, perchè occasioni come questa per vedere monete bellissime non si possono perdere. Il museo è disposto su due piani dove sono esposte monete greche, Magna Grecia e selezioni a tema su monete mondiale. Condivido con voi qualche bella foto della visita Ingresso Ritrovamenti Monetazione Donazioni nei prossimi giorni aggiungerò altre foto.2 punti
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Puoi sempre scriverlo a matita sul retro del cartellino... Prezzo e provenienza. In piccolo poi se ti da fastidio lo cancelli2 punti
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In realtà trovo quest'idea per nulla folle o utopica, anzi, credo anch'io che integrare virtualità e materialità possa costituire la naturale evoluzione di un'attività finalizzata alla divulgazione e alla diffusione del sapere numismatico, un forum con annesso un ottimo catalogo elettronico a cui si aggiungono collezioni donate dai soci utilizzabili a scopo didattico e scientifico, una biblioteca specialistica avente il medesimo fine e persone competenti che se ne prendono cura con la possibilità di svolgere anche corsi specialistici e attività didattiche nei vari ambiti della numismatica e storia monetaria... ad una struttura simile lascerei la mia biblioteca numismatica con cuore sereno...2 punti
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E se ci fosse un museo monetiere lamonetiano ? Non sarebbe bello avere anche un museo fisico del forum ? Magari associandosi a qualche istituzione o ente privato ? Allora si potrebbero donare le monete ad un ente interessato veramente alle monete e per di più gestito da gente competente! Certo l'idea rasenta la follia, ma costituirebbe la normale evoluzione di uno spazio dedicato alla conoscenza, identificazione e catalogazione numismatica. Chi di dovere dovrebbe farci un pensierino....2 punti
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Grazie mille delle informazioni. Qualche domanda. 1) Perché in alto a destra non c’è il francobollo? Credo di sapere la risposta ma meglio esser sicuro e chiedere.. 2) perché un nome vicino al francobollo? Immaginavo sia il funzionario che lo ha tassato ma chiedo per conferma/smentita 3) ho oscurato un nome e cognome al retro, che in apparenza non mi dicono nulla, non hanno apparenti connessioni con il destinatario né con chi mi ha donato la cartolina. Sembrano inseriti a matita successivamente. Con la stessa matita è scritto il numero 1613. Che cosa potrebbe essere? ringrazio in anticipo2 punti
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Ciao, una cosa che non mi appassiona è parlare dei prezzi delle monete che acquistiamo. Tuttavia avendo letto questa datata ma interessante discussione risulta evidente, visto gli anni trascorsi, che gli importi delle monete vendute oggi siano aumentati come del resto tutto. Tuttavia con 50 euro, se non si hanno troppe pretese, ci sono sesterzi (ma qui si va nei gusti personali e tutto diventa opinabile) tranquillamente collezionabili e tutto sommato gradevoli che sono comunque pezzi di storia, il cui aspetto generale ci racconta tanto. Posto il mio esemplare acquistato pochi mesi fa al costo di 48,50 spese di spedizione comprese (aggiudicato in un asta).E tanto varrà per molti che lo guardano, per altri anche meno, altri non lo acquisterebbero mai. De gustibus . Forse, ed aggiungo per fortuna, il bello del collezionismo è proprio questo 🙂. ANTONIO 32,50 mm. 24,08 g.2 punti
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Le collezioni nella stragrande maggioranza dei casi sono il prodotto di una passione e percorso individuale, tranne casi eccezionali di straordinaria importanza storica dell'insieme e di una loro musealizzazione, il loro decorso naturale è di finire vendute e disperse per dare vita a future nuove raccolte oppure, più raramente, ereditate e conservate o proseguite da eredi altrettanto appassionati... Nel mio caso, dal momento che la mia collezione è una biblioteca e che non avrò eredi, ho la speranza di poterla donare ad una persona o istituzione interessata ad espanderla e magari a farne fruire i libri al pubblico, le biblioteche specialistiche hanno sempre un'utilità scientifica intrinseca e non è facile metterle assieme, ci vogliono decadi di paziente ricerca e raccolta, per cui mi dispiacerebbe se venisse dispersa...2 punti
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Ovviamente le spese fatte vanno documentate, " per memoria e conoscenza", documentando acquisizione, commissione, spese di spedizione, costo totale. Ma non lo scriverei sul cartellino, poichè il prezzo è sempre troppo disgiunto dall'effettivo valore della moneta. Paghiamo le monete molto menodel loro vero valore se abbiamo c...fortuna, o più del loro valore se per qualsiasi motivo ci necessitava di avere quella moneta "nonostante il prezzo". Teniamo poi conto delle variazioni di prezzo delle monete nel corso degli anni. Quindi ... documkentare la spesa certamente si, ma non "legarla" strettamente alla moneta acquistata.1 punto
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Sono sempre stato affascinato dal valore da 100: mi furono regalati da mio zio e non so per quale ragione li ho lasciati così ...1 punto
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@Gallienus Grazie per la discussione e per le foto. Segnalo che il penultimo Re di Bulgaria fu Boris III, che si presume sia stato avvelenato da Hitler, aveva sposato Giovanna di Savoia ovverosia una delle figlie del Re Vittorio Emanuele III. L'ultimo Sovrano bulgaro è Simeone II, in anni recenti divenuto anche Primo Ministro del Suo paese e legatissimo all'Italia. Da leggere assolutamente il libro "Simeone II di Bulgaria. Un destino singolare. Dopo 50 anni di esilio l'unico Re divenuto primo ministro", Gangemi editore, 2017.1 punto
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Mi viene da sorridere pensando se fosse una moneta autentica e venisse sottoposta ai " più banali e casalinghi controlli" 🙂.1 punto
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Buonasera a tutti. Io uso sempre due cartellini, in mezzo ai quali colloco la moneta. Sul cartellino frontale indico i dati della moneta mentre su quello "posteriore" scrivo la provenienza, la data di acquisto e il prezzo: così facendo non sono obbligato a mostrarlo ma allo stesso tempo non rischio di dimenticare nulla. Ovviamente il prezzo deve essere quello totale (costo, diritti, spedizioni ecc.), altrimenti non serve a nulla... Un saluto e a presto.1 punto
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Troppo buono Luca, La Piastra da queste foto sembra autentica , il diametro mi sembra esagerato... @Claudio59, puoi ricontrollare con una squadretta stavolta? Hai invertito i numeri...il peso è 27,531 punto
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Bisogna valutare sempre la moneta nel suo complesso. La monetazione napoletana è caratterizzata da una grande eterogeneità per quel che riguarda le varianti di conio. Una differenza di peso di 7 centesimi di grammo, specie se misurata con strumenti non particolarmente precisi, è assolutamente accettabile per questa tipologia. Il diametro è effettivamente un po' abbondante ma, considerando tutto il resto, trovo difficile pensare che si tratti di una riproduzione. Comunque, se proprio vuoi toglierti ogni dubbio, portala da un perito e vedi cosa ti dice.1 punto
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Belle basette, bella barba e bei baffetti. Ci sta tutto anche la fronte aggrottata complimenti!1 punto
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Personalmente penso che tenere un rendiconto delle spese ed una sorta di "libro maestro" con tutti i dettagli sia molto utile a fare chiarezza mentale e anche a fare mente locale sui danari spesi e su un eventuale rivendita futura. Ritengo anche però che scrivere le cifre sui cartellini non appartenga al mio gusto, li scriverei più che altro su un documento a parte (un foglio excel perchè no!) per poter aggiungere i dati d'asta (nome della casa d'aste, data della stessa, spese di commissione, ecc...) è più comodo e puoi mostrare le monete senza necessariamebte mostrare il prezzo che a me non sembra il massimo. A presto, Alb1231 punto
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Una nota sulla monetazione di Tenedo Secondo gli studiosi, la doppia ascia caratteristica dell’iconografia monetale di Tenedo ha varie origini. Potevano esserci dei motivi familiari per cui Tenete, che era stato falsamente accusato di stupro dalla matrigna e abbandonato dal padre, come divenne sovrano di Tenedo pose la legge della scure contro chiunque avesse fatto false accuse. Si dice inoltre che Tenete avesse tagliato con un colpo di scure la gómena della nave paterna che era approdato a Tenedo per rivolgergli le scuse quando poi la verità sull’accusa della matrigna venne a galla, non volendo rappacificarsi con lui. Poi però Tenete si riconciliò col padre. C’era poi a Tenedo un luogo di nome Asserina in cui scorreva un fiumiciattolo nel quale vivevano dei granchi dai gusci ampiamente articolati simili a una doppia ascia, che potrebbe aver ispirato l’iconografia. Nella Costituzione dei Tenedesi c’era una legge che autorizzava chiunque sorprendesse degli adulteri a decapitarli entrambi con un’ascia. Anche alcuni proverbi provenienti dalle usanze dei Tenedesi richiamavano l’ascia, come "Tagliare con l'ascia di Tenedo" per esprimere un "no" pieno e definitivo. "È un uomo di Tenedo" era usato per alludere a una persona che troncava le questioni con decisione e in poche parole. apollonia1 punto
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Bronzo di Gordiano III (Anazarbus, Cilicia), che raffigura al rovescio le tre Grazie in piedi tra due altarini (Agora, Numismatic Auction 7). Lot number: 131. Cilicia, Anazarbus. Gordian III. A.D. 238-244. Æ 21 (20.5 mm, 6.52 g, 6 h). AVT K M ANT ΓOPΔIANOC, laureate head right / ANAZ MHTPO ET AΞC, the Three Graces standing between two small altars. SNG Levante 1489; Zeigler 679. Fine, attractive red highlights. Ex-Mark Stahl collection of three Grace types. Estimate: 150 USD. apollonia1 punto
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Il problema non è tanto che ci sia un errore del genere su un catalogo "datato". Alla fine, una svista può capitare a chiunque. La cosa davvero allucinante è che un errore così eclatante venga riportato ancora oggi sui cataloghi più "aggiornati"... Ciò mi fa pensare che su tanti aspetti si faccia semplicemente un copia-incolla e che, di conseguenza, gli eventuali errori si tramandino di catalogo in catalogo.1 punto
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@El Chupacabra Buongiorno. Mi scuso anzitutto per il "punto oscuro"... volevo dire una cosa ma ho scritto il contrario... Per quanto riguarda il paragone con il 1908, la tesi è plausibile però mi viene da pensare che magari il primo conio si era rotto o era difettato proprio nell'ultima cifra dell'anno, rendendone necessaria la predisposizione di un secondo. Il punto dopo il 1911, invece, è un elemento meramente ornamentale... Magari questa osservazione è campata in aria però credo che le conseguenze di un difetto su di un elemento essenziale della moneta (le cifre che compongono l'anno) e quelle legate a un elemento superfluo (il punto) siano diverse, anche in ragione dei costi relativi alla predisposizione di un secondo conio. La questione delle varianti è verissima, anche in ragione del fatto che negli ultimi anni si è creata un'attenzione spasmodica (e per me eccessiva) su questo aspetto. In effetti ho recuperato copia del Gigante 2002 e non menzionava affatto il 1911 senza il punto, limitandosi a evidenziare la presenza del punto dopo il millesimo (come per il 1910). Sarebbe comunque interessante interpellare Gigante per capirne di più, considerando che la questione oggetto di discussione e i relativi dubbi appaiono pienamente attuali. Un saluto e a presto.1 punto
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Ultime due foto, una con monete della zecca di Cnosso con il labirinto e questa con monete della zecca di Selinunte con foglia di selinus (apio)1 punto
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Tutto può essere. Ho sentito di alcuni che per bloccare la costruzione di una casa han buttato dei veri reperti archeologici a casaccio. e li chi ha indagato ha capito subito che erano fuori contesto. ma solitamente si tratta di contaminazioni. Io ho trovato una tessera di bordello moderno in una necropoli longobarda. Ma i livelli longobardi erano a pochi cm dal piano di calpestio in terra di una fattoria…. Quindi è più facile pensare che sia stato un burlone o che il gettone perduto si sia fatto strada in pochi cm di terreno in un’aia tra passaggi di mezzi agricoli, animali, piogge, etc etc? Te l’ho già detto come fa: interpreta i dati che ha e poi vale sempre Il principio del rasoio di Occam1 punto
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Vedi , purtroppo è una mia pecca , quando una casa D'Aste pone nella descrizione della moneta che questa è stata pulita, aggiustata, ripresa, mi pongo una domanda abbastanza semplice e cioè in che percentuale il lavoro incida sulla moneta. Nel caso di questa moneta, ritenuta buona da Rauch siamo un tantinello oltre il normale , io la classifico semplicemente "moneta che di antico forse ha il tondello" Che poi la moneta sia fusa , quindi falsa , per me aggiunge poco al "tondello forse antico" . Naturalmente tutti i sesterzi romani sono stati nel tempo "aiutati" con poche eccezioni, solo che ci sono maestri che sanno cosa fare e alunni che pensano di essere maestri....1 punto
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Vede, caro, quello che noi talvolta supponiamo, nella vita si evidenzia poi come l' esatto contrario. Mio nonno (paterno) era un povero emigrante che visse lontano dalla sua terra ( la Toscana) per tutta la sua esistenza e che mai avrebbe immaginato che il suo unico nipote avrebbe fatto una scelta di vita (a trent'anni) coerente con le proprie radici. Se permette, le consiglio di non porsi troppi problemi sul cosa fare delle sue cose, viva in serenita' il futuro. Anch'io pensavo che la mia raccolta di monete (fatta di decenni di ricerche e sacrifici) non avesse nessuna prospettiva, ma non e' stato cosi', ho avuto in eta' avanzata un nipote che segue il mio percorso. Le auguro di donare il "tutto" ai suoi figli, sperando che anche Lei abbia la fortuna di avere nipote/i a cui lasciare una traccia (concreta e anche intellettuale) del suo passaggio.1 punto
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Se devo pensare a tutto il mio rame preunitario, all'argento Borbonico e alle medaglie che ho raccolto, quando sarà il momento mi farò un bel libro con foto , descrizioni, annessi e connessi e poi il metallo lo metterò in asta....il ricavato me lo godo e il venduto se lo godranno gli acquirenti.... Unica variabile, avessi un/una nipote o una figlia o figlio interessata/o passerei il testimone a loro....ancora, se mi parte l'embolo a 60anni di vedere tutto e godermi il guadagno in Messico o in Sardegna o dove mi garba , why not? Di certo al momento non donerei gratunitamente la mia collezione a qualche ente!!!! Volendo con certi amici Borbonici potremmo metter su una mostra, temporanea, di monete Borboniche con i controfiocchi, fare una mostra volentieri, donare anche no!!!....Vivo in modo sanguigno e anche molto terreno la mia collezione... non sono Mie in assoluto, ma sono Mie e saranno di chi se le comprerà!!! P.s. Aggiungo @nikita_ non ti conoscono di persona, ma ti ho sempre molto apprezzato e ti darei un abbraccio per il tuo commento.....Romanticone interstellare 😊😊😊💞1 punto
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@Flavius Gratianus Spero che queste pagine tratte dal Caza ti possano essere utili: CamScanner 28-08-2023 18.06.pdf Buona serata. Stilicho1 punto
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Per onestà intellettuale tengo a precisare che il contributo della SNI si limita alla zecca di Milano, la maggiore tra quelle affrontate finora ( e credo la seconda , dopo Roma, per volume di pezzi). per molti anni si e’ discusso su cosa fare e come procedere poi da un lato la pressione degli studiosi, dall’altro la comparsa di nuove metodologie e il progredire dei mezzi informatici hanno creato il percorso ideale per procedere spediti con catalogazioni che 30 anni fa richiedevano molte piu risorse sia in termini di addetti che in termini finanziari. si poteva fare di piu’ , cominciando prima? Certamente ma d’altra parte senza l’iniziativa e la determinazione di alcuni si poteva anche correre il rischio di continuare a fare po o nulla come in precedenza …1 punto
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Luca @lorlukepenso che ora non ci siano dubbi 15 gr con tolleranza 5 millesimi1 punto
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A questo link puoi vedere il sommario1 punto
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Che dire... Nulla ai parenti. So per certo che, ancor prima di essere cremato, finirebbero su Ebay o affini. Lascerò quel poco a una associazione di volontariato di cui conosco il loro operato da circa 20 anni. Una delle poche che si salva nella marea del magna magna che c'è anche in tale ambito. Certamente anche in tal caso verrà venduta ogni singola moneta, però il ricavato servità ad aiutare cani abbandonati o bisognosi di cure.1 punto
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Ciao, per quanto mi concerne spero che in un futuro lontano qualcuno della famiglia possa rilevare le mie monete (di modestissimo valore economico ma tutte ppezzi di storia 🙂) e custodirle ed integrarle con nuovi esemplari. Qualora non ci fosse nessuno che si appassionasse alla Numismatica sicuramente procederei a rivenderle (ovviamente io in prima persona, essendo monete di lecita provenienza, tutte arcicomuni quindi senza rarità o interesse da parte dello stato) che faranno sicuramente la gioia di futuri collezionisti che come me amano i pezzi comuni e collezioneranno per passione per le monete e non per altri scopi (senza nulla togliere a tutti quelli che lo fanno per investimento o altro, meglio specificarlo). Sinceramente sapere che saranno acquistate da altri appassionati è una cosa che mi fa stare bene anche perché se le monete restassero tutte in famiglia per generazioni o donate penso finirebbe sia il collezionismo che tutto quello che ruota intorno ad esso. Musei o altri enti proprio no , tra l'altro non interesserebbero perché comuni e di basso interesse. ANTONIO1 punto
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Abbi pazienza, poi arrivano i nipoti e le speranze si riaccendono...1 punto
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Ciao, moneta molto interessante . Come già anticipato, da quando si può vedere dal ritratto, si tratta dì Marco Aurelio raffigurato da Cesare quindi con testa nuda. Per quanto riguarda il nominale, se il peso ed il diametro da te indicati sono corretti, penso che non si tratti di un asse bensì di un dupondio. La caratteristica dei dupondii era la corona radiata sulla testa degli imperatori (che indicavano un valore doppio, del dupondio appunto il doppio dell'asse) che ne permettevano l'immediato riconoscimento. In questo caso però Marco Aurelio era solo Cesare percui non poteva essere rappresentato ne con corona radiata ne con quella di alloro (solo l'imperatore poteva esserlo) quindi le discriminanti sono rappresentati dal peso e dal diametro della moneta. Attendiamo ulteriori interventi a proposito 🙂. ANTONIO1 punto
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Diciamo che questa è proprio una "raccolta di viaggio" più che una vera collezione, e quindi non ha certo pretese di gran nobiltà. Però è divertente anche questo aspetto della numismatica.1 punto
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Ben volentieri! Ecco una panoramica di come risulta la collezione del Regno di Bulgaria (ci sta tutta in 2 vassoi) e il dettaglio di uno scudone1 punto
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Salve a tutti. Quest’oggi volevo proporvi una nuova discussione “trasversale”, dato che l’argomento di cui andremo a trattare ci permetterà di spaziare in situazioni storiche e numismatiche dal Mezzogiorno al Settentrione della nostra penisola. Anche questa volta, al centro del nostro dibattito troviamo un sovrano napoletano della dinastia francese degli Angioini, Roberto d’Angiò (1309-1343), autore di una coniazione molto particolare ed estremamente rara che merita di sicuro un approfondimento. Ecco la descrizione del pezzo in esame: Gigliato. D/ + ROBERTUS • DEI GRA IERLM • ET SICIL • REX Robertus Dei gratia Ierusalem et Siciliae Rex. Roberto, per la grazia di Dio, Re di Sicilia e Gerusalemme. Il Re coronato, seduto frontalmente su di un trono con protomi leonine ai lati, tiene nella mano destra lo scettro gigliato e nella sinistra il globo crucigero. R/ + IPPETUU CU SUCCESSOIB DNS TRE PRATI In perpetuum cum successoribus dominus Terrae Prati. Signore in perpetuo della Terra di Prato con i suoi eredi. Croce piana ornata, con le estremità fogliate, accantonata da quattro gigli. CNI XI, p. 345, n° 1 (tav. XXII, n° 4). AR 3,90 g. e 27 mm. (esemplare della Collezione Reale, già ex Collezione Gnecchi, n° 3515). Un altro esempio trovato in rete, dal peso dichiarato di 3,78 g.: Si sa benissimo oramai che il gigliato fu una moneta ampiamente accettata in molti luoghi diversi tra loro, non solo d’Italia, ma anche d’Europa e addirittura fu imitata e scambiata nelle zecche e negli Stati dell’Oriente Latino. Tale fama scaturisce dalla bontà della lega utilizzata per la coniazione di queste monete, molto più ricca di fino rispetto ad altri nominali, non solo italiani, che si potevano trovare in circolazione all’epoca. Era, se vogliamo, una specie di “dollaro” d’argento del Basso Medioevo, utilizzato per i commerci locali nel Regno di Napoli, ma anche per quelli di più vasta portata, tant’è che si sviluppò un vero e proprio giro d’affari intorno all’imitazione del gigliato napoletano o robertino, come veniva chiamato per via del sovrano che lo fece diventare così celebre e ben accetto. Non ci si sorprende, quindi, di trovare una moltitudine di gigliati che si differenziano anche molto da quelli coniati a Napoli durante il regno di Roberto d’Angiò, ma il gigliato “pratese” ha avuto sempre un ruolo molto particolare nella numismatica non solo napoletana, ma italiana in generale, per via della sua esimia rarità, ma soprattutto per i risvolti storici che tale moneta potrebbe rivelare. E allora è il caso di vedere meglio le circostanze storiche che portarono alla realizzazione di questo strano pezzo. Innanzi tutto occorre spiegare perché la definizione di “pratese”. La caratteristica peculiare risiede proprio nella legenda di rovescio, ampiamente sciolta e tradotta in fase di descrizione. In pratica, Roberto d’Angiò, oltre che Re di Napoli, veniva riconosciuto anche come signore della Terra di Prato, la città toscana in provincia di Firenze. Il privilegio signorile si estendeva anche ai suoi eredi, quindi, dopo la morte del sovrano angioino, i suoi successori avrebbero beneficiato della signoria di Prato. Come si configura storicamente un tale potere? Come arrivò Roberto d’Angiò a detenere i diritti su città così lontane da Napoli e dal suo Regno, coinvolte in ben altre realtà politiche? E, soprattutto, come si giunse alla coniazione di una moneta, il gigliato, appunto, che per stile e standard ponderale rientra perfettamente nei meccanismi economici napoletani, ma che è di più difficile inserimento in quelli toscani? Dobbiamo pensare ad un’Italia divisa tra due principali fazioni: i Guelfi, sostenitori del partito filo-papale, e i Ghibellini, favorevoli invece nel riconoscere all’Imperatore di Germania un potere temporale superiore a quello della Chiesa di Roma. L’autorità imperiale, inoltre, voleva anche consolidare la propria influenza in Italia, ormai solo un ricordo rispetto a ciò che era stata nel corso del XIII secolo o anche prima. Gli scontri tra le diverse fazioni nelle città dell’Italia settentrionale portarono i liberi comuni ad indebolirsi per i dissidi e le divisioni interne: sia Firenze che le città limitrofe della Toscana, infatti, erano molto deboli militarmente e non riuscivano a fare fronte alle esigenze belliche che il tempo imponeva. Tra il 1305 ed il 1310, quindi, Roberto d’Angiò, uno dei sovrani più potenti d’Italia, era stato coinvolto nelle lotte politiche toscane e si schierò dalla parte dei Guelfi: il Re di Napoli, infatti, già nel 1305, quando era solamente Duca di Calabria, fu insignito della signoria di Firenze, che mantenne pressappoco fino al 1321, e messo a capo di una lega di città toscane che si opponevano al potere ghibellino ed imperiale in Italia. Prato, la cui situazione militare non era molto diversa da quella della vicina Firenze, aveva vissuto anni migliori dopo che, alla metà del XIII secolo, si era fissato lo Statuto cittadino e il centro aveva riconosciuto la propria qualifica di libero comune. La floridezza economica di quei tempi, dovuta al grande sviluppo dell’industria della lana, era solo un lontano ricordo. Dal 1312 la situazione peggiorò ulteriormente a seguito delle guerre intestine che affliggevano le città toscane: Prato, insieme alla lega di città che facevano capo a Firenze, composta da Siena, Pistoia, Arezzo, Volterra, Colle Val d’Elsa, San Gimignano e San Miniato, si trovò contrapposta alla Pisa di Uguccione della Faggiola, condottiero ghibellino e vicario imperiale in Italia. Uguccione si rivelò una minaccia concreta per i Fiorentini i loro alleati nel 1315, quando le armate ghibelline collezionavano sempre più successi sui nemici di parte guelfa. Fu proprio in quell’anno (tra l’altro, passato alla storia come il più fulgido per il partito ghibellino in Italia) che Firenze si decise a chiedere aiuto militare a Re Roberto. Quest’ultimo acconsentì, radunando in breve tempo un congruo numero di truppe che, inizialmente, dovevano essere guidate da suo figlio, nonché erede al trono, Carlo d’Angiò (1298-1328), Duca di Calabria dal 1309 e Vicario Generale del Regno. Il comando, però, passò poi all’ultimo momento nelle mani del fratello del Re, Filippo I di Taranto (1294-1332). La colonna partì dunque per Firenze per unirsi al resto dell’esercito guelfo che la lega toscana aveva raccolto per far fronte alla minaccia ghibellina. Lo scontro sembrava giocare a favore dei Fiorentini e dei loro alleati napoletani, vista la loro superiorità numerica. Uguccione, oltre ai Pisani, poteva fare solo scarso affidamento su Lucca, perché questa città era stata presa dai Ghibellini con la forza. Il confronto armato non si fece attendere: la battaglia di Montecatini (29 agosto 1315) sancì la gloriosa vittoria dei Pisani di Uguccione che, contro ogni pronostico, misero in fuga i Fiorentini con i loro alleati. Il comandante napoletano Filippo di Taranto neanche prese parte allo scontro perché, colto da febbre, fu costretto a ritirarsi dal campo di battaglia e a rientrare precipitosamente a Firenze, la cui situazione peggiorava giorno dopo giorno. Roberto d’Angiò, da parte sua, non si mostrò molto preoccupato della sconfitta subita dalle sue truppe in Toscana: Firenze, che dal 1305 si era costituita sotto la sua protezione, rimaneva, con il suo circondario, ancora salda e sicura. Qualche anno dopo, però, tale sicurezza crollò: nel 1325 il baricentro ghibellino da Pisa si era spostato a Lucca che, sotto il suo signore Castruccio Castracani, aveva riscoperto un nuovo periodo di riscossa militare, culminato con la vittoriosa (per i Ghibellini) battaglia di Altopascio il 23 settembre di quello stesso anno. Questa volta, Roberto non aveva inviato alcun aiuto contro il Castracani per favorire i Fiorentini, così, quando questi arrivò addirittura a minacciare la città stessa, essi si rivolsero al Duca di Calabria, Carlo, figlio di Re Roberto, il quale fu eletto dai Guelfi nuovo signore di Firenze a garanzia della protezione angioina sulla città. Carlo accettò e l’anno successivo, nel 1326, il 13 gennaio, si recò a Firenze per prendere possesso del nuovo incarico che gli era stato offerto. Ma la permanenza di Carlo e del suo seguito di Angioini nel capoluogo toscano fu breve: nel 1327, il Duca fu richiamato a Napoli, poiché le truppe tedesche di Ludovico IV il Bavaro (1328-1347), allora Rex Romanorum (1314-1328), minacciavano il Regno nella loro discesa in Italia verso Roma. Si ritiene che il gigliato “pratese” fosse stato battuto intorno al 1326, quindi durante la signoria fiorentina di Carlo d’Angiò, per l’infeudamento di Prato alla casata angioina. Le legende sulla moneta, che vanno lette in modo continuo tra diritto e rovescio, comunicherebbero che Roberto d’Angiò, già Re di Napoli, era anche signore (dominus) di Prato e che il privilegio si estendeva anche ai suoi successori, cioè a Carlo Duca di Calabria. Quest’ultimo, nato dal matrimonio celebrato il 23 marzo 1297 tra Roberto e Jolanda d’Aragona (1273-1302), era l’unico figlio maschio della coppia reale e, nel 1316, contrasse una prima unione, infruttuosa, con Caterina d’Asburgo (1295-1323). Nel 1324, poi, prima di essere chiamato dai Guelfi a Firenze, Carlo sposò in seconde nozze la giovanissima Maria di Valois (1309-1332), dalla quale ebbe la figlia, futura Regina di Napoli, Giovanna I d’Angiò (1343-1381). Appena Carlo si allontanò da Firenze nel 1327, Castruccio ne approfittò per occupare molte città che prima erano cadute sotto la giurisdizione feudale angioina: in nome dell’Imperatore tedesco, il condottiero ghibellino, divenuto intanto Duca di Lucca, arrivò ad attaccare anche Pistoia e Prato. Gli abitanti di questi due centri, soprattutto i contadini che erano quelli più esposti alle scorribande ghibelline nelle campagne intorno alle città, per non subire gli attacchi nemici, scesero a patti con il Castracani: in cambio di un tributo semestrale da pagarsi in denari, i Pistoiesi ed i Pratesi evitarono attacchi e saccheggi da parte dei Ghibellini del condottiero lucchese. In realtà, fino a quando gli Angioini si ersero a garanti della sicurezza dei Guelfi toscani, Firenze e gli altri centri toscani limitrofi non subirono mai il sopravvento della parte ghibellina avversa. Il gigliato “pratese”, dunque, costituisce una moneta commemorativa (e non una medaglia, come credeva Arthur Sambon e com’è riportato anche nel CNI XI) che aveva lo scopo di manifestare la sovranità signorile degli Angioini, di Roberto e di suo figlio Carlo, sui centri guelfi toscani minacciati dall’inarrestabile potenza militare ghibellina. Si potrebbe anche pensare che la moneta circolasse nel ristretto entourage del Duca di Calabria e che difficilmente abbia interagito con la moneta e l’economia locale fiorentina, poiché, come faceva già notare il Sambon, il gigliato era sì una moneta ben accetta all’epoca (quindi magari sarà anche stata accettata in alcune transazioni tra Angioini e Fiorentini), ma era profondamente diversa per caratteristiche fisiche rispetto al sistema monetario ed economico fiorentino. Dobbiamo poi pensare che Prato patteggiò un accordo per non essere occupata dai Ghibellini di Castruccio solo nel 1327, ovvero dopo la partenza di Carlo d’Angiò da Firenze. Dato che Prato non ebbe mai una propria zecca, sembrerebbe più logico ipotizzare che il gigliato in questione fu coniato nel 1326 a Firenze, durante il breve soggiorno del Duca di Calabria in città. Forse la sua breve permanenza e il circoscritto utilizzo del gigliato “pratese”, in unione con lo scopo commemorativo dell’emissione, non consentirono la coniazione di un gran numero di pezzi, anzi, ne frenarono la produzione allo stretto indispensabile per le esigenze degli Angioini, padroni della scena politica cittadina. Dobbiamo poi notare che questa teoria non sembra priva di fondamento, se pensiamo che, a Napoli, la locale zecca incrementò la produzione di gigliati, per volere regio, proprio nel 1326! In questo anno, infatti, furono assunti nuovi manovali in zecca per la lavorazione delle monete d’argento, in vista del successo e delle attenzioni che il gigliato napoletano stava ricevendo in molte parti d’Europa e del Mediterraneo. Ma non furono solo gli Angioini ad aiutare militarmente i Guelfi toscani e ad importare a Firenze il gigliato “pratese” di stampo e peso napoletani: sotto Roberto d’Angiò, le finanze del Regno di Napoli erano quasi monopolizzate da potenti banchieri fiorentini. Pensiamo che molte Compagnie bancarie avevano filiali a Napoli che costituivano il fulcro di importanti guadagni. Proprio con il governo di Roberto assistiamo spessissimo all’affidamento dell’incarico di Maestro di Zecca, ufficio fondamentale per la gestione della stessa, ad esponenti di queste potenti Compagnie. Tra questi ricordiamo: 1. Lapo di Giovanni di Benincasa, un mercante fiorentino, fattore della Compagnia degli Acciaiuoli, fu Maestro di Zecca nel 1317. Fu proprio tra il 1317 ed il 1319 che si decise di inserire sui gigliati dei simboli per poter distinguere l’operato delle diverse maestranze, poiché in molti casi si erano verificati dei cali nel peso effettivo delle monete rispetto a quello teorico stabilito (pari quasi a 4 grammi). 2. Donato degli Acciaiuoli, Maestro di Zecca nel 1324 (al 12 febbraio si data l’appalto per il suo incarico), proseguì la battitura dei gigliati di peso accurato, com’era già stato fatto sotto l’amministrazione dei suoi predecessori, Rainaldo Gattola, di Napoli, e Silvestro Manicella, di Isernia. 3. Petruccio di Siena, Maestro di Zecca nel 1325, anch’egli esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 4. Domenico di Firenze, Maestro di Zecca sempre nel 1325, esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 5. Dopo l’intermezzo del napoletano Rogerio Macedonio, nel 1327, a dirigere la Zecca partenopea troviamo nuovamente un fiorentino, un certo Filippo Rogerio, della Compagnia dei Bardi. 6. Pieruccio di Giovanni, ugualmente fiorentino, fu Maestro di Zecca dopo il 1327 ed esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 7. Sempre in una data posteriore al 1327 a capo della Zecca viene annoverato il fiorentino Matteo Villani, della Compagnia dei Bonaccorsi. Tutte queste Compagnie bancarie fiorentine avevano, attraverso il controllo dell’ufficio di Maestro di Zecca, oltre a rapporti commerciali di favore tra Firenze ed il Regno, anche il sopravvento sulla gestione della moneta regnicola e sulla sua circolazione. I Bardi, presso la cui filiale di Napoli lavorò anche il padre di Boccaccio, gli Acciaiuoli e i Bonaccorsi, insieme ad altre Compagnie fiorentine, fallirono a seguito del mancato saldo del debito che i Re si Francia ed Inghilterra avevano contratto con i Fiorentini a seguito dell’allestimento degli eserciti per la Guerra dei Cent’anni. Anche Roberto d’Angiò aveva un grande debito con gli Acciaiuoli, che di fatto erano i banchieri della Casa d’Angiò e tenevano in mano le finanze di mezza Napoli, in quanto questi ricevette un primo prestito di ben 50.000 fiorini d’oro e suo figlio Carlo, Duca di Calabria, beneficiò di un secondo prestito pari a 18.500 fiorini. Dopo la mancata restituzione delle somme dovute dai sovrani francese ed inglese, Roberto non saldò il suo di debito usando come precedenti le insolvenze degli altri due Re, Filippo VI ed Edoardo III. Ma gli Acciaiuoli beneficiarono grandemente della benevolenza regia: sotto Roberto, Niccolò Acciaiuoli fu nominato prima cavaliere e con l’avvento di sua nipote, Giovanna I, fu invece creato, nel 1348, Gran Siniscalco del Regno. Fu proprio Niccolò a farsi promotore del (secondo per la sovrana) matrimonio tra Giovanna I e Luigi di Taranto (1352-1362). Quando questi morì, il 26 maggio del 1362, l’Acciaiuoli fu il principale protettore dei diritti della Regina angioina (a cui, tra l’altro, doveva tutte le sue fortune) quando altri nobili ne minavano il potere. Ma, ritornando in Toscana, Prato rimase ancora per poco tempo in mano angioina: morto Roberto a Napoli, il 16 gennaio 1343, (Carlo era già morto il 9 novembre 1328) Firenze tentò, a partire dal 1350, di conquistare con la forza la città vicina, vedendo la morsa angioina allentarsi dai comuni toscani come un’occasione di rinascita politica. Nel 1351, con un atto cancelleresco approvato da Giovanna I, la Corona di Napoli cedeva i diritti feudali di Prato a Firenze dietro pagamento di una somma ammontante a circa 17.500 fiorini. Anche dietro questo atto si nasconde un disegno politico di Niccolò Acciaiuoli che, in virtù della propria influenza sulla Regina napoletana, spinse la sovrana a concludere un accordo remunerativo con Firenze. Da allora, la città di Prato non è mai uscita più dall’orbita fiorentina.1 punto
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