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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 03/19/23 in tutte le aree

  1. Qui di seguito presento uno stralcio di documento (ASNA, Ministero delle finanze, busta 2138) dove sono comprovate delle irregolarità nell'intrinseco delle monete d'oro e d'argento nella zecca partenopea di fine Settecento. Trascrizione. E per secondo, posto che un Partitario moneti argento di soppiatto, egli non si contenterà di guadagnar solamente i dritti appartenenti al Rè, ma vorrà guadagnare ancora sulla lega, diminuendo il valore intrinseco della moneta. Non intendo di parlar del partito presente: ma certamente questi disordini ànno regnato negli antecedenti partiti, per cui le monete d’oro, e d’argento àn ricevuto un deterioramento sommamente pernicioso agl’interessi del Rè, e del pubblico. Se le stanze de torchi fossero state ben custodite per lo passato, le nostre monete d’oro, e d’argento avrebbero conservato l’intrinseco loro valore, e in conseguenza le rendite della Corona non avrebbero insensibilmente ricevuta una notabile diminuzione; e il nostro commercio sarebbe oggi assai più florido; poiché non avrebbe sofferto di tempo in tempo quei ritardi, e quei disturbi, che le continue variazioni della moneta gli àn cagionato. Documento
    4 punti
  2. Un saluto a tutti i possessori di Orrori cartacei e metallici. Deciso a vincere qualche premio (anche le briciole mi bastano) , vi presento i miei "campioni" La prima dovrebbe essere un pennuto Siciliano indecifrabile che ha svolto magnificamente il suo compito di spicciolo del popolo! E meriterebbe un premio tanto è orribile.
    4 punti
  3. Buongiorno presento nella galleria degli orrori queste due monete, ridotte a dischi metallici, che mi sono state portate da un collega di lavoro, dopo un viaggio in Niger. Sono monete che circolano in quel Paese, nonostante siano praticamente sfinite.... Qui l'ombra di 100 Franchi CFA e qui il fantasma di 200 franchi CFA
    4 punti
  4. Buongiorno a tutti, ogni discussione la prendo come spunto ed invito all'approfondimento che non è solo dal punto di vista Numismatico ma anche storico. Riporto parte di un articolo che ho trovato spulciando il web. Ed ho pensato possa essere utile riportarlo in discussione. Giacomo Calandra di Roccolino Nonostante la numerosa quantità di monumenti effigiati da Augusto sulle sue monete, al fine di celebrare l'impresa della loro costruzione o comunque il loro restauro o completamento, l'Ara Pacis non appare su nessuna moneta battuta da Augusto. Le uniche fonti iconografiche antiche sull'Ara Pacis, riconducibili all'epoca in cui il monumento era ancora visibile, sono due rappresentazioni monetali di Nerone e di Domiziano. Non è però possibile un raffronto puntuale tra le due raffigurazioni, poiché esse non rappresentano lo stesso fronte del monumento. Se la moneta di Domiziano effigia il fronte principale dell'Ara – quello occidentale – come confermato dalla presenza dei gradini, sulla moneta di Nerone è rappresentato invece il fronte opposto – quello orientale – anch'esso dotato di un'apertura, privo però della scala di accesso. Posto foto della moneta facente sempre parte dello stesso articolo Saluti Alberto
    3 punti
  5. [...] Cruciale per Planelli fu l’ambiente riformatore e massonico. Villarosa (1834, pp. 270, 273) lo dipinge come il beniamino delle consorterie scientifico-letterarie, «essendo i suoi discorsi sempre conditi di Attico lepore». Cuore dell’attività era il salotto di Antonio di Gennaro duca di Belforte, aperto tra il 1776 e il 1787 circa a Mergellina. Alla libera muratoria Planelli aderì nel 1780 circa (nelle liste del 1782 e 1784 della loggia ‘La vittoria’ è terzo maestro). Gli ambienti massonici, apprezzati dalla regina Maria Carolina e dal segretario di Stato John Acton, furono lo sfondo dei rapporti con Ippolito Pindemonte, dal 1779, e soprattutto con Aurelio de’ Giorgi Bertòla, che a Planelli dedicò le Odi XXIII e XXIV (1777) e la IV delle Lettere campestri (1783; Bertòla de’ Giorgi, II, 1785, pp. 81-85, 164-176; vivaci memorie di quei giorni nel carteggio Amaduzzi - Bertòla de’ Giorgi, 2005, ad ind., ma cfr. anche Bertòla de’ Giorgi, 1982, p. 112; Luzzitelli, 1987, pp. 25, 209, 212; e Fedi, 2004, pp. 78 s., 90 s.). [...] [...] La Corona reclutò Planelli il 24 luglio 1790 nominandolo maestro, cioè direttore, della Zecca. Nell’emergenza della contrapposizione alla Francia, per assicurare liquidità allo Stato nel 1792 Planelli propose al Consiglio delle finanze «di ridurre in verghe l’argento dei privati, di saggiarlo, pesarlo, valutarlo e inviarlo ai banchi perché lo custodissero, in cambio di numerario»: proposta subito accolta (cfr. Maiello, 1980, pp. 32-34). Accusato nel 1794 di sostegno a una rivolta giacobina, fu assolto e conservò la carica fino al 1802. Rifiutatosi di prestare servizio per la Repubblica, al ritorno dei Borboni, il 28 giugno 1799 fu reintegrato. Il re incaricò Planelli di organizzare e dirigere il Real Museo mineralogico, che aprì nel 1801; nel 1802 Planelli entrò nella giunta per la catalogazione della Biblioteca reale. Secondo Villarosa (1834, p. 274), «l’aver dovuto dimorare nella casa annessa alla R. Zecca, ove l’esalazione della liquefazione del rame e di altri metalli rende quell’abitazione poco salutare, gli fé accrescere il male ne’ nervi». Morì a Napoli il 13 marzo 1803 (Bellucci La Salandra, 1935, p. 16; per altri il 6: cfr. Di Castiglione, 2008, p. 376). La salma fu inumata nella chiesa dell’Ordine gerosolomitano di S. Giovanni a Mare. [...]
    3 punti
  6. Nell'Archivio di stato di Napoli ho rintracciato un importante documento inedito dal contenuto particolare. Segnatura: Ministero delle finanze, busta 2139. I fatti Il 3 luglio del 1796 il maestro di zecca cavalier gerosolimitano Antonio Planelli scrive al re informandolo di un episodio. Racconta che il maestro de conj D. Domenico Perger, il giorno precedente, voleva entrare da solo, allontando il custode, nelle stanze de' torchi per svolgere un'operazione segreta su comando della regina Maria Carolina. Il Planelli non si oppose a tale richiesta e ordinò al custode di lasciare entrare il Perger da solo, ma impose che l'incisore dovesse mettere per iscritto che stava per fare un'operazione segreta ordinata dalla regina. Il Perger rifiutò, obiettanto che lui è un galantuomo e che sarebbe andato dalla regina a riferirle l'accaduto. Il Planelli conclude chiedendo al re come si deve comportare in simili casi, ossia cosa deve fare quando gli ordini di coniazione arrivano da soggetti diversi dalla Regie segreterie. Il documento Il commento Leggendo con attenzione il documento, si può osservare che il Planelli non denunci come fatto grave l'attività del Perger, tanto che rimase in carica sino al 1804, ma semplicemente chieda lumi al sovrano sul da farsi in simili circostanze; tant'è vero che il Planelli avrebbe permesso al Perger di coniare moneta, purché avesse lasciato traccia di tale operazione segreta, senza trascrivere però di cosa esattamente avesse coniato. Purtroppo non ho trovato la risposta del re. La questione La domanda che mi pongo è questa: Il Peger doveva realmente svolgere un'attività segreta per conto della regina, o voleva utilizzare i torchi per per fini personali?
    2 punti
  7. Grazie ad un post dell'amico @NeroDrusus mi sono ricordato di avere da qualche parte un paio di assi di Nerone con tempio. Dopo qualche ricerca nei meandri del disco ho ritrovato le foto e, come ricordavo, le condizioni non sono delle migliori, anzi... Diametro 30 mm circa, peso 8,50 grammi circa. Nonostante l'importante usura (ma ho anche il dubbio che possa essere un falso fuso) l'ho catalogato come RIC 458,Cohen 27, BMC/RE 360. Peccato per le condizioni, perché lo sto vedendo in conservazioni migliori ed il tempio mi pare veramente molto bello. Diametro 27 millimetri circa , peso 6,77 grammi. Anche in questa la conservazione non è delle migliori, catalogata come Nerone (54-68) AE asse Zecca di Roma Coniata nel 65 D/ NERO CAESAR AVG GERM IMP, testa laureata di Nerone a sinistra R/ PACE P R TERRA MARIQ PARTA IANVM CLVSIT , veduta di una facciata del Tempio di Giano, finestra a sinistra e doppie porte chiuse a destra In campo: S - C. Riferimenti: Ric I 301 Ma non ne sono sicuro, qualcuno di voi ha qualche osservazione o correzione? Grazie. Ave! Quintus
    2 punti
  8. Salve, vi disturbo ancora per un vostro parere in merito alla conservazione della moneta qui rappresentata in foto. Peso 2,73 gr ringrazio in anticipo
    2 punti
  9. Buongiorno a tutti, e Auguri a tutti i Papà e ai Giuseppe. Per quanto riguarda il mio Mezzo Carlino "Mezza Capa'' annotero' sul cartellino le sigle GF e GI come abbiamo appurato. Grazie per i vostri pareri @Releo e @Layer1986, ciò non toglie che come suggerito da @gennydbmoneycontinuerò ad approfondire. Lasciamo spazio in discussione per altri esemplari di mezzi carlini o magari passiamo ad altra tipologica. Saluti Alberto
    2 punti
  10. Buongiorno inserisco la mia prima moneta del 2023, 50 franchi CFA, regalatami da un collega di lavoro, che è stato in Niger.
    2 punti
  11. Il ritratto è piacevole, la legenda è integra e leggibile, la moneta è centrata, i dettagli si vedono (guardate che bella la porta del tempio); avercene di monete così.
    2 punti
  12. Salve, chiedo vostro parere conservazione della moneta in oggetto. Peso 4,58g. Allego qualche foto anche se non riesco a catturare la patina come vorrei.. dovrei provare in altri momenti della giornata.. ringrazio in anticipo
    2 punti
  13. È inverosimile che un funzionario di un certo livello nominato direttamente dal Re volesse schernire il proprio sovrano rischiando di inciampare nel reato di lesa maestà, uno dei più gravi. Ricordo che durante la Repubblica Napoletana il Planelli fu fedele al re, tanto che venne riconfermato al suo ritorno sul trono napoletano. E non mi fermo qui. Il Planelli rassegnò le dimissioni al re dalla carica di maestro di zecca per motivi di salute - l'esalazone di fumi tossici provenienti dalla lavorazione dei metalli aggravarono la sua già precaria salute - ma Ferdinando le rifiutò, come provato da questo documento. La lealtà del Planelli verso la Corona è fuori discussione. Fonti: ASNA; Mellace R. "Antonio Planelli, un intellettuale illuminista nella Napoli di Ferdinando IV"; Prota C. "Monetazione di Napoli negli anni 1791 e 1799".
    2 punti
  14. Buonasera a tutti, vi faccio i miei complimenti per gli esemplari postati, in primis a Cristiano @Asclepia che le segue e studia da tempo, ma anche a voi altri studiosi della tipologia. Io purtroppo mi sa che se il mercato è quello descritto dovrò astenermi dal metterne in collezione. A meno ché non riceva una donazione o ne trovi una a un prezzo ragionevole. Ovviamente capisco che parliamo di esemplari di notevole conservazione. Avete tutti la mia sana Fraterna invidia. Saluti Alberto
    2 punti
  15. Ciao, al momento siamo al punto 1. Ora passiamo al punto 2. e cioè le immagini nitide di fronte e retro.
    2 punti
  16. E' questa di seguito, anno 25 magnetica (la prima in lista) https://en.numista.com/catalogue/pieces9381.html 5 + (10x2 ) = 25
    2 punti
  17. 1. Breve storia sull'assignat Verso la fine del 1789, alla vigilia della Rivoluzione Francese, le casse dello Stato erano quasi vuote. Per evitare il fallimento, il deputato dell’Assemblea Nazionale Talleyrand ideò il piano di confisca dei beni ecclesiastici, con lo scopo di metterli all’asta per salvare le finanze dello Stato. Il 2 novembre 1789 l'Assemblea Nazionale diede inizio al progetto. Il patrimonio confiscato totale ammontò a circa 2 - 3 miliardi di livre, e la vendita fu affidata a una cassa straordinaria creata il 19 dicembre: la Caisse de l’Extraordinaire. Tuttavia, la liquidazione di tutti i beni richiedeva del tempo, minimo un anno, e la bancarotta era sempre in agguato. Per risolvere questa problematica, l’Assemblea decretò che 400 milioni di livre sarebbero subito stati emessi in obbligazioni con interesse del 5%: nacque l’assignat. Durante la votazione del provvedimento alcuni deputati, tra cui lo stesso Talleyrand, erano assolutamente contrari all’idea. Secondo loro la grande debolezza dell'assegnato era che ci sarebbero stati più biglietti in circolazione rispetto al reale valore dei beni ecclesiastici, con conseguente pericolo che sarebbe stato impossibile coprirne il rimborso di tutti. Un altro punto era la facilità di falsificazione, con forte rischio di trovare in circolazione una quantità di assegnati nettamente superiore a quelli emessi. I primi assignat furono emessi agli inizi del 1790 dal valore di 1000 livre. Il 17 aprile 1790 l'assignat fu trasformato da biglietto di obbligazione in cartamoneta ufficiale dello Stato in modo da compensare la scarsità di monete, ma con l’interesse sceso al 3%. Il 27 agosto 1790 l'Assemblea Nazionale autorizzò un'altra emissione di 1.9 miliardi di assegnati, con tagli da 50, 60, 70, 80, 90, 100, 500 e 2000 livre, che avrebbero avuto corso legale entro la fine dell'anno. Nel settembre dello stesso anno il Ministro delle Finanze, Jacques Necker, si dimise in quanto contrario alla decisione di ufficializzare gli assegnati come cartamoneta statale e la nuova emissione di questi. Tra il 1790 e il 1793 gli assegnati persero il 60% del loro valore. In aggiunta, l'Inghilterra iniziò a produrre dei falsi assignat con lo scopo di accelerare ancora di più la crisi economica francese. Per distribuirli a tutta la fascia della popolazione, tra il 1792 e 1793 vennero stampati anche assignat dal valore di 10, 15, 25 e 50 sols. Durante il regime del Terrore, la mancata accettazione dell'assignat era punita con la pena di morte. All’inizio del 1796, gli assegnati ammontarono a circa 45 miliardi di livre e gli interessi ridotti a 0. La somma complessiva degli assegnati non avrebbe mai dovuto superare gli iniziali tre miliardi di livre. La terribile inflazione causata dall'assignat provocò un aumento del costo della vita, un seguitare del suo deprezzamento e la scomparsa quasi totale del contante metallico. Per sopperire alla mancanza di spiccioli e facilitare gli acquisti quotidiani, alcuni imprenditori privati misero in circolazione monete di rame e d’argento: nacquero le monnaie de confiance, ovvero le monete di fiducia. Questi gettoni - monete di fiducia non ebbero mai corso legale, ma circolarono abbondantemente dal 1791 al 1794. E qui che entrarono in gioco i fratelli Monneron... Ritratto di Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord. Durante il periodo napoleonico diventerà Principe del neocostituito ed effimero Principato di Benevento (1806 - 1814) e sarà uno dei principali protagonisti del Congresso di Vienna. Fu soprannominato "il Camaleonte" ed è considerato uno dei maggiori esponenti del Trasformismo. Assignat da 1000 Livre. Fu il primo assegnato e in ambito collezionistico ha un indice di rarità R5. In questo grafico viene rappresentata la svalutazione di 100 Livre in assignat. Nel 1796 l'assignat fu sostituito dalla Promessa di Mandato Territoriale, una nuova cartamoneta che tuttavia subirà un deprezzamento ancora più veloce rispetto all'assignat, tanto che sarà demonetizzato nel 1797. L'economia francese si stabilizzerà durante gli inizi del periodo napoleonico. 2. Storia della Banque Monneron Le monete fiduciarie più diffuse e famose furono quelle della Banca Monneron. Alla fine del XVIII, la famiglia Monneron fu una delle più importanti famiglie francesi sul piano politico, finanziario e commerciale. Il capofamiglia era Antoine Monneron, possessore di alcune saline, avvocato del Parlamento di Antibes e controllore generale della gabella, la tassa reale sul sale. Dalla moglie Barbe Arnault ebbe venti figli, ma otto morirono giovanissimi. Gran parte dei suoi figli vennero inviati nelle colonie francesi in cerca di fama e fortuna. Tra questi ci interessa la storia di 4: Charles Claude Ange Monneron, il primogenito, iniziò la sua carriera come mercante della Compagnie delle Indie Orientali Francese nel 1767. Nel 1769 fu promosso commissario generale dei porti e degli arsenali navali, e nel 1784 direttore degli stabilimenti francesi in India. Sarà eletto Deputato del Terzo Stato di Annonay agli Stati Generali del 1789; Jean Louis Monneron, come per il fratello maggiore, entrò a far parte della Compagnie delle Indie Orientali Francese come agente commerciale nel 1769. Negoziando nella città di Pondicherry, fece rapidamente fortuna. Anche lui sarà eletto Deputato nel 1789; Pierre Antoine Monneron fu capitano di navi e si distinse per le sue missioni presso il governatore delle Indie Olandesi. Come per i due fratelli, sarà eletto Deputato nel 1789; Joseph François Augustin Monneron fu uno dei pochi fratelli che rimase in Francia. Nel 1777 si stabilì a Parigi come commerciante e diventerà direttore di una fabbrica di tabacco. Verrà eletto Deputato per Parigi nel 1791. Grazie all'appoggio dei suoi 3 fratelli, Joseph François Augustin fondò una banca commerciale per importare metalli in Francia e rifornire il Dipartimento della Marina Francese di argento e rame: la Banque Monneron. Oltre alle operazioni commerciali, la banca si era specializzata anche nella produzione di medaglie rivoluzionarie che vendeva presso la sede principale situata a Place du Carrousel, nei pressi del Palazzo del Louvre a Parigi. Il medaglista era Augustin Dupre che negli anni successivi diventerà l’incisore di riferimento della storia monetale francese grazie al pezzo da 5 franchi che simboleggerà la Repubblica per quasi 200 anni: la moneta con Ercole. La mancanza di contante metallico, e il risultato deludente delle monete da 12 denari e 2 sols a corso legale, spinsero alcuni privati a sostituirsi allo Stato per fornire alla popolazione le monetine. La Banque Monneron iniziò a coniare monete di fiducia in rame nel settembre del 1791. Per velocizzare i tempi di produzione, i Monneron strinsero un patto con l’industriale inglese Matthew Boulton, socio dell’ingegnere James Watt, l'inventore della prima macchina a vapore. Grazie all'invenzione di Watt, le monete Monneron furono prodotte in gran numero nell'officina monetaria della Soho Mint di Boulton, nei pressi di Birmingham. In cambio di una commissione, i Monneron offrirono alla popolazione francese lo scambio delle loro monete di fiducia con assignat da 50 livre. Tuttavia, l’eccessiva fiducia che i fratelli ebbero verso l’assignat, e il suo rapido deprezzamento, fu una vera rovina per la Banque Monneron. Inoltre, la coniazione di milioni e milioni di monete in Inghilterra comportò una spesa di denaro in argento e oro enorme per l’acquisto del rame inglese e della lavorazione, con una perdita considerevole. La rovina era ormai vicina. Verso la fine di marzo del 1792, la Banque Monneron fu dichiarata fallita e Pierre, che ne fu il direttore, fuggì in Inghilterra. Il fratello minore Augustin, che deteneva la banca, rilevò l'attività, ma la comparsa di una legge nel 1792 che proibì la fabbricazione di monete private spense ogni speranza. Nel settembre dello stesso anno un decreto vietò la commercializzazione delle monete di fiducia rimaste in circolazione. Nonostante la legge, i gettoni di fiducia circolarono almeno fino al 1794. I fratelli Monneron, da sinistra a destra: Pierre Antoine, Charles Claude Ange e Jean Louis. Insieme all'altro fratello Augustin fonderanno la Banque Monneron. La Soho Mint nei pressi di Birmingham. Proprietà di Matthew Boulton, la zecca coniò i 2 penny "cartwheel" di Giorgio III, nonché numerosi penny di prova e coloniali. 3. I 5 sols “del Giuramento” Con oltre due milioni di esemplari coniati, le monete da 5 sols dette “del Giuramento” o “patto della Federazione” sono le protagoniste e le più famose delle monete Monneron. In bronzo, dal peso di 25 – 30 g e dal diametro di 38 – 40 mm, esistono 4 tipologie per differente rovescio, mentre al dritto condividono l’immagine allegorica, con i soldati che fanno voto davanti alla Libertà, del giuramento compiuto durante la Festa della Federazione del 14 luglio 1790, che commemorava la presa della Bastiglia. Attorno è presente la scritta VIVRE LIBRES OU MOURIR, e in esergo la data 14 JUILLET 1790. L’incisore di questa magnifica immagine, che ricorda un po’ lo stile neoclassico del Giuramento degli Orazi dipinto da Jacques Louis David, è di Augustin Dupre. L'adeguamento tipografico e quello dei torchi furono forniti invece da Jean Pierre Droz, dipendente della Soho Mint. Le 4 tipologie sono le seguenti: Il primo tipo è datato 1791 e presenta al rovescio la frase “MEDAILLE DE CONFIANCE DE CINQ - SOLS A ECHANGER CONTRE DES ASSIGNATES DE 50 L. ET AU DESSUS – L’AN III DE LA LIBERTÉ” mentre attorno “MONNERON FRERES NEGOCIANS A PARIS 1791”; sul contorno, in incuso, la scritta DEPARTEMENTS DE PARIS DE RHONE DE LOIRE DU GARD. I 5 sols del 1791 sono quelli più rari. Inoltre, al dritto, vicino all’altare, la data 14 JUILLET 1790 è scritta in numeri romani; Dal secondo tipo in poi sono datati 1792. Al rovescio presenta la frase “MEDAILLE DE CONFIANCE DE CINQ – SOLS REMBOURSABLE EN ASSIGNATES DE 50 L. ET AU DESSUS – L’AN III DE LA LIBERTÉ” mentre attorno “MONNERON FRERES NEGOCIANS A PARIS 1792”. La scritta finale cambia in base all’anno III o all’anno IV. I primi monneron del secondo tipo riportano l'indicazione 50L, mentre i successivi 50#. Al contorno, in incuso, i gettoni dell’anno III presentano la scritta “DIPARTEMENS OF PARIS RHONE E LOIRE DU GARD” mentre quelli dell’anno IV “DEPARTEMENS OF PARIS RHONE E LOIRE DU GARD”; Il terzo tipo presenta al rovescio la scritta “MEDAILLE QUI SE VEND 5 - SOLS A PARIS CHEZ MONNERON PATENTÉ L’AN IV DE LA LIBERTÉ” mentre attorno “REVOLUTION FRANÇAISE 1792”. Al contorno, in incuso, compare la frase “BON POUR LES 83 DEPARTAMENS AN IV”. I monneron del terzo tipo misurano 38 mm invece di 40 mm. Oltre al diametro inferiore, il peso è vicino ai 25 g; L’ultimo e quarto tipo porta la leggenda “MEDAILLE QUI SE VEND CINQ - SOLS A PARIS CHEZ MONNERON PATENTÉ” mentre attorno “REVOLUTION FRANÇAISE 1792”. Al contorno, in incuso, presenta la scritta “CONFIANCE AUGMENTE LA VALEUR”; Esistono anche 5 sols placcati in argento e oro, ma sono molto rari. Il dritto è lo stesso in tutti e 4 i tipi. Solo nel primo tipo è presente un piccolo cambiamento con la data scritta in numeri romani. 5 sols del primo tipo, i più rari da trovare. 5 sols del secondo tipo. Le monete con 50# e la scritta AN IV sono quelle più comuni. 5 sols del terzo tipo. A differenza degli altri 3 tipi, il terzo è l'unico che misura 38 mm e il peso sui 25 g. 5 sols del quarto tipo, più rari rispetto a quelli del secondo e terzo tipo. Un 5 sols del secondo tipo placcato in argento. 4. I 2 sols “Libertà” I gettoni da 2 sols del tipo “Libertà” furono le primissime monete coniate dalla Banque Monneron. In totale furono coniate oltre due milioni e seicentomila esemplari. Sempre in bronzo, il peso oscilla tra i 16 e 18 g mentre il diametro è di circa 32 mm. Al dritto viene raffigurata la Libertà seduta a sinistra, appoggiata alla Dichiarazione dei Diritti Umani, che tiene nella mano destra una picca sormontata dal berretto frigio, simbolo di libertà, e dietro un gallo, simbolo di vigilanza. In alto si nota un sole splendente con i raggi che illuminano la personificazione della Libertà. Attorno notiamo la scritta “LIBERTE SOUS LA LOI” mentre in esergo "L’AN III (o IV) DE LA LIBERTE”. A differenza dei 5 sols, l’incisore è un certo Ponton, ma sfortunatamente non esistono informazioni su di lui. Esistono due tipi di monete da 2 sols: Il primo tipo è datato 1791 e riporta al rovescio la frase “MEDAILLE DE CONFIANCE DE DEUX SOLS A ECHANGER CONTRE DES ASSIGNATES DE 50 L. ET AU DESSUS 1791” mentre attorno “MONNERON FRERES NEGOCIANS A PARIS”. Nel contorno, in incuso, è presente la scritta “BON POUR BORD. MARSEIL. LYON. ROUEN. NANT. ET STRASB.”. Il valore in assegnati può essere espresso in 50L, 50L. o 50#. Il secondo tipo è datato 1792 e riporta al rovescio la frase “MEDAILLE QUI SE VEND DEUX-SOLS A PARIS CHEZ MONNERON PATENTÉ” mentre nel giro “REVOLUTION FRANÇAISE 1792”. Nel contorno, in incuso, è presente la scritta “CONFIANCE AUGMENTE LA VALEUR”. Il dritto è lo stesso nelle due tipologie. Naturalmente cambia la frase in esergo in base all'anno III o anno IV. 2 sols del primo tipo. 2 sols del secondo tipo. 5. 1, 2 e 5 sols “Ercole” Finiamo la monetazione Monneron con le ultime monete del tipo Ercole, tutte coniate nel 1792 e meno comuni rispetto ai 5 sols del Giuramento e ai 2 sols Libertà descritti in precedenza. La moneta da 1 sol è molto rara ed è costituita in bronzo, peso di circa 7 g e diametro di circa 27 mm. Al dritto presenta l’immagine di Ercole mentre cerca di spezzare i raggi della libertà davanti al tempio della sapienza. L’incisione è del medaglista Augustin Dupre. Attorno è presente la scritta “LES FRANÇAIS UNIS SONT INVINCIBLES” mentre in esergo “L’AN IV DE LA LIBERTÉ”. Al rovescio notiamo la frase “MÉDAILLE QUI SE VEND UN – SOL A PARIS CHEZ MONNERON PATENTÉ” mentre attorno “REVOLUTION FRANÇAISE 1792”. Nel contorno, in incuso, è presente la frase “CONFIANCE AUGMENTE LA VALEUR”. La forte determinazione del popolo francese è rappresentata dal fascio dei raggi legati assieme che nemmeno Ercole riesce a rompere, immagine che ben rappresenta il motto inciso sul tondello. La stessa immagine e la stessa leggenda, ovviamente con diversa indicazione del valore, di peso e di diametro (bronzo, 11 - 14g e circa 32 mm) sono impresse sul pezzo da 5 sols, il più “comune” della serie Ercole. Invece la moneta da 2 sols (bronzo, 13 - 14 g e circa 32 mm), molto rara come quella da 1 sol, è differente: in questo caso Ercole è raffigurato mentre sta piegando lo scettro reale con attorno la scritta “LA SAGESSE GUIDE SA FORCE”. In esergo compare la scritta “LA FIN DU DESPOTISME”. È chiaro il riferimento della fine monarchica. Inoltre, compare una civetta a sinistra di Ercole. Esiste anche un tipo rarissimo da 2 sols, con stessa immagine al dritto, che non presenta indicazione di valore, mentre al rovescio è raffigurata una piramide con attorno “RESPUBLICA GALLICA ANNO”, mentre all’esergo “ÆRE PERENNIUS 1792”. In questo caso si potrebbe trattare di una prova o di una medaglia. 1 sol Ercole, molto rari. 5 sols Ercole. Della tipologia Ercole, i 5 sols sono quelli "più comuni" da trovare. 2 sols Ercole. Da notare lo scettro reale piegato e la corona rotta. Come per la moneta da 1 sol, anche quelle da 2 sols sono molto rare. I 2 sols con la piramide, forse una versione di prova o una medaglia. Con le monete Ercole concludiamo la discussione su queste magnifiche monete rivoluzionarie francesi. In realtà ci sarebbero altre monete di fiducia come quelle della Caisse de Bonne Foi, Lefevre – Lesage, Clémencon et Compagnie etc. Inoltre, esistono tante varianti dei Monnerons in base alla disposizione di punti, lettere, numeri, difetti del conio e altro ancora, ma ho preferito fermarmi solo sulla monetazione Monneron e sui punti importanti altrimenti il post sarebbe stato troppo lungo. Spero che questa discussione vi sia piaciuta! 😃 Alla prossima Xenon97
    1 punto
  18. Segnalo intervista molto interessante di uno stimato professionista milanese andata in onda su la 7. A quanto pare la legge delega della riforma fiscale prevede che il governo introduca una forma di tassazione in caso di rivendita di opere d’arte. In particolare pare dovrà essere individuato un criterio oggettivo al ricorrere del quale le vendite anche occasionali di oggetti da collezione dovranno essere assoggettate a tassazione. Seguiremo evoluzione normativa.. https://tg.la7.it/economia/il-governo-tasserà-le-vendite-occasionali-di-oggetti-dei-privati-19-03-2023-181300/amp
    1 punto
  19. Seppur simili i dati ponderali non corrispondono con un nostro 10 cent della stessa epoca, in ogni caso l'Unione regolamentava solo oro ed argento. Gli spiccioli composti da altri metalli avevano già un potere liberatorio limitato all'interno della propria nazione, come divisionali solo quelle d'argento potevano, con un tetto massimo, essere utilizzate all'interno dell'Unione. Ma magari qualcun'altro ne sa di più.
    1 punto
  20. Pfennig austriaco della zecca di St. Veit a nome di Bernhard 1202-1256 CNA Cb 14
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  21. Temo di essere disarmato per dare grandi informazioni di tipo collezionistico, tipo conservazione, grado di rarità etc etc essendo particolari che non mi interessano. Quello che ti posso dire è che, insieme alla sua quasi omologa moneta da XL nummi è una coniazione assolutamente meravigliosa e piena di risvolti simbolici, politici e storici che affonda le proprie radici fino ai primordi della coniazione romana arrivando agli ostrogoti attraverso le monete costantiniane, come già fatto notare dall'ottimo @Adelchi66 Cito da Arslan (la moneta in bronzo degli ostrogoti, in ACTA NUMISMATICA, 52, 2022, PP 258, 259) con omissis "il nominale da XL nummi in sequenza con il XX Nummi non può essere datato all'età di Atalarico ... per il peso medio dell'unità base ... che lo colloca nella prima fase delle emissioni teodoriciane, continuando ad essere emesso, o a circolare, fino ad un abbattimento delle medie delle emissioni enee con Atalarico per l'aumento del prezzo del rame ... Il nominale da Xx nummi venne emesso in due serie con due stelle in alto [il 40 nummi aveva in alto il simbolo di valore XL] probabile riferimento alla bipartizione dell'impero con al centro I o chrismòn, certamente con significato simbolico, forse con riferimento alla componente cattolica della comunità. All'esergo, che esiste anche liscio, con il numerale, è un numero variabile, da uno a cinque, di globetti, presumibilmente indicanti le officine ... in es. XX, .XX., .X.X., ..XX.., ..X.X.." Non proprio. Teodorico era un abile politico, molto colto, non solo rex della sua nazione ma anche nobile romano Flavio Teodorico, cresciuto culturalmente dal 461 al 469 a Costantinopoli e certamente affascinato dalla romanità. Un uomo quindi a cavallo tra romanità e cultura germanica. ecco quindi che per le emissioni enee Teodorico, per la sua propaganda politica sulle monete, ripesca simboli forti che siano in continuità con le radici della romanità. Non un omaggio, ma una volontà di affermare "io e la mia gente siamo qui a governare in continuità ed a fianco con l'impero". Ecco forse il perché delle due stelle (nelle emissioni costantiniane avevano simboleggiato il dualismo Roma-Costantinopoli): L'impero d'oriente e quanto rimane di quello d'occidente sono la stessa cosa, in continuità. E dalle monete auree ed argentee sappiamo che l'autorità riconosciuta, quella da cui veniva (o da cui avrebbe dovuto venire) l'imprimatur per governare era l'imperatore nel cui nome ed interesse (almeno teoricamente) i sovrani ostrogoti agivano. Ma le monete in bronzo che circolavano localmente, propronevano dei tipi fortemente evocativi per la popolazione romanza del regno ostrogoto. Erano gli anni in cui il geniale sovrano perseguiva l'organica collaborazione tra il gruppo militare ostrogoto e la raffinata e colta comunità romanza con una burocrazia imperiale intatta e con personalità di assoluto rilievo come Cassiodoro e Boezio Ma non solo lupa ed aquile sono certo figlie di una tradizione locale romana ma erano in grado di evocare una dimensione mitica ben presente nel mondo goto, nel quale lupi ed aquile appaiono quasi animali totemici. (preso + o - da Arslan La monetazione dei Goti, 1989 e da Dalla classicità al medioevo in NAc Quaderni ticinesi 2004).
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  22. Io abito in svizzera, non ho problemi di esportazione o importazione ma dover ridare gratis una moneta comprata in asta perche‘ si scoprira‘ che e‘ stata trafugata non mi piacerebbe.
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  23. DE GREGE EPICURI Ho comperato recentemente questo quattrino di Massa di Lunigiana, del 1792. Pesa 0,60 g e misura 16 mm. Al D. : MASSAE-M.BE.A.A. intorno allo stemma coronato. Suppongo che M.BE stia per Maria Beatrice (Cybo Malaspina). Ho scoperto che queste monete furono coniate a Milano, perchè la zecca di Massa era ormai chiusa da più di 100 anni. Il minuscolo stato, dopo la morte della duchessa, fu unito a Reggio Emilia.
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  24. Se avesse la patera, dovrebbe essere la CONCORDIA seduta; tuttavia, da una breve ricerca, mi sembra che questa, in Adriano, abbia la cornucopia sotto il trono. Qui, invece, la cornucopia e' nella mano sinistra. Penso che si tratti della FORTVNA REDUX, con timone e cornucopia, anche perchè pare di vedere qualche lettera in esergo, forse una F, possibile iniziale di FORT RED. O forse e' solo pareidolia...e buona notte al secchio!! Ciao da Stilicho
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  25. Il grado di rarità dovrebbe essere tra NC e R , dipende dalla scritta INVICTA ROMA se la A ha o meno il trattino orizzontale. Per essere R3 dovrebbe avere tra le due stelle un Chrismon invece dell' I come nel tuo caso. Il rovescio è tratto dai follis costantiniani "Urbs Roma".
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  26. Moneta bella e importante,merita foto migliori , magari con luce radente. Complimenti.
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  27. La moneta è un riconio; l'originale presenta il primo 6 di 1866 aperto e non chiuso. Qui una moneta originale periziata, (immagine presa dal catalogo LaMoneta)
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  28. Una buona notizia per noi appassionati di ville romane extraurbane: Nuovi saggi archeologici in previsione di una più ampia campagna di scavo all'imponente villa romana di Sette Bassi. Citiamo dal testo del parco archeologico dell'Appia Antica : "situata su un vasto pianoro collinare tra il V e il VI miglio dell’antica Via Latina, la villa, il cui nome deriva dal toponimo medievale “Settebassi”, da riferire probabilmente ad uno dei proprietari, insieme alla Villa dei Quintili costituisce una delle più grandi residenze del suburbio romano. Alcuni studiosi in passato ne hanno ricondotto l'origine del nome a Settimio Basso, Prefetto di Roma al tempo di Settimio Severo (193-211 d.C.), a cui si è attribuita la proprietà della villa, che già all’epoca di Commodo doveva far parte insieme alla Villa dei Quintili di un’unica grande proprietà imperiale ("praedium"). Le testimonianze archeologiche risalenti all’epoca di Massenzio indicano che la villa era ancora abitata all’inizio del IV secolo d.C. Il nucleo centrale, risalente al II secolo d.C., è composto da tre corpi contigui, composti di ambienti riccamente decorati e forniti di impianti di riscaldamento, affacciati su un vasto peristilio-giardino e costruiti su una enorme platea di sostruzione. A esso si aggiungono un edificio piuttosto distante, anch'esso riccamente decorato (cd. "dependance", il cd. "tempietto", i resti un braccio di acquedotto privato che alimentava una cisterna sopraterra, ben conservata, altre strutture considerate ambienti funzionali. L’attuale sistemazione a parco coniuga le evidenze archeologiche con la storia più recente del sito. Divenuta proprietà dello Stato negli anni Ottanta del Novecento, la villa conserva tracce della sua funzione agricola, a cui si riferiscono il grande casale e gli annessi attualmente in ristrutturazione". Il complesso cosiddetto di Sette Bassi è una delle più grandi ville del suburbio romano, seconda per estensione solo alla Villa dei Quintili. La grande area archeologica sorge su un pianoro collinare tra il V e il VI miglio della via Latina, oggi sulla destra della via Tuscolana, in prossimità dell’incrocio con via delle Capannelle. Le sue imponenti strutture sono visibili anche dalla strada ed è possibile accedervi entrando nel lungo viale alberato che raggiunge il cuore del complesso residenziale. Al momento questo è stato solo parzialmente indagato, ma dai resti portati alla luce nel corso di scavi passati è possibile intuirne la grandiosità architettonica e la ricchezza decorativa. Seguendo uno schema canonico per le ville del suburbio di Roma, gli ambienti della Villa di Sette Bassi si sviluppano intorno ad un grande ippodromo-giardino: se ne riconoscono le zone residenziali anticamente decorate di marmi policromi e mosaici, la parte agricola, un tempietto, un acquedotto e cisterne per l’approvvigionamento idrico della residenza. Il complesso è di proprietà del Parco Archeologico dell’Appia Antica, che recentemente ha eseguito una serie di interventi conservativi e messa in sicurezza dell’area. https://www.parcoarcheologicoappiaantica.it/luoghi/villa-dei-sette-bassi/ Nell’area archeologica si conservano i resti di quella che doveva essere una delle più grandi e magnifiche ville della Campagna Romana dopo quella appartenuta ai fratelli Quintili. Gli imponenti resti, sopravvissuti alle razzie volte al recupero di materiali edilizi e di pregio destinati al mercato antiquario, hanno ricevuto già nel Settecento l’attenzione di studiosi come Gavin Hamilton. La consistenza delle rovine era tale da farla ritenere una città a sé stante da cui l'epiteto 'Roma Vecchia'. A seguire nuovi studi furono condotti da Thomas Ashby e dall’architetto Nicolae Lupu, che contribuì alla realizzazione del plastico della Villa per la Mostra Augustea della Romanità (1937-1938), oggi in mostra al Museo della civiltà romana all’Eur. La grande villa monumentale a padiglioni fu costruita al tempo di Antonino Pio (138-161) su un pianoro collinare all'altezza del V-VI miglio della via Latina e fu certamente abitata fino al IV secolo, e mantenuta con altri restauri per altri due secoli fino al VI sec. d.C. Durante la seconda guerra mondiale le strutture furono gravemente danneggiate in particolare nel corso del bombardamento eseguito all’aviazione britannica nel 1944 per colpire Cinecittà. Non c'è accordo tra gli studiosi sull'origine del toponimo 'Sette Bassi', in uso fin dall'Alto Medioevo, e derivato verosimilmente dall'imperatore Lucius Septimius Bassianus detto Caracalla e non da Settimio Basso, prefectus urbis al tempo dell'imperatore Settimio Severo (193-211). Sembra in effetti che l'imperatore Caracalla avesse accorpato in un unico vasto fondo imperiale la villa dei Sette Bassi e la villa dei Quintili. La zona residenziale si componeva di tre corpi edilizi contigui, risalenti a tre fasi diverse ma in rapida successione cronologica. I tre edifici si dispongono attorno ad un giardino cinto da portici. L'edificio più orientale (noto come edificio A) venne costruito all'inizio del regno di Antonino Pio con una struttura tradizionale: 50 metri per lato, un peristilio quadrato a nordovest di circa 45 metri per lato. La pianta è compatta, senza finestre rivolte all'esterno. Il secondo edificio nasce a sud-ovest del peristilio precedente, dove venne inglobato nel 140-150; ha una lunghezza di 45 m per 25 m di larghezza, e aveva una rotonda panoramica rivolta a sud. Si tratta di una struttura legata al lusso, con sale da cerimonia. La terza struttura è attribuita alla fine del regno di Antonino Pio, ed è la più grande e sfarzosa, con aule termali e grandi sale a più piani. Una grandiosa fronte finestrata, alta quattro piani, era ancora visibile fino a quando un forte temporale nel 1951 non la fece crollare definitivamente. Cosiddetto tempietto nella Villa dei Sette Bassi Il grande ippodromo-giardino di forma rettangolare, largo 95 m per 327 m, terrazzato e cinto da un criptoportico, doveva contenere al suo interno specchi d’acqua, viali, costruzioni ornamentali, statue, fontane. Il fabbisogno idrico del complesso era soddisfatto per mezzo di una ramificazione dall’acquedotto Anio Novus che alimentava un complesso sistema di cisterne di cui una a due piani. L’accesso originario della villa doveva essere nell’area sud-ovest, dove sono resti di ambienti riccamente decorati in prossimità del diverticolo proveniente dalla via Latina. A nord-est della villa era verosimilmente la pars rustica della villa, mai indagata in modo sistematico. Era il luogo dove abitava la popolazione rurale e dove aveva luogo gran parte delle attività domestiche e agricole. Nell’area sono visibili i resti del cosiddetto ‘tempietto’ oggi identificato con un ninfeo. Marina De Franceschini, Ville dell'Agro romano, Roma, L'Erma di Bretschneider, 2005, pp. 209-214, ISBN 978-88-8265-311-8. Roberto Egidi, Villa dei Sette Bassi, in Carmelo Calci (a cura di), Roma archeologica, Roma, Adnkronos Libri, 2005, pp. 442-444, ISBN 978-88-7118-184-4. Stefania Fogagnolo, Pavimentazioni musive e in opus sectile dalla villa dei Sette Bassi (Roma), in AISCOM XXI, 2016, pp. 317-328. Lorenzo Quilici, La villa dei Settebassi a Roma Vecchia, in Scritti in ricordo di Gaetano messineo, a cura di E. Mangani, A. Pellegrino, Monte Compatri 2016, pp. 307-314. La villa è parte del Parco Archeologico dell'Appia Antica. Situata sulla destra della via Tuscolana, in prossimità dell’incrocio con via delle Capannelle, conserva resti imponenti ed è una delle più grandi tra le ville del suburbio romano. Il nome deriva dal toponimo medievale “Sette Bassi”, forse riferito a Settimio Basso, Prefetto di Roma al tempo di Settimio Severo (193-211 d.C.), proprietario della villa. Si trova su un pianoro ed è composta da tre corpi contigui. Il primo nucleo, interamente in mattoni, fu costruito agli inizi del regno di Antonino Pio (138-161 d.C.) ed è costituito da una serie di ambienti che affacciavano su un vasto peristilio-giardino, ora del tutto scomparso. Sono ancora conservati una grande sala di soggiorno, un ambiente con nicchia rettangolare ed una sala con impianto di riscaldamento. Il secondo nucleo di ambienti, costruito nel 140-150 d.C., è costituito da sale di rappresentanza e stanze da letto lussuose, oltre che da una balconata con finestre e un belvedere semicircolare con colonne. Il terzo nucleo, costruito alla fine del regno di Antonino Pio con funzioni di rappresentanza, comprende vaste aule a più piani, un impianto termale e sale di soggiorno. Quest’ultimo complesso costituisce il lato di fondo di un grande peristilio-giardino, lungo 320 metri e limitato da un lungo terrazzamento artificiale, su cui si trova un criptoportico. Accanto alla villa sorgevano inoltre altri edifici, riferibili alla parte rustica del complesso, insieme ad un piccolo tempio ben conservato databile al II secolo d.C. http://musei.beniculturali.it/musei?mid=4760&nome=villa-dei-sette-bassi
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  29. Buongiorno a tutti, Davvero interessante il tuo lavoro di ricerca e confronto dei conii @LOBU, ci metti impegno, studio e passione, mi complimento con te. Ritorno un attimo sulla 1836 di @giuseppe ballauri, secondo me andrebbe classificata come effige diversa, è chiaramente un profilo diverso dal modello base, magari è stata "disegnata" da un'altra mano ma le differenze con il modello base ci sono e sono molto evideti. Io l'avessi in raccolta la classificherei come variante. Un saluto. Raffaele.
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  30. Il mio pensiero La tipologia mi ricorda la CONCORDIA MILITVM che si trova sui radiati post-riforma della prima Tetrarchia. Si intravvedono due figure ai lati; quella a sinistra dovrebbe essere l'imperatore, quella a destra Giove. Giove sembra ricevere una Vittoriola (la figura al centro) dalle mani dell'imperatore. In basso, tra le due figure e sopra l'esergo, una lettera che non riesco bene ad individuare. In esergo forse XXI. Sul dritto, pare di vedere una figura radiata volta a destra, ma le legende non aiutano. Tanto per intenderci, ecco un esempio: Prova a vedere se leggi qualche lettera delle legende per cercare di avvicinarci alla classificazione corretta. Ciao da Stilicho
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  31. Ciao @Ptr79, secondo me dovresti classificarlo qBB per il dritto e BB+ per il rovescio. Complimenti per la patina.
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  32. Sono sicuro che chi l'aveva inserita nel lotto l'ha battezzata per falsa...invece...bella monetina!
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  33. 😄😄😃😄
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  34. Anche la Banca Romana non ci scherzava, ma le serie doppie emesse furono in modo fraudolento volute ben 40 milioni lire di fine '800.
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  35. Buonasera, il ritratto di Nerone mi ha sempre affascinato ... Ne ho qualcuno anche io ma certamente non al livello di quello di @NeroDrusus al quale faccio i miei complimenti. Saluti Alberto
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  36. Se ruoti il Dritto vedrai che si tratta di un elmo con cimiero. Si tratta di una trillina battuta a Milano a nome di Francesco Sforza.
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  37. Guarda il nostro buon @caravelle82 che, pur non collezionando "antiche" , si "butta" e ci azzecca pure!!
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  38. Nel frattempo mi sto facendo una piccola cultura sulle monete pertanto mi pare di capire che le condizioni immonde della moneta la rendano poco più di un pataccone però ormai sono curioso. Il diametro ed il suono sono identici a qualsiasi altro 50cent e sto notando che le due facce sembrano leggermente disallineato ma non so se devono essere precissime perche anche un altro 50cent mi sembra non perfettamente allineato tra le due facce... Però sto ancora smaltendo due bicchieri di dolcetto e non so bene come misurarli con precisione 🤣🤣
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  39. La foto è pessima, ma da quello che vedo il bordo sembra inesistente: perciò solo per quello è falsa. Poi che fosse fascista cosa centra con una moneta di più di vent'anni prima che il fascismo si realizzasse? Non bastava essere un "fervente", per avere questa moneta bisognava essere, nei primissimi anni del '900, una figura di primo piano come un esponente della famiglia reale od un ministro o una personalità di spicco della politica di allora dove il fascismo era ancora al di là di venire e Benito Mussolini era ancora un fervente socialista...
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  41. Sono piuttosto orgoglioso del mio esemplare, raro (1735 NEAP:), patinato, pressochè FDC, proviene da una NAC di qualche anno fa, tra i pochi a non presentare alcun graffio al R/ (Sebeto) e solo pochissimi e lievi al D/. Mi spiace solo di non essermi aggiudicato anche la mezza piastra di quell'asta, ma ero già fuori budget. Un prezzo comunque molto più contenuto di quello fino ad ora raggiunto dalla piastra di ART-RITE.
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  42. Il mio lo conosci giá...😅 È da ciotola: preso " a du spicci" 🤣
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  43. Piastra 1793, già rara come millesimo...se poi nel rovescio ha i tre gigli invertiti....la rarità aumenta . Ecco la mia Napoletana di oggi.
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  44. Attualmente il più completo e aggiornato. Non solo un semplice elenco cronologico di monete e quotazioni ma, anche, una importante fonte di notizie storiche e tecnico\produttive.
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  45. Il mio primo 4 Cavalli lo vidi in una piccola cartoleria in città, la Signora Ida teneva in negozio ciò che restava della Collezione del defunto marito. Grande Collezionista di francobolli, non disdegnava collezionare le monete del suo territorio. La moneta mi sembrò troppo piccola e con una patina scura che la rendeva proprio brutta per i miei gusti. La prima domanda che feci alla Signora fu: Che significa C4? ? E lei con tutta la sua pazienza a spiegarmi che la C stava a significare il tipo di nominale: Cavalli e che il 4 era il suo valore, Uscii dal negozio con in prestito il suo vecchio Gigante. La sera ricopiai tutti i contatti dei professionisti che si trovavano a fine pagine del Catalogo, quelli che spedivano i listini gratuiti. La moneta la presi in seguito e fu l'inizio della mia avventura numismatica. Sono passati quasi 25 anni da quel giorno e spero non mi passi la voglia di andare avanti nello studio e nel collezionare. Scusate le chiacchiere. Saluti a tutti.
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  47. @...è un ragazzo davvero in gamba :clapping: doverosamente cerco di rispondere ai suoi quesiti anche se Francesco ha già scritto qualcosa......lo faccio qui in quanto noto che questa parte non è stata trasferita nell'altra discussione se poi @@francesco77 lo riterrà opportuno può farlo....logicamente. Il discorso sarebbe un pò lungo ma brevemente cercherò di riassumere: Fino al 16 marzo 1829 in zecca vi erano un'incisore dei dritti ed uno per i rovesci; a quello dei dritti spettava il compito di incidere le immagini e le figure sulle monete e sulle medaglie, a quello dei rovesci gli stemmi ed i caratteri in più tutto quello che poteva essere ordinato dal Direttore del Gabinetto d'incisione. L'effige e lo stemma erano i primi ad essere coniati; le leggende al dritto ed al rovescio, il millesimo, il valore ed altri particolari spettava a quello dei rovesci. Con il Decreto 2329 del 17 marzo 1829 con annesso regolamento si stabilì che gli incisori dei dritti dovevano essere 2 così come quelli dei rovesci ai quali si aggiunse un sostituto per entrambi (l'Aiutante) e 4 Alunni. Ma attenzione perchè non tutto il lavoro dei rovesci veniva svolto dal solo 1° incisore dei rovesci, spesso, se non sempre, il lavoro era svolto dal 2° incisore accompagnato dagli Alunni (che dovevano imparare l'arte)...ecco perchè riscontriamo numerosissime varianti su queste monete (legende, date, valore ecc. ecc.) Comunque sia tutto veniva svolto in osservanza del REGOLAMENTO (appena citato). Del perchè il Cariello (all'epoca 1° Incisore dei dritti) abbia voluto lasciare le su iniziali sulle moneta da 10 Tornesi, questo non è documentato e non si conosce il motivo...verò è che è sfuggito ad ogni controllo (che pure v'erano.....sempre) ed è stato fatto in maniera "abusiva". Io mi sono fatto un'idea personale che poi è quella che ha voluto distinguere questo conio dagli altri che secondo un mio parere (personale) non furono opera sua ma del Catenacci (Scipione) 2° Incisore dei dritti.........il Cariello in questo periodo (soprattutto) aveva ben altro da fare.......... Dagli anni "50" in poi le cose cambiarono all'interno del Gabinetto d'incisione (ma mai trasgredendo le regole) anzi..... Luigi Arnaud 1° Incisore dei rovesci da anni,era talmente bravo che al contrario dei cultori di quest'arte (che di solito si specializzavano in un solo ramo) fu indifferentemente incisore sia dei rovesci che dei dritti.......ecco perchè troviamo (oltre che su tante medaglie) le sue sigle (autorizzate) sul dritto delle monete di Francesco II; da una lettera del Controlo Ascione diretta al Direttore Generale dell'Amministrazione delle Monete - Barone Don Francesco Ciccarelli si legge che Luigi Arnaud doveva fare il punzone per il dritto delle monete di MAGGIOR DIAMETRO vale a dire il 120 Grana ed il 10 Tornesi mentre il Cariello (per rispondere alla domanda di Gaetano) quelli da 60 Grana e 5 Tornesi (documentato quindi) anche se (non citatati) anche quelli da 20 Grana e 2 Tornesi......ma in quegli anni difficili per Napoli è successo un pò di tutto a cominciare anche dal fatto che la coniazione di queste monete ebbe inizio nel 1860 anche se sulle monete troviamo la data 1859.....ma questo potrebbe essere oggetto di un'apposita discussione includendo anche del perchè sulle monete di Napoli post unità troviamo N e poi BN. Spero di aver scritto tutto.............un saluto Pietro
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  48. Antonio indica qui la propria età al momento dell’emissione (anno XL una emissione, anno XLI l’altra), riprendendo una soluzione stilistica adottata da Cesare con il denario RRC 452/2; Antonio era infatti nato il 14 gennaio 83. Si ritiene che con questo espediente Antonio intendesse sottolineare la propria esperienza e affidabilità. L’emissione, secondo Campana, commemora la riunione di Antonio con L. Plauzio Planco, avvenuta a Lione nel 43. Al D/ si vuole vedere le sembianze di Fulvia, che ebbe il privilegio di essere effigiata sulle monete (qui e, forse, sul denario RRC 494/40), anche se impersonava soltanto la vittoria del partito antoniano. Fulvia, bellissima, astuta e ricca, ma non nobile, aveva sposato Clodio, dissoluto ma nobilissimo. Rimasta vedova, si risposò con un altro giovane altrettanto nobile e squattrinato, Curione figlio, che per le sue particolari tendenze erotiche Cicerone chiamava la "figliolina di Curione". Quando Marco Antonio, giovane bellissimo e dissoluto, si trovò in crisi di solvibilità con i suoi creditori, fu aiutato proprio da Curione, che in cambio gli impose una relazione su cui ci informa Cicerone nelle Filippiche. Antonio tuttavia, non appena le condizioni finanziarie glie lo permisero, abbandonò questa ingombrante presenza tornando a circondarsi di donne di tutti i tipi e nel 50 sedusse la bellissima Fulvia. Morto Curione nel 49, la sposò nel 44. Cicerone andava clamorosamente chiedendo alla donna di mettere all'opera gli influssi iettatori che le attribuiva, causando la morte anche di Marco Antonio; ma la donna non gradì, e pretese la morte dell'anziano oratore. Volitiva ed intrigante, si ingeriva continuamente nella politica, senza tuttavia che Antonio reagisse con la necessaria energia. La situazione fra i due sposi si deteriorò quando, dopo la battaglia di Filippi, Antonio dovette recarsi in Asia Minore invaghendosi di Cleopatra (Salza Prina Ricotti, Amori ed amanti tra la repubblica ed il principato)
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