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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 02/15/23 in tutte le aree
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Salve a tutti!! A questo punto viste le nuove foto di @Denarivs credo che da parte mia sia doveroso un intervento anche se ad essere sincero avevo già capito,anche se brutte, dalle foto dei bordi. Innanzitutto ringrazio @littleEvil @Vietmimin @Giov60 e tutti quelli che sono intervenuti per il loro contributo che hanno dato a questa bella discussione che ha fatto conoscere questo falso a molti utenti del forum e come già detto in precedenza, nel bene o nel male si deve sempre essere responsabili. Come potete vedere dall'allegato, ci troviamo di fronte ad un caso di clonatura, una delle monete è stata venduta anche da una nota casa d'asta... riconosco di essere stato un pò precipitoso nel mio giudizio e di non avere fatto le doverose ricerche,difatti questa moneta sembra essere un falso conosciuto ma purtroppo è impossibile seguire e documentarsi su tutte le tipologie. Forse, con il senno di poi,come detto dall'amico vietmimin tutti i passaggi di tentata vendita della moneta avrebbero consigliato maggior prudenza nell'esprimere un giudizio ma purtroppo, come detto sopra, non essendo a conoscenza che si trattava di un clone conosciuto mi sono fidato delle foto che mi hanno indirizzato sulla strada sbagliata. Con la successione dei vari interventi,avevo cominciato a prendere in considerazione la clonatura ed avevo lasciato al nostro amico un lumicino di speranza con l' ipotesi che la sua potesse essere la moneta di base per la clonatura ma, da queste foto mi sento di escluderlo. Pertanto considero chiusi i miei interventi in questa discussione e credo che il nostro amico ormai abbia dati a sufficienza per poter tirare le giuste conclusioni.6 punti
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Ciao @passionumismaticle limature si trovano su tutto il bordo perché la maggior parte venivano prodotte in stampi multipli dove veniva colato il metallo fuso da un imbocco principale e tramite canali comunicanti si riempivano i vari calchi. Quindi non c'era un solo codolo, ma più di uno. Posto foto che rende l'idea 🙂 ANTONIO5 punti
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Ciao, io ho sempre evitato di toccare le monete, non ne sono capace. Così è' arrivata dall'asta Gadoury del 2012 e così' ho intenzione di lasciarla, conoscendomi farei danni, meglio evitare.4 punti
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4 punti
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sabato 18 febbraio 2023 convegno numismatico presso il Sydney hotel, VIA MICHELINO 73 - Bologna uscita Bologna Fiera dalla stazione autobus 35 fermata fiera - Viale Aldo Moro a 600/700 mt dal Sydney hotel ingresso libero info Walter Nasi 3386787776 [email protected] www.bancostema.it3 punti
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Ciao a tutti! Oggi scrivo del mio nuovo aquisto, per 14 € che trovo spesi molto bene. Quando si parla di denaro metallico, io pensavo ai popoli asiatici presi ad infliare le monete per trasportarle (e forse anche i norvegesi moderni...) e pure ai romani, che mettevano tutto in un bel sacchetto: noi - si sa - siamo abituati ad un portamonete Ma qualcuno ha mai pensato di farne un fascio?!? Sì! Perchè questi non sono oggetti ma sono MONETE! Questo è un Kissi penny: un manufatto di ferro pre-monetario che prende il nome dal popolo dei Kissi stanziato nelle aree ricche di minerali di ferro nell'entroterra dell'Africa occidentale (Guinea francese, Sierra Leone e Liberia). Il denaro, chiamato anche gizzi penny, è costituito da aste di ferro attorcigliate dello spessore di qualche millimetro, a forma di T a un'estremità e piatte all'altra. I fabbri locali fabbricavano queste monete sotto la direzione del capo villaggio, tipo l'organo di emissione. Si trattava di pezzi di ferro battuto, comunemente di lunghezza variabile da circa 15 a 40 cm, anche se per lo più da 20-30 cm (ma anche varianti molto più lunghe). Il mio qui sopra è ca. 24 x 3,5 cm. Vediamo un po' cosa se ne poteva fare: con due di queste monete si potevano acquistare 20 arance o un mucchietto di banane. Per le transazioni più importanti, venivano per lo più confezionate in mazzette da 20 pezzi. (grazie al museo di Brooklyn per l'immagine) All'inizio del XX secolo, i registri indicano che una mucca poteva essere acquistata per 100 mazzi (2.000 Kissi Pennies), una sposa per 200/240 mazzi e gli schiavi per ben 300 mazzi (sì, avete letto bene, nel ventesimo secolo in Africa si trafficava ancora con gli schiavi). Ma non basta: una volta che i penny Kissi smisero di circolare come denaro, mantennero ancora valore per l'uso nelle cerimonie religiose. Si riteneva che queste monete avessero un'anima - "soul money" - e dei pezzi rotti venivano deposti presso i defunti affinché la loro anima potesse fuggire, invece se un soldo veniva rotto accidentalmente doveva essere ripristinato da un mago per salvare l'anima del suo proprietario. Spero nella clemenza di @petronius arbiter (che nel lontano 2014 aveva già trattato questo argomento) che non mi timbri di plagiatore, ma vediamo di non "fare di tutte le monete un fascio" 😁 Alla prossima, Njk ======================= PS: dimenticavo... per ammirare l'immagine di sopra in tutta la sua bellezza, cliccateci sopra e - per chi non è al telefonino - consiglio di girare il monitor di 90°3 punti
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Trovato un bel "monetiere" adatto al kissi penny Una cassetta portautensili in metallo!3 punti
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@Cremuzio la realtà dei fatti del periodo del suo regno non deve essere letta a mo'di cronaca nelle sue monete che chiaramente erano mera propaganda e in quanto tale dovevano passare un messaggio, una sorta di manifesto politico... Un programma politico nel senso moderno del termine se vogliamo. Non ci vedo nulla di diverso da quanto è stato fatto nei secoli dai vari governanti di turno partendo dal lontano impero romano fino alle pagine più buie della nostra storia contemporanea. Moneta come medium di propaganda, non certo come cronaca o inchiesta giornalistica. In questo senso è la lettura e interpretazione che Doyen (prima di me) e altri prima di lui hanno dato a questa singolare ripresa iconografica che giustamente, come hai notato, stride con la realtà oggettiva dei fatti. Ma poteva l'imperatore dire nelle sue monete che tutto stava andando allo sfascio?3 punti
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Ciao a tutti, oggi condivido con voi un sesterzio di Gordiano III patina azzurra chiara, intonsa, proveniente dall'Asta Gadoury Monaco 2012. Invio descrizione dell'asta: Gordianus III 238-244 AD - Sestertius, 239 AD, AE 14,34g. IMP CAES M ANT GORDIANVS AVG laur of Gordianus III dr. bust right. R/. PMTRPII COS PP SC. Gordian togate stg. left sacrificing over tripod altar and holding short sceptre. Sear 8724; C211; EF2 punti
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Luigi Strazzabosco nacque a Padova nel 1895. Nella città natale frequentò la Scuola d’Arte Pietro Selvatico e dopo la conclusione della prima guerra mondiale riprese gli studi all’Istituto Superiore d’Arte di Venezia sotto la guida dello scultore Carlo Lorenzetti. Nel 1922 si sposò con la padovana Antonietta Simeoni (1897-1975): da quel momento le loro vite furono dedite alla vita famigliare e alla passione per l’arte. Antonietta assecondò e appoggiò il marito in ogni sua scelta, anche quando, prima del secondo conflitto mondiale, decise di sciogliere la sua ditta di decorazioni a stucco, che a quel tempo aveva più di quaranta dipendenti e una certa notorietà, per dedicarsi completamente alla scultura. Nei momenti più difficili Antonietta sostenne la famiglia vendendo i propri beni e i preziosi, ricavandone introiti utili per fare le fusioni delle opere del marito. Luigi rivendicò sempre la sua libertà, anche se la committenza di quegli anni fu inevitabilmente legata al partito fascista. Era solito affermare: «Sono un uomo qualunque, che tiene alla sua libertà e alla sua arte. Non voglio etichette». L’attività artistica come scultore e disegnatore lo vide partecipare a esposizioni locali, tra cui la seconda mostra nella Sala della Ragione (Padova, 1923) e una mostra al Circolo Filarmonico. Tenne diverse personali a Venezia, Milano, Bologna e Padova, prendendo parte anche alle Biennali di Venezia e alle Quadriennali di Roma. Nella produzione giovanile si evidenzia la meditazione sulla statuaria antica interpretata con spirito libero e inquieto. Dopo la seconda guerra mondiale le sue sculture divengono una meditazione sul destino doloroso dell’umanità e dalla fine degli anni Sessanta, in una sorta di sintesi quasi astratta, evocano immagini-archetipiche di idoli e riti ancestrali, con figure misteriose rese con plastica possente. Punto fermo della sua visione artistica rimase la religiosità cristiana, chiave interpretativa di qualsiasi soggetto, anche pagano. La sua città gli dedicò nel 1980 una vasta antologica di sculture e disegni. Morì a Padova nel 1985. Dopo l’occupazione tedesca, Luigi, assieme agli amici Mario Zuanassi, noto antifascista, e a Menotti Danesin, fotografo ufficiale della Biennale d’Arte Triveneta, contribuì a salvare ebrei e partigiani facendo le copie dei timbri per la realizzazione di nuovi documenti. I coniugi Strazzabosco non si tirarono indietro quando, nell’ottobre del 1943, Anna Tartazski vedova Goldstein e le sue due figlie, Styra e Isabella, si rivolsero a loro per sottrarsi ai rastrellamenti nazisti. Le tre donne furono prontamente accolte e ospitate nell’abitazione padovana degli Strazzabosco. Più tardi, quando sfollarono a Bastia di Rovolon per evitare i bombardamenti sulla città, Luigi e Antonietta procurarono una casa anche per loro grazie al parroco di Bastia, che era consapevole di proteggere tre donne ebree. Qui la famiglia Goldstein visse fino al 28 aprile 1945, data della liberazione di Padova. Così scrivono Isabella e Styra Goldstein in una lettera datata Trieste 25 aprile 1995 e indirizzata alla famiglia Strazzabosco di Padova: «In occasione del 50° Anniversario della Liberazione sentiamo il dovere di ricordare con gratitudine e affetto la memoria di Luigi e Antonietta Strazzabosco, ai quali dobbiamo la salvezza di nostra madre Anna Tartazski ved. Goldstein e nostra. Nell’ottobre 1943, quando nell’Italia del Nord ebbe inizio la caccia all’ebreo, nostro cognato Dario de Tuoni ci indirizzò alla famiglia di Luigi Strazzabosco, al quale era legato da fraterna amicizia: essi ci ospitarono nella loro abitazione in via Sorio a Padova, nonostante il pericolo che questo comportava per loro e per i loro sei figli. […] Con la liberazione tornammo tutti a Padova e, ancora una volta, fummo da loro ospitate con la solita affettuosa generosità, fino a quando ci fu possibile rientrare a Trieste. Sono passati cinquanta anni da allora, nostra madre e i vostri genitori (o nonni) non ci sono più e abbiamo sentito il dovere di commemorare la loro testimonianza di solidarietà umana, al di sopra delle differenze di religione e delle stesse Leggi allora vigenti, che illuminò un periodo buio della nostra storia e delle nostre vite, perché ne resti il ricordo come esempio alle generazioni più giovani». Nel 1955, il Presidente del Comitato per le Celebrazioni del Decennale della Liberazione, Avv. Giuseppe Ottolenghi, a nome dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane fece avere a Luigi Strazzabosco un diploma con la scritta «Gli Ebrei d’Italia riconoscenti», che fu consegnato all’artista dall’allora Presidente della Comunità Israelitica di Padova, Michelangelo Romanin Jacur. Nel 2012 Luigi e Antonietta Strazzabosco sono stati inseriti nel Giardino dei Giusti del Mondo di Padova. https://www.padovanet.it/informazione/luigi-e-antonietta-strazzabosco2 punti
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Condivido in pieno. E aggiungo che le foto traggono in inganno. Personalmente faccio sempre più fatica a esprimermi sulla bontà o meno in base a una foto. Anch'io in questo caso pensavo che la moneta di @Denarivs fosse buona anche se con difetti. Arka Diligite iustitiam2 punti
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La guerra del Tallero di Maria Teresa in Africa. La ‘grassa signora’ Un tallero di Maria Teresa del 1780, fonte Wikipedia 11.02.2023 – 07.01 – L’inaugurazione a Trieste del monumento dedicato a Maria Teresa, l’omonimo Tallero, offre un’opportunità per approfondire la storia di una moneta che travalica la biografia della sovrana, assumendo i contorni di una leggenda numismatica, una ‘gigantessa’ tra le monete. Una vicenda che, dalla zecca di Vienna prima e di Trieste poi, si allarga agli staterelli della Germania pre unificazione, giungendo all’Italia risorgimentale e approdando tra le sabbie incandescenti del Corno d’Africa. Il tallero di Maria Teresa fu la conseguenza della sua riforma monetaria che prevedeva, per l’appunto, il tallero d’argento come moneta principale, seguita da sei parti di tallero da 20 kreuzer, anch’essi in argento, erano questi i ‘pezzi’ che circolavano maggiormente. I primi talleri teresiani vennero coniati nel 1741 dalle zecche di Vienna e Kremnitz; raffiguravano il volto della sovrana, all’epoca giovane, e sul retro l’aquila austriaca. Col passare dei decenni il tallero fu coniato nelle zecche più importanti nell’Europa centro-orientale, cioè ad Hall, Praga, Graz, Gunzburg, Karlsburg, Nagybanya e Siebenburger. Furono prodotte, durante il periodo di regno di Maria Teresa, ventisei varianti che raffiguravano di volta in volta il volto dell’imperatrice; giovane, adulta, matura, anziana, velata di lutto. La storia del Tallero ripercorreva così l’ascesa dell’imperatrice, sino alla scomparsa nel 1780. Il tallero era all’epoca una moneta di riconosciuta validità per il contenuto di argento; la X (croce di Sant’Andrea) posta al rovescio dopo la data equivaleva al numero 10, cioè indicava il decimo del peso dell’unità di riferimento per l’argento, il cosiddetto ‘piede monetario‘. Verso la metà del settecento corrispondeva a 233,85 grammi di argento puro; da un singolo piede era allora possibile ricavare 10 talleri. La presenza della X pertanto certificava che quella moneta conteneva 23,385 grammi di argento. La moneta, per le sue caratteristiche di costruzione e per l’ascesa della sovrana dopo la fase delle guerre dinastiche, conobbe un immediato successo in tutta Europa; e presto travalicò i confini austriaci tanto a nord, quanto a sud. Nel caso della direttrice settentrionale, il tallero svolse un ruolo di collante tra gli stati e le città tedesche; dovunque vi fossero tedeschi, vi era il tallero, informalmente moneta accettata un po’ d’ovunque nell’Europa centrale. L’eccezione alla regola era la Prussia, la quale mantenne fino all’unificazione tedesca politiche monetarie discutibili, ‘inondando’ di monete prive di valore o scadenti i vicini teutonici. Nel caso invece della direttrice meridionale, i veneziani iniziarono a usare il tallero teresiano nei traffici delle colonie; e congiuntamente ai tentativi di espansione coloniale austriaca nel settecento, lo diffusero presto in India, nel medio oriente e soprattutto nell’Africa orientale. Perchè il tallero di Maria Teresa piacque sino a tal punto alle popolazioni dell’Africa? Giocò un ruolo cruciale l’alto contenuto in argento che permetteva di trasformare il Tallero, di lavorarlo in oggetti di artigianato, gioielli e ammennicoli di ogni sorta. La moneta non era solo una moneta, ma materia prima con la quale creare opere d’arte. Il ‘tallero della grassa signora‘, come veniva definita, divenne popolare nei bazar e nei luoghi di scambio del medio oriente e delle coste africane già nel XVIII secolo; e presto i singoli regnanti africani iniziarono ad apporre i propri marchi sul tallero austriaco. I veneziani, a propria volta, cercarono di limitarne la diffusione con un proprio tallero, quello veneziano; fu il primo di una lunga serie di imitazioni, destinate però al fallimento. Lontana dalla patria dove era ormai scomparsa, la ‘grassa signora’ continuava a dettare legge. Il tallero rimase legalmente valido fino al 1858; tuttavia, constatato il successo nei mercati medio-orientali e africani, l’Austria continuò a produrlo. Lo rese valido, nel 1811, per le isole Azzorre e a Sao Tomè e Principe, nel golfo di Guinea; nel 1854 a Madera, nel 1888 in Mozambico e a Macao, nel 1889 in alcuni Emirati del Protettorato inglese di Aden, nel 1895 a Lourenco Marques (Mozambico). Zanzibar usava i talleri teresiani come ‘base’, sulla quale incidere la parola ‘Pemba’ col disegno di una scimitarra; e nelle Indie sotto dominio olandese il tallero teresiano aveva invece incisa la parola ‘Java’. E proprio con la zecca di Trieste e dallo scalo giuliano, i talleri viaggiavano alla volta di esotici mercati, arricchendo notevolmente il capoluogo già reso grande dalla sovrana. Tallero con marchio cinese, in uso nella Cina della guerra civile del 1920 Tallero con marchio del Sultanato di al-Qu’ayti, 1945 Verso i primi del novecento, l’Etiopia trasformò il tallero teresiano nella propria valuta ufficiale, riconoscendo una situazione informale. E qui la storia dell’austriaco tallero si mescola all’italiana lira, perché il neonato stato italiano, nei tentativi di avere delle colonie, aveva già incontrato il ‘conio’ austriaco. Il primo tentativo, ad esempio, di acquisto della Baia di Assab avvenne al prezzo, concordato coi capi locali, di seimila talleri di Maria Teresa. Gli italiani inizialmente tentarono di acquistare i terreni africani con sterline d’oro e rimasero sorpresi quando l’unica valuta accettata fu la vecchia moneta settecentesca. Ad onestà del vero nell’Africa orientale circolava una vasta gamma di monete che andavano dalle rupie indiane, alle piastre egiziane, a vecchio conio per gli acquisti spiccioli e alle (prime) lire italiane. Però il riferimento era sempre al tallero di Maria Teresa che lo stato italiano iniziò ad acquisire in quantità sempre maggiori. Verso il 1880, considerando le ingenti spese, si tentò di mediare con l’impero austro-ungarico, chiedendo di acquistare i diritti. Il tallero infatti si sarebbe potuto produrre anche in Italia, tramite i punzoni austriaci recuperati a Milano e Venezia. Tuttavia Vienna oppose un fermo rifiuto; il tallero raffigurava un’imperatrice e come tale non poteva essere venduto. Ci si limitò a offrire agli italiani uno sconto sull’acquisto dei talleri, prodotti a milioni nella zecca di Trieste. Si pensò allora, come avevano tentato i veneziani nel settecento, di sostituire la moneta con un simile conio. Fu l’inizio di una lunga storia di monete ‘simil teresiane’ che vennero però tutte rifiutate; si tentò ad esempio di introdurre un tallero d’argento, con l’effigie del sovrano con la corona (il capo scoperto non sarebbe stato apprezzato dai tribali) e un’aquila simile a quella asburgica, con la croce rimossa per non offendere i musulmani; e ad un certo punto si scelse anche di pagare con le banconote, le quali però si consumavano e disfacevano sotto il caldo sole africano. Intanto, per le spese delle guerre coloniali italiane, la zecca di Trieste vendeva talleri a milioni; servivano infatti agli italiani invasori per retribuire le truppe locali, l’amministrazione locale, gli informatori, i portatori e così via. Basti considerare che, solo tra novembre 1895 e marzo 1896, l’Italia spedì a Massaua 1 milione e 420mila talleri di Maria Teresa. Come se non bastasse, l’insuccesso delle monete ‘italiane’ era aggravato dalla speciale relazione del porto di Massaua con l’impero austro-ungarico; il traffico con l’Europa – il quale ammontava ad appena il 10%, il rimanente erano tutti commerci con l’India e l’oriente – avveniva solo con il porto di Trieste, grazie al servizio di linea del Lloyd Triestino. L’Austria, ad esempio, vendeva a Massaua non solo i talleri, ma anche prodotti specializzati come i fiammiferi. Nel primo dopoguerra la Repubblica Austriaca si rifiutò nuovamente di vendere il diritto di coniazione all’Italia; appena nel 1935, per diretto interessamento di Mussolini, il governo italiano comperò dalla zecca di Vienna i conii originali. L’Austria era all’epoca un regime autoritario, il cosiddetto austro-fascismo, che mirava a sfuggire all’inglobamento nella Germania nazista tramite un ri-avvicinamento al regime italiano. Concedere il vecchio tallero fu allora un’azione diplomatica, e il governo fascista, con spirito pragmatico, si mise a ristamparlo tale e quale quello settecentesco. Questo nuovo tallero – austriaco nell’effigie, italiano nell’anima – sovvenzionò allora l’invasione dell’Etiopia, permise di rinsaldare i legami con le tribù alleate. È uno dei rari casi nella storia dove, a distanza di un secolo e mezzo, una moneta viene ristampata tale e quale. Il tallero poi sopravvisse alla dominazione italiana e alla seconda guerra mondiale, ‘resistendo’ ai tentativi della stessa Etiopia di introdurre un sistema monetario ‘moderno’ (1948). Solo negli anni Sessanta del novecento la moneta iniziò a perdere valore, a non essere più conio diffuso tra le popolazioni africane. Oggigiorno il tallero di Maria Teresa è la moneta più contromarcata al mondo e rimane una delle monete più popolari coi suoi quasi 400 milioni di pezzi battuti, pari a oltre 9000 tonnellate d’argento. Niente male per una ‘grassa signora’. Fonti: Alessandro De Cola, Il problema monetario nella Colonia Eritrea: il tallero di Maria Teresa nella letteratura coloniale (1857-1941) in Pallaver, Karin (Ed.); Podestà, Gian Luca (Ed.) (2021): Una moneta per l’impero: Pratiche monetarie, economia e società nell’Africa Orientale Italiana, Economia –Teoria economica – Pensiero economico, ISBN 978-88-351-1445-1, FrancoAngeli, Milano Sito GranDoblone, Il Tallero di Maria Teresa d’Austria2 punti
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No, sarebbe e minuscola e addirittura così con l'accento grave: ème (numero ordinale, questa è la regola del francese) . Il numero cardinale si usa solo per i regnanti e i Papi.2 punti
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A Brescia c'è un luogo meraviglioso: il complesso di Santa Giulia dove ebbi la fortuna di scavare per un breve periodo molti anni fa. Sperando di fare cosa gradita agli amici appassionati di archeologia del Nord Italia (ma non solo) voglio farvi sapere che proprio qui apre la nuova sezione dell’età romana al Museo di Santa Giulia, ultima tappa del grande piano di rilancio, o meglio di lancio, del grande patrimonio archeologico del complesso di musei bresciani, che tra Capitolium, edifici altomedievali e successive trasformazioni rappresenta un eccezionale esempio di archeologia urbana. In particolare saranno esposti i reperti frutto delle ricerche più recenti, utili ad allargare la comprensione della storia antica di una delle città romane più importanti dell’Italia settentrionale. L’idea, spiegano dal Museo di Santa Giulia, è quella di chiudere quindi il cerchio “quando si decise di restaurare la statua della Vittoria Alata e di collocarla – con un nuovo importante allestimento a cura dell’architetto Juan Navarro Baldeweg – all’interno del tempio capitolino, restituendo così all’opera una nuova iconicità nel luogo del suo ritrovamento. Un’azione di importanza strategica, che ha determinato l’esigenza di definire un nuovo allestimento per la sezione dell’età romana, di cui la statua costituiva il baricentro. Grazie a approfondimenti scientifici degli specialisti dell’area collezioni di Brescia Musei, supportata dal Comitato Scientifico della Fondazione, oggi si presenta quindi il completamento, da un punto di vista concettuale ed espositivo, della musealizzazione anche dell’area del Capitolium, nella quale sono stati rinvenuti importanti reperti ora parte della nuova sezione dell’età romana, e il ricongiungimento concettuale del patrimonio della Brescia romana in un unico dominio museale”. L’età romana oltre la Vittoria Alata Il progetto, promosso da Fondazione Brescia Musei, Comune di Brescia, Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, con il supporto di Regione Lombardia, Fondazione CAB e Fondazione Banca del Monte di Lombardia, Lions Brescia Vittoria Alata e la sponsorizzazione tecnica di Agliardi e a2a, propone ai visitatori un’immagine della città antica aggiornata sulla base dei più recenti studi e, soprattutto, dei risultati emersi da indagini archeologiche urbane. Particolarmente suggestiva è la statua, scrivono dal museo, “che ritrae una figura femminile caratterizzata da un’acconciatura a toupet frontale formato da riccioli a chiocciola con foro centrale, tipica delle donne della dinastia dei Flavi a cui la città di Brescia voleva confermare la sua benevolenza, ben nota a partire dal supporto che la città garantì a Vespasiano nella lotta per la conquista dell’impero durante la guerra civile che si aprì nel 69 d.C. con la morte di Nerone”. “L’altro deposito, pressoché inedito e mai mostrato nella sua interezza, valorizzato dal nuovo allestimento, include una considerevole quantità di oggetti votivi offerti nelle aule del tempio dai fedeli nel corso della vita di questo luogo di culto; tra questi, rari vetri incisi, come la bottiglia con la riproduzione di vedute di città dell’area flegrea, gioielli, oggetti rituali, tra cui il prezioso coltello con manico in corno di capriolo, lucerne semplici e figurate, anfore, grandi piatti per le offerte rituali, ceramiche decorate a stampo, e molto altro ancora”. Tra altri reperti di particolare valore e interesse, si segnala il pettorale da cavallo in bronzo (balteo), esemplare unico in tutto l’impero, appartenente probabilmente a una statua equestre esposta in uno degli spazi pubblici dell’antica Brixia, sulla cui superficie sono state applicate numerose figure in bronzo che riproducono soldati Romani, con elmo e corazza, e barbari, con capelli lunghi, calzoni e corta mantella, impegnati in un accesso combattimento e al centro si staglia la figura dell’imperatore a cavallo che irrompe tra i soldati. Brescia, Museo di Santa Giulia, pettorale bronzeo Romano con scene di battaglie contro i barbari, I-II sec. d.C. (fotostudio Rapuzzi)1 punto
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E' una moneta afgana del XVIII secolo, a quanto pare l'animale raffigurato è un topo Qualche falus similare in questo link: https://www.zeno.ru/showgallery.php?cat=61941 punto
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Per le ciofeche il primato lo posseggo io! 🤣.. ai tempi c'era l'utente Rick, gli utenti registrati al forum da anni lo ricorderanno.. 🤣1 punto
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Purtroppo la scritta appare confusa e consumata , posso dirti che a volte sono parziali o abbreviate, ma in questo caso quello che mi ha permesso l'identificazione è il ritratto del Santo, ti saluto cordialmente, Borgho.1 punto
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Io aborro ciò! E' il suo bello! Total intonse look! 😛 Comunque, mio caro @dupondio'sta tortura ha da finì! Postaci anche qualche ciofeca, pe' ffavore, me sto a rode er fegato da l'invidia! 😄 Ave! Quintus1 punto
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CHAPELLE DU VAUDIC XIV / 1986 - 9E RANDONNEE / DES / DOUANIERS Bronzo: 72 mm; provenienza asta Elsen 153 La cappella di Vaudic, un borgo della Bretagna. Restaurata più volte, questa cappella del XIV secolo è il più antico edificio religioso del comune. Sembra non conservare altro che la finestra del coro dall’epoca della sua costruzione. Il pulpito, scolpito nel 1665, gli ex voto, i modelli di navi e il dipinto di Sant'Antonio sono notevoli. All’esterno è apprezzabile la calma e il verde del luogo. La camminata dei doganieri si svolge lungo un sentiero creato nel 1791 da Napoleone per combattere il contrabbando, che si snoda per più di 1300 km lungo tutta la costa bretone, da Pors Rolland a Saint Guirec. Il nome è dovuto al fatto il sentiero era percorso da pattuglie di doganieri notte e giorno, con qualsiasi tempo, per tenere d'occhio il traffico e il saccheggio dei relitti e prevenire eventuali contrabbandi. Caduto in disuso all'inizio del '900, il sentiero assunse una seconda vita nel 1968, quando alcuni appassionati decisero di farne un sentiero escursionistico. Il numero ordinale in francese dell’escursione del 1986 qui è reso dalla cifra araba seguita dalla E maiuscola di corpo più piccolo delle lettere seguenti. apollonia1 punto
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Libero di pensarlo. Ma tieni presente che lo stesso si diceva del 5 euro Pizza e mozzarella. Passato da 25 € all'emissione all'oltre 200 oggi. Poi ci sono le serie quadrate del vaticano (da 139 a 1000 in soli sei mesi) o le opere d'autore francesi - da 35€ a oltre 400 € in alcuni casi. E potrei continuare con la lista. Insomma, forse hai ragione. Non puoi negare, però, che si tratta di un pezzo di importanza storica. Se non altro, perché la zecca francese non ha mai prodotto pezzi di questo tipo - Formato da 3 elementi (Primato storico dalla fondazione della zecca), primato di disegno (Mai prima la zecca parisienne ha mai creato una moneta di questo tipo, non piatta). Puoi dire che è bella o brutta, interessante o noiosa, che vale o non vale, ma una cosa non puoi dire: Nessuna delle collezioni esistenti o future sarebbe completa senza di essa. Semmai conieranno altre monete di questo tipo, questa sarà comunque la prima. E se non lo faranno, diventerà comunque una rarità da avere. 🤷♂️1 punto
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D/ JAARBEURS / FOIRE – BOOM 1948 – BENELUX R/ SOUVENIR 1E FOIRE BENELUX - HERINNERING 1E BENELUX JAARBEURS Bronzo argentato: 90,0 g; 60 mm; provenienza asta Elsen 153. Nelle lingue ufficiali del Benelux nederlandese e francese della legenda al rovescio, l’ordinale è espresso dal numero arabo con la lettera E maiuscola in esponente. Boom è un comune belga nelle Fiandre (Provincia di Anversa) fra tre grandi città (Bruxelles, Anversa e Mechelen), dove si svolge la fiera annuale del Benelux (Unione politico-economica europea a organizzazione regionale composta da Belgie, Nederland e Luxemburg). Il 1948 è l’anno in cui entrò in vigore l’unione doganale fra i tre paesi. apollonia1 punto
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Ciao, scusami, ma onestamente non ho capito cosa tu voglia dire. Buona serata da Stilicho1 punto
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ti suggerisco di dare uno sguardo a questo interessante scritto che tratta dei denari di Lucca I denari enriciani di Lucca, monete di grande successo e ostiche1 punto
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Grazie per la segnalazione dell'articolo! Ma una curiosità... l'altra faccia della "moneta-monumento" com'è?🤔😂1 punto
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In realtà anche il Vaticano lo ha fatto nel 2017, passando dalla raffigurazione del sovrano a quella dello stemma. Lo ha potuto fare, nonostante non sia cambiato il regnante, proprio perchè erano passati più di 15 anni.1 punto
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con una patina cosi delicata, se lo tocchi con uno stuzzicadenti gli fai un buco ..1 punto
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Sì, é Nerva, 96-98 AD " LIBERTAS PUBLICA". E' un po' rovinatina ma di un certo pregio.1 punto
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Mi dispiace. Ci sono persone che, oltre ad essere disonesti e ladri, hanno anche un gran coraggio…! Ciao.1 punto
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Ma che commercianti frequenti? Arka Diligite iustitiam1 punto
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Ciao! se n'è scritto più volte; qualche accenno lo trovii anche qui https://www.academia.edu/779264/C_CRISAFULLI_Uomini_e_tecnologie_monetarie_la_visita_di_Du_Bois_alla_zecca_di_Venezia_in_Inspecto_nummo_Scritti_di_numismatica_medaglistica_e_sfragistica_offerti_dagli_allievi_a_Giovanni_Gorini_a_cura_di_A_Saccocci_Padova_2001_pp_165_181 saluti luciano1 punto
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" I cesari " di L. von Matt e H. Kuhner edizione Stringa 1970 : commenti a mio avviso interessanti, molte ottime fotografie tutte in bianco-nero . A te @Il Sabaudo una buona giornata1 punto
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Medaglia devozionale e celebrativa, bronzo/ottone, del secondo quarto del XVIII sec. (dopo il 1737), probabile produzione romana.- D/ Busto di Gesù col capo raggiato rivolto a destra, anepigrafe.- R/ l'iconografia e quella di San Vincenzo dè Paoli, in abiti da presbitero con il colletto (bianco), anche la parziale scritta mi conferma la sua identità. Fu canonizzato nel 1737 da papa Clemente XII. Ciao Borgho1 punto
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Ah boh… anche io ci ho pensato1 punto
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DE GREGE EPICURI Oggi vi mostro la Lira (detta anche "mocenigo") di Andrea Gritti; purtroppo ha due bei fori, simmetrici (per appenderla meglio!) Pesa 5,39 g e misura 31 mm. AL diritto: SM VENET -DUX ANDREAS GRITI. Al rovescio: GLORIA TIBI SOLI. In esergo, sul piedestallo, le iniziali dello zecchiere ( o del massaro?): BK o RK o PK, su questo mi dovreste aiutare.1 punto
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Anche per San Valentino Banksy, alla sua maniera, torna a far parlare di sé e dedica il giorno degli inamorati alle donne vittime della violenza domestica. Che dire... geniale.1 punto
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☺️ Secondo me UNC e FDC sono parenti. Sull'argomento FDC si è discusso a lungo qui sul forum e ho sempre apprezzato e condivido in pieno gli interventi di @Cinna74 e altri utenti molto esperti competenti. Alla tua moneta ho assegnato un bel UNC perché ritengo che FDC si debba assegnare ad una moneta perfetta, non basta che sia non circolata. La tua, visto che le foto esaltano difetti che forse nemmeno ci sono va valutata o con altre foto o in mano. Saluti1 punto
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Io ho sentito l'intervento. Ha detto una realtà lapalissiana: ossia che noi del passato conosciamo solo ciò che le fonti ci trasmettono, e quindi una parte minima di ciò che è avvenuto. Ciò non toglie che siamo comunque perfettamente in grado di ricostruire le dinamiche di lungo periodo e, per i periodi più fortunati, anche cospicue fette di microstoria. I complottisti ovviamente non perdono occasione per esibire la propria stupidità e ignoranza, riuscendo a fraintendere perfino un divulgatore cristallino come Barbero.1 punto
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Ciao Gianfranco!Il massaro dovrebbe essere Bk...Bernardino da Canal... Massaro dal maggio 15251 punto
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Su questa moneta però quelli che a prima vista sembrano colpetti sono rientranze dovute alle lettere profondamente incuse, e spesso l'incuso asimmetrico rispetto al centro del bordo, spostato cioè verso uno dei due lati. Se vedete la mia, in corrispondenza delle lettere FERT sul contorno si notano1 punto
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Sono "solo" monete... come tutte quelle su cui si scrive in questo forum... Ma tutte le monete se raccolte fanno parte di un collezionismo! Tenere delle monete che ci passano per mano perché ci piacciono o perché sono diverse da altre è una forma di collezionismo, poi ci si può appassionare sempre di più e cercare le "sorelle" da mettere insieme! Il mondo del collezionismo numismatico è enorme, pensa a quante monete circolano nel mondo, pensa a quante ne sono circolate nei secoli... bisogna solo vedere da cosa si è più attratti!1 punto
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DE GREGE EPICURI Ho preso due monete del doge Andrea Gritti (1523-1538), e oggi vi mostro la prima; in realtà, il nome si legge e non si legge. Pesa solo 0,30 g. e misura 12-14 mm. Al D, attorno ad una croce quasi invisibile leggo: ANDR...TI DUX. Sull'altro lato, sopra al leone c'è qualche lettera, forse N HOC. All'esergo, lettere illeggibili. Che ne dite?1 punto
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Le bullion devi pagarle poco più del prezzo in metallo, altrimenti non ha molto senso. Io non vado alla ricerca di once ben precise; aspetto, monitoro... appena capita un occasione dai miei rivenditori di fiducia, al prezzo giusto, faccio l'acquisto. Questo ovviamente non ti porta in una direzione ben precisa, aggiungi qualche pezzo qua e la, in modo casuale, senza alcuna connessione, tranne il fatto di pesare un oncia ed essere in argento. Le tempistiche poi, con questo sistema, non sono prevedibili, magari aggiungi due tre pezzi in tempi ravvicinati, poi stai per tanto tempo a secco, ad aspettare la successiva...1 punto
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Già proprio così, zecca sconosciuta, altrimenti in qualche modo viene marchiata per riconoscerla. Questa per esempio è di Vercelli.1 punto
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Salve a tutti, Ho tra le mani questa moneta, ma non so di cosa può trattarsi, ne ho alcune simli di Genova, forse 4 denari (non ricordo bene) e ne ho viste anche simili, tra le monete dei Savoia. Sapreste identificarmela per favore? E' in mistura ed ha il diametro pari circa ad un 5 cent di Euro. LA MONETA NON E' CONSERVATA BENE, PURTROPPO! GRAZIE!!!!!!!!!!1 punto
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