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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 01/28/23 in tutte le aree
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Ciao a tutti, condivido volentieri con voi un mio sesterzio proveniente da una vecchia collezione, "EX Numismatica Picena" Sesterzio Otacilia Severa, 244-249 d.C. - Zecca di Roma (245-247 d.C.). 21,72 gr. 33mm. RIC 203a.7 punti
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Buongiorno a tutti, mi sono sempre chiesto quale sia potuta essere la motivazione che ha spinto il personale della zecca di Napoli nel sostituire alcune lettere della legenda su determinate monete ,e generalmente con lettere che ad una veloce occhiata potrebbero passare inosservate per la loro similitudine con la lettera che andrebbero a sostituire,ad esempio la B con la R,la N con la M,la F con la E e via discorrendo... Qualche giorno fa mi è stata proposta una mezza piastra di Ferdinando IV del 1794 con al rovescio la legenda che recita:HISPANIAR.INPANS,con la P che va a sostituire la F in INFANS anziché HISPANIAR.INFANS come vorrebbe il decreto di emissione... Ammetto di essere uno di quelli che,in assenza di comprovata documentazione, ama fantasticare sulle probabili motivazione che avrebbero generato le più disparate varianti ,ma cerco comunque di usare anche il lato pratico e logico della situazione che vado ogni volta ad esaminare,cosa che ho fatto anche in questo caso con la mezza piastra in questione... La prima cosa che faccio,come credo facciano tutti, è un confronto di più esemplari possibili,a volte bisogna confrontare decine,se non centinaia,di esemplari per avere un quadro più o meno soddisfacente,altre volte bastano pochi confronti per dissolvere dubbi e perplessità,e questo mi è successo con questa moneta, osservando un paio di decine di esemplari ho realizzato che la "motivazione"che ha indotto il personale della zecca ad incidere la P in luogo della F semplicemente non c'è,ma si tratta semplicemente di un difetto imputabile al processo di coniazione,in pratica le estremità dell'astina superiore e centrale della F vanno a toccarsi e con l'aiuto di un punzone non proprio perfetto,un minimo di circolazione e perché no anche di semplici coincidenze i rilievi tendono ad appiattirsi e ad allargarsi e i contorni dei rilievi ad arrotondarsi,il che porta le astine a fondersi,a volte in modo perfetto potrei dire,dando,a primo impatto, l'impressione di trovarsi dinanzi ad una P e non una F come dovrebbe... Tra l'altro abbiamo l'esempio anche dei 6 tornesi della Repubblica Napolitana con BEPUBBLICA anziché REPUBBLICA,moneta che è stata giustamente,a mio avviso,eliminata dalla catalogazione in uno dei lavori dedicato alle monete napoletane... Probabilmente non apporto nulla di eclatante al mondo della numismatica partenopea ma ho ritenuto opportuno segnalare questa mia analisi per quel collezionista in erba che potrebbe facilmente farsi confondere da questa variante che, come detto prima,variante non è... Ovviamente questa è una mia ipotesi e conclusione che non per forza deve essere condivisa da altri... Posto alcune immagini che spesso valgono più delle parole...5 punti
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Allego l'immagine riportata dal Magliocca al 269a, p. 188 e descritta a p. 143. Anche nell'"aggiornamento" del catalogo Nomisma 2022-23 è censita (da NC passa a R)3 punti
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Buonasera a tutti, spero di fare cosa gradita nel condividere il mio esemplare di Mezza Piastra 1794. Immagini per intero per poterne confrontare le lettere in legenda. Concordo quanto sopra : non è una P ma una F3 punti
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Segnalo l'uscita del n. 127 di Monete Antiche Questo è il sommario: Dal denarius quadrigatus al denarius bigatus: manovre finanziarie e monete dopo Canne. (Pierluigi Debernardi, Roberto Lippi, Alberto Campana) [3-23] Flavia Titiana, moglie di Pertinax. (Antonio Morello) [24-37] Una moneta normanna di Anfuso Principe di Capua (1135-1144): nuove prospettive. (Raffaele Iula) [38-43] ANASTATICA, inserto di letteratura numismatica. Giuseppe Ruotolo, Scritti scelti di Numismatica. (a cura di Luca Lombardi) La circolazione monetaria in Puglia in epoca medievale. (Giuseppe Ruotolo)2 punti
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Nuove interessanti ipotesi sull’origine dei Bronzi di Riace. di Kasia Burney Gargiulo Dalla mostra “Serial Classic”, curata a Milano da Salvatore Settis e Anna Anguissola presso la Fondazione Prada e dedicata alla scultura classica e al rapporto ambivalente tra originalità e imitazione nella cultura romana, giunge alla ribalta una nuova ipotesi interpretativa sull’identità dei Bronzi di Riace formulata dallo studioso tedesco Vinzenz Brinkmann e commentata dal professor Settis in un articolo apparso su Il Sole24 Ore di ieri. La mostra si sofferma innanzitutto sulla diffusione presso gli antichi romani di multipli intesi come omaggi all’arte greca, ma i nuclei dell’esposizione che ci riportano all’interrogativo, in auge da anni, sulla vera identità e paternità dei Bronzi di Riace, sono quelli dedicati ai temi dei materiali e del colore dei bronzi e dei marmi classici. Il Bronzo di Riace A nella ricostruzione di Vinzenz e Ulrike Brinkmann – Liebieghaus, Francoforte A fare da termini di riferimento per una riflessione sul colore originario del bronzo nelle sculture antiche, sono tre opere che testimoniano il tentativo di ricostruire il possibile aspetto dei bronzi in età classica: la prima è una riedizione del Doriforo di Policleto che nel 1910 Georg Roemer, allievo di Adolf von Hildebrand, realizzò a Stettino, in Polonia; la seconda, una versione in gesso, ricoperto di lamina metallica, dell’Apollo di Kassel, del 1991; la terza è un clone del 2015 del Bronzo di Riace A realizzato secondo quella che si suppone sia stata la cromìa originaria. Di quest’ultima scultura, opera di Vinzenz e Ulrike Brinkmann, esperti che al Liebieghaus di Francoforte fanno ricerca da anni sul colore dei bronzi antichi, vi avevamo dato notizia già lo scorso dicembre 2014. Come si può vedere nella foto a sinistra, la cromìa del Bronzo è profondamente diversa da quella verdastra (dovuta all’azione del tempo e degli elementi) alla quale siamo abituati: al suo posto, una compatta ”abbronzatura” va ad unirsi ai dettagli policromi già noti, come i denti d’argento, i capezzoli e le labbra di rame, e a quelli ricostruiti come l’elmo, lo scudo e la lancia in bronzo dorato. La prima impressione che si ha osservando tale ricostruzione è quella di un risultato tremendamente kitsch, eppure, a parte il colore naturale del bronzo non ossidato, è ormai provato da tempo che sculture e templi nell’antichità erano il più delle volte concepiti in ”technicolor”, a dispetto della visione austera tradizionalmente penetrata nell’immaginario collettivo. Oggi, una nuova frontiera della ricerca archeologica si occupa proprio di questo aspetto, andando a sfatare le maggior parte dei luoghi comuni sul tema. Ed è muovendo da questi studi – nonchè prendendo in considerazione numerosi altri aspetti storico-artistici – che Vinzenz Brinkmann nel catalogo della mostra “Serial/Portable Classic”, edito da Fondazione Prada, ha formulato una nuova ipotesi interpretativa sull’identità dei Bronzi di Riace. L’ipotesi è giocata sulla lettura dello stile che da tali opere, come dalle altre esposte nella mostra, emerge quale cifra identificativa di ogni autore. Accomunate dalla valenza etico-sociale che nell’antichità assumeva la celebrazione scultorea del corpo maschile, le tre opere del V sec. a.C. messe a confronto dalla Fondazione Prada si distinguono appunto per quella serie di dettagli in cui si sostanzia la “personalità” unica dell’artista. Del Bronzo di Riace A – a differenza del Doriforo (di Policleto) e dell’Apollo (di Fidia) accanto ai cui cloni è esposto a Milano – non è dato al momento conoscere con certezza l’autore, sebbene nel tempo si siano fatti molti nomi fra cui quelli celebri di Fidia e di Mirone. Partendo tuttavia dai dettagli “narrativi” delle statue, letti con maggiore attenzione proprio attraverso la loro ricostruzione sperimentale in bronzo, secondo Brinkmann è possibile tentare una identificazione dei personaggi, premessa indispensabile per passare poi alla formulazione di ipotesi ragionate sull’autore (o sugli autori). Nella ricostruzione della Liebieghaus, vediamo il Bronzo A munito di un elmo corinzio, che in tre punti frontali lascia intravedere il regale diadema che cinge la capigliatura. Con la mano destra regge una lancia che poggia sull’avambraccio, mentre con la sinistra impugna un grande scudo circolare. L’espressione del volto leggermente in torsione è resa vibrante dalle labbra socchiuse che svelano l’argentea dentatura. Un atteggiamento che nell’insieme sembrerebbe suggerire l’esistenza di un rapporto di interazione e di sfida con un altro personaggio. Brinkmann prova ad argomentare se questo ”altro personaggio” possa essere il Bronzo di Riace B il quale, nello stato attuale, risulta privo di elmo, arma e scudo. Sulla testa vi sono tuttavia tracce (in particolare due placchette in rame) che portano alla presenza di un copricapo, a dire di Brinkmann costituito molto probabilmente dal raro (ma ben noto) alopekis o berretto di pelle di volpe, che lasciava intravedere, dalla bocca aperta dell’animale, una calotta di cuoio alla quale sarebbero appunto riconducibili le placchette. Questo, secondo lo studioso, consentirebbe di dare ragione di altri elementi, finora non decifrati, presenti sulla statua, come ad esempio un supporto presente sulla spalla sinistra e probabilmente destinato a bloccare una delle ipotizzate zampe della volpe. Tale copricapo, tipico della Tracia, dice Brinkmann sarebbe un indizio forte per identificare il personaggio, la cui figura andrebbe completata immaginando l’aggiunta di un’ascia bipenne nella mano destra, e forse un arco con freccia nella sinistra, oltre ad uno scudo leggero. In sintesi, le due statue, connotate da tutti questi attributi, potrebbero raffigurare un Greco e un Trace. E a questo punto prende corpo il secondo livello di ipotesi sulla identità dei due personaggi: secondo Brinkmann le descritte caratteristiche non possono che ricondursi ad una coppia mitica ben precisa, ossia il re di Atene Eretteo ed il suo avversario Eumolpo, figlio di Poseidone. Nella contesa per il possesso dell’Attica, la lotta di questi due personaggi è ricordata da Tucidide, oltre a figurare nel fregio del tempio di Efesto. Inoltre il geografo Pausania, vissuto intorno al II secolo d.C., racconta che sull’Acropoli di Atene c’erano “due grandi statue di bronzo, che rappresentano due uomini disposti in battaglia, e li chiamano l’uno Eretteo e l’altro Eumolpo”. Da qui il cruciale interrogativo se le due statue citate da Pausania possano essere proprio i Bronzi di Riace. E’ evidente – sottolinea Settis, nel suo commento – che si tratta di una congettura, ma essa non è avanzata da Brinkmann secondo criteri di arbitrarietà bensì basandosi su una valutazione storico-artistica dei dati archeologici. E nel richiamare Pausania lo studioso va ancora oltre, ricordando come nel Libro nono della sua Descrizione della Grecia, il geografo puntualizzi che “un Dioniso sull’Elicona è, fra le statue di Mirone, la più degna di esser vista dopo l’Eretteo che è ad Atene”. Ecco allora affacciarsi l’idea che il Bronzo A (l’ipotizzato re greco Eretteo) possa attribuirsi al grande scultore Mirone, autore del celebre Discobolo. Ipotesi nient’affatto inedita – spiega Settis – se si pensa che, sia pure su basi puramente stilistiche, era stata già formulata nel 1984 dall’archeologo greco Georgios Dontàs, seguita da una più recente analoga attribuzione da parte di Giuseppe Pucci, che però preferisce l’identificazione del personaggio con il Tideo descritto in un epigramma di Posidippo (III secolo a. C.) redatto su un papiro dell’Università di Milano. E’ chiaro – conclude Settis – che queste congetture non hanno nulla di definitivo e non garantiscono alcuna certezza, considerato anche che tanti altri elementi relativi alle due statue, sfuggono ancora a qualsiasi ricostruzione. Eppure è quanto mai suggestiva l’idea che le evidenti differenze fra le due sculture siano interpretabili in chiave narrativa (con la eventualità quindi che anche il bronzo B sia di Mirone), riportandoci a due possenti guerrieri, uno greco e l’altro tracio, che si fronteggiano. Il prossimo passo potrebbe a questo punto essere la realizzazione di un nuovo clone, questa volta del Bronzo B, in modo dar corpo materiale e visivo all’ipotesi di Brinkmann. Se quest’ultima prendesse dunque ancora più forza, i Bronzi di Riace – a detta di Settis “i più importanti originali greci in bronzo oggi conservati” – non sarebbero più il “vecchio” e il “giovane”, ma l’immagine di due avversari di cui uno vincitore e l’altro vinto, nella inesorabile battaglia per la supremazia. © RIPRODUZIONE RISERVATA2 punti
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Ciao, oggi condivido un denario di Traiano (98-117 d. C) con la personificazione della Vittoria sul rovescio, quindi comune, coniato a Roma nel 107-111 d. C. Fu il primo che diede il via alla pratica che voleva l'imperatore non scelto per discendenza diretta ma adottato da chi lo avrebbe designato a suo successore (nel caso di Traiano fu Nerva). Nerva, salito al potere anziano e senza figli, governo' per soli due anni ed il suo rapporto con l'esercito (sempre importante ai fini del buon governo) fu un po' complicato perché era solo un ottimo politico ma non aveva mai avuto a che fare con i militari. Seppe ovviare a questo inconveniente proprio grazie all'adozione di Traiano, ottimo stratega e combattente e quindi eccellente militare, designandolo come futuro imperatore. Il suo lungo regno fu caratterizzato, e non poteva essere altrimenti, da numerose campagne militari vittoriose ed anche di prosperità per tutto l'impero. Proprio per questo gli fu attribuito l'appellativo di Optimus Princeps. Tornando alla moneta si tratta chiaramente di un denario celebrativo con la Vittoria stante, con palma e corona, volta a destra. Da esame diretto risulta coniato(spero ai tempi di Traiano🙂), ben centrato, con buon metallo (I denari di questo periodo erano in buon argento) ed ha evidentemente circolato ottemperando alla sua funzione di moneta. Grazie ed alla prossima ANTONIO 18 mm 3,18 g RIC 1282 punti
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Qui parliamo,a mio parere,di un difetto causato dal processo di coniazione che ha generato una particolarità,se così vogliamo chiamarla,che nulla ha a che vedere con una variante di origini volontarie... Il tarì con le S speculari è sicuramente il risultato di un'operazione voluta,da un falsario o meno ognuno ha la propria ipotesi,la mia non trova riscontro con nessuna di quelle ipotizzate ne in letteratura,ne nei maggiori cataloghi e nemmeno con le ipotesi dei tanti collezionisti e studiosi che si sono cimentati nel risolvere il "mistero" del tarì con le S speculari,ma rimane comunque un'ipotesi come tutte le altre. . Ho voluto aprire questo post perché troppo spesso vengono descritte come varianti quelle che,dopo un'attenta valutazione,in realtà non lo sono,e magari un collezionista è convinto di aver messo in collezione chissà che rarità (non mi riferisco alla moneta oggetto della discussione)ma poi è semplicemente un difetto di coniazione.... Personalmente spero vivamente che venga eliminata dalla bibliografia assieme ad altre "presunte" varianti...2 punti
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Ciao, non credo che Leu abbia avuto l’intenzione di confutare il lavoro del grande Jenkins, perché altrimenti avrebbe dovuto argomentare un diverso punto di vista con elementi fattuali. Banalmente, non avranno conoscenza di quanto repertoriato da Jenkins come falso. Mi sembra la spiegazione più plausibile. Circa il corpus di Gela, è stato trovato qualche conio in più dopo il lavoro di Jenkins; tuttavia, chi conosce bene il testo riconoscerà la assoluta qualità del lavoro e delle argomentazioni contenute. Una cosa è trovare un nuovo conio, meglio se accoppiato ad un altro già noto, diverso è confutare un falso riconosciuto da uno studioso (di solito con molta prudenza) riconoscendolo ora come genuino. In questo caso l’onere della prova spetterebbe a chi voglia definirlo come buono, o no?2 punti
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Ciao dareios, ciao sandokan. La medaglia l’ho trovata in un lotto dell’asta Elsen 153 e non so nulla dell’attività che svolgeva nell’azienda chi l’ha ricevuta (amministrativa, in un ufficio, oppure in prima linea, esposta ai pericoli della chimica dei composti azotati). Comunque sia, venticinque anni di servizio sono tanta roba e penso anch’io che, se la politica dell’azienda fosse stata quella di differenziare il periodo di attività dei dipendenti in base al metallo “olimpico” di una medaglia della stessa tipologia, il sig. Schoofs avrebbe meritato quella nel metallo più nobile. C’è però da osservare il pregio artistico di questo bronzo firmato al dritto e la gradita personalizzazione del premiato al rovescio. Purtroppo l’immagine della mia scansione non rende giustizia alla medaglia perché anche lo scanner ha ormai raggiunto l’età del pensionamento: anzi, dovrò pensare a una medaglia simbolica anche per lui! Buon fine settimana da apollonia2 punti
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Attento ! Mettere in vendita romane di cui non si può documentare la provenienza è rischioso. Poi in queste condizioni nessuna casa d'aste le accetta, e su eBay ti trovi i carabinieri a casa alle 6 del mattino. Comprati un paio di BB con 170 li trovi e lascia perdere il lotto.2 punti
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Con la moneta capovolta 😉 e qualche lettera leggibile, forse è ostrogota. DN B/ADV/ILA/REX? Più o meno la stessa legenda al dritto (…A REX) e un busto con elmo di fronte?2 punti
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L'anno scorso ho ristrutturato una parte della mia abitazione,una cantina di circa 60 mq., spazio che sto adibendo a biblioteca,non che prima non l'avessi ma sto semplicemente ampliando lo spazio disponibile e sto accrescendo il numero di libri che andranno a comporre la mia biblioteca. Ho stanziato una determinata cifra importante e da settembre dello scorso anno ho iniziato ad implementare la mia biblioteca ed ,logicamente, a leggere i libri che ho acquistato. Il primo gennaio 2023 ho effettuato un bell'ordinativo tramite i vari portali che trattano la vendita di libri e tramite ebay. Il proposito è appunto quello di continuare ad acquistare libri, a leggerli ed a sistemarli nelle librerie che ho. In percentuale parliamo di un 75% di libri di Storia ed il restante 25% di libri di Numismatica,per quanto concerne gli acquisti effettuati da settembre scorso fino ad oggi. Salutoni odjob2 punti
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L’incisore francese Raymond Gayrard (1777-1858) ha prodotto nel 1812 una serie di venti gettoni da gioco ottagonali in argento che raffigurano sul dritto la testa di donna bifronte, una sorridente e coronata da fiori, l’altra con viso corrucciato e serpi tra i capelli, e sul rovescio venti soggetti diversi. In uno dei due gettoni della serie pubblicati dal Mitchiner (Mitchiner M., The Low Countries and France – Jetons, Medalets & Tokens, vol II, p. 1564, London 1991) troviamo il Cupido alato, nell’altro Aurora nel sole sulla biga. Nella recente asta Varesi e8 erano presentati altri due esemplari che mi sono aggiudicato. GETTONE DA GIOCO DEL PALAZZO IMPERIALE 1812 Opus Gayrard D/ Busto a due volti, uno sereno ed uno triste; una ruota integra davanti al primo, spezzata davanti al secondo R/ La Fortuna e Amore, bendati, si tengono per mano - Bramsen 1200 Ag g 13,05 mm 30 RR SPL GETTONE DA GIOCO DEL PALAZZO IMPERIALE 1812 Opus Gayrard D/ Busto a due volti, uno sereno ed uno triste; una ruota integra davanti al primo, spezzata davanti al secondo R/ Figura femminile nuda su globo, con drappo svolazzante e cornucopia rovesciata. Bramsen - Ag g 12,36 mm 28 q.SPL apollonia1 punto
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Il mio proposito é quello di riuscire finalmente a visitare un convegno importante come quello di Verona e conoscere di persona alcuni di voi che leggo con molto piacere da anni (e approfittare naturalmente per portare a casa qualche oggetto del desiderio che manca alla mia collezione...) Da diverso tempo metto queto appuntamento in agenda ma il lavoro e imprevisti vari me lo hanno fino ad ora impedito. Spero vivamente di riuscirci in questo anno 2023 saluti miza1 punto
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La ritengo plausibile. Dovrebbe trattarsi (il condizionale è d'obbligo) di responsabili dell'emissione monetaria, gli stessi peraltro che compaiono sulle monete con cornucopia al rovescio che segnano il passaggio da Thurii a Copia.1 punto
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DE GREGE EPICURI Io credo che sia una moneta provinciale del III secolo. Purtroppo non si legge nulla, e le due figure del rovescio possono rimandare a molte monete.1 punto
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Genny, avevo preventivato una osservazione come quella da te portata. In effetti, un nesso vero e proprio non c’è. Oltretutto, non sono stato chiaro come sarebbe stato necessario. Mi sono collegato a quanto da me affermato nel post n.2, intendendo che, a volte, vengono accreditate e catalogate come certamente buone delle varianti molto dubbie, nello stesso momento in cui vengono sonoramente bocciate e declassate a falsi delle monete che, per le caratteristiche che presentano e tenendo in considerazione un po’ di logica, richiederebbero almeno almeno qualche riflessione approfondita prima di essere buttate nel cestino. Si è trattato di un “allargamento” del tuo ragionamento, venutomi fuori spontaneo in quanto quella dichiarazione di falso non mi è scesa giù, non per il costo venale della moneta( cosa che non mi interessa assolutamente!),ma per il fatto che, secondo me, si va a cozzare contro delle chiare evidenze. In pratica, ho riportato nel mio intervento quanto mi è passato per la mente dopo aver letto e pienamente condiviso le tue affermazioni, deviando per un momento dal solco principale. Ho reso pubbliche le riflessioni che mi si sono accavallate in testa a seguito delle tue valide considerazioni. Niente altro e niente di più. Ti saluto caramente.1 punto
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Salve @joannes carolus, a giudicare dalle foto non osservo elementi dubbi nè errori da parte dell'incisore. Le estremità del sigma sono semplicemente poco visibili a causa della consunzione . Allego un esemplare della SNG ANS (n. 1197) alquanto simile al tuo per confronto: https://numismatics.org/search/results?q=thurium+AND+reference_facet%3A"SNGANS+2.1197"1 punto
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Credo che nessuno nasce esperto e in qualche modo tutti abbiamo commesso errori in acquisti un po' frettolosi ,il tempo nella numismatica funge da grande maestro e questo forum formato da gente seria ed esperta ti indirizzera' nella giusta via! Rispondo ora alla questione in merito ai 5 denari,compra una moneta per volta in conservazioni migliori e affidati a venditori seri ,professionali e autorizzati(Per le monete antiche (romane repubblica, impero e bizantine) gli oggetti venduti sono corredati dal certificato di autenticità e provenienza così come previsto dall’art. 64 del d.lgs. 22.01.2004, n. 42 “Codice dei Beni Culturali”. )Lascia perdere Ebay assolutamente ,ricorda la fretta e' cattiva consigliera1 punto
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Ciao a tutti C'è anche un'insegna della farmacia Alla Gatta a Dian? Cosa si sa di questa farmacia?1 punto
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Non sono molto convinto che sia un O, guarda la parte bassa.. sembra una Q con un 'gambino' anche a sinistra!1 punto
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La cosa più semplice è che alla Leu abbiano semplicemente riportato la classificazione senza mai aprire il libro, in fondo anche i libri oggi si vendono bene se "nuovi" quindi perché aprirli. Diciamo che è capitato che alcune aste abbiano messo in vendita monete ritenute "dubbie" solo che venivano supportate da qualche parere autorevole . Magari da un venditore ci si aspetta questo , non atti fideistici positivi o negativi , ma spiegazioni. K.Jenkins credo sia tra i pochi ad aver visto e studiato i ripostigli siciliani....1 punto
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splendido ritratto di Otacilla, un quadro di Otacilla ben conservato fino ai giorni nostri 😍1 punto
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Buon giorno Nonostante le foto non siano molto chiare per dare una corretta valutazione, Mi sembra comunque di osservare che sono tutte e tre molto simili come conservazione. Direi che rimangono entro il BB o forse BB+, con foto migliori si potrebbe essere più precisi. Sono comunque molto belle. Saluti1 punto
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comprane 1 ma bello..e solo da professionisti evita vendite ..1 punto
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Pensa che io stavo cercando 7n bronzo raffigurante un elmo Montefortino con pennacchio,qualcosa di repubblicano 🙄 . Ho pensato : non sarà così subdolo da mettere una moneta al contrario...1 punto
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Questa notte sono un po' stordito e non riesco a pensare bene: levito nell'aere lattiginoso al confine fra sonno e veglia e mi drogo col caffè. Cogito parzialmente ergo poco sum, ma nonostante ciò il male (sonno) non vince. La forza di volontà è più forte di quell'entità maligna.1 punto
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2 fiorini e mezzo. E' un tipo di usura frequente nelle monete olandesi pre-euro. No, adesso ti dico io che ci vuole: quando il responsabile di quest'orrore sarà assicurato alla giustizia verrà costretto a farsi monaco di clausura e passerà il resto della sua vita sorvegliato con telecamere 24 ore al giorno, di cui per almeno 20 starà inginocchiato a pregare e cantare lodi a N.S. Denaro. Se si distrarrà o si addormenterà durante la penitenza gli daranno una scossa elettrica, se insisterà gli scaricheranno addosso dal soffitto una secchiata di acqua gelida. Sarà talmente pentito di quello che ha fatto che stare al 41 bis coi mafiosi gli sembrerà una vacanza in Polinesia.1 punto
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La divina è la divina, forever Callas, sulla moneta il profilo è parecchio sdolcinato rispetto a quello reale. https://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Callas1 punto
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Direi che un B/B+ sia adatto, come moneta comunque a me piace molto, peccato per la conservazione.1 punto
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PH in Latino è una questione piuttosto intricata, almeno per me, non avendo mai trovato chiarezza definitiva: si leggeva molto probabilmente come P, almeno fino all'età imperiale, più tardi scomparso...Anzi quasi, dato che in francese il dittongo ph esiste tuttora. Sta di fatto che il nome PHILO era diffuso, che si leggesse Pilo o Filo, basti pensare al console Publio Emilio Philo. E poi il diffuso nome Filodemo per esempio. La lingua Greca si sa era ampiamente diffusa e persino di moda potremmo dire, quindi non era necessariamente un nome di un soggetto di origine Greche (*). Sta di fatto che questo graffito monetale è affascinante, se coevo. Un'ultima nota a sostegno della relativa alfabetizzazione del popolo Romano, non soltanto di casta elevata, anche all'epoca della moneta in questione (circa 75 aC / gens Cornelia): https://www.ultimaedizione.eu/2013/04/30/listruzione-nella-roma-antica-niente-politica-senza-la-cultura/1418/#:~:text=Pensare che nell'antica Roma,nazione alla metà del 1900. "Pensare che nell’antica Roma la cultura della popolazione fosse scarsa è assolutamente errato. Nel periodo dei Cesari, infatti, l’alfabetizzazione degli abitanti dell’Urbe era di molto superiore a quella della nostra nazione alla metà del 1900". (*) E’ fondamentale ricordare come l’Impero Romano sia stato sempre bilingue, tanto che fin dall’epoca di Plauto (250 a.C.) la popolazione meno colta era già in grado di comprendere perfettamente i termini greci di cui le sue commedie erano infarcite. Quindi i ragazzi che uscivano da questo secondo ciclo scolastico parlavano e scrivevano perfettamente sia in latino che in greco.1 punto
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Buonasera a tutti, complimenti! @magicoin Questo conio al D/ - a parte il 7 della data non ribattuto - è caratterizzato da un'effige con la punta del collo "particolarmente voluminosa" - punta del collo che arriva a toccare la linea di margine della legenda (cioè la parte alta della "X"). Siccome fino ad oggi abbiamo differenziato i conii al D/ semplicemente come - "7 ribattuto" e "7 non ribattuto" - penso che questo dettaglio dell'effige con il "collo diverso" - potrebbe aiutarci a distinguere questo conio - da un altro conio con il 7 non ribattuto, per quanto quest'ultimo risulti essere di estrema rarità. Allego una rara piastra 1837 con il 7 non ribattuto e con la punta del collo che termina circa a 3/4 della X (con dei dettagli utili al riconoscimento). Allego anche un'immagine comparativa dei tre diversi conii al D/ .1 punto
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DE GREGE EPICURI Sono troppe monete in una volta. Postate una per una, possono essere fotografate meglio , e ingrandite eliminando l'eccesso di sfondo. Occorrono anche il peso e il diametro di ognuna.1 punto
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Ciao @Lorenzo12121 Dai tuoi molteplici post sull’argomento capisco che questo aspetto ti sta particolarmente a cuore. Troverai interessante questa vecchia discussione, in cui diversi operatori del settore si esprimono al riguardo: Per quanto mi riguarda, ci tengo a consigliarti caldamente di non affidarti ciecamente al PARERE espresso nel cartellino; al contrario, guarda prima la moneta è lascia stare “la perizia”. Impara al più presto a riconoscere le varie conservazioni. Confronta diversi esemplari, preferibilmente in mano, e cerca di capire le varie differenze qualitative che distinguono i vari step del grading. Questo approccio (certamente molto impegnativo) ti permetterà di sviluppare un tuo gusto estetico personale nel tempo, che sarà ciò che ti garantirà soddisfazione duratura. Per domande o altro, se vuoi, rimango a disposizione anche in privato. Fabrizio1 punto
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Buongiorno. Si, avete ragione: Liard dalla zecca di Orange, probabilmente liard di Frederic Henri di Nassau. (Se vede la gamba della F al inizio della leggenda del dritto. Di più, il punto sopra il "giglio" dritto è spesso , ma non sempre, assente degli liard di Maurice de Nassau.1 punto
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La storia dell'Italia dagli inizi all'impero romano Il nome “Italia” è utilizzato fin dal V secolo a.C. quando, in varie fonti greche, ne troviamo le prime citazioni scritte a testimonianza di un uso già diffuso. L'origine del nome "Italia", secondo Antioco di Siracusa, risale ad un certo principe Italo il qual,e dopo aver sottomesso e unificato il territorio compreso tra stretto di Messina e i golfi di Squillace e Sant’Eufemia (la punta estrema della Calabria), avrebbe ribattezzato col suo nome la regione. Si tratta di una leggenda (ripresa e diffusa da molte voci illustri, iniziando con Aristotele che, oltre un secolo dopo Antioco, la riporta nella “Politica”) che però circoscrive in maniera molto precisa l’estensione geografica della regione allora chiamata Italia. Ellanico, sempre nel V secolo a.C., racconta di un’altra leggenda secondo cui Eracle, attraversando l’Italia per ricondurre in Grecia il gregge rubato a Gerione, durante la ricerca di un capo di bestiame fuggito, venne a sapere che secondo l’idioma locale la bestia cercata aveva il nome di “vitulus”. Avrebbe allora deciso di ribattezzare l’intera regione “vitalian”. Da una parte è interessante vedere che la regione in questione è la stessa menzionata da Antioco (ovvero la punta estrema della Calabria) mentre dall’altra è ancora più interessante l’origine del nome che tale mito suggerisce. Sembra infatti molto probabile come il nome “Italia” si spieghi con la mancata pronuncia della “V” iniziale da parte degli abitanti della Magna Grecia. E che derivi effettivamente dall’osco “viteliu” (poi tradotto nel greco “vitalian-italia” e infine accolto nel latino) a indicare come il territorio fosse ricco di bovini (il toro era per l’appunto l’effigie delle antiche monete osche, con l’epigrafe “viteliu”. Secoli dopo, Varrone e Timeo si riconnettono a questa strada scrivendo: “quoniam boves Graeca vetere lingua italoi vocitati sunt, quorum in Italia magna copia fuerit” ovvero “poiché anticamente in lingua greca i bovini erano chiamati “italoi”, dei quali in Italia vi era grande abbondanza”). La probabile origine osca del nome e della regione di appartenenza pare confermata dal successivo allargamento geografico del concetto che va a coincidere in maniera alquanto precisa con l’espansione degli Osci nel sud Italia. Già Erodoto, nelle “Storie”, colloca in Italia la città di Taranto, mentre nel IV secolo a.C. per “Italia” si intende l’intero mezzogiorno continentale, fino a sud di Paestum sulla costa tirrenica. Ennesimo e più consistente allargamento e determinante per la storia futura, si ebbe con la dominazione romana a partire dal III a.C. secolo. Già nei primi decenni del secolo, quando di fatto l’intera penisola fu amministrativamente unificata sotto il governo repubblicano di Roma; i molti popoli che l’abitavano (Latini, Sabelli, Etruschi, Apuli e Greci in particolare) si ritrovarono a combattere sotto le insegne romane con il comune nome di “togati” (“uomini della toga”, l’abito più usato dai cittadini di Roma), il nome Italia finì per indicare l’intero territorio compreso tra i fiumi Arno ed Esino a nord e lo stretto di Messina a sud. Ma all’unità politica del territorio non corrispondevano né l'unità culturale né un comune sentimento di appartenenza, al contrario, la maggioranza dei popoli italici sottomessi continuava a coltivare il sogno di sottrarsi al dominio romano e riacquistare indipendenza. A questo proposito, quello che accadde nella seconda guerra punica è molto più che emblematico, gli stessi popoli infatti, sfruttando lo sbandamento dell’esercito e del governo romano, colti di sorpresa dalla calata nella penisola delle truppe cartaginesi guidate da Annibale, non esitarono a ribellarsi a Roma e ad appoggiare Cartagine. Le basi per una effettiva unificazione del territorio furono poste soltanto dopo la definitiva vittoria di Roma su Cartagine, a guerra finita e ad un prezzo altissimo visto che per vendicarsi dei popoli ribelli, il governo di Roma ordinò la distruzione di molte città del sud, mentre dovunque intere comunità furono sradicate a forza dal loro territorio e deportate altrove. Infine, per completare l’opera di romanizzazione e omogeneizzazione della penisola, furono incentivati numerosi matrimoni misti tra aristocratici italici e romani. I confini politici ed ufficiali dell’Italia (stretto di Messina a sud e fiumi Arno ed Esino a nord) rimasero invariati ancora a lungo, dopo la seconda guerra punica. L’espansione di Roma a nord e la relativa conquista dei territori padano e veneto, per Italia di fatto si iniziò a intendere tutto il territorio compreso tra le Alpi e i mari Tirreno e Adriatico. Un uso che potremmo definire “allargato” del nome di cui si trova testimonianza sia in fonti greche (Polibio) sia in fonti latine (Catone). Nel I secolo a.C., al tempo di Gaio Giulio Cesare, con il confine politico spostato leggermente a nord sul fiume Rubicone, l’intero attuale settentrione anche se chiamato Italia, non rientrava ufficialmente nella provincia italica, gli abitanti a nord del Rubicone non godevano della cittadinanza romana e di tutti i privilegi che essa comportava. Fu con l’avvento dell’Impero e con la riforma amministrativa voluta da Ottaviano Augusto che il settentrione venne incluso ufficialmente nella provincia italica, vennero fatti coincidere i confini politici e geografici all’incirca con quelli attuali ad eccezione delle isole maggiori (Sicilia, Sardegna e Corsica) che vennero annesse all’Italia solo dalla riforma dell’Imperatore Diocleziano, alla fine del III secolo dopo Cristo. Nonostante questa sostanziale identità di confini è completamente priva di fondamento storico l’idea che vede nell’Italia romana l’origine dell’attuale stato unitario. Essa è una forzatura spesso dettata più che da errate valutazioni storiche da vizi ideologici e interessate manie di grandezza. Nonostante si possa identificare una certa "unità culturale" e per quanto a lungo centro nevralgico dello sterminato Impero, l’Italia romana non fu mai uno stato autonomo e sovrano. Soprattutto le sue genti non risposero mai a un’idea nazionale di “italianità” ma piuttosto a un’idea generale di “romanità” estesa ben oltre i confini della penisola. Ave! Quintus1 punto
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