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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 12/02/22 in tutte le aree
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Lo scorso anno, presso l'ASN, scovai un bel faldone con molti documenti sull'introduzione della lira italiana nelle "provincie napoletane". Qui propongo uno stralcio interessante nel quale viene fissata la conversione del ducato alla lira, l'autorizzazione alla coniazione di moneta di bronzo nella zecca napoletana e il ritiro di moneta di rame.3 punti
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Mai dire mai Davide, mai dire mai.... Allora, la casa editrice Spirali ha ormai chiuso i battenti da tempo, quindi, questo testo è oramai uscito dal listino. Però, esiste una libreria fiduciaria che fungeva / funge da rivenditore. Il risultato di tutto ciò è stato questo... Ma non è tutto, ad oggi in magazzino ne hanno altre 5 copie, tutte nuove di pacca, quindi. ...3 punti
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Buon pomeriggio. Riporto su la discussione con questo recente arrivo dalla Francia. Un bel 2 grani 1814 variante con sigle V .B. piccole e valore G. 2. grandi. Al dritto invece niente punto dopo HIER più rara della variante con punto. Ancora qui il pegaso è del tipo con coda lontana dal posteriore, lo si trova anche con la coda che sfiora il posteriore... che vi pare? Graditi i pareri. Avete sta variante in collezione? Dritto: FERD.III.P.F.A.SICILIAR.ETHIER REX 1814. Rovescio: V.B. (piccoli) G.2. (grandi) Ecco le foto3 punti
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Ecco, questo però non vale per Nicolò @jaconico lui normalmente conserva le banconote in almeno tre bustine3 punti
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SABATO 3 DICEMBRE torna visibile al Museo Lanciani di Guidonia Montecelio la Triade Capitolina dell'Inviolata La scoperta della Triade Capitolina dell’Inviolata Il gruppo scultoreo della Triade Capitolina, databile intorno al 180-190 d.C, (epoca degli imperatori Antonini), è uno dei più clamorosi ritrovamenti effettuati dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico. Era il 1992 quando, nella tenuta dell’Inviolata (Comune di Guidonia Montecelio), una banda di tombaroli lo rinvenne scavando con un grosso mezzo meccanico nel criptoportico di una grande villa romana rustico-residenziale situata all’interno del futuro Parco Archeologico Naturalistico dell’Inviolata (1996). Tramite un intermediario svizzero, i tombaroli avevano venduto il pezzo per 5 miliardi di lire a un ricco antiquario di Lugano, intenzionato a cederlo a un museo americano per la favolosa cifra di 55 miliardi. Ma i carabinieri furono messi sull’avviso da uno della banda, che aveva conservato come prova della provenienza furtiva dell’opera un frammento dell’avambraccio di Giunone, una delle tre divinità raffigurate nel marmo. Ebbe così inizio la complessa “Operazione Giunone”: dopo aver osservato per lungo tempo i movimenti dei ladri, i militi del Nucleo annunciarono il ritrovamento di un eccezionale tesoro artistico in una conferenza stampa che suscitò un grande scalpore in tutto il mondo; venne diffuso il disegno ricostruttivo basato sulla descrizione dell’opera fatta dal tombarolo, un vero e proprio identikit, rendendo impossibile la sua commercializzazione sul mercato clandestino delle opere d’arte. All’acquirente non rimase che dire addio al grosso affare: una telefonata anonima informò i Carabinieri che la Triade si trovava in un magazzino dismesso a Livigno, poco al di qua del confine italiano. Dal suo avventuroso recupero, avvenuto nel 1994, la Triade Capitolina dell’Inviolata è stata valorizzata dall’Arma attraverso numerose mostre, anche all’estero, ed esposta nel Museo Archeologico Nazionale di Palestrina fino al 2012, anno in cui venne finalmente trasferita nel Comune di appartenenza, in cui fa bella mostra di sé nel Museo Civico Archeologico “Rodolfo Lanciani”, insieme a numerosi importanti reperti provenienti dal nostro territorio.3 punti
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@Rocco68, sul telefono ho trovato questo documento; è quello a cui ti riferivi? Forse l'avevi postato in un'altra discussione e io, come vedi, l'ho conservato.2 punti
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@ARES III Siamo sicuri che gli antichi curatori delle raccolte imperiali avessero le conoscenze adatte per fare le stesse considerazioni che facciamo noi oggi sui sistemi di produzione della moneta nel mondo romano? E che quindi fossero così esperti da non poter cadere in un simile raggiro? Ad esempio, prendiamo ciò che scrive Eckhel, che pure fu direttore del gabinetto numismatico imperiale di Vienna, nella sua celeberrima opera del 1796 in merito alle monete di Sponsiano, che dimostra di conoscere molto bene e nella quasi totalità degli esemplari noti: non troviamo un solo accenno o una sola obiezione in merito alla tecnica di fabbricazione delle monete in oggetto! Ergo…2 punti
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L'asta in questione prevede la vendita di un nucleo di 100 monete (follis) provenienti dal Tesoro di Rauceby Il Rauceby Hoard è stato scoperto dal rilevatore Rob Jones vicino ad Ancaster (Lincolnshire) nel luglio 2017, vicino a Ermine Street, originariamente una strada romana che portava da Londinium (Londra) a Lindum Colonia (Lincoln) e Eboracum (York). Il tesoro di oltre 3.000 monete - tutte follis tetrarchiche - era contenuto in un grande vaso di ceramica, a sua volta sepolto al centro di una fossa ovale rivestita di calcare di cava. Ciò tradisce un atto deliberato piuttosto che una sepoltura casuale di fronte al pericolo e, molto probabilmente, il tesoro era un'offerta votiva agli dei. La moneta più recente del tesoro era un follis ridotto di Massimiano, forse coniato sotto Costantino I, ma non sono state trovate monete di quest'ultimo come Augusto. Ciò significa che il tesoro fu probabilmente sepolto intorno al 307, tra gli eventi dell'acclamazione di Costantino I a Cesare a Eboracum nel 306 e la sua successiva elevazione al rango di Augusto nel dicembre 307. L'importanza del tesoro risiede inoltre nel suo contesto di ritrovamento ben registrato e nel fatto che è il più grande tesoro registrato di questo periodo trovato in Gran Bretagna fino ad oggi. Il tesoro di Rauceby è stato quindi ufficialmente dichiarato tesoro (ID PAS: LIN-F6D516, BM Ref: 2017 T649) ai sensi del Treasure Act 1996 al Lincoln Coroner's Court il 9 maggio 2019. Inizialmente doveva essere acquisito nella sua interezza dal British Museum a un costo di £ 76.000, parte del tesoro è stato restituito al proprietario terriero e al cercatore nell'agosto 2021. se ne è già parlato qui2 punti
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Cari Forumisti nella mia serie completa degli scudi di Carlo Felice vi sono rappresentate tutte le scale di conservazioni, dall’MB+ per una data rarissima, al FDC eccezionale. Come intuibile le qualità inferiori si rintracciano nelle prime date di coniazione, molto più rare rispetto alla seconda parte dei millesimi che, 1831 a parte, si trovano con molta facilità fino allo SPL incluso, ultimamente anche in ribasso come quotazioni. Ma quando si sale nel dorato mondo del FDC tutto cambia come per incanto, come sempre del resto, per qualsiasi monetazione. Ho già condiviso anni fa questa piccola perla, ma ora vi viene rappresentata sotto una luce nuova, radente, tale da esaltare il lustro e la bava di conio, caratteristiche qui ben presenti nonostante i quasi duecento anni di esistenza. La data è assolutamente comune; quel che distingue questo esemplare in senso assoluto è la conservazione, la più bella della serie e una delle più elevate di tutta la mia collezione, complessivamente considerata. La luce impietosamente fa emergere qualche marginale graffietto e qualche impercettibile scalfittura sul contorno, elementi che la portano attorno a MS64 e non consentono di valutarla MS66, ma quel che colpisce è oggettivamente il lustro. È una questione di luce signori, soltanto di luce 🤗 Buona serata a tutti2 punti
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Salve a tutti. Prima di intervenire in questa spinosa questione, mi sono preso qualche giorno per poter eviscerare l’articolo di Paul N. Pearson et al., Authenticating coins of the ‘Roman emperor’ Sponsian, apparso in open edition su PLOS ONE il 23 novembre 2022. Come molti lettori avranno notato, la ricerca non è stata condotta da numismatici, se si esclude la partecipazione del dott. Jesper Ericsson, curatore del medagliere dell’Hunterian Museum di Glasgow, da cui provengono le monete oggetto di questo studio, ed in particolare il discusso esemplare a nome di Sponsiano, su cui il mio intervento si concentrerà in modo specifico. La metodologia e le analisi scientifiche che sono state messe in campo sono sicuramente da ammirare, ma probabilmente se la ricerca fosse stata condotta da un professionista della numismatica non ci sarebbe stato neanche bisogno di mettere in campo un simile quantitativo di analisi per arrivare a conclusioni ben diverse da quelle, ampiamente discutibili come dimostra la direzione che sta prendendo il dibattito in ambito scientifico e accademico, a cui sono approdati gli autori del suddetto articolo. Per loro stessa ammissione, infatti, molti dei risultati ottenuti mediante queste analisi scientifiche non sono sufficienti a stabilire appieno e in maniera incontrovertibile l’autenticità delle monete, e in particolare dello Sponsiano, e quindi l’esistenza stessa di questo misterioso personaggio, salvo poi asserire il contrario, a spada tratta, nelle conclusioni dello studio. Se sulle metodologie d’indagine poco o nulla va sottolineato, e credo che sia la parte più valida e meritevole di questa ricerca, il contesto in cui sono inserite le monete racconta tutta un’altra storia e i risultati a cui giungono gli studiosi sono altamente contestabili. Ma andiamo con ordine. La moneta di Sponsiano avrebbe fatto parte di un ripostiglio occultato in un momento storico imprecisato e venuto alla luce, in circostanze non meglio documentate, nel 1713 in Transilvania. L’unica menzione di questo ritrovamento si trova in una nota manoscritta di Carl Gustav Heraeus (1671-1725), Ispettore delle Medaglie di Vienna: egli era, in pratica, il curatore delle collezioni imperiali sotto i sovrani Giuseppe I (1705-1711) e Carlo VI (1711-1740). Il suo compito era piuttosto importante, in quanto doveva non solo conservare la più importante e prestigiosa collezione numismatica di tutto l’Impero austriaco, ma doveva anche gestirla ed ampliarla con nuove acquisizioni. Dopo il suo ritrovamento, le monete vennero disperse sul mercato antiquario ed è probabile che alcune furono acquistate per le collezioni imperiali da Heraeus stesso, visto che due esemplari di Sponsiano si trovano attualmente nel medagliere del Kunsthistorisches Museum di Vienna. All’acquisto partecipò anche il facoltoso alto ministro delle finanze Johann David von Palm (1657-1721). Anche la moneta a nome di Sponsiano, oggetto dello studio pubblicato su PLOS ONE, oggi all’Hunterian Museum di Glasgow, ha provenienza viennese, essendo essa stata comprata da William Hunter nel 1782 dalle raccolte dell’antiquario Joseph De France. Ho riassunto brevemente la vicenda della scoperta e dei diversi passaggi, così come si evince dalla ricostruzione dell’articolo, proprio perché essa non è casuale e ha un’importanza insospettabile per i nostri scopi, cioè dimostrare o meno l’autenticità delle monete di Sponsiano. Per questo, tenetela bene a mente, insieme con i nomi dei personaggi inizialmente coinvolti in tale vicenda. Di sicuro si conoscono più esemplari di Sponsiano: non è affatto vero, dunque, che esiste un solo esemplare (quello di Glasgow), così come caparbiamente sostenuto dall’utente Pxacaesar (alquanto favorevole ad accogliere positivamente le conclusioni dello studio di Pearson) nei suoi posts 22 e 24 e ciò si evince dalla semplice lettura dell’articolo inglese: di sicuro se ne conoscono ben 4 esemplari, ma da una ricerca più approfondita ce ne sarebbero addirittura 6 e ne vengono dati anche i relativi pesi: due sarebbero nel medagliere di Vienna (rispettivamente 9,38 g. e 10,07 g.); uno nella città austriaca di Herzogenburg (di 9,80 g.); poi c’è quello ormai famoso dell’Hunterian Museum (di 10,84 g.); un altro nel museo di Sibiu, in Romania, e probabilmente un ultimo a Parigi, la cui presenza, però, meriterebbe conferma. Di questi ultimi due esemplari non abbiamo dati certi riguardo il loro peso. Già qui sorge il primo problema per la teoria dell’autenticità: tutte le monete d’oro conosciute di Sponsiano hanno un peso di molto superiore rispetto a qualsiasi altro aureo o multiplo di aureo (binio) romano emesso nel corso del III sec. d.C. Di norma, gli aurei del tempo difficilmente superavano i 4,50 o i 5,00 g. e il binio di solito si attestava sui 5,80 g. circa, o poco più. Potrebbero essere dei medaglioni o dei multipli superiori al binio, ma i loro pesi, per di più così variabili e fluttuanti, impedirebbero loro un qualsiasi sensato inserimento all’interno del sistema monetario e ponderale romano in vigore all’epoca. Pearson e la sua equipe hanno ovviato al problema, nel loro scritto, dicendo che queste monete erano forse adoperate come una specie di lingotti aurei, ma qui sorge un altro interrogativo: noi conosciamo bene le sembianze di lingotti aurei romani (si veda, ad esempio, il caso del lingotto in fig. 1) e le monete di Sponsiano non hanno né forma, né marchi, né tipologie proprie dei lingotti o di altre barre metalliche romane, ma, al contrario (e questo è indiscutibile e chiaro a tutti gli osservatori delle foto dello Sponsiano di Glasgow), esse hanno tutte le caratteristiche di monete vere e proprie. Ma, stando al peso, difficilmente avrebbero potuto circolare. Fig. 1: Lingotto romano in oro conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna e proveniente dal ritrovamento di Czofalva (in Transilvania) del 1887 e risalente al 379 d.C. Monete, dunque, e non lingotti, che non avrebbero però potuto assolvere al loro compito per via dei pesi così anomali. Quindi, sarebbe strano anche chiamarle “monete” nel senso compiuto del termine, ma lo faremo ugualmente per comodità di comprensione. Altre anomalie, chiare dalle foto e notate da Pearson, sono la legenda del dritto che si trova solo sul lato destro del busto di Sponsiano e, caso ancora più strano, essa è declinata al genitivo. Si noti che nessuna moneta romana autentica di III sec. d.C. riporta una legenda con il nome imperiale declinato al genitivo. Inoltre, la tipologia di rovescio dello Sponsiano ricalca un altro rovescio, quello del denario repubblicano di Caio Minucio Augurino del 135 a.C. Per queste anomalie non è stata fornita alcuna spiegazione scientifica accettabile. Di sicuro, se pure le monete di Sponsiano fossero state delle produzioni barbariche, come pure è stato ipotizzato visto lo stile rozzo, bisogna riconoscerne i limiti: di solito, le imitazioni barbariche conservavano, chi più e chi meno, delle caratteristiche che ne consentivano la circolazione frammista ad esemplari autentici ed ufficiali: nel nostro caso, uno Sponsiano con simili caratteristiche ed anomalie tipologico-ponderali non avrebbe mai potuto essere immesso in circolazione, a maggior ragione se frammisto con aurei o multipli romani ufficiali. Il primo numismatico che ritenne false le monete di Sponsiano fu Henry Cohen (contro il cui giudizio pare che gli studiosi più moderni si siano particolarmente accaniti: anche noti accademici nostrani e professori universitari sembrano ormai snobbare le opere e i pareri del Cohen solo perché si tratta di un autore datato, imponendo addirittura di toglierlo dalle citazioni bibliografiche di recenti articoli numismatici: e parlo per diretta esperienza personale! Poi, a furia di snobbare gli studi di chi ci ha preceduto, incorriamo in situazioni di questo genere: Per una ipotesi di ATTRIBUZIONE della SERIE OVALE dell’aes grave - Monete Preromane - Lamoneta.it - Numismatica, monete, collezionismo, ma questa è un’altra storia). La tesi del Cohen fu poi ampiamente confermata dallo studio, citato anche dal RIC, di R. Münsterberg, del 1923, che riconobbe le monete di Sponsiano come prodotte per fusione. Tale giudizio è stato confermato dalle analisi scientifiche condotte dalla squadra di Pearson e pubblicate nel loro lavoro, ma qualsiasi numismatico sa benissimo che le monete romane di III sec. potevano essere prodotte solo per coniazione e non per fusione. Gli unici esemplari fusi all’epoca erano prodotti di falsari che miravano a riprodurre monete ufficiali realmente esistenti per poi mischiarle, in fase di circolazione, con le autentiche. Non avevano alcuna necessità o interesse, dunque, di creare monete false per fusione con un nome di un usurpatore sconosciuto come quello di Sponsiano, con tutte le anomalie finora accertate, sia ponderali che tipologiche (che ne inficiano la circolazione all’interno del sistema monetario romano, anche di provincia e oltre il limes), e che non poteva essere immesso in circolazione, né frammisto con altri esemplari ufficiali coevi. Davanti al metodo di produzione per fusione cade anche l’ipotesi dell’imitazione barbarica, in quanto anche le monete barbariche erano prodotte per coniazione e non per fusione: basti pensare, per rimanere in Dacia, alle imitazioni dei denari romani repubblicani fatte dalle tribù geto-daciche e ampiamente indagate dalla letteratura numismatica di settore. Ma c’è di più: anche la composizione e la purezza della lega dello Sponsiano di Glasgow risulta essere anomala e incompatibile con quelle di autentici aurei romani di III sec. con cui pure è stata comparata nello studio di Pearson (tabella in fig. 2). Fig. 2. L’elevato quantitativo di argento e rame rilevato nella lega stride parecchio se confrontati agli aurei di Gordiano III e di Filippo I che sono stati presi a paragone: per stessa ammissione degli autori dell’articolo, nonostante la crisi dell’oro monetato che coinvolse l’Impero Romano nel corso del III sec., i nominali aurei mantennero un livello di purezza molto alto, tanto da essere composti di oro quasi puro. E le analisi di Pearson e altri lo confermano. In più, anche se si tratti di un’imitazione barbarica o di un falso d’epoca, bisogna pensare che questi prodotti avevano lo scopo di circolare confondendosi con gli esemplari ufficiali ed autentici, quindi dovevano rispettarne alcune caratteristiche: tra queste anche la bontà del metallo, poiché, come viene detto anche nell’articolo di PLOS ONE, i mercanti del mondo antico erano in grado, con un semplice “scratch test”, di rilevare le impurità del metallo con sorprendente accuratezza. Motivo in più, se lo Sponsiano fosse davvero antico, di rispettare una lega ad alto contenuto d’oro quanto più vicino possibile agli esemplari ufficiali e originali, cosa che invece non è venuta fuori dall’analisi della composizione della lega dello Sponsiano di Glasgow. Pensiamo, inoltre, che i ducati d’oro austriaci dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo, regnante all’epoca della scoperta del ripostiglio di Transilvania nel 1713, avevano una purezza di 986 millesimi circa… (e qui volontariamente mi taccio). Le tracce di terreno rinvenute sulla moneta di Sponsiano indicano solamente che il pezzo è stato interrato per diverso tempo, ma non sappiamo per quanto è stato tenuto sottoterra prima della sua esumazione: possono essere trascorsi secoli come pure anni, il che rende questo parametro del tutto inutile ai fini della ricerca per stabilire l’antichità e l’autenticità o meno della moneta. Come pure inutili e inconcludenti, per stessa ammissione di Pearson e della sua squadra, risultano essere le analisi condotte per rilevare l’usura superficiale della moneta: usura che è presente, ma che non può essere presa come sinonimo di antichità e autenticità, in quanto facilmente realizzabile dai falsari di XVIII e XIX secolo come dimostra il caso dei falsi di Wilhelm Becker. Gli autori, poi, entrano in contraddizione con loro stessi nelle conclusioni dell’articolo prendendo proprio questi due elementi a fondamento dell’autenticità dello Sponsiano: questo metodo di valutazione, purtroppo, non ha nulla di scientifico perché gli studiosi si contraddicono da soli nel giro di poche righe di testo. L’unica conclusione possibile, alla fine di tutta questa mia lunga disamina, è stata ben esposta in A. Bursche, Złote medaliony rzymskie w Barbaricum Symbolika prestiżu i władzy społeczeństw barbarzyńskich u schyłku starożytności, Warsaw, Instytut Archeologii Uniwesytetu Warszawskiego, 1998. Egli, infatti, crede che le monete di Sponsiano siano dei falsi di inizio XVIII secolo, fatti probabilmente per ingannare una serie di sprovveduti ma facoltosi antiquari della Vienna del tempo. La moneta di un nuovo usurpatore romano, sconosciuto alla storia, avrebbe fatto gola a molti, tant’è che anche oggi, all’apparire della notizia che stiamo discutendo in questa discussione, c’è stato subito chi ha proposto di aggiornare la prosopografia degli imperatori romani, con i conseguenti risvolti collezionistici che ne derivano. Ma Pearson evidenzia che una simile truffa avrebbe richiesto un investimento iniziale molto costoso: egli, infatti, per confutare questa tesi, evidenzia come l’oro messo insieme per la fabbricazione di tutte le monete del ripostiglio di Transilvania del 1713 ammonti ad un valore di circa 20.000 dollari odierni. In più, gli stessi autori, sempre per confutare la stessa tesi, ribadiscono che nel Settecento non vi era un interesse antiquario così spiccato per la romanità del III sec. tale da giustificare una simile impresa fraudolenta. Ma entrambi i punti possono trovare una facile spiegazione: proprio perché non vi era tutto questo interesse negli ambienti colti per il III sec. vi era la necessità, per i falsari, al fine di stuzzicare l’attenzione, di creare monete che, invece di ricalcare tipi già noti ed esistenti, riportassero invece imperatori sconosciuti e tipi ibridi con incroci di conio che non si erano mai visti fino ad allora (elementi, entrambi, che ritroviamo in quasi tutte le sedicenti monete provenienti dal ripostiglio della Transilvania del 1713). Inoltre, la realizzazione di monete di stile “barbarico” e rozzo, il metodo della fusione, non richiedevano particolari abilità artistiche e capacità tecniche da parte dell’artigiano/falsario, rendendo molto più semplice il suo lavoro. Secondo punto, che giustifica l’investimento iniziale di 20.000 dollari in oro per realizzare i falsi: qui entrano in gioco i nomi coinvolti inizialmente, ve li ricordate? Avevo detto di tenerli bene a mente, perché sono proprio loro l’oggetto della truffa messa in atto. Le monete di Sponsiano, insieme alle altre, non erano destinate a comuni collezionisti o antiquari che navigavano in cattive acque, ma miravano a pesci molto più grossi, forse i più grossi di tutta la Vienna imperiale: il ministro delle finanze e le collezioni dello stesso imperatore d’Austria. Per fare ciò, dovevano creare qualcosa non solo di unico e di particolare, ma anche di prezioso e imponente, come sono appunto le monete di Sponsiano e le altre sue compagne. Pezzi che, per il loro prestigio, dovevano far gola allo stesso curatore delle collezioni imperiali, gente che poteva permettersi di sborsare ingenti quantitativi di denaro pur di accaparrarsi pezzi di un simile livello per innalzare il prestigio delle proprie raccolte. Il che giustificherebbe eccome un investimento iniziale così cospicuo, a fronte del guadagno che una simile truffa avrebbe potuto fruttare, vista l’ambizione di tutta questa macchinazione! E le analisi condotte da Pearson e altri rimanderebbero, come evidenziato finora, proprio in questa direzione: sarebbero una conferma della teoria della falsificazione settecentesca fraudolenta operata probabilmente da un solo artigiano viennese (stesso l’equipe di studiosi afferma nell’articolo che lo stile delle monete farebbe pensare ad un unico artigiano). A voi le conclusioni…2 punti
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Condivido questo esemplare dedicandolo soprattutto agli amici della Serenissima fortemente legati al Leone. Giovanni II Corner (1709-1722) Osella in oro da 4 zecchini 1710. Saluti, Domenico1 punto
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Salve. Una serie di denari straordinari. Lotto 735. The Social War, Marsic Confederation AR Denarius. Corfinium, circa 89 BC. Laureate and draped bust of Italia to right; ITALIA downwards behind, XVI upwards before / Victory standing to left, crowning Italia seated to left on three stacked shields, holding spear and sword; B in exergue. Campana 109a (D74/R96, this coin); Sydenham 622; HN Italy 412a; RBW 1215. 3.95g, 20mm, 2h. Fleur De Coin. Very Rare; and in extraordinary condition for an Italic denarius, struck on a broad planchet of sound metal - a real paragon of the Marsic Confederation's coinage. This coin cited in A. Campana. La monetazione degli insorti Italici durante la guerra sociale (91-87 A.C.). Modena, 1987. From the Vogelberg Collection (Switzerland), formed c. 1960-1985. Ex Bank Leu AG, Auction 10, 29 May 1974, lot 3. Base d’asta: 6.000 GBP. Valutazione: 10.000 GBP. Risultato: 22.000 GBP. apollonia1 punto
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Perché era ampiamente sufficiente per l'epoca. Nessuno allora avrebbe fatto caso, ci sono ampie riprove, alcune citate dall'ottima disamina di Caio Ottavio, che ringrazio, che la tecnica di produzione era un elemento non considerato all'epoca. Era più importante il sensazionalismo, il nome che solo uno o comunque pochissimi fortunati e abbienti possessori potevano vantare e sfoggiare. Non voglio tornare su ciò che ha scritto Caio Ottavio, né citare i ben più modesti interventi del sottoscritto soprattutto sui social, ma qui non torna niente. Non c'è numismatico serio e con una certa esperienza che potrebbe accettare di considerare buone quelle "monete" (?). Non torna la tecnologia usata per produrle (il Cohen, che sciocco non era, lo aveva notato subito), non tornano i pesi, incongruenti ed eccessivi, non torna la percentuale d'oro (Caio Ottavio ha dato già un indizio piuttosto esplicito sulla possibile origine del metallo), non rientrano nei canoni dell'epoca le figurazioni di dritto e rovescio, non c'è assolutamente prova del ritrovamento reale, salvo una vaga citazione per sentito dire, non ci sono nemmeno aurei autentici del periodo frammisti al sedicente "ritrovamento" settecentesco... Avrò, nella fretta, dimenticato di citare altri elementi, me ne scuso. Riguardo l'uso della fusione, non si creda che solo all'epoca erano così poco preparati. Premetto che seguo la Numismatica da solo poco più di un trentennio, non moltissimo, ma di cose ne ho viste. Ebbene, ricordo almeno una bella collezione specialistica di ori romani, di qualità medio/alta, con all'interno alcuni esemplari fusi, persino con vecchi cartellini e qualcuno con datati passaggi in asta. Li ho visti con questi occhi (4 + la lente) qualche anno fa e non nel 1700. Credete davvero che tutti i collezionisti seguano internet, partecipino alle aste, siano attivi su forum numismatici come questo o su pagine tematiche nei social? C'è gente che ha passione e soldi da spendere, tanti, fa tutto un altro lavoro e quando ne ha voglia rimira le proprie monete (diverse centinaia il signore che ho conosciuto). Si affida ad un numismatico, più o meno serio, che gli porta di tanto in tanto nuova linfa per la raccolta. Paga ed è contento. Non siamo nel settecento, ma negli anni duemila. Mi sembra non del tutto sorprendente, pertanto, che trecento anni fa qualche curatore di gabinetto numismatico non comprendesse appieno la tecnica di produzione delle monete antiche, oppure che se ne fregasse (mi si perdoni l'espressione), non lo so.1 punto
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Vorrei aggiungere una cosa: tu riferendoti alla sicurezza della provenienza immagino ti riferisca al fatto che in prima persona il funzionario abbia assistito allo scavo ed al ritrovamento, ebbene, anche questa cosa non è dirimente ai fini dell autenticità poichè può essere stata benissimo una messa in scena ben organizzata, non sarebbe stata ne la prima nell'ultima volta..1 punto
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😍😍😍 Nella mia collezione di documenti di storia monetaria un simile foglio starebbe benissimo 🤤1 punto
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I giudizi sui gradi di conservazione non mi appassionano, tuttavia mi sembra ci sia un po' di confusione. Tento un recupero filologico della questione iniziale. Scarto subito la strada (impeccabile ) tracciata da @Orodicarta. La notafilia prevede già da tempo il grado SUPeriore per i suoi oggetti di studio. Il Gigante ha introdotto anche per il suo catalogo di monete il grado SUPeriore, il quale, proprio come per la cartamoneta, sta tra i più classici FDC e SPL. Ognuno si faccia poi la propria idea sulla necessità, convenienza, opportunità, indiscutibilità di tale introduzione. Se ne parlerà magari in altra discussione. Il sistema valorial-conservativo francese ha (da sempre) il grado di SUPerbe, corrispondente al II grado massimo di conservazione su base 5, cioè al nostro SPLendido, II grado massimo di conservazione su base 5. Anche il grado francese può procedere o recedere per scatti intermedi con i famigerati "+" o "-". Comunque, almeno tradizionalmente (basta prendere qualche catalogo/prezzario francese per capire), il grado francese di SUPerbe è sempre corrisposto al grado italiano di SPLendido, al netto dei gradi intermedi. Che poi il numismatico medio francese attribuisca il grado (esatto) di SUPerbe a una moneta la cui usura ammonta al 10% della sua integrità quando invece il numismatico medio italiano attribuisca il grado (esatto) di SPLendido a una moneta la cui usura ammonta al 15% della sua integrità... questo è un altro paio di maniche. Poco più su ho scritto "almeno tradizionalmente" poiché tutto è in movimento. Le logiche collezionistiche cambiano. Le logiche commerciali cambiano. Mercati nuovi si aprono, mercati vecchi si chiudono. Non escludo quindi in futuro ibridazioni tra il francese SUPerbe (II grado massimo di conservazione su base 5) e tra l'italiano gigantiano SUPeriore (II grado massimo su base 6). Ciao1 punto
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Forse l'ho individuata: potrebbe essere Messina - Pentonkion - (Mamertini) 230 - 200 A.C. ?1 punto
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Roma Numismatics AUCTION XXV, lotto 766. Lotto 766. L. Cornelius Lentulus and C. Claudius Marcellus AR Denarius. Asia, 49 BC. Head of Jupiter to right / Cult statue of Ephesian Artemis with hands extended, ornamented with fillet hanging; L•LENTVLVS downwards to right, MAR COS (partially ligate) upwards to left. Crawford 445/3b; CRI 6; BMCRR East 23; RSC Cornelia 66. 3.87g, 20mm, 9h. Base d’asta: 2.100 GBP. Valutazione: 3.500 GBP. Risultato: 13.000 GBP. Good Extremely Fine; beautiful old cabinet tone. Very Rare; one of the finest known specimens. From the Vogelberg Collection (Switzerland), formed c. 1960-1985. apollonia1 punto
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Senza una definizione è un aggettivo e basta... Nei cataloghi di aste francesi compare spesso, io l'ho sempre inteso come moneta "superba" : al di la della conservazione, la moneta si presenta molto attraente per la qualità dei fondi, per patina, ecc. Nel catalogo Gigante è comparsa nel 2023, con quotazione visibile solo nella versione online con registrazione attiva e quotazioni tra lo SPL e il FDC. Io qui lo vedo definito un qFDC per monete che per qualche ragione (graffietti, colpetti, lavate, ecc ecc ) non possono essere define FDC1 punto
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Buongiorno @Rocco68, Sei in grado di darmi qualche riferimento in più su quel bando pubblico? Non so, magari una parola chiave di modo che io possa fare una ricerca... Mi piacerebbe mettere in collezione un documento simile. Grazie.1 punto
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Complimenti @Vel Saties è proprio lei! In effetti il ritratto di Tito è tipico dell'ultima emissione sotto Vespasiano. Ci avevo pensato in un primo momento, ma poi la difficile lettura mi aveva suggerito, erroneamente, la moneta più comune. Congratulazioni d'obbligo a @fapetri2001 in quanto il RIC V 1026 era sinora conosciuto in unico esemplare, peraltro non riprodotto nelle tavole del RIC 2.1 e neppure nel sito della ANS. Per quanto riguarda Wildwinds l'esemplare con ritratto a sinistra sarebbe eventualmente il RIC T 190.1 punto
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Benevento (BN) – Chiesa di San Domenico. Commemorazione di ricostruzione. Terremoto/i di riferimento: 5 giugno 1688. Testo: Ecclesiam hanc Roffridus Epiphanius Friderici II / imperatoris / magnus consiliarius anno MCCXXX extruxit / terraemotus deinde anno MDCLXXXVIII funditus / deiecit / primarium vero lapidem pro eadem reædificanda / die XV Marty MDCLXXXXII rite benedixit, ac imposuit / frater Vincentius Maria Ord.[inis] Prædic.[catorum] / card.[inalis] Ursinus archiep.[iscop]us, qui etiam principem / aram die XXI, aram S[anctis]s.[imi] Rosary die / XXVIII, aram demum s.[ancti] Michaelis Archangeli / die ult.[ima] Decembris anni MDCLXXXXV / solemni ritu dedicans sacravit / et omnibus fidelibus singulis annis easdem aras / præfatis diebus visitantibus centum / indulgentiæ dies concessit. // Trad.: Nell’anno 1230 Roffredo Epifanio, gran consigliere di Federico II imperatore, costruì questa chiesa e poi nell’anno 1688 il terremoto l’atterrò completamente. Il 15 marzo 1692 l’arcivescovo fra’ Vincenzo Maria dell’ordine dei Predicatori, cardinale Orsini, benedisse ritualmente la prima pietra della ricostruenda chiesa e con le sue proprie mani la murò. Egli inoltre ne consacrò e dedicò solennemente l’altar maggiore nel giorno 21 dicembre, l’altare del santissimo Rosario nel giorno 28 dicembre e infine l’altare di san Michele Arcangelo nel giorno 31 dicembre dell’anno 1695, concedendo altresì cento giorni di indulgenza a tutti i fedeli che ogni anno nei giorni predetti visiteranno quegli stessi altari. Note: Fra’ Vincenzo Maria Orsini OP (1622-1730) fu arcivescovo di Benevento dal 1686 al 1724, anno in cui divenne papa col nome di Benedetto XIII. Amministratore attivo ed energico, a Benevento ebbe a confrontarsi con le violente sequenze sismiche che colpirono il Sannio e l’Irpinia nel 1688 e nel 1702 (eventi maggiori il 5 giugno 1688 e il 14 marzo 1702) e con la successiva ricostruzione edilizia ed economica della regione, che allora faceva parte dello Stato della Chiesa. Nel 1688, dopo essere scampato alla morte nel crollo del palazzo arcivescovile, fece pubblicare una Narratione de’ prodigi operati dal glorioso San Filippo Neri nella persona dell’E[minentissi]mo cardinale Orsini arcivescovo di Benevento, in occasione che rimase sotto le rovine delle sue stanze nel tremuoto che distrusse quella città a’ 5 di giugno 1688. Questo opuscolo diede il primo impulso alla devozione per san Filippo come protettore contro il terremoto. https://lapicidata.wordpress.com/2016/11/30/benevento-bn-chiesa-di-san-domenico/1 punto
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@fapetri2001 Allora... certamente è un dupondio. Al Rovescio abbiamo: CERES AVGVST S C con Cerere stante a sx, che tiene spighe nella dx ed una grande torcia nella sx. L'immagine che segue è SOLAMENTE esplicativa. Al Diritto, invece, abbiamo la testa radiata di Tito a dx. Per quanto riguarda la legenda io leggo [...]ARIMPTRPCOS[...], forse integrabile in : [T CAES]AR IMP TR P COS [VI] nel qual caso sarebbe da identificarsi con un RIC II, Part 1 Vespasian 1026 databile al 77-78 d. C. My two cents1 punto
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@Damiano98perché non provi a proporla al venditore che te l'ha venduta? Certamente non riprenderai l'intera somma, ma comunque anche se la vendi ad un altro difficilmente potrai ricevere la somma che hai speso.1 punto
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Ringrazio davvero tutti per l'attenzione dedicata alla mia disamina. @Pxacaesar inquadrare la figura di Sponsiano dal punto di vista storico risulta impossibile per due semplici motivi: 1) non ci sono fonti che accennano al suo operato o reperti a lui direttamente collegabili; 2) basare l'esistenza della figura storica di Sponsiano semplicemente ritenendo antica ed autentica la moneta di Glasgow alla luce dell'articolo di Pearson e altri mi sembra molto rischioso e avventato, visto che a livello scientifico le conclusioni a cui sono approdati paiono largamente discutibili e l'ho provato ampiamente con il mio intervento. Aver utilizzato una metodologia corretta e una sfilza di analisi diverse non significa necessariamente approdare a conclusioni univocamente corrette e accettabili. Quindi, prima di gridare alla scoperta bisogna essere cauti e fare molta attenzione, anche perché fino ad oggi il mio intervento, che ho scritto qui, non è stato ancora confutato pezzo per pezzo come io invece ho fatto con molti punti dell'articolo di Pearson: dunque, ci sono ancora molti punti (che propendono per la teoria del falso settecentesco) che ancora non trovano un'adeguata risposta da parte di chi invece sostiene l'autenticità e l'antichità delle monete di Sponsiano. In merito alla tecnica di produzione degli esemplari in oggetto mi sono già espresso e la fusione pone grossi problemi per considerare autentici e antichi questi pezzi: non è affatto un fattore di secondaria importanza da cui si può prescindere per difendere o meno una teoria. Per quanto riguarda gli altri esemplari conosciuti, invece, esistono le immagini, anche se un po' datate: le uniche, a quanto pare, di cui non si conoscono le foto sono gli esemplari di Parigi (che merita conferma, come dicevo) e di Sibiu, in Romania. Nel saggio di R. Münsterberg, Ein siebenbürgerischer Golmünzenfund aus dem Jahre 1713, in «Blatter für Münzfreunde» 57 (1923), pp. 425-428, sono illustrati i due esemplari viennesi ed un terzo sempre di provenienza austriaca, probabilmente quello conservato a Herzogenburg. Direi che un confronto con le altre monete note non cambia lo status quo della questione, anzi. Riporto le figure tratte dal Münsterberg:1 punto
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Ma tu l’hai comprata sottobanco o da un commerciante? a vedere il cartellino direi da un noto commerciante di roma, quindi, a rigor di logica, se lui le vende in un pubblico negozio , vuol dire che lo si può legalmente fare, non pensi anche tu?1 punto
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Nuova Zelanda, moneta da one penny, anno 1941, zecca di Londra, coniata a nome di Giorgio VI1 punto
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Semplicemente non furono coniate sovrane o multipli, né per la circolazione né per investitori, con l'effige di Giorgio VI ad eccezione di questa serie proof (è moneta di "presentazione" con peso storico diverso dalle attuali proof). Chiaramente il ritratto del sovrano (e imperatore) campeggia in altri nominali delle varie monetazioni del Commonwealth, ma non nelle sovrane. In realtà esiste una moneta Sudafricana con dati ponderali congruenti e l'effige di Giorgio VI ma fu battezzata "pound". Durante il suo regno furono battute comunque 886.000 sovrane nel 1949,'50 e '51. Si scelse però di approntare nuovi conii con l'effige del padre ed il millesimo della sua ultima emissione (1925; più di 3,5 milioni di pezzi coniati) Insomma, se avete una sterlina d'oro del 1925 di Giorgio V, potreste avere in mano un restrike. Si può riconoscere le monete postume? Si, bisogna sapere come. È possibile dalle foto ma molto più facile al tatto. Una 1925 "originale" è molto più difficile da trovare in altissima conservazione rispetto ai restrike ma il mercato, per ora, non sembra tenerne conto. Per chi volesse approfondire consiglierei di visitare il nostro catalogo. Purtroppo non è ancora funzionante. È un peccato. Tanti, me compreso, si sono avvicinati al nostro forum passando attraverso quella porta. Ormai però è "chiusa" da mesi. Speriamo venga riaperta prima possibile. Buona giornata1 punto
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Quando la moneta perdeva il corso legale (o troppo logora per circolare) la si vendeva a un ramaio o a orefice per i lavori di artigianeria; infatti, nell'Italia meridionale a cavallo tra Ottocento e Novecento, molti collezionisti non solo si rivolgevano ai commercianti, ma si recavano anche presso i suddetti artigiani alla ricerca dei preziosi oggetti da collezione.1 punto
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Guardo le partire senza l'audio. Oggi ho acceso la TV e la partita era appena cominciata e non ho spento subito l'audio.. Così sono stato gratificato da una perla di saggezza di cui vi faccio parte così siete anche voi gratificati : I portieri devono essere reattivi. Ma va ? Non lo avrei mai pensato. Così sono stato reattivo anch'io pur non essendo un portiere e ho spento l'audio.1 punto
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Buonasera, mi permetto di riaprire questa discussione dato che in Asta Artemide LVIII del 5-6 novembre 2022 è stato venduto questo rarissimo zecchino di Porcia ( mai visto da me in asta pubblica) con una importante aggiudicazione nonostante a mio avviso la cattiva conservazione della moneta. Di seguito quanto descritto in calce al lotto: Lotto 793 Base d'asta: € 12'000 Aggiudicato Euro 23.000 + 20% diritti d'asta Porcia. Annibale Alfonso Porcia (1679-1742). Zecchino 1704. D/ Busto di fronte corazzato con grande parrucca inanellata. R/ Stemma ellittico, inquartato, caricato di scudetto. CNI pp. 208,209 (1/3); Rav. Mor. 1. AU. 3.08 g. 22.50 mm. RRRR. Della più grande rarità. Proveniente da montatura, altrimenti. bel BB.Moneta battuta da Antonio Alfonso Emanuele principe del Sacro Romano Impero e di Porcia (piccolo comune Italiano in provincia di Pordenone) conte di Oremburg, generale di Carlstadt, consigliere di Carlo VI e capitano supremo di Carinzia. La moneta, emissione di ostentazione, di stile tedesco ma di pregevole fattura, rispecchia gli assidui contatti e la dedizione del Principe per casa d'Austria. Non a caso il busto frontale, di pretto gusto tedesco, richiama quello dello zecchino del Cardinale Cristoforo Vidman, dalla cui famiglia i Porcia avevano acquistato la Contea di Ortemburg nel 1662 per 365.000 e più fiorini. Annibale Alfonso fu l'unico della dinastia dei Porcia ad aver usufruito del diritto di coniare moneta concesso dall'imperatore Leopoldo I. Come tutte le monete di ostentazione del periodo (Retegno, Belgioioso, Belmonte, Vasto, San Giorgio, Ventimiglia) fu battuta a Vienna in numero ridottissimo di esemplari giustificando così la sua rarità: l'esemplare qui proposto sarebbe il terzo esemplare conosciuto dei due finora noti (di cui uno conservato al Museo di Vienna). Solone Ambrosoli nel suo articolo pubblicato in R.I.N. 1897 'Lo Zecchinio di Porcia' descrive così la moneta: 'fra le monete cosiddette di 'ostentazione' e tutte qual più qual meno pregevoli e rare, le quali furono coniate al di là delle Alpi nel secolo scorso per conto di signori italiani, quasi soltanto a far pompa dell'arme sormontata dal berretto principesco, e del titolo di Principe del Sacro Romano Impero, la meno nota e insieme la più squisitamente preziosa è forse lo zecchino fatto coniare, probabilmente a Vienna, da Annibale Alfonso Emanuele di Porcia nel Friuli, l'anno 1704'. L'Ambrosoli nel descrivere lo zecchino ancora aggiunge: 'bisogna aggiungere poi, che se lo zecchino di Belmonte è moneta rara, quello di Porcia lo è incomparabilmente di più, oltre all'essere rarissimo in via assoluta: ci troviamo quindi di fronte ad una moneta che occupa un posto affatto privilegiato nella serie italiana'.1 punto
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Salve @Poemenius, Saluto ancora una volta questo tuo compito arduo ed utilissimo. Immagino che hai già molto cercato, e sono senza speranza per trovarti queste monete rarissime, tra le quali alcune, come lo dici tu, non esistono e sono il risultato di un’identificazione errata del RIC. Se posso aiutarti in questo work in progress, sarà con monete incontrate a caso e che forse vorrai inserire nel tuo database. Due monetine di zecche orientali per Valentiniano III: Cizico con la sua legenda al dativo, DN VALENTINIAO (sic) PF AVG, officina incerta RIC 452. 0,86g, 13 mm. Più interessante, non so se l’avevi già visto: Antiochia 1,35 gr. 13 mm. ANTB in esergo. Un rovescio coniato ad Antiochia fino alla fine del regno di Teodosio II (esiste per Marciano) ma che non è noto al RIC per questa zecca e per Valentiniano III (oltre a Cizico, esiste anche a Costantinopoli)1 punto
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Visto che mi sono state messe in bocca affermazioni che non ho fatto, devo specificare ( per evitare fraintendimenti o conclusioni affrettate fatte da terzi), però prima rispondo ad @odjob: non hai scritto esplicitamente che il giudice deve andarsi cercare i cataloghi d'asta, però hai scritto " Se il Giudice, oggi, non riesce a risalire, tramite fatture ai lotti acquistati è un problema suo e, comunque o lui o l'indagato può chiedere le foto alla casa" il che non fa molta differenza; non condanniamo ebay dal momento che TUTTI acquistiamo ed abbiamo acquistato lì. Generalizzi troppo, tu potrai parlare per Te ma non per TUTTI, infatti io non ho MAI acquistato su EB; Inoltre non è che tutti quelli che collezionano in Numismatica sono rei :TIBERIVS e chi viene indagato lo sono e lo sono stati perchè l'Autorità Giudiziaria ha visto che ha/hanno acquistato qualcosa di dubbio. Fai attenzione a ciò che scrivi, rasenti la diffamazione accusandomi di reato, non sapendo tu minimamente i fatti miei personali ( che di seguito spiegherò) mi ripeto attento alle PAROLE che scrivi, anche se dici "se scrivo è perchè so" cosa sai dei miei fatti di accusarmi di reato? Lasciamo @odjob alle sue parole ed alle sue certezze, e per beneficio dei partecipanti del forum, vi spiego la via vicenda. Nel 2017 decisi di vendere la parte di collezione di monete classiche, niente di raro, conservazioni alte, composta da circa sessanta denari del primo impero e da alcuni aurei. Li affidai ad una notissima e stimatissima Casa d'aste dell'Italia settentrionale, che svolse egregiamente il suo lavoro con piena soddisfazione del sottoscritto. Malauguratamente circa una ventina di queste monete, furono acquistate da collezionisti stranieri, e qui iniziò la via crucis per me ma soprattutto per la Casa d'aste, che dovette chiedere l'autorizzazione per l'espatrio. Mi vennero richieste le fatture delle singole monete, e successivamente per sviluppo delle indagini, anche la provenienza fotografica. Per fortuna ho conservato ogni singolo catalogo d'asta ed ho potuto dimostrare tutto quanto richiesto. ( chissà se avessi acquistato le stesse monete negli anni '90/2000 su EB, in che mare di problematiche mi sarei trovato...) La vicenda si è protratta per quasi due anni, comunque felicemente risolta, ( non sono MAI stato indagato contrariamente da quanto afferma @Odjob) non ho mai dovuto ricorrere alla competenza di uno studio legale, la questione non mi è costata un centesimo, voglio precisare che per le restanti classiche, vendute in Italia, nulla mi è stato richiesto. Non voglio demonizzare EB, sul quale vi sono Numismatici che vendono in piena regola e con certificazione, ma vi è anche una marea di " personaggi" poco trasparenti, dai quali non acquisterei neppure un bottone. Nella speranza di essere stato abbastanza chiaro, saluto tutti augurando un Buon Anno. TIBERIVS1 punto
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Quando scrivi, se non è di troppo sforzo, devi essere più preciso e non generalizzare, soprattutto quando si parla di ebay e magari di monete antiche. Magari, serve anche specificare che ci sono venditori professionali su ebay (italiani), che oltre al negozio fisico storico (e che vende già monete antiche rilasciando le carte in regola), hanno appunto anche negozio su ebay. Questi possono essere una garanzia di acquisto (in quanto a richiesta ti rilasciano le certificazioni apposite), altri no. Quindi dire che se "acquisti su ebay....." non è completo e non tutela il potenziale acquirente. poi .."l'Autorità Giudiziaria ha visto che ha/hanno acquistato qualcosa di dubbio....", vero, ma tu che acquisti, se non sai dove lo fai e da chi, rischi inutilmente...... serve prevenzione e sicurezza, e non basta salvarti la schermata della vendita... Poi, se qualcuno ti corregge (e non per farti cadere le braccia..), non è persecuzione, ma corretta informazione, visto soprattutto l'argomento estremamente sensibile......1 punto
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E' la domanda cardine, quella che dimostra la mala fede di tutta la struttura investigativa. Andare allo scontro con le case d'asta (soprattutto straniere) richiede un grosso rischio con scarse probabilità di successo; viceversa risulterà agevole colpire individualmente ogni singolo collezionista (presentandolo come un predatore di beni statali) ben sapendo che la maggior parte anche se onesta e in regola, non reggerà all'iter burocratico giudiziario assurdo ed infinito della giustizia penale e civile italiana. Non essendo previste sanzioni per chi sbaglia da parte della polizia giudiziaria e da parte della magistratura inquirente, sanno che converrà cedere per non scendere in un girone infernale.1 punto
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