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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 10/05/22 in tutte le aree

  1. Non so come possano averla identificata come Contea del Tirolo, forse per l'aquila, che però non è quella tirolese, ma quella polacca. Infatti la moneta è: Kazimierz Jagiello 1447-92 Danzica Scellino D/ + KAZIMIRVS REX PO, scdo con l'aquila R/ (anello) MONETA CIVIT DAN, scudo con stemma della città di Danzica Rif.: Gumowski 458 Arka Diligite iustitiam
    7 punti
  2. Ettore Gucciardo, L'usura nel medioevo, Edizioni ETS. Allego l'indice e un estratto del libro. 3198.pdf
    3 punti
  3. Non è una stranezza, la moneta è proprio così, in quanto il rovescio raffigura un desultor. Il desultor era la persona abile a saltare da un cavallo all'altro. Si trattava di prodezze di equitazione diffuse negli spettacoli romani, ma che avevano anche una versione guerriera, da usare in battaglia.
    3 punti
  4. Accontentato😊.........che problemi dovrebbe avere?????
    2 punti
  5. Salve, Aquila, Ladislao di Durazzo 1386 - 1414 bolognino, variante con stellina a fine legenda del dritto, censito dallo scrivente su Monete Antiche , lettere errate AAQL , RRRR
    2 punti
  6. Tabella dei pesi aggiornata 3 GRANA 14,70 16,20 16,23 16,27 16,70 16,71 16,73 16,75 16,80 16,92 17,13 17,26 17,27 17,30 17,31 17,39 17,50 17,57 17,62 17,63 17,71 17,73 17,81 17,86 17,89 17,99 18,01 18,14 18,16 18,18 18,28 18,33 18,48 18,53 18,59 18,60 18,71 18,83 19,04 19,12 19,52 19,57 22,95 media gr. 17,81 GRANA 3 15,15 15,39 16,06 16,22 16,51 16,75 17,16 17,18 17,22 17,31 17,47 17,61 17,72 17,84 17,94 18,01 18,07 18,11 18,21 18,23 18,29 18,38 18,39 18,44 18,56 18,63 18,71 19,11 19,12 19,18 19,22 19,47 19,66 19,78 20,15 20,68 20,73 21,88 21,91 media gr. 18,29
    2 punti
  7. E' la lettera Φ (phi). Il tuo denario pare come questo (asta Kunker 51, lotto 30): Õ-Denar, 88 v. Chr. Rom, C. Marcius Censorinus; 3,89 g. Köpfe des Numa Pompilius und des Ancus Marcius nebeneinander r.//Zwei Pferde r. auf dem einen Desultor, unten Φ. Bab. 18; BMC -; Crawf. 346/1 e; Syd. 713 c.
    2 punti
  8. La moneta, con un pedigree di tutto rispetto (ex coll. de Nanteuil: Leu 11, 2020, 41), proviene da una coppia di conii per la quale già Noe schedava appena 6 pezzi (gruppo H, n. 124). La rarità del pezzo è inoltre comprovata dall’assenza di esemplari (almeno a quanto mi risulta) della serie 124 nei ripostigli noti e sul mercato antiquario. La cronologia del gruppo H dopo varie revisioni cronologiche, soprattutto ad opera di Kraay, sembrerebbe potersi fissare nell’ultimo quarto del V secolo, come sembrerebbe indicare anche la legenda nella forma allungata resa con lettere ioniche (almeno per omega in quanto la desinenza, non visibile su alcun esemplare, potrebbe essere sia - che - ). I tondelli presentano un diametro di circa 22-21 mm. Sia i tipi che la legenda (al R/) risultano parzialmente fuori campo su entrambi i lati. Aggiungo qualche ulteriore pezzo del catalogo Noe: London, BM 1896-0703.20 (Noe 124.a: gr. 7,80) Paris, BN, de Luynes 695 (gr. 7,68. Noe 124.e: gr. 6,68) London, BM 1946-0101.584 (Lloyd: gr. 8,03) Erroneamente citato come Lloyd 554 in Noe 125
    2 punti
  9. Saluti a Tutti, Ormai questo Grana 3 lo chiamo “Murat con il pizzetto retrogrado”. Cristiano ha postato la sua bella moneta, complimenti. Quasi contemporaneamente ne ho acquisita una e cercando nelle Aste ho notato che non sono sole. Se il pizzetto fosse stato nel solito posto, la somiglianza sarebbe stata notevole con Aramìs dei Tre Moschettieri oppure, restando nel campo della Numismatica, con il Sabaudo Carlo Emanuele I° 😄 Ecco la mia moneta: Probabilmente è una frattura del conio che ha portato ad un' eccedenza di metallo. E' una curiosità, non certamente una variante. Queste sono le sorelle che ho scovato sul Web: Difficile stabilire la successione temporale delle quattro monete, in quanto l'usura ha appiattito il difetto. Sicuramente provengono dallo stesso conio. Buona Giornata, Beppe
    2 punti
  10. Salve a tutti, condivido le varianti 1831 e 1836 con il "taglio del collo lineare". Una curiosità: qualche anno fa, alla pagina 6 di questa discussione é stata postata un'altra 1836 "collo lineare".
    2 punti
  11. Qualche piccola aggiunta. All’interno del catalogo Noe-Johnston (1984) la coppia di conii n. 140 veniva documentata da 4 esemplari: Il primo, che è anche quello illustrato nella tavola del Noe (pl. XI, 140), proviene dal ripostiglio rinvenuto a Curinga nel 1916 (IGCH 1881), edito nel 2004 dalla Spagnoli (cat. n. 33), benché con dati pondometrici più elevati (mm. 28.5, gr. 8.15) rispetto a quelli di Noe (mm. 27, gr. 8.02) a seguito di una verifica autoptica, come avverte la studiosa (p. 75, nota 48). (da Spagnoli 2004, tav. IV, 33) Il secondo pezzo faceva originariamente parte della coll. de Sartiges (Hirsch XI, 1904, 40) per poi confluire in progresso di tempo nella coll. Salton. E’ stato recentemente venduto da Stack's (January 2022 NYINC Auction, 14.01.2022, 4055: gr. 8,09). https://www.acsearch.info/search.html?id=9001506 Del terzo esemplare non dispongo attualmente di riproduzione fotografica. L’ultimo si trova al British Museum (BMC 13 erroneamente BMC 12 in Johnston 1984) ed appare in cattivo stato di conservazione. BMC 13 (gr. 5,922) Presented by Mr. J. Doubleday Sept. 27th 1845
    2 punti
  12. " Apparently unrecorded die " ed RRR : così nella descrizione di un particolare esemplare di statere incuso di Poseidonia, con al diritto etnico retrogrado e simbolo delfino . Sarà il 5 Novembre in vendita Artemide LVIII al n. 66 .
    1 punto
  13. Tallero di Pisa anno 1608 tipo di Giulio Cf. non compare nelle aste in sixbic-coin-archive. il Di Giulio non dà indicazione di raritÀ, ma riporta che è assente nel CNI. non ho il MIR qui adesso e non possiedo il Pucci. qualcuno può darmi ulteriori riferimenti in merito ad altre attestazioni?
    1 punto
  14. Ottima ricerca! per me si doveva andare direttamente in Spagna! In buona sostanza, qualora la medaglia fosse autentica, si tratterebbe di questa: Peccato non avere i dati ponderali di entrambe.
    1 punto
  15. Eccomi di ritorno dopo qualche ricerca: Da quel che ho trovato online si tratta di una Medalla de Proclamación. Si tratta da quel che ho capito di coniazioni locali di medaglie commemorative per la proclamazione dei sovrani spagnoli, se ne conoscono da quel che ho visto da Carlo III a Carlo IV. Sono tutte di fattura rozza come la medaglia oggetto della discussione e sono riconducibili in legenda a varie località spagnole. Eccone alcuni esemplari da aste spagnole con in legenda Granada, Andujar o Cumanà per la proclamazione di Carlo III nel 1759: https://www.aureo.com/es/subasta/0354# Ma soprattutto allego di seguito anche un interessante articolo scaricabile in PDF su queste coniazioni di Proclamación dove è riportata proprio la medaglia di questa discussione nella tavola al numero 3 con l'indicazione in legenda Marsella appunto, che oltretutto più che Marsella sembra un Marbella (https://it.wikipedia.org/wiki/Marbella): https://dialnet.unirioja.es/servlet/articulo?codigo=3128724
    1 punto
  16. Domani chiedo al mio amico di farmi fare altre foto del bordo e mi porto una bilancia elettronica per pesarla.
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  17. Sembra un oggetto interessante. Concordo con @Asclepia che la fattura sembra coeva alla data riportata e anche secondo me il materiale potrebbe essere argento. Escluderei la monetina da merendine perchè solitamente imitano delle monete vere e qui questo tondello non pare assomigliare a nessuna moneta di preciso. Fatto non irrilevante inoltre le legende sono tutt'altro che scontate e non capisco bene a cosa si riferiscano, non credo siano parole a caso ma penso anzi abbiano un ruolo preciso, una moneta da merendine non avrebbe legende così insolite e specifiche a mio avviso. Penso possa trattarsi di un qualche gettone o medaglietta, tutto da scoprire il suo scopo ma interessante secondo me Potrebbe trattarsi di qualcosa del genere: Una coniazione molto locale con finalità commemorativa https://www.numismaticodigital.com/noticia/7011/articulos-medallistica/una-medalla-conmemorativa-de-la-proclamacion-del-rey-carlos-iv-en-la-isla-de-tenerife.html
    1 punto
  18. Grazie Rocco, sembra essere questa moneta, solo che è di rame. Io infatti cercavo nelle monete di rame e non trovavo nulla di simile. Le scritte corrispondono, solo che non mi spiego il metallo differente. Forse un falso d’epoca come dicevi tu?
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  19. Guarda …..non serve minimamente la lente, tranquillo Ok che faccio male le foto, ok leggere male una foto, ma farlo pure con 2 diverse……. Poi ovviamente non devo convincere nessuno di nulla, ci mancherebbe, chiunque è libero di commentare come meglio crede
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  20. Mah… delle due l’una secondo me: o un po’ di forfora oppure alopecia…😇😉
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  21. Grazie @VALTERI per le sempre stimolanti discussioni. La moneta è rara ma proviene da una combinazione di coni non nuova al mercato antiquario: Chaponnière & Firmenich SA, 7, 2016, 8 (ex Hirsch XXX, 1911, 203) Se ne è discusso proprio sul forum mesi addietro:
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  22. Grazie a tutti di essere intervenuti. Avevo delle idee in proposito e me le avete confermate, a parte il discorso prezzi, che è sempre un po' particolare, ognuno ha le proprie fonti ed opinioni, personalmente un fdc con busta della zecca a meno di 10.000 al momento non lo trovo. Si tratta di un acquisto importante che valuterò dal prossimo mese, ma se sarò nelle condizioni potrei farlo; a quel punto mi rivolgerò nuovamente alla community dove siete in tanti ad avere molta più esperienza di me. Buona serata a tutti Lucas
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  23. Sicuramente,ma @borbonik dalla sua ha il fattore tempo. Risale a molti anni fa. Se un giorno la fará veder a qualcuno,ci toglierá la curiositá😉
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  24. Buonasera Cecco, dovrebbe essere una Cinquina di Filippo III per Napoli... La seconda immagine è capovolta. Saluti, Rocco.
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  25. Mi sembra doveroso fare un po' di chiarezza. Le moneta classificata da Crawford al n. 346/1, corrispondente a quella classificata da Babelon e Sydenham, ha numerosissime varianti a seconda che ci sia o meno un "qualcosa" di controllo e questo "qualcosa" fosse un marchio, un simbolo, una lettera greca o un numerale romano: vedete in proposito la scheda citata da #apollonia. Ovviamente, sia le lettere, sia i simboli, sia i marchi sono di più generi differenti. Ciò non toglie che, con ogni verosimiglianza (ma sarebbe più corretto scrivere "con certezza"), fosse una sola emissione, rilasciata dal medesimo monetario nel medesimo anno. Per questa ragione non può essere sbagliata l'attribuzione al Crawford a seconda che sia una lettera o un simbolo (al più, è 346/1d anziché 346/1f, ma sempre 346/1) e, sempre per questo, gli autori precedenti non facevano una sotto-classificazione. I marchi/simboli/lettere/numerali di controllo servivano, probabilmente, a distinguere i conii, per motivi oggi sconosciuti (probabilmente di natura contabile); sarebbe insensato su questa sola base dire che si tratta di emissioni diverse (un po' come dire che due autovetture non possono essere entrambe Alfa Romeo Giulia perché hanno colori diversi). Sul desultor si può leggere qualcosa anche qui https://www.lamoneta.it/topic/101634-denario-di-l-calpurnius-piso-frugi/#comment-1141162 Infine anche io concordo sul fatto che sia una "phi". Mi sembra infatti molto più probabile che l'incisore abbia tracciato fuori asse la "gamba" della "phi", piuttosto che pensare che abbia allungato quella della coppa. Inoltre, non è sicuro che le lettere greche fossero qui usate nel senso di numerali: anzi mi sembra strano, perché in tal caso dovremmo trovarle tra loro accoppiate per formare anche i numeri 2, 3, 4 etc.; se quindi è usata come lettera, sarebbe strano che sia stata utilizzata la qoppa, ormai sparita dall'alfabeto ionico canonico.
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  26. Esemplare molto bello Tianyi, veramente! Comunque hai ragione: è quasi la stessa cosa. Però quella che tu mostri è una perizia (autenticità), con grading, quello degli slab solo grading. Inoltre trovi una firma, ovvero un professionista con un nome ed un cognome, che attesta l'autenticità e qualità del pezzo, mentre NGC o PCGS valutano in modo anonimo. Infine una bustina permette di valtare meglio la moneta (anche il contorno) contrariamente ad uno slab. Tuttavia hai fatto benissimo a "liberare la moneta": è quanto faccio anch'io in tutti i casi. A wonderful coin, Tianyi, really! But you are right: it is almost the same thing. What you show us is an expertise (authenticity), with a grading, slabs only express grading. You will also find a signature, i.e. a professional dealer with a name and a surname, who certifies the authenticity and quality of the piece, while NGC or PCGS evaluate anonymously. Finally, a plastic bag allows you to better evaluate the coin (also the edge) unlike a slab. However, you behaved very well "freeing the coin": that is what I generally do myself!
    1 punto
  27. Concordo con te 👏🏽 a volte su blog/social/wup la comunicazione e’ molto poco fluida. sarebbe uni studio interessante riuscire a stimare quanto della comunicazione verbale scritta perde rispetto ad un’interazione verbale ( con tutto il non verbale connesso) che avviene in presenza
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  28. Ciao ragazzi no, non intendo “rovescio” nell’accezione di “cocente sconfitta”, stile Waterloo ad esempio visto il protagonista del post, 😂 ma parlo del R, ovvero di quella magnificenza di decoro artistico 👌che è rappresentato al rovescio della tipologia di cui questo 5 lire 1808 Milano di Napoleone Bonaparte Re d’Italia è degno esponente. Quando la conservazione è a questi livelli, il perdersi a contar le piume, le gemme della corona e i dettagli dei simboli inquartati è una vera goduria per gli occhi.😳 Questo esemplare, come avviene abitualmente, presenta il R migliore rispetto al D, il quale peraltro anche lui si difende abbastanza benino. 🧐 È il 1808 Milano un millesimo comune (non il più reperibile in verità, ma non è certo il 1807) ma così diventa assai raro da trovare. La patina sui fondi lucenti è omogenea e presenta qualche cenno di colorazione. Tra i graditi commenti che mi aspetto sono particolarmente ansioso, se ne ha voglia, di leggere quelli dell’amico @lorluke, profondo conoscitore e grande estimatore dell’Imperatore Corso e della sua affascinante monetazione. 🤗 che leggo sempre con piacere e riconoscenza. Buona serata a tutti 🙏🏼
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  29. Saluti a tutti, @nikita_ riporto in tabella il peso che ho trovato nelle varie Aste ( come già rilevato purtroppo gran parte non lo riportano ) e da privati collezionisti. Ho inserito una colonna ( NOTE ) per evidenziare la provenienza, qualora possibile. Rinnovo l'invito agli amici del Forum nel rendere condivisibili i dati ponderali di questa tipologia. Grazie e Buona Serata.
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  30. Come straniero che ama le monete di Napoleone, devo dire a tutti che questa scultura della testa di Napoleone è la mia preferita. Penso che sia buono come il tuo 1807 M 5L precedente, condizione molto rara. È un peccato che non ho mai avuto l'opportunità di ottenere un tipo di 5L in buone condizioni. Ho diverse lire 5 del secondo tipo, ma ne ho solo uno del primo tipo.
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  31. Cosa vuol dire togliere la lucidatura? Le monete "lucidate" sono semplicemente pulite se fatto bene cioè senza lasciare segni vari. Il tempo ridarà una leggera patina su una moneta usurata se è stato fatto su un FDC o SPL allora hanno tolto tutto o in parte il lustro originale e quello non tornerà più, in questo caso la moneta è stata peggiorata irrimediabilmente.
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  32. Un non comune esemplare di statere di Caulonia a doppio rilievo, con al diritto Apollo offerente su un cippo con piccolo toro . Sarà il 1 Novembre in vendita BussoPeus 433 al n. 1067 . Unisco la descrizione della tipologia, in H.N.Italy di Rutter al n. 2058 .
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  33. E' una battitura decentrata fuori virola. Le scritte in incuso sul contorno vengono fatte in fase di produzione del tondello attraverso una particolare macchina orlettatrice (come i FERT del Regno). La zigrinatura viene incisa dalla virola. Essendo una battitura decentrata fuori virola il contorno riporta le scritte in incuso ma non la zigrinatura
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  34. I marchi di controllo spesso erano lettere greche, ma anche simboli o numeri. Qui un interessante articolo (purtroppo in inglese) sui marchi, che tratta anche degli studi del Crawford sul denario 346: https://brooklynsabbatical.files.wordpress.com/2014/01/witschonke-2012-die-marks-rbn.pdf
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  35. Peus 386, 2006, 24 (ex Auc. 382, 2005, 25: gr. 8,13) Peus 380, 2004, 103 (gr. 8.11)
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  36. La lettera è probabilmente un Phi sciatto--RRC296/1f
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  37. Le immagini non sono quelle di Gadoury ma la moneta dovrebbe essere quella... Mario p.s. dovrei avere anche le immagini di un esemplare di Firenze (o presunto tale), se interessano le cerco.
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  38. Sono dovuti al rame che la moneta contiene in lega con l'argento.. Normalmente escono quando la moneta è conservata nei fogli di plastica, non è pericolosa come patina; se non piace, può essere rimossa usando una goccia di limone e strofinando coi polpastrelli, riasciaquare e asciugare tamponando (non strofinando) con un panno morbido.
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  39. Fa un certo effetto vedere delle monete inglesi con un ritratto diverso da quello di Elisabetta.
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  40. La figura al rovescio è Mên, con il berretto frigio: https://rpc.ashmus.ox.ac.uk/coins/9/1271
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  41. Buongiorno...pare una piccola medaglia/gettone, a me sembra coevo e originale giudicando fattura e foggia. Mi ricorda qualcosa che ho già visto in qualche asta spagnola, Aureo e Calicò e simili...ma non riesco a mettere a fuoco il ricordo. Di certo non una moneta giocattolo o da merendine. Saluti. p.s. sembra argento e questo esclude monete giocattolo.
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  42. Ho letto da più parti che ne esistono diverse varianti e zecche. Questa qui in foto credo sia tra le più comuni. Mi piacerebbe sapere ulteriori notizie a riguardo le varianti della zecca di Roma e cortesemente bibliografia di riferimento se ce ne. grazie
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  43. Buongiorno ancora amici...domanda, tanto per fa un pò il professorino ...scherzo ovviamente. Ma quante varianti si conoscono del GRANA 3 con stella?? Nel mentre vi posto il mio ultimo acquisto, non è particolarmente rara, tra le varianti con stella c'è ne sono di ben più rare, ma appunto mi mancava e ultimamente ho la trovavo troppo cara, o troppo brutta...così ho portato a casa questa, la conservazione per il tipo è buona e allora me la sono accattata: GRANA 3 I8I0 , lettera I in data al posto della cifra 1, stella come simbolo e data non spaziata. Un caro saluto Cristiano. Eccola:
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  44. Buonasera a tutti, @gennydbmoney bello il tornese del 1677. Interessanti le note relative a Carlo II. Una vita non facile la sua. Stasera posto il mio unico Argento di Carlo II . Un Tari del 1694. Un anno nefasto per Napoli e parte del meridione, cercando qualche notizia sono stato attratto da quello che vado a riportare. Fonte Wikipedia e ISTITUTO NAZIONALE DI GEOGRAFIA E VULCANOLOGIA. I paesi menzionati sono gli stessi del Terremoto del 1980 che ben 300 anni prima hanno subito la stessa sorte. Il terremoto dell'Irpinia e Basilicata del 1694 colpì gran parte dell'Italia meridionale: circa 9.500 km² tra le province di Avellino e Potenza. Tra i comuni più colpiti vi furono Sant'Angelo dei Lombardi, Lioni, Conza della Campania, Muro Lucano, San Fele, Calitri, Bisaccia e Picerno. Il sisma di magnitudo 6,87 si verificò alle ore 18:45 dell'8 settembre 1694, e durò circa un minuto causando circa 6.000 morti. A Napoli si verificò anche uno tsunami. Le ricerche archivistiche A partire dai primi anni 1990, per migliorare le conoscenze su questo evento, sono state condotte approfondite ricerche sulle fonti archivistiche, che hanno consentito di integrare e precisare notevolmente le informazioni sugli effetti subiti dalle località dell’area colpita e di ricostruire il quadro dell’impatto che il terremoto ebbe sulle popolazioni. Dallo spoglio della documentazione amministrativa conservata all’Archivio di Stato di Napoli non sono emerse le relazioni sui danni inviate dalle autorità periferiche (presidi e percettori provinciali) al governo centrale. Probabilmente tale documentazione è andata perduta o dispersa nelle distruzioni belliche subite dall’archivio napoletano. Tale grave lacuna è stata in parte compensata dalla documentazione reperita in Spagna all’Archivo General de Simancas che, insieme alla corrispondenza intercorsa tra il viceré di Napoli, Francisco de Benavides conte di Santisteban, e il re di Spagna, Carlo II d’Asburgo, conserva copie delle relazioni inviate a Napoli dai presidi delle Udienze di Principato Ultra, Principato Citra, Basilicata e Capitanata corrispondenti all’incirca alle attuali province di Avellino, Salerno, Potenza e Foggia. Saluti Alberto
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  45. Buongiorno un paio di carlini giusto per gradire
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  46. Ben volentieri condivido una delle ultime entrate in collezione sul fronte delle "beneventane" in argento. Agli occhi dei più "esperti" l'ardua sentenza.... Lotto 25 dell'asta Varesi n. 79 del 10-11/05/2022 di cui allego foto (sito web) e descrizione in catalogo: BENEVENTO - GRIMOALDO III, Principe (788-806) Denaro MIR 196 Ag g 1,58 mm 19 RRRR • Bellissimo esemplare con patina di vecchia raccolta SPL. Su tale Principe (https://www.treccani.it/enciclopedia/grimoaldo_(Dizionario-Biografico)? Principe di Benevento, primo di questo nome, era figlio del duca Arechi (II) e di Adelperga, figlia di Desiderio, re dei Longobardi, un'unione che avrebbe fortemente contribuito a indirizzare la politica del giovane principe. Suo padre era salito al trono ducale verso la fine degli anni Cinquanta dell'VIII secolo, poco meno di vent'anni prima della caduta del Regnum Langobardorum a opera di Carlo Magno. Gli anni della giovinezza di G. - la cui data di nascita potrebbe essere collocata entro il settimo decennio del secolo - furono segnati dal progressivo deterioramento dei rapporti con il re franco. Il padre di G. aveva contribuito a rinnovare e a potenziare il potere ducale ponendosi per molti aspetti sullo stesso piano di una figura regia con tutto quello che ciò implicava, e non solo nel quadro di una politica tradizionalmente indipendentistica dal Regnum. Aveva infatti radicalmente mutato il valore della sua titolatura da ducale a principesca, esprimendo così un più alto senso della propria autorità e imponendosi quale effettivo erede della tradizione regia longobarda. Sue dunque erano le nuove, altisonanti definizioni del potere quasi-regio in area beneventana dal 774; e sempre sue furono le migliorie legislative che con un predicato, sia pure non propriamente regio, apportò al già cospicuo corpus di leggi emanate dai re longobardi. Migliorie, che - sebbene inquadrate in un contesto storico-geografico relativamente ristretto e in un panorama politico particolare - furono pur sempre pensate in una prospettiva che, va ribadito, era decisamente quasi-regia. Riforme in linea con l'aulico programma e con la nuova coscienza principesca beneventana vennero attuate anche in campo monetario, nei rapporti con l'episcopato locale e la Chiesa romana, negli usi cancellereschi e nel cerimoniale di corte. Studi recenti (Albertoni, p. 23; Gasparri, p. 110) hanno ribadito l'estraneità dei Beneventani alla sfortunata sommossa antifranca del 776, anche se l'assenza di prove, nelle fonti documentarie e cronachistiche, di una complicità del padre di G. non basta certo a fugare tale sospetto. Tuttavia, l'orgogliosa insofferenza del Ducato meridionale nei confronti del potere franco doveva apparire una vera e propria sfida. Carlo d'altra parte, pressato dalle richieste di intervento della Chiesa di Roma, si accordò anticipatamente con papa Adriano I per la donatio di quell'area al Patrimonium S. Petri. Per mantenere un certo equilibrio politico-territoriale locale raggiunse inoltre un'intesa con i Bizantini e, infine, con l'indipendente Ducato napoletano. Nel 787 Carlo, benché forse non del tutto convinto a invadere il Beneventano, territorio che nel complesso mosaico di dominazioni in area meridionale poteva servirgli da cuscinetto, specie nei confronti dell'Impero orientale, dopo una rapida avanzata raggiungeva il Ducato apprestandosi a occuparlo. Arechi, per scongiurare rappresaglie franche, inviò sia doni al nemico sia, quali ostaggi, due suoi figli: G. e Adelchisa (il Poeta Saxo, Vita, II, ad annum 786, si riferisce invece all'invio di G. e di suo fratello Romualdo). La fedeltà giurata del duca al sovrano poneva momentaneamente fine alle ostilità con i Beneventani. Anche Carlo auspicava questa pace sia perché si era imbattuto in una decisa quanto inaspettata resistenza dei Longobardi di Capua, sia in quanto temeva, e con ragione, un'assai prossima ribellione dei Bavari del duca Tassilone (III). Si trattava di episodi che, se concomitanti, avrebbero reso problematica la difesa, se non la permanenza, di truppe franche in Italia, intrappolate tra due fronti nemici. Pochi mesi dopo, nell'agosto 787, Arechi moriva lasciando vacante il trono per la prematura scomparsa di suo figlio Romualdo (luglio 787) che avrebbe dovuto succedergli. G., che nel frattempo era stato condotto da Carlo alla corte di Aquisgrana, ottenne dal re franco di poter tornare a Benevento, dove la reggenza era stata presa da Adelperga, esaudendo così le reiterate richieste di lei e dei locali magnates in tal senso. G., a questo scopo, dovette giurare fedeltà a Carlo facendo giurare anche il suo popolo e promettendo altresì, una volta giunto in patria, di porre il nome del sovrano franco sui diplomi e le monete che avrebbe emesso. Tra le condizioni di Carlo cui G. non acconsentì una volta giunto in patria con l'incarico di amministrare il Principato - non è noto se per legame vassallatico - ci furono invece il taglio della barba ai suoi uomini e l'abbattimento delle mura di Salerno, Conza e Acerenza anche se va osservato che non si è certi, per quest'ultimo punto, della bontà delle fonti e dell'eventuale accoglimento di tale proposta da parte del principe. Giunto a Benevento, G. inaugurò il suo governo rendendo grazie in cattedrale; l'inizio del suo principato è collocato concordemente (da Di Meo a Schipa, da P. Bertolini a Gasparri) nel maggio del 788, come appare dalla datazione del primo diploma da lui emanato, ma questa data non trova riscontro negli annali e nelle cronache locali che pure descrivono gli avvenimenti del tempo. Né Erchemperto infatti, né gli Annales Beneventani, né Romualdo Salernitano né il Chronicon Salernitanum offrono chiari ragguagli sul preciso momento in cui G. pervenne al potere. È stato giustamente supposto, al riguardo, che, tacendo i particolari dell'assunzione al trono di G., si evitava abilmente di chiarire il ruolo decisivo ricoperto al proposito dal sovrano franco (P. Bertolini, pp. 34 ss.). G. optò per il temporaneo mantenimento di una linea politica che, per quanto possibile autonoma, pur nella formale dipendenza dai Franchi, in breve lo rese ostile alle ingerenze papali e a quelle bizantine. Il papa Adriano I, dal quale si erano recati in ambasceria alcuni longobardi capuani restii a sottomettersi a Carlo, aveva nel tempo chiaramente fatto intendere, con la sua politica genericamente antilongobarda ancor più che filofranca, di avere delle mire verso i territori della Campania, tra il Liri e il Volturno. D'altra parte G., sottomettendosi ai Franchi e favorendone la politica, aveva in un certo senso reso più difficile quell'espansione a Sud cui il Papato avrebbe invece mirato, specie stando alle promesse e agli accordi con Carlo Magno, stipulati a metà degli anni Settanta. Nel 788, durante il suo primo anno di principato, G. ebbe occasione di adempiere fattivamente al giuramento di fedeltà a Carlo. Il re franco aveva infatti rifiutato la proposta della corte orientale, che avrebbe desiderato ottenere per promessa sposa del giovane imperatore Costantino VI una delle figlie di Carlo Magno. Lo sdegno bizantino sfociò in una spedizione punitiva organizzata ai danni di alcuni territori ormai franchi, come quelli beneventani. G. si impegnò vigorosamente a favore dei Franchi contro i Bizantini, particolarmente in Calabria. Probabilmente verso il 791, con una politica oscillante nelle sue alleanze, G. si unì in matrimonio con Ewanzia che, per Erchemperto (cap. 5; Chronicon Salernitanum, cap. 13), sarebbe stata una nipote dell'imperatore Costantino VI, mentre in realtà era cognata di quest'ultimo. L'unione tuttavia, è bene sottolinearlo, coronava un più articolato progetto di politica matrimoniale che era stato pianificato e parzialmente concordato, a suo tempo, dal padre di G. con l'imperatore d'Oriente. È altresì da rimarcare, nella disinvolta politica estera di G., il tentativo, momentaneamente riuscito, di scollare il Principato beneventano dall'orizzonte piatto di un'alleanza con la Corona franca, alleanza che sarebbe comunque stata senza speranze di autonomia. Da quel momento (791) cominciarono le incursioni franche in territorio beneventano ma, come è stato ampiamente posto in rilievo dall'attuale storiografia, si trattò di una serie di scaramucce senza gravi conseguenze per i contendenti. In un primo scontro G. ebbe facilmente la meglio sulle truppe condotte da Winichis, duca franco di Spoleto che, dopo una rapida penetrazione tra Abruzzo e Molise con l'occupazione dei gastaldati di Chieti e Ortona, venne fermato e catturato da G. a Lucera. Dall'unione con Ewanzia almeno per qualche tempo si ebbe un riavvicinamento alla corte orientale ma, come non manca di sottolineare Erchemperto (cap. 5, che tuttavia non chiarisce i motivi di un probabile disagio nella coppia), tra i due coniugi in pochi anni (forse nel 795) l'amore si trasformò in odio. Il ripudio di Ewanzia avvenne probabilmente durante i continui scontri con i Franchi. Era stato reso possibile, sempre secondo Erchemperto, dall'occasio, realistica, dell'opposizione d'Oltralpe all'unione di G. con la principessa bizantina, fatto che parve un chiaro riavvicinamento beneventano alla corte orientale. Forse il ripudio, cui già era ricorso l'imperatore, che a sua volta aveva lasciato la moglie (sorella di Ewanzia) per risposarsi, significò per G. la possibilità di far cessare le incursioni franche (ibid., dove acutamente si rileva la sua astuzia). G. mirava così al duplice riconoscimento, e dei Carolingi e di Costantino VI, per l'ossequio dimostrato a entrambe le corti. Narrando delle ostilità tra G. e i Franchi (in Italia ormai sotto la guida di Pipino), la partecipazione emotiva di Erchemperto, sebbene scrivesse a distanza di circa un secolo dagli avvenimenti, è fortissima: è palese il suo entusiasmo per l'indipendentismo dimostrato da G. quando usa, in senso partecipativo, la prima persona plurale (cap. 6). Non mancarono momenti di maggiore tensione quando alle azioni di guerriglia - perché di questo realmente si trattava - da parte franca parteciparono anche Pipino e Ludovico, figli di Carlo Magno (probabilmente nel 793, e ancora tra l'800 e l'801). L'entusiasmo per la fermezza di G. che risalta nelle pagine di Erchemperto non corrispose, nei fatti, a un sostanziale mutamento della situazione, che si mantenne più o meno invariata, in una sorta di stallo nel panorama politico meridionale. La tensione antifranca aveva caratterizzato i suoi circa diciotto anni di principato, dal maggio del 788 all'aprile dell'806, quando, morendo senza lasciare eredi diretti, gli succedette il suo "storesaiz" (probabilmente il tesoriere), Grimoaldo, che proseguì decisamente la linea politica del suo predecessore cercando di mantenere indipendente il Principato dall'ormai esteso dominio dei Carolingi. Quella della morte di G. è un'altra data che ha dato origine, dal Settecento a oggi, a una serie di complicate riflessioni sulla cronologia ducale-principesca beneventana, senza che tuttavia siano mai state rilevate delle particolari variazioni, se non nel riferimento al giorno della settimana o al mese. Saluti, Domenico
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  47. ciao Aldo, credo che il MIR sia un opera importante e probabilmente il primo tentativo di una rivisitazione o aggiornamento del Muntoni, ma non può contemplare tutte le particolarità e varianti della monetazione Pontificia, questo richiederebbe a mio avviso un CORPUS dedicato.... Magari si potrebbe tentare un aggiornamento simile specifico per le Sedi Vacanti....? concordo con la rarità di questo Giulio, ne ho censito qualche esemplare.....e visto che siamo in tema di varianti rare e non contemplate, segnalo che questo Rarissimo tipo, AL. anzichè ALMA, esiste anche nella variante ancora più rara con al dritto 155V anzichè 1555 (manca anche nel Muntoni....) Daniele
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