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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 05/14/22 in tutte le aree
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Oggi vi parlo di questa moneta che ho acquistato recentemente in asta e che ho trovato un po’ per caso (se così si può dire) girando in rete, attratto dalla tipologia che, onestamente, non conoscevo. Come sempre accade, la moneta e’ stata poi lo spunto per un personale approfondimento che ho il piacere di condividere ora con voi. Eccola: Antoniniano, zecca di Antiochia. Peso: 3,42 grammi Diametro massimo: 21 mm D/ P COR SAL VALERIANVS CAES: busto di Salonino, radiato e drappeggiato, a destra R/ DII NVTRITORES: il sovrano, stante a destra con il braccio destro disteso e con un bastone (o corto scettro) nella mano sinistra, riceve un globo niceforo da Giove stante a sinistra con un lungo scettro verticale nella mano sinistra ed una clamide che scende dalla spalla sinistra. Salonino, quindi. Vediamone per sommi capi la breve storia partendo dal capostipite della sua famiglia, Valeriano I. Bisogna dire che tutta la faccenda dinastica e’ piuttosto complessa e presenta ancora lati oscuri. Io ho cercato di sintetizzare quelle che ad oggi paiono le ipotesi più plausibili sulla base delle fonti e delle letture che ho fatto, ma non sono escluse altre interpretazioni. Anzi, se qualcuno di voi ne sa di più, ben venga. Valeriano I sposò Mariniana da cui ebbe probabilmente un solo figlio, ovvero Gallieno. Dopo la morte di Mariniana, Valeriano I si risposò con Cornelia Gallonia da cui avrebbe avuto un altro figlio, ovvero Publio Licinio Valeriano, detto talora “Il giovane” che condivise la sorte finale con il suo fratellastro Gallieno trovando la morte in quel di Mediolanum nel 268 durante l’assedio di Aureolo. Sul fatto che Publio Licinio Valeriano sia fratellastro di Gallieno non sono tutti d’accordo; anzi oggi molti tendono a considerarlo secondogenito di Valeriano I e Mariniana. Valeriano I, salito potere nel 253, si associò subito al trono Gallieno e regnò insieme a lui fino alla tragica fine che lo colse nel 260 d.C. mentre era prigioniero di Sapore I, re dei Persiani della dinastia sasanide. Alla morte del padre, Gallieno divenne imperatore unico regnando poi fino al 268, come accennato. Gallieno, in un anno imprecisato, sposò Cornelia Salonina. Dalla coppia sarebbero nati tre figli: Valeriano II (Publio Licinio Cornelio Valeriano) , Salonino (Publio Licinio Cornelio Valeriano Salonino) e Mariniano. Ma su Mariniano ci sono dubbi. Qualcuno dice che il terzo figlio fosse, in realtà, una figlia. L’Epitome de Caesaribus addirittura sostiene che lo stesso Salonino fosse, il realtà, figlio di una concubina di Gallieno di nome Pipa o Pipara, ma questa ipotesi pare poco probabile alla luce dei gentilizi e dei cognomina. Insomma, una Beautiful. Io non vado oltre: sono già negato con le mie parentele, figuratevi con quelle degli altri. Comunque, il dato di fatto e’ che Valeriano I aveva probabilmente intenzione di creare una sorta di dinastia che avrebbe dovuto dare maggior solidità all’impero, limitando, almeno in teoria, il rischio di usurpazioni. Sappiamo, però, come andò poi a finire. Ma questa e’ una altra storia. Ad ogni buon conto, noi abbiamo monete soltanto di due figli della coppia imperiale Gallieno/Salonina: Valeriano II e Salonino. Su Salonino, poi, si sa davvero poco. Come detto, Salonino dovrebbe essere il secondogenito di Gallieno e Salonina e sarebbe nato intorno al 243 d.C. con il nome di Publius Licinius Cornelius Valerianus Saloninus. Quando Gallieno fu associato al trono da suo padre, il giovane primogenito Valeriano II fu nominato Cesare e quando questi morì (forse nella primavera/estate del 258) il titolo passò a Salonino. Era poco più di un bambino (o un adolescente che dir si voglia)…ma si sa…in quegli anni si cresceva in fretta. O meglio, si doveva crescere in fretta. E, infatti, Salonino fu subito inviato in Gallia, sotto la tutela del Prefetto del Pretorio Silvano per proteggere i settori settentrionali dell’impero. Nel 260 d. C. il governatore della Germania Inferiore, Postumo, fermò una invasione di Franchi che avevano saccheggiato alcune città romane. Salonino e Silvano chiesero a Postumo di restituire subito l’ingente bottino recuperato, ma questi non lo fece. Postumo, infatti, fattosi elevare al trono imperiale dai soldati, si ribellò alla autorità imperiale rappresentata in quei territori proprio dal giovane Salonino. La drammaticità della situazione indusse Silvano a spingere per la nomina di Salonino al rango di augusto, al fine di aumentarne la fedeltà da parte delle truppe non ancora schierate con il ribelle ed acquartierate a Colonia, città verso la quale Postumo di stava muovendo. Postumo, dopo un breve assedio, espugnò Colonia (forse favorito anche dal tradimento di alcuni soldati imperiali) e fece mettere a morte Salonino e Silvano, inaugurando il cosiddetto “Impero delle Gallie”. Salonino fu, dunque, anche augusto per meno di un mese; tuttavia, a suo nome, furono addirittura coniate monete con tale titolo. Una carriera rapidissima e purtroppo culminata con una fine tragica e prematura. Torniamo alla mia moneta. Spesso le monete di Salonino vengono attribuite al fratello Valeriano II. Ed anche in questo caso e’ stato così: la moneta era in vendita come antoniniano di Valeriano II. Come mai? Forse la legenda inganna in quanto il nome Salonino e’ espresso qui dalle sole lettere SAL, mentre appare scritto per esteso il cognomen VALERIANVS. O forse che Valeriano II ha più mercato di Salonino? Su quest’ultimo punto non saprei….non ho elementi per dirlo. Secondo il Goebl (un testo di riferimento per la monetazione di questo periodo, ma anche per la datazione degli eventi di questi anni convulsi ad occidente come ad oriente) si tratta di una moneta della 5^ emissione di Antiochia (datata al 258 d.C.) per Valeriano I che era così strutturata: La mia moneta e’ la 1606e secondo Goebl (la “e” indica la tipologia di busto): Sempre il Goebl ne indica 36 esemplari noti (quindi C, comune). Devo dire che trovo la moneta piuttosto gradevole: le effigi sono nette e ben centrate, le legende si leggono praticamente per intero e poi, cosa per me non da poco, ci sono ancora chiare tracce di argentatura (quelle chiazze più chiare che si vedono al dritto dietro la testa di Salonino ed al rovescio tra le due figure). Il dritto e’ molto espressivo. L’effigie di Salonino e’ quasi quella di un bambino che indossa una corona più grande di lui, in tutti i sensi, direi. Con l’abito drappeggiato, poi, mi ricorda quasi gli anni delle mie elementari, quando di andava a scuola con il grembiule nero ed il fiocco azzurro. Scusate la divagazione, ma l’immagine mi ha suscitato quel ricordo. Ma molto particolare e’ il rovescio. Cominciamo dalla legenda, DII NVTRITORES. E’ la prima e ultima volta che la troviamo su una moneta romana. Cosa significa? Con una libera traduzione potremmo dire “allevato ed educato dagli dei”, anche se letteralmente sarebbe “Dei nutritori”. Vediamo ora le due figure. Quella sulla sinistra e’ in abito militare, con corona di alloro, mantello e scettro; chiaramente un sovrano che Goebl (salomonicamente) indica genericamente con K (kaiser in tedesco, che potremmo tradurre con "principe"). Quella sulla destra e’ nuda, con una clamide che scende giù dalla spalla sinistra. E’ Giove, il primo e il più rappresentativo degli dei. Ma di quale sovrano si tratta? Ho letto un po’ di cose, ma i dubbi restano. Dovrebbe essere proprio il giovane Salonino, innanzi tutto in quanto la moneta e’ sua. Poi in quanto riceve la Vittoria quale agente e beneficiario della stessa (con chiaro riferimento alla sua missione in Gallia come rappresentante della autorità imperiale) con il sostegno e l’appoggio degli dei che ne alimentano e sostengono le doti (soprattutto militari, ma non solo). Ma potrebbe anche trattarsi di una sorta di cerimonia di investitura divina al momento della assunzione del titolo di cesare (avvenuta in quell’anno), considerando il globo niceforo come simbolo del carisma imperiale e della virtus dinastica del giovane principe. Tuttavia, il sovrano ha la testa coronata di alloro e Salonino al momento della emissione della moneta era solo un cesare. Potrebbe quindi essere anche suo padre Gallieno? Lui, in quando padre, era colui che letteralmente nutriva e allevava Salonino, con il l’aiuto ed il buon auspicio degli Dei. Inoltre, Gallieno era pur sempre uno degli imperatori (con Valeriano I) e quindi fautore e beneficiario ultimo della vittoria in senso lato in quegli anni burrascosi. Infine: perché la legenda al plurale? Giove sarebbe qui, nel suo ruolo di padre degli dei, il rappresentante di tutte le divinità e questo spiegherebbe il titolo al plurale: gli dei tutti allevano ed educano il giovane cesare. Comunque (che sia Salonino o Gallieno) il sovrano era ancora vivo al momento della coniazione della moneta e pertanto non poteva essere divinizzato e associato agli dei. A meno che qui il termine “dio” sia attribuito per estensione proprio anche a Gallieno per esaltarne il ruolo di padre di Salonino così come Giove era il padre degli dei. Gallieno e Giove uniti nel sostenere Salonino. Mi farebbe piacere conoscere il vostro parere in proposito. Due parole ancora sullo stile: e’ quello “orientale” (siamo nella zecca di Antiochia). Si caratterizza per tratti del volto un po’ più magri ed allungati, più piccoli, ma comunque ben delineati e rifiniti anche se meno naturalistici. Questo stile “orientale” si protrarrà anche successivamente al periodo di cui parliamo nelle emissioni di Claudio II ed Aureliano un po’ in tutte le zecche orientali, non solo ad Antiochia, quindi. Gli antoniniani orientali si caratterizzano per un più alto quantitativo di argento rispetto agli analoghi contemporanei prodotti nelle zecche occidentali. Onestamente, non so a spiegare il motivo di questa differenza. Inoltre, guardando le monete in fotografia, devo dire che pare abbiano anche un metallo di aspetto diverso, un po’ più poroso, ruvido per così dire (cose che ho riscontrato direttamente sull’esemplare in oggetto). Ma magari questa e’ solo una mia impressione. Tornando al nostro, le emissioni di Antiochia per Salonino si caratterizzano per la legenda di rovescio P COR SAL VALERIANVS CAES, come sulla mia moneta. Per Salonino esistono anche altre emissioni “orientali” con una legenda di dritto diversa, ovvero SALON VALERIANVS NOB CAES che sono state attribuite ad una generica “Second Eastern Mint” la cui sede è stata assegnata dallo stesso Goebl a Samosata (sulla base dei tradizionali studi di Alföldi del 1937), sebbene ci siamo opinioni contrastanti; infatti, alcuni attribuiscono questa zecca a Emesa, o a Cyzico o addirittura ad una non precisata sede in oriente. Questa zecca deve comunque essere stata di una certa rilevanza se si pensa che nell’hoard di Qula (scavato nel 2016 nell’odierna Palestina), gli antoniniani assegnati al regno congiunto Valeriano/Gallieno provengono per il 72% dalla zecca di ‘Samosata’ e per il 28% dalla zecca di Antiochia. Come avete capire da questi minimi accenni ci sono molti punti oscuri circa le zecche orientali in questi periodi turbolenti, ma e’ normale, se pensiamo che era in corso una lunga e logorante guerra coi Sasanidi e che le zone di confine passavano spesso di mano e di conseguenza le zecche aprivano o chiudevano in rapporto agli eventi bellici. Comunque, io mi fermo qui in quanto non avrei le conoscenze e le capacità per andare oltre. Per chi volesse approfondire allegherò qualcosa in calce. Ecco un esempio assegnato alla “Second Eastern Mint” , una SPES PVBLICA: Come si vede molto simile come stile. Come raffronto della ritrattistica di Salonino in altre zecche abbiamo una PIETAS AVGG di Lugdunum: Ed una PRINCIPI IVVENT di Roma: Fonti: - Goebl - Wildwinds - Forum Ancient Coins - Bruno Bourdel: Les antoniniens emis sous le regne conjoint del empereurs Valerien et Gallien; III Monetae - Storiche: Epitome de Caesaribus, Historia Augusta, Zosimo, Zonara Per chi volesse approfondire gli aspetti dinastici/familiari ecco un assaggio: Per chi volesse approfondire il breve regno di Salonino come augusto con le sue rare emissioni ecco un articolo del nostro Grigioviola: Tre_nuovi_antoniniani_a_nome_di_Salonino (1).pdf Per chi volesse approfondire la questione intricata delle zecche orientali nel III secolo: 2016_A_Hoard_of_Antoniniani_from_Qula_At.pdf Poi...a voi! sul forum c'e' un tutto! Buona ricerca e buono studio. Ciao da Stilicho7 punti
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Buongiorno a tutti, Oggi voglio condividere con tutti voi le mie due piastre del 1838 con sottocorona rigato... Il Pin a proposito delle righe scrive, a pagina 87 del suo pregevole lavoro, che sono una diligenza del primo incisore del rovescio, per indicare che lo spazio interessato dalle righe è di colore rosso. Unica differenza tra le due è la punteggiatura al rovescio. Un saluto a tutti. Raffaele.6 punti
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Complimenti @Raff82!! Davvero due pezzi interesinter, oltre che rari. Condivido le immagini della mia, recentemente entrata in collezione.4 punti
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Come armi da lancio per colpire chi ti ha rifilato un'inc***ta simile.3 punti
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La mia 38 con sottocorona rigato e mancanza di punteggiatura al rovescio. Taglio inciso al dritto.3 punti
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Tra le altre monete mondiali che ho preso, ci sta anche questo mezzo soldo di Pio IX°, anche lui preso per 1 euro... A volte le ciotole riservano piacevoli sorprese. un caro saluto a tutti3 punti
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Buona giornata stamane, dopo che ho fatto il prelievo del sangue per l'analisi, non avendo nulla da fare ed essendo troppo presto per tornare a casa, sono andato a un mercatino dell'antiquariato nei pressi dell'ambulatorio, a perdere tempo. Mi imbatto in un banco con 4 canestri pieni di monete. Mi ci tuffo dentro a rovistare e con somma mia meraviglia trovo questa lira 1886 di Umberto I°. Incredibile, ma vero, presa a 1 euro.3 punti
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Grazie a entrambi. Ho approfondito. Cercando qua e là ho trovato per Commodo due dupondii con la Salus Aug al rovescio, e sono i RIC 337 e 390; entrambi hanno la dicitura M COMMODVS, quindi non sono questa moneta. Però, se tutto fosse così semplice non ci divertiremmo... quest'ultimo dupondio: https://www.acsearch.info/search.html?id=6511730 viene attribuito a Commodo e l'unico "numero di catalogo" che vedo è RCV 5846 var. E questo parrebbe avere la dicitura M ANTONINVS COMMODVS AVG che compare nell'elenco che Stilicho mi ha cortesemente linkato. Scrivo PARREBBE perché, ad una più attenta analisi del diritto, il COMMODVS non si trova... e dubito che possa essere stato "tagliato", comunque nello spazio tra ANTONINVS e AVG non ci starebbe... si legge solo M. ANTONINVS AVG TP eccetera, quindi dovrebbe essere Marco Aurelio... ed ora, colpo di scena! Quest'altra moneta https://www.acsearch.info/search.html?id=2130476 è anch'essa identificata come RCV 5846 var, ma, attenzione siore e siori, la dicitura è M COMMODVS eccetera! Non conoscendo la catalogazione utilizzata (RCV) non so cosa affermi tale catalogo, ma secondo me i casi sono i seguenti: - la moneta catalogata come RCV 5846 var è effettivamente quella di Commodo, ma in questo caso i dupondi di Commodo portano tutti la dicitura M COMMODVS; - la moneta catalogata come RCV 5846 var è la prima che vi ho mostrata che però NON è di Commodo ma di Marco Aurelio. Una delle due è stata attribuita in maniera errata. In conclusione, se la mia indagine vi torna, io catalogherei definitivamente il mio dupondio come moneta di Marco Aurelio.2 punti
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Ciao! Necessità di guerra, vero. Le guerre, però, erano solo uno dei motivi per drenare valuta ed erano motivi contingenti e limitati. Altro motivo, per me più frequente per la "Serenissima", era la carenza di metallo prezioso (o l'aumento del suo valore in ambito internazionale). La possibilità di approvvigionarsi dei metalli necessari alla zecca per la coniazione in monete, soprattutto quelli preziosi, dipendeva naturalmente dall’andamento di mercato degli stessi in ambito internazionale a cui Venezia non poteva sottrarsi; la scoperta di nuove miniere e l’adozione di tecniche che consentissero una maggiore estrazione di metallo, così come l’esaurimento delle stesse o la perdita di qualche “mercato” importante, condizionavano la sua politica monetaria. La maggior quantità di metallo arrivava a Venezia dalle miniere tedesche e balcaniche; di tutto il metallo importato, i mercanti stranieri, avevano l’obbligo di versarne parte alla zecca per trasformarlo in moneta; in genere era la quinta parte del metallo prezioso che conducevano, con tale percentuale la zecca coniava le monete che erano ritornate ai mercanti come pagamento del quinto ricevuto. L’obbligo venne più volte nel tempo abrogato e reintrodotto. A riprova di quanto fosse mutevole l’approvvigionamento del metallo, si registra che nel primo periodo del dogato di Francesco Foscari, fino al 1430 circa, la quantità di argento che si coniava in moneta era abbondantissimo, tanto che questo metallo poteva essere venduto ed acquistato in qualsiasi luogo di Venezia e ciò a scapito dell’oro che, invece, arrivava in zecca in quantità minima. Nel secondo periodo invece si instaurò una forte penuria di ambedue i metalli, tanto che la Repubblica fu costretta ad emettere delle leggi perché anche la compravendita dell’argento, così come lo era già per l’oro, venisse sottoposta a misure di controllo via via più restrittive, tanto da ottenere di fatto il monopolio commerciale. Giacché erano frequenti tale congiunture, Venezia riduceva l'impatto negativo attuando vari correttivi (non sempre efficaci); poteva, a seconda dei casi e come detto sopra, togliere o ridurre l'obbligo di versare il quinto, oppure poteva ridurre o azzerare le spese di coniazione, così come poteva ridurre o azzerare il signoraggio; in alcuni casi anche il salario dei lavoranti nella zecca e ciò a beneficio dei mercanti ai quali veniva maggiormente apprezzato il loro metallo. Di fatto veniva incentivata la consegna di tali metalli a Venezia. saluti luciano2 punti
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E' incredibile come, sapendo leggere con attenzione le iconografie apparentemente legate al mondo del sacro (come sai fare tu), si disvelino chiaramente logiche di natura politica. La raffinatezza psicologica di chi sceglieva questi tipi mi lascia stupefatto2 punti
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Quest'immagine, sicuramente minacciosa agli occhi del patriziato, ricorda dunque quanto avvenne cinque decenni prima e le parole di Augusto Fraschetti (La sepoltura delle Vestali e la Città) ci fanno cogliere perfettamente l'importanza dell'evento: "Si tratta di un episodio evidentemente celebre e più volte studiato, anche in rapporto agli uomini e alle forze politiche che in esso si dispiegano e si danno battaglia. Mentre in questo complesso periodo post-graccano una precisa individuazione di tali forze rimane problematica, possono invece ritenersi sicuri altri aspetti. Pur tenendo conto di quelle che J. Bleicken ha definito «collisioni» tra il sacro e il pubblico e di ben noti interventi comiziali in materia di disciplina pontificale, nondimeno - quanto al giudizio di Vestali ed alle conseguenze che possono derivarne - nel 113 il tribuno della plebe Sex. Peducaeus faceva scendere in campo per la prima volta istanze inusitate: una rogazione tribunicia votata dal popolo (appunto la rogatio Peducaea) e contestualmente, poiché i pontefici sono accusati e riconosciuti colpevoli di «aver mal giudicato» (male iudicasse), l'elezione, sempre da parte del popolo (populus - creavit), di un inquisitore speciale, con il compito di riaprire le indagini. Naturalmente, una simile procedura si inquadra bene non tanto in una presunta «politicizzazione» del «delitto religioso», quanto piuttosto - come è stato dimostrato - in una eventuale «democraticizzazione» degli organi e delle istanze capaci di riconoscerlo come tale e dunque di perseguirlo. Con un'avvertenza ulteriore e, almeno dal nostro punto di vista e per le considerazioni che qui si svolgono, di rilievo importantissimo. Se in questo periodo, gravido di tensioni interne, di fronte alla nuova e poderosa minaccia cimbrica, dopo che appena un anno prima M. Porcius Cato è stato sconfitto in Macedonia dai Galli Scordisci, l'incestum delle Vestali si iscrive immediatamente nell'ordine del prodigio (come del resto già nel 216, dopo la battaglia di Canne), si osservi che al definitivo «accertamento» di questo prodigio non provvede il collegio sacerdotale cui esso competerebbe (nel caso specifico, quello dei pontefici, già a loro volta esautorati e sotto accusa), ma un inquisitore «laico», eletto dal popolo. Nel momento in cui questo grande inquisitore riapre le indagini e sulla base di una rogazione tribunicia avoca a sé ogni facoltà di giudizio, dal suo responso dipende non solo la sorte delle Vestali accusate, ma in rapporto alla natura del crimine dal suo responso e dalla sua sentenza dipende implicitamente anche l'accertamento delle cause che hanno provocato la rottura della pace con gli dei. Nel 113 dunque, su pressione della Città che si ribella insoddisfatta della sentenza del pontefice massimo e del collegio che egli presiede, convinta che le Vestali colpevoli siano «all'origine di grandi mali per molti altri», a difesa e a protezione di questi «molti altri» è un tribuno della plebe che prende l'iniziativa, è un inquisiture «laico» eletto a maggioranza dal popolo ad emettere una sentenza che equivale di per sé alla constatazione della comparsa di un prodigio: gli anni dei Gracchi non sono passati invano". Per la prima volta nella storia di Roma la volontà del popolo prevalse sul potere del pontefice massimo, per la prima volta il popolo decise in materia sacrale, interrompendo quella supremazia che perdurava, in un crescendo di poteri e prestigio, fin dall'epoca regia. Se a livello generale è corretto dire che l'evento segnò la prima democratizzazione del "delitto religioso" e non una sua politicizzazione, lo stesso potrebbe forse dirsi per il contesto monetale. L'emissione è stata voluta da un esponente della gens Cassia, famiglia che in ambito iconografico aveva già proposto una Cerere, poi Libero e Libera. A tali soggetti "aventiniani" seguì quindi Vesta, divinità sicuramente non plebea, ma che fu argutamente presentata richiamando un evento in grado di far ardere la fiamma nei cuori del popolo e dei popolari, tanto da essere riproposto poco dopo da un altro Cassio: Un intento maggiormente politico forse, che potrebbe farci apparire la Cassia come una fazione populista ante litteram... ma al tempo stesso non dimentichiamoci di Spurio Cassio Vecellino, primo promotore della prima legge agraria, messo a morte da patrizi nel V secolo a.C. Forse non siamo di fronte ad opportunismo politico, ma ad una vera e propria ideologia gentilizia.2 punti
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Il discorso di Cipolla, come detto in altro post, si inserisce nel ricco e complesso dibattito sulle cause e i giudizi del fenomeno della svalutazione iniziato già alla metà del settecento, in una maggioranza di opinioni risolutamente contrarie che vedevano in questo fenomeno unicamente una volontà di frode e lucro dell'autorità statale ai danni delle popolazioni, spiccavano le posizioni di Carlo Antonio Broggia e di Ferdinando Galiani, il primo era contrario alle alterazioni materiali della moneta, che si prestavano a suo parere a tutta una serie di guasti ed effetti collaterali dannosi per il commercio e l'economia, ma era favorevole ad alterazioni inerenti il solo valore legale, che giudicava necessarie in tutti i casi di mutazione del prezzo di mercato dei metalli preziosi...Per Galiani invece l'alterazione anche materiale della moneta poteva essere necessaria per iniettare più liquidità nel mercato e scongiurare i danni di una penuria di circolante, è la tesi su cui si basano le riflessioni di Cipolla e di altri studiosi del tema, e in effetti gli studi successivi in merito suggeriscono la coesistenza di più cause possibili nel fenomeno dell'alterazione monetaria da valutare caso per caso, gli esempi sono molteplici, la secolare e inarrestabile alterazione dell'intrinseco del denaro carolingio è l'esempio per eccellenza di un processo finalizzato a produrre più moneta, il denaro era l'unica moneta effettivamente coniata nella maggior parte degli stati dell'Europa occidentale nel periodo VIII-XII secolo, inizialmente di 1,7 grammi e ottimo intrinseco d'argento, arriverà nel XII secolo a contenere solo una minima parte di argento, è la base del processo di svalutazione della lira di conto descritto in un altro famoso testo di Cipolla, "Le avventure della lira", ma accanto alle svalutazioni lente e secolari potevano coesistere quelle più rapide, spinte da necessità di fare cassa, cause belliche e militari potevano rendere più arduo e complicato l'approvvigionamento di metalli preziosi o finalizzarli alle spese di guerra con il conseguente scarico delle tensioni sulle monete piccole di mistura, il caso per eccellenza e più noto è la continua svalutazione dei denari in mistura coniati da Federico II, perennemente in guerra contro i comuni dell'Italia centro-settentrionale. Per i secoli dell'epoca moderna, dal cinqucento al settecento compreso, vi è un prezioso studio di un altro grande maestro di sapienza monetaria storica, Giuseppe Felloni, disponibile in versione digitale a questo link: https://www.storiapatriagenova.it/Scheda_vs_info.aspx?Id_Scheda_Bibliografica=1249 L'autore mette in discussione la diffusa opinione che la svalutazione dell'unità di conto derivasse necessariamente da un aumento incontrollato della produzione di moneta piccola, ma nelle sequenze statistiche presentate nel saggio si evince piuttosto il contrario, nei periodi di massima svalutazione le coniazioni, anche e soprattutto di moneta piccola, si presentano molto più sporadiche e limitate, da ciò ne deriva un'interessante riflessione sulle cause più profonde del fenomeno che sono da ricollegarsi in gran parte al già discusso problema della carenza di afflusso dei metalli in zecca, cosa che poteva derivare o da un più difficoltoso reperimento delle paste metalliche o dalla mancata convenienza dei privati a portare metallo in zecca a causa di un prezzo legale attribuito dallo stato alla moneta non in linea con i valori reali di mercato, il rincaro dei metalli conseguente e gli agi pagati dalle istituzioni come sovrapprezzo sul prezzo legale comportavano spesso la necessità delle magistrature di zecca di rivalersi sul contenuto metallico delle coniazioni contemporanee, quasi sempre le monete di taglio minore, abbassando peso o intrinseco e causando il fenomeno visibile della svalutazione, un fenomeno che si riverberava come effetto collaterale sulla moneta piccola, ma originava innanzitutto da carenze o alterazioni nel prezzo dei metalli preziosi, oro e argento...2 punti
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Prima di proseguire completiamo giustamente l'apparato iconografico anche con le rappresentazioni "dubbie": RRC 466/1 RRC 419/3 RRC 494/1 RRC 512/1 RRC 512/2 RRC 452/3 Sul denario RRC 419/3 il riferimento è molto probabilmente alla vestale Emilia che, in data imprecisata ma plausibilmente intorno al 206 a.C. (un passo di Livio parla di un non meglio precisato spegnimento del fuoco sacro in quella data), affidò la custodia del fuoco sacro ad una novizia (il trentennale servizio delle Vestali prevedeva 10 anni di noviziato, 10 di effettuazione dei riti ed i restanti 10 di insegnamento) che, malauguratamente, lo fece spegnere. Il segno, interpretato come un'interruzione della pax deorum, portò i pontefici a credere che una sacerdotessa avesse compiuto i rituali cui era preposta in condizione di impurità ed Emila venne vista come la responsabile. Professatasi innocente chiese direttamente la protezione di Vesta, invocandone l'aiuto. Strappò un lembo di lino dalla propria veste, lo gettò sulla cenere ormai spenta ed il fuoco tornò sorprendentemente ad ardere, dimostrando l'innocenza dell'accusata. La tradizione ci tramanda anche la preghiera pronunciata da Emilia: "Vesta protettrice di questa città, se dopo trent’anni che sono al servizio dei tuoi altari io non ho alcuna cosa a rimproverarmi né quanto alla vigilanza, né quanto all’onestà che tu richiedi nelle tue ministre, rendi in oggi la tua presenza sensibile, soccorrimi nel frangente in cui mi trovo, e non soffrire che io perisca con una morte ignominiosa: o se io ho commesso un errore di qualunque sorta, vendicati sopra di me col supplizio, il più crudele, e preserva i cittadini dai tristi effetti della tua collera". In questa occasione la vestale fu prosciolta dalle accuse ma come ben sappiamo non andò sempre così... trovarono la morte Pinaria sotto Tarquinio Prisco, poi Oppia o Opimia (483 a.C.), Orbinia (472 a.C.), Minucia (337 a.C.), Sextilia (273 a.C.), Caparronia (266 a.C., suicida), Opimia e Floronia (216 a.C., la seconda suicidatasi prima della sepoltura), Aemilia, Licinia e Marcia (114-113 a.C.), Varronilla e le due sorelle Oculatae (82-83 d.C., triplice suicidio), Cornelia, virgo maxima (91 d.C.), Aurelia Severa, Clodia Laeta, Pomponia Rufina, Cannutia Crescentina (213 d.C., tre sepolte, la quarta suicida). Non è possibile parlare di Vesta senza parlare delle sue sacerdotesse, le vergini vestali appunto. Anche qui la letteratura disponibile è numerosissima ma qualche accenno è doveroso. "Ti prendo, Amata, perché tu compia i sacri riti che secondo le prescrizioni deve compiere una secerdotessa Vestale, per il popolo romano dei Quiriti, sulla base di un’ottima legge" Questa è la formula tramandataci da Aulo Gellio con la quale il pontifex maximus effettuava la captio della Vestale, strappandola alla propria famiglia. Alla "presa della Vestale", che ricorda indiscutibilmente ciò che è un vero e proprio ratto matrimoniale, seguiva la sua inauguratio, che aveva lo scopo di potenziare a livello mistico e religioso la novizia per tramite di Giove. Come poi riportato da Massimo Gusso (I processi alle Vestali, accuse di violazione ai loro doveri sacrali), "condizione essenziale del loro servizio era la verginità, iscritta nella loro stessa denominazione, e ovviamente la castità, di modo che la condizione di verginità originaria fosse mantenuta per il tempo prescritto . In molti popoli primitivi la verginità, che in genere doveva recar con sé o comportare poteri mistici e magici del tutto particolari, veniva intesa soprattutto come stato intermedio tra femminilità e mascolinità: ciò determinava, in una società dominata dal diritto e dai rapporti giuridici, come quella romana (anche arcaica), speciali deroghe allo status di minorità cui altrimenti le sacerdotesse – in quanto donne – avrebbero dovuto soggiacere. Esse risultavano infatti sottratte alla tutela, anche a quella paterna; potevano testimoniare in giudizio, e persino disporre con pienezza dei loro beni: alla stregua di un uomo libero, verrebbe da dire". Il loro status era indubbiamente elevatissimo, se accusate le Vestali si ponevano addirittura al di fuori della legge, per loro non vi erano processi "laici", non comparivano in giudizio davanti al popolo riunito, non subivano sentenze pronunciate da un giudice, non potevano contare su un difensore. Il solo potere punitivo ad esse applicabile era quello del pontefice massimo, che tuttavia, in caso di incestus, altro non faceva che farsi carico, come sommo tra i sacerdoti e responsabile della captio, di una somma purificazione: "Bisognava salvaguardare il benessere comune, strappare ogni radice che legasse i colpevoli al suolo patrio. Di conseguenza, ritengo che, sin dall'età regia, anche la sepoltura della Vestale consistesse non in una pena, bensì in una procuratio prodigi, una cerimonia espiatoria diretta all'eliminazione di un mostro". Mariangela Ravizza, Pontefici e Vestali nella Roma repubblicana (p. 142)2 punti
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Ciao Eric in questo caso sei stato fortunato! L'unica cosa che veramente si vede in tutta la legenda, sia del diritto che del rovescio, è quello che serve!! Ti permette di identificare la moneta sia come data che come zecca... I soldi di Carlo Emanuele I di questo tipo sono molto più "stretti" di quelli di suo padre e quasi mai tondi, infatti molte volte anche se in buona conservazione non si possono classificare perché la data e la zecca sono in parti del tondello mancanti. Per fortuna non è questo il caso...2 punti
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Buona Domenica amici. Era da un po' che volevo aprire una discussione che trattasse di queste monete, che tra gli argenti del periodo a mio parere sono per iconografia tra le più belle e curiose...mi ricordo quando anni fa comprai il mio primo Gigante, la mi attenzione fu subito catturata da sto tizio che beatamente attende, tra frasche e anfore zampillanti e si abbronza beato, su questa spiaggia partenopea con alle spalle il Vesuvio che "parla" con uno sbuffo diverso in ogni moneta, e per giunta lo fa sul rovescio ...riservato il Sebeto...in fondo era in mutande!! Salvo questa mia presentazione... Il particolare rovescio di queste Piastre saluta l'avvento della dinastia Borbonica dopo due secoli di duro giogo straniero. La legenda "DE SOCIO PRINCEPS" "DA ALLEATO, SOVRANO" ed il Sebeto, con sembianze di divinità fluviale, vuole essere la rappresentazione dell'intero Regno che attende gli avvenimenti futuri. Sono ben note le varianti riguardanti l'alberello e lo sbuffo del Vesuvio, qui oltre a queste si vorrebbe disquisire delle differenze in legenda, punteggiatura compresa, le varianti sullo stemma al dritto, numero di gigli, posizione di questi, dimensioni della corona, taglio etc...queste piastre sono un "fiume" di varianti. Nel titolo si capisce che il discorso è aperto anche ai 60 grana.... Comincio con l'ultima arrivata...presa recentemente in asta Ranieri: Dritto HISP:INFANS.&c CAR:D:G:REX NEA: sotto G:120. Rovescio DE SOCIO PRINCEPS. in esergo De 1736.G: Taglio Sfere e quadrati Per questo millesimo con De 1736.G: e legenda NEA esistono la variante senza punto dopo 120, la variante con gigli invertiti ( @Releo), e delle piccole varianti per quanto riguarda la posizione delle sigle B: e .A. al dritto rispetto alla legenda. Ora le foto del mio esemplare Qui i due punti sulla sigla B non sono allineati con quelli della legenda...si può invece trovare il primo punto della B allineato con i due punti dopo la D, o ancora il secondo punto della B allineato con i due punti dopo la G...vedi lo scarabocchio! Buona continuazione.1 punto
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Il CCNM organizza per martedì 7 giugno in sede (Milano, via Kramer 32, ore 20.45) una conferenza della dott.ssa Costanza Cucini su: LA ZECCA DI MILANO NEL PERIODO AUSTRIACO E NAPOLEONICO. RESTI ARCHEOLOGICI, DOCUMENTI D'ARCHIVIO E TECNOLOGIA. La vonferenza verrà trasmessa anche in streaming, con un link che sarà comunicato successivamente. Lo scavo effettuato nel 2004-2005 dalla Soprintendenza Archeologica in via Moscova a Milano portò alla luce un forno di fusione per metalli della fine del XVIII-inizi del XIX secolo. I resti metallurgici furono analizzati dall'A. che, in parallelo, condusse una ricerca all'archivio di Stato di Milano , dove si conserva un'ampia documentazione fino ad allora inedita. Ciò permise all'A.di ricostruire l'organizzazione produttiva degli impianti della nuova zecca voluta del governo austriaco e compiuta sotto il governo francese, di cui il forno scavato costituiva parte integrante. Insomma, sarà un incontro in cui non mancheranno aspetti tecnico-metallurgici! Ne daremo qualche altra anticipazione.1 punto
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Altro esempio di colorazione successiva che ha stravolto anche le sembianze delle persone. Una bella passeggiata in piazza di più di un secolo fa.... ecco come eravamo. L'ingrandimento dei particolari sarebbe stato molto più interessante e molto più nitido se la foto rimaneva in bianco e nero, il colore ha reso le persone un pò finte. Cartolina viaggiata nel 1921 ma da una foto fatta quasi sicuramente prima dell'inizio della prima guerra mondiale.1 punto
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Come eravamo nei primi anni del '900 a Benevento. Cartolina viaggiata il febbraio del 1913 con un'immagine di almeno 5/10 anni prima- prove ingrandimenti di vita quotidiana + vestiario dell'epoca cliccandoci sopra si ingrandiscono ulteriormente1 punto
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Akel, le tue foto sono perfette e molto chiare sullo stato di conservazione! Una banconota molto bella, naturale e personalmente la giudicherei Spl ?1 punto
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Non sono e non saranno mai, monete, nemmeno nel caso, a oggi estremamente improbabile, che la Gran Bretagna aderisca all'euro. Di pseudo-prove in euro ne esistono di molti paesi, anche i più improbabili (ricordo una serie della Mongolia), all'epoca, forse anche a causa dell'ignoranza di molti sulle nuove monete, ebbero un certo successo, oggi sono solo delle curiosità, che come tali potrebbero comunque interessare qualcuno. Ma su una vera e propria rivalutazione non ci scommetterei troppo. petronius1 punto
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Dalla rete, una dracma di incerta attribuzione a possibile zecca della Macedonia, forse unico esemplare noto, particolarmente accattivante . Anepigrafe, con al diritto un cavaliere, magari un cacciatore, con berretto frigio, faretra ed arco : al rovescio un cinghiale su linea di terra inclinata rispetto al quadrato incuso che lo contorna . E' passato a suo tempo in asta NAC 114 al n. 142 .1 punto
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Ciao a tutti, Vedendo le altre lettere della legenda incomplete penso sia dovuto all'occlusione del conio....1 punto
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La n. 11 della ciotola di Meleto penso che sia un 25 o 50 ore della Svezia anni '60/701 punto
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Spero di aver azzeccato il dettaglio che volevi vedere @Orodicarta1 punto
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Ero davvero curioso, leggendo il titolo, di sapere cosa volessi intendere con "conflitto". Ora ho capito. Come dice giustamente L. Licinio Lucullo, e' sorprendente come la lettura attenta delle monete possa svelarci significati così importanti dal punto di vista storico e politico. Devo dire che, quando avevo letto qualcosa su Vesta a proposito del riflesso del suo culto nella monetazione imperiale, non mi ero soffermato su questo aspetto che ritengo fondamentale. Sono contento. Ho imparato ancora. Stilicho1 punto
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Aggiungiamo anche la n. 12 della ciotola di Meleto, che purtroppo ha una Marianne vicina.... sempre deleteria per il guro degli identikit1 punto
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Questa lunga ma necessaria premessa non va certo vista come una trattazione completa ed esaustiva sulla figura di Vesta e sulle sue sacerdotesse, ma si spera possa risultare utile nei suoi punti essenziali al fine di comprendere meglio la valenza iconografica delle prime emissioni denariali recanti la figura di tale divinità. Il denario della Sulpicia può essere infatti visto come espressione della Vesta tradizionale, legata per tramite del suo sacro fuoco al destino ed all'esistenza stessa di Roma; una dea simbolo assoluto del conservatorismo patrizio, legata a livello cultuale e rituale al collegio pontificale, al suo massimo esponente ed alle massime caste sacerdotali, vergini vestali su tutte. Il rovescio è parte integrande del messaggio portato dall'esponente di questa famiglia: coltello sacrificale, scure e culullo sono strumenti propri ed esclusivi di pontefici e vestali, simboli della loro reggenza su tutto ciò che è rito, su tutto ciò che è sacer. Il destino di Roma è legato ad una corretta condotta dei riti, sono le massime cariche sacerdotali a garantire la pax deorum, è per merito delle più prestigiose famiglie che il fuoco sacro di Roma continua ad ardere. Tra i Sulpici Galbae, nel periodo antecedente la data di emissione del denario, vi furono due pontefici (200 e 120 a.C.) ed un pontefice massimo (203 a.C.), cosa che li contraddistinse dagli altri differenti rami della gens, che nel suo complesso annoverò numerosi consoli, un dittatore e svariati magistrati. Ben sappiamo tuttavia che intorno al 69 a.C., anno di emissione del denario con la prima rappresentazione di Vesta, il potere del pontefice massimo non era più incontestabile: l'ultima roccaforte dell'oligarchia repubblicana aveva subito una significativa violazione. Publio Sulpicio Galba, come da tradizione, propose sul proprio denario un monumentum gentilizio (un "ricordo", da monere, ovvero "ricordare"): fama, virtù e reputazione non appartengono all'individuo, ma sono espressione del prestigio e dei trascorsi della gens di appartenenza. Anche se le "armi iconografiche" a disposizione furono le medesime, pochissimi anni dopo Lucio Cassio Longino riuscì però a proporre un'immagine di rovescio carica di una valenza totalmente differente, paragonabile ad un coltello che si rigira nella piaga dei conservatori. La scena di votazione sul verso del denario della Cassia è anch'essa un monumentum gentilizio ed il riferimento, come già accennato, è agli eventi accaduti tra il 114 ed il 113 a.C.: "Mentre il II secolo a.C. stava per chiudersi, furono alcune sconfitte militari, la minaccia di invasione dell’Italia da parte dei Cimbri e dei Teutoni, unitamente alle sedizioni civili ad eccitare gli animi e, come era accaduto nel passato, si vollero individuare come capri espiatori di misteriosi e inquietanti prodigi i colpevoli di comportamenti moralmente riprovevoli. Ovviamente furono le denunce contro le Vestali a rappresentare il clou dello scatenamento del fanatismo religioso (e della demagogia che accompagnava sempre tali fenomeni). La folla eccitata, in buona sostanza, chiedeva vittime umane: tre Vestali, Emilia, Licinia e Marcia, vennero allora accusate d’aver avuto rapporti carnali con esponenti del ceto emergente dei cavalieri (si trattava di una manovra politica che mirava senz’altro a colpire anche questo gruppo sociale). Evidentemente le accuse erano state, almeno in parte, costruite. Lo sappiamo perché il pontefice massimo in carica, Lucio Cecilio Metello Dalmatico, personaggio autorevolissimo, cercò di resistere alla pressione dell' opinione pubblica ormai scatenata. Alla fine i suoi risulteranno giudizi col sapore del compromesso: il 16 dicembre del 114 a.C. egli giudicherà la Vestale Emilia (colpevole); il 18 dicembre toccherà a Licinia (innocente); e innocente sarà giudicata anche Marcia, in una data non precisata, entro la fine di quell’anno. Ma il furore superstizioso del popolo non era più contenibile e quelle tre sentenze pontificali non furono accettate: con procedura inaudita uno dei tribuni della plebe, Lucio Peduceo, presentò a tamburo battente – all’inizio del nuovo anno 113 a.C. – una proposta di legge ai comizi (che la approvarono, è il caso di dirlo, ‘a furor di popolo’): essa sottraeva al pontefice massimo, almeno per tale circostanza la competenza a condurre il processo alle Vestali, rimettendolo ad un tribunale straordinario, una quaestio extraordinaria, presieduta da un inquisitore (quaesitor), individuato nel severissimo Lucio Cassio Longino Ravilla (già console nel 127 a.C.) Per il popolo fu come votare direttamente la morte delle Vestali, le quali, nonostante venissero difese da valenti avvocati, quali Lucio Licinio Crasso (per Licinia), vennero infatti tutte e tre condannate e sepolte vive, mentre vari complici e presunti tali vennero suppliziati. E non bastò. Tale fu l’orrore pubblico dell’evento che la città volle purificarsi dal delitto compiuto e, in una spirale di (per noi ripugnante) fanatismo – così come era accaduto nel 216 a.C. –, venne ordinato un sacrificio umano." Massimo Gusso (I processi alle Vestali, accuse di violazione ai loro doveri sacrali)1 punto
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ecco il dettaglio: DIVISIONALE FDC 39€ DIVISIONALE FDC 9 MONETE 59€ DIVISIONALE PROOF ARGENTO 180€ DIVIONALE PROOF ORO come lo corso anno 20€ RAME FDC 20€ + 4,50€ COFANETTO 25€ COLORATO 139€ COINCARD 50 CENT 2022 4,00€ MEDAGLIA ARGENTO PACE IN UCRAINA 50€ in sostanza prezzi e tirature invariate rispetto al 20211 punto
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Ciao @Nibbi, chiaramente è più complicato accertare l'autenticità di monete classiche usurate soprattutto quelle in bronzo, rame o oricalco che oltre l'usura da circolazione subiscono anche danni di deterioramento del materiale che le compongono col passare del tempo. Però è altrettanto vero che monete classiche con queste caratteristiche cioè con segni evidenti di circolazione e metallo con concrezioni ed ossidazione varie nella maggior parte dei casi proprio per questi motivi sono autentiche. Lo possiamo dire per altre monete di 2000 e passa anni che sembrano intonse? Certamente si, ma anche no. Senza parlare di manomissioni e 'pataccamenti', lifting, spatinamenti, ripatinamenti, trucco, parrucco, bagni, docce....(per dirla come il grande Totò lavatura, imbiancatura e stiraratura?) a cui spesso vengono sottoposte non per scopi conservativi(ovviamente sempre accettabili) ma per meri scopi di guadagno. È molto dura. Faccio un esempio postando una moneta che per me rappresenta l'emblema di quello che non acquisterò mai(e non perché inaccessibile economicamente, non costava così tanto) ma perché la mia mente si rifiuta di pensare possa essere stata coniata 2000 anni fa (la moneta è certificata e quindi ritenuta autentica). Sembra appena uscita da un rotolino di monete della Zecca. Nemmeno un graffio, perfetta. É la prima moneta che ho inserito nel mio database di foto, tanto per tenerla sempre presente?. Quindi studio e passione, e l'esperienza con la pratica ed il tempo verranno.. Tutti possiamo farlo. ANTONIO1 punto
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Ciao Reficul, scusa il ritardo nel rispondere, ma non ho avuto molto tempo nelle ultime settimane...purtroppo non ho fatto caso prima al problema, perchè mi si è presentato le ultime volte ... Ultimamente accadeva che , aprendo una discussione, mi faceva inserire un'immagine e l'altra la potevo mettere solo in un secondo messaggio...poi ha iniziato a dirmi quanto riportato sopra in inglese, ovvero che ho utilizzato tutto lo spazio a mia disposizione per gli allegati e di entrare in gestisci allegati per liberare spazio (cosa impossibile, perchè nella parte Allegati del mio profilo me li fa vedere, aprire o salvare, ma non cancellare...) . Ora ho scaricato un programma che mi consente di ridimensionare molto i file senza perdere troppo in qualità e sono riuscito a caricare 2 immagini in uno stesso messaggio... Spero di aver risolto... Grazie ancora!1 punto
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(20-05-2022) SERIE DIVISIONALE 2022 (FDC) 39.00 euro (20-05-2022) Monetazione Divisionale in EURO fdc con moneta bimetallica da 5 Euro - 2022 59 euro 8 mila pezzi secondo me a poco a poco completeranno la lista di quello che troveremo in vendita1 punto
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avevo già immaginato - data l'età del volantino - che la firmataria non fosse più attiva: ??? Servus, Njk ====== PS @Clar622 - se ne parlava proprio ieri1 punto
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Ricordo che continuerà l’iniziativa di Quelli del Cordusio “ Una moneta donata ai giovani “ che avverrà sempre alle ore 11 di sabato 21 maggio presso lo stand di Fabio Grimoldi fila F posto 235. Un grazie per la collaborazione all’iniziativa anche a Fabio Perrone, Pablo Giacosa e Fabio Grimoldi. Quindi Gazzettino nuovo numero 9 e moneta donata ai giovani tutto insieme !1 punto
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Sono tornato a Malta ? passando da un venditore che conosco (teoricamente è gioielliere però vende anche qualche moneta), ho visto esposta questa 10 liri del 1994. Lui tutto contento di rivedermi dopo tanto tempo si è prima voluto fare una foto con me e poi mi ha regalato la banconota ? regalo ovviamente graditissimo!1 punto
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Ho recentemente aggiunto in collezione questo due fiorini di Carlo Emanuele I che mi permette di parlare di quest'altra curiosità sabauda, le doppie date sulle monete di Carlo Emanuele I. Di particolarità nella monetazione Savoia ce ne sono parecchie, questa delle doppie date è una delle più strane e non ancora chiarita. Per una decina di anni all'inizio del '600 nella zecca di Torino si sono avvicendati diversi zecchieri, questo potrebbe aver dato qualche problema, anche perché le monete con doppia data conosciute sono concentrate in quel periodo. Si conoscono la Quadrupla con data 1610/1605 e quella con 1607/1605. Il Testone con data 1607/1606. I Due Fiorini 1611/1607 e quello con 1611/1610. Esiste poi, non ancora censito su nessun catalogo o volume, quello pubblicato sul nostro catalogo con date 1613/ 1610. La moneta che ora voglio mostrarvi è proprio con questa particolarità.1 punto
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taglio: 20 cent paese: cipro ano: 2011 tiratura: 200.000 condizioni: bb+ città: trieste note: NEWS!! taglio: 20 cent paese: austria anno: 2022 tiratura: ? condizioni: spl città: trieste note: NEWS!!1 punto
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Taglio: 50 cent Nazione: Grecia Anno: 2021 Tiratura: 5.000.000 Condizioni: Spl Città: Atene (Grecia) NEWS ? Taglio: 1 cent Nazione: Grecia Anno: 2020 Tiratura: 50.000.000 Condizioni: qFdc Città: Atene (Grecia) NEWS ?1 punto
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Taglio: 20 cent Nazione: Grecia Anno: 2020 Tiratura: 32.000.000 Condizioni: qFdc Città: Atene (Grecia) NEWS ?1 punto
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Taglio: 2 euro cc Nazione: Grecia Anno: 2020 B Tiratura: 750'000 Condizioni: qFdc Città: Delfi (Grecia) NEWS ?1 punto
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taglio: 2 euro cc paese: germania A anno: 2022 A tiratura: 6.000.000 condizioni: spl città: trieste note: NEWS taglio: 2 euro cc paese: slovenia anno: 2022 tiratura: 1.000.000 condizioni: spl città: trieste note: NEWS1 punto
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Parlando di capolavori dell'era moderna della zecca di Venezia, vorrei segnalarVi una moneta, piccola di valore, ma, a mio avviso, grande per la rappresentazione artistica: il sei soldi del cinquecento. Sul dritto c'è il solito doge genuflesso, ma questa volta davanti alla Beata Vergine con il Bambino in braccio. Che c'è di strano e artisticamente valido..? Normalmente il Bambino che sta in braccio alla Madre ha il viso rivolto verso di lei e spesso tende la mano verso la madre. Nel sei soldi no. E' seduto sulle ginocchia della Madre, ma è rivolto verso il doge, anzi tende la braccia verso il doge, come ad intendere ''prendimi in braccio''. A volte anche la Vergine si sporge verso il doge come per facilitare l'avvicinamento del Bambino. Ho sempre trovato molto suggestiva questa immagine sia dal punto di vista artistico che da quello politico. Arka1 punto
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Si tratta di una emissione, relativamente comune, che è stata già oggetto di una breve precedente discussione: In passato era attribuita dubitativamente a Capua, mentre ora si preferisce l'attribuzione a Minturnae, ma ancora senza sicure basi. Si sa soltanto che le monete di bronzo con i tipi Testa di Dioniso/Pantera con tirso vengono trovate tra la bassa Toscana e l'alta Campania. Mi sembra che il maggiore numero sia stato trovato nella zona del fiume Garigliano, sulla cui riva destra sorgeva appunto 'antica città di Minturnae, lungo la via Appia. Queste monete sono attualmente oggetto di un ampio studio di un caro amico, Clive Stannard, intitolato "The Local Coinage of Central Italy in the late Roman Republic" sul quale sta lavorando da anni. Grazie alla sua squisita cortesia possiedo la copia dattiloscritta del catalogo provvisorio, datato ottobre 2007. Questo catalogo contiene ben 1293 esemplari (alcuni in piombo), dei quali ben 269 sono di questo tipo, che forma la sua lunga Serie 15. Ci sono molte varianti, anepigrafi e senza simbolo oppure con lettere (CAN in monogramma, RI, TA in monogramma) o simboli accessori (crescente, astro, spiga), e anche con diametro e peso assai variabile, con monete che vanno da circa 12 grammi fino a circa 1,5 grammi! Anche lo stile è variabile. Molto probabilmente è fra le più comuni delle emissioni locali "non ufficiali" emesse soprattutto nelle prima metà del I secolo a.C., quando era particolarmente forte la penuria di monete di bronzo ufficiali di Roma. Dal momento che queste emissioni locali sono concentrate soprattutto nell'Italia centrale, si sospetta in molti casi una concomitanza fra la presenza di queste emissioni locali e la guerra sociale combattuta tra i Romani e i Sanniti che aspiravano alla cittadinanza romana. Erano probbailmente emissioni curate da comunità di commercianti, appunto allo scopo di sopperire alla scarsità del piccolo numerario di bronzo. Le monete Testa di Dioniso/Pantera con tirso sono accennate anche in Historia Numorum ai nn. 2667-2673, semplificando le principali varianti. I due esemplari della NAC a colori che hai postato all'inizio sono della viante con crescente (n. 2669 di HN), anche se la pantera in un caso ha la testa di fronte e nell'altro è volta a destra in alto....1 punto
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