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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 03/19/22 in tutte le aree
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Qualche giorno fa, parlando con un utente del forum, è venuto fuori l'argomento indicato nel titolo di questo post. Per motivi di copyright purtroppo non posso postare immagini ma comunque spero di fare cosa gradita elencando le monete inedite napoletane conservate presso il prestigioso museo di Londra. Le stesse sono tutte catalogate e fotografate nel volume "The italian coins in the British Museum, Volume 1, South Italy, Sicily, Sardinia" edito da Edizioni D'Andrea, a cura di B. Cook, S. Locatelli, G. Sarcinelli e L. Travaini ed in cui lo scrivente ha curato la catalogazione delle monete di Napoli. La prima moneta è un 1/2 saluto d'oro battuto a nome di Carlo I d'Angiò (nr. 575, p. 177). La moneta ovviamente non è inedita ma è caratterizzata dalla presenza di un trifoglio al termine della legenda del D/ dopo REX. Trifoglio già censito per il saluto (posizionato sopra la testa della Vergine) a conferma di un segno distintivo di una particolare emissione. Passando al periodo aragonese vi è la presenza di un interessantissimo denaro a nome di Alfonso d'Aragona (nr. 768, pp. 229/230) che riporta il numerale V in legenda, + ALFO ° V ° DEI ° GRA. La particolarità di questo denaro sta nella titolatura del sovrano. Si può osservare infatti che il numerale del re è riportato come V quindi con il titolo di Alfonso V d’Aragona, titolo questo che aveva in terra di Spagna, mentre una volta conquistata ed incoronato nella città partenopea assunse il titolo di Alfonso I di Napoli. Questo porterebbe ad ipotizzare che il denaro in oggetto sia stato battuto prima che Alfonso divenisse re di Napoli quindi nel periodo intercorso in quella lotta dinastica che vide vincitore l’aragonese sugli angioini. Già sono documentate monete battute sotto Alfonso prima della conquista del Regno di Napoli, battute nella zecca di Gaeta e di Sulmona. Per Gaeta al momento è documentata la battitura di sole monete d’oro, nello specifico sesquiducati tra l’altro ancora non censiti in quanto non distinguibili con quelli battuti a Napoli. Nella città di Sulmona, con la concessione di zecca da parte di Alfonso V pretendente al trono di Napoli, del 5 marzo 1439 viene ordinata la battitura di mezzi carlini, bolognini, tornesi e denari ma sono noti finora solo il bolognino, il tornese ed il denaro differente da quello in oggetto. Quest’ultimi di recente scoperta. Ovviamente non si può assegnare questo denaro alla zecca abruzzese mancando in esso un qualsiasi riferimento a Sulmona, in particolare è assente l’acronimo del motto Ovidiano SMPE. Di contro va detto che il numerale di Alfonso d’Aragona è sempre assente nella sua monetazione, sia regnicola che extra regnicola, e la sua presenza in questo caso va intesa a sottolineare, a mio avviso, proprio il fatto che lui non fosse ancora il sovrano del Regno, quindi una coniazione nel periodo di pretesa al trono o una delle prime emissioni della zecca napoletana a nome dell’aragonese. Di certo una moneta che merita un approfondimento. Molto interessante poi un coronato di Ferdinando I d'Aragona (tipo croce/busto) caratterizzato dalla presenza di una C gotica sotto la croce e dalle sigle V/c dietro il busto (nr. 828, p. 245). Una sorta di mule che però potrebbe essere di aiuto nell'individuazione della successione cronologica dei mastri di zecca. Per Filippo II abbiamo un 3 cavalli (testa a dx/croce di Gerusalemme) datato 1579 con sigla GR che segue la data posta sotto il taglio del collo (nr. 1182, p. 317). Per Filippo III c'è una moneta da tre cinquine (nr. 1232, p. 330) caratterizzata dalla presenza della sola sigla G. Troviamo poi il tornese 1616 (nr. 1241, pp. 332-333) del tipo due bastoni decussati ed incrociati cantonati da due fiamme e due pietre focaie con al centro un acciarino ed al R/ una cornucopia. Moneta censita ma questa caratterizzata da un diametro ed peso nettamente superiore: 33.4 mm e 25.70 gr. Per Filippo IV merita segnalazione un tornese (nr. 1330, pp. 355-356) tipo testa a sx/cornucopia (P/R nr. 93) privo della data al D/. Oltre a queste vi sono tantissime altre monete di Napoli ed eccezionali rarità, alcune in conservazione veramente notevole.11 punti
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Cari lamonetiani Vi presento l’ultima arrivata sul vassoio delle meravigliose piastre papali, direttamente dall’asta Numismatica Picena dove questi piccoli grandi capolavori sono andati a ruba! Si tratta di un esemplare del 1696 anno V classificata al n. 2228 del Berman, al 2129/1 del MIR, al 20 del Muntoni. Non è particolarmente rara ma diventa interessante in questa bella qualità. Buon weekend5 punti
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Penso sia più utile domandarsi tante altre cose... a incominciare dal senso di questa discussione5 punti
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Nei denari ed aurei repubblicani la rappresentazioni di statue equestri sono molto scarse ed alcune piuttosto rare . Tra le rarita’ rientrano tre emissioni senatoriali a nome di Caio Cesare Ottaviano , due in argento ed una in oro , almeno che io sappia . Quando il giovane Caio Ottavio Turino apprese che tramite eredita' documenta era stato dichiarato erede dallo zio Giulio Cesare , fu “costretto” a scendere nell’ agone politico per rivendicarne l’ eredita’ contestata da Marco Antonio e di diritto acquisi’ anche il gentilizio di Cesare diventando Caio Giulio Cesare Ottaviano , il futuro Augusto . Statue equestri su Denari piu’ un Aureo di Silla , precedenti ad Ottaviano , sono conosciute e rappresentate soltanto cinque volte nella storia della monetazione repubblicana , sono dedicate in ordine di tempo e in numero progressivo nella prima foto , a L. Marcio Filippo , a M. Emilio Lepido che costrui’ la Via Emilia , ad un altro M. Emilio Lepido , a L. Marcio Filippo che in effetti era dedicata all’ antenato Q. Marcio Rex che porto a Roma l’ acqua Marcia , ed infine un Aureo dedicato a L. Cornelio Silla . Le monete d’ argento e in oro dedicate dal Senato ad Ottaviano sono conosciute con due diverse legende e con pose un po’ diverse della statua equestre una con cavallo stante e l’ altra con cavallo rampante , una delle quali in argento al dritto porta scritto C. CAESAR IMP e al rovescio sotto la statua equestre stante SC , un secondo argento con conio presente anche in oro , reca scritto al dritto C. CAESAR III VIR RPC con al rovescio POPUL IUSSU , con cavallo rampante . La prima moneta con la scritta C. CAESAR IMP si ritiene che risalga alla vittoriosa battaglia di Modena del 43 a.C. combattuta contro Marco Antonio , partecipata dall’ allora ventenne Ottaviano con un suo esercito personale di veterani di Giulio Cesare insieme ai Consoli Vibio Pansa e Aulo Irzio , mentre una seconda versione la ritiene emessa dopo la battaglia navale di Azio , comunque sia Ottaviano ottenne in una di queste due occasioni la prima delle ventuno complessive Salutatio Imperetoria . Siamo fortunati perche’ sappiamo anche dove , nel Foro , era situata questa statua equestre di Ottaviano , pur non sapendo quale posa il cavallo avesse , se stante o se rampante ; tanto vale leggere il passo dello storico Velleio Patercolo , passo ricavato dal Libro II , 61 , 3-4 della Storia di Roma , cosi’ Velleio scrive : <Il Senato che gia’ lo aveva onorato (Ottaviano) con una statua equestre , che ancor oggi e’ situata tra i Rostri , ed una iscrizione posta su di essa , ne indica l’ eta’ (questo onore nel corso di trecento anni era toccato soltanto a Lucio (Cornelio) Silla , a Gneo Pompeo , e a Gaio Cesare) , lo incarico’ in qualita’ di Propretore di muovere guerra a (Marco) Antonio insieme ai Consoli designati Irzio e Pansa . Egli (Ottaviano) appena ventenne condusse con grandissimo valore le operazioni di guerra intorno a Modena , liberando cosi dall’ assedio (di Marco Antonio) Decimo Bruto . Con una vergognosa e misera fuga Antonio fu costretto a lasciare l’ Italia e dei dei due Consoli , uno cadde in battaglia (Irzio) , l’ altro mori’ due giorni dopo in seguito alle ferite (Pansa)> Grazie per l' attenzione . Esemplari delle monete trattate , la prima apparsa recentemente in un Asta , un po' consumata ma ancora leggibile e dal fascino storico immenso . Purtroppo il sistema non mi consente di inserire la foto con le cinque monete antecedenti alla moneta di Ottaviano trattata nell' articolo , anche riducendo l' immagine fino al massimo visibile .4 punti
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Se ci sarà una guerra totale credo che la specie umana cesserà di esistere e non ci sarà bisogno di preoccuparsi delle nostre collezioni. Nel caso di un conflitto locale io opterei per un nascondiglio con la speranza di ritrovarli in tempi migliori. Speriamo che la guerra finisca al più presto, perché più che collezioni si stanno perdendo vite umane.3 punti
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Ciao a tutti, non prendevo da molto qualcosa di nuovo. Ho compensato con questi due nuovi arrivi: un bel 3 cavalli con la sola sigla M ed una cinquina con la sigla A. Saluti Eliodoro3 punti
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Ah ecco perfetto! Pensavo che non essendo sicuro non me l'avessi dato per buono Riprovo Papa Innocenzo XII, Stato Pontificio, seconda metà '600, quattrino2 punti
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l'avvicinarsi della guerra totale?!?! Su su...finirà li e stop nel caso con l'utilizzo delle testate nucleari spariremmo tutti dalla faccia della terra ....Sto post fa strano....cioè....buh non lo so....lo vedo inutile2 punti
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Complimenti @eliodoro. Due nuovi arrivi sicuramente non scelti a caso. Il 3 cavalli con la sola M, come già indicato dalla casa d'aste, non risulta censito dalla letteratura numismatica di settore. Tra l'altro se non erro non è l'unico caso in cui troviamo la presenza della sola M ad identificare il mastro di zecca. La cinquina invece è una di quelle che non si vede tutti i giorni. Una bella "doppietta"! Complimenti ancora.2 punti
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Ed ecco la moneta più leggibile del 1925 che ora riposa nella collezione ufficiale2 punti
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Dato che per voi è troppo difficile vi mostro anche l'altra faccia: Adesso ci riuscite?2 punti
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Buonasera, posto un ulteriore esemplare appena entrato in collezione. 3,5 gr. PRESSIDIO2 punti
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Dalle mie parti (Bari) con l’espressione dialettale la monge e la ponge, che ho scelto come titolo per questo post, si indica l’atteggiamento di chi, in una discussione o in una disputa, cercando di non scontentare nessuno, assume un atteggiamento non manifestamente schierato in un senso o nell'altro. Potremmo dire che la monge e la ponge è l’equivalente del detto, di uso comune, un colpo al cerchio e uno alla botte. Ed è proprio l’atteggiamento assunto dalla Corte di Cassazione nella motivazione spesa in una recentissima sentenza di novembre 2021 (la n. 45983 del 12 novembre 2021) ad aver ispirato il titolo. Si tratta di una sentenza a mio avviso importante e che meritava di essere qui segnalata (allego il file del testo completo, in ogni caso reperibile anche online). Prima di proseguire, però, una avvertenza al lettore: il post è lungo e dalla sua lettura completa potrebbero derivare effetti collaterali quali noia mortale e simili. La pronuncia in commento, pur muovendo dai consolidati principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in tema di appartenenza allo Stato dei beni culturali (e, nello specifico, delle monete antiche), manifesta una maggiore sensibilità nei confronti del collezionista – questa volta espressamente preso in considerazione – sancendo alcuni principi di fondamentale importanza. Il collezionista, in altri termini, sembra aver fatto breccia nel cuore della Corte. Battute a parte, limitandomi a esaminare in questa sede i punti della decisione che ritengo più interessati e di più agevole digestione anche per chi in materia è a digiuno, il Collegio muove dal principio secondo cui i beni culturali “si presumono dello Stato a meno che il detentore non dimostri di averli acquisiti in data anteriore all’entrata in vigore della L. n. 364 del 1909, di averli ottenuti in premio per il loro ritrovamento o di averli ricevuti dallo Stato”. Si tratta, come in più occasioni la giurisprudenza ha avuto modo di precisare, di ipotesi definite tassative (non vi sarebbero, cioè, altre ipotesi idonee a vincere la presunzione di appartenenza allo Stato). Prosegue, poi, al punto 11., ribadendo che: “La giurisprudenza di legittimità, del resto, ha in più occasioni sottolineato che "il possesso delle cose di interesse archeologico integra il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 176, comma 1, e si presume illegittimo, a meno che il detentore non dimostri di averli legittimamente acquistati in epoca antecedente all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909" […]; conseguentemente, "anche nell'ipotesi di archiviazione del procedimento per il reato di impossessamento illecito, previsto dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 176, grava sul richiedente la restituzione dei predetti beni sottoposti a sequestro l'onere di dimostrare che il possesso del proprio dante causa si è verificato in epoca antecedente all'entrata in vigore della predetta L. n. 364”. E sin qui nulla di nuovo rispetto a quello a cui la giurisprudenza ci ha già abituato. Tuttavia, operando una (importante) inversione di rotta, la Corte si avvede – dandone espressamente atto – di come la rigida applicazione del suddetto principio al “collezionista” (figura alla quale lo stesso Collegio attribuisce pieno diritto di asilo, in considerazione del fatto che dal codice dei beni culturali si evince la pacifica ammissibilità della proprietà privata di beni archeologici al fianco di quella statale) finisca per caricare quest’ultimo di un onere probatorio il cui assolvimento risulta praticamente impossibile. A tal proposito, il passaggio cruciale della decisione in esame (che ha visto il coinvolgimento di importantissime e prestigiosissime case d’aste) è il seguente: “Chiarito ciò, i beni culturali - come già ricordato - si presumono dello Stato a meno che il detentore non dimostri di averli acquisiti in data anteriore all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909, di averli ottenuti in premio per il loro ritrovamento o di averli ricevuti dallo Stato. Ebbene, nel caso di specie il D.F. risulta aver acquistato dette monete dal collezionista R. nell'anno 2013; proprio in virtù di ciò egli contesta l'appartenenza di detti beni al patrimonio indisponibile dello Stato, non essendovi in atti la prova che esse siano state acquisite dal R. in seguito all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909. 12.4. La doglianza difensiva, evidentemente, stride con l'orientamento giurisprudenziale sopra richiamato che fa gravare sul soggetto che invoca la restituzione dei beni l'onere di dimostrare il legittimo possesso delle stesse da parte del proprio dante causa. Occorre, tuttavia, fare chiarezza sull'applicabilità di tale orientamento anche al collezionista. Con riferimento, infatti, ai beni provenienti dalle collezioni numismatiche, non può non tenersi conto del fatto che il codice Urbani conferma implicitamente la possibilità che i beni di interesse culturale siano posseduti da soggetti privati, in particolare qualora il Ministero competente non abbia dichiarato di interesse culturale le cose, in quanto aventi caratteristiche di eccezionalità. In questi devono considerarsi incluse le collezioni numismatiche, delle quali risulta lecito il possesso se acquistate presso rivenditori commerciali od altri collezionisti, a meno che non vi sia la prova che gli oggetti commercializzati provengono da campagne di scavo anteriori all'entrata in vigore della L. 20 giugno 1909, n. 364, ovvero siano di provenienza delittuosa (furtiva, ad esempio). Ed allora, il richiamo al principio giurisprudenziale citato ed assai rigoroso, confermato anche da altre pronunce […], sembra al Collegio invero non calzante. Risulta evidente che nessuno dei ‘soggetti imputati di tale delitto può, ratione aetatis, dare la prova di un acquisto anteriore al 1909; semmai egli può provare di avere ricevuto iure hereditatis tali beni, ovvero di averli acquistati da un collezionista. Ed appunto con riferimento al collezionista (qual è l'attuale ricorrente) che si pone il problema della "prova" da fornirsi, in quanto, ove si applicasse rigidamente, sempre ed indistintamente, l'orientamento giurisprudenziale rigoroso c.s. illustrato, risulterebbe difficile se non impossibile riuscire ad ottenere la restituzione del bene numismatico sottoposto a sequestro penale, poiché - salva la probatio diabolica che consenta di risalire agli "antenati" fino ad epoca anteriore all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909 - tale bene è di proprietà dello Stato. Ritiene, infatti, il Collegio che in tale impostazione vada del tutto perduta l'interpretazione della dizione letterale della fattispecie di cui all'art. 176 del Codice dei beni culturali, che incrimina non già la detenzione del bene culturale appartenente allo Stato, ma, per l'appunto, l'impossessamento, con ovvie conseguenze sotto il profilo del tempus commissi delicti (ma anche del luogo del commesso reato, ovviamente). La detenzione è infatti un reato permanente, ma nel caso che ci occupa la detenzione è un effetto del reato, di natura istantanea, di impossessamento, il quale si perfeziona, e consuma, tutto e solo, nella condotta di apprensione della cosa. Con le ovvie conseguenze in tema di computo della prescrizione, quanto al processo penale, ma anche con le scarse possibilità di recupero del bene, che derivano dall'impostazione data sul punto dalla giurisprudenza consolidata. 12.5. Tornando ad esaminare l'impugnata ordinanza, si osserva, la motivazione fornita dal giudice dell'esecuzione si presenta carente posto che deduce l'appartenenza dei beni reclamati al patrimonio indisponibile dello Stato italiano dal dato, pacifico, che "l'istante non ha acquistato i beni confiscati in epoca antecedente all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909, non li ha ricevuti dallo Stato, né li ha ottenuti in premio per il loro rinvenimento" (pag. 3 ordinanza del 12/12/19 cui la successiva ordinanza dell'1/10/2020 fa espresso rinvio), senza far cenno alcuno all'onere di prova gravante sul ricorrente in ordine al legittimo possesso di detti beni da parte del proprio dante causa, il R.. Non può ritenersi, proprio per le ragioni dianzi esposte al p. 12.4, che le doglianze difensive non siano idonee a compromettere la legittimità del provvedimento di confisca disposto dal G.I.P./Tribunale di Napoli e confermato dal giudice dell'esecuzione sol perché, per mezzo di esse, il ricorrente si limita a contestare "l'assenza di prova" dell'illegittimo possesso delle monete da parte del R.. Come anticipato, infatti, non può applicarsi in maniera pedissequa al collezionista il rigoroso orientamento giurisprudenziale richiamato secondo cui sarebbe proprio sul soggetto interessato alla restituzione dei beni che grava l'onere di dimostrare il lecito possesso degli stessi da parte del proprio dante causa, operando di base una presunzione di proprietà statale. In altri termini, non può ritenersi, in questo caso, che il ricorrente fosse gravato dall'onere, non assolto, di provare il fatto fondamentale posto alla base della propria domanda, cioè il possesso del suo dante causa, anteriore alla L. n. 364 del 1909. […] Purtuttavia, osserva il Collegio, le stesse ragioni poste a fondamento della archiviazione del procedimento per l'asserita buona fede del D.F., avrebbero dovuto spingere il giudice dell'esecuzione a motivare in maniera adeguata circa la confiscabilità delle monete appartenenti al D.F., a lui pervenute dalla collezione R., individuando ulteriori elementi da cui fosse ricavabile l'ostatività della restituzione delle monete, legittimamente pervenute al ricorrente, come ad es., l'accertamento dell'emissione del provvedimento da parte dell'Autorità amministrativa competente ex art. 13 del Codice dei beni culturali, in tal modo qualificando il bene numismatico o la collezione quale appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato. Tale carenza argomentativa sul punto rende, pertanto, ragione dell'annullamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio al giudice partenopeo per un nuovo esame.” (così la sentenza nella parte motivazionale; il sottolineato e il grassetto sono stati aggiunti da me per enfatizzare i passaggi chiave). In buona sostanza, il Collegio sembra affermare – pur senza dirlo espressamente – che, nell’ipotesi di collezionista (ma ritengo il principio pacificamente estendibile anche ai commercianti e, più in generale, a chiunque acquisti in buona fede) che provi di aver acquistato le monete antiche in maniera lecita e trasparente (da altro collezionista o da commerciante), debba trovare applicazione il seguente modus operandi: (i) non è possibile pretendere che il collezionista offra anche la prova del fatto che il proprio dante causa (il venditore, per intenderci), abbia a sua volta acquistato (o acquisito) le monete in data antecedente al 1909 (andando a ritroso), trattandosi di prova “diabolica” (ossia dall’assolvimento impossibile); (ii) in questo caso è il Giudice della confisca a dover offrire la prova (o meglio, per usare l’espressione “timida” impiegata dalla Corte, “a dover individuare ulteriori elementi”) dell’ostatività alla restituzione delle monete al collezionista. Inutile dire che non vorrei mai trovarmi nei panni del “giudice partenopeo” al quale la Corte ha rinviato la decisione e che si troverà al cospetto di una bella gatta da pelare. Non saprei dire se la sentenza rappresenti un passo avanti o un “sapiente recupero e restauro di vecchi orientamenti” (posto che in passato non erano mancate pronunce più favorevoli al collezionista rispetto a quelle che hanno preso piede negli ultimi anni), ma certamente offre notevoli spunti di riflessione che testimoniano, quantomeno, la tendenza della giurisprudenza a non sedersi supinamente su principi già espressi altrove e assunti al rango di dogma, forse – e qui scrivo in chiave romantica e ottimistica – nell’ambito di un più ampio percorso mentale che condurrà ad acquisire la consapevolezza del fatto che a volte la mano privata è capace di coccolare i beni culturali con un amore sicuramente più intenso di quello di cui è capace l’algida “mamma Stato”. Saluti. Cass. 45983 del 2021.pdf1 punto
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Per la serie mai accettare cibo dagli sconosciuti, neppure quando sono anziane nonnine , Biancaneve docet: Ucraina, anziana uccide otto soldati russi con una torta avvelenata Un funzionario ucraino ha pubblicato un'intercettazione telefonica in cui un militare russo racconta l'episodio Un'anziana donna ucraina avrebbe ucciso otto soldati russi affamati offrendo loro delle torte avvelenate. L'episodio è stato riportato da un funzionario del ministero dell'Interno ucraino, che ha reso pubblica un'intercettazione telefonica tra un militare russo e la sua compagna. https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/ucraina-anziana-uccide-otto-soldati-russi-con-una-torta-avvelenata_47591540-202202k.shtml1 punto
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Complimenti! Ottimi dettagli, specialmente sui rilievi più alti, orecchio e corona. Nonostante i colpetti al R/, a mio avviso qSPL Questi scudi mi stanno facendo dannare, sto cercando di completare la serie, ma ci sono alcune date e zecche che proprio non trovo, in nessuna conservazione... ma almeno i "buchi" da chiudere ormai sono pochi1 punto
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Inserisco quel che si visualizza nell'anteprima giusto per non fare rimanere la discussione senza immagini.1 punto
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Esattamente Per la serie,porta in salvo la pelle( se puoi) che tutto il resto è noia. Lo scenarario della guerra è l' apoteosi del dramma,dove tanto è perduto,vite umane ,case, denaro per sopravvivere,provviste e pure vestiti.... Innanzitutto,preghiamo perchè ciò non avvenga,poi,come la foto rappresenta.....1 punto
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Anche io. Non ne vedo alcuna utilità. Se ci sarà il conflitto nucleare le nostre monete saranno, almeno a mio parere, l’ultima delle preoccupazioni. Se non ci sarà perché preoccuparsi? Dov’è il problema ?1 punto
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Buongiorno, Nel malaugurato scenario di guerra globale, considerando le armi a disposizione di alcuni paesi, ci sarebbe il rischio concreto della sopravvivenza della specie umana e della vita sul pianeta. Se stessimo affrontando una situazione simile a quella che sta vivendo l'Ucraina, potrebbero esserci un paio di opzioni: 1. Prenderei le più preziose per occupare solo un piccolo spazio in unonzaino/valigia e proverei a portarle con me, nell'eventuale Paese di destinazione per sfuggire alla guerra. Rischio: perderle per strada; sottrazione a checkpoint, posti di blocco, etc... 2. Le lascerei in un posto che reputo segreto e sicuro, per tentare il recupero in un secondo momento. Rischio: non recuperarle mai più; non ritrovarle.1 punto
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Complimenti ci hai preso! Non era poi così difficile? l'anno è ben visibile (1874) e non sono molte le monete così vecchie in nichelio...anzi compatibile con questa c'è solo lei? è un 5 pfennig 1874 zecca E Questo è il dritto meglio conservato:1 punto
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Ok ne sparo una e poi attendo altri interventi per spararne un'altra. 5 o 10 pfennig Germania seconda metà dell'8001 punto
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In attesa del risultato del C14, ho rinvenuto solo tracce di kryptonite ma dato che non sono Superman non ho problemi?1 punto
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PROVA = Per Ringraziare Ovviamente Valuto Attentamente (di farlo in seguito insieme ad un saluto solo se mi rispondete adeguatamente).1 punto
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Il Magliocca lo considera R3 come quasi tutti i Tornesi "cornucopia" di Filippo II. Del 1598 (e del 1599 postuma) esiste anche una variante R4 che, però, non mi sembra che la moneta di questo post possa essere...1 punto
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Ma quale passato in sordina. Talmente che è leggibile che sono passato ad analizzarlo con il metodo del carbonio-14 per risalire alla sua coniazione?1 punto
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direi di qualche centinaio di euro vale di più GK dimmi chi la vende a 1500 che la compro subito! siamo sui 3100-3200 a memoria1 punto
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Ah siiii? E perchè? Quante sfince di San Giuseppe te stai a magná????? Approfitto per far gli auguri ai Giuseppe e ai papá? Piccolo OT ,ma dovuto1 punto
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Ciao, ho dato una occhiata veloce sul RIC, ma non ho trovato emissioni di Iulia Domna con quel rovescio. Forse, quindi, il rovescio e' quello della denario di Settimio Severo RIC IV 521b, perchè come giustamente hai fatto notare, ha una sola T (ANTONINVS AVG PON TR P IIII), mentre quello della foto postata da me ha effettivamente una T in più (ANTONINVS AVG PONT TR P IIII) e ha il dritto diverso per legenda. Peccato non avere ancora trovato una foto del primo. Sarebbe interessante classificare anche il secondo, ma per ora non l'ho trovato (la cosa strana e' che lo classificano come RIC IV 521b, anche se Acsearch e asta Triton VI specificano "unpublished whit these legends"e "cfr 521b" ). Ecco un estratto del RIC per la 521b: Per ora di più non so aiutarti. Oggi sono piuttosto impegnato, se riesco ci guardo ancora domani. Buona giornata da Stilicho1 punto
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Eccolo con nuove foto, A me sembra FDC rame rosso, cosa ne pensate?1 punto
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Complimenti!! è lei! È un 20 Centavos (1896) ma senza diametro non si poteva sapere! Non è servito nessun suggerimento!1 punto
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Penso proprio che sia stata trovata una possibile soluzione del problema. Quando nel mio post parlavo del dritto pensavo ad un denario ufficiale di Caracalla. Per il denario del limes in questione, a quanto pare, potrebbero invece essere stati usati i conii di un dritto di Iulia Domna e di un rovescio di un denario di Settimio Severo....c'è la differenza di una T in più , ma credo proprio che siamo sulla strada giusta...complimenti a Stilicho.1 punto
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Concordo sull'importanza del passaggio evidenziato ma non posso non rilevare l'esistenza di un "problema" di fondo che, nella motivazione della Corte, resta irrisolto: da un lato, infatti, si insiste nel ribadire l'esistenza di sole tre ipotesi tassative in forza delle quali il possessore delle monete può vincere la presunzione di appartenenza delle stesse allo Stato; dall'altro lato, la Corte invita (finalmente) a un contemperamento di questo rigido principio nel caso del collezionista che possa provare di aver acquistato in maniera lecita e trasparente e, quindi, in buona fede (senza necessità di offrire a ritroso, sino al 1909, anche la prova del titolo che legittimava il possesso del suo dante causa). Si tratta, all'evidenza, di due principi che tra loro possono apparire in contraddizione: se le ipotesi di acquisto idonee a vincere la presunzione di appartenenza statale continuano ad essere definite tassative, come giustificare il contemperamento - giustissimo, a mio avviso - pure suggerito dalla Corte? Il ragionamento, per quanto apprezzabile, a mio parere resta monco. Per questo non vorrei essere nei panni del Giudice al quale la palla è stata rimessa, posto che spetterà a lui risolvere questa (apparente) contraddizione. Secondo me la Corte ha perso una occasione importante per fare essa stessa chiarezza. Spero di poter leggere anche io il provvedimento del Giudice dell'esecuzione e, ovviamente, se dovessi riuscire a reperirlo non mancherò di rendervi partecipi del suo contenuto. La domanda è breve e concisa ma richiederebbe una risposta assai complessa. In teoria (e sottolineo in teoria) il collezionista che si è visto prima sequestrare e poi confiscare le monete potrebbe adire la Corte di Giustizia Europea adducendo una violazione, da parte dello Stato Italiano, della diritto di proprietà (tutelato dalla Convenzione Europea e materia alla quale l'istante dovrebbe fare riferimento nel proprio ricorso). Nella pratica ritengo assai remoto che un simile ricorso possa avere esito favorevole al collezionista, posto che il diritto di proprietà è salvaguardato ma non in maniera incondizionata: basti pensare (solo per fare un esempio) che la stessa norma che tutela il diritto individuale di proprietà prosegue sancendo che le disposizioni ivi contenute "non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale". E non v'è dubbio che la tutela dei beni culturali risponda alla soddisfazione di un interesse generale, della collettività. Non so se qualcuno ci abbia già provato. Per quanto mi riguarda è una strada che non percorrerei (ma questa è la mia opinione). Saluti1 punto
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Gent.mo @gennydbmoney, non credo siano colpi, ma appunto difetti di conio, molto frequenti in questa tipologia. Posto 2 foto ( ma gli esempi sarebbero numerosi ). Questa Ex Asta Bertolami Dicembre 2021 considerata qSPL e questa di un'Asta Americana: Bru Sale ( che non conosco), considerata Very Fine Sarebbe interessante sapere a cosa è dovuto questo difetto di coniazione. Buona Serata,1 punto
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Apollo e l’alloro: il mito di Dafne e Apollo Racconta la leggenda che un giorno Apollo, fiero di avere ucciso a colpi di freccia il gigantesco serpente Pitone alla tenera età di quattro giorni, incontrò Eros che era intendo a forgiare un nuovo arco e si burlò di lui, del fatto che non avesse mai compiuto azioni degne di gloria. Eros, risentito del comportamento di Apollo, decise di fargli vedere quanto fosse potente e meditò vendetta preparando due frecce, una dorata e appuntita capace di far innamorare alla follia la prima persona divina o mortale che l’occhio avesse visto, e l’altra di piombo e spuntata, che serviva a non far innamorare. Eros colpì Apollo con la freccia d’oro, e quando lo vide porre il suo primo sguardo su una ninfa, Dafne, sacerdotessa di Gea e figlia del dio fluviale Ladone, la colpì con la freccia di piombo, quella che faceva scappare dall’amore. Della ninfa Dafne era innamorato anche un giovane mortale, Leucippo, che per avvicinare la sua amata si era travestito da donna. Apollo, venuto a conoscenza della vicenda, per liberarsi del rivale suggerì alle ninfe di fare uno dei loro bagni rituali (un tipo di bagno in cui le ninfe partecipavano completamente nude). Leucippo venne in questo modo smascherato e ucciso dalle ninfe stesse. Avendo il campo libero Apollo dichiarò il proprio amore a Dafne, ma lei non ne volle sapere di lui e lo respinse fuggendo in preda al terrore. Apollo la inseguì e quando la stava per raggiungerla nei pressi del fiume Peneo, Dafne, disperata, invocò l’aiuto di Gea e del padre Ladone. I due la trasformarono in un albero di alloro sotto gli occhi di Apollo che, disperato, abbracciava il tronco nella speranza di riuscire a ritrovare la dolce Dafne. Scrive Ovidio nelle Metamorfosi (I, 555-559): «Apollo l'ama, e abbraccia la pianta come se fosse il corpo della ninfa; ne bacia i rami, ma l'albero sembra ribellarsi a quei baci. Allora il dio deluso così le dice: “Poichè tu non puoi essere mia sposa, sarai almeno l'albero mio: di te sempre, o lauro, saranno ornati i miei capelli, la mia cetra, la mia faretra”». Il dio quindi proclamò a gran voce che la pianta dell'alloro sarebbe stata sacra al suo culto e segno di gloria da porsi sul capo dei vincitori. Così ancor oggi, in ricordo di Dafne, è usanza cingere con una corona di alloro il capo di coloro che compiono imprese memorabili. apollonia1 punto
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Niue islands 2022 - 5 dollari in Ag. 999 (gr. 62,20) 110° Anniversario dell'affondamento del Titanic1 punto
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Ultimo arrivo in collezione : Mezzo Tornese 1853, variante con stella a 5 punte sotto il Busto.1 punto
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Un piuttosto raro didrammo della prima monetazione arcaica di Siracusa, da coni apparentemente fin qui non censiti : passerà a giorni in asta RomaNum. XXIII al n. 58 . Unisco dalla rete un esemplare di questa tipologia passato a suo tempo in vendita NAC 13 al n. 422 .0 punti
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