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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 03/17/22 in tutte le aree
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Ciao a tutti, dovrebbe essere un denaro di COMO Ludovico il Bavaro (1314-1327) - MIR 2717 punti
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Buon pomeriggio amici, è da un po' che non scrivo e posto qualcosa, ho avuto altro da fare, ma oggi trovo la voglia e il tempo di condividere questa nuova arrivata. E' la mia prima decimale per Murat, fino ad oggi mi sono dedicato solo e molto al rame in grana, ma ho deciso di portare la mia collezione anche in questa direzione. 1 LIRA 1813 AG Dritto: GIOACCHINO NAPOLEONE 1813 Rovescio: REGNO DELLE DUE SICILIE al centro 1 LIRA. Aggiungo che non mi sono minimamente ancora dedicato allo studio delle diverse varianti, questa l'ho presa d'impulso per la conservazione e la patina che è di mio gradimento, l'unica cosa che al momento ho notato è la presenza o meno del punto dopo il valore o dopo la data: 1813. 1813 1LIRA. 1 LIRA E ancora, la presenza o assenza di un rombetto a chiudere la legenda al dritto. Ecco le foto. Graditi i vostri pareri.4 punti
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Circa 10 anni fa ci fu un primo tentativo ma trovammo chiuso tutta la sezione. Poi un paio di anni dopo avemmo la fortuna di trovare tutto aperto compreso l'ultima sala dove c'erano esposti anche molti coni delle monete e delle medaglie. Dovrei avere anche molte foto fatte per l'occasione ma dovrei cercarle su una memoria esterna che conservo da qualche parte.2 punti
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Ciao @apollonia, Non so se vedi la stessa cosa al rovescio, ma mi fa pensare a un picolo bronzo di Pisidia (Sagalassus) https://www.acsearch.info/search.html?id=6631734 https://www.acsearch.info/search.html?id=7731691 Se riesci a vedere qualcosa di « ΣAΓΑ » all’esergo?2 punti
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Un esemplare era presente nella collezione Este Milani (asta Varesi 54) lotto n. 529 anche se con le rosette al posto dei globetti. Certo che ora è facile cercare dopo che @rasolo73 l'ha individuata. Arka Dililgite iustitiam2 punti
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Buongiorno , in questi tristissimi giorni della guerra in Ukraina notavo in un Telegiornale nazionale alcune immagini della bella Citta' di Odessa , nelle riprese notavo una statua situata nel porto , d' innanzi al mare , quasi a dare il benvenuto della Citta' ai naviganti , non certo agli odierni Russi , e di sfuggita mi era parso che fosse dedicata ad un Imperatore romano a causa dell' abbigliamento e della corona che sembra di alloro . Ho fatto delle ricerche ed ho trovato che la statua e' dedicata invece al Duca di Richelieu ; si tratta infatti di una statua in bronzo , dedicata a Emmanuel Armand du Plessis , duca di Richelieu , che molto contribuì allo sviluppo della città di Odessa . Il monumento è rivolto verso il mare e di fronte ad esso vi è la famosa Scalinata Potëmkin , dedicata alla omonima Corazzata russa , oggetto di un altrettanto famoso film . Richelieu divenne governatore di Odessa nel 1803 e grazie a lui la Città diventò un importante porto commerciale . Quando i Borboni tornarono sul trono , Richelieu fece ritorno in Francia , dove morì nel 1822 e il popolo cominciò a raccogliere i fondi per fare una statua onoraria in suo ricordo .2 punti
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Questa tipologia di errore è stata riscontrata in tutte le monetazioni mondiali e nelle varie epoche. Normalmente deriva dal fatto che per portare i tondelli di vari tagli alla pressa monetaria vengono usati gli stessi "contenitori" (cassoni, cesti, secchi, etc. a seconda dell'epoca e dall'operatività di ogni singola Zecca). Pertanto, può/poteva accadere (ovviamente raramente) che un tondello di una precedente operazione di coniazione rimanga dentro il "contenitore" (es. perchè si è impigliato) dove vengono/venivano riversati i tondelli di un'altra moneta. Oppure la "contaminazione" tra i due tondelli poteva avvenire all'interno della società esterna che produceva i tondelli e quindi arriva/arrivava già in Zecca una partita di tondelli "contaminata" con qualche tondello di un'altra denominazione. Ad esempio i tondelli in acmonital venivano prodotti a Cogne e li nelle fasi di produzione o di spostamento poteva esserci una "contaminazione" tra monete di tagli diversi. Caratteristica essenziale è che il tondello "sbagliato" deve essere di un diametro inferiore rispetto alla moneta che si intendeva coniare ("moneta corretta"), in quanto un tondello di diametro maggiore non sarebbe entrato nei tubi di alimentazione dei tondelli che erano parametrati con il diametro della "moneta corretta". Pertanto, una moneta da una lira impero non poteva essere coniata (spontaneamente) su un tondello delle due lire impero. L'inverso invece ovviamente si, come nel caso di specie. Inoltre, il tondello sbagliato deve appartenere ad una moneta che veniva coniata dalla Zecca nello stesso periodo in cui veniva coniata la moneta "corretta". Sebbene non si possa escludere a priori l'intervento dell'uomo nella generazione di questi errori, è anche vero che gli stessi possono sicuramente verificarsi anche spontaneamente e, come detto, errori di questo tipo si sono riscontrati in tutte le zecche mondiali e in varie epoche.2 punti
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Buona giornata Parafrasando un noto proverbio toscano, si potrebbe dire che l'informazione è come la pelle dei coglioni, dove la tiri, va. saluti luciano2 punti
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Per prima cosa benventuo sul forum! Questa semoncia non è romano-campana in quanto appartiene alle serie anonima semilibrale (o collaterale) e come tutti gli altri nominali rappresenta un bell'enigma. A tal proprosito @Scipio stava lavorando ad un'interessantissima teoria... spero abbia proseguito e magari potrà aggiornarci in merito. Ad ogni modo ti segnalo un paio di link di Liv Mariah Yarrow che portano qualche spunto di riflessione ed evidenziano il noto parallelismo di questa emissione con una bioncia capuana: https://livyarrow.org/2014/03/03/tyche-of-capua-turreted-roma/ https://livyarrow.org/2013/11/09/144-out-of-410-days-missing-cybele/ E' a mio parere molto suggestivo il parallelismo col passo di Virgilio... si tratterebbe "solo" di datare la serie a dopo il 204 e non al 217-215... dettagli....2 punti
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Dalle mie parti (Bari) con l’espressione dialettale la monge e la ponge, che ho scelto come titolo per questo post, si indica l’atteggiamento di chi, in una discussione o in una disputa, cercando di non scontentare nessuno, assume un atteggiamento non manifestamente schierato in un senso o nell'altro. Potremmo dire che la monge e la ponge è l’equivalente del detto, di uso comune, un colpo al cerchio e uno alla botte. Ed è proprio l’atteggiamento assunto dalla Corte di Cassazione nella motivazione spesa in una recentissima sentenza di novembre 2021 (la n. 45983 del 12 novembre 2021) ad aver ispirato il titolo. Si tratta di una sentenza a mio avviso importante e che meritava di essere qui segnalata (allego il file del testo completo, in ogni caso reperibile anche online). Prima di proseguire, però, una avvertenza al lettore: il post è lungo e dalla sua lettura completa potrebbero derivare effetti collaterali quali noia mortale e simili. La pronuncia in commento, pur muovendo dai consolidati principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in tema di appartenenza allo Stato dei beni culturali (e, nello specifico, delle monete antiche), manifesta una maggiore sensibilità nei confronti del collezionista – questa volta espressamente preso in considerazione – sancendo alcuni principi di fondamentale importanza. Il collezionista, in altri termini, sembra aver fatto breccia nel cuore della Corte. Battute a parte, limitandomi a esaminare in questa sede i punti della decisione che ritengo più interessati e di più agevole digestione anche per chi in materia è a digiuno, il Collegio muove dal principio secondo cui i beni culturali “si presumono dello Stato a meno che il detentore non dimostri di averli acquisiti in data anteriore all’entrata in vigore della L. n. 364 del 1909, di averli ottenuti in premio per il loro ritrovamento o di averli ricevuti dallo Stato”. Si tratta, come in più occasioni la giurisprudenza ha avuto modo di precisare, di ipotesi definite tassative (non vi sarebbero, cioè, altre ipotesi idonee a vincere la presunzione di appartenenza allo Stato). Prosegue, poi, al punto 11., ribadendo che: “La giurisprudenza di legittimità, del resto, ha in più occasioni sottolineato che "il possesso delle cose di interesse archeologico integra il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 176, comma 1, e si presume illegittimo, a meno che il detentore non dimostri di averli legittimamente acquistati in epoca antecedente all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909" […]; conseguentemente, "anche nell'ipotesi di archiviazione del procedimento per il reato di impossessamento illecito, previsto dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 176, grava sul richiedente la restituzione dei predetti beni sottoposti a sequestro l'onere di dimostrare che il possesso del proprio dante causa si è verificato in epoca antecedente all'entrata in vigore della predetta L. n. 364”. E sin qui nulla di nuovo rispetto a quello a cui la giurisprudenza ci ha già abituato. Tuttavia, operando una (importante) inversione di rotta, la Corte si avvede – dandone espressamente atto – di come la rigida applicazione del suddetto principio al “collezionista” (figura alla quale lo stesso Collegio attribuisce pieno diritto di asilo, in considerazione del fatto che dal codice dei beni culturali si evince la pacifica ammissibilità della proprietà privata di beni archeologici al fianco di quella statale) finisca per caricare quest’ultimo di un onere probatorio il cui assolvimento risulta praticamente impossibile. A tal proposito, il passaggio cruciale della decisione in esame (che ha visto il coinvolgimento di importantissime e prestigiosissime case d’aste) è il seguente: “Chiarito ciò, i beni culturali - come già ricordato - si presumono dello Stato a meno che il detentore non dimostri di averli acquisiti in data anteriore all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909, di averli ottenuti in premio per il loro ritrovamento o di averli ricevuti dallo Stato. Ebbene, nel caso di specie il D.F. risulta aver acquistato dette monete dal collezionista R. nell'anno 2013; proprio in virtù di ciò egli contesta l'appartenenza di detti beni al patrimonio indisponibile dello Stato, non essendovi in atti la prova che esse siano state acquisite dal R. in seguito all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909. 12.4. La doglianza difensiva, evidentemente, stride con l'orientamento giurisprudenziale sopra richiamato che fa gravare sul soggetto che invoca la restituzione dei beni l'onere di dimostrare il legittimo possesso delle stesse da parte del proprio dante causa. Occorre, tuttavia, fare chiarezza sull'applicabilità di tale orientamento anche al collezionista. Con riferimento, infatti, ai beni provenienti dalle collezioni numismatiche, non può non tenersi conto del fatto che il codice Urbani conferma implicitamente la possibilità che i beni di interesse culturale siano posseduti da soggetti privati, in particolare qualora il Ministero competente non abbia dichiarato di interesse culturale le cose, in quanto aventi caratteristiche di eccezionalità. In questi devono considerarsi incluse le collezioni numismatiche, delle quali risulta lecito il possesso se acquistate presso rivenditori commerciali od altri collezionisti, a meno che non vi sia la prova che gli oggetti commercializzati provengono da campagne di scavo anteriori all'entrata in vigore della L. 20 giugno 1909, n. 364, ovvero siano di provenienza delittuosa (furtiva, ad esempio). Ed allora, il richiamo al principio giurisprudenziale citato ed assai rigoroso, confermato anche da altre pronunce […], sembra al Collegio invero non calzante. Risulta evidente che nessuno dei ‘soggetti imputati di tale delitto può, ratione aetatis, dare la prova di un acquisto anteriore al 1909; semmai egli può provare di avere ricevuto iure hereditatis tali beni, ovvero di averli acquistati da un collezionista. Ed appunto con riferimento al collezionista (qual è l'attuale ricorrente) che si pone il problema della "prova" da fornirsi, in quanto, ove si applicasse rigidamente, sempre ed indistintamente, l'orientamento giurisprudenziale rigoroso c.s. illustrato, risulterebbe difficile se non impossibile riuscire ad ottenere la restituzione del bene numismatico sottoposto a sequestro penale, poiché - salva la probatio diabolica che consenta di risalire agli "antenati" fino ad epoca anteriore all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909 - tale bene è di proprietà dello Stato. Ritiene, infatti, il Collegio che in tale impostazione vada del tutto perduta l'interpretazione della dizione letterale della fattispecie di cui all'art. 176 del Codice dei beni culturali, che incrimina non già la detenzione del bene culturale appartenente allo Stato, ma, per l'appunto, l'impossessamento, con ovvie conseguenze sotto il profilo del tempus commissi delicti (ma anche del luogo del commesso reato, ovviamente). La detenzione è infatti un reato permanente, ma nel caso che ci occupa la detenzione è un effetto del reato, di natura istantanea, di impossessamento, il quale si perfeziona, e consuma, tutto e solo, nella condotta di apprensione della cosa. Con le ovvie conseguenze in tema di computo della prescrizione, quanto al processo penale, ma anche con le scarse possibilità di recupero del bene, che derivano dall'impostazione data sul punto dalla giurisprudenza consolidata. 12.5. Tornando ad esaminare l'impugnata ordinanza, si osserva, la motivazione fornita dal giudice dell'esecuzione si presenta carente posto che deduce l'appartenenza dei beni reclamati al patrimonio indisponibile dello Stato italiano dal dato, pacifico, che "l'istante non ha acquistato i beni confiscati in epoca antecedente all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909, non li ha ricevuti dallo Stato, né li ha ottenuti in premio per il loro rinvenimento" (pag. 3 ordinanza del 12/12/19 cui la successiva ordinanza dell'1/10/2020 fa espresso rinvio), senza far cenno alcuno all'onere di prova gravante sul ricorrente in ordine al legittimo possesso di detti beni da parte del proprio dante causa, il R.. Non può ritenersi, proprio per le ragioni dianzi esposte al p. 12.4, che le doglianze difensive non siano idonee a compromettere la legittimità del provvedimento di confisca disposto dal G.I.P./Tribunale di Napoli e confermato dal giudice dell'esecuzione sol perché, per mezzo di esse, il ricorrente si limita a contestare "l'assenza di prova" dell'illegittimo possesso delle monete da parte del R.. Come anticipato, infatti, non può applicarsi in maniera pedissequa al collezionista il rigoroso orientamento giurisprudenziale richiamato secondo cui sarebbe proprio sul soggetto interessato alla restituzione dei beni che grava l'onere di dimostrare il lecito possesso degli stessi da parte del proprio dante causa, operando di base una presunzione di proprietà statale. In altri termini, non può ritenersi, in questo caso, che il ricorrente fosse gravato dall'onere, non assolto, di provare il fatto fondamentale posto alla base della propria domanda, cioè il possesso del suo dante causa, anteriore alla L. n. 364 del 1909. […] Purtuttavia, osserva il Collegio, le stesse ragioni poste a fondamento della archiviazione del procedimento per l'asserita buona fede del D.F., avrebbero dovuto spingere il giudice dell'esecuzione a motivare in maniera adeguata circa la confiscabilità delle monete appartenenti al D.F., a lui pervenute dalla collezione R., individuando ulteriori elementi da cui fosse ricavabile l'ostatività della restituzione delle monete, legittimamente pervenute al ricorrente, come ad es., l'accertamento dell'emissione del provvedimento da parte dell'Autorità amministrativa competente ex art. 13 del Codice dei beni culturali, in tal modo qualificando il bene numismatico o la collezione quale appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato. Tale carenza argomentativa sul punto rende, pertanto, ragione dell'annullamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio al giudice partenopeo per un nuovo esame.” (così la sentenza nella parte motivazionale; il sottolineato e il grassetto sono stati aggiunti da me per enfatizzare i passaggi chiave). In buona sostanza, il Collegio sembra affermare – pur senza dirlo espressamente – che, nell’ipotesi di collezionista (ma ritengo il principio pacificamente estendibile anche ai commercianti e, più in generale, a chiunque acquisti in buona fede) che provi di aver acquistato le monete antiche in maniera lecita e trasparente (da altro collezionista o da commerciante), debba trovare applicazione il seguente modus operandi: (i) non è possibile pretendere che il collezionista offra anche la prova del fatto che il proprio dante causa (il venditore, per intenderci), abbia a sua volta acquistato (o acquisito) le monete in data antecedente al 1909 (andando a ritroso), trattandosi di prova “diabolica” (ossia dall’assolvimento impossibile); (ii) in questo caso è il Giudice della confisca a dover offrire la prova (o meglio, per usare l’espressione “timida” impiegata dalla Corte, “a dover individuare ulteriori elementi”) dell’ostatività alla restituzione delle monete al collezionista. Inutile dire che non vorrei mai trovarmi nei panni del “giudice partenopeo” al quale la Corte ha rinviato la decisione e che si troverà al cospetto di una bella gatta da pelare. Non saprei dire se la sentenza rappresenti un passo avanti o un “sapiente recupero e restauro di vecchi orientamenti” (posto che in passato non erano mancate pronunce più favorevoli al collezionista rispetto a quelle che hanno preso piede negli ultimi anni), ma certamente offre notevoli spunti di riflessione che testimoniano, quantomeno, la tendenza della giurisprudenza a non sedersi supinamente su principi già espressi altrove e assunti al rango di dogma, forse – e qui scrivo in chiave romantica e ottimistica – nell’ambito di un più ampio percorso mentale che condurrà ad acquisire la consapevolezza del fatto che a volte la mano privata è capace di coccolare i beni culturali con un amore sicuramente più intenso di quello di cui è capace l’algida “mamma Stato”. Saluti. Cass. 45983 del 2021.pdf1 punto
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Buongiorno, È da molti anni che posseggo questa mezza piastra con tre ovali incusi nel taglio disposti in modo da non coprire il motto PROVIDENTIA OPTIMI PRINCIPIS. Ora né la mezza del 1832 e né quella del 1834 presentano questa particolarità Perché solo nel 1833 troviamo gli ovali? Chiedo ai collezionisti che hanno la mezza del 1833 di controllare il taglio dei loro esemplari per avere certezza sulla presenza di questi "segni" . Grazie a chi vorrà aiutarmi.1 punto
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Salve, segnalo : Accademia Italiana di Studi Numismatici Clemente XI: il Papa di Urbino - Un lungo pontificato nel segno delle arti. Il libro raccoglie contributi sulla storia e sulla monetazione di Papa Clemente XI e sul forte rapporto che ebbe con la città di Urbino. Curato da Giovanni Battista Vigna. 162 pagine a colori, formato 18x26, € 35,00 https://www.edizionidandrea.com/1 punto
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Naturalmente anche gli altri partecipanti possono utilizzare questa se la scoprono tra le righe partecipanti... siamo rimasti solo in tre, come la famosa canzone di Modugno, quello sul fondo sarà il custode del Museo?1 punto
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DE GREGE EPICURI Mi pare autentica. Diritto decisamente bello, rovescio un po' meno, più usurato e con graffi.1 punto
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DE GREGE EPICURI Volusiano lo escluderei, perchè ha un profilo diverso ed è sempre riconoscibile. Come ritratto, Valeriano ci può stare; potrebbe essere anche Emiliano e forse Treboniano Gallo, ma non so per chi esiste con questo rovescio; che non è facilmente individuabile. Concordia? Annona? Liberalitas? Difficile dire. E che moneta è? Io propendo per un sesterzio (di barra), con peso molto calante. Voterei per Valeriano, che ha sesterzi sia pesanti che leggeri.1 punto
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Hai anche ragione, personalmente però io considero questi "errori" solo come scarsa qualità di coniazione.1 punto
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Ovviamente il "dettagli" in chiusura al precendete intervento era sarcastico e penso che l'unico punto fermo riguardante l'intera serie collaterale sia proprio l'inquadramento cronologico. Sappiamo per certo che il culto di Cibele fu ufficialmente introdotto a Roma nel 204 a.C. ed al tempo stesso sappiamo che la serie anonima semilibrale va inquadrata negli anni immediatamente a ridosso della battaglia di Canne (216 a.C.), ma forse è buona cosa capire il perchè. @Scipio ha doverosamente riportato alla luce due delle numerose discussioni sul tema. Per "spiegare" la serie bisognerebbe trovare quel filo conduttore in grado di unire tutte le cinque tipologie, ma ad oggi nessuno ci è ancora riuscito, nella migliore delle ipotesi uno o due nominali "sfuggono" sempre, ma ciò non significa che vi sia totale mistero... qualche spunto di riflessione l'abbiamo e la monetazione di Velecha (vedasi il prezioso contributo di @acraf sopra segnalato) ne è parte integrante. Abbiamo infatti testimonianza di un'oncia (Berlin 2) riconiata proprio su una semuncia RRC 39/5, sappiamo che l'egemonia cartaginese in Campania fu stroncata da Roma tra il 215 ed il 214, che dal 213 iniziò l'isolamento di Capua che infine si arrese nel 211. E' inoltre più che lecito pensare che città come Capua, Atella, Calatia e naturalmente Velecha, che dopo Canne passarano dalla parte di Annibale, rappresentassero una sorta di "encalve" punico, una lega filo-cartaginese, che batteva moneta propria. Tali coniazioni ovviamente cessarono con la conquista di Capua. Questo non solo esclude che la testa al dritto della semuncia romana possa rappresentare Cibele, ma ci autorizza anche a fare qualche riflessione in più... o quantomeno provarci. L'oncia della serie semilibrale romana presenta un'iconografia che rimanda alla monetazione sia di Velecha che di Antella, con questo Sol Indiges se la leggiamo in chiave romana... o Giovia se vogliamo leggerla in chiave "italica"... e poi la semuncia, con iconografia simile ad una biuncia e ad un oncia di Capua... e poi abbiamo un esempio di una oncia di Velecha riconiata su semuncia romana. A livello teorico le emissioni "filocartaginesi" dovrebbero essere di poco successive alla serie anonima semilibrale, ma a livello pratico oserei dire che fossero coeve, per lo meno lo sono state in un più o meno breve frangente. A questo punto però parliamo veramente di un lasso di tempo estremamente ridotto e personalmente non riesco proprio a capire, in particolar modo in termini di valenza iconografica, chi abbia copia chi e soprattutto perchè.1 punto
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Si, Fausta. Forse per Roma, legenda SPES REIPVBLICAE, con l’esergo R corona P, e la cesura FL MAX FA-VSTA AVG https://www.nummus-bible-database.com/monnaie-64477.htm1 punto
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Salve, si tratta di Fausta, probabilmente del tipo SALVS REIP-VBLICAE. Per un confronto vedasi: http://wildwinds.com/coins/ric/fausta/t.html Saluti1 punto
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@Cremuzio benvenuto nel club degli ossessionati dalla serie collaterale! L'attribuzione della serie alla monetazione romano-campana era diffusa prima di Crawford (es. Grueber, Babelon) a causa della presenza di iconografie similari nella monetazione di città italiche e campane (per tutte, il bronzo della sconosciuta Velecha) Riporto la discussione citata da @Rapax preavvertendo che le idee esposte non hanno alcun valore scientifico. Sarebbe bello avere altri contributi anche critici, visto che non sono riuscito a portarla avanti.1 punto
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1. Analogo russo del profiterole ripieno di ricotta montata dolce 2. Non l'ho provato, ma sembra una ricotta dolce al forno con panna 3. Patata russa - cracker alla vaniglia, burro, cacao, cognac, zucchero.1 punto
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Ciao, @nikita_ Quindi è certo che sia stato un treno, pensavo fosse solo un'ipotesi. Credo all'ora che all'impatto del treno con la moneta fatta di metallo molto duro la ruota della littorina si è per un nanosecondo sospesa risparmiando lo schiacciamento della parte centrale. Oppure potrebbe essere che la forma del binario e della ruota abbiano lasciato quella particolare impronta ... Saluti1 punto
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Mi scuso con l'amministrazione del forum per l'invio di foto. Ma Photofact è meglio delle voci. Al mattino, dopo aver letto la tua domanda, ho fatto un viaggio speciale al mercato. Ho fatto una foto con il mio telefono.1 punto
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Scusatemi, ho visto solo ora questa discussione (è un pò che non entro nel forum). Per quanto riguarda i cunei a mio avviso ci sono tutti: Ho qualche dubbio che si tratti di un piacentino antico (coniato fra il 1140 e il 1162), infatti mentre se la G di Regis al Diritto è di stile arcaico non lo sono le lettere A del rovescio (come lo sono invece quelle dell'esemplare di Palpi62). Sarebbe utile sapere il peso della moneta, anche se il tondello non sembra del tutto integro. Se fosse intorno ai 0,90-0,95 grammi potrebbe davvero trattarsi di una delle ultime emissioni del piacentino antico. Per Riepo58, se non lo ha già fatto, consiglio la lettura del primo fascicolo del bollettino di numismatica sulla zecca di Piacenza (in particolare pagg. 8-10; il link è il seguente: https://www.numismaticadellostato.it/pns-pdf/materiali/BdNonline_Materiali_44_2016.pdf1 punto
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Ti sei perso delle medaglie borboniche eccezionali. Peccato1 punto
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Ciao, proviamo ad identificare l'imperatore, per me dovrebbe trattarsi di Valeriano o Volusiano Attendiamo anche altri pareri? ANTONIO1 punto
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Buona giornata Grazie dell'informazione; ne ero completamente all'oscuro. saluti luciano1 punto
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Mi viene da pensare che è difficile fossero errori ma non mi sento nemmeno di escluderlo. Se coniavano le 2 lire e’ improbabile che in quel frangente “saltassero dentro “ i tondelli da una lira. Credo invece a un qualche goliardata tra tecnici in zecca magari anche -perché no?-con qualche intenzione speculativa1 punto
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Artuqidi, Husam al Din Yuluq Arslan, Dirham https://www.acsearch.info/search.html?id=70018371 punto
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Argomento interessante, mi riservo un successivo intervento. Intanto, posto dei riferimenti alla Matres Matutae https://www.museocampanocapua.it/collezioni/eta-antica/le-madri/ Saluti Eliodoro1 punto
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Sempre parlando di Cambi la serie aurea di Vittorio Amedeo I con il 10 scudi, il 4 scudi e la doppia sono monete che vederle tutte insieme sicuramente provocano una emozione a chi apprezza le Sabaude....1 punto
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Io ho avuto la fortuna di vedere il vassoio con i 10 e il 20 scudi da Cambi. Beh che dire, emozione unica!!! Mancava questa tipologia però!! Sono monete che hanno un fascino unico!!1 punto
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Non conosco il numero degli esemplari conosciuti fra musei e collezioni private... Certamente sono monete "importanti"!! massimali d'oro coniati in numeri ridotti per diversi anni. Il Cudazzo ha suddiviso questi 10 scudi, con lo scudo, in quattro tipologie, per le varie diversità delle impronte, probabilmente dovute ai cambi di conio che si sono avvicendati nei vari anni. La prima data conosciuta è il 1607 e l'ultima il 1630, quindi è normale un cambio dei coni e degli incisori... Sono monete che raramente si vedono sul mercato, come vari aurei dell'asta Cambi passata... e si possono capire le varie cifre che raggiungono sulle aste. A me basterebbe avere la possibilità di poterle tenere qualche minuto in mano e poterle godere dal vivo...1 punto
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Pagina tratta dal RAVEGNANI MOROSINI SIGNORIE E PRINCIPATI Monete italiane con ritratto 1450 -17961 punto
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Buonasera Pastristi, la mia 1956 con doppio orecchio. Saluti Silver1 punto
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