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  1. Rocco68

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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 02/02/22 in tutte le aree

  1. Approfittando del controllo patine, ho fotografato per condividere la mia Piastra 1818 testa grande.
    5 punti
  2. Buongiorno, troviamo la Gorgone su tutte le piastre, mezze piastre, e su tutti i ducati e mezzi ducati con busto corazzato. Sono quindi escluse le piastre del 95' 96' 98' e le mezze del 96' e del 98'...qui sopra una piastra del 85 piuttosto rara. Buona mattinata!
    4 punti
  3. Splendido ed interessante spunto di riflessione. Anche io prediligo le monete con albero genealogico, tanto da indurmi, quelle rare volte in cui mi sono trovato in tale situazione, a scegliere un pezzo di qualità inferiore ma "ex collezione...", "proveniente dalla raccolta di...." rispetto ad un anonimo ugual pezzo sia pur di qualità superiore. Le monete provenienti da raccolte soprattutto se prestigiose hanno un fascino unico, mi emozionano, mi fanno sognare, sulla scia dei grandi nomi della numismatica che le hanno possedute prima di me..... Amo ricercare notizie su di loro e sfogliare i vecchi cataloghi.... Sciocco romanticismo? Può essere, ma in fondo la numismatica è anche questo....
    3 punti
  4. La moneta più bella? Il 2€ dedicato ai magistrati Falcone e Borsellino. La carica emotiva di questa moneta supera ogni altro possibile motivo di apprezzamento estetico.
    3 punti
  5. Avevo ipotizzato uno scenario del genere ed ho inviato un'e-mail agli archivi della Banca d'Italia e al museo della stessa con la richiesta di info in merito a documenti da consultare per ricercare le motivazioni della bocciatura. Vediamo se ci sarà qualche risposta.
    3 punti
  6. Tornano al mercato, con una provenienza da 70 anni, 2 esemplari dei rari didrammi 'Oikistes' di Taranto : saranno a breve in vendita Prunier ai nn. 1 e 2 . Nella stessa vendita al n. 10, un raro esemplare di tetradrammo di Reggio anche questo con figura di ecista (Iocastos) e con una ascendenza di mercato di 110 anni .
    2 punti
  7. La situazione sanitaria perdurante ci ha costretto, dopo l’ultima edizione del nostro convegno nel febbraio 2020, a rinunciare all’organizzazione per il 2021 e a modificare sostanzialmente l’evento per il 2022. L’indisponibilità dell’hotel dove svolgevamo la manifestazione, utilizzato come Covid-hotel, l’inidoneità comunque della sala finora adoperata, sotterranea e “chiusa”, la comprovata necessità di organizzare un convegno filatelico-numismatico e non solo numismatico, la mancanza in città di sale adatte allo svolgimento della manifestazione, ci hanno indotto a organizzare per quest’anno il nostro convegno negli spazi della fiera di Chiuduno, modernamente attrezzati e con disponibilità di box singoli di varia metratura e di altri servizi che saranno comunicati successivamente, nelle date di venerdì 30 settembre, sabato 1 ottobre e domenica 2 ottobre 2022. Faremo seguito a questa prima comunicazione con informazioni più dettagliate non appena potremo dare conferma definitiva dell’evento. IL PRESIDENTE
    2 punti
  8. Un pensiero affettuoso a una straordinaria attrice, forse l’unica che può definirsi l’alter ego comico di Anna Magnani. Chi oggi è giovane, spesso non conosce questa icona della commedia all’italiana, che ha scritto la storia del cinema della seconda metà del Novecento. L’accoppiata con Alberto Sordi, i duetti indimenticabili con Giancarlo Giannini, la fantastica interpretazione ne “L’avventura” di Michelangelo Antonioni e potrei continuare all’infinito senza rendere quel merito ineguagliabile che richiederebbe una attrice completa, intelligente, ironica, bella, simpatica. Un Oscar non avrebbe guastato e sarebbe stato il degno coronamento di una carriera irripetibile. Negli ultimi vent’anni si era ritirata a vita privata, minata nella mente e nella volontà da una malattia neurologica degenerativa che l’ha nascosta al pubblico per così tanto tempo. E oggi si ricongiunge in cielo coi mostri sacri della commedia che l’hanno preceduta in Paradiso, Sordi, Gassman, Manfredi, Tognazzi, Mastroianni. E chissà se ora sta ridendo di noi insieme all’Albertone nazionale intonando “Ma ‘ndo vai se l’aureola non ce l’hai!” ??
    2 punti
  9. Secondo Gionata Barbieri non si tratta della testa di medusa o di un mascherone, bensì di un cherubino. Per l'intero testo, vi consiglio di leggere qui: https://www.academia.edu/63283621/GIONATA_BARBIERI_Considerazioni_epigrafiche_iconografiche_ed_araldiche_sui_tari_napoletani_stemma_globo_di_Carlo_II_di_Spagna_Nobiltà_n_161_ANNO_XXVIII_pp_195_208
    2 punti
  10. Per Barbarigo, mi permetterà Arka, ho trovato un ritratto del Basaiti dove la barba è direi significativa...
    2 punti
  11. Sta arrivando il Memorial Correale con anche Quelli del Cordusio e il Gazzettino collaboratori ! https://www.facebook.com/100001661110608/posts/4928452713886717/?
    2 punti
  12. Sembrerebbe questo mezzo batzen svizzero in mistura: https://en.numista.com/catalogue/pieces24209.html
    2 punti
  13. Come sempre allego qualche foto della interessante serata, inizio con la presentazione del presidente
    2 punti
  14. È la testa di Medusa che ornava la corazza del Re.
    2 punti
  15. Ti ringrazio @Poemenius, complimenti per questo post molto interessante che cercherò di seguire. Il merito è tutto tuo di affrontare questa monetazione complessa e a prima vista ingrata nelle sue tipologie abbastanza monotone, e con punto di partenza un RIC X di difficile accesso che non ha il rigore degli altri volumi. E si capisce benissimo perchè: la lettura di tanti bronzetti spesso discutibile (una fortuna per tanti venditori opportunisti!), i tempi travagliati, la cronologia difficile da stabilire ( e le fonti scritte poco attendibili non aiutano molto)… e non posso che ribadire su quanto hai scritto a proposito di «regole» che consentono tante eccezioni, ad esempio la legenda continua o spezzata come marcatore temporale. (Il RIC X 116 « a crocetta » per Onorio con legenda continua è una di queste eccezioni) Ecco due altri esemplari del raro Ae2 RIC X 55, con legenda spezzata (=RIC IX 88d per Costantinopoli) trovati nella database di nummus bible II: https://www.nummus-bible-database.com/monnaie-44777.htm https://www.nummus-bible-database.com/monnaie-102190.htm
    2 punti
  16. Resto in tema, e lo faccio con la sorellina minore del 1784 . Da notare il taglio con rigatura obliqua.
    2 punti
  17. Salve. Volevo condividere questo denario (Rauch 113), un dono di famiglia per il mio compleanno IMPERATORISCHE PRÄGUNGEN. C. Iulius Caesar Denarius (3,76 g), Heeresmünzstätte in Asia Minor, 48-47 v. Chr. Av.: Kopf der Venus mit Diadem n.r. Rv.: CAESAR, Aeneas mit Palladium und seinem Vater Anchises auf Schultern v.v. Crawford 458/1, Albert 1400, CRI 55. Datierung und Münzstättenzuweisung nach Woytek, B., Arma et Nummi. s.sch.-vzgl. Sul forum la moneta è schedata e descritta dal punto di vista storico e mitologico. Ci presenta un quadro familiare in quanto Enea è il frutto di una relazione tra Afrodite, la dea della bellezza e dell’amore che nella mitologia romana ha la sua equivalente in Venere, e Anchise, bellissimo giovane quando la dea s’invaghì di lui mentre portava al pascolo una mandria presso la città di Troia e per convincerlo a corrispondere il suo amore, aveva assunto le vesti di una principessa frigia. Secondo la leggenda, Anchise, ubriaco, osò vantarsi del suo amore con la dea durante una festa e Zeus lo punì colpendolo con un fulmine che lo rese zoppo. Nella drammatica notte della caduta di Troia, Enea caricò Anchise (diventato cieco secondo alcune fonti o paralitico secondo altre) sulle spalle, fuggendo dalla città in fiamme. Nella mano destra Enea tiene il Palladio, un simulacro di legno che, secondo le credenze dell'antichità, aveva il potere di difendere un'intera città. Il più famoso era custodito nella città di Troia, a cui garantiva l'immunità. Infatti la città fu distrutta solo dopo che Ulisse e Diomede riuscirono a rubarlo.
    1 punto
  18. Cari amici, in questa trattazione certamente “a puntate” ho deciso di raccontare la monetazione romana in bronzo post 395. Il senso di questo racconto nasce da quella che probabilmente diventerà una pubblicazione, ma che al momento è un semplice work in progress, una sistematizzazione delle informazioni e del materiale da me raccolto negli anni. Ho pensato che riassumere qua, e raccontare questa “fetta di impero” potesse essere di qualche interesse per qualcuno, e magari mi aiuterà anche a raccogliere le idee… Ma partiamo dall’inizio… Il RIC X (Roman Imperial Coinage volume 10) scritto da Kent e uscito nel 1994 è un’opera imponente e un caposaldo della numismatica del tardoantico, ma vedere quanto sia cambiato nella monetazione in bronzo e quante novità siano intercorse in soli 27/28 anni può lasciare stupefatti. Poiché gran parte del mio studiare e del mio scrivere negli anni è stato pertinente proprio al RIC X, e poiché come dicevo le novità sono davvero molte, ho pensato che fosse il momento di “riallineare” se non “rivedere” la moneta in bronzo nel RIC X, riportandola al 2022, quantomeno per tentare di ricollocare una serie di monete e dubbi presenti nel mio database. Il mio lavoro ha come obiettivo, tra le altre cose, di presentare un’immagine per ogni tipologia/officina nota, quindi come ben potrete immaginare allo stato attuale della ricerca….: - ho un quadro delle singole emissioni e varianti che direi chiaro al 90% - ho spulciato le 10.000 e più monete pertinenti e presenti nel mio archivio - ho spulciato il web (certamente non ancora al 100% - dovrò verificare le pubblicazioni di almeno 350 contesti di scavo e tesoretti - dovrò contattare tutti i musei che hanno monete uniche…. Sono già molti…. - etc etc etc insomma, il lavoro non manca…. Ma c’è tanto da poter già raccontare per accompagnare il lettore e magari regalare una piacevole lettura…. Alain Gennari
    1 punto
  19. Buongiorno domenica 20 febbraio 2022 presso il Circolo Numismatico Ligure Astengo (Palazzo Ducale piazza Giacomo Matteotti, 5 16123 GENOVA) dalle ore 10:30 Maurice Cammarano farà una conferenza sui Luigini. Per accedere in presenza è richiesto il Geen Pass rafforzato. La conferenza sarà registrata e dopo alcuni giorni sarà disponibile online. Marco
    1 punto
  20. È da tanto che, colpevolmente, non aprivo una discussione sul forum ma il mio tempo libero purtroppo/per fortuna è sempre meno e cerco di dividerlo adeguatamente fra le mie passioni ed interessi. Di recente c’è stata un’interessante asta che ha messo all’incanto un’intera collezione che ha creato bagarre fra numerosi collezionisti. Quello che mi ha piacevolmente colpito è stato l’interesse suscitato, oltre quello ovvio alla moneta, verso i cartellini della vecchia collezione. Solitamente quando si compra una moneta il tondello resta “anonimo”, riparte da zero nelle mani del suo nuovo possessore destinando all’oblio chi prima di lui ha curato e coccolato quella moneta, un triste destino per noi collezionisti. Un semplice pezzettino di carta che accompagna la moneta invece ha permesso di non far cadere nel dimenticatoio il precedente possessore, un dovuto rispetto a chi prima di noi ha permesso che la moneta sia finita in mano nostra. Insomma una sorta di immortalità oltre che per il tondello, anche per chi prima di noi lo ha avuto. Una visione forse un po’ troppo romantica e poco legata all’attuale momento storico del collezionismo in cui il pensiero predominante è dettato da due sole parole: “Quanto vale?”, ma permettetemi questa visione forse più adatta ai tempi che furono e nel vedere l’interesse per i cartellini, che spero non sia motivato dal pensiero di un surplus sul valore economico, mi ha fatto comprendere che qualche “vecchio romantico” numismatico ancora c’è e questo è un bene per la Numismatica. Fatta questa doverosa e piacevole premessa passerei a parlare di una moneta ora in mio possesso ma sui cui sono riuscito a ricrearne parte dei suoi passaggi di mano nel tempo. Chi mi conosce sa della mia passione mai sopita per i cavalli. La moneta del popolo per eccellenza ricca di tipologie e di innumerevoli varianti e questo la rende, a mio avviso, il motivo sul perché sia tanto apprezzata dai collezionisti. Ognuno di noi credo possa vantare di avere in collezione un esemplare particolare, raro, o magari non ancora censito. Avendo per scelta ridotto la mia raccolta a pochi esemplari e cercando di studiare a fondo queste poche monete, periodo storico compreso, mi capita sovente di vedere gli stessi esemplari transitare di asta in asta nel tempo a conferma che le monete restano… i collezionisti passano. La ricerca continua di esemplari da censire mi ha portato a scoprire diversi passaggi d’asta di una moneta ora presente nella mia collezione. Una semplice curiosità ma che fa apprezzare ancor di più questo piccolo tondello di rame passato di mano in mano per tanti anni alimentando anche, senza negarlo, un po’ di ego del sottoscritto inorgoglito sapendolo passato in alcune collezioni importanti del passato. La prima notizia su questo cavallo lo troviamo nel “ragionamento” di Giovan Vincenzo Fusco Intorno alle zecche ed alle monete battute nel Reame di Napoli da re Carlo VIII di Francia edito nel 1846 dalle stamperie del Fibreno a Napoli (il Fibreno è un breve corso d’acqua che scorre a pochi metri dalla mia casa natale… segno del destino? ?). Il “ragionamento” del Fusco, illuminante per l’epoca, non è però esente da qualche imprecisione in quanto questo cavallo viene riportato come battuto nella zecca di Capua. Ve lo presento: Da Fusco 1846, Tav. IV, nr. 3 Passano gli anni e si arriva al 1882 dove, per la legge di cui sopra che non ammette deroghe al fatto che le monete restano mentre i collezionisti passano, questo cavallo, assieme alle altre monete della collezione Fusco, viene messo all’incanto. Pur se nel catalogo della collezione la moneta non è riportata tra le poche e sicuramente più meritevoli di figurare nelle tavole, la sappiamo presente perché al lotto 2149 leggiamo la descrizione di 6 cavalli con relativi riferimenti ed uno di essi è riferito proprio al lavoro del Fusco, tav. IV numero 3. Non so chi abbia preso la moneta ma di certo dopo è finita nella collezione Cora perché nel successivo passaggio, cioè la vendita della collezione San Romé del 1924, la ritroviamo al lotto nr. 2343 proprio con l’indicazione del passaggio precedente (collezione Cora nr. 167). Con relativa immagine nelle tavole. Passano gli anni ed ecco che, all’inizio del nuovo millennio, la moneta viene riproposta in un listino di vendita della ditta Baranowsky di Roma. Un sorriso, una stretta di mano e da allora questo cavallo riposa con me. Per concludere questa è una mia storia ma sono certo che molti di voi ne hanno altre da raccontare. Vi invito a farlo in modo da non tagliare quel legame che unisce noi collezionisti di oggi con quelli del passato onorando la loro memoria. D.F.
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  21. E così ti sei beccato il 5 lire1831 Torino croce sottile! Ebbene si maledetto Carter, hai vinto un’altra volta! ??. Complimenti vivissimi con una punta di sana invidia, visto che non riesco a trovarlo. E te lo sei portato a casa con due lire. Davvero bravissimo! ✌?
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  22. Ho riportato l'opinione di Barbieri perché, a mio avviso, ben argomentata. Però anche tu hai ragione. Qui la statua di Ferdinando I con la medusa sulla corazza (si vedono chiaramente le serpi attorno al viso del "mostro"). Chiedo l'intervento, se gli fa piacere, di @Anxur che sicuramente ne sa più di me.
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  23. 1 punto
  24. Almeno due in collezione reale, la foto è tratta dal cni
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  25. Gianfranco @gpittinia me sembra lo stesso fior di loto contromarcato, purtroppo non riesco a reperire esempi : In an article devoted to those bronze issues with a lotus-blossom control mark, LORBER [94] has succeeded in disentangling the previous confusion surrounding these coins. On the basis partly of control symbols shared with other bronze issues, in one case of countermarking, and general stylistic grounds, she makes the following attributions: Sv. 841–3 and Paphos II 47–51 – Phildelphus/Euergetes; Sv. 1409, 1411, 1412–14 – Philopator; Sv. 636–7 – Epiphanes; Sv. 1396–1402, 1403–8 – Philometor. The lotus-blossom symbol, she concludes was a specifically Cypriot symbol and identifies issues produced at a mint or mints on the island. If this identification is accepted then an interesting pattern of circulation emerges whereby it is clear that after the reign of Euergetes only Cypriot bronzes circulate on Cyprus; similarly Cypriote bronze ceased to circulate in Egypt from the same point until the early 80s BC. Another important consequence of this and Lorber’s other work on the third century bronze is that we can now see that issues with the same control marks were produced under Philopator at the mints of Alexandria, Tyre, Cyrene and Cyprus.⬈
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  26. Davvero un ottimo esemplare Rock, direi ben sopra lo SPL, complimenti!
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  27. DE GREGE EPICURI Gli Stati Generali nell'Ancien Régime francese comprendevano nobiltà, ecclesiastici e terzo stato; ed è grazie a quest'ultimo che è scoppiata la rivoluzione. Ma qui il Terzo Stato non è nè informato, nè invitato, per cui non illudiamoci, non ci sarà nessuna rivoluzione, e probabilmente neppure una qualche seria riforma. Se si vuol seriamente riformare qualcosa non si organizzano convegni "riservati". Naturalmente, se usciranno regolamenti che organizzeranno meglio i musei e tuteleranno il patrimonio pubblico da sparizioni, confusione, incuria, ecc., ne sarò ben felice. Ma non aspettiamoci una tutela del collezionismo privato. Ho avuto modo di leggere, su un sito del Senatore Mirabelli (che mi pare sia stato uno dei relatori di alcuni di questi provvedimenti) qualche anticipazione, per quanto un po' generica; direi che si ripropone lo statalismo più assoluto, forse con qualche aggravamento delle restrizioni e delle pene.
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  28. Su un piccolo obolo di Pelinna in Tessaglia, un guerriero in chitone e con scudo, è in corsa in atto di scagliare un giavellotto . Passerà a breve in asta RomaNum. 94 al n. 67 .
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  29. Pensa che ad autunno 2020 e 2021 hanno fatto una liquidazione delle divisionali Proof dal 2012 al 2018 con fino al 20% di sconto, se ne volevano proprio liberare. Hanno anche ridotto le tirature successivamente all'emissione.
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  30. Sono caduto sul sesino... E sembravano due monete diverse. Mi ha ingannato la diversa colorazione. E, sicuramente, una scarsa conoscenza delle monete moderne di Modena. Mea culpa. Arka Diligite iustitiam
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  31. Ciao Rocco. Mi sono espresso male io. Quei due punti in più non li intendevo come segni segreti (se così ho lasciato intendere). Per "altri scopi" intendevo quegli accorgimenti grafici e tecnici per avere un punto di riferimento per collocare correttamente le raffigurazioni sulla moneta.
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  32. Grazie @Poemenius, leggere i tuoi approfondimenti è sempre davvero un piacere!!
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  33. Secondo me per nessun altro scopo. I tre punti sotto l'orecchio sono le centrature del bordo decorato, della parte superiore e di quella inferiore delle lettere in legenda. Lo si deduce dagli spazi fra parte superiore delle lettere e il rialzo decorato al bordo. E dalla diversa altezza delle lettere da destra a sinistra. Questa è una mia personale deduzione. Penso sia andata così
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  34. Scusami @Lorenzo999Lorenzo, ma la mancanza di legenda su entrambi i lati e il metallo non consono non permettono di classificare questo tondello come moneta. Al più si può trattare di una tessera o di un sigillo. Arka Diligite iustitiam
    1 punto
  35. Ciao Paniere, come ha già detto Dux-sab, la data è 1807 , nel '300 le cifre sarebbero state addai differenti. A sinistra, sul bordo, oltre alla lettera O riesci a decifrarne altre ? Il disegno centrale, purtroppo non lo riconosco....Un saluto.
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  36. Confermo, si tratta di un asse di Dominiziano, poi si capisce anni luce che è Romana, c'è la sigla SC
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  37. Buona giornata Pur contandoci al ritorno del convegno bergamasco questo febbraio, in cuor mio la "vedevo dura", proprio perché i locali interrati nei quali si è sempre svolto il convegno negli ultimi anni, non erano certo indicati. Bravi comunque a trovare una soluzione, anche se differita. Forza e coraggio, con l'augurio che questo maledetto covid, a quel tempo, sarà di molto depotenziato. saluti luciano
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  38. L'unica fonte è la Banca d'Italia, i bozzetti non approvati erano decisioni interne, non dovevano adempire a delle specifiche norme istituzionali, in buona sostanza non dovevano essere pubblicate come un atto dovuto, in G.U. andavano a finire le emissioni destinate alla circolazione, ritiri e/o modifiche rilevanti. Molto probabilmente nei loro archivi avranno la delibera effettuata circa 110 anni fa ad uso esclusivamente interno con su scritta la motivazione, è a loro che bisognerebbe rivolgersi per un'eventuale ricerca.
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  39. Qui invece un ducato del doge Leonardo Loredan e il celebre ritratto eseguito dal Bellini...sulle monete i ritratti sono fatti "de scondon" ma in effetti i tratti del volto affilato si intuiscono...
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  40. Anche nei ducati il volto si caratterizza...pur nel miniaturismo...allego anche il ritratto del doge Andrea Gritti di Vincenzo Catena...
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  41. Tornando un attimo a Venezia, i dogi cercarono un rimedio alla decisione del Governo della Serenissima di cui parla @417sonia nel post #29. E infatti alcuni si fecero rappresentare in ginocchio davanti a San Marco, ma con il proprio ritratto. Qui un esempio di Agostino Barbarigo (1486-1501) con la sua imponente barba. Certo l'effetto non è quello del ritratto a pieno campo, ma comunque il ritratto c'è. Arka Diligite iustitiam
    1 punto
  42. In base al valore giornaliero dell'oro, non c'è nessun plus numismatico saluti TIBERIVS
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  43. VALENTINIANO III 425 – 455 Le emissioni presentano per questo imperatore varie complessità. Per prima cosa è utile dividere il tutto in tre periodi PERIODO 1 Il periodo nel quale la legenda al dritto riporta D N PLA V….. ovvero Placidus, che poi sparisce PERIODO 2 Il periodo nel quale la legenda al dritto PERDE il PLA PERIODO 3 Periodo nel quale sparisce dai rovesci della lettera indicante l’officina Per questo imperatore abbiamo diversi problemi, due dei quali assai significativi 1 – la datazione delle monete/periodi, che seguendo il RIC appare non sempre certa o esaustiva 2 – tracciare una linea di confine tra moneta ufficiale e moneta imitativa soprattutto nel periodo numero 3 è a volte molto complesso. Tra chi ritiene queste monete parte di una emissione ufficiale, non mancano poi attribuzioni a Roma o a Cartagine, anche se l’attribuzione a Roma appare lapiù seguita Un piccolo “trucco” per riconoscere le monete di Valentiniano III… magari nel mucchio di altre “vittorie” è cercare la L, che è quasi sempre particolarmente aperta, e tende a presentare un angolo non di 90° (L) ma spesso di 130 o 140. RIC 2104 È “l’ultimo atto di Aquileia” Emissione molto rara con al rovescio una figura stante, la Vittoria, con prigioniero e Croce astile (a volte sembra un Labaro ma è una Croce) Una seconda versione ignota al RIC presenta lo staurogramma in campo sinistro e la vittoria con trofeo sulla spalla RIC 2105 Di questa “vittoria” con RMS in esergo ammetto di non aver mai visto altra moneta se non quella del RIC RIC 2108 Questa emissione – SALVS con vittoria senza prigioniero e PLA è abbastanza abbondante e mi è nota in tutte le 5 officine romane P| - S| - T| - Q| - Є| La legenda è spezzata SALVS REI – PVBLICE, ma ho riscontrato anche SALVS RE - IPVBLICE RIC 2109 e 2110 Sono interessanti emissioni perché potremmo definirli quasi dei mule 2109 è una tipica SALVS con vittoria, ma al dritto c’è Galla Placidia 2110 è una tipica SALVS con la grande croce latina al rovescio (tipica di Galla Placidia) ma con al dritto Valentiniano III RIC 2111-2117 Sono le varie versioni della SALVS con la grande croce latina al rovescio a nome di Galla Placidia (solo 2115 è ancora a nome di Valentiniano III) Tra le più rare a mio avviso le 2113 con indicazione di zecca RSM La 2114 con in esergo la sola T La 2116 che presenta una Epsilon a sinistra e una stella a destra E la 2117 con esergo TRM
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  44. RIC 56-76 VIRTVS – EXERCITI - Imperatore stante a sinistra testa a destra con lancia e mano sinistra su scudo. Vittoria con ramo di palma nella mano sinistra lo incorona. Interessante, a mio modesto avviso, di questa abbondante emissione è certamente l’impressionante quantità di imitative, emesse soprattutto a nome di Onorio. Ne troverete moltissime in vendita sul web, quasi sempre come “vandals o vandalic” (non commento…)… fate attenzione, sono quasi sempre monete tosate, ritagliate e ridotte nella dimensione… uno studio su queste imitative è a mio avviso qualcosa che merita di essere fatto… peccato che spesso la documentazione da scavo non aiuti per questi materiali…. E nemmeno ci sia un interesse diffuso. In questo gruppo devo ammettere che trovare tutte le officine delle varie zecche è quasi un’utopia e soprattutto le B sono in molti casi difficili da scovare, per esempio in alcune monete di Eraclea e Nicomedia. Tra le rarità cito alcune varianti che presentano il diadema a “rosette” tipico del IV secolo, e alcuni “mule” ovvero incroci di conio, Antiochia è la “zecca delle sorprese” e qua troviamo quasi tutti i “mule” noti - al dritto Eudossia al posto di Arcadio. - Una GLORIA RO-MANORUM Imperatrice in trono frontale braccia al petto – incoronata dalla mano di dio - Con al dritto questa volta Arcadio al posto di Eudossia. - moneta di Eudossia, con al dritto Eudossia stessa, ma la legenda riferita ad Arcadio. - E addirittura sulla RIC 105, sempre di Antiochia, troviamo addirittura Eudossia con un busto drappeggiato e corazzato (!)…quindi una testa femminile, su busto maschile Insomma, ad Antiochia si faceva un bel po’ di confusione nei primi anni del V secolo…. E devo dire anche più tardi…. Facendo un piccolo volo pindarico vorrei invitarvi a vedere le legende al dritto dei pentanummi con monogramma emessi da Giustiniano I…. e fino a Maurizio Tiberio…. Nella monetazione di Eudossia, in sé abbastanza uniforme, mi ha stupito il fatto di aver scoperto monete di Eraclea, zecca non censita nel RIC X per questa emissione…. E apparentemente nessun articolo che ne parli (ma sto ancora cercando) Per la tipologia CONCORDI-A AVGG Costantinopoli in trono frontale
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  45. @Poemenius Innanzi tutto i miei complimenti per la chiarezza espositiva su un argomento così complesso e (per me) assai ostico. Devo dire che, in effetti, quelle volte che ho provato ad usare il RIC X ho avuto problemi, non solo per la mia ignoranza in materia, ma anche perchè probabilmente non capivo la logica che ci sta dietro e che ora mi appare già un po' più chiara. Trovo interessante l'idea di porre una maggiore attenzione ad una visione che renda meglio le interconnessioni tra le due metà dell'impero che per semplificazione/facilitazione spesso si tengono a vedere come due entità separate. Trovo infine interessante l'individuazione di alcuni momenti storici cruciali che hanno avuto significative ricadute numismatiche e il considerare la riforma di Anastasio come data di chiusura. Personalmente, sempre più spesso mi piace fare una capatina nel periodo interessato dal RIC IX e lo trovo, nel mio piccolo, assai affascinante. Che dire di più? Che aspetto con piacere i tuoi scritti. Come ho già avuto modo di dire (e mi piace ribadirlo) e' un onore ed un piacere avere nel nostro forum uno studioso come te, tra l'altro anche sempre disponibile con tutti gli utenti, anche con i semplici appassionati. Buona domenica da Stilicho
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  46. Acquistai, tempo fa, due grani di Filippo IV che facevano parte della Civitas Neapolis
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  47. @@odjob ... esatto, ci sono entranbi.
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  48. Salute in questa ed in tante altre discussioni su monete del Regno di Napoli si menzionano monete che prendono il nome di "cavallo"e,generalmente al rovescio raffigurano un cavallo al trotto volto a destra ed al dritto il profilo coronato di Ferdinando d'Aragona(colui che fece coniare per primo questa moneta)volto a destra;ebbene,a tal proposito,non ricordo se è già stato postato questo scritto dell'utente francesco77(qualora sia stato postato:repetita iuvant!),ma se è già stato fatto ,ritengo che non sia sbagliato riproporlo: Il cavallo corsiero napolitano (coursier napolitain in francese, neapolitan courser in inglese,corcel napolitano in spagnolo) fu considerato a ragione, tra i secoli XV e XVIII, uno dei migliori al mondo per le esigenze della cavalleria militare. Bello, forte e resistente, fu esportato in grande numero dalle province napolitane verso tutti gli altri stati italiani, nonché verso la Spagna, la Francia, l’Olanda, l’Inghilterra, la Danimarca, la Germania, la Prussia, la Polonia, la Russia e l’Austria-Ungheria. Insieme con il cavallo spagnolo, con quello berbero e con quello turco, servì per l’insanguamento delle razze dell’Europa centrale e di quella settentrionale, alle quali conferì soprattutto le proprie ben equilibrate doti psicofisiche derivategli dalla costante selezione naturale cui era soggetto, opportunamente finalizzata dall’uomo attraverso un sistema di allevamento risalente all’antichità. Già i Romani dell’età repubblicana e dell’inizio di quella imperiale avevano dimostrato magistrale perizia ippotecnica coniugando in modo soddisfacente l’esercizio atavico della transumanza con la pratica di avveduti incroci e meticciamenti. In virtù di un’accurata programmazione degli accoppiamenti, essi erano riusciti a produrre animali omogenei, quanto alla costituzione fisica ed al temperamento, in relazione alle necessità operative delle lorodecuriae di cavalleria, composte in netta prevalenza da militi di stirpe siculo-italica tradizionalmente dediti al mercenariato. Si può, pertanto, fare riferimento ad un cavallo romano antico - suscettibile di continua evoluzione morfologica ed attitudinale mediante scambi di sangue con le migliori produzioni ippiche delle regioni geografiche via via assoggettate al dominio di Roma - esemplarmente raffigurato nel monumento bronzeo all’imperatore Marco Aurelio, in Campidoglio. Sua peculiare caratteristica fu il profilo convesso (montonino) del naso, oggi definito anche, in inglese, Roman nose. Tale cavallo, sopravvissuto alla caduta dell’Impero romano di Occidente (476 dopo Cristo), ha trasmesso la più gran parte della propria eredità genetica alla razza romana (erroneamente definita, da alcuni, maremmana laziale), allevata per secoli nella Campagna di Roma, in Sabina e nella Tuscia romana. Per tutto l’alto Medioevo, gli invasori mongolici, germanici, vandali e saraceni, sovrapponendo i loro cavalli a quelli romani non fecero che protrarre nel tempo, inconsapevolmente e disordinatamente, quanto i discendenti dei Latini avevano, consciamente e razionalmente, saputo disporre per la selezione delle loro cavalcature da guerra. Dopo l’anno 1000, una massiccia immissione di sangue orientale fu operata in Europa dalle armate cristiane reduci dalle crociate in Palestina. Di particolare importanza fu, tra il XII ed il XIII secolo, l’introduzione di cavalli leggeri e veloci da utilizzare nella caccia con il falcone, di cui fu famoso cultore Federico II di Svevia. Alla sua passione per l’allevamento equino fu dovuto il rifiorire, nel Sud della nostra penisola, di un’ippicoltura basata su criteri simili a quelli che ne avevano permesso il grandioso sviluppo in epoca romana. Nel tardo Medioevo, ebbero spicco le ottime doti ed il buon mercato dei cavalli del Reame di Napoli, assai apprezzati anche negli stati vicini, sia al tempo degli Angioini, sia al tempo degli Aragonesi. Spettò tuttavia agli Spagnoli il merito di porre di nuovo sapientemente a frutto le straordinarie possibilità offerte dai maestosi cavalli dell’Italia meridionale, passata sotto la loro dominazione agli albori del XVI secolo e governata, fino al 1707, da viceré nominati dai sovrani di Madrid. In quel lungo periodo di tempo, fu rinnovato lo scambio ippico tra le due penisole già avvenuto fra il III ed il II secolo avanti Cristo, allorquando le armate di Cartagine e delle Gallie avevano invaso l’Italia con i loro cavalli numidico-iberici e celtici e, contemporaneamente, alcune legioni di Roma avevano trasferito cavalli italici nella Penisola iberica, dove poi sarebbero state fondate - e popolate da romani per quasi cinque secoli - varie città, tra le quali Italica, nei pressi dell’odierna Siviglia, che avrebbe dato i natali agli imperatori Traiano ed Adriano. Di fatto, tra il Millecinquecento ed il Milleseicento si ebbero, insieme, una parziale ispanizzazione del patrimonio ippico napolitano ed una parziale napolitanizzazione di quello spagnolo. Nacque a Napoli intorno al 1534 - grazie a maestri come Giovan Battista Ferraro e Federico Grisone - la prima accademia equestre d’Europa, mentre nelle scuderie imperiali spagnole andavano aumentando il numero ed il prestigio dei corsieri napolitani. Lo stesso imperatore Carlo V d’Asburgo, … hauendo ottima conoscenza, e prattica di tutte le specie di caualli, e di tutte l’arti Caualleresche, sempre elesse per seruigio di persona i caualli Napolitani, come idonei ad ogni essercitio, e fattione. (Pasquale Caracciolo, La gloria del cauallo, Venezia, 1589). Nella Descrizione di Firenze nell’anno 1598 da parte del principe germanico Ludwig Anhalt-Kothen - compilata in lingua italiana, nel 1859, dallo storico e filosofo di Aachen Alfred von Reumont - si legge il seguente brano sulla statua equestre in bronzo, eseguita tra il 1587 ed il 1594 dal Giambologna (il fiammingo Jean de Boulogne), che campeggia in Piazza della Signoria: Sulla piazza maggiore sta la figura del granduca Cosimo (Cosimo I de’Medici, che aveva sposato nel 1539 Leonor Alvarez de Toledo, figlia del celeberrimo don Pedro, viceré di Napoli, n. d. r.); esso monta un gran cavallo napoletano che posa sopra due piedi, in modo da non saziar mai l’occhio per la bellezza dell’artifizio. Confronto fra i ritratti di un Corsiero Napolitano (a sinistra) e di un Cavallo Spagnolo, che evidenzia bene le differenze morfologiche tra le due razze nel XVII secolo( da W. Cavendish of Newcastle, La mèthode nouvelle et invention extraordinaire de dresser les chevaux, Anversa, 1658 ) Il termine corsiero (o corsiere) designava, tra la fine del Medio Evo e l'inizio dell'Età Moderna, il cavallo da combattimento, la cui andatura più veloce (il corso, cioè il galoppo) lo differenziava dal portante, ossia dall'ambiatore usato prevalentemente per lunghi e comodi trasferimenti in sella: era, insomma, il nome funzionale della razza. L'aggettivo napolitano ne indicava l'origine geografica, non limitata esclusivamente a Napoli e dintorni ma estesa, fino al 1860, all'intero Regno di Napoli, comprendente parti delle odierne province di Rieti, di Frosinone e di Latina, nonché gli attuali Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata e Calabria. Corsiero napolitano (e non napoletano), dunque, in quanto cavallo storico allevato, principalmente per la guerra, in tutto il Regno di Napoli e da qui esportato, anche come miglioratore, verso il resto dell'Italia e dell'Europa. La selezione di questo pregevole ausiliario dell'uomo d'armi avveniva nei suoi primi tre anni di vita ed era assolutamente naturale: il puledro veniva scelto in base a criteri estetico-funzionali per l'impiego bellico tra i maschi interi che componevano le mandrie, in passato definite razze, di proprietà delle famiglie nobili; quindi si procedeva al suo addestramento in apposite strutture, denominate cavallerizze. Merco dei corsieri napolitani della Regia Razza di Puglia (Palazzo d'Ascoli) nei secoli XVI e XVII(da C.G. Gattini, Delle razze di cavalli nel Regno di Napoli e specie in Matera e contorno, Matera, 1902) L’arco di tempo in cui la razza assurse al massimo splendore ed alla più vasta notorietà in Europa fu quello compreso tra il XVI secolo ed il XVIII. Non vi fu, allora, monarca o principe che non ambisse ad ospitare nelle proprie scuderie corsieri napolitani morelli, o bai, o grigi, per la guerra, per la caccia, per il tiro delle carrozze. Durante tutto il XVIII secolo e nel primo quarto del successivo, la monarchia asburgica ottenne numerosi cavalli napolitani, tra i quali sono rimasti famosi Cerbero e Scarramuie, ritratti dal pittore inglese George Hamilton intorno al 1725, nonché tre dei capostipiti degli odierni lipizzani: il morello Conversano, il baio Neapolitano ed il bianco Maestoso (quest’ultimo di origine napolitano-spagnola). Oltre alla lipizzana, furono migliorate in età barocca, mediante l’impiego di cavalli padri(stalloni) e di cavalle di corpo (fattrici) napolitani, le razze germaniche di Hannover, Holstein, Oldenburg, Trakehnen e Württemberg, l’olandese del Gelderland, la danese di Frederiksborg e la boema di Kladruby. Alla razza lipizzana – storicamente appartenuta all’Austria-Ungheria, all’Italia ed alla Iugoslavia – spettò l’eredità più consistente di caratteri tipici dei cavalli napolitani, oggi presenti nelle famiglie maschili dei Conversano, Neapolitano e Maestoso, in quella, di origine danese, dei Pluto ed in quella, proveniente da Kladruby, dei Favory. Nella Relazione delle persone, governo e Stati di Carlo V e di Filippo II, letta nel Senato della Repubblica di Venezia, nel 1557, dall’ambasciatore Federico Badoero, i cavalli napolitani furono definiti non vaghi come li giannetti, ma più belli che li frisoni, forti e coraggiosi… Immagine di cavallo napolitano(da G. S. Winter de Adlersflügel, Trattato nuovo e aumentato del far la razza di cavalli, Nuremberg, 1687) Pasquale Caracciolo, nel suo trattato equestre intitolato La gloria del cauallo (1589), così si espresse: Ma se di tutti i caualli rarissimi sono quelli, che di tutte le conditioni necessarie adornati, e à tutti gli essercitij siano idonei; di tal lode i Napolitani soli veramente al più generale si trouan degni; perché al caminare, al passeggiare, al trottare, al galoppare, all’armeggiare, al volteggiare, e al cacciare hanno eccellenza, e sono di buona taglia, di molta bellezza, di gran lena, di molta forza, di mirabile leggierezza, di pronto ingegno, e di alto animo; fermi di testa, e piaceuoli di bocca, con ubbidienza incredibile della briglia; e finalmente così docili, e così destri, che maneggiati da un buon Caualiere, si muouono à misura, e quasi ballano … Nella Novela del coloquio de los perros (1613), il grande Miguel de Cervantes Saavedra richiamò con singolare incisività l’attitudine dei cavalli Napolitani all’apprendimento delle ariedell’alta scuola equestre (Ensenome a hacer corvetas como caballo napolitano…) e la loro versatilità (…viendo mi amo cuan bien sabia imitar el corcel napolitano). Stallone napolitano in una stampa francese del XVIII secolo Nel trattato dal titolo La perfezione e i difetti del cavallo, opera del barone d’Eisenberg, direttore e primo cavallerizzo dell’accademia di Pisa, dedicata alla Sacra Cesarea Real Maestà dell’Augustissimo Potentissimo Invittissimo Imperatore Francesco I Duca di Lorena e di Bar ec. Gran Duca di Toscana ec. ec. ec. (Firenze, 1753), si legge tra l’altro, nella descrizione della Testa Montanina (sic!), che … i gran Signori per avere stalloni colla testa montanina fanno cercarne apposta nel Regno di Napoli, o in altre parti d’Italia, per mettergli nelle loro razze, affinché comunichino tali qualità a i puledri. Testa montonina raffigurata nel trattato equestre del barone d’Eisenberg,intitolato La perfezione e i difetti del cavallo, Firenze, 1753.(Collezione della Galleria Tanca Antiquariato, Roma, Salita de’ Crescenzi 12) Il Regno di Napoli fu visitato, nel 1789, dal nobile svizzero Carlo Ulisse de Salis Marschlins, uomo erudito, osservatore attento, resocontista scrupoloso. Egli dedicò alcune righe del suo Nel Regno di Napoli. Viaggi attraverso varie province nel 1789 alla descrizione dei cavalli napolitani della razza di famiglia dei duchi di Martina, allevati nella grande masseria di San Basilio, presso Mottola. I cavalli del Duca sono pregiatissimi, specialmente per la loro forza, la loro gagliardia e la singolare bontà delle loro unghie; qualità queste da attribuirsi probabilmente alla natura forte e secca dei pascoli, ed al lasciare gli animali continuamente all’aperto in ogni stagione, senza rinchiuderli nelle stalle.I puledri tenuti per uso privato, vengono domati ai tre anni, ed i cavalli che non servono per uso del Duca sono venduti verso i quattro anni, o alla fiera di Gravina o a quella di Salerno, dove il prezzo corrente di una buona pariglia di cavalli di quattro anni, senza nessun difetto, varia dai 150 ai 200 ducati. Sino a poco tempo addietro, nessun cavallo veniva castrato, servendo gli stalloni sia pel tiro, sia per cavalcare, e lasciando le giumente esclusivamente per le razze. Adesso però si usa altrimenti, e la cavalleria sarà fornita d’ora in poi di giumente e di cavalli castrati.Anticamente non c’era barone del Regno che non avesse una o più razze di cavalli; ed i cavalli napolitani sono stati sempre e dappertutto tenuti in gran pregio per la loro resistenza e per le altre loro buone qualità, così come erano apprezzati negli antichi tempi. Il cavallo scolpito in pietra sulla facciata del Palazzo dell’Università di Martina (1761).(Foto Piero Papa) La cavalleria del Re di Napoli Ferdinando IV di Borbone godeva, nella seconda metà del XVIII secolo, di buona fama. Nella sua Storia d’Italia dal 1789 al 1814 (pubblicata nel 1824), il piemontese Carlo Botta, trattando della campagna militare del 1796 nell’Italia del Nord - durante la quale furono impiegati, in aiuto alle truppe austriache del generale Beaulieu contro quelle francesi di Napoleone Bonaparte, i reggimenti di cavalleria napolitani Re, Regina, Principe e Napoli, soprannominati Diavoli bianchi - così scrisse: Fu forte l’incontro, forte ancora la difesa, perché gli Austriaci sfolgoravano gli assalitori con le artiglierie, ed i cavalli Napolitani, opprimendo i soldati corridori, ed assaltando con impeto gli squadroni stabili, rendevano difficile la vittoria ai Francesi. Andavano gl’imperiali in rotta, ed abbandonato Fombio a chi poteva più di loro, si ritiravano a gran fretta a Codogno, con lasciar ai vincitori non poca parte delle bagaglie, trecento cavalli, circa cinquecento tra morti e prigionieri: sarebbe stata più grave la perdita, se la cavalleria Napolitana, condotta massimamente dal colonnello Federici, uffiziale di gran valore, serrandosi grossa ed intiera alla coda, ed urtando di quando in quando gagliardamente il nemico, non avesse ritardato l’impeto suo, e fatto abilità ai disordinati Austriaci di ritirarsi. Quindi aggiunse: La schiera tutta sarebbe stata condotta all’ultimo termine, se per la seconda volta la cavalleria Napolitana non le faceva scudo alla ritirata. E, più avanti: La cavalleria Tedesca, ma principalmente la Napolitana, che anche in questo fatto soccorse egregiamente i Tedeschi, proteggeva il ritirantesi esercito. Nel primo quarto del XIX secolo, Giuseppe Ceva Grimaldi – alto funzionario regio, inviato in Terra d’Otranto da Ferdinando I delle Due Sicilie per ripristinarvi la legalità borbonica dopo il crollo del potere di Gioacchino Murat – così annotò, nel suo Itinerario da Napoli a Lecce, descrivendo la città di Martina: Gli amatori de’ bei cavalli vi troveranno la più bella razza che ve ne abbia nel regno, avanzo di quella tanto celebre di Conversano. Più avanti, a proposito dello stato dell’agricoltura in quella provincia, aggiunse: Non vi sono razze di cavalli meno che una in Mattino (Matino, n. d. r.), in Martina l’altra; la prima di piccioli e vivaci cavalli , la seconda di poche ma belle giumente nate dalla mescolanza delle razze di Conversano e Martina. Merco dei cavalli allevati dagli Acquaviva d'Aragona, conti di ConversanoMarchio a fuoco impresso su alcuni stalloni lipizzani allevati in Ungheria, per indicarne la discendenza, in linea materna, dal capostipite Conversano(da C. G. Gattini, Delle Razze di cavalli nel Regno di Napoli e specie in Matera e contorno, Matera, 1902)(da C. G. Wrangel, Ungarns Pferdezucht in Wort und Bild, Stuttgart, 1893) Dunque, le razze cavalline di Terra di Bari (in special modo, quella dei conti di Conversano) e di Terra d’Otranto (in particolare, quella dei duchi di Martina) furono determinanti, sia per qualità sia per quantità, nella formazione della razza napolitana. D'altronde, la continua richiesta di capi nati in quegli allevamenti stimolava le famiglie della nobiltà regnicola ad una sana emulazione in un’attività d’importanza primaria, e per il suo significato economico, e per quello culturale, giacché il grado di civiltà di una nazione risultava anche dalla bontà delle sue produzioni zootecniche e principalmente di quelle equine. Il profilo montonino - tipico del Corsiero Napolitano - della testa dello stallone Durante,in una stampa inglese dei primi anni del XIX secolo(Foto G. M. Fraddosio) Le fiere annuali di Foggia, Gravina e Salerno servirono a lungo per diffondere nel resto d’Italia e d’Europa i numerosi puledri napolitani ivi trasferiti dalle province più vocate all’allevamento, tenuti allo stato brado o semibrado per aumentarne la resistenza alle malattie, e resi avvezzi ai disagi della transumanza per esaltarne le doti di rusticità e di fondo. Merco dei cavalli allevati dai Padri Certosini di San Lorenzo a Padula (Sa) Marchio a fuoco impresso su alcuni stalloni lipizzani allevati in Ungheria, per indicarne la discendenza, in linea materna, dal capostipite Neapolitano(Da C.G. Gattini, Delle Razze di cavalli nel Regno di Napoli e specie in Matera e contorno, Matera, 1902) (da C. G. Wrangel, Ungarns Pferdezucht in Wort un Bild, Stuttgart, 1893) Durante il loro lungo dominio sull’Italia del Sud (dal 1734 al 1860, escluso il decennio napoleonico), i Borbone di Napoli mantennero loro proprie reali razze di cavalli a Carditello, in Terra di Lavoro, ed a Persano, in Principato Citra (entrambe dal 1750, circa, al 1860), a Ficuzza, in Sicilia, (dal 1799 al 1834) ed a Tressanti, in Capitanata, (dal 1815 al 1838 e dal 1850, circa, al 1860). È noto che i cavalli del Real sito di Persano transumavano a primavera sui vicini monti Alburni, dove potevano godere, sino all’inizio dell’autunno, di un clima più fresco e più salubre e di pascoli d’alta quota abbondanti di essenze preziose per l’armonico sviluppo dei carusi (puledri nati nell’anno). Sella napolitana usata in Puglia nel XVIII secolo(Foto Fabio Silvestre, per gentile concessione del dottor Roberto Benvenuto) Nella grande Regione dei tratturi – comprendente la fascia montuosa appenninica e quella costiera adriatica che dall’Abruzzo scendevano, in direzione Sud-Est, fino a Metaponto ed al Salento, sotto la giurisdizione amministrativa e fiscale della Regia Dogana della mena delle pecore in Puglia – migliaia di cavalli, asini e muli erano trasferiti, insieme con enormi armenti di pecore, capre e vacche, a Maggio sui rilievi abruzzesi, molisani e lucani, nonché sulle alture del Gargano e delle Murge, per rientrare a Settembre nelle masserie o nelle poste di pianura. Con decreto n. 8153 del 29 Marzo 1843, Ferdinando II di Borbone ordinò che fossero installate tre razze militari di cavalli per la rimonta della cavalleria dell’esercito: la prima, in Puglia ed Abruzzo (a Foggia, con monticazione a Rocca di Mezzo), composta da 28 cavalli padri e da 560giumente da corpo; la seconda e la terza, rispettivamente in Calabria (a Belcastro) ed in Sicilia (a Lentini), composte ciascuna da 15 cavalli padri e da 300 giumente da corpo. Marchio a fuoco impresso sulla coscia destra dei cavalli dellaRazza Militare I (Puglia e Abruzzo) del Regno delle Due Sicilie.(Da Collezione delle leggi e dei decreti reali del Regno delle Due Sicilie,anno 1843, semestre I, Napoli, dalla Stamperia Reale, 1843). Quanto alle provenienze dei soggetti da assegnare a tali razze, il Sovrano delle Due Sicilie decretò: 3. Le giumente per le razze militari saranno scelte tra le migliori razze nostrali e razze romane. La loro altezza dovrà essere non minore di palmi sei napolitani. 4. I cavalli che dovran servire da padri verranno scelti tra i migliori italiani ed i veri di Mecklemburg e polacchi, e saranno alti non meno di palmi sei napolitani.(Da Collezione delle leggi e dei decreti reali del Regno delle Due Sicilie,anno 1843, semestre I, Napoli, dalla Stamperia Reale, 1843). Un’interessante descrizione della popolazione cavallina comune (common breed) nel Regno delle Due Sicilie fu fornita dallo statunitense Robert Sears in Scenes and sketches in continental Europe (New York, 1847). The Neapolitan horse - annotò quell’autore - is small, but very compact and strong; his neck is short and bull-shaped, and his head rather large; he is, in short, the prototype of the horse of the ancient basso-rilievoes and other Roman sculptures found in the country. Sella napolitana usata in Abruzzo nel XVIII secolo.Museo della lana (Scanno, L’Aquila, Regione Abruzzo, Italia).Il Museo è un progetto di Michele Rak.(Foto G. M. Fraddosio) Dopo il 1860, l'allevamento del cavallo napolitano subì il durissimo contraccolpo della violenta annessione delle province borboniche da parte della monarchia savoiarda e fu quindi destinato ad un rapido degrado per effetto di scelte di politica economica tanto più insensate in quanto via via più nocive alla reputazione del nostro paese in campo ippotecnico. La realizzazione di un complesso e documentato programma zootecnico per il recupero genealogico e morfologico del Corsiero Napolitano (CN) è stata avviata nel 2004 con l’individuazione, in alcune popolazioni cavalline dell’Italia meridionale continentale, di linee di sangue risalenti a capostipiti di origine autoctona, da incrociare con linee generazionali estere insanguate - soprattutto nei secoli XVII e XVIII - da riproduttori napolitani." Qualora aveste monete napoletane da un Cavallo ,non siate timidi :) ,postatele pure in questa discussione --Salutoni -odjob
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