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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 09/19/21 in tutte le aree

  1. Buonasera, Anche se non posseggo tali monete, tra le emissioni greche, che ricordi, una delle prime raffigurazioni di torri o “castelli” proviene da una rarissima emissione della antica città di Ura (poi Kelenderis) in Cilicia, odierna Turchia, con legenda in aramaico. La datazione è da individuarsi intorno alla metà del V secolo a.C. (460-450 a.C.). Un esemplare, statere, ex Nomos 18/196: https://nomosag.com/default.aspx?page=ucAuctionDetails&auctionid=18&id=196&p=1&s=&ca=0&co=0&type=auction Ancora in Cilicia, ma a Tarsos stavolta, un altro statere databile tra la metà del V secolo a.C. e la fine dello stesso secolo. Un esemplare Ex Classical Numismatic Group 109/190: https://www.cngcoins.com/Coin.aspx?CoinID=365190 Da notare che secondo gli esperti di CNG la zecca era incerta dell’Asia minore, mentre secondo Roma Numismatics è certamente Tarsos, per le ragioni esposte nelle note del catalogo della loro vendita 17 per il lotto 528: https://www.numisbids.com/n.php?lot=528&p=lot&sid=3081 Aggiungo infine un esemplare sempre dalla Cilicia, ma di circa un secolo più recente (361-334 a.C.), coniato sotto il satrapo Mazaios sempre a Tarsos, citato anche nel link alla vendita Roma Numismatics di cui sopra. Qui le mura fortificate da torri sono più ampie ma hanno meno rilievo nelle raffigurazioni. Uno statere ex Künker 333/843: https://www.sixbid.com/en/fritz-rudolf-kuenker-gmbh-und-co-kg/7087/griechische-mnzen/5803748/cilicia-tarsos?term&orderCol=lot_number&orderDirection=asc&priceFrom&displayMode=large&auctionSessions=&sidebarIsSticky=false
    4 punti
  2. Giusto @gennydbmoney azz, non ho solo dei 9 cavalli con torre...tra le varie e un po' accantonate da me ultimamente... quale miglior esempio dei 10 paoli per il Governo Popolare di Bologna, questo uno degli esemplari che ho in collezione, preso in un'asta francese con cartellino Giuseppe De Falco...Giu
    4 punti
  3. Oggi la sorella più comune...SICILIARVM sempre 1817 ma senza stella! Meglio conservata però. Anche qui i rombi come punteggiatura. Differente il taglio del collo invece, più sottile la punta sul petto nell'esemplare con stella. Come scrivevo non sono un patito di Ferdinando I ma questa con i suoi riflessi rossi e la bella conservazione e uno sfizio per gli occhi. Saluti. Cristiano
    4 punti
  4. Buongiorno a tutti, è da tanto tempo che avevo in mente di aprire questa discussione, il titolo rende l'idea di cosa ci si aspetti. Ho usato volutamente un titolo semplice e abbastanza generico, per dare a tutti la possibilità di partecipare. Sono ben accette monete di tutte le epoche e metallo. Il soggetto è il Castello e le Torri in tutte le sue forme. Magari per ognuna chi vuole può accompagnarla con qualche nota. Credo che la maggior parte di noi ne ha visto o visitato qualcuno, e ne è rimasto affascinato. Essi sono la rappresentazione e manifestazione di quello che doveva essere il potere all'epoca alla quale risalgono. Sono stati per lunghi anni il punto fermo, il luogo sicuro dove rifugiarsi per il popolo che viveva sul territorio. Ne approfitto per riportare una nota da fonte web in merito alla funzione delle torre che andava via via evolvendo, '' la casatorre :' (o casa torre) è una costruzione fortificata, una rocca con funzioni sia militari che abitative in auge nel medioevo a partire dal X secolo. Ora non vorrei avviarmi e perdermi nei meandri dei Castelli e dell'incastellamento, di cui lessi tempo fa una bellissima discussione di Mario, @dabbene. Magari sarebbe interessante mettere qui il link. ? Vuole essere la mia, la proposta, di una discussione leggera piacevole, alla portata di tutti. Potremmo approfittare per aggiungere qualcosa alle nostre conoscenze. Sicuramente io sono di parte perché Amo molto questo soggetto nelle monete ma anche in altre '' opere''? La moneta che voglio proporvi è : 9 Cavalli Ferdinando IV millesimo 1790 Sul rovescio viene riportata una Bella Torre, in questo esemplare è a lati curvi, ma dello stesso nominale c' è quella a Lati Diritti(magari la postera' qualcuno di voi). Perchè mi direte (e mi sono chiesto anche io più volte nel passato) la scelta della Torre in una moneta da 9 Cavalli? Una risposta sicuramente ci viene in aiuto dall'araldica, il Castello rappresenta il regno di Castiglia che insieme a Leon erano le due regioni più importanti della Spagna, è lì che affonda le radici la casata dei Borbone. Aggiungerei che non era da tutti potersi far costruire un castello, solo le famiglie illustri potevano. Ovviamente invito i più esperti a correggermi laddove riporto delle inesattezze. E invito il cdc a chiudere la discussione nel caso il tema fosse già stato affrontato. Saluti Alberto
    2 punti
  5. Da: GUT-LYNT AUKTION 3 (LIVE ONLINE AUKTION) 18 - 19 Sep 2021 AUCTIONEER Münzen Gut-Lynt GmbH Lot 2014. ITALIEN. Venedig Francesco Morosini 1688-1694 Bronzemedaille 1689 Auf den venezianischen General des Heiligen Stuhls, Antonia Ottoboni (1646-1720) und die Erfolge gegen die Türken. Stempel von G. Ortolani. Geharnischtes Brustbild des Generals mit umgelegtem Mantel nach rechts. Rv. Kapitolinische Wölfin mit den Zwillingen Romulus und Remus (Rom) und der Markuslöwe (Venedig) ziehen eine Kutsche, die von der personifizierten Klugheit und der Standhaftigkeit gesteuert wird, in der Kutsche sitzen der personifizierte Glaube zwischen der Sicherheit und dem Sieg; unter den Rädern werden die Feinde und ein türkischer Halbmond erdrückt, ganz unten Ansichten aus der Vogelerspektive der befestigten Städte Rom und Venedig. 72.9 mm. Voltolina 1084. 129.20 g. Fast vorzüglich. Randfehler. Eine Datierung der Medaille in das Jahr 1689 erscheint fraglich, da der Medailleur G. Ortolani zu diesem Zeitpunkt erst ca. 15 Jahre alt war; möglicherweise wurde sie nach 1720 anlässlich des Todes des Generals Ottoboni hergestellt. https://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-ottoboni_(Dizionario-Biografico)/ OTTOBONI, Antonio. – Nacque a Venezia il 20 giugno 1646 da Agostino di Marco e da Candida Benzio. Al nome Antonio fu aggiunto quello di Innocenzo. Due mesi dopo la sua nascita, la famiglia comprò l’aggregazione al patriziato, usufruendo del discusso espediente cui le autorità della Serenissima avevano deciso di ricorrere per finanziare la guerra contro il turco. La sua biografia fu così diversa da quella dei familiari che l’avevano preceduto e che in qualità di ‘cittadini originari’ (un corpo sociale intermedio tra nobiltà e popolo, cui era riservata tutta una serie di uffici che costituivano la struttura portante del complesso apparato burocratico della Serenissima) avevano svolto l’intera loro vita professionale nei maggiori uffici della Repubblica: dal 1559 la famiglia aveva visto tre dei suoi esponenti nominati cancelliere grande, la carica più alta – che tra l’altro era a vita – riservata a non esponenti del patriziato e al momento della sua nascita ricoperta dal nonno Marco. Lo zio Pietro, che tanta importanza avrebbe avuto nella sua biografia, era in quel momento uditore di Rota in Roma. Da Candida Benzio, sua prima moglie, il padre Agostino Ottoboni ebbe nel 1637 Vittoria, che sposò nel 1654 Alvise Priuli, e appunto Antonio. Rimasto vedovo, si risposò nel 1649 con Paolina Bernardo, da cui nacquero nel 1651 Chiara, che si unì a Francesco Zeno, e nel 1656 Marco. Costui si chiericò, poi, costretto dalle circostanze (l’elezione a papa nel 1689 dello zio Pietro, Alessandro VIII, e i mutati interessi della famiglia, volti a stabilire preziose alleanze matrimoniali), sposò nel 1690 a Roma Tarquinia Colonna e nel 1714 Maria Giulia Boncompagni Ludovisi. La prima infanzia di Antonio si svolse in un ambiente domestico perturbato dalle dispute tra il padre e i tre fratelli, Marcantonio, Giovan Battista e Pietro. La questione di base era l’amministrazione del patrimonio, con Pietro e soprattutto Marcantonio che accusavano gli altri di ruberie. Giovan Battista e Agostino erano però anche accusati di condurre una vita moralmente sregolata e Agostino in particolare di cattiva gestione del suo rapporto matrimoniale, così come tutti potevano constatare visto che gli Ottoboni condividevano lo stesso tetto nel palazzo di Campo S. Severo nel sestiere di Castello. Le dispute familiari portarono, poco dopo l’aggregazione al patriziato, a una prima divisione del patrimonio della ‘fraterna’ tra Agostino e i fratelli, e il loro aggravarsi condusse allo scioglimento definitivo dell’unione familiare nel 1650. Le fonti, in primo luogo l’epistolario dello zio Pietro, conservato nella Biblioteca apostolica Vaticana, presentano per la prima parte della sua esistenza Antonio come abbandonato a se stesso dal padre, senza denaro, ospite dello zio Marcantonio, che lo accusava peraltro di essere «insaziabile» e poco incline «agli usi antichi» e lo rimproverava per alcune «bagattelle» (Menniti Ippolito, 1996, p. 150). Nessuno sembrava occuparsi del suo mantenimento, né del suo destino. Nel 1664 lo zio Pietro provvide a tal fine a prestargli del denaro (per lamentarsi più tardi della sua mancata restituzione). Nel dicembre 1665 si unì in matrimonio a Maria di Giovanni Moretti, una scelta che fu poco apprezzata e giudicata mediocre. Dall’unione nacque nel 1667 Pietro, il loro unico figlio. Un autorevole esponente del patriziato, Pietro Basadonna, che assisteva il cardinale Pietro Ottoboni nelle faccende veneziane, auspicò, quando nacque il figlio di Antonio, che il porporato resistesse alla tentazione di accusare l’innocente nascituro delle colpe del padre (Bibl. apostolica Vaticana, Ottob. Lat., 3274, pt. 1, cc. 568 s.), con cui il curiale era dunque in netto dissenso. Nel 1670 Ottoboni iniziò il suo servizio pubblico e divenne castellano di Bergamo, ma lamentava di non avere risorse per mantenersi in quell’incarico. L’agente dello zio Pietro, che ne seguiva le sorti, lo presentò così: «languisce in una estrema necessità, pieno de’ debiti, abbandonato da tutti d’ogni minimo aiuto et in stato di disperatione» (Menniti Ippolito, 1996, p. 148). Il futuro pontefice continuò ad aiutarlo e nel 1674 Antonio era podestà di Feltre. La morte dello zio Marcantonio nel 1672 e del padre Agostino l’anno seguente ne avevano intanto risollevato le sorti portandolo a godere di un non mediocre patrimonio. Un quadro parallelo meno brillante emerge però da una serie di note tra lo zio cardinale e il suo agente a Venezia, il quale nel 1674 informava il suo padrone di non aver riscontrato alcuna annotazione relativa al nipote nel Libro delle notificazioni, che evidentemente era andato a consultare per conto del curiale nel sospetto di qualcosa di preoccupante. Quello che è certo è che Ottoboni aveva un disperato bisogno di contante, testimoniato da una serie di alienazioni patrimoniali cui provvide in quegli stessi anni. Una drammatica scrittura del 21 marzo 1680 attesta la condizione di difficoltà in cui s’era venuto a trovare assieme al fratello: «Havendo […] Antonio e [….] Marco abate Otthoboni […] contratto grossissimi et eccessivi debiti superiori alle forze e valore de’ loro beni […] hanno più volte con le lagrime agl’occhi supplicato» lo zio Pietro «a sollevarli da dette angustie». Gli avrebbero perciò ceduto tutto il loro patrimonio in cambio di un assegno di 925 ducati annui che sarebbero stati gestiti dalla moglie di Antonio. Il figlio Pietro, ora costretto alla «mendicità», sarebbe stato mantenuto dal cardinale nel collegio somasco di Castello (ibid., p. 151). Alcune fonti svelano come Ottoboni, «con incredibile crudeltà e pazzia», avesse perduto al gioco 120.000 ducati (ibid., p. 152). L’intervento del cardinale, il quale poteva ora riunire nelle proprie mani l’intero patrimonio di famiglia che era stato smembrato nel 1650, non si rilevò risolutivo. Già nel 1681 apparve una nuova sostanziosa perdita di Antonio al gioco. Lo zio rifiutò di risolvere anche questa pendenza, poi sequestrò quel poco che era rimasto ai nipoti e decise d’accogliere a Roma il figlio di Ottoboni, che si dichiarava, per conto suo, devastato: «Pietro sarà figlio d’un fallito, la Signora Maria non potrà più comparire con l’altre gentildonne senza gondola» (ibid., p. 154) Nominato conte di Zara, Antonio riuscì a sottrarsi all’impegno appellandosi al doge; poi si rifugiò in villa, a Rustignè, presso Oderzo, continuando però a giocare e a perdere. Alla morte di suo fratello Giovan Battista, il cardinale fece di tutto perché la sua eredità non finisse al nipote, definito «pazzo da legare» (ibid., p. 155). Nel 1682 Ottoboni fu podestà e capitano di Crema e riuscì a ottenere dallo zio un aiuto per potervisi mantenere, ma finito il Reggimento egli avrebbe dovuto, per il cardinale, nascondersi «in una grotta, in un bosco […] perché non si senta la puzza delle sue male e perfide attioni» (pp. 154 s.). La vicenda proseguì in tal modo per anni, fino a quel 1689 che mutò la vita di tutti con l’elezione a papa di Pietro Ottoboni. Antonio fu subito creato in Venezia cavaliere e procuratore di S. Marco e gli fu conferita in perpetuo, per primogenitura, il privilegio della stola d’oro. Giunto poi a Roma, fu nominato dal papa principe del soglio pontificio e generale di S. Romana Chiesa. Il nepotismo di Alessandro VIII può essere giustificato con la possibilità, che sfruttò volentieri, di cedere alla casse pontificie l’onere di sostenere gli inquieti nipoti: nelle loro tasche passarono in poco più di un anno 700.000 scudi. Il testamento del papa escluse peraltro Antonio dalla successione, ma il beneficiario Marco aveva ben poca libertà d’agire su un patrimonio fortemente vincolato. Una volta che il papa morì, lasciati gli onori romani e tornato in patria, Ottoboni fu spogliato di quelli veneziani con la speciosa motivazione d’aver contravvenuto alle leggi della Repubblica accettando stipendi da principi stranieri. Nel luglio 1691 la moglie imprecò contro l’avverso destino che le sembrava dovesse presentarsi dinnanzi. Vivente il papa, il marito usava dirle «che haveva da sofocarl[la] nell’oro», ora invece quello era rimasto «con li soliti caprini», ma «senza quatrini, senza la grazia di niun» (Bibl. apostolica Vaticana, Ottob. Lat. 3279, cc. 1-6). L’esclusione subita da Ottoboni a Venezia ebbe un carattere tutto politico e lo emarginò a lungo dalla scena veneziana dove fu alla fine riammesso, dopo 10 anni, grazie agli uffici del figlio Pietro, divenuto nel 1689 cardinale. Nel 1710 ebbe però una nuova disavventura. Non essendo riuscito a convincere il figlio a rinunciare al ruolo di protettore della Corona di Francia, fu nuovamente privato di ogni onore e esiliato. Si rifugiò così in Roma, dove morì il 19 febbraio 1720. Ottoboni fu amante delle arti, al pari del figlio, che fu uno dei maggiori mecenati del suo tempo. Fu uno dei fautori dell’Accademia veneziana dei Dodonei (poi degli Animosi) e seguace dell’Arcadia, presso la quale stampò alcuni suoi componimenti poetici. Ne lasciò inediti molti altri, di genere lirico e drammatico, ma anche poesie in dialetto veneziano. Nel 1712 pubblicò a Milano la Lettera di un nobile cattolico repubblichista ad un suo figlio, che era presso un suo gran zio fuori della patria, con cui gli dà l’insegnamento di vivere per tutto il corso della sua vita, un testo moralisteggiante, in cui avvertiva il figlio delle insidie legate alla sua condizione di patrizio di recente aggregazione. Ma le difficoltà che aveva affrontato nella sua esistenza in minima parte erano legate a tale realtà e alla diffidenza del vecchio patriziato nei confronti dei nobili nuovi. Fonti e Bibl.: A. Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune di una famiglia veneziana nel Seicento. Gli Ottoboni al tempo dell’aggregazione al patriziato, Venezia 1996, ad ind., con indicazioni di bibliografia e fonti d’archivio; P. Litta, Famiglie celebri italiane, V, Ottoboni di Venezia, Milano 1834.
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  6. Buonasera a tutti, Il mio 15 Grana Filippo III Un po' mal ridotta, ma si apprezzano bene il castello con le tre torri, dalla principale brandisce la spada il Leone che simboleggia il blasone dei Leon. Saluti Alberto
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  7. Terza dinastia araba al governo degli stati islamici, vede il suo primo califfo nel 750 con Abu Abbas al Saffah : con la capitale spostata da Damasco alla nuova città di Baghdad, la massima potenza degli Abbasidi arriva con Harun al Rashid ( 766-809 ) il loro quinto califfo . In contrasto spesso con l'impero di Bisanzio allora tenuto dall'imperatrice Irene di Atene ( 752-803 ) Harun al Rashid intrattiene importanti rapporti diplomatici ed anche personali con Carlo Magno al quale, fra tanti doni, farà consegnare anche un elefante . La potenza islamica nell'epoca di Al Rashid vede nel Mediterraneo e nell' Europa la moneta araba aurea via via soppiantare la moneta aurea bizantina : il re Offa di Mercia ( ?-796 ) il più potente monarca di Britannia, arriva a copiare gli aurei arabi con monete al proprio nome sul diritto, con il rovescio che copia disegno e leggende degli aurei arabi . Poco più di mezzo secolo dopo, al tempo del califfo Al Mutawakkil l( 822-861 ) si può collocare l'inizio della decadenza del potere degli Abbasidi, già indebolito dalle indipendenze di importanti regioni come Al-Andalus in Spagna ed il Maghreb in Africa : resta il grande lascito degli Abbasidi in termini di arte, architettura e scienza . Del tempo di Al Rashid abbiamo dirhem in argento con leggende, che proseguono simili anche al tempo di Al Mutawakkil : di quest'ultimo abbiamo una rara, particolare moneta in argento di grande modulo ( 30 mm. ) che vede al diritto il busto frontale del califfo ed al rovescio un dromedario con il proprio conducente .
    2 punti
  8. Un bel 2 Cavalli di Filippo II Da InAsta 95, lotto 827. Classificato con il Pannuti e Riccio (99) con il MIR (195), ma non con il Magliocca, chissà perché.
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  9. Castello di Livorno su un peso monetale
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  10. Banconote su cui hanno fato varie modifiche, nonchè ex tipologia con matrice, avranno pensato bene di delimitare sulle tavole di stampa anche visivamente l'area dei nuovi formati, non parlerei di plus valore anche se con misure di qualche millimetro in più, ma solo di particolari interessanti. Veramente dei bei biglietti.
    2 punti
  11. Ciao e grazie per la discussione interessante. Contribuisco con le mie 50 lire consecutive del 44, che mi sembra abbiano la stessa striscia bianca, anche se molto spostata verso il margine rispetto alla tua. Ti dirò che me ne ero mai accorto ?
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  12. Non poteva mancare in questa discussione lo scudo da 10 paoli del governo popolare di Bologna del 1796,nella veduta della bellissima città di Bologna si vedono molto chiaramente la torre degli Asinelli(la più alta)e la torre della Garisenda... Immagini da acsearch...
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  13. Anche io come @eliodoro partecipo con un 15 Grana 1619 di Filippo III.
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  14. questa è la mia sotto Ponzio Pilato.
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  15. Buongiorno. Partecipo pure io e per forza con un 9 cavalli, non ho in collezione altro che riporti delle torri, posto il mio preferito e tanto agognato 1804. Un caro saluto e Buona Domenica. Cristiano.
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  16. 2 punti
  17. REAGENTE GASSOSO Buona domenica da Stilicho
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  18. Buongiorno, anche per ragioni di legame con il territorio, non potevo non menzionare in questa bella discussione la nostra comunissima monetina da un centesimo di euro e il tutt’altro che comune castello sulla stessa raffigurato: Castel del Monte, opera di straordinaria ingegneria.
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  19. Se può interessare segnalo l'articolo a firma di Pasquale Natella e Paolo Peduto "Tipi di fortificazione medievale da monete campane" in Castellum, 6, Roma 1967. Viene fatta una descrizione di diversi castelli in area campana affiancati da monete caratterizzate dalla presenza di iconografie rappresentanti castelli, per la maggior parte della zecca di Salerno.
    2 punti
  20. Buonasera Non potevo non postare il mio @Litra68. Salutoni?
    2 punti
  21. Vi posto una delle mie monete preferite, follaro longobardo di Gisulfo II con al rovescio la veduta di Salerno dal mare con annesse fortificazioni
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  22. Oltreoceano si sta discutendo molto per un presunto scandalo venuto alla luce da poco. Nella prossima CNG battuta sono stati ritirati 8 aurei del terzo secolo e la cosa potrebbe essere la punta dell'iceberg? In pratica sembra che più di 250 aurei di questo periodo siano stati in origine delle monete bucate, poi riparate in maniera esperta e pressoché perfetta chiudendo i buchi e infine rivendute nelle maggiori aste internazionali senza menzione dei restauri. Finora sarebbero stati rintracciati esemplari con questo tipo di problematica in alcune delle maggiori aste tipo CNG, NAC, Heritage, Leu, Kuenker, Rauch, Naumann e altre (non ho verificato tutte le presenze ma riporto quanto scritto da Murphy su internet). La cosa è diventata evidente in quanto molte delle monete provengono dell'Ucraina e sono state vendute su un sito di aste ucraino, per cui si son potute in questo modo rintracciare molte delle immagini delle monete bucate come vendute originariamente sul sito ucraino. Pare che gli aurei bucati siano piuttosto comuni per la seconda metà del terzo secolo soprattutto in regioni barbarizzate dell'Est Europa che riutilizzavano gli aurei come gioiello, si ipotizza pertanto un ritrovamento di un grosso gruzzolo in quelle regioni. Sembra anche che chi ripara le monete possa essere un'unica persona/gruppo. Non si hanno ancora tutte le informazioni perché le case d'aste stanno decidendo il da farsi anche dal punto di vista legale credo, pare che Heritage intanto stia contattando i clienti che hanno comprato le monete rattoppate senza saperlo. Barry Murphy di NGC è una delle prime persone che han permesso di scoprire il problema (probabilmente in fase di slab) e si è speso per identificare altre monete di questo gruppo. Uno dei problemi al momento è che in alcune di queste monete la chiusura del buco non è evidente neanche ad un'osservazione al microscopio tanto è ben fatta, per cui stan cercando di capire se c'è qualche esame specifico che possa aiutare a evidenziare senza dubbio i buchi riempiti. Pubblico qui un pò delle foto che girano, immagino ce ne saranno altre e spero ci sarà la volontà magari anche per un comunicato ufficiale più avanti quando ci saranno più elementi.
    1 punto
  23. Amedeo VIII Bianchetto Anonimo - III Tipo - Cudazzo 174 , Rovera 158 , peso : 1,08 gr , diametro : 13 mm, variante inedita al rovescio " MARCH " e trifoglio. Rarita' R9. Questa tipologia e' stata battuta secondo l'ordinanza del 23.3.1403 da Umberto Borgo a Nyon. Dopo circa un anno verso la fine del 1404, Amedeo VIII insoddisfatto del lavoro dello zecchiere interrompe la sua attivita'. Nel 1405 viene chiusa la zecca di Nyon e avviato un processo per falsificazione contro Umberto Borgo a Chambery . Venne ritenuto colpevole e condannato alla pena capitale eseguita il 30.3.1405 presso Les Chaux (Chambery)
    1 punto
  24. Salve Alain effettivamente , data et signo VA ben leggibile !
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  25. Ciao, uno spicciolo, il più piccolo che abbiamo usato, riporta uno dei capolavori del nostro passato, come giustamente facevi notare. Sono tra i fortunati che ha avuto la possibilità di vederlo da vicino, purtroppo solo all'esterno. Stupendo e maestoso in mezzo agli ulivi. ? Riporto note Wikipedia. Tra le prime testimonianze scritte riguardanti la costruzione dell'edificio è ben conosciuta la lettera inviata dall'Imperatore Federico II Hohenstaufen il 29 gennaio 1240 da Gubbio, con la quale ordinò al giustiziere di Capitanata Riccardo da Montefuscolo che venissero predisposti i materiali e tutto il necessario per la costruzione di un castello presso la chiesa e monastero di Santa Maria del Monte (non più esistenti) «quod apud Sanctam Mariam de Monte fieri volumus» (che presso S. Maria del Monte vogliamo sia costruito). Un'importante testimonianza che riguarda il Monastero di Santa Maria del Monte è la Bolla “Dignitatem ecclesiis” privilegio del papa Callisto II del 6 novembre 1120; questa testimonia l'esistenza in tale data del Monastero di Santa Maria del Monte e la sua pertinenza alla Città ed all'Arcidiocesi di Trani: "-Per presentis igitur privilegii paginam tibi tuisque successoribus in perpetuum confirmamus quicquid dignitatis et quicquid parochiarum ad Tranensis archiepiscopatus ecclesiam cognoscitur pertinere, urbem videlicet Tranensem, Coratum, Andrem, Barulum, Vigilias cum omnibus pertinentiis suis et ecclesiis constructis intus et foris; monasterium Sanctę Marię de Monte, quod in territorio Tranensis civitatis situm est, cum aliis monasteriis et ecclesiis ad predicta loca pertinentibus, et quęcunque alia ad vestram ecclesiam juste atque canonice pertinere noscuntur.-". Lo stato di avanzamento dei lavori al 1240 non è ancora chiaro: secondo alcuni studiosi, infatti, la costruzione del castello in quella data potrebbe già essere giunta alle coperture. Incerta è anche l'attribuzione a un preciso architetto: alcuni riconducono l'opera a Riccardo da Lentini ma molti sostengono che a ideare la costruzione fu lo stesso Federico II. Pare che sia stato costruito sulle rovine di una precedente fortezza prima longobarda e poi normanna.[6] Probabilmente alla morte di Federico II (avvenuta nel 1250) l'edificio non era ancora terminato. Dai tempi dell'imperatore Federico fino a Giovanna I, regina di Napoli, questa splendida fortezza fu sempre denominata "Castello di Santa Maria del Monte". La prima volta che fu descritto senza l'appellativo "Santa Maria", quindi semplicemente "Castel del Monte" è in un decreto di re Ferdinando d'Aragona, datato dal Castello di Altamura, il 1º dicembre 1463.[7] Fu raramente adibito a feste; fra queste nel 1246 si ricordano le nozze di Violante, figlia naturale di Federico e Bianca Lancia con il conte di Caserta Riccardo Sanseverino. Castel del Monte è stato anche un luogo destinato alla funzione di carcere. Sotto il Regno di Manfredi vi fu imprigionato Marino da Eboli dopo la congiura del 1253[8]. Sotto la giurisdizione di Carlo I invece vi furono imprigionati, in via del tutto segreta e sotto la custodia del castellano Golardo Saumeri, i figli piccoli di Manfredi: Enrico, Federico, Enzio e Corrado di Caserta con Enrico di Castiglia. Nel 1528 a causa di una spedizione francese nel Regno di Napoli, Castel del Monte fu devastato e bombardato. L'8 settembre 1552 fu venduto al Conte di Ruvo, Don Fabrizio Carafa, al prezzo di 100.000 Ducati. Negli anni a seguire, i Carafa nominavano i castellani e vi impiantarono una panetteria con mulino e un forno. Per i Carafa fu un incantevole luogo di villeggiatura[10]. A partire dal XVII secolo seguì un lungo periodo d'abbandono, durante il quale il castello venne spogliato degli arredi e delle decorazioni parietali di marmo (le cui tracce restano visibili solo dietro i capitelli) e divenne oltre che carcere anche un ricovero per pastori, briganti e profughi politici. Nel 1876 il castello, in condizioni di conservazione estremamente precarie, venne infine acquistato (per la somma di 25.000£) dallo Stato italiano, che ne predispose il restauro a partire dal 1879. Il 24 giugno 1883 il cavaliere Buongiovannini, ispettore centrale dei monumenti presso il Ministero della Pubblica Istruzione e l'ingegnere del Genio Civile Francesco Sarlo tennero un convegno sul restauro del manufatto.Nel 1928 il restauro diretto dall'architetto Quagliati rimosse il materiale di risulta all'esterno del castello e demolì parte delle strutture pericolanti, ricostruendole in seguito per dare al castello un aspetto "ringiovanito"; questo non ne arrestò il degrado e si dovette procedere a un ulteriore restauro tra il 1975 e il 1981. Nel 1996 l'UNESCO lo ha inserito nella lista dei Patrimoni dell'umanità per il rigore matematico ed astronomico delle sue forme e per l'armoniosa unione degli elementi culturali del nord Europa, del mondo islamico e dell'antichità classica, tipico esempio di architettura del medioevo. Saluti Alberto
    1 punto
  26. Solo a me sembra alluminio? "La posata, infatti, aveva stampigliata sul manico l’aquila e la svastica nazista e la sigla “G & CL 39” che significa Gerhardi & Cie, Lüdenscheid, 1939, cioè il nome della ditta produttrice dell’oggetto che aveva sede a Lüdenscheid (Renania) e l’anno di fabbricazione." https://www.unalungasciadisangue.it/unalungasciadisangue.pdf Pagina 57 Servus Njk
    1 punto
  27. Come da titolo vi propongo questo 50 lire Barbetti del 11/08/1943 che presenta sul bordo laterale sinistro una riga chiara e qualcosa di simile si intravede anche sul bordo superiore: È la prima volta che vedo qualcosa del genere ed ho ipotizzato che possa essere uscito dalla stampa in questo modo e la linea potesse essere un delimitatore per il taglio del biglietto nel rispetto delle specifiche del formato. La misura del biglietto è circa 170x110. Comunque questa è solo una mia ipotesi ma spero che qualcuno possa darmi maggiori info e delucidazioni a riguardo. Grazie
    1 punto
  28. Solo a me non sembra in argento?
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  29. Già, e anche sull'altro lato, speculare.
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  30. A proposito di questa medaglia. Qualcuno saprebbe individuare l'oggetto che ha in mano il personaggio? Cosa potrebbe essere o rappresentare? Forse una particolare croce?
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  32. Complimenti @wstefano per il 50 barbetti ma addirittura anche consecutivi...collezione impegnativa. Quindi è comune ritrovare questa riga in questa tipologia di biglietti (ex matrice) piuttosto che altri dello stesso periodo? È una semplice curiosità....
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  33. Nemmeno io sono interessato agli errori altrimenti la collezione sarebbe troppo onerosa da completare ma quando li vedo mi interessa comprendere più che altro come avvengono tali anomalie e quali impatti posso avere sul mercato collezionistico. La banconota è stata certificata come spl e credo ci possa stare: la carta ha una buona consistenza, presenta una leggera piega centrale, nessun odore di prodotto chimico, colori del piano stampa sono abbastanza belli e puliti ma per essere pignolo la data del decreto non sembra essere impressa bene (problema nel cliché o nel colore?) come la scritta "lire cinquanta" al centro del piano di stampa con qualche pigmento scolorito (devo capire se è un problema in fade di stampa o di circolazione) ed infine il seriale "T27" in basso non allineato. In conclusione posso essere soddisfatto di questo 50 barbetti "bi" che mancava alla mia collezione.
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  34. Roth era un grandissimo. Ti consiglio questo testo
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  35. Sono entrambe belle monete la prima è della fase dei Procuratori, la seconda della Prima Rivolta se non erro, per cui è solo una scelta personale
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  36. Io ci sono (SIVIS alias Stefano Palma, alias A.N.64 Studio di Numismatica)! Dal Veneto con furore ?
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  37. Su alcuni dettagli, che allego con queste foto, sono evidenti le lievi rotture di conio, espansioni del metallo, l'usura, ecc.
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  38. Ciao,purtroppo dei denari e degli antoniniani romani imperiali(monetazione a cui sono interessato) in mio possesso non ci sono raffigurati castelli o torri. Pero' posto foto di una 500 lire in argento della Repubblica di San Marino regalatemi da un mio zio quando ero piccolo a cui sono molto affezionato per la particolarità del rovescio che rappresenta la Festa del Lavoro del 1 maggio.
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  39. Bella discussione complimenti, ti metto anche il link di quella “ sull’incastellamento “ che fu una discussione anche di spessore...ma fai conto che ero un ragazzino ?
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  40. Buon sabato a tutti... oggi un 8 tornesi 1817 con stella sotto il busto, se non mi ricordo male è R2. Presa dagli UK qualche tempo fa. Le foto sono bruttine, la moneta invece è in buona conservazione. Chiedo a chi è più ferrato di me su FERDINANDO I : esiste anche la variante SICILIARVM con stella sotto il busto o si presenta sempre con U? Grazie. Saluti e a voi le foto.
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  41. Il mercato della numismatica antica si discosta molto da quello delle moderne non solo per quanto riguarda le patine. Il primo si avvicina spesso al mercato delle opere d'arte per vari motivi. Intendo che non sarebbe possibile creare un prezziario per esempio per le monete romane imperiali: essendo sia compratori che venditori molto rarefatti il prezzo di un esemplare è qualcosa che si concretizza nel preciso istante della vendita in base ad un peso molto abbondate dato da valutazioni soggettive . Se la stessa moneta venisse battuta il giorno successivo varrebbe lo stesso presso? No, forse di più, forse meno entro una forchetta di valori parecchio ampia e tanto più ampia quanto il pezzo è raro. I valori battuti alle aste, presi in numeri più abbondanti possibile, quantomeno ci danno un'idea di dove si posiziona il centro di questa forchetta. Questa digressione per spiegare in che tipo di mercato va ad inserirsi la valutazione della patina che è anch'essa stimata in modo molto soggettivo. Credo che per parlare di patina bisogna distinguere prima di quale metallo stiamo parlando: Nel caso di bronzo e rame secondo me i fatti oggettivi sono Se la moneta è spatinata vale molto meno: il bronzo spatinato è proprio brutto. Se la patina è uniforme vale di più Se la patina è chiara vale di più: molto apprezzate sono le patine cuoio o verde chiaro Quanto questi tre parametri pesano sul prezzo è soggettivo: non sarebbe corretto dire "Se questa moneta fosse spatinata varrebbe il 20% in meno" perché dipende da quanto un acquirente apprezza quella particolare patina. Per quanto riguarda l'argento credo che la cosa si complichi perché di oggettivo ci vedo ben poco: c'è chi, come me, preferisce vedere una bella patina scura e c'è chi invece vuole vedere la moneta tirata a lustro e ci da dentro a lucidare... de gustibus Premesso tutto ciò, per farti capire con che pinze prendere la mia risposta, arrivo al dunque: secondo me una buona patina può incidere tra il 20% e il 50% del valore di una moneta antica: quindi parecchio e in una forbice bella ampia ma non così tanto da triplicare o più il valore.
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  42. Cile - 100 Pesos 2005 Nell'illustrazione una Donna Mapuche, popolo nativo dell'America del Sud. Suddiviso in varie etnie di cui mantenevano la stessa struttura sociale, nonché la lingua, la loro estensione territoriale comprendeva il Cile centrale e meridionale ed i contigui territori dell'Argentina.
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  43. Ciao Beppe, il mio Carlino con lo stesso "ciuffo ribelle" ?
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  44. Ho aggiunto al mio giudizio sulla tua moneta una considerazione sul deplorevole andazzo che riguarda non solo monete antiche. Nel tuo caso non è successo ma, ripeto, dei pseudo esperti, e ti assicuro che qui ce ne sono, si sentono in dovere di dire la loro anche se "non è il loro campo". Così facendo mettono la proverbiale zecca ( siamo un forum di numismatica e non abbiamo le pulci ma le zecche) del dubbio nel nuovo collezionista. Tanto per riderci su ho recuperato un poema epico postato da qualcuno molti anni fa : S'ode a destra uno strillo : ma è falsa a sinistra rispondono : è bbuona ! Poi nessuna opinione è prevalsa E s’inizia una gran maratona. C’è chi nota la bolla del fuso Chi ritien che sia solo sporcizia, un difetto causato dall’uso e s’invoca una bella perizia. Ora un altro s'avanza spiegando che si è fatta una gran confusione che da foto soltanto osservando non si può ricavarne opinione Per intanto si spargono accuse D’arroganza e di scarso saper Di postare le tesi più astruse E di imporre lo proprio voler. Ecco appare un drappello schierato; ecco un altro che incontro gli vien. E il discorso non più moderato Viene chiuso per fare del ben.
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