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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 08/21/21 in tutte le aree
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Ciao a tutti! Più volte si è detto che le monete papali, in particolare quelle di epoca barocca, costituiscano per la pregevolezza e la varietà delle incisioni, un vero e proprio documento vivo dell'epoca. Un aspetto particolare è costituito dalle rappresentazioni architettoniche di monumenti, piazze, edifici, che costellano molte monete pontificie e che, riportate su tondello dai grandi maestri incisori dell'epoca, possano essere considerate delle vere e proprie "foto metalliche" del passato. Apro questa discussione su un'idea di Fabrizio @ilnumismaticocon l'intento di presentare monete la cui iconografia possa essere confrontata con altri documenti d'epoca, in particolare stampe, litografie, dipinti e acqueforti per trovare un parallelismo tra quanto riportato in moneta e quanto riprodotto con i metodi più tradizionali del tempo. Scopriremo insieme come le monete siano davvero un'istantanea di ciò che è stato e che ora spesso non è più! Partiamo! Volendo parlare di monete papali e monumenti, non posso non partire se non dal più iconico e famoso monumento della cristianità: Innocenzo XI (1676-1689), PIASTRA (Munt 38): al R/ il prospetto della Basilica di San Pietro. Su questa meravigliosa piastra, opera di Giovanni Hamerani, si può ammirare la facciata della Basilica Vaticana eretta tra il 1607 e il 1614 da Carlo Maderno sotto il pontificato di Paolo V Borghese (1605-1621). La legenda PORTAE INFERI NON PREVALEBVNT (Le porte dell'inferno non prevarranno), fanno riferimento al fatto che Innocenzo XI fu animatore della "Lega Santa" che portò alla liberazione nel 1683 di Vienna, assediata dai Turchi. Il Papa, mettendo in moto tutta la diplomazia pontificia, cercò di promuovere una grande Lega contro la potenza musulmana, ma riuscì solo a concludere una lega tra Impero e Polonia e ad ottenere contributi in denaro dagli Stati italiani; anche i cardinali si quotarono per ingenti somme e fecero oblazioni perfino delle argenterie personali. Per la guerra ai Turchi, la Camera Apostolica durante il pontificato di Innocenzo XI, inviò all'Imperatore oltre 5 milioni di fiorini. Ecco la piastra e a confronto lo stesso prospetto in un acquaforte del 1724.5 punti
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La mia Napoletana di oggi è un Carlino del 1835 in conservazione eccezionale, millesimo che spesso viene scambiato per 1833 per via della forma del 55 punti
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Clemente X (1670-1676), PIASTRA (Munt 20): al R/ il porto di Civitavecchia con l'arsenale in fondo a sinistra e la fortezza a destra; nel bacino un veliero e barchette. Il porto di Civitavecchia fu costruito per volere dell'imperatore Traiano intorno al 106 d.C.. Dopo la caduta dell'impero romano il porto di Civitavecchia assistette ad un susseguirsi di dominazioni e passaggi di mano, contesi tra il papato, varie potenze comunali e frequenti incursioni saracene. Nel XV secolo, dopo che la città fu rientrata definitivamente sotto il controllo papale, il porto di Civitavecchia riprese vigore e importanza. Fu dapprima costruita la Rocca, una fortificazione quadrangolare; poi nel 1508 Giulio II affidò al Bramante i lavori di costruzione del Forte Michelangelo, che sarebbe sorto su antiche rovine romane. Il forte venne completato nel 1537 grazie forse al contributo di Michelangelo. Nel 1608, sotto il papato di Paolo V, fu eretto un fanale (il Faro), sulla estremità meridionale dell'isola frangiflutti, alto ben 31 metri. Il 26 novembre del 1659 venne posta la prima pietra dell'arsenale disegnato dal Bernini, che per lungo tempo avrebbe coagulato buona parte dell'economia cittadina. Fu poi edificata la cinta muraria merlata opera di Pier Paolo Florian voluta da papa Urbano VIII nel 1630. Alcune di queste strutture sono andate distrutte a causa dei bombardamenti durante la seconda guerra mondiale. In particolare nel 1943 furono distrutti il Faro, l'Arsenale, il Forte del Bramante e la Rocca vecchia. La legenda VT ABVNDETIS MAGIS (Perchè abbiate più abbondanza), si riferisce all'arrivo a Civitavecchia a forti quantità di grano. Ecco la piastra e a confronto nell'ordine un dipinto del XVIII secolo, una xilografia del 1860 e una del 1891.5 punti
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Salve @ARES III È una provinciale di Thessalonica con Agrippina Minore al dritto, RPC I, 1605 https://rpc.ashmus.ox.ac.uk/coins/1/16054 punti
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Clemente XI (1700-1721), MEZZA PIASTRA (Munt 55), al R/ veduta del porto di Ripetta e del Tevere, con la via omonima e le chiese di S. Rocco e S. Girolamo degli Schiavoni: ai lati due figure sdraiate, figuranti il Tevere e l'Aniene Il porto di Ripetta (così chiamato per distinguerlo da quello di "Ripa Grande" accanto a Porta Portese, 1706), o Porto Clementino, era uno scalo fluviale di Roma situato lungo il Tevere. Nel XIV secolo, esisteva un piccolo porto rudimentale utilizzato per lo scarico di legname, carbone e vino. Solamente all'inizio del Settecento papa Clemente XI approvò il progetto per la realizzazione di un nuovo porto dall'aspetto monumentale, dotato di banchine, scalinate e piazzali. Il disegno fu affidato all'architetto Alessandro Specchi, che si avvalse della collaborazione di Carlo Fontana. L'opera, per la cui costruzione furono impiegati materiali di spoglio provenienti dal Colosseo, fu inaugurata il 16 agosto 1704. La costruzione, significativo esempio di architettura tardobarocca, era caratterizzata da due ampie scalinate curve, che collegavano le banchine al livello del piano stradale; al centro si apriva un emiciclo, dove era collocata una fontana per abbeverare gli animali da soma impiegati nel trasporto delle mercanzie. Ai lati dell'emiciclo si innalzavano due colonne, le quali furono utilizzate per indicare il livello raggiunto dalle alluvioni del Tevere. Un testo coevo così recitava: "Fatto costruire con saggia provvidenza da N.S. Clemente XI nel 1704 su le amene rive del Tevere per pubblico beneficio ed ornamento". Nel tempo il porto subì un rapido degrado, e fu infine demolito a seguito della costruzione dei "muraglioni" del Tevere, la cui necessità fu stabilita dopo la piena del 1870. La legenda LAETIFICAT CIVITATEM si traduce con "Rallegra la città". Ecco la moneta e a confronto due incisioni del 1754 e del 1760, ed infine una foto del 1865, pochi anni prima della sua scomparsa.4 punti
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Buongiorno e buone ferie condivido l'ultimo acquisto di una moneta che cercavo, ma non credevo di riuscire a prenderla in queste condizioni. Nel vedere i vari tipi illustrati nel BdN 29, questa non corrisponde a nessuna. Vero è che le varianti sono molte come indicato nel Catalogo delle monete medievali del Triveneto di Andrea Keber Grosso da 20 denari - Ø 20 mm - 1,66 gr. D/ ¤ CI ¤ VI ¤ CI ¤ V:I pseudo legenda alternate con croci patenti. Croce patente a braccia lunghe entro cerchio che interseca un cerchio più piccolo e la legenda VE RO N A R/ ¤ * VE * RO * NA * alternato a rosette - Croce patente e la tra le braccia CI VI CI V:I3 punti
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Buongiorno a tutti, ringrazio @odjob e @Rocco68 per il loro gradito intervento, riprendo la discussione riportando alcune note sulla figura di Tommaso Aniello prese da Wikipedia e posto nuove foto fatte dopo un bagnetto rigenerante al mio Grano. Sono venuti fuori dei segni che credo possano essere attribuiti a ribattitura. Approfitto per riportare correttamente il motto del rovescio che è HINC LIBERTAS. Tommaso Aniello d'Amalfi, meglio conosciuto come Masaniello[1] (Napoli, 29 giugno 1620 – Napoli, 16 luglio 1647), è stato il protagonista della rivolta napoletana che vide, dal 7 al 16 luglio 1647, la popolazione della città insorgere contro la pressione fiscale imposta dal governo vicereale spagnolo. Nella vita di questo personaggio non è sempre facile distinguere gli avvenimenti realmente accaduti da quelli elaborati dal mito. Quella di Masaniello, finché lui fu in vita, non si configurò come una rivolta antispagnola e repubblicana, come avrebbe voluto la storiografia dell'Ottocento che, profondamente influenzata dai valori risorgimentali, vedeva in lui un patriota ribellatosi alla dominazione straniera. Le cause degli eventi del luglio 1647 risiedono esclusivamente nella specificità politica, economica e sociale della Napoli spagnola nella prima metà del Seicento. Dopo la sua morte, tuttavia, la rivolta assunse connotazioni politiche e sociali dal carattere antifeudale e antispagnolo e, secondo taluni, anche secessionista, al pari di quanto era accaduto alcuni anni prima, in Portogallo e Catalogna. La rivolta fu scatenata dall'esasperazione delle classi più umili verso le gabelle imposte dai governanti sugli alimenti di necessario consumo. Il grido con cui Masaniello sollevò il popolo il 7 luglio fu: «Viva 'o Re 'e Spagna, mora 'o malgoverno», secondo la consuetudine popolare tipica dell'Ancien régime di cercare nel sovrano la difesa dalle prevaricazioni dei suoi sottoposti. Dopo dieci giorni di rivolta che costrinsero gli spagnoli ad accettare le rivendicazioni popolari, a causa di un comportamento stravagante, frutto di una strategia mirata, volta a fargli appunto 'fare pazzie', Masaniello fu accusato ufficialmente di pazzia ed ucciso per volere del viceré, di alcuni capi popolari e di una piccola parte della plebe. Nonostante la breve durata, la ribellione da lui guidata indebolì il secolare dominio spagnolo sulla città, aprendo la strada per la proclamazione dell'effimera e filofrancese Real Repubblica Napoletana, avvenuta cinque mesi dopo la sua morte. Questi eventi, visti in un'ottica europea, vanno comunque inquadrati all'interno della cornice della guerra dei trent'anni e la tradizionale rivalità tra Spagna e Francia, anche per il possesso della corona di Napoli. Sarebbe bello vedere anche i vostri esemplari. Saluti Alberto3 punti
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Grazie @demonetis, scusa se non ho risposto prima ma ho potuto leggere solo adesso. @Asclepia in effetti sta venendo su bene, bravo! ? I 4 del 1791 sono davvero top ?, peccato per quella macchia verde sul ramo di alloro, spero non sia cancro. Con l'occasione vi delizio con la mia serie 1782 (scusate per la foto, è il mio punto debole ??.):3 punti
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3 punti
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Hai ragione... ADDENDUM Molto noto è stato il legame sentimentale intercorso tra l'imperatore e un giovane greco originario della Bitinia di nome Antinoo, tanto da essere celebrato nel corso del tempo come una delle più famose rappresentazioni di "coppie omosessuali" dell'intera storia LGBT; non vi è in ogni caso una prova inequivocabile che tra i due sussistesse un rapporto del tipo erastès-eromenos, così come era nella tradizione erotico-pedagogica della pederastia greca: si sa comunque che il giovinetto si trovò strettamente a contatto con Adriano per almeno cinque anni e che lo seguì in tutti i suoi viaggi fino a quando, appena diciannovenne misteriosamente cadde nel Nilo e morì. Travolto dal dolore, in onore del defunto Antinoo, Adriano fondò la città egiziana di Antinopoli, nella quale fece edificare un tempio dedicato al culto di Antinoo divinizzato, assimilato al dio egizio Osiride e successivamente anche a Ermes e a Dioniso, nonché come patrono delle colture. Per il resto della vita Adriano commissionò centinaia (se non migliaia) di statue di Antinoo, oltre che farlo ritrarre in busti, monete, gioielli e altri oggetti di artigianato: tutta la passione e la profondità dell'amore di Adriano furono mostrate in queste opere, che sono tra gli esempi più alti dell'arte adrianea e rinvenute ovunque in tutto l'Oriente ellenizzato dell'Impero romano, raffiguranti un giovane uomo dal fascino malinconico, caratterizzato da un volto tondo con guance piene prive di qualsiasi peluria, labbra sensuali, e folta capigliatura a grosse ciocche mosse che ricoprono le orecchie. Uno dei più famosi fra questi oggetti è la cosiddetta gemma Marlborough, una sardonica splendidamente incisa e bagnata nell'oro nella parte posteriore, che si riteneva perduta e che fu poi riscoperta in un'asta pubblica londinese nel 1952. Il grande collezionista Giorgio Sangiorgi la riportò a Roma, dove è tuttora conservata. Antinoo proveniva da Claudiopoli (Bitinia) e Adriano con tutta probabilità lo incontrò durante il soggiorno in Asia minore avvenuto nel biennio 123/24. Per l'ambiente contemporaneo non era tanto l'inclinazione omoerotica dell'imperatore nei confronti degli adolescenti a essere irritante - tali rapporti erano sempre stati evidenti anche nel predecessore Traiano - quanto l'insolita apoteosi assegnatagli post-mortem, del tutto simile al culto imperiale e appartenente di diritto solamente alla famiglia reale, nonché l'allontanamento definitivo dalla moglie e la profonda malinconia che caratterizza i suoi ultimi anni di regno, accresciuta anche dalla perdita di lì a breve dell'amata sorella Paulina (la quale non ebbe peraltro mai gli onori che furono attribuiti ad Antinoo in quanto pare considerasse l'abbandono sentimentale del fratello sconveniente ed eccessivo). Immediatamente cominciarono inoltre anche a circolare voci su quelle che in realtà avrebbero dovuto essere state le effettive circostante dell'incidente occorso ad Antinoo; oltre alla morte naturale cadendo nel fiume per poi annegare subito dopo, sorsero anche interpretazioni alternative per cui si sarebbe suicidato perché rischiava di non rimanere ancora per molto nelle grazie dell'imperatore ma si ipotizzò anche l'omicidio da parte della moglie di Adriano o la morte sacrificale a carattere magico-rituale nell'intento di donare la piena salute ad Adriano che in quel periodo era tornata a essere alquanto cagionevole. Il modello della deificazione postuma dei propri cari - la quale iniziò a verificarsi durante l'ellenismo tra i vari sovrani del Vicino Oriente - fu Alessandro Magno, che attribuì egli stesso onori e culto da eroe all'amatissimo compagno Efestione dopo la sua sopravvenuta dipartita. Ma la portata della venerazione nei confronti di Antinoo fu tale da includere anche il catasterismo: Adriano affermò cioè di aver veduto brillare in cielo la stella dell'amato e lo volle pertanto tramutare in una costellazione col suo nome, quella di Antinoo. La fede nella divinità del giovane uomo morto, risorto e assunto in cielo apparve in varie forme e ottenne ampia diffusione, non solo nella parte più orientale dell'impero, ma anche in Grecia e Asia minore fino a giungere in Italia; avendo un seguito tra le masse popolari che si ricollegavano a lui nella loro stessa speranza in una futura vita eterna, il suo volto iniziò ad apparire anche in lampade, vasi di bronzo e altri oggetti dell'esistenza più quotidiana. Solamente di Augusto e dello stesso Adriano ci sono state tramandate un numero di immagini superiore a quelle che imprimono le fattezze di Antinoo. Ave! Quintus3 punti
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Adriano Publio Elio Traiano Adriano, noto come Adriano (in latino Publius Aelius Traianus Hadrianus, nato ad Italica il 24 gennaio 76 e morto a Baia il 10 luglio 138) è stato un imperatore romano della dinastia degli imperatori adottivi, regnò dal 117 fino alla sua morte. Successore di Traiano, fu uno dei "buoni imperatori" secondo lo storico Edward Gibbon. Colto e appassionato ammiratore della cultura greca, viaggiò per tutto l'impero e valorizzò le province. Fu attento a migliorare le condizioni dei militari. In Britannia costruì un vallo fortificato, il "Vallo di Adriano". Inaugurò una nuova strategia militare per l'Impero: all'espansione e alla conquista sostituì il consolidamento dei confini e della loro difesa. Mantenne le conquiste di Traiano, a parte la Mesopotamia che assegnò a un sovrano vassallo. Il suo governo fu caratterizzato da tolleranza, efficienza e splendore delle arti e della filosofia. Grazie alle ricchezze provenienti dalle conquiste, Adriano ordinò l'edificazione di molti edifici pubblici in Italia e nelle province, come terme, teatri, anfiteatri, strade e porti. Nella villa che fece costruire a Tivoli riprodusse i monumenti greci che amava di più e trasformò la sua dimora in museo. L'imperatore lasciò anche a Roma, con l'edificazione del Mausoleo, la Mole Adriana, e con la ricostruzione del Pantheon, distrutto da un incendio. [ ... continua dopo la scheda del sesterzio ... ] Valore nominale: Sesterzio Diametro: 33,50 mm circa Peso: 25,07 gr Dritto: IMP CAESAR TRAIAN HADRIANVS AVG, busto laureato drappeggiato e corazzato a destra Rovescio: P M TR P COS III (Pontifex Maximus Tribunicia Potestate Consul tertium), Ceres in piedi rivolta a sinistra, tiene nella mano destra spighe grano e una lunga torcia nella mano sinistra, S - C in campo Zecca: Roma Officina: 3 Anno di coniazione: 121-122 Riferimento: RIC 610, Cohen 1075, BMC/RE 1244 Rarità: R1 Note: Bellissimo sesterzio, ogni volta che lo tengo in mano mi emoziono, lascio a voi i commenti. Ave! Quintus [ ... continua ... ] Sulla nascita di Adriano le fonti non concordano: alcune (come Elio Sparziano) sostengono che nacque a Roma, dove il padre stava svolgendo importanti funzioni pubbliche; altre (come Dione Cassio) che Adriano nacque a Italica, a 7 km da Siviglia, in Hispania Baetica. La sua famiglia era originaria della città picena di Hatria, l'attuale Atri, ma si insediò a Italica subito dopo la sua fondazione per opera di Scipione l'africano. Il padre, Publio Elio Adriano Afro, era imparentato con Traiano. La madre, Domizia Paolina, era originaria di Cadice. Adriano aveva una sorella maggiore (Elia Domizia Paolina), una nipote (Giulia Serviana Paolina) e un pronipote (Gneo Pedanio Fusco Salinatore). I suoi genitori morirono nell'85/86, quando Adriano aveva solo nove anni. Grazie al Corpus Inscriptionum Latinarum, sappiamo che Adriano ebbe una nutrice di nome Germana, una schiava di origini germaniche successivamente liberata che gli sopravvisse arrivando a morire a ottant'anni. Traiano, che non aveva avuto figli, divenne di fatto il tutore del giovane dopo la morte dei suoi genitori. Anche la moglie di Traiano, Plotina, lo aiutò notevolmente nel cursus honorum, trattandolo come proprio figlio. Inoltre sembra sia stata lei a spingerlo a sposare Vibia Sabina, anche lei parente di Traiano. Il matrimonio avvicinò ulteriormente il futuro imperatore alle stanze del potere, grazie anche agli ottimi rapporti intrattenuti con la suocera Matidia. Per il resto il matrimonio fu un fallimento. Dopo che l'imperatore Nerva ebbe nominato Traiano suo successore, presentandolo in Senato nel 97, la carriera di Adriano fu notevolmente agevolata. Le cariche accumulate nel cursus honorum del futuro imperatore furono numerosissime. Quando Nerva morì nel 98, Adriano si precipitò a informare personalmente Traiano. Fu anche arconte ad Atene per un breve periodo, e fu eletto ufficialmente come cittadino ateniese[3]. La sua carriera completa prima di diventare imperatore fu la seguente: decemviro stlitibus iudicandis seviro turmae equitum Romanorum praefectus urbi feriarum Latinarum tribunus militum con la Legio II Adiutrix piae Fidelis nel 95, in Pannonia inferiore tribunus militum con la Legio V Macedonica nel 96, in Mesia inferiore tribunus militum con la Legio XXII Primigenia nel 97, in Germania superiore; successivamente trasferito alla Legio I Minervia. questore (nel 101) ab Actis senatus tribunus plebis (nel 105) pretore (nel 106) Legatus legionis della Legio I Minerviae piae Fidelis (106, in Germania inferiore) Legatus Augusti pro praetore della provincia romana della Pannonia inferiore (107) console suffectus (108) septemviro epulonum (prima del 112) Sodales Augustales (prima del 112) arconte ad Atene (tra il 112/13) Legatus Augusti pro praetore in Siria (117) Al contrario del suo predecessore, Adriano non fu mai adottato ufficialmente, tramite la presentazione in Senato. Su questo punto l'Historia Augusta riporta diverse teorie, una delle quali fa discendere il suo avvento al potere da una presunta nomina di Traiano morente, molto probabilmente una messinscena organizzata da Plotina, che avrebbe orchestrato abilmente l'operazione, d'accordo con il prefetto del pretorio Attiano. La questione, in realtà, appare assai più complessa. Pare difficile che Adriano possa aver preso il ruolo di successore di Traiano per sola intercessione di Plotina e di alcuni suoi collaboratori. Alcuni conii monetali attesterebbero il titolo di Caesar per Adriano già in un periodo compreso tra il 114 e il 117. Sulla scia di tali dati l'adozione di Adriano apparirebbe meno offuscata da dubbi e una deliberata volontà di Traiano. Adriano, salito al trono, allontanò dai luoghi di potere gran parte del seguito e dell'amministrazione di Traiano, non senza ricorrere a metodi brutali (come nella repressione della congiura dei consolari), dei quali aveva fatto parte anche lui, compresi i vertici militari[5]. In ogni caso la ratifica da parte dell'esercito, che acclamò il nuovo imperatore, chiuse la questione. Il Senato, ricevuto un messaggio dal neoeletto, nel quale egli riferiva di non essersi potuto sottrarre alla volontà dell'esercito, si allineò a sua volta. Sia i militari sia i senatori trassero notevoli benefici dalla loro acquiescenza: i primi ricevettero il tradizionale donativo in misura più cospicua che in passato e anche i membri del Senato ebbero dei vantaggi. La fulmineità dell'ascesa al potere, accompagnata dall'eliminazione fisica dei principali potenziali dissidenti o concorrenti, portò a un insediamento rapido, seguito da un continuo rafforzamento che durò per tutto il ventennio in cui Adriano rimase al potere. L'opposizione al neo princeps era costituita da generali che, come lo stesso Adriano, avevano seguito Traiano nelle più importanti battaglie di ampliamento territoriale: tra questi Quieto, la cui morte provocò sommosse di ribellione in Mauretania. Adriano fu uno degli imperatori morti per cause naturali e non assassinati in una congiura. Anche la designazione del successore e il suo insediamento, dopo la morte di Adriano, non furono ostacolati. Un caposaldo della politica adrianea fu l'idea di ampliare, quando possibile, i livelli di tolleranza. Si fece promotore di una riforma legislativa per alleggerire la posizione degli schiavi, i quali si trovavano in situazioni disumane allorché si verificasse un crimine ai danni del dominus. Anche nei confronti dei cristiani mostrò maggiore tolleranza dei suoi predecessori. Ne rimane testimonianza, intorno all'anno 122, in un rescritto indirizzato a Gaio Minucio Fundano, proconsole della provincia d'Asia. In esso l'imperatore, a cui era stato richiesto come comportarsi nei confronti dei cristiani e delle accuse a loro rivolte, rispose di procedere nei loro confronti solo in ordine a notizie circostanziate emergenti da un procedimento giudiziario e non sulla base di accuse generiche. Un'altra riforma operata da Adriano fu quella dell'editto pretorio. Questo strumento normativo consisteva in un'esposizione di principi giuridici generali, che il magistrato enunciava al momento dell'insediamento. Con l'andar del tempo, questi principi costituirono un nucleo di norme consolidato (edictum vetus o tralaticium), al quale ogni pretore aggiungeva le fattispecie che intendeva tutelare. Tecnicamente la finalità dell'editto era quella di concedere tutela processuale anche a rapporti non previsti dallo ius civile. Con la riforma adrianea, che l'imperatore affidò al giurista romano Salvio Giuliano negli anni dal 130 al 134, l'editto venne codificato, fu approvato da un senatoconsulto e divenne perpetuo (edictum perpetuum). Sempre in campo giuridico, Adriano pose fine al sistema ideato da Augusto che, concedendo ad alcuni giuristi lo ius respondendi ex auctoritate principis, aveva consentito che il diritto si espandesse progressivamente attraverso l'opera creatrice di alcuni esperti scelti dall'imperatore stesso. Adriano sostituì al gruppo di giuristi isolati dello schema augusteo un consilium principis, che contribuì alla progressiva istituzionalizzazione di questa figura, togliendole l'indipendenza residuata. Nonostante avesse seguito personalmente più di una campagna militare (la più impegnativa quella dacica al seguito di Traiano), Adriano si dimostrò, oltre che esperto di cose militari, il che era prevedibile, anche un grande riformatore della pubblica amministrazione. Il suo intervento sulle strutture amministrative dell'impero fu profondo e radicale, dimostrando che era parte di un piano globale che l'imperatore andava applicando, a mano a mano, alla struttura dell'esercito, alla difesa dei confini, alla politica estera, alla politica economica. Adriano aveva una sua visione dell'impero e cercava di uniformare le singole parti al suo disegno. In luogo dei liberti cesarei diede spazio e importanza a nuovi funzionari provenienti dalla classe dei cavalieri. Essi erano preposti alle varie branche amministrative suddivise per materie: finanze, giustizia, patrimonio, contabilità generale e così via. Le carriere furono determinate, così come le retribuzioni, e la pubblica amministrazione divenne più stabile e meno soggetta ai cambiamenti connessi con l'avvicendarsi degli imperatori. Attento amministratore, Adriano pensò anche a tutelare nel migliore dei modi gli interessi dello Stato con l'istituzione dell'advocatus fisci, cioè una sorta di avvocatura dello Stato che si occupasse di difendere in giudizio gli interessi delle finanze pubbliche (fiscus). Va considerato che in epoca tardo-imperiale l'originaria bipartizione tra aerarium (la finanza pubblica di area senatoria) e fiscus (la finanza pubblica di competenza del princeps) era andata scomparendo per l'avvenuta unificazione delle due aree nelle mani dell'imperatore. Appena il suo potere fu sufficientemente consolidato, Adriano intraprese una serie di viaggi in tutto l'Impero (Gallia, Germania, Britannia, Spagna, Mauritania), per rendersi conto di persona delle esigenze e prendere i provvedimenti necessari per rendere il sistema difensivo efficiente. Nel 123 iniziò il lungo viaggio d'ispezione delle province orientali che lo impegnò per due anni. Nel 128 ispezionò la provincia d'Africa. Nell'anno seguente si recò di nuovo in Oriente. La sua filosofia risulta evidente dai suoi atti: il ritiro da territori indifendibili, il controllo dei confini basato su difese stanziali, la politica degli accordi con gli Stati cuscinetto che facevano da interposizione fra il territorio dell'impero e quello dei popoli confinanti. Durante il viaggio in Egitto nel 130 d.C., Adriano si recò a visitare i Colossi di Memnone. In età romana molti visitatori, richiamati da uno dei colossi di Memnone per il suo canto al sorgere del sole, erano soliti a lasciare incise sulle gambe della statua le loro osservazioni e le loro dediche. Anche gli accompagnatori di Adriano e dell'imperatrice Sabina fra il 20 e il 21 novembre del 130, lasciarono alcuni testi: Colossi di Memnone "quando in compagnia dell'imperatrice Sabina fui presso Memnone. Tu Memnone, che sei figlio dell'Aurora e del venerabile Titone e che sei assiso di fronte alla città di Zeus, o tu, Amenoth, re egizio, a quanto raccontano i sacerdoti esperti delle antiche leggende, ricevi il mio saluto e, cantando, accogli a tua volta favorevolmente la moglie venerabile dell'imperatore Adriano". In questi lunghi viaggi, nei quali praticamente percorse tutto l'impero, non si occupò solo di questioni legate alla difesa dei confini, ma anche di esigenze amministrative, edificazioni di edifici pubblici e, più in generale, di cercare di migliorare lo standard di vita delle province. Al contrario di altri imperatori, che governarono l'impero senza muoversi praticamente mai da Roma, Adriano scelse un metodo di conoscenza diretta, che poté attuare grazie al consolidamento della situazione interna: allontanarsi dalla sede del potere per periodi così prolungati presupponeva una certezza assoluta sulla tenuta del sistema. Un altro elemento era la curiosità propria del suo carattere e la propensione per i viaggi, che lo accompagnò tutta la vita. Amò la cultura, l'architettura e la scultura greca. Soggiornò molte volte ad Atene e in tutta la Grecia, attratto da quel mondo pieno di meraviglie artistiche, e le popolazioni locali innalzarono in suo onore molte statue. Il regno di Adriano fu caratterizzato da una generale pausa nelle operazioni militari. Egli abbandonò le conquiste di Traiano in Mesopotamia, considerandole indifendibili, a causa dell'immane sforzo logistico necessario per far giungere rifornimenti a quelle regioni e alla molto maggiore estensione del confine che sarebbe stato necessario difendere[6]. La politica di Adriano fu tesa a tracciare confini controllabili a costi sostenibili. Le frontiere più turbolente furono rinforzate con opere di fortificazione permanenti, la più famosa delle quali è il possente Vallo di Adriano in Gran Bretagna. Qui Adriano, dopo aver terminato la conquista del Nord dell'isola, fece costruire una lunga fortificazione per arginare i popoli della Caledonia. Anche la frontiera del Danubio fu rinforzata con strutture di varia natura. Il problema delle strutture difensive era strettamente connesso col territorio e col tipo di difesa che si voleva instaurare. Infatti strutture particolarmente pesanti e durature, oltre a richiedere tempi di realizzazione e costi ingentissimi, mal si adattavano a mutamenti strategici nelle linee difensive. Se un territorio era particolarmente soggetto a incursioni in un determinato periodo, una struttura leggera, formata da fossati, terrapieni e palizzate, poteva fornire una discreta tenuta, dando alle truppe di stanza nelle fortificazioni il tempo di intervenire. Diverso era il caso di incursioni in profondità o di vere e proprie invasioni, che richiedevano strutture molto più resistenti, le quali però, una volta edificate, diventavano definitive e non seguivano le evoluzioni politiche e strategiche del territorio. Molte regioni passavano da situazioni di occupazione vera e propria allo stato di protettorati, i cosiddetti "Stati clienti", il che modificava notevolmente le necessità difensive. Quando la politica del protettorato si consolidava, si mantenevano in loco le risorse strettamente necessarie, spostando le risorse liberate in zone più calde. Questo sistema, detto delle vexillationes, cioè di distaccamenti prelevati da una legione e comandati altrove, dette ottimi risultati conferendo un'elasticità di manovra notevole. Il sistema dei distaccamenti consentiva anche di non turbare gli equilibri regionali faticosamente raggiunti, perché non si spostava un'intera legione ma singoli reparti. Il che, con il consolidamento di una difesa sempre più stanziale e con i conseguenti legami che s'instauravano tra i legionari e gli abitanti locali, consentiva di mantenere il controllo del territorio, disponendo comunque di una massa di manovra da destinare a operazioni belliche ove fosse stato necessario. Per mantenere alto il morale delle truppe e non lasciarle impigrire, Adriano stabilì intensi turni di addestramento, ispezionando personalmente le truppe nel corso dei suoi continui viaggi. Poiché non era incline, già dai tempi delle campagne daciche, a distinguersi per lussi particolari, si spostava a cavallo e condivideva in tutto la vita rude dei legionari. Di questa attività rimane memoria nelle cosiddette Iscrizioni di Lambesi[7], che vennero erette dopo una permanenza dell'imperatore nel castrum omonimo, sede della Legio III Augusta di stanza in Numidia. Nel documento viene descritta una serie di esercitazioni molto complesse che la legione svolse con successo nell'anno 128, a dimostrazione della nuova dottrina difensiva di Adriano, che intendeva ottenere il massimo dell'efficienza militare anche in quadranti, come quello numidico, abbastanza pacifici. Da un punto di vista della struttura organizzativa non portò grandi innovazioni nell'esercito, salvo creare nuovi corpi (secondo alcuni rinforzare corpi già esistenti), basati su leva locale, denominati Numeri, al fine di dare un apporto alle truppe ausiliarie, i cosiddetti Auxilia. I motivi erano diversi, innanzitutto tecnici: si trattava di mettere in linea truppe molto specializzate, ad esempio lanciatori, o destinate a terreni particolari, o equipaggiate in modo non convenzionale (come alcuni corpi di cavalleria pesante). Inoltre i Numeri non fruivano come gli Auxilia del diritto di vedere arruolati stabilmente i loro figli nelle legioni e quindi contribuivano a mantenere gli organici in numero costante. I Numeri erano molto più vicini degli Auxilia ai gruppi etnici stanziati nei territori che si intendevano controllare e conservavano organizzazione e armamento loro propri. Il tutto a costi nettamente inferiori a quelli che si sostenevano per i legionari regolari, i quali, oltre a una paga di tutto rispetto, fruivano di donativi saltuari e di una liquidazione alla fine del servizio, spesso costituita dal diritto di proprietà di terreni. Il problema della Giudea si era manifestato in tutta la sua gravità fin dai tempi della prima rivolta, nel 66, quando le truppe di Cestio Gallo, governatore della Siria, furono duramente sconfitte con perdite rilevantissime (poco meno di seimila uomini, secondo Giuseppe Flavio) e la perdita delle insegne da parte della Legio XII Fulminata. Il tutto per opera di truppe che non si potevano tecnicamente definire all'altezza di quelle romane. Il che dimostra la fortissima motivazione dei combattenti Giudei e, in particolare degli Zeloti. La rivolta si protrasse fino alla distruzione di Gerusalemme del 70, per opera del generale Tito, figlio di Vespasiano, e alla caduta della fortezza di Masada avvenuta nel 73, conclusasi con la morte per suicidio di tutti i resistenti e dei membri delle loro famiglie.Nel 115, sotto Traiano alla rivolta divampata a Cirene, in Egitto e a Cipro si unirono anche i Giudei con effetti devastanti. Il problema era strutturale, dato che gli abitanti della Giudea rifiutavano decisamente la romanizzazione, sia per motivi nazionalistici sia, soprattutto, per motivi religiosi. Infatti, professando una religione monoteista che, in quanto tale, non prevedeva l'affiancamento di altre divinità come era avvenuto in tutte le province, l'integrazione diveniva completamente impossibile. Quando Adriano si trovò a dover affrontare la ricostruzione di Gerusalemme ripropose i moduli architettonici e urbanistici applicati in tutto l'impero, mentre la popolazione ebraica chiedeva una ricostruzione nella forma precedente alla distruzione del 70.A seguito della visita effettuata alle rovine della città nel 130 cominciò l'opera di ricostruzione permettendo inizialmente la ricostruzione di un Terzo Tempio, ma secondo la testimonianza del Midrash[8] quando gli venne riferito dai Samaritani che ciò sarebbe stato causa scatenante di continua sedizione, parve ricredersi. Di poco seguente, la scelta di far erigere, in luogo di quello ebraico (come accadeva in tutto il resto dell'impero) un tempio al dio romano Giove sul sito del Monte del Tempio[9], e altre costruzioni dedicate a varie divinità romane in tutta Gerusalemme, tra cui un grande tempio alla dea Venere[10]. Egli fece poi anche rinominare la città la quale divenne così Aelia Capitolina in onore di sé stesso e di Giove Capitolino, la principale divinità romana. Secondo Epifanio (De ponderibus et mensuris, cap. XIII-XVI.; ed. Migne, II. 259-264), Adriano nominò Aquila di Sinope - parente acquisito dello stesso imperatore - come "supervisore dei lavori di costruzione della città"[11]. Si dice anche che operò per mettere un grande foro, che avrebbe dovuto essere il centro d'incontro sociale primario della nuova città, all'incrocio delle strade principali del cardine e del decumano, oggi facente parte dell'area quadrata costituita dal Muristan. Presto i Giudei, che avevano sperato in tutt'altro, furono assai delusi dal constatare quanto stava accadendo alla loro terra sacra, cominciarono pertanto sempre più un'opera di opposizione. Quindi una causa della rivolta fu il nazionalismo degli abitanti della Giudea. Altra causa, secondo una tradizione basata sulla Historia Augusta, suggerisce che le tensioni siano via via cresciute fino a sfociare in uno scontro aperto quando Adriano volle abolire la circoncisione rituale della religione ebraica (il Brit milah)[12] che egli, da fine ellenista qual era, avrebbe interpretato come l'esser una pura e semplice mutilazione fisica[13]. Tuttavia su questo specifico punto la revisione moderna ha evidenziato che moltissimi popoli sotto il dominio romano, nell'area nordafricana e mediorientale, la praticavano senza divieti e che quindi appare singolare un divieto specifico; uno studioso, Peter Schäfer, ribadisce che non vi sono mai state prove per affermare una simile ipotesi proibizionista[14][15][16]. Nel 132 divampò la terza guerra giudaica, con i ribelli comandati da Simon Bar Kochba (Simone figlio della stella). Le perdite dei Romani furono tanto pesanti che nel rapporto di Adriano al Senato fu omessa l'abituale formula "Io e il mio esercito stiamo bene". Necessitò di ben 12 legioni per sopprimere la rivolta, ossia circa 5/6 di tutta la forza militare dell'Impero: fu la sola volta in cui il Senato rinuncia a trionfare il ritorno dell'Imperatore dopo una vittoria militare[17]. Nonostante le perdite subite, nel 135 Adriano riuscirà a distruggere la città fortificata di Bétar e soffocare la ribellione devastando la Giudea (580 000 ebrei rimasero uccisi, 1,5 milioni deportati al Mercato degli Schiavi di Adriano a Gaza, 50 città fortificate e 985 villaggi furono distrutti), Adriano tentò di sradicare l'Ebraismo considerandolo la causa delle continue ribellioni. Proibì di seguire la legge ebraica, di attenersi al calendario ebraico e mise a morte gli studiosi della Torah (il martirio). I "Rotoli sacri" delle scritture furono formalmente e solennemente bruciati sul Monte del Tempio. Nel tentativo di cancellare la memoria stessa della Giudea, rinominò la provincia Syria Palaestina (dal nome dei loro antichi nemici, i Filistei, dall'ebraico "Philistim" פְּלִשְׁתִּים che significa "invasori") e agli ebrei da quel momento in poi fu fatto divieto di entrare nella capitale riconsacrata al paganesimo. Più tardi si permise loro di piangere la loro umiliazione una volta all'anno a Tisha B'Av. Era evidente che l'impero non poteva permettersi di mantenere in vita un potenziale focolaio di ribellione in un'area così delicata, soprattutto in considerazione della presenza di comunità ebraiche in molti paesi al di fuori della Giudea derivante dalla diaspora avvenuta in seguito ai fatti del 70. Quando le fonti ebraiche parlano di Adriano è sempre con l'epitaffio "possano essere le sue ossa frantumate" (שחיק עצמות o שחיק טמיא, nell'equivalente aramaico), espressione mai usata neppure nei confronti di Vespasiano o del figlio Tito che avevano fatto distruggere il Secondo Tempio. Adriano morì nella sua residenza di Baia di edema polmonare, a 62 anni come il predecessore Traiano. Cassio Dione Cocceiano riporta in un brano della "Storia romana": «Dopo la morte di Adriano gli fu eretto un enorme monumento equestre che lo rappresentava su una quadriga. Era così grande che un uomo di alta statura avrebbe potuto camminare in un occhio dei cavalli, ma, a causa dell'altezza esagerata del basamento, i passanti avevano l'impressione che i cavalli ed Adriano fossero molto piccoli.» In realtà non è certo che il monumento funebre sia stato iniziato dopo la morte dell'imperatore e molto probabilmente fu iniziato da Adriano nel 135 e, dopo la morte, terminato dal successore, adottato ufficialmente prima di morire, Antonino Pio. La struttura fu, nei secoli, trasformata ripetutamente e oggi è uno dei monumenti più famosi di Roma: Castel Sant'Angelo, il quale è infatti anche denominato Mole Adriana. Esistono teorie secondo cui il sarcofago in porfido dell'imperatore (in particolare il coperchio) sia stato riutilizzato come vasca del fonte battesimale di San Pietro in Vaticano. (Fonte Wikipedia)2 punti
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Vuoi proprio andare ad impelagarti in situazioni di lana caprina...?2 punti
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Ciao Rocco @Rocco68 moneta veramente meravigliosa come sempre! Posto la mia ( ex Inasta ) molto più modesta per confrontare i conii, che molte volte forniscono delle informazioni preziose. Saluti a Tutti,2 punti
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Questo viene dall'asta Varesi 64 del 2014,lo reputo già eccezionale in questa conservazione...2 punti
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Tornando alle banconote, posto qui un pezzo che già tempo fa ho avuto occasione di presentarlo al forum. Questo però, è un pezzo particolare: fu recuperato dalla borsetta di una mia zia (poco più che trentenne) deceduta sotto le macerie di un rifugio antiaereo durante un bombardamento a Brescia nel 1944...2 punti
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2001 Italia - l'ultima 10 lire a 50 anni dalla sua nascita Per me che le ho realmente usate per la spendita negli anni '70 è impressionante vederla con questa data.2 punti
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@Josh81 Capisco e in parte condivido il tuo punto di vista ma bisogna tener presente che abbiamo tutti sensibilità diverse. Su alcuni temi delicati forse il forum non è lo strumento più adatto per portare avanti discussioni. Su religione e politica in particolare è quasi scontato il flame. Per questo abbiamo messo delle regole che invitano ad evitare alcuni temi più delicati.2 punti
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Innocenzo XII (1691-1700), QUADRUPLA (Munt 1): al R/ la fontana della piazza di Santa Maria in Trastevere. La fontana della piazza di Santa Maria in Trastevere è una delle più antiche fontane di Roma. Si ha notizia fin dal 1450, quando, per volontà di papa Niccolò V, in occasione del Giubileo risulta l'edificazione di una vasca quadrata, posta su gradini, al centro della quale, su un piedistallo con balaustri, erano due catini circolari di diversa dimensione. Tra il 1496 e il 1501 il primo restauro, ad opera, forse, del Bramante, che aggiunse al catino superstite degli ornamenti a forma di testa di lupo dalle cui fauci l'acqua cadeva nella vasca di base. Alla fine dello stesso XVI secolo si pone un successivo intervento di Giovanni Fontana, che fu talmente radicale da rappresentare, convenzionalmente, la data di edificazione dell'attuale fontana di piazza Santa Maria in Trastevere. Cambiò infatti, tra l'altro, la forma della vasca basale da quadrata ad ottagonale. Un successivo intervento, del 1694, porta la firma di Carlo Fontana, che ampliò la capienza della vasca, realizzandola in travertino, e si concentrò sull'ornamentazione delle quattro grosse conchiglie erette (e voltate stavolta verso l'interno della vasca) da cui far uscire l'acqua, in sostituzione delle precedenti, più piccole. Si può ben notare come questa straordinaria quadrupla faccia vedere dall'incisione di Pier Paolo Borner, proprio il particolare delle quattro grandi conchiglie girate verso l'interno. La legenda DAT OMNIBVS AFFLVENTER significa "(Il Signore) dà a tutti in abbondanza". Ecco la moneta e nella prima stampa del 1680 (quindi antecedente al restauro di Carlo Fontana) si vedono le conchiglie girate all'esterno, mentre nella seguente incisione del 1875, le conchiglie sono all'interno come nella quadrupla. Per stasera, mi fermo qua! Michele2 punti
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Ciao, leggendo di tentazioni mi permetto di mostrarvi la mia ultima tentazione agostana. Come sempre più spesso ultimamente, al di sopra delle mie possibilità (come tutte le vere tentazioni del resto) ma l'ho presa lo stesso, era un po' che la sognavo...2 punti
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Ho aggiunto al mio giudizio sulla tua moneta una considerazione sul deplorevole andazzo che riguarda non solo monete antiche. Nel tuo caso non è successo ma, ripeto, dei pseudo esperti, e ti assicuro che qui ce ne sono, si sentono in dovere di dire la loro anche se "non è il loro campo". Così facendo mettono la proverbiale zecca ( siamo un forum di numismatica e non abbiamo le pulci ma le zecche) del dubbio nel nuovo collezionista. Tanto per riderci su ho recuperato un poema epico postato da qualcuno molti anni fa : S'ode a destra uno strillo : ma è falsa a sinistra rispondono : è bbuona ! Poi nessuna opinione è prevalsa E s’inizia una gran maratona. C’è chi nota la bolla del fuso Chi ritien che sia solo sporcizia, un difetto causato dall’uso e s’invoca una bella perizia. Ora un altro s'avanza spiegando che si è fatta una gran confusione che da foto soltanto osservando non si può ricavarne opinione Per intanto si spargono accuse D’arroganza e di scarso saper Di postare le tesi più astruse E di imporre lo proprio voler. Ecco appare un drappello schierato; ecco un altro che incontro gli vien. E il discorso non più moderato Viene chiuso per fare del ben.2 punti
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La conquista Talebana di Kabul, avvenuta ieri 15 agosto, è un evento che mi colpito più di quanto avrei immaginato. Nel 2001, a 18 anni, giravo in bici con un mio caro amico parlando di politica internazionale. Entrambi, con rara saggezza, ci eravamo detti che la conquista dell'Afghanistan non sarebbe andata a buon fine e che la via dell'esportazione della democrazia in giro per il mondo avrebbe portato frutti piuttosto amari. Non pensavo che la fine di questa storia sarebbe venuta 20 anni dopo, quando in bici non vado più oramai da tempo a causa di lavoro, famiglia e problemi vari. In realtà, la triste evoluzione degli eventi è qualcosa che era già nell'aria (anche se non queste modalità) dall'esito degli incontri di Doha del febbraio 2020 tra una delegazione di Talebani e una del governo USA. Ai negoziati riguardanti il futuro dell'Afghanistan non venne invitata nessuna delegazione del governo ELETTO Afghano. Gli accordi legittimarono politicamente, per la prima volta, il movimento politico Talebano. In seguito agli accordi, I Talebani hanno ottenuto il ritiro delle truppe USA, impegnandosi in cambio a rompere con al-Qaeda e a iniziare un non meglio precisato dialogo diplomatico con i politici afghani al fine di arrivare, eventualmente, al silenzio delle armi. Gli accordi hanno previsto anche il rilascio di 5.000 detenuti Talebani in cambio dei 1.000 prigionieri governativi, uno scambio previsto dall’accordo di Doha tra Usa e Talebani, di cui però, è opportuno ripeterlo, il governo di Kabul non è stato firmatario. In altre parole il governo Afghano ha dovuto definire la propria politica interna in base a negoziati in cui non ha preso parte. Gli accordi, oltre a delegittimare ed indebolire il governo Afghano, non hanno minimamente ipotizzato un disarmo dei talebani, creando alla base un vulnus sul futuro dell'Afghanistan. Inoltre, tutto ciò che riguardava futuri accordi di pace per l'Afghanistan è rimasto totalmente e probabilmente volutamente vago, poco più di qualche foglio di carta teso a dimostrare che formalmente gli USA non abbandonavano il governo Afghano. E tutto questo, per chi viveva in Afghanistan, è ed era chiaro Le scelte, l'approccio e le decisioni USA condannavano inequivocabilmente l'Afghanistan a finire in mano ai Talebani appena finita l'occupazione USA. Da questo punto di vista, riesco anche a capire anche i ragazzi dell'esercito regolare che non se la sono sentiti di combattere (e possibilmente morire) per un governo che hanno visto come delegittimato sia all'interno che all'esterno, e la cui fine era sentita come una mera questione di tempo. Quanto avvenuto a Doha è scandalosamente simile a quanto avvenne con gli accordi di Parigi, che posero fine alla guerra del Vietnam. In quel caso gli accordi furono tra USA e vietcong, e posero le basi per la fine del Vietnam del Sud (in quel caso però si ebbe il buon senso di invitare a Parigi i delegati del Vietnam del sud). Chi esce sconfitto di questo conflitto? Sicuramente i morti e i feriti, che non sono serviti a nulla e non hanno cambiato nulla. Sicuramente l'Afghanistan, che in 40 anni è passato dalla guerra civile, ad un governo fantoccio sotto controllo straniero (per 10 anni Sovietico e per 20 anni americano ) ed ora ad un emirato gestito dalla componente più arretrata del paese. Sicuramente i paesi Nato non USA, che tanto per cambiare si trovano a seguire le decisioni USA in maniera acritica e a cui, da un punto di vista brutalmente politico, l'occupazione dell'Afghanistan ha comportato principalmente spese e morti. Chi ha vinto: Sicuramente i Talebani: L'occupazione straniera li ha rafforzati e resi l'unica forza legittimamente in grado di gestire la politica Afghana nei prossimi anni se non decenni. Purtroppo la componente politica e sociale Afghana più progressista è stata spazzata via da 40 anni di guerre o delegittimata nel profondo negli ultimi anni e farà fatica a riemergere. Quando si combatte per 40 anni, generalmente alla fine della storia ci saranno più uomini con un fucile che uomini con un libro in mano. Anzi, quelli col libro sono scappati via da un bel po'. Gli Stati Uniti (forse): hanno occupato per 20 anni una nazione, facendosi seguire da una coalizione internazionale che non si capisce bene che interessi aveva a stare là. Dopo 20 anni in cui hanno gestito l'Afghanistan come un protettorato, si sono ritirati lasciando l'Afghanistan in condizioni non troppo dissimili da come l'avevano trovato, e salutato con la manina la coalizione internazionale, che si è dovuta quindi ritirare anch'essa in fretta e furia. I talebani potranno fondare il loro stato islamico e in cambio non fomenteranno il fondamentalismo islamico fuori dalle nazioni islamiche (e per qualche anno ritengo lo faranno veramente). Agli USA ciò va' più che bene. E' probabile che vari ulteriori aspetti della vicenda verranno alla luce solo col tempo. La real politique è veramente una brutta cosa. Mi spiace molto per i cittadini dell'Afghanistan, che ne sono stati una vittima. Il motivo per cui ho scritto questo post è il desiderio di dialogo, con gli amici del forum, riguardo alle motivazioni geopolitiche dietro tutto quello che è successo. Perché tutto ciò secondo voi?1 punto
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Avete infatti ragione entrambi,senza scandali e senza meraviglia. Quel che.ho sempre sostenuto è che ognuno ha la propria testa e il proprio modo di ragionare. Chi si accontenta,chi va per " l' ultima spiaggia", chi è tassativo e rigoroso, chi si mette dei budget come paletti e ciò che ne consegue.1 punto
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Ottimo spunto di discussione. Col post che ho quotato ti sei praticamente risposto da solo. Gli USA sono entrati in Afghanistan proprio per verificare la possibilità di formare un governo stabile filo-occidentale a protettorato USA, ma dopo anni di tentativi hanno capito che l'impresa è impossibile: l'Afghanistan è troppo arretrato, troppo instabile e troppo fragile per poter costituire non solo uno stato filo-occidentale ma anche solo uno stato serio. Come altrove la tradizione tribale del paese è ancora troppo viva e determinante per gli equilibri interni perchè chiunque possa mettere in piedi un paese con un futuro di relativa normalità. Come se non bastasse fra i paesi confinanti il Pakistan pensa di avere molto da guadagnare dall'avvento al potere dei talebani e ne è uno dei principali sostenitori. Inoltre l'Afghanistan dipende in gran parte da aiuti esterni e strangolarlo economicamente è facile, in quanto la produzione di oppio da sola non basta a tenere in piedi tutto il paese. E' vero, per gli USA l'Afghanistan non è strategicamente indispensabile, non è necessario "morire per l'Afghanistan": la soluzione ideale era di aspettare il momento giusto per mollare il paese in mano ai talebani, ovvero a fazioni di psycho-fanatici che si spartiscono il territorio, spesso combattendo fra di loro per i proventi delle attività criminali con cui in parte si finanziano (droga, schiave ecc.), e quando non lo fanno mettono in piedi regimi che nel migliore dei casi incentivano il casino totale in cui versano i territori controllati da loro. Ovviamente i talebani cercheranno di farsi riconoscere internazionalmente come governo legittimo (ne hanno bisogno per sopravvivere, per questo fanno i moderati e fingono di avere forse un pochino a cuore i diritti della gente) e di dare un apparente assetto unitario all'Afghanistan... ma prima o poi cominceranno a guardarsi attorno. Alcune fazioni "ribelli," come i i tagiki del Panjshir, hanno già fatto capire che loro di governo talebano non ne vogliono sapere e non mi stupirei se scoppiasse già a breve termine una guerra civile. Sui tuoi punti: 1) Esatto, ma devono stare molto attenti perchè non conoscono bene le dinamiche dell'aera medio-orientale e in generale islamica. 2) Anche questi altri dovranno stare attenti: purtroppo per loro niente più americani & alleati NATO a perdere vite e soldi in quel "buco nero", ma ricordano ancora bene che grana gli hanno piantato i ceceni, e anche di quando in Afghanistan ci stavano loro. 5) Parole sante, le tue. L'Europa come sempre conta poco e niente perchè è più comodo stare tutti "sovrani" ad abbaiare: a dirigere il mondo ci pensano gli altri. Basta rimanere attaccati alla gonnella di mamma USA e fare i bravi bambini, poi possiamo abbaiare quanto vogliamo. Ormai siamo abituati a pensarla così, pur senza ammetterlo apertamente, e solo un miracolo ci potrà salvare. Alle tue considerazioni aggiungerei: 6) Il Pakistan si sfrega le mani, tutto è andato come voleva, ma anche questo paese deve stare attento a impedire che l'instabilità afghana si trasmetta oltreconfine, il che non sarà semplice anche considerandosi grandi amiconi dei taliban. Lo stesso Pakistan ha delle zone tribali al confine con l'Afghanistan che di fatto sono quasi indipendenti. 7) In qualche modo la faccenda interessa anche la Turchia, i cui fanatici integralisti non vedono l'ora d'iniziare una proficua collaborazione col nuovo Afghanistan.1 punto
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@Nibbi La realtà è che le falsificazioni del New York Hoard delle dracme di Apollonia Pontica appaiono regolarmente sul mercato come monete autentiche, in particolare attraverso eBay, ma anche alle mostre di monete locali e nazionali e attraverso le aste delle più rispettate case d'asta di monete antiche del mondo, dove a volte, ma non sempre, vengono ritirate prima della chiusura dell'asta. Ciò ha reso l'acquisto di un esemplare autentico di queste interessanti monete una sorta di sfida. Come dimostra la storia della mia dramma in https://www.lamoneta.it/topic/200734-%E2%80%9Capollonie%E2%80%9D-di-apollonia-autentiche-o-false/, le più recenti contraffazioni del New York Hoard (come pure le vecchie contraffazioni del Black Sea Hoard) provengono dallo stesso laboratorio in Bulgaria al quale Ilya Prokopov e Rumen Manov danno il nome in codice "Varna-1" nel loro libro del 2005 Counterfeit Studios and Their Coins. In un libro precedente, il 2003 Modern Counterfeits and Replicas of Ancient Greek and Roman Coins from Bulgaria, Prokopov, et al. danno a questo laboratorio il nome in codice "Eugeni - Varna-1." Questa officina è molto probabilmente la stessa del "Lipanoff Studio", anch'essa citata in letteratura come laboratorio di produzione di copie di monete in Bulgaria. Puoi prendere visione di esemplari di Apollonia pontica falsi nelle pagine 1 e 2 di https://www.forumancientcoins.com/fakes/thumbnails.php?search=apollonia+pontika&submit=&album=search&title=on&newer_than=&caption=on&older_than=&keywords=on&type=AND Concludo con questo lotto di dramme battuto alla Gorny & Mosch 191 dell’ottobre 2010 Apollonia Pontika, Drachmen, 4. Jh. v. Chr. Bitte besichtigen. Keine Reklamation, keine Rücknahme. Please inspect the lot. Bought as seen - no refund. 37 Stück! Ss. Bitte besichtigen! Keine Reklamation, keine Rücknahme, kein Umtausch. Estimate: EUR 500. La didascalia avvisa il collezionista a ispezionare con attenzione il lotto perché non sono ammessi né reclami né la restituzione. La stima è di 13,5 euro al pezzo, che con l’aggiudicazione del lotto a EUR 750 ha raggiunto circa 20 euro. Ci può stare, considerato anche il “rischio” di trovare una dramma… autentica!1 punto
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Buongiorno Gianfranco @gpittini sì, sono oboli del Norico del tipo Gurina/Magdalensberg, originariamente è stato denominato del tipo Gurina , poi Gobl nel suo lavoro lo ha chiamato del tipo Magdalensberg, poiché ipotizzava la zecca di coniazione nell' insediamento omonimo a seguito dei cospicui rinvenimenti in tale zona. In realtà non c' è alcuna prova in tal senso. Tale moneta si ipotizza che derivi da un'imitazione dell'obolo a croce massaliota o dalle monete Tectosages o di Rhode (ora Rosas) in Spagna. Periodo di coniazione forse ultimo terzo del I sec AC. L'ipotetico dritto non è leggibile, spesso è presente una simil bombatura o anche semplicemente tracce di goffratura, se non addirittura liscio. Al rovescio una croce con 5 globetti disposti a croce. Si differenzia in particolare dal tipo Eis (che al rovescio ha anch'esso una disposizione a croce molto simile) in quanto in quest'ultimo sul dritto è ben visibile una testa maschile. Sull'argomento sono disponibili in rete liberamente diversi lavori di Peter Kos (purtroppo anche in tedesco). Allego per comodità la tabella del Gobl sulla catalogazione dei vari tipi Magdalensberg, non è molto semplice differenziarli anche perchè alcuni tipi del Gobl sono in effetti molto simili, quelli da te postati a prima vista potrebbero rientrare: 1) IA - poi se c) o d) diventa complicato. 2) II - d) ma forse anche h) 3) direi II - h) Poi magari con la tabella e le monete sottomano potrai fare una valutazione più precisa. Alberto1 punto
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Complimenti , se originali si tratta di stampe giapponesi del periodo Edo , metà '800 direi , forse Hiroshige III . Sono fuori sede per vedere il catalogo... Vedere anche le altre ,please ?1 punto
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Tuttavia il tesoro ritrovato corrisponde solo alla prima parte della vendita (datazione più recente di quelle monete: 1449) e non c'entra nulla con le oselle del Sei- Settecento, di molto successive. Grazie comunque per la segnalazione!1 punto
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Caro Michele post eccellente. Il binomio Papi-Architettura ( anzi direi quasi la simbiosi) e’ uno dei piu’ affascinanti d interessanti culturalmente. Dal 1400 in avanti ( dal rientro dalla cattività Avignonese) quasi tutti i Papi hanno fatto a gara per abbellire la città eterna regalandole palazzi, porti, fontane, monumenti, sistemando obelischi, piazze, mura e naturalmente moltiplicandone le Chiese. ad ogni aggiunta / opera / monumento seguiva una celebrazione in moneta o - piu’ spesso - in medaglia. All’epoca i giornali e telegiornali non esistevano , la celebrazione di quanto avveniva - per farlo conoscere a chi di dovere ma anche al Popolo - avveniva nel regno dei Papi attraverso monete e medaglie. nessun’altra serie - che io sappia - è cosi ricca di rappresentazioni di monumenti , edifici , opere architettoniche quanto quella dei Papi. Forse anche perche’ nessun altra città Stato ha potuto godere del la ricchezza di opere che hanno lasciato i Papi a Roma. Opere di cui non solo godiamo ancora oggi ma che vengono tuttora utilizzate come uffici e sedi operative o di rappresentanza o sedi museali ancora oggi. pensiamo al palazzo drl Quirinale, alla Consulta, lo stesso Montecitorio ( ex Cura Innocenziana), all’ospedale s. Spirito, etc senza menzionare gli straordinari palazzi costruiti dai papi per le loro famiglie… oggi in parte ancora privati e in parte pubblici e visitabili. Ottimo poi l’abbinamento che hai fatto con la grafica storica. Dalle prime, semplici, rappresentazioni del Vasi, Fontana, le piante del Nolli e del Falda, ma soprattutto ritroviamo una perfetta similitudine tra le opere papaline e le loro rappresentazioni nelle magnifiche tavole del Piranesi, nel 1700, e di Luigi Rossini nel 1800. Un’evoluzione tea la visione ancora neo-classicista del Piranesi che sfocerà in quella romantica del Rossini che sono i due maggiori artisti che hanno descritto Roma nelle sue eta’ migliori. infine un ‘indicazione bibliográfica per chi vuole approfondire il tema. Sulle monete come ci ha mostrato Micheld troviamo molte bellissime rappresentazioni di quanto fatto dai papi, ma è soprattutto sulle medaglie che abbiamo il maggior numero di opere rappresentate ed a loro è dedicato questo volume di G Alteri, ex direttore drl Gabinetto numismatico vaticano, pubblicata nel 2014: “Aurea Roma: la storia urbanistica di Roma attraverso le medaglie papali“ un volume sontuoso ( purtroppo anche assai caro) che illustra il patrimonio iconografico delle opere realizzate dai papi riprodotte sulle loro medaglie.1 punto
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Da collezionista per lo più cartamonetaio Ho pochi orrori. Perché da subito ho comprato in alta conservazione evitando le basse conservazioni. Certo è, che quando qualcuno in passato mi ha regalato qualcosa ho sempre accettato volentieri. Qui di seguito una 50 lire lupa. ( forse la prima banconota che mi fu regalata da ragazzino ad un mercatino oltre 15 anni fa ). L’ho sempre tenuta con cura. Anzi, diciamo che le ho dato un degno e meritato riposo negli ultimi 15 anni dopo una vita super travagliata. La banconota nonostante tutto si presenta molto appiattita, cosa che con l’esperienza di ora mi fa propendere che abbia ricevuto un’ampia stiratura e magari anche lavaggio (a che pro? Visto le condizioni ?) ultima curiosità , mi manca ancora in collezione questa tipologia, questa, per ovvi motivi di conservazione non l’ho mai considerata parte della Mia collezione ?1 punto
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Grazie a tutti per gli interventi. Terrò presente i consigli (quando mi tornerà il coraggio)1 punto
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Il problema nasce dalla "generosità" finta di alcuni che pretendono e vogliono obbligare gli altri ad adeguarsi alla loro visione del mondo: ad esempio con l'immigrazione ci sono quelli che dicono che bisogna fare entrare tutti, e poi che bisogna ridistribuirli. Ma se tu Stato X vuoi gli immigrati (cosa ammirevole sulla carta) perché non li vai a prendere direttamente senza fargli fare dei viaggi mortali e te li porti a casa? Ma perché pretendi che anche gli altri se li dovrebbero prendere? Poi diciamocela tutta, il problema è che non siamo capaci di rimpatriare quelli irregolari che non hanno diritto all'asilo e poi vorremmo che altri se li portassero a casa! Certamente è brutta tutta la vicenda ma la realtà è questa. Mi domando i Paesi musulmani "ricchi" perché non hanno voglia di prendersi una fetta di immigrati ? Eppure hanno molte più cose in comune fra loro che con noi, quindi una loro eventuale integrazione sarebbe anche molto più semplice..... L'UE per sopravvivere dovrà per forza di cose modificare il proprio assetto istituzionale ed i suoi progetti, rimodulandoli su forme e progetti più semplici e condivisibili, permettendo di lasciare liberi tutti di decidere sulle politiche riguardanti i diritti civili, famiglia, immigrazione, .... L'attuale assetto è troppo farraginoso, complicato, ed invasivo.1 punto
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Salve, scusate per l'intromissione è permettetemi il giudizio. E una moneta coniata, genuina e anche se ci fosse una limatura, sicuramente non è dovuta a fusione. Osservate l'occhio e le labbra al dritto, e il viso al rovescio, particolari del genere non si possono riprodurre. Scusate ancora e Buona serata1 punto
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Lo scritto di cui sopra che non è un articolo, peraltro redatto da un amico, mi lascia molto perplesso. Anche se si fanno congetture e ipotesi, comunque in sostanza, bisogna tenere un linea e non cambiarla in base alla moneta che si ha davanti. In definitiva questi controlli vi erano p non vi erano ? Infatti a riguardo ai metodi "truffaldini" operati in zecca e soprattutto con Ferdinando IV che curava di persona i metodi e la produzione, cioè era attentissimo a dare direttive alla zecca, escludo tassativamente che ciò accadesse. Questa non è una mia opinione ma un dato di fatto anche documentato. Quello che oggi, con più occhio e attenzione osserviamo e qualcuno si pone domande, fu tutto regolamentato con Ordini Reali e Prammatiche...ovviamente ci sono delle eccezioni che vediamo, che non rientrano in questi Ordini, ma queste sono accadute al di fuori dei locali della zecca. Quindi ci sono dei distinguo.1 punto
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Ciao, come il 99% degli scudi di Vitt.Em.II Re di Sardegna, l'usura è maggiore al D/ . Si apprezza principalmente nei capelli, nei baffi e nella barba. In questo caso ( consideriamo anche i segnetti sui fondi ) a mio modesto parere è un BB. Migliore è il R/ , pertanto concordo con quanti l'hanno considerata complessivamente BB/BB+. Saluti a Tutti1 punto
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Ciao Rocco, @Rocco68 queste le due foto del taglio che ho scattato. Non so se sia originale, tosato o ricostruito. Dimmi cosa ne pensi, grazie1 punto
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Saluti a tutti, Ritorno alla monetazione di Ferdinando IV. Piastra 1800 piuttosto rara e quindi scusate la conservazione, ma mi devo accontentare. Ex Asta Artemide, già descritta con peso calante ( g. 26,89 ). La causa potrebbe essere una lieve tosatura del taglio oppure una delle tante "variabili" delle Piastre. Mi piacerebbe sapere la vostra opinione. Ciao1 punto
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È una forma di collezionismo: c'è chi colleziona tappi di bottiglia, chi schede telefoniche, chi tarocchi, ecc. Certo, non rientra nel collezionismo di banconote che sono un'altra cosa ed un numismatico può storcere il naso. Il mio modestissimo parere è che il rischio che sia un fuoco di paglia è altissimo, è successo coi miniassegni che, pur non essendo stampati su cartamoneta e dalla zecca, avevano dalla loro l'aver circolato e vantare una storia da moneta d'emergenza. Questi "0 euro" hanno dalla loro carta pregiata e - per chi le apprezza - delle immagini accattivanti, nulla più. Consiglio, da semplice numismatico, se proprio si desidera raccoglierli, di non impegnarsi se non con acquisti a cifre mooolto contenute.1 punto
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Buonasera. Il mio consiglio è di non spendere cifre troppo importanti su monetazioni moderne. Collezionare euro può essere una bella collezione per chi inizia ad avvicinarsi alla numismatica però, almeno secondo me cercando nelle monete di tutti i giorni e non spendendo cifre importanti. Saluti.1 punto
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Dato che ci troviamo al punto di non ritorno, mi piacerebbe sapere se esiste una "competenza territoriale" sulla numismatica, anche non scritta, diversamente faccio grande fatica a capire e ad accettare il perché una nuova pubblicazione (scientifica o specialistica che sia) sulla zecca di Napoli o semplicemente affine viene accolta con il lancio delle pummarole o, per i più fortunati, con ogni sorta di pregiudizio inquisitorio mentre per quelle firmate da autori locali o limitrofi partono i carri trionfali, tanto per fare onore agli antichi fasti di una città e di un popolo davvero unici e che ho imparato ad amare anche da turista. Questo teatrino (o caccia alle streghe? fate voi !) può essere interrotto o moderato da chi di dovere oppure la gente con un pizzico di buon senso, tra le quali ci sono anche persone che hanno approcci e tesi differenti sugli aspetti numismatici napoletani, deve abbandonare la piazza ? Grazie e buona serata1 punto
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Caro @, lei stesso si è definito "antipatico e rompino" e questo credo chiuda qualsiasi discorso. Non voglio essere trascinato in sterili polemiche che non fanno parte del mio modo di essere e di fare. Non mi rimane ancora una volta che constatare che c'è chi, dietro l'anonimato, si diverte a punzecchiare chi osa scrivere sulla monetazione del nostro Sud (con la maiuscola) senza appartenere ad una determinata schiera di "eletti", contribuendo ancora una volta, con il suo modo di fare, a far sì che il Sud numismatico diventi il Sud della numismatica. Lei parla di prossimo confronto... con queste basi? Con la sua obiettività? Mi creda ho di meglio da fare :). Mi permetto solo di sottolineare il pensiero di zecche del sud e cioè che ancora una volta si è persa l'occasione di fare cultura attraverso il forum ed aggiungerei anche che si è persa la possibilità di un sano e civile confronto ma a questo ormai sul forum siamo abituati. Le auguro una buona serata ed una lunga permanenza sul forum. Se Sigmud Freud avesse analizzato i numismatici, avrebbe cambiato lavoro.1 punto
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Guardando la copertina, mi sarei fermato di più sullo stemma di Carlo III di Durazzo e alla possibilità di ammirarlo dal vivo, insieme ad altre splendide miniature, nel Codice di Santa Marta. Che peccato, ancora una volta si è persa l'occasione di fare cultura attraverso il Forum.1 punto
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Ottima osservazione @ ma in questo caso, come dovresti sapere, l'aggettivo è parte integrante della denominazione geografica e come tale va, secondo le norme della lingua italiana, scritto con la maiuscola. Credo sia possibile verificarlo anche su un comune vocabolario di lingua italiana. Una locuzione latina recita: "errare humanum est, perseverare autem diabolicum", che significa che errare è umano ma perseverare è diabolico.1 punto
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