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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 06/11/20 in tutte le aree
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È indubbiamente una bella medaglia, il mercato per queste medaglie è però molto di nicchia, bisogna trovare il collezionista giusto..., di conseguenza se trovassi qualcuno che ti offre 40-50 euro, ti consiglio di dargliela subito.3 punti
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Per gli amatori, aggiungo l'abstract: Abstract: This study documents the minting of the carlino outside the mint of Naples but into the Kingdom, at the time of Robert the Wise, offering a further contribution to the cataloging of the immobilized robertini. In addition, it contains an anticipation of the modalities through which the Florentine bankers minted coins in the Kingdom of Naples. Riassunto: Questo studio documenta la coniazione del carlino al di fuori della zecca di Napoli e nell’ambito del Regno, al tempo di Roberto d’Angiò, offrendo un ulteriore contributo alla catalogazione dei robertini immobilizzati. Inoltre, contiene un’anticipazione delle modalità attraverso le quali i banchieri fiorentini battevano moneta nel Regno di Napoli.3 punti
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Carissimi tutti, Apro questa discussione per mostrarvi un recente acquisto: si tratta di gettone Olandese del 1603. Il gettone è descritto da Maurice Cammarano nel suo lavoro sulla Storia degli Spinola in Fiandra nei gettoni olandesi del XVII secolo: 1603: Editto dell'Arciduca Alberto per far rientrare i fuoriusciti Olandesi A seguito di alcuni episodi di ferocia inaudita effettuati da ambedue parti, l'Arciduca emise un editto che garantiva ai fuoriusciti Olandesi, rientrati sotto la bandiera spagnola, la restituzione del loro rango e delle loro proprietà purchè rinunciassero ad alienare i loro beni. Gli Stati Generali fecero emettere il seguente gettone satirico, per deridere la finta clemenza dell'Arciduca o forse per il mancato rispetto dell'editto stesso. D/ ALIVD IN LINGVA ALIVD IN PECTORE, Un gallo su un albero, sotto una volpe R/ IN ADVERSIS VIRTVS 1603, La piazzaforte di Ostenda3 punti
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Elagabalo, imperatore e nipote di quella nonna tanto devota alla Pudicitia, era uomo di grande delicatezza d'animo, tanto da amare alla follia non solo l'impero e i suoi due amanti, ma cosa? I fiori. Già, sembrerà strano a molti, specie a quelli di noi non troppo amanti della pittura, che l'imperatore prediligesse le rose. In un suo famoso dipinto, il grande pittore olandese Sir Lawrence Alma-Tadema volle trasferire su tela, con i suoi magici oli, la rappresentazione di una scena inverosimile, tanta è la meraviglia cromatica che è capace di sprigionare: "The Roses of Elagabalus", ovvero "Le Rose di Elagabalo". Tanti, tantissimi fiori cascanti su un banchetto, ma tanti da non poter capire, ad uno sguardo sprovveduto, cosa stia succedendo. Sir Lawrence Alma-Tadema (1836-1912), "The Roses of Elagabalus", 1888 Rosei e leggeri, i petali cadono come farfalle su splendide donne e giovani romani incoronati di serti di lauro, mollemente sdraiati sui triclini. Più in alto, una suonatrice di flauti intona melodie; in un braciere bruciano incensi profumati; in secondo piano l'imperatore con diadema d'oro contempla estasiato, o forse commosso, o forse divertito, la scena; accanto a lui la nonna Giulia Mesa, la madre Giulia Soemia, la moglie Annia Faustina, le donne di corte e un generale fedele, quello con il viso rubizzo e il bicchiere alzato, Publio Valerio Comazone Eutichiano, comandante della Legione Gallica, di stanza a Tiro; sulla destra, in basso con la tunica verde, il biondo Hierocle, amante dell'imperatore insieme all'altro, ma assente, il famoso Zotico, noto a Roma per la grandezza del suo membro. In fondo a tutto, una statua bronzea di Bacco. Il pittore di sua fantasia vi pone poi una fanciulla con qualcosa tra le mani, una melagrana: frutto di morte per i Romani, mangiato da Proserpina prima di scendere agli Inferi. Una nota dissonante in quella festa dei fiori? No. Se Alma-Tadema ci rappresenta quella festa a colori, lo storico Erodiano, contemporaneo dell'imperatore, ce ne tramanda il ricordo scritto. Un banchetto, insomma di questo si trattò, un delizioso convivio che però non aveva niente di romano, perché l'imperatore amava organizzare feste e banchetti sempre più sorprendenti e diversi, tali che dovessero ogni volta lasciare sorpresi gli amati ospiti. Gli ospiti di quella speciale festa delle rose restarono infatti molto molto stupiti, ma fino a un certo punto, oltre il quale tutto cambiò. Ci narra Erodiano: "Oppressit in tricliniis versatilibus parasitos suos violis et floribus, sic ut animam aliqui efflaverint, cum erepere ad summum non possent". In pratica Elagabalo "sommerse i suoi ospiti, sdraiati sul triclinio mobile, con viole e altri fiori, così che alcuni non riuscendo a liberarsi, morirono soffocati". Ecco come si svolsero i fatti: l'imperatore aveva fatto preparare in quella sala un falso soffitto, che reggeva una enorme quantità di petali di rosa, rose, viole e altri fiori profumati. A un certo punto il Velarium si staccò e in uno schiocco sordo una inverosimile cascata di petali e fiori inondò i convitati. La marea li coprì e li sommerse a tal punto che alcuni finirono all'Ade. Credo che quello insomma fu per Elagabalo un banchetto molto ben riuscito. - - - Erodiano, Historia Augusta, libro XXIX. "Passioni, Intrighi, Atrocità degli Imperatori Romani", F.Sampoli, Newton Compton Editori, 20073 punti
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hola; les dejo la dirección de mi blog, que trata sobre limpieza de monedas, felipes de busto y circulante de los Austrias. www.monedaslimpias.com Saludos3 punti
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Buongiorno, come acquirente lei potrà stare certamente tranquillo dal punto di vista della responsabilità penale. La moneta, invece, come detto, non potrà mai essere totalmente al riparo da rivendicazioni dello Stato. Non è da escludere, infatti, che in un secondo momento ne venga accertata una provenienza illecita. Unico dato certo è che nel momento in cui lei ha acquistato c’erano tutti gli elementi di fatto per ritenere che chiunque avrebbe potuto fare legittimo affidamento sulla bontà della provenienza (vista la natura del venditore e lo “storico” della moneta). Saluti3 punti
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Buongiorno a tutti, riflettevo sul dramma che molti hanno nel momento che realizzano che quello che hanno sempre ritenuto essere un tesoro si rivela tutt'altro. Qui sul Forum ne ho letto tante di discussioni in cui si chiedeva che valore ha, di cosa si tratta, che conservazione ha, per poi sentire l'amaro responso, che nella stragrande maggioranza dei casi è.. Patacca!!! Se va bene, riproduzione, gadget di una nota azienda dolciaria. Ecco vi siete mai calati nei panni di uno di noi che subisce un dramma del genere, credo che almeno una Patacca tutti l'abbiamo presa non solo, sono convinto che la conserviamo anche in raccolta, per carità lontano da quelle buone.. ? Intanto vi presento una delle mie, riconoscibilissima, per due motivi, primo perché rappresenta una moneta rarissima, e secondo perché porta la sigla R che da profondo ignorante in materia avevo attribuito alla zecca di Roma. Ovviamente tutto questo è successo quando ero completamente a digiuno di monetazione antica e pescandola in una ciotola al mercatino, avevo immaginato chissà quale tesoro. Ecco mi piacerebbe sentire le vostre esperienze al riguardo. Saluti Alberto2 punti
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1939 Cina - 5 Yuan Vi è raffigurato Sun Yat-sen (1866-1925) padre della rivoluzione cinese che portò alla fine delle dinastie imperiali.2 punti
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Mi ero scordato di aggiungere un'osservazione: per il fregio si ipotizza che sia un sacerdote etrusco quindi anche il bronzetto potrebbe esserlo ugualmente. Naturalmente sono solo congetture in attesa di qualche conferma esterna. Inoltre cosa interessante, ma non collegata direttamente (l'arco temporale è troppo ampio per poter avere qualche appiglio, in virtù dei cinque secoli di distanza), ho scoperto che nell'Italia centrale si era diffuso il culto di Iside e che i suoi sacerdoti erano soliti radersi il capo, come risulta anche da una testa in pietra di sacerdote isiaco proveniente proprio dall'Italia centrale, precisamente da Gubbio. Vi posto un articoletto su questo: "Uno scavo archeologico condotto in località Vittorina a Gubbio, nei primi anni ’80, sembra dimostrare la diffusione di culti orientali (in particolare di quello isiaco ) in questa zona impervia e montuosa del centro Italia, dove un tempo sorgeva l’antico centro umbro di Ikuvium, divenuto nel 82 a.C. municipio romano. Il ritrovamento di due interessanti reperti archeologici, riconducibili alla tradizione egizia e al culto di Iside, sono la prova che nell’entroterra dell’appennino umbromarchigiano vi furono devoti e sacerdoti di Iside fin dal II secolo d.C.. All’interno del museo civico locale si possono ammirare i due reperti: un bronzetto raffigurante il dio bambino Arpocrate (Horus), e una testa scolpita nel marmo risalente al 300 d.C., identificabile con un sacerdote di Iside grazie alla croce distintiva che risulta incisa sopra la tempia destra, a riprodurre la cicatrice a forma di tau semitica che i sacerdoti isiaci erano soliti procurarsi per motivi rituali. Come spesso purtroppo accade, vuoi per mancanza di fondi vuoi per mancanza di volontà, gli scavi archeologici, per quanto interessanti, non sempre conducono ad ulteriori ricerche. Ed è davvero un peccato, perché uno scavo come quello effettuato in località Vittorina, a sudest dell’abitato di Gubbio, ha riportato alla luce una necropoli di età imperiale in cui erano stati sepolti sia schiavi che liberti, ed ha permesso di scoprire che tra queste classi sociali che frequentavano l’Ikuvium romana era praticato il culto per la dea egizia Iside. Il primo aspetto interessante è che tutte le sepolture scoperte nella necropoli eugubina presentano lo stesso tipo di orientamento nordovest – sudest. Tutte, tranne una. La tomba classificata con il n. 117, databile tra il 112 e il 140 d.C., si differenzia infatti dalle altre perchè è l’unica ad essere orientata lungo la direttrice nordest – sudovest, cioè esattamente perpendicolare rispetto alle altre. Al momento dell’apertura della tomba a fossa, giaceva supino al suo interno lo scheletro di una devota di Iside, forse una sacerdotessa della dea, che al momento della morte poteva avere tra i 35 e i 45 anni. La testa della defunta era orientata verso nord-est e le sue braccia erano in posizione conserte. Nella mano sinistra la defunta teneva un piccolo sistro bronzeo, antico strumento musicale ad uso rituale che troviamo spesso rappresentato tra gli attributi di Iside. Accanto al sistro era visibile anche una strana macchia grigia all’altezza del ventre. Sempre al momento del ritrovamento, due unguentari di vetro erano collocati lungo il lato destro del corpo, vicino all’anca e accanto al ginocchio. Nella tomba vennero trovati anche due recipienti per unguenti, un bicchiere, un chiodo di ferro e un sesterzio di Traiano, che ha consentito peraltro di datare la sepoltura all’epoca traianea permettendo così di ipotizzare che nel corso del II secolo il culto di Iside si era già diffuso da Roma al territorio eugubino. La descrizione della tomba n. 117 rivela inoltre la presenza di interessanti tracce lasciate nel corso dell’ultimo rito funerario che fu riservato alla defunta: ai quattro angoli della sepoltura erano stati collocati quattro tymiatheria in ceramica, ovvero quattro incensieri ad uso rituale. Considerando l’orientamento nordest – sudovest della tomba, è evidente che gli incensieri si trovavano esattamente in corrispondenza dei quattro punti cardinali. Presso l’incensiere posto a nord della fossa c’era una lucerna a disco con tanto di bollo. Mentre l’incensiere posto all’angolo sud era provvisto di un frammento di bacino fittile su un lato, fissato verosimilmente per proteggere la fiamma dal vento che forse durante il rito funerario soffiava proprio da quel versante. Sorprendente è anche la presenza di alcune tracce di tessuto di lino nero, rinvenute al momento dello scavo in uno dei quattro incensieri. Analizzando il frammento di tessuto che si è conservato fino a noi, si è potuto notare che esso presenta ancora i resti di una cucitura servita ad unire due teli di lino nero. Torna in mente la famosa descrizione della dea che Apuleio fa nell’episodio de L’Asino d’Oro, laddove Iside appare a Lucio sotto queste sembianze: “Indossava una tunica di bisso leggero, dal colore cangiante, che andava dal bianco splendente al giallo del fiore di croco, al rosso acceso delle rose, ma quello che soprattutto confondeva il mio sguardo era la sopravveste, nerissima, dai cupi riflessi, che girandole intorno alla vita le risaliva su per il fianco destro fino alla spalla sinistra e, di qui, stretta da un nodo, le ricadeva sul davanti in un ampio drappeggio ondeggiante, agli orli graziosamente guarnito di frange” (L’asino d’Oro, XI, 3). L’autore descrive così il nerissimo mantello a frange della dea, caratterizzato tra i due seni dal cosiddetto nodo isiaco. Questo simbolo, derivato da un antico amuleto egizio detto tjt, aveva una funzione magica che assicurava, a chi lo indossava, protezione sia in vita che durante il viaggio nell’aldilà. Per creare il nodo isiaco si usavano gli angoli superiori di una stola, in modo tale da formare un cappio che doveva posizionarsi esattamente al centro del petto tra i due seni. Forse il simbolismo di questo nodo, in ambito funerario, rappresentava come i legami allacciati su questa terra non si sarebbero potuti sciogliere neanche nella vita ultraterrena che attendeva il defunto. Bibliografia di riferimento: M.CIPOLLONE, Necropoli in località Vittorina a Gubbio in Notizie degli scavi di Antichità Serie IX vol.XI-XII 2000-2001" http://www.evus.it/it/index.php/news/reportage/in-italia-sulle-tracce-di-iside/ PS: vi allego la foto della testa di sacerdote isiaco proveniente da Gubbio e quella del bronzetto raffigurante Arpocrate - Horus , ritrovato nella necripoli della Vittorina entrambe conservati nel museo civico di Gubbio2 punti
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Come ben noto ai loro collezionisti, prima delle schede molti dei nostri gettoni del telefono erano prodotti dalla ditta IPM (Industrie Politecniche Meridionali) di Arzano (NA) la quale propose in via sperimentale alla SIP il particolare sistema di scheda "a dot". Man mano che veniva usata i dot erano bruciati da un arco voltaico, che però a volte funzionava male e azzerava il credito. Anche se questa sfortunata tecnologia non ebbe seguito la IPM cercò di buttarsi ancora nel campo e produsse schede a chip per l'Italia (per la Albacom), proponendole anche a Cuba con una sperimentazione in una scuola militare. Ma ciò non bastò e questa storica ditta fallì nel 2013.2 punti
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@Der Kaiser, mi spiace trattarti male, ma vorrei aiutarti a rimettere i piedi per terra: il feticismo, in tutti i campi (numismatica compresa) è deleterio. La tua moneta, un 3 marchi dell'impero tedesco che commemora il secolo dalla nascita dell'università di Breslavia (Universitas Litterarum Vratislaviensis) è abbastanza facilmente reperibile sul mercato a costi molto abbordabili (per 59 Euro la si può trovare in vendita in condizioni, permettimi di dirlo, molto migliori della tua https://www.ma-shops.com/weller/item.php?id=15334&lang=it ). E allora, perchè rivolgersi ad un negoziante per asportare le tracce di colla (asportazione che, molto probabilmente, il negoziante farà nel suo retrobottega utilizzando straccio ed acetone, ma facendosi pagare come fosse un guru) invece che farlo da soli, seguendo i consigli già datiti (dati a te: si può utilizzare questa struttura verbale?), con la certezza (esperienza personale) che la moneta non ne avrà alcun danno? E' già BB, con l'acetone può solo migliorare. Capisco che, nel tuo entusiasmo, riterrai offensivi i consigli che sto dandoti, ma, santiddio, è solo un disco di argento! e già passato per centinaia di mani2 punti
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Sono stati proprio quei modi maldestri di tagliere/rifilare i Tondelli nel periodo 1636-37 a creare quello che oggi osserviamo su gran parte delle monete di quel periodo: cioè la non identificabilità della data posta sotto i busti delle monete. La forma quadrata assunta con la punta verso il basso (se posizioniamo la testa in verticale), ha determinato la non impressione della data.1 punto
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Questo centesimo olandese me lo ha rovinato un album in pvc di un noto marchio torinese, mio errore di gioventù che non ripeterò mai più.1 punto
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se aggiungi che è medioevale e quindi verosimilmente non è di scavo… rimane solo l'ipotesi di una sottrazione a una collezione pubblica… perché privata non basterebbe…. le provenienze sono quindi impeccabili… Ad abuntantiam la Cassazione ha già una volta confermato che una provenienza estera evoca la presunzione di liceità, in difetto di prove contrarie…e a breve avremo una seconda pronuncia sul punto da parte della Suprema corte che si spera sia conforme… Che vuoi di più?1 punto
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@diego82 Non sono euro, è normale che ci siano differenze significative tra i coni per monete di questo tipo, soprattutto se prodotte in situazioni emergenziali come è avvenuto per questa madonnina.1 punto
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Salve esprimo il mio parere sulla piastra postata da El Chupacabra secondo me sono delle V capovolte se si trattava di conio sporco difficile che si verificava su tutte e tre le A.1 punto
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Non era proprio da 2/3 su 10..... direi otto! però ci siamo divertiti!1 punto
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Esattamente! tutte hanno legenda in inglese tranne il penny del Regno Unito che ha legenda in latino, anche se abbreviata! Complimenti! ELIZABETH II DEI GRATIA REGINA FIDEI DEFENSOR Visto che non era poi così impossibile??1 punto
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Penny UK 'unica con la scritta abbreviata in latino? e se non lo è ne propongo io uno facile facile…. Trova l'intruso1 punto
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Leggo ora con più attenzione. Mi sembra di capire che ricerchi Piastre che nella legenda hanno le "A" prive di barretta orizzontale. Penso di averne una, non è un 1858, ma un 1854. Anche qui la foto lascia a desiderare, ma penso sia possibile vedere il "difetto".1 punto
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Se solo sapesse il buon Cesare che dopo la sua tragica e prematura morte, la storia sarà con lui molto benigna: 1- da lui nascerà l'Impero romano come lo intendiamo oggi: grande, cosmopolita e potente; 2- dopo di lui l'appellativo di Cesare designerà moltissimi governanti del passato: dall'epoca antica fino quasi ai nostri giorni, infatti il titolo fu in uso nell'Impero romano, nell'Impero bizantino e nell'Impero ottomano (qaysar-ı Rum, "Cesare dei Romei", era uno dei titoli del Sultano). E dalle varianti del suo nome nasceranno: lo Zar dell'Impero bulgaro (913-1018, 1185-1422 e nella Bulgaria del 1908-1946), dell'Impero russo e in Serbia (1346-1371); e il Kaiser dei regni germanici (Impero Tedesco e quello Austriaco) derivante dal greco Καίσαρ, Kaisar. Nell'uso comune poi il termine viene anche usato come sinonimo di imperatore; 3- nella memoria collettiva viene sempre ricordato come magnanimo e da questo deriva anche la grande esaltazione dei suoi successori (forse non molto disinteressatamente) nel parale di Clementina Caesaris (in Gallia tuttavia non ne ebbe molta, però questa è un'altra storia); 4- ci sono stati persino scrittori medievali che ne hanno incensato le gesta e le virtù e tra questi c'è anche il papà della lingua italiana Dante Alighieri che ha addirittura fatto un "paragone" (consentitemi questa espressione spicciola) tra il tradimento di Cesare da parte dei congiurati (e in particolare di Bruto e Cassio) e il tradimento di Nostro Signore da parte di Giuda; . ....... Che dire potrei stare qui fino a domani a citare tutti gli aspetti positivi che la storia ha conservato di Cesare, mentre quelli negativi sono stati dimenticati e lasciati all'oblio. Per dirne una Cesare era a detta di Cicerone “il marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i mariti”. La frase alquanto sibillina che richiama l'aspetto della sua disinvoltura in materia di appetiti sessuali. Ma Cesare è sempre Cesare e a lui tutto si perdona.....ma a Nerone no !1 punto
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Caro @Numa Numa, la domanda sorge spontanea : ma chi te lo fa fare di cercare di vendere quella moneta in Italia stanti tutti i possibili inghippi ? Ma immagino che tu abbia posto tale domanda per pura ipotesi e amore di discussione… e quindi cerco di risponderti. Purtroppo mancano un po' di dati, quali la data di fabbricazione della moneta ( più è vicina all'epoca moderna e più è difficile che possano contestarti la provenienza da scavo) e anche la data della prima vendita all'asta. Perché? Beh, semplice… o quasi….. vediamo il ragionamento : gli attestati di autenticità e provenienza ( mi rifiuto di chiamarla lecita) sono stati introdotti per la prima volta a quanto mi risulta con la legge del 20 novembre 1971 n° 1062 entrata in vigore il 17 dicembre stesso anno, con il titolo di " Norme penali sulla contraffazione od alterazione delle opere d'arte" L'articolo 2 così recita: "Chiunque esercita una delle attività previste all'articolo 1 deve porre a disposizione dell'acquirente gli attestati di autenticità e di provenienza delle opere e degli oggetti ivi indicati, che comunque si trovino nell'esercizio o nell'esposizione. All'atto della vendita il titolare dell'impresa o l'organizzatore dell'esposizione è tenuto a rilasciare all'acquirente copia fotografica dell'opera o dell'oggetto con retroscritta dichiarazione di autenticità e indicazione della provenienza, recanti la sua firma." Ma rimase sostanzialmente lettera morta agli effetti dell'attestato, nel senso che mi risulta che nessun commerciante di monete antiche abbia mai emesso in quell'epoca alcuna attestato…. Facendola breve, successivamente questa legge del 1971 venne ripresa, abrogandola, dalla Testo Unico di riorganizzazione della materia dei Beni Culturali e Ambientali del 20 ottobre 1999 n° 490 all'art. 63 riprendendola pari pari e parlando sempre di "attestato di autenticità e di provenienza" e "indicazione della provenienza" Anche qui rimase lettera morta : non mi risultano siano stati emessi dai commercianti del settore attestati così come previsti dalla legge Non rimarrà lettera morta solo con il famoso codice Urbani , il decreto legislativo del 22 gennaio 2004 n° 42, che all'articolo 64 riprende l'art.6 3 del precedente Testo Unico del 1999 (abrogandolo) con una variazione : è introdotto "'l'obbligo di consegnare all'acquirente la documentazione che ne attesti l'autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza delle opere medesime" Quindi OBBLIGO DI CONSEGNARE LA DOCUMENTAZIONE CHE ATTESTI LA PROVENIENZA….. I documenti…… ???? Sì... E quali sono i documenti che attestano la provenienza ? Semplice…. fatture, cataloghi, compravendite private e quant'altro…. a mio avviso per intero ( per il discorso privacy ho già detto la mia … per "scoccievole" che sia basta chiederne autorizzazione al momento della cessione ) . Ecco perché l'attestato alla fine non può avere un maggior valore delle fatture e transazioni a vario titolo…. perché altro non è che il compendio e la silloge delle medesime ! Ma... Ma... … ma …. gli attestati sono stati realmente utilizzati a partire dal… diciamo 2005 ? Bel problema… E comunque non esistevano prima del 1971, data della prima legge in merito agli Attestati... Quindi ecco il senso di quanto detto prima all'inizio del post…. che data della prima asta? Perché più la data si avvicina al famoso 1909 e meglio sarà…. Quindi Sì, carissimo Numa, Sì, le reali Provenienze, fatture e transazioni varie, valgono almeno tanto quanto l'Attestato, e anche di più, perché esistono quando anche l'attestato non c'era o non è stato fatto…. E la mancanza dell'Attestato di certo non può fare pensare a una transazione illecita in sé, trasformato in atto di accusa, quella che conta è la documentazione a prova della provenienza, provenienza la cui legittimità o illegittimità in radice può essere soggetta a una valutazione giudiziale ( parere personale ma direi lapalissiano…. una Provenienza da furto o scavo clandestino etc. è ILLECITA PROVENIENZA, in barba all'attestato ). Certo, qualsiasi documentazione, che sia la fattura, la scrittura privata o notarile, l'attestato…. aiuterà a togliere le castagne dal fuoco al malcapitato, qualora indagato. Spero di essere riuscito a comunicare compiutamente e senza troppi tecnicismi quanto avevo da dire in merito. Un cordiale saluto, Enrico1 punto
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@Hirpini Conoscevo il dipinto, ma non conoscevo assolutamente l'interpretazione dell'opera né la sua analisi dettagliata. Il tuo intervento mi è piaciuto molto. Ciao da Stilicho1 punto
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Buongiorno, inizio facendo i complimenti a Litra per il topic Interessante (ricambiando lo stesso apprezzamento che fece a un mio topic qualche mese fa?) Ebbene sì, anche io ho preso una patacca, era il primo mercatino e la prima ciotola, inutile dire che ero un completo inetto? Presi una moneta di Carlo Felice, anno 1827, un 5 lire in oro. Ovviamente data la mia giovane età rimasi esterrefatto, ero felicissimo... ...Era ovviamente la patacca/Gadget che davano in omaggio con un giornale negli anni '80, lo scoprì dopo un giorno di eccitazione per la pescata... una delusione grandissima? E così la prima moneta in assoluto che io avessi mai pescato fu un pataccone Dopo diversi anni purtroppo persi la """moneta"""?1 punto
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Salve, bella domanda? Io sinceramente ho sistemato le mie più piccole in oblò, aggiungendo della gomma all'interno, lasciando un piccolo spazio al centro dove mettere la moneta. In questo modo non si muovono molto Aspetto anche io altre risposte per vedere se posso conservarle in modo migliore?? Saluti?1 punto
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salve a tutti, vorrei approfittare della discussione per chiedervi come conservate le vostre piccolissime... non ho trovato, diciamo, delle capsule adatte a monete del diametro di 10 mm o meno... e non le vorrei tenere chiuse in bustina o lasciarle a vagare nel floccato... cosa mi consigliereste? grazie in anticipo per le eventuali risposte!1 punto
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l'incisore aveva la manina pesante in effetti non è "raffinata" come di consueto, un po' tutto lo stile comunque è leggermente più rozzo delle serie usuali. Potrebbe, uso il condizionale, essere un ottimo prodotto di falsificazione locale a scopo fraudolento (un falso d'epoca propriamente detto e non tanto una imitazione radiata).1 punto
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Quanto a Efeso ricordiamo anche l'importanza fondamentale ritrovamento del tesoro nel sito del Tempio di Artemide per le monete primitive in elettro. Occasione, questa, per dire che nell'antichità le monete delle epoche precedenti non andavano affatto "fuori corso", essendo ancora rilevante (ma non esclusiva) la componente del metallo fisico contenuto. Per cui ognuno di questi illustri filosofi entrò in contatto non solo con le monete sue coeve, ma anche con quelle precedenti (che restavano usate per secoli) ed anche con alcune più "internazionali": queste ultime caratterizzate da un tipo costante nei secoli: tartaruga di Egina, civetta di Atene, etc...1 punto
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Grazie ad una conoscenza di un mio amico siamo riusciti a trovare che moneta è. Spero vi sia d'aiuto1 punto
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Ci sono due cose che apprezzo molto: una sono i rilievi eccezionali di questo esemplare, evidenziati ad arte dalla luce radente della foto; l'altra si riferisce invece alla tipologia in generale, cioè il cuoricino appena sopra il numero di serie a destra: (scusate, sono un sentimentale... ) In entrambi i casi, non hanno a che fare con la serie speciale X!1 punto
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1939 Germania - 5 Pfennig D (Monaco di Baviera) e 10 Pfennig B (Vienna)1 punto
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Nella collezione del Collegio del Cambio di Perugia ce n'è uno uguale, ma in molto migliori condizioni, peso 9, 14. Testone Roma Saluti Gzav1 punto
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Ciao a tutti, ciao @Acqvavitus guarda cosa ho trovato: La zecca sembra sia Svizzera, loro appunti i soldi li fanno con i soldi... https://www.valcambi.com/home/ se cerchi in rete la vendono a 10 Euro. Servus, Njk1 punto
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Buon giorno Saverio. E' la curiosità che mi spinge ad essere forse inopportuna. E' da tempo che non ci aggiorna sulla vicenda. Non vorrei passare per impicciona ma se può darmi notizie la prego di farsi sentire. Ciò che è accaduto è troppo interessante, per prima cosa la valutazione del perito e poi la spinosa faccenda della caduta. Mi scuso se sono troppo invadente e la saluto cordialmente. Gabriella.1 punto
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Si riferisce al dettaglio che ti ho evidenziato in questa foto. Occhio però che il dettaglio risente già a monte dello stato qualitativo dei conii. In pratica la moneta nonostante sia in alta conservazione potrebbe presentare (ed in molti casi è così, come mi sembra anche nel tuo) il dettaglio sopra evidenziato poco o scarsamente leggibile a causa di debolezze o otturazioni del conio1 punto
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La ricerca può essere indirizzata ai bronzi con quel particolare della fogliolina del serto emergente dalla testa di Apollo.1 punto
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Come già è stato detto, non si tratta di un 3 piccioli del 1718 ma di un 1716 con una rottura di conio che lo fa sembrare 1718 , a riprova di ciò posto un mio 3 piccioli di conservazione superiore e con lo stesso difetto:1 punto
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In effetti, l'immagine del dritto mi ricorda quella tranquillizzante della nonnina del cioccolato Talmone... ...anche se certamente, in questa moneta, Iulia Maesa dovrebbe avere circa 50 anni...Non poi così vecchia, dai!!? Scherzi a parte, ecco la definizione di pudicizia (Treccani): "Disposizione d’animo e atteggiamento caratterizzati da un forte senso di pudore, di riserbo, di vergogna, spec. nei confronti di quanto riguarda la sfera sessuale." Non proprio quella che aveva l'autorità emittente della moneta: suo nipote Elagabalo; nè sua figlia e madre dello stesso: Iulia Soemia. Tornando alla moneta, devo dire che il ritratto del dritto mi piace molto, e' davvero espressivo (mi fa immaginare i capelli bianchi...) e si sposa perfettamente con il rovescio: La PVDICITIA sta stendendo un velo sul viso. Forse veramente Iulia Maesa avrebbe voluto non vedere; non vedere anche ciò a cui aveva purtroppo contribuito. Buona notte. Stilicho1 punto
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DE GREGE EPICURI Il problema è che si vede poco, specia al R., e monete con la Vittoria ce ne sono tante. La tua ipotesi è plausibile, ma ad es. potrebbe essere anche dei Mamertini, Messina, come questa (diametro intorno ai 21 mm):1 punto
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Ritorno un attimo su Talete... Talete era stato in grado di prevedere un abbondante raccolto di olive, quando ancora era inverno. Sapendo che la stagione successiva la domanda di frantoi per la produzione dell'olio sarebbe dunque aumentata, versò una somma di denaro, a titolo di caparra, assicurandosi il diritto di utilizzare i frantoi in seguito, previo il pagamento del saldo concordato. Non essendoci ancora richiesta, la caparra versata da Talete fu piuttosto contenuta. L'operazione è la prima call option della storia di cui si abbia notizia. Egli infatti aveva acquisito il diritto, ma non l'obbligo, di pagare l'affitto concordato con i proprietari dei frantoi (strike price); qualora le sue condizioni non si fossero verificate, avrebbe perso soltanto la piccola somma versata a titolo di caparra (option premium). Essendoci invece stato un abbondante raccolto, lo strike price precedentemente accordato risultò inferiore al reale valore di mercato dell'affitto dei frantoi: Talete esercitò pertanto il proprio diritto di l'opzione (pagamento dello strike price), per poi sub-affittare al prezzo da lui stabilito i frantoi (opzione in the money); ottenendo in questo modo un ingente profitto (Makropoulou, V. e Markellos R. N. (2005), pp. 1-2).1 punto
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Tremate all’idea di ricevere posta da lei, vero?? È un po' come quando vi arriva l’avviso di una raccomandata: non sono mai buone notizie per voi. Lontani i tempi in cui per posta si ricevevano lettere d’amore…. Ma vi rassicuro, Maria De Filippi non c’entra… E neppure c’entrano Tom Hanks e Meg Ryan…. Non è il genere di film che amo…e poi Meg Ryan non è mai stata il mio tipo….forse a proposito di tipo, per rimanere im tema di posta, preferisco Jessica Lange ne “ Il postino suona sempre due volte”: Certo non posso paragonarmi a Jack Nicholson…..ma me ne faccio una ragione…? Invece, per vostra fortuna, si tratta di una moneta che parla dell’imperatore Nerva e di un evento particolare a lui legato e poco noto (o per lo meno a me) e che è conosciuto proprio grazie ad essa: Si tratta della RIC II Nerva 93, sesterzio, zecca di Roma, anno di emissione 96-97 d. C. D/: IMP NERVA CAES AVG PM TR P COS III PP: busto di Nerva, laureato, a destra R/: VEHICULATIONE ITALIAE REMISSA: due muli (o mule) che pascolano; dietro di loro un carro; SC in esergo Quella riprodotta sopra e' l'esemplare custodito al Munzkabinett di Berlino. Cosa significa questa moneta? Augusto fondò il sistema di trasporto imperiale, il cursus publicus, che sostituì il sistema tradizionale dei tabellarii o messaggeri privati per trasmettere informazioni governative e comandi militari in tutto l'Impero Romano. Ecco cosa dice Svetonio: «Affinché si potesse facilmente e più rapidamente annunciargli e portare a sua conoscenza ciò che succedeva in ciascuna provincia, fece piazzare, di distanza in distanza, sulle strade strategiche, dapprima dei giovani a piccoli intervalli, poi delle vetture. Il secondo procedimento gli parve più pratico, perché lo stesso portatore del dispaccio faceva tutto il tragitto e si poteva, inoltre, interrogarlo in caso di bisogno.» (Svetonio, Augusto, 49) Il cursus publicus divenne una delle più grandi istituzioni governative dell'antichità. Funzionava grazie a una serie di alloggi di tappa (mansiones) e di postazioni di scambio intermedie (mutationes) lungo il percorso delle strade romane. La mansio era un edificio dove ci si poteva rifocillare e passare la notte; la mutatio era un edificio dove in più era possibile trovare delle cavalcature fresche (la parola mutatio significa in effetti scambio, inteso come scambio proprio di cavalli). Il costo di gestione del cursus publicus, all’epoca, gravava sui privati cittadini. Era il cosiddetto munus vehicularium. In cosa consisteva questo? Il munus in generale era un "dovere", un "obbligo", di fornire un servizio o un contributo alla propria comunità. Nelle fattispecie del munus vehicularium, in sostanza, per far funzionare il trasporto pubblico, i funzionari governativi, gli appaltatori imperiali e i magistrati locali imponevano ai privati cittadini di svolgere la mansione richiesta, ovvero quella di trasporto dei messi utilizzando i propri veicoli e animali (e non mancavano come è facile immaginare abusi per interessi personali). Le comunità interessate però non ricavavano alcun guadagno da tutto ciò, ma anzi (come e’ facilmente intuibile) erano fortemente penalizzate e per questo venne stanziato un sistema di risarcimenti. In realtà molto raramente tali risarcimenti andavano a coprire (anche solo parzialmente) i costi e le spese subite. Anzi, sotto Domiziano, tale attività (con la diffusione del servizio ed il conseguente aumento degli abusi dei funzionari imperiali) diventò particolarmente onerosa per i cittadini italici. Si rese pertanto necessario prendere provvedimenti drastici e di ciò si occupò Nerva che decise di riformare il sistema. Con la moneta in questione Nerva pubblicizza proprio la sua riforma promettendo che il governo imperiale avrebbe coperto in futuro i costi del cursus publicus. In sostanza indica che il peso della posta imperiale non avrebbe più gravato sull'Italia perché delle spese di gestione si sarebbe occupato direttamente il fisco (Vehiculatione Italiae remissa: tolto all’Italia l’obbligo di sostenere il servizio di trasporto). L’attenzione di Nerva verso gli italici non era in realtà proprio casuale: egli stesso era umbro di nascita, di Narni (Narnia). Questo provvedimento rientra in effetti in una politica globale di sgravi fiscali e di incentivi che dovevano favorire proprio le comunità italiche. Torniamo alla moneta. Ho fatto un giro sui vari siti di catalogazione e letto alcuni articoli specifici, ma si parla sempre di “muli al pascolo”, se non addirittura di mule (in inglese il plurale è identico). Ora io non ci capisco nulla di equini e dalla osservazione della moneta ne capisco ancora meno: forse hanno le orecchie un po' lunghe per essere cavalli…quanto all’essere muli o mule…. A proposito di inglese, ho trovato interessante il fatto che “mule” è anche il corriere, proprio come nel recente film di Clint Eastwood dove per l’appunto l’attore/regista e’ un corriere della droga... A questo punto mi viene un altro dubbio: venivano usati anche i muli (o similari) nel cursus publicus? Ma non erano meglio i cavalli che sarebbero stati più veloci? In fondo serviva più la velocità che la forza… A meno che in certi casi non servisse anche il trasporto, insieme ai messi, anche di alcune particolari merci pesanti. Trovo anche strana la scelta di rappresentare sulla moneta i muli e non i cavalli. Mi farebbe piacere saperne qualcosa di più magari da qualcuno di voi più esperto di storia e civiltà romana. Parlando nello specifico di questo bellissimo sesterzio, vediamo i muli con i loro finimenti che brucano l’erba. Dietro di loro c’è un carretto a ruote alte (il birotium- carro a due ruote- in italiano biroccio o barroccio) con le stanghe verticali e le imbragature appoggiate. La scena rappresentata è placida, con gli animali al pascolo e il veicolo fuori servizio. La decisione di rappresentare una scena piuttosto idilliaca, con gli animali staccati dal loro giogo che brucano invece di rappresentarli legati al carro in movimento, è un riflesso perfetto della legenda del rovescio, che a sua volta si riferisce alla abolizione del carico che gravava sui liberi cittadini. Ritengo che questa moneta sia un piccolo capolavoro sia per quello che rappresenta (il messaggio) sia per quello che è (un vero fotogramma di vita campestre). A me piace molto, la trovo suggestiva. L’immagine del rovescio, molto simile ad un piccolo quadro, è distensiva e rilassante. Mi ricorda infatti alcuni scene di campagna, tipo quelle dipinte da Van Gogh: Vincent Van Gogh. Mezzogiorno. Riposo dal lavoro. 1890Museè d’Orsay , Parigi Particolare del dipinto: si vede il carro con le stanghe altre e gli animali a riposo che brucano (qui buoi, animali da lavoro).. Ma mi fa venire in mente anche quelle immagini dei film western o delle serie televisive che andavano di moda negli anni’80, tipo “Alla conquista del west”… E perché no? Tex Willer…il mio fumetto preferito in gioventù (ma qualche volta lo leggo ancora)…qui mentre sorseggia il buon caffè bollente del vecchio pard, il satanasso kit Carson, mentre alle spalle aleggia minacciosa l’ombra dell’irriducibile nemico Mefisto... Spero di non avervi annoiato. Buon sabato. Stilicho1 punto
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Ho recuperato, sperando in una maggiore nitidezza, la fotografia dell'incuso di Metaponto in Magna Graecia Coins, che peraltro indica la vendita del 2006 come asta CNG e non NAC . Effettivamente le due zampe posteriori del cavallo sul diritto del didramma di Siracusa, potrebbero essere le tracce che rimangono alla destra della spiga incusa, al rovescio del Metaponto .1 punto
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Il 2019 per me sarà l’anno del didramma Ercole - Lupa coi gemelli (269 a. C.) ?1 punto
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Buongiorno, dsìestato dal fatto che oggi 11 marzo ne ricorre l'anniversario della morte (222 d.C.), ero quasi sicuro che nella Sezione fosse stata postata una biografia a nome di Elagabalo ma ad un controllo ciò è risultato errato. Pongo rimedio con un breve scritto in merito, aperto ad inserimenti e commenti. ELAGABALO L’11 marzo 222 d.C. muore l’imperatore Sesto Vario Avito Bassiano (Sextus Varius Avitus Bassianus) più conosciuto come Elagabalo. Era nato nel 204 da Sesto Vario Marcello (Sextus Varius Marcellus) e Giulia Soemia Bassiana (Iulia Soaemias Bassiana) , ultimogenita di Giulia Mesa (Iulia Maesa) , sorella dell’imperatrice Giulia Domna (Iulia Domna) Fu esiliato nella città d’origine, Emesa in Siria, assieme alla famiglia da Macrino dove divenne sacerdote del dio solare Elagabal (da cui prese il soprannome). Nominato imperatore su acclamazione dei soldati della Legio III Gallica e prese il nome di Marco Aurelio Antonino per ricollegarsi a Caracalla di cui erano state messe in giro voci fosse il figlio illegittimo per rafforzare pubblicamente la sua pretesa al trono. Lo scontro militare presso Antiochia contro Macrino lo elesse imperatore a tutti gli effetti (218). Ben presto però il sostegno iniziale scemò e si assistette a varie ribellioni anche da parte della stessa Legio III Gallica. I motivi erano vari: l’elevazione di madre e nonna al rango di Auguste e concedendo loro il permesso di presiedere alle riunioni in Senato; cercò di far adorare come unico dio Elagabal, costruendo un nuovo tempio sul Palatino dove raccolse le reliquie più sacre di Roma (tra le quali il Palladio e gli scudi Ancilia); infine cercò di farsi adorare come dio egli stesso. Tra le sue mogli ci fu anche la vergine vestale Aquilia Severa e instaurò un rapporto amoroso con un auriga di nome Ieracle che chiamava “suo marito”. La nonna Giulia Mesa resasi conto degli errori del nipote cominciò a lavorare per sostituirlo e fece adottare dall’imperatore il cugino Alessandro Severo. In seguito al crescente seguito riscosso da Alessandro, Elagabalo cercò invano di farlo uccidere. All’ennesimo tentativo di ordire l’omicidio del cugino, i pretoriani rivolsero le armi verso di lui e lo uccisero. Questi gli ultimi istanti della sua vita riportati dalla Historia Augusta (Elagabalo, 16-18). "I pretoriani decisero di prendere l'iniziativa. I primi a cadere furono naturalmente i complici di Elagabalo, che fecero una fine degna della loro vita, giacché prima di essere uccisi furono tutti evirati oppure impalati. Fu poi la volta di Elagabalo, che venne raggiunto e ucciso in una latrina dove aveva cercato rifugio. Il cadavere fu trascinato per strada in mezzo alla folla e poi, per colmo di ingiuria, gettato in una cloaca. Siccome però la cloaca era troppo stretta e il cadavere non passava, Elagabalo fu tirato di nuovo fuori e fu trascinato in giro per il circo. Infine, gli fu legata ai piedi una zavorra affinché non galleggiasse, e fu gettato nel Tevere dal ponte Emilio, per impedire che qualcuno lo seppellisse. Con Elagabalo fu uccisa anche la madre, una donna svergognata, degna in tutto del figlio." Dopo la morte il Senato ne decretò la damnatio memoriae. Elio Lampridio così scrisse nella Historia Augusta (Elagabalo, 1): "Non era mia intenzione scrivere la biografia di Vario Antonino Eliogabalo, perché avrei voluto che andasse perduto per sempre perfino il ricordo di un imperatore della sua sorta, ma poi ho pensato che purtroppo prima di lui c'erano già stati imperatori a lui simili, come un Caligola, un Nerone o un Vitellio, e allora ho cambiato idea." Gli successe il cugino Alessandro Severo. Ciao Illyricum1 punto
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