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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 11/13/19 in tutte le aree
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Mi chiedo se sono due immagini della stessa moneta o se sono due cloni... A sinistra Asta Vecchi 2 1996, a destra Asta Alde 2017 (stessa moneta tooled and smoothed ?)3 punti
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Michele Antonio - Marchese di Saluzzo - Zecca di Carmagnola - Cavallotto ( g. 5,37 )3 punti
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Impero Austriaco: Auction Institut 7 novembre 1825; Bermann 1822; Elden, Trattner e Appel 1805; Giacomini 28 febbraio 1825; Reich 1815; Senoner 1839; Wratislaw Wopytka 16 novembre1836. Belgio: Renesse 1835; Verchulst 10 giugno 1844. Germania: Cosack 29 aprile 1811; Ebner 5 ottobre 1829; Heinrich 1 dicembre 1819; Jakobs 1735/36; Leitzmann 2 luglio 1828; Lindberg 4 ottobre 1830; Pansa 10 novembre 1766; Pfeiffer 19 marzo 1823; Schnobel 1790; Schott 31 gennaio 1718; Soothe 24 settembre 1784; Texier 15 settembre 1788; Ulich 6 novembre 1809; Ulich 16 luglio 1812 Danimarca: Haven - Thottius marzo 1789; Haven - Thottius febbraio 1790 Francia: Didot - Debure - Barrois aprile 1788; Hoffmann 7 marzo 1830; Mionnet 19 settembre 1796; Rollin 1811; Gran Bretagna: Sotheby - Leigh 30 gennaio 1840; Spink (listino) luglio 1891; Italia: Caucich (listino) 1867; Dina (listino) 1855; Kunz (listino) 1855; Paternò 1863; Riccio 1843. Mi sono divertito a cercare le aste, e qualche listino, più antiche della collezione di Domenico Rossi esitata da Varesi nel 2005. Arka Diligite iustitiam3 punti
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Ciao Stilicho, per la classificazione hai ragione perché lo stile del rovescio è più vicino al RIC VII 370. Un'opinione sulla moneta? La conservazione è davvero impeccabile, ma sinceramente non la comprerei in quanto mi fanno storcere un po' il naso i profili di Costantino che si notano sulle monete della serie Gloria Exercitus coniate ad Arles...Troppo grossolani! Preferisco di gran lunga i ritratti mediorientali della zecca di Antiochia: semplici ed...Eleganti.3 punti
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Io sono dell'idea che sia necessario fare una distinzione tra patina (fenomeno naturale di ossidazione del metallo a contatto con l'aria e di conseguenza segno del tempo e dell'ambiente in cui la moneta ha vissuto - come nel caso delle patine sulfuree di alcune zone del regno di Napoli e Sicilia) e lercio (quello della prima immagine). Il primo fenomeno è un bell'abito, che può costituire un surplus di valore per la moneta e che va molto di moda in tempi recenti. Il secondo resta lercio, equivale non a un bell'abito ma ad andare in giro puzzolenti, con i capelli unti e le incrostazioni di sudore e altre amenità corporee. Confondere le due cose non mi pare cosa auspicabile, né in società né in numismatica.3 punti
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Lo storico di I secolo a.C. Diodoro Siculo ci informa che i Celti avevano “trombe di natura particolare e di tradizione barbara; infatti, quando vi si soffia dentro, emettono un suono aspro, appropriato al tumulto di guerra”. Del resto, già lo storico Polibio, aveva descritto la vittoria romana di Talamone (225 a.C.) contro la grande coalizione celtica, evidenziando come quest’ultima contasse un numero di suonatori di corno e di tromba incalcolabile, “e poiché l’intero esercito strepitava insieme a questi, si levava un clangore così forte e prolungato che sembrava che non soltanto gli strumenti e l’esercito, ma anche i luoghi circostanti emettessero dei suoni per effetto dell’eco”. IL CARNYX E IL SUO USO IN BATTAGLIA L’impressionante impatto acustico che accompagnava i guerrieri gallici in battaglia era prodotto dal #carnyx (termine tardo greco per indicare un corno musicale), ovvero la lunga tromba diffusa dal III secolo a.C. in tutta l’Europa barbara e collegata verosimilmente al rango della nobiltà militare. Le fonti archeologiche e iconografiche confermano come questo strumento, pur nelle sue varianti regionali, rappresentasse un elemento culturale comune alle diverse popolazioni celtiche: generalmente in ottone o in bronzo (ma anche in terracotta nella Penisola iberica) era sempre formato da un lungo fusto rettilineo che collegava il bocchino, per introdurre l’aria soffiando, alla cima, costituita da un padiglione zoomorfo, cioè a forma di testa di animale. In virtù del suo riconosciuto valore identitario, dunque, il carnyx caratterizzò la monetazione antica sia dei Celti che romana, adattandosi alle diverse esigenze iconografiche e propagandistiche delle due civiltà spesso in conflitto fra loro. Pur in uno scenario molto complesso, possiamo individuare nella numismatica antica almeno tre ambiti generali in cui questa tromba da guerra venne raffigurata come indiscutibile emblema delle popolazioni barbare. IL CARNIX NELLE MONETE DEI POPOLI CELTICI Al pari delle altre civiltà antiche, anche la cultura celtica vantava un’importante tradizione musicale, tant’è che i loro poeti/cantori, i famosi bardi, vennero ricordati in numerose fonti. Il carnyx, tuttavia, svolgeva per i Celti una funzione particolare, attinente al divino. Nel calderone di Gundestrup (un recipiente d’argento piuttosto misterioso, ma generalmente datato I secolo a.C. e decorato con scene mitologiche) i suonatori di carnyx accompagnano una cerimonia militare che sembra avere a che fare con un’immersione rituale o una scena di rinascita dopo la morte. Dunque, non una banale tromba da guerra per “suonare la carica”, ma un oggetto insieme sacro e simbolico della nobiltà guerriera, che trovava inevitabilmente nei campi di battaglia il contesto ideale per esprimere le proprie funzioni di magica protezione ed esibizione del rango. Il carnyx nelle monete dei Celti compare quasi sempre abbinato agli attributi dell’élite militare preromana che governava i territori gallici e britannici, cioè il cavallo e il carro da guerra. In una emissione argentea del re degli Edui Dumnorix (100-50 a.C. circa) il carnyx è in mano a un auriga che espone la testa del nemico decapitato secondo le usanze belliche dei barbari. Lo ritroviamo poi, insieme al cavallo e nelle forme stilizzate tipiche dello stile celtico, sul rovescio dei denari degli Aulerci Cenomani (80-50 a.C.), ma anche nella monetazione aurea (stateri) di Trasciovanus (25 a.C. – 10 d.C. circa), re dei Britanni Catuvellauni, quale prestigioso attributo del cavaliere, nonché abbinato al simbolo della ruota di carro. UN EMBLEMA DEI NEMICI DI ROMA La monetazione romana considerò il carnyx uno strumento esclusivamente militare, adattandolo alle proprie esigenze propagandistiche come emblema del nemico di Roma e, in particolare, del nemico sconfitto. Associato spesso ad altri simboli della tradizione guerriera celtica, come lo scudo oblungo e la ruota del carro da guerra, la tromba barbara divenne un elemento distintivo per caratterizzare i trofei celebranti le vittorie sui Galli. Iconografie di questo tipo le possiamo riscontrare nei denari repubblicani degli anni 120, 119, 98, 97, 54 e 51 avanti Cristo, in prossimità di eventi particolari ai quali occorreva garantire il massimo risalto, come le vittorie di Gaio Mario contro i Cimbri agli inizi del I secolo a.C. e la campagna di Cesare contro i Galli negli anni cinquanta. Contestualmente ai trofei venivano spesso raffigurati i prigionieri celtici in catene, accovacciati e riconoscibili per barba, baffi e capelli lunghi, ma anche le personificazioni di Roma o della Vittoria alata. Entrato a far parte del repertorio iconografico monetale romano per indicare il trionfo sui barbari, il carnyx continuò a comparire periodicamente anche nei conii di piena età imperiale, come dimostrano le emissioni dell’augusto Marco Aurelio e del cesare Commodo, risalenti agli anni settanta di II secolo d.C. e dedicate alle campagne contro Sarmati e Germani, ormai considerate vinte. LA ROMANIZZAZIONE DEI SIMBOLI CELTICI C’è poi un terzo utilizzo iconografico del carnyx che vale la pena analizzare in maniera distinta poiché sembra collegarsi a quel raffinato percorso politico e culturale noto come “romanizzazione”. Il processo inclusivo avviato da Roma nei confronti delle popolazioni sottomesse, infatti, non rappresentò un banale corollario alla conquista militare, come spesso tende ad essere derubricato, ma costituì una fase strategica ben definita, nonché fondamentale per la longevità e il successo dell’imperialismo romano fin dai suoi esordi. In questo senso, infatti, può essere verosimilmente interpretato il denario serrato coniato presso la zecca di Narbo Martius (l’attuale francese Narbonne), a nome del magistrato Porcio Licinio, nel 118 a.C. e dunque poco dopo la fondazione della colonia stessa: la prima al di fuori della penisola italica. Benché l’emissione, destinata alla circolazione locale coloniale, sia stata collegata alla vittoria di Gneo Domizio Enorbarbo sui Galli Allobrogi e sui loro alleati, risulta evidente un diverso approccio iconografico rispetto alle scene di sottomissione con trofeo. Il rovescio, infatti, non raffigura un nemico sconfitto o in catene, ma un guerriero celtico sul carro, nudo e ben identificato etnicamente dal carnyx. E’ quindi una rappresentazione eroica che denota un’ambigua mescolanza fra elementi romani e barbari, in cui il protagonista, benché barbaro, assume un atteggiamento romanizzato e non sembra essere caratterizzato né da baffi, barba e capelli lunghi come ci si aspetterebbe nella caratterizzazione di un avversario gallico. Verosimilmente, anche sulla scelta dei tipi monetali era in corso un processo di romanizzazione: il carnyx, simbolo della tradizione locale, veniva ora adottato dai vincitori impegnati a definire la nuova identità della colonia, celtica sì, ma subordinata alla civiltà e al potere di Roma. Così, attraverso le monete, si andava promuovendo verosimilmente l’immagine di una Gallia “un po’ meno barbara”, o almeno libera da catene e favorita dai romani in quanto parte dell’impero e ad esso fedele. L’adozione di immagini identitarie locali come strategia comunicativa per ribadire la romanizzazione (in corso o avvenuta) delle provincie galliche andrebbe considerata anche nell’interpretazione delle iconografie monetali successive alle campagne di Cesare, in cui un discreto numero di carnyx tornò a comparire sui denari romani. In quest’ultimo caso la scelta dei conii potrebbe comunque essere stata funzionale alla fazione cesariana per rammentare le gesta militari del grande conquistatore in tempo di guerre civili. DA STRUMENTO IDENTITARIO A TROFEO DI CONQUISTA Il carnyx, strumento sacro per i celti e da loro suonato in battaglia, impressionò a tal punto gli eserciti antichi da venire considerato un oggetto fortemente identitario delle popolazioni barbare. Divenuto un simbolo culturale e politico venne riprodotto nella monetazione sia celtica, che romana. Emblema dell’élite guerriera e della difesa della propria civiltà per i Galli, venne sfruttato dai Romani nel raffinato gioco di costruzione dell’Impero: esibito come trofeo nemico per celebrare la conquista militare, ma anche adottato iconograficamente nell’intento di romanizzare quelle inquiete popolazioni. La suggestione e il mistero di questo oggetto viene mantenuta viva attualmente dal musicista John Kenny che nel 1993, dopo duemila anni, è tornato a suonare una fedele riproduzione di un carnyx del II-III secolo d.C., ritrovato dagli archeologi in Scozia. https://www.cronacanumismatica.com/il-carnyx-nelle-monete-un-simbolo-tra-identita-celtica-e-romanizzazione/?fbclid=IwAR3SB-Vrsf_MHpTafIiMNIepT3rQwdJzZKBFnDXh9U9Vl58S0I4VhcdfrAQ odjob2 punti
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Buonasera, Ho recentemente messo in collezione questo ramino modenese, più precisamente un bolognino di Ercole III del 1783 con una armatura intatta ed un lustro di conio davvero inusuale. Son poche le monete in rame di modena e sono difficili davvero da trovare in buone condizioni. Cosa ne pensate? Grazie a tutti e un saluto Marco2 punti
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Forza ragazzi.. mancano meno di 10 giorni al veronafil e a chi non è mai stato al pranzo dei la monetiani , vi posso assicurare che è un bel momento, anche per conoscerci...e poi dai si mangia anche benino. Buona serata a tutti.2 punti
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Ciao @Xenon97, grazie per l'intervento. Sapevo della tua passione per le monete di Costantino e in alcuni tuoi interventi ho potuto apprezzare la tua competenza. In particolare mi ricordo che una volta avevi riconosciuto la zecca dallo stile! Sono andato a guardarmi le coniazioni di Antiochia per Costantino I e ora capisco a cosa ti riferisci. Quanto alla classificazione, mi fa piacere di averci azzeccato?. Ti auguro una buona serata. Stilicho2 punti
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Ciao, ti informo che non è un dollaro di Hong Kong ma un Britannia Trade Dollar emesso in India a Mumbai. Ti allego il link: https://www.allnumis.com/coins-catalog/great-britain/britannia-trade-dollar-1895-1935/1-dollar-1902-b-211062 punti
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Così in alcuni documenti, pare si firmasse Offa, re di Mercia in Britannia . Nei 3 secoli successivi all'abbandono da parte dell'Impero romano, la Britannia, invasa da genti di stirpe germanica, Angli e Sassoni, si struttura in 7 regni appunto anglo-sassoni, che lasciano al loro esterno le terre celtiche del Galles ed il nord dei Pitti . Salito al trono di Mercia attorno al 757, Offa ne estende in breve il dominio e l'influenza su parti importanti degli altri 6 regni, fino al punto di poter essere considerato il più grande sovrano dell'Alto-medioevo britannico : sul confine verso il Galles non sottomesso, costruirà una difesa lunga quasi 200 km. oggi nota come il 'vallo di Offa'. Contemporaneo di Carlomagno, pressochè in contemporanea con questi, attua una riforma monetaria che, simile a quella carolingia, istituisce un monometallismo argenteo basato sul nuovo penny : con gesto rarissimo per l'epoca, alcune monete sono battute al nome della regina moglie di Offa, Cynethryth . Per meglio sviluppare il commercio internazionale con l'Europa e l'oriente, in buona parte dominato dai dinari d'oro arabi, la zecca di Offa avrebbe battuto in suo nome monete d'oro che copiano, anche nella leggenda coranica in arabo, quei dinari .2 punti
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gia nei primi anni dell'ottocento 1839 si battevano aste numismatiche a Londra e Parigi vedi Rollin, Sotheby, esistono anche vendite della Christie's avvenute sulla fine del 7002 punti
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Ciao Alessio, ho letto con piacere e vivo interesse il tuo articolo e ti faccio i complimenti per la passione (sempre più merce rara) con la quale hai approfondito la tematica. Detto questo, essendomi occupato anch'io per motivi di ricerca dell'evoluzione della titolatura imperiale tra il III ed il IV sec., posso dirti che l'argomento è una brutta gatta da pelare, e non di rado si può giungere solo a conclusioni parziali. Un primo appunto che vorrei muoverti, in maniera ovviamente costruttiva e per puro spirito di discussione, è il metodo con le quale arrivi alle tue conclusioni. Nello specifico, trarre delle conclusione sulla ricostruzione dell'evoluzione della titolatura ufficiale imperiale, affidandosi come fonte primaria alla documentazione numismatica, è improprio. Le testimonianze in tal senso a cui dare assoluta precedenza, come mi è stato insegnato da professori che si sono interessati per anni ed anni alla questione, è la documentazione di carattere ufficiale, ovvero quella redatta direttamente dalla cancelleria imperiale e non soggetta ad interpolazioni, certamente al corrente delle reali titolature e posizioni di diritto, attraverso la quale è ricavabile la progressione sia dei titoli che dell'iterazioni degli stessi. Nella nota di un mio articolo, per specificare sommariamente quali fossero in concreto questi documenti, ho scritto (scusa l'autocitazione, che in realtà riprende un concetto di altri esimi studiosi): "Sono annoverabili in questa categoria le costituzioni imperiali (sia che esse siano rescritti, epistole o diplomi militari) preservate dalle epigrafi o tramandate per esteso da autori contemporanei alla loro promulgazione, benché anche tale classe di documenti possa essere stata soggetta in fase di compilazione o trascrizione ad errori di vario genere. Il resto della copiosa documentazione di carattere pubblico o privato, quali ad esempio dediche di funzionari, comunità civiche o corporazioni ai sovrani, miliari, papiri e monete, può solo confermare o eventualmente integrare il dato acquisito per via ufficiale, ma non dovrebbe essere assunto per contraddirlo." Infatti nelle monete non vi era la necessità, e quindi neanche lo scrupolo, da parte degli addetti alla loro coniazione nel trascrive correttamente e per esteso la titolatura imperiale. Nelle monete il nome del sovrano era riportato in maniera concisa, tagliando in maniera arbitraria e senza una logica coerente vari pezzi della sua titolatura. In molti casi, addirittura, nella monete venivano aggiunti epiteti estranei alla titolatura imperiali. in tal senso, tra i tanti esempi, posso citarti l'utilizzo di Dominus Noster al posto di Imperator Caesar per alcune delle emissioni a nome di Costantino e dei suoi figli soprattutto nella fase del suo regno successivo alla vittoria a Ponte Milvio, benché Dominus fosse solamente l'allocuzione usata per rivolgersi all'imperatore e non un titolo assunto dallo stesso (che infatti non compare mai nella documentazione di carattere ufficiale, come per esempio l'epistola inviata al senato Romano nel febbraio del 337, CIL VI, 40776, ove è infatti Imperator Caesar). Riguardo invece al resto della documentazione, posso riprendere il caso, da te anche citato nella nota 27 del tuo articolo, del cognomen Germanico attribuito ad Antonino, che però per l'appunto non è mai attestato nella documentazione dai crismi ufficiali, come ad esempio i diplomi militari, di cui ci sono rimasti, per nostra fortuna, diversi esemplari rilasciati sotto il regno di Antonino. E d'altronde, in più di vent'anni di regno, nessun'altra iscrizione tranne due africane (anch'esse non di carattere ufficiale secondo le categorie sopra espresse, ovvero CIL VIII, 20424 citata da te, e CIL VIII, 12513) attribuisce all'imperatore dei cognomina devictarum gentium. Entrando nel merito della tua teoria, per la quale Antonino e Marco Aurelio non iterarono per una seconda volta la rispettiva potestà tribunizia il 10 dicembre nell'anno in cui la assunsero per la prima volta, bensì iniziarono a farlo simultaneamente per il 10 dicembre solo nell'anno 151, i diplomi militari emessi durante il regno di Antonino che, come scriveva l'epigrafista Giovanni Forni "rappresentano il più genuino, autentico e attendibile esempio di costituzione imperiale", smentiscono questa ipotesi. Nello specifico, nel diploma militare AE 1977, 793 = AE 2006, 1870, emesso con assoluta precisione il 13 febbraio del 139 (l'anno è specificato sia dall'indicazione del secondo consolato di Antonino, giacché nel 140 assunse poi il terzo, e, soprattutto, dalla coppia consolare, ovvero Antonino stesso e Gaio Bruttio Presente Lucio Fulvio Rustico), Antonino, la cui titolatura è appunto doverosamente riportata per estesa, essendo un documento avente valore di legge, ha già acquisito la sua seconda tribunizia potestà, e questo, per quanto mi riguarda e per quello che viene accettato da tutti gli studiosi, toglie ogni dubbio sul fatto che l'imperatore l'acquisì una prima volta il 25 febbraio del 138 e la seconda il 10 dicembre dello stesso anno. Rispetto a Marco Aurelio è invece impossibile ricorrere alla documentazione ufficiale, poiché il suo nome non compare insieme a quello di Antonio nei diplomi emessi durante il regno di quest'ultimo e ci si deve affidare a quella secondaria, come tu hai appunto fatto per le monete, che però francamente non danno, per i motivi già espressi, una reale sicurezza nel merito. Personalmente un'idea me la sono fatta sull'anomalia che tu hai correttamente evidenziato, ovvero su un'abbondanza ingiustificata di esemplari che riportano la prima tribunizia potestà per Marco Aurelio, se questa fosse durata il solo spazio di 9 giorni, ma vorrei prima approfondire con altri elementi il mio pensiero. Grazie per l'attenzione e sarò lieto di leggere ogni tuo commento nel merito. Francesco2 punti
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Ciao a tutti, senza andare in Scozia, un carnyx ricostruito sulla base dei ritrovamenti archeologici a Sanzeno (TN). Anche questo viene suonato in varie occasioni culturali sul periodo. https://www.rainews.it/tgr/trento/video/2018/09/tnt-carnyx-karnyx-celti-tromba-suono-sanzeno-a87178e0-cc30-499d-80ee-114dd66d92e2.html2 punti
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http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2019/11/12/ritrovate-monete-rubate-museo-aretino_de494f85-679f-47ac-9006-acc094ae9bc8.html Una buona notizia con cui iniziare la giornata. Saluti Michele2 punti
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Salve. Ci sono poche probabilità di trovare qualche riferimento all'interno dei classici riferimenti per le monete romane repubblicane perché questa emissione non fu coniata a Roma. Si tratta infatti di un semisse in bronzo battuto in Spagna, a Carteia (nei pressi dell'odierna San Roque, Cadice), tra il 150 ed il 100 a.C. Al D/ testa laureata di Giove/Saturno a destra. Dietro: S. Al R/ prua di nave a destra. Davanti: S, sopra: L. MARC. e in esergo: CARTEIA. Riferimenti: SNG BM Spain, n. 1684. Rarità: R.2 punti
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Buonasera, secondo me è proprio il numerale 1... Per dargli un po' di colore puoi provare di massaggiarla con i polpastrelli con una goccia di olio di vasellina fino al completo assorbimento, poi la lasci all'aria qualche giorno su uno scottex girandola a metà del tempo...2 punti
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Buon pomeriggio a tutti gli amici del forum, parto subito nel dire che sono davvero contento che la discussione sul 10 mon "Hōei Tsūhō" sia stata particolarmente apprezzata e vi ringrazio tantissimo per questo! Oggi invece parlerò di un'altra moneta giapponese, decisamente più caratteristica rispetto ai 10 mon e secondo me la storia che gli gira intorno rappresenta bene sia il tentativo di risollevare l'economia giapponese che la successiva crisi del governo militare dello shogun: i 4 mon "Kan'ei Tsūhō". Immagine 1: Mon (emblema) del clan Tokugawa. Nel 1768 il ciambellano e consulente dello shogun Tokugawa Ieharu, Tanuma Okitsugu, commissionò la creazione di una moneta Kan'ei Tsūhō dal valore nominale di 4 mon per cercare di risolvere i problemi economici dello Stato. La prima versione fu lanciata presso la zecca di Fukugawa o di Kameido (al giorno d'oggi sono quartieri di Tokyo) nella capitale Edo, caratterizzata da un design iconico con 21 onde (Nami) sul rovescio. Le monete erano fatte in ottone con rapporto 68:24:8 tra rame, zinco e stagno. Immagine 2: 4 mon "Kan'ei Tsūhō" del primo tipo a 21 onde (Nami) con patina arancione (fa parte della mia piccola collezione). Nel 1769 il design del rovescio fu variato con uno stile più semplice di 11 onde e che non cambierà più nelle emissioni successive. La moneta da 4 mon è solamente 2 -3 millimetri più grande (circa 27 mm) della moneta da 1 mon "Kan'ei Tsūhō" (circa 24 - 25 mm) ed era molto economica da produrre. A causa dell'esaurimento delle miniere di rame giapponesi le monete "Kan'ei Tsūhō" da 4 mon vennero prodotte in quantità elevate (per esempio la produzione alla zecca di Kameido cessò nel 1788, con un totale di ben 157.425.360 monete coniate) grazie anche alla loro relativa efficienza in termini di costi rispetto alle monete da 1 mon. Mentre l'economia era ancora in crescita, la popolazione giapponese accettò queste monete al loro valore nominale visto la forte emissione e circolazione. Immagine 3: 4 mon del secondo tipo a 11 onde (immagine presa online) Tra il 1821 e il 1825 il governo dello shogunato Tokugawa commissionò un gran numero di monete da 4 mon. Poiché la produzione rientra nel periodo Bunsei (1818 - 1830), le monete sono soprannominate proprio "mon Bunsei". Rispetto alle monete in ottone del periodo Meiwa (1764 - 1772) prodotte in precedenza, le monete da 4 mon "Bunsei" tendono ad avere un colore più rossastro a causa dei metalli diversi rispetto al rame. Immagine 4: un 4 mon "Bunsei" (immagine presa online). Nel 1860 il governo Tokugawa autorizzò la produzione di monete in ferro da 4 mon "Kan'ei Tsūhō" a causa delle difficoltà finanziarie estreme, ma il tentativo di coniare monete con questo metallo non riuscì visto che il ferro è incline all'ossidazione rendendole quindi difficili da usare. Alla popolazione giapponese non piaceva scambiare le monete contenente rame con quelle in ferro perché non apprezzavano questo tanto quanto il rame. La produzione economica delle monete da 4 mon comportò a molte contraffazioni che venivano prodotte da zecche illegali e da quelle gestite dai vari domini controllati dai daimyo. Nel 1866 il governo iniziò a dare ai domini il permesso ufficiale di emettere i 4 mon "Kan'ei Tsūhō" con le proprie finanze (queste monete hanno spesso dei segni di zecca sul retro che le rendono abbastanza facili da identificare), una scelta drastica che influenzerà le dimissioni dell'ultimo shogun Yoshinobu Tokugawa e la caduta del Bakufu (shogunato) nel 1867 da parte dei domini (il più importante fu quello di Satsuma) guidati dall'imperatore Mutsuhito, dando così inizio alla famosa "Restaurazione Meiji". Immagine 5: 4 mon in ferro, emissione ufficiale del Bakufu (immagine presa online). Immagine 6: 4 mon in ferro emesso dal dominio di Aizu. Il segno di zecca èノ (immagine presa online). Spero che anche questa discussione sia di vostro gradimento! Purtroppo il sito non mi fa postare la mia moneta da 4 mon con le 11 onde, quindi aggiungerò le immagini successivamente tramite un commento. Per quanto riguarda l'idea della piccola guida sulla monetazione bronzea (vale anche ottone e ferro) Tokugawa mi servirà molto tempo in quanto vorrei prendere più materiale possibile (principalmente monete) in maniera tale da renderla completa e decente. Buona giornata a tutti e alla prossima! Xenon971 punto
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Questa mattina mi è venuta questa curiosità. Inutile dire che ho provato a cercare sul forum e su internet, ma senza successo. Grazie a chi risponderà. ?1 punto
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Buongiorno a tutti, ho appena pubblicato sul mio profilo di academia.edu un articolo che presenta una ricostruzione cronologica delle Tribuniciae Potestates assunte da Marco Aurelio. In particolare viene affrontata la problematica relativa all'allineamento del giorno di rinnovo della carica tra Marco Aurelio ed Antonino Pio, alla luce di varie evidenze numismatiche. Il tutto è preceduto da una breve introduzione sulle origini e sulla natura della Tribunicia Potestas in età imperiale. Ho infine aggiunto una tabella con l'elenco delle varie cariche ricoperte dagli imperatori Antonino Pio, Marco Aurelio e Lucio Vero. L'indicazione di ciascuna di queste cariche è corredata da una nota esplicativa. Il titolo dell'articolo è: "Marco Aurelio e il mistero della Tribunicia Potestas V - Una revisione delle datazioni delle Tribuniciae Potestates di Antonino Pio e di Marco Aurelio" Avevo già affrontato questo argomento in un'appendice del libro sulla monetazione di Faustina II dove, tuttavia, era presentato in modo quasi esclusivamente intutivo. In questo articolo ho voluto argomentare in dettaglio la questione così da chiarire il mio pensiero in tema. https://independent.academia.edu/ABusseni Resto quindi in attesa dei vostri graditissimi commenti ed opinoni. Grazie a tutti Alessio1 punto
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La moneta è stata coniata in India, ma è stata prodotta dagli inglesi per facilitare il commercio britannico in oriente, i caratteri orientali riportati sulla moneta lo denotano, Malaya, Hong Kong, Singapore ecc. ecc. E' un TRADE DOLLAR, in buona sostanza: I dollari commerciali sono monete d'argento coniate come monete commerciali da vari paesi per facilitare il commercio con la Cina e l'Oriente. Sono approssimati tutti in peso e finezza al dollaro spagnolo, che aveva fissato lo standard per una valuta comune di fatto per il commercio in Estremo Oriente.1 punto
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Si so che il Gigante ne decreta un NC ma naturalmente in rapporto alla conservazione... Che così non é purtroppo granché... Per carità, alla fine ogni moneta é bella per quello che é... Non mi piace di parlare di soldi, valori, guadagni in numismatica.. Questo perché sono un semplice collezionista che negli anni ha fatto del suo meglio per reperire ció che voleva o sperava di avere, dapprima senza internet, con internet mi sono dato una mano, e le mie risorse economiche non sono infinite o tali da assecondarmi in ogni mio hobbyes.. non sono neanche ossessionato alla rarità al fdc o spl altrimenti non se ne fa nulla.... Ma, onestamente, avevo capito che intendesse venderla... Ci mancherebbe, nessuno gli é lo puó negare, ma con le osservazioni mosse nel post precedente volevo un pó disilluderlo da pensare ad ampi introiti...tutto qui... Ma mai dire mai.... Saluti1 punto
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Un breve nota storica, ho preso qualcosina da una mia vecchia discussione. Questo fiorino di cui sopra, oggetto della discussione (coniazione 1851-1887), andò a sostituire/affiancare il precedente denominato "Il fiorino senza Dio" (coniazione 1848-49 - foto sotto), così popolarmente chiamato a causa della mancanza nella dicitura delle lettere D.G. (Dei Gratia >> per grazia di Dio).1 punto
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Per segno dello shogunato indico questo marchio: Ricorda che questo tipo di shirushi si trova anche sulle monete coniate ad Osaka e Sado visto che queste erano zecche ufficiali del governo. Per favore Tiziano lasciami qualcuna di Osaka disponibile, grazie!1 punto
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Azzardo il doge Francesco Erizzo FRANC ERI, anche se servirebbe immagine migliore del lato col leone. Prova ad inumidirla.1 punto
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Buonasera, posto l'altro mio 9 Cavalli 1792, come potete vedere al diritto i rilievi del Busto sono un po' bassi, ma ne sono innamorato soprattutto per il rovescio, si vedono ben definiti quelli che io chiamo scalini all'interno dell'arco di ingresso. Lo trovo molto particolare. Cosa ne pensate? Saluti Alberto1 punto
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Ciao a tutti, stavo guardando sul sito di Moruzzi Numismatica questa moneta di Costantino I che mi aveva particolarmente colpito per l'espressività del volto dell'imperatore: La descrizione e' questa: Impero Romano, COSTANTINO I, 307-337 d.C., PICCOLO BRONZO, Emissione: 330-331 d.C., D/ CONSTANTINVS MAX AVG, busto laureato con paludamento e corazza a destra, R/ GLORIA EXERCITVS / P CONST, due soldati stanti di fronte volti l'uno verso l'altro con lancia; in alto una corona, Zecca di Arelate, Rif. bibl. R.I.C., 345; Cohen, 254; Metallo: AE, gr. 2,78, (MR126290), Diam.: mm. 17,69, SPL . Però mi sembra che la classificazione non sia corretta. Infatti la RIC VII 345 e' così descritta da wildwinds: Arles RIC VII 345 Constantine I AE18, 2.53 grams, Arles. AD 330-335. CONSTANTI-NVS MAX AVG, rosette-diademed, draped and cuirassed bust right. / GLOR-IA EXERC-ITVS, two soldiers holding spears and shields with two standards between them with dots on banners. Star above the standards. Mintmark PCONST. RIC VII Arles 345; cf Sear (1988) 3886. Text Image A me sembra che possa trattarsi invece della RIC VII 370, anche se non ne sono convinto (mi sembra di notare alcune differenze): Arles RIC VII 370,P Constantine I, AE follis, Arles. AD 330-335. CONSTANTI-NVS MAX AVG, rosette-diademed, draped, cuirassed bust right. / GLOR-IA EXERC-ITVS, two soldiers holding spears and shields with two standards between them, with long rectangular banners. Wreath in upper centre. Mintmark PCONST. RIC VII Arles 370. Text Image Vista la mia inesperienza, mi farebbe piacere la vostra opinione non solo sulla classificazione, ma anche sulla moneta in sé. Grazie a chi vorrà intervenire. Stilicho1 punto
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Ciao Stilicho, proprio competente ancora no perché manca molta strada da fare e non si smette mai di imparare. Visti i ritratti di Antiochia? Sono vere e proprie opere d'arte! Auguro una buona serata anche a te, e continua così che sei forte nelle identificazioni e classificazioni!1 punto
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Buongiorno Non so se possa interessare poiché non sono a conoscenza della pubblicazione di un catalogo inerente tale asta, ma la prima asta puramente numismatica si tenne a Leida nel 1598 e riguardava la collezione di un aristocratico francese comprendente monete greche e romane.1 punto
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Dovrebbe essere libica: https://en.numista.com/catalogue/pieces79877.html https://www.zeno.ru/showphoto.php?photo=1133411 punto
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Io ho giudicato dalle foto, e da quelle ho espresso il MIO parere...se sapevo che sopra ci avevano anche , allora ti avrei detto hai fatto benissimo a pulirla...anzi consigliere anche un po' di Amuchina. Ciao Daniele1 punto
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Noi intanto ci siamo ...i Gazzettini ci sono, la targa pure...manca il prosecco ora ?1 punto
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per la mia conoscenza mi risulta l'asta Sambon del 1880, (ho il catalogo) dove fu esitata la collezione del Cav. Rossi. molte di quelle monete "papali" confluirono nelle collezione del RE..... Daniele1 punto
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Cari amici, anche per quest'anno ho creato il calendario 2020 scaricabile sul sito: http://www.roth37.it/COINS/Calendars/index.html Sperando sia di vostro gradimento invio cordiali saluti roth371 punto
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A proposito dei grafemi... Un grafema con due lettere scritte di seguito significa che dobbiamo tenerle unite nella risoluzione del rebus. Un grafema con due lettere distanziate tra loro significa che tra esse c’è la congiunzione “e” oppure “ed”. Come dire che la congiunzione "e" (o "ed") può essere omessa quando si trova tra due lettere che contraddistinguono un soggetto della vignetta (v. post # 1603).1 punto
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Ciao Galenus, Personalmente è il primo che vedo in un 1792. Ricordo solo il 9 Cavalli 1790 con questa "deformazione" in 1 della lettera I1 punto
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Complimenti @talpa, la tua biblioteca è sempre fornitissima. Posso chiederti di condividere le pagine, o riportarci, cosa dice Le Rider sui cosidetti "KANIKTUM"? Ti ringrazio molto.1 punto
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A margine, consiglierei la lettura anche di questo libro: Il regolamento degli scambi nell'antichità: III-I millennio a. C. a cura di Lucio Milano e Nicola Parise. Specialmente nel contributo di Lucio Milano vengono sottolineate le differenze tra il metallo, anche marchiato, e la moneta. @numa numa la tua proposta di studio mi interessa molto e penso dovrebbe essere approfondita.1 punto
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Ciao Simone, grazie per il parere. Purtroppo mi trovo in una situazione schizofrenica... da un lato le monete non si BUTTANO MAI VIA! - ognuno di noi ha il sacchetto / secchiello / botte / cisterna piena di "scarti", di cui però non ci si disferà mai... d'altro canto qui si tratta di riproduzioni che - anche se ne esitono molte per uso didattico - sempre patacche sono... Mi sa che ci dormo sopra. 'notte! Njk PS: i miei figli (tanto per rimanere in tema ittico) hanno già abboccato: mia figlia si prenderà le mie monete belle, mio figlio quelle di valore - non so chi dei due farà l'affare migliore, ma questo è secondario!1 punto
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Altro giro altra corsa... https://www.sixbid.com/en/bolaffi-/6808/monete-di-zecche-italiane/5603482/carlo-di-borbone-1734-1759?term&orderCol=lot_number&orderDirection=asc&priceFrom&displayMode=large&auctionSessions=7102|2302521 punto
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a quello con la cerva passato su Artemide il 26 -101 punto
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Due parole sul valore di questa banconota. Dalle foto, non pare di vedere pieghe , ondulazioni o piccoli difetti, forse l'angolo in basso a dx mi da qualche perplessità ma all'apparenza pare un qFDS o FDS. Magari @Marzio Baratti può toglierci tutti i dubbi. Il Dec. 4.01.1968, quello della banconota, assieme al 25.07.1964 sono quelli che spuntano una maggior valutazione, vista la minor tiratura rispetto agli altri. Ecco uno stralcio del catalogo. 4.07.1962 Carli-Ripa 300.000 da A1-0 000.001 aV15-1.000.000 C 8 15 40 55 100 Officine della Banca d’Italia di Roma 05.07.1963 Carli-Ripa 100.000 da A16-0 000.001 a V20-1.000.000 C 10 25 60 100 170 Officine dell’Istituto Poligrafico dello Stato di Roma 14.01.1964 Carli-Ripa 100.000 da A21-0 000.001 a V25-1.000.000 C 10 25 70 120 220 25.07.1964 Carli-Ripa 40.000 da A26-0 000.001 a V27-1.000.000 C 10 30 115 180 350 Officine della Banca d’Italia di Roma 10.08.1965 Carli-Febbrajo 160.000 da A28-0 000.001 a V35-1.000.000 C 8 15 40 55 100 20.05.1966 Carli-Febbrajo 120.000 da A36-0 000.001 a V41-1.000.000 C 8 15 40 55 100 04.01.1968 Carli-Pacini 30.000 da A42-0 000.001 a L43-1.000.000 C 10 25 90 160 350 Per completezza, il Gigante gli attribuisce gli stessi valori e un bel R2, va be magari hanno esagerato... Questa di seguito è un'asta appena conclusa. https://asta.inasta.com/it/lot/100460/cartamoneta-banca-ditalia-repubblica-/ Ha chiuso a 210 euro più diritti più spedizione. Ho scritto un po, ma quando si da un'opinione o una valutazione diversa mi sembra doveroso motivarla.1 punto
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queste soluzioni vanno bene per monete da 30 euro, vi fidate a tenerci monete da centinaia o migliaia di euro cadauna con il rischio che i ladri portino via tutto?1 punto
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