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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 07/06/19 in tutte le aree

  1. Salve @odjob. Innanzi tutto, grazie per il tuo intervento che ho seguito molto attentamente. Permettimi, però, di dissentire con te su alcuni punti, che argomenterò di seguito, perché non sono del tutto corretti. Inizierei lasciando da parte Wikipedia: la ricerca, quella scientifica, passa per ben altre fonti. Per avanzare l'ipotesi dell'esistenza di una nuova zecca, come leggo nel tuo primo post (cito: "Potrebbe trattarsi di una Zecca inedita nel foggiano oppure di una zecca conosciuta tipo Lucera, Siponto (poi Manfredonia) in epoca antica (a.C.) ma di cui non se ne conosce l'operatività nei secoli IX e X della nostra era") servono prove concrete: non necessariamente una zecca attiva in epoca antica (tu dici molto genericamente "a.C.", quindi credo di capire che ti riferisca al periodo greco-romano, almeno fino al I sec. a.C.) rimase in attività anche nell'Alto Medioevo. Mi preme ricordare, quindi, che le zecche antiche, soprattutto quelle del primo Medioevo, non rimanevano aperte ed operative per anni interi con la stessa soluzione di continuità (forse come molti di noi oggi immaginano), ma, al contrario, i periodi di attività erano intervallati da altri periodi, a volte anche lunghi, di stasi e di chiusura (come nel caso della zecca di Salerno dopo Guaimario I). Questi periodi di inattività erano interrotti da nuove riaperture che avevano tempi di durata molto diversi (da pochi mesi a diversi anni, in base alle esigenze dell'autorità politica che ordinava la coniazione). Infatti, nell'Alto Medioevo, i regnanti coniavano in modo discontinuo aprendo o fondando zecche solo all'occorrenza in base alle loro necessità contingenti. Quindi, ipotizzare una continuità di zecca, addirittura nell'ordine di diversi secoli, dal I sec. a.C., se non addirittura precedente a questa datazione, al IX-X secolo mi sembra altamente improbabile. Occorre escludere anche l'ipotetica zecca di Melfi, finora un vecchio "mito" numismatico che ha condizionato l'attività di numerosi studiosi senza che fosse prodotta un'adeguata documentazione che comprovasse concretamente la sua esistenza. Inoltre, la zecca di Melfi, qualora esistesse davvero, fu prerogativa normanna, in quanto loro antica capitale prima della conquista di Salerno, e ricordo che i Normanni non coniarono denari o mezzi denari in argento in Italia meridionale: al contrario di quello che fecero, in realtà, i Longobardi. Anche Melfi, dunque, capitola. Per quanto riguarda la tua affermazione, cito testualmente: " D'Andrea ci parla di operatività della Zecca di Lucera in periodo medievale", dovevi essere più preciso. A quale studio del D'Andrea ti riferisci? Qual è il "periodo medievale" a cui si fa riferimento? Perché, vedi, a me basta rispondere con: "Una zecca fu attribuita a Lucera sia nel 1240 sia nel XV secolo, ma in entrambi i casi l'attribuzione è errata". Tratto da G. Ruotolo, "Lucera", in L. Travaini (a cura di), "Le zecche italiane fino all'Unità", I, Roma 2011, p. 809. Siamo lontani anni luce dal periodo della moneta in esame (X secolo) e non è stata mai provata l'esistenza di una zecca a Lucera a partire dal XIII secolo! Quindi, via anche Lucera! La zecca di Matera l'avevi già tirata fuori in quest'altra discussione: https://www.lamoneta.it/topic/144205-guglielmo-conte-di-puglia/?tab=comments#comment-1652008 e da allora nulla è cambiato su questo fronte. Non credo che occorra citarla all'occorrenza, ogni qualvolta ci troviamo di fronte ad una nuova moneta longobarda o normanna. Poi, sarei curioso di leggere qualche studio scientifico, e sottolineo, che spero tu voglia consigliare a tutti noi in merito a questa zecca finora taciuta dai principali repertori. Sia nel tuo primo che nel tuo secondo intervento mi pare di capire che le abbreviazioni SA-TA siano da sciogliere in SANCTA, con "Maria" sottinteso. Anche qui c'è un refuso, perché, se pure diamo per buona la tua interpretazione, "sanctus. -a, -um" è un aggettivo e in quanto tale può riferirsi, nel nostro caso, a qualsiasi altra santa venerata nella liturgia beneventano-capuana o anche franca: mica solo la Vergine Maria godeva di tale appellativo? E allora, chi è questa "Sancta"? Quali prove ci sono che tale titolo onorifico era rivolto solo a Maria? Se confrontiamo la tua ricostruzione con le altre due monete da me illustrate in figg. 2 e 3 dovresti notare che il titolo "Sancta" è accompagnato sempre e in modo esplicito dal nome "Maria". Per quale motivo il mezzo denaro inedito presentato nel mio saggio dovrebbe riportare solo l'aggettivo/appellativo senza indicazione alcuna del soggetto a cui è riferito, mentre nelle altre serie il soggetto c'è e si legge anche chiaramente? Che poi godesse di particolare venerazione presso i Franchi non dimostra nulla, perché, guarda, molte delle antiche cattedrali longobarde dell'Italia meridionale erano dedicate al culto della Vergine. Dunque, via anche l'interpretazione di "Sancta" [Maria]. Passiamo, quindi, al tuo secondo intervento, il n. 16 di questa discussione. Inizio subito leggendo che il Capodiferro non avrebbe avuto l'autorità per battere moneta a Capua perché spettava all'imperatore. Che i rapporti politici siano stati particolarmente stretti tra i due non vi sono dubbi, così come non vi è dubbio alcuno nell'ingerenza imperiale nella scelta di Giovanni XIII come pontefice, e mi sembra che su questi punti mi sia soffermato abbastanza. Il problema è che su questa serie monetale non leggiamo il nome di Pandolfo I, quanto quelli di san Tammaro, nel nostro caso, e della Vergine negli altri due in figg. 2 e 3. Dunque, emettendo questa serie, il Capodiferro non veniva meno al suo impegno politico con Ottone perché semplicemente l'autorità emittente su queste monete non compariva mediante l'indicazione del suo nome. Altrimenti, dovresti cortesemente contestualizzarmi, in rapporto sia alla politica imperiale tedesca che a quella imperiale bizantina, i mezzi denari capuani descritti in A. D'Andrea-V. Contreras, "Le monete delle zecche minori della Campania", II, Castellalto 2011, pp. 48-54, dal n° 3 al n° 9 e poi in Id., "The coins of indipendent Lordships in Campania", Acquaviva Picena 2015, pp. 45-47, dal n° 30 al n° 36. Sui follari con san Demetrio e quelli attribuiti alla zecca di Bari rimando a L. Travaini, "La monetazione nell'Italia normanna", Zurigo-Londra 2016, p. 11*, n° 203 e 203a. Inoltre, si veda anche L. Lombardi, "Sui follari normanni con san Demetrio", in "QdS del Circolo Numismatico Mario Rasile", LXIX, Cassino 2005, pp. 25-40. In queste due sedi già si possono ravvisare i motivi di queste riattribuzioni di zecca. Non occorre aggiungere altro. Sul culto di san Tammaro a Benevento, invece che a Wikipedia, occorre rifarsi agli studi condotti da A. Vuolo, professore di Letteratura latina medievale e Storia del Cristianesimo all'Università degli Studi di Salerno, e opportunamente citati nel mio saggio, oltre che brevemente riassunti nel mio intervento in questa discussione al n. 4. Per tutto il resto, le ipotesi vanno provate con dati autorevoli alla mano, come mi sembra di aver fatto sia nel mio saggio che in questa sede. Colgo l'occasione per sollecitare l'intervento, qualora avessero voglia e tempo, degli esperti di questa monetazione che, sono sicuro, siano ancora molto attivi in questo nostro spazio virtuale. Credo che così potremmo godere di numerosi e validi spunti di riflessione.
    4 punti
  2. Buon fine settimana a tutti. Ultimo arrivo in collezione: Grano Cavalli 1798
    3 punti
  3. 1888 In quell'anno nella teutonica Prussia gli imperatori vanno e vengono senza alcun risparmio; se un po' di danno l'hanno fatto (Wilhelm II, detto Guglielmone, il suo contributo ai morti 14-18 l'ha dato, eccome) in compenso un loro connazionale ha donato all'umanità un prezioso oggetto. In effetti Emile Berliner, il protagonista del nostro intervento, era prussiano per forza: nativo di Hannover, ha dovuto giocoforza diventare prussiano, quando la Prussia annettè il regno di Hannover nel 1866. Questo però non gli ha impedito di brevettare, nel 1888, il grammofono e, soprattutto, il disco fonografico. Da allora in poi la vita ha assunto un altro colore, anzi, un altro suono. Grazie Emile!
    3 punti
  4. Buonasera, appena arrivati gli ultimi acquisti dall'asta Bertolami, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questa moneta, non introvabile, ma abbastanza rara, pesa 8,96grammi, nel punto più largo misura 23mm
    2 punti
  5. Insomma, un po' limitativo, non trovi? E gli orologi a cucù, dove li metti?
    2 punti
  6. Segnalo l'uscita del numero estivo (luglio-agosto) 2019 di Panorama Numismatico Questo è l'indice: Curiosità numismatiche – Pag. 3 Lorenzo Bellesia, Un nuovo denario ibrido di Giulia Domna – Pag. 9 Roberto Diegi, La pietra nera di Elagabalo era quasi certamente un meteorite. Uno sguardo rapido alle sue monete – Pag. 11 Lorenzo Bellesia, Una grida bolognese del 1710 e le monete ancora in circolazione di Mantova, Guastalla e Mirandola – Pag. 15 Marco Bianchi, Conio variato nelle monete da 40 lire 1815 Maria Luigia per Parma – Pag. 23 Giuseppe Gasbarro, È un mezzo denaro di Macerata? – Pag. 26 Giorgio Fusconi, Un interessante denaro Antiquiore di papa Valentino – Pag. 27 Fabio Robotti, La Sacra Sindone e Casa Savoia – Pag. 33 Notizie dal mondo numismatico – Pag. 46 Giovanni Ardimento, Il Banco di Sicilia negli itinerari trasfigurativi di una emissione: il 500 lire tipo 1897 – Pag. 47 Gaetano Russo, Dalla monarchia alla Repubblica: una transizione epocale a margine di una banconota – Pag. 55 Mostre e Convegni – Pag. 62 Aste in agenda – Pag. 63
    1 punto
  7. Buongiorno e bentrovati a tutti. Ho letto già diffusamente tutti i post e le discussioni sull'argomento di cui sto per parlarvi... ed ho trovato varie risposte; volevo tuttavia un parere da parte di chi è più competente di me (che poi non lo sono affatto!). Allora, sono recentemente entrato in possesso di un modello di gesso (che pessima rima) di un asse Giano-prora di nave. Proviene dalla collezione di un anziano appassionato. Mi risulta che in passato sia gli studiosi sia i collezionisti facevano riproduzioni in gesso o cera di originali per motivi di studio o per condividere informazioni. Ecco.. a me è capitato uno di quei modelli in gesso. Ve lo posterò quanto prima. Ho sempre saputo che l'asse Giano-Prora ha un diametro di circa 6 cm ed un peso "librale", cioè teoricamente di 327 gr., più verosimilmente di 260-270 gr. Insieme ad un mio amico, abbiamo preso il mio esemplare in gesso, lo abbiamo usato per fare una copia in resina che, a sua volta, abbiamo usato per fare una riproduzione in bronzo (con il calco, la sabbia e tutto il procedimento di fusione che ora non sto qui a spiegarvi.). Naturalmente la copia fatta è stata adeguatamente punzonata con tutte le diciture che la identificano come falso realizzato per scopi di studio. Posterò la foto più avanti. Ora, questo esemplare in bronzo dovrebbe pesare esattamente quanto l'originale da cui è stata tratta la copia in gesso... salvo qualche minima variazione dovuta al processo di lavorazione e - ipotizzo io - alla differente lega di bronzo... ma il peso dovrebbe più o meno essere coerente con l'originale... quindi diciamo intorno ai 270 grammi. Invece, alla fine, la copia in bronzo pesa tra i 160 ed i 170 grammi. Allora io adesso vorrei chiedervi... è possibile? Potrebbe essere un asse di riduzione semilibrale? Il diametro è coerente con questa ipotesi? Avreste dei riferimenti? Grazie mille Flaminius
    1 punto
  8. taglio        2 euro paese   San Marino anno 2017 tiratura 600.000 condizioni spl città Milano taglio        2 euro paese   San Marino anno 2019 tiratura ?? condizioni spl+ città Milano
    1 punto
  9. Buonasera a tutti, ultimo arrivato nella Famigliola Borbonica Collezione Litra68, il mio modesto ma tanto desiderato 4 cavalli 1789 cifre divise.
    1 punto
  10. Concordo con l'appellativo Maestro. Ma desidero fare presente che ce ne sono anche altri che meritano questo appellativo..alcuni sono ormai scomparsi ma altri sono vivi e vegeti. Angelo Bazzoni per esempio era uno di quelli che "ci capiva"
    1 punto
  11. Salve a tutti gli utenti del forum contribuisco postando il mio esemplare di 5 tornesi non di eccelsa conservazione ma collezionabile.
    1 punto
  12. Più raro del 1622 è molto vago: il conio del 1622 con B - C è R5, con B - C 1623 è R5; quello del 1622 è con MC è R4, quello con MC/C del 1622 è C.
    1 punto
  13. Ritrovamento finale della settimana, a meno che il weekend non riservi sorprese...buon fine settimana Taglio: 2 euro Nazione: San Marino Anno: 2016 Tiratura: 902.067 Conservazione: qSPL Località: Torino
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  14. Innanzitutto "bel marenghìn" alla piemontese ! Riminiscenza sui "marenghìn": durante gli anni 1943-45 nelle Langhe la guerra civile infuriava. Una delle questioni più spiacevoli era che ( se non ti bruciavano la casa ) , ti requisivano tutto ( vitelli, farina vino, galline etc ). In pratica non avevi da mangiare. Mia bisnonna materna (essendo a quel tempo contadini ma proprietari di cascina e quindi...relativamente "abbienti" ) ricevette in dote un paio di Kg di "marenghi" (!). Di fronte alla situazione instabile, li nascose in un paiolo dove raccoglieva le... deiezioni del pollame e dei conigli. Non c'era da mangiare, anche perchè ogni tanto i miei famigliari nascondevano un gruppo di partigiani che era braccato dai nazi-fascisti. Quindi, quando il cibo mancava, prendeva una moneta ed andava al " mercato nero" a comperare il necessario per sfamare la propria famiglia "allargata". Così sono sopravvissuti tutti, anche se i " marenghìn" sono spariti quasi tutti. Metto uno dei "marenghìn" del paiolo...lavato ☺️ 1865: anno importante per la storia e la scienza. Scelgo, da medico, Joseph Lister e l'introduzione dell'antisepsi che ha salvato milioni di vite. Ma anche l'enunciazione delle Leggi sull'ereditarietà di Mendel.
    1 punto
  15. Se tutto procede presenterò il mio nuovo volume su prove e progetti...
    1 punto
  16. Ciao @skubydu, hai perfettamente ragione che la Bertolami ben lo specificava (Sicily, Tyrrhenoi, 354/3-344 BC. Æ (23mm, 8.96g, 5h). Helmeted head of Athena r. R/ Athena standing l., holding spear and shield. CNS III, 2; HGC 2, 1658. Rare, tooled and smoothed, Good VF), l'ho letto ed ho deciso di prenderla ugualmente perchè mi piaceva, hai perfettamente ragione anche sul fatto che la tipologia è abbastanza rara e perciò campo di falsari, per questo mi ci son finito a guardarla ma secondo me è buona. Giusta anche che questa tipologia è coniata su Bronzi di Siracusa Testa di Athena /Ippocampo come peso stiamo dai 4,50gr circa ai 9,50gr circa La Litra giustamente come sorella maggiore è coniata su Litre di Siracusa Testa di Athena/Stella e Delfini e come peso si và da circa 24gr a 35gr circa
    1 punto
  17. AVVISO : Offrisi due o tre pagine del Gazzettino per pubblicare ipotesi e sottolineo ipotesi da offrire per ulteriori riflessioni e approfondimenti alla comunità scientifica sulle monete con la P, potrebbe dare ulteriori stimoli per studi e comunque e’ divulgazione ... Certo ci vuole uno o due volontari ... io ci provo sempre ...?
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  18. Ho sempre pensato che questa discussione possa portare al collezionismo e a valutare meglio il documento moneta nel tempo. E’ sicuramente un bello spot per la numismatica, non sarebbe male anche “ un il meglio di ...’” con gli esempi più rappresentativi o riferiti a un solo periodo storico da mettere su un Gazzettino e fare altra divulgazione ?, secondo me una decina di monete ben scelte e pubblicate possono portare altre passioni e interesse ...la butto li’
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  19. a questo punto sarebbe interessante vedere il risultato con le foto, comprese quelle del calco, della copia/matrice in resina e del prodotto finito (ancora non riesco a comprendere se trattasi di un esperimento o boh! - anche perché tutto questo ha bisogno di una certa attrezzatura ed esperienza su campo della fusione)..
    1 punto
  20. questa volta non si può dire nulla; la descrizione riportava chiaramente gli interventi subiti dalla moneta, che hanno ridefinito i dettagli. Quando si acquista una moneta si scatenano una serie di fenomeni emotivi che sono chi la compra può provare e spesso difficilmente raccontare. Personalmente non prediligo questo genere di monete, le preferisco in minor conservazione ma più naturali, con meno interventi voluti.... Sono cmq monete rare, sempre riconiate su Athena / stella-delfini, per in numerario con maggior valore (che è poi il falso postato da Apollonia,, allego l'immagine di un esemplare autentico per confronto, pulito sicuramente ma non in modo invasivo) e su Athena / ippocampo per il numerario di minor valore, quello comprato da te zenzero. Sono anche monete falsificate, pertanto attenzione... ciao skuby
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  21. Ciao @Flaminius , se avete usato un bronzo "moderno" questo non contiene rame e stagno ma rame e zinco , si chiama ottone e contiene in media circa il 40% di zinco e 60% di rame , contro il bronzo antico che conteneva circa il 90% di rame e il 10% di stagno , ma nella lega erano inoltre presenti anche altri minerali di impurita' dovuti alla raffinazione antica non eccelsa dei due minerali principali . Circa le fonti , queste le trovi anche in rete , comunque leggi le ottime le informazioni numismatiche di @gpittini
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  22. Salve @Enry78...valore e interesse numismatico lo hanno solo le monete che hanno svolto funzioni di circolante effettivo all'epoca della loro emissione, quindi nel caso di monete d'oro sterline, marenghi, dollari e altre tipologie monetarie dell'ottocento e del primo novecento, le sterline non circolanti non hanno svolto funzioni monetarie ed hanno esclusivo valore di tesaurizzazione dell'oro contenuto, se sei interessato anche al valore numismatico la monetazione aurea cosiddetta bullion non fa al caso tuo, tutte le monete di questo tipo valgono per il solo quantitativo aureo e così sarà con ogni probabilità anche in futuro, sono sostanzialmente lingotti in forma di monete... se hai una preferenze per le sterline ci sono quelle della regina Vittoria in pezzi da cinque, due, una e mezza sovrana che sono splendide ed effettive monete con pieno valore numismatico e anche economico vista la loro facile commerciabilità, altre monete auree di sicuro interesse numismatico e storico sono i pezzi da 20 e 40 franchi e da 20 e 40 lire dell'epoca napoleonica.
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  23. Buonasera, ci troviamo ad un anno dalla proclamazione del Regno D'Italia, siamo nel 1862, cosa succede? In Italia e nel mondo. Marengo collezione Litra68. (Scusate per le foto poco chiare) la fonte degli articoli è sempre il web.
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  24. Premetto che raccolgo ogni genere di oggetto monetiforme perché proprio non ce la faccio a lasciarlo a terra. Monete se ne trovano ma generalmente molto piccole, ultimamente ho riscontrato un'impennata di ritrovamenti di spiccioli americani e inglesi, e poi le immancabili monete svizzere. Ammetto però che i miei ritrovamenti preferiti sono quelli delle vecchie lire. Si trovano abbastanza spesso le 200 lire, perché la gente le confonde con i centesimi di euro, mentre stranamente le 500 lire non mi capitano mai. Giusto ieri ho trovato 200 lire del 1998 praticamente FDC, un po' mi sono commosso ?. Negli anni ho trovato monete di questi Paesi: Brasile, Germania (pre-euro), Austria (pre-euro), Belgio (pre-euro), Francia (pre-euro), Regno Unito, Irlanda (pre-euro), Stati Uniti (anche una banconota da 1 dollaro), Polonia, Sudafrica, Ghana, Messico, Thailandia, Egitto, Giappone, Corea del Sud, Croazia, Canada, Spagna (pre-euro), Norvegia, Cina, Svizzera, Romania.
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  25. Senza togliere niente a nessuno ne tantomeno il voler indicare come allievi gli altri. Sarà perchè nelle vicinanze ,sarà perchè in fatto di Repubblica Italiana io non so più a chi rivolgermi...per me resterà la perdita di una fonte d'insegnamento e soprattutto di una guida .
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  26. Nulla che meriti l'attenzione di questo forum._ Vai all'isoletta mese prossimo ? Tutto bene ? sto leggendo il tuo volume.. mi sto culturizzando ..ci voleva ;a tanti quesiti e a "motivi" numismatici in ombra ,pian piano vi ci trovo le risposte . Resto in attesa delle tue prossime pubblicazioni . Augura a te e naturalmente a tutti quelli che ci culturizzano numismaticamente e a chi ci legge un meritato sano rilassante riposo estivo.
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  27. Ciao ragazzi, vi mostro un po' di francesconi oggi! Il resto delle foto domani appena posso.
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  28. DE GREGE EPICURI La serie 38 di Crawford è fusa, semilibrale e il peso dell'asse è tendenzialmente di 132 g. I primi assi coniati si trovano nella Cr. 41, e pesano al massimo 67-70 g. La cosa strana è che nella Cr.41 ci sono anche degli assi fusi, con peso estremamente variabile, come indicato anche dal nostro catalogo (dai 40 g. in su!). Beh, mi pare evidente che la seriazione di Crawford sia probabilmente da revisionare, come in effetti aveva iniziato a fare R.Russo e come sta facendo A. Mc Cabe.
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  29. Taglio: 1 Euro Nazione: Lituania Anno: 2015 Tiratura: 30.000.000 Condizioni: MB Città: Torino Taglio: 10 Cent Nazione: Slovenia Anno: 2018 Tiratura: 3.000.000 Condizioni: BB Città: Torino
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  30. Bella discussione alla quale provo a dare il mio contributo. Varchiamo l'oceano, con questo dollaro Morgan del 1883 E' l'anno in cui, il 24 maggio, a non molta distanza da Philadelphia, dove la moneta è stata coniata, viene aperto definitivamente al traffico, allora solo pedonale e di carrozze, il Ponte di Brooklin, qui ripreso nella celebre inquadratura del film C'era una volta in America E' in quell'anno, il 6 gennaio, che nasce il poeta e scrittore Khalil Gibran celebre, tra l'altro, per i suoi numerosi aforismi, tra i quali ne ho scelto uno che mi sembra particolarmente indicato per i (brutti) tempi attuali: "È strano come tutti difendiamo i nostri torti con più vigore dei nostri diritti." petronius
    1 punto
  31. Effettivamente non credo che l'asse ruotato comporti alla moneta un salto di qualità del genere. Un'anomalia più che una rarità, anche perchè, credo, che ci siano molte monete del regno con assi più o meno spostati. Comunque, parere sempre personalissimo, non comprerei mai una moneta solo perchè ha gli assi spostati. Poi.... de gustibus...
    1 punto
  32. In questa foto, partendo da destra troviamo lo stemma dei reduci 1848/70, un bottone da cappotto in osso con leone di Venezia in foglia d'oro; una spilla in argento con leone di Venezia in lava per abito da sera femminile; un ciondolo in bronzo raffigurante il leone di Venezia ed in ultima lo stemma da berretto del 1848 della Banda civica di Venezia
    1 punto
  33. insieme quasi completo di tutte le medaglie non portative coniate dal 1848 al 1896
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  34. Ciao @Flaminius , vorrei chiederti quale lega hai utilizzato per la tua riproduzione dell' Asse , questa lega al tempo in cui fu fuso l' Asse era composta di Rame e Stagno in percentuali di circa 9 : 1 . Per la tua prova hai utilizzato questi due minerali nelle percentuali circa 90% e 10% ? Inoltre penso che avrai calcolato un po' di perdita del peso finale in bronzo dovuto ai tre passaggi : gesso / resina / bronzo .
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  35. Grazie per averle condivise, sono comunque dei gran pezzi di storia. Le date sono illeggibili per le foto sfuocate. I 3 Cavalli sono i nominali più difficili da collezionare e da studiare, per la loro difficoltà a reperire in ottima e leggibile conservazione.. Questo è il gruppetto che sono riuscito a riunire in tanti anni, incompleto per alcune varianti mancanti. Spero vi piacciano.
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  36. Buongiorno a tutti, @Rocco68 sono una piacevole visione, ognuno con la sua gradazione di colore, ognuno con la sua particolarità, mai visti tanti bei pezzi tutti insieme, complimenti e grazie ancora per averli condivisi. ?
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  37. Pubblico anche io la mia! comune annata, meno di patina...intatta nei secoli
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  38. @Litra68.... Come posso non accontentare la tua richiesta? Foto di gruppo dei miei 4 Cavalli. 1788 1788 1789 1790 SICI 1790 SICIL data larga 1790 SICIL data stretta 1791 1792 1804
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  39. L'attività di zecca a Kostanjevica e le sue fasi iniziali. Nel giugno 1195, in una dieta promossa a Milano dall'arcivescovo salisburghese Adalberto, viene emanato un editto, da parte dell'imperatore Enrico IV, in cui si proibisce di imitare le emissioni di Salisburgo. (Fig. 1) Fig. 1 Aquileia e la sua zecca, con Pellegrino II fa coniare allora monete larghe, scodellate, di fattura originale e stilisticamente ricercate, staccandosi dell'influenza frisacense: un denaro anonimo (M.I.R. Triv. z.m., n°8) che reca impressa la figura del Patriarca al dritto e un tempio con frontone tra due torri al rovescio. (Fig. 2) Con legenda AQVILEGIA P Fig. 2 Questo denaro viene quasi subito (poco dopo il 1195) preso a modello dalla collegata zecca tergestina (Trieste) e dal suo Vescovo Wolcango. (M.I.R. Triv. z.m., n° 273; Fig. 3) Con legenda TRIES EPISCOP Fig. 3 e dalla Contea di Gorizia (Mainardo II, 1186-1232 in coabitazione con Engelberto III,, fino al 1220) con due differenti indicazioni di zecca: la città di Lienz, con la legenda LIVNZALIS o DELIVNZO, (M.I.R. Triv. z.m., n° 102-3; Fig. 4) e la cittadina portuale di Latisana, con la legenda PORTVTESANA (M.I.R. Triv. z.m., n° 170; Fig. 5) Fig. 4 Fig. 5 La distinzione di legenda probabilmente indica una differente destinazione d'uso: i primi per i mercati posti nei territori d'oltralpe, i secondi per i territori ed i mercati posti tra l'arco alpino e il mare Adriatico. Le emissioni goriziane smettono di essere prodotte prima del 1202, come si evince dal carteggio Patriarca/Conti in cui vengono sottolineate alcune usurpazioni da parte goriziana dei diritti/doveri tra cui anche quello di coniar, o meno, moneta. Nel territorio, che durante il medioevo viene definito Carniola, corrispondente oggi a parte dell'odierna Slovenia, dopo l'estinzione della famiglia Eppenstein il Duca carinziano Bernhard II di Spanheim (1202-1256) ne eredita alcuni possedimenti. Landstrass acquisisce potere amministrativo/commerciale nonché politico e alla pari di Lubiana il Duca vi apre due zecche. Queste zecche, strettamente connesse, a causa dell'influenza dominante del Patriarcato di Aquileia nell'area, agli inizi della loro attività emettono denari a imitazione degli scodellati aquileiesi e successivamente, per esigenze commerciali vengono coniati anche denari (pfennig) sul piede delle emissioni frisacensi. (Fig. 6) Ad oggi la letteratura numismatica assegna a Landestrass e Lubiana denari imitanti, almeno al rovescio, le coniazioni patriarcali di Volchero (1204-1218, M.I.R. Triv. z.m., n° 9-10) indicando un periodo prossimo al 1215 l'inizio delle emissioni. Un ritrovamento recente, con il metaldetector (per ovvie ragioni si omette luogo e nome del rinvenitore), di un denaro scodellato del tutto simile alle emissioni sopra descritte di Aquileia, Trieste a nome di Landstrass permette di anticipare di almeno un decennio l'attività di coniazione. Si tratta di un denaro scodellato (peso: 0,9 grammi circa, diametro: 21 mm) che ricalca lo stile delle monete del Patriarca, e parente stretto del Duca, Pellegrino II. Il peso, inferiore a quello dei paralleli denari di Aquileia/Trieste avvalora l'ipotesi che si tratti di un'imitazione creata, come nel caso della Contea di Gorizia, per approfittare della favorevole accoglienza ad essi riservata.
    1 punto
  40. Il mio consiglio è di lasciare i buchi dove stanno... saluti TIBERIVS
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  41. La risposta e' SI attualmente, sicuramente il futuro riservera' una sorpresa. Allo stato attuale degli studi sulla monetazione sabauda non si conosce nessuna moneta attribuibile al Conte Umberto Biancamano dal quale inizia questa dinastia. Del figlio Amedeo I fino ad oggi non si conoscevano monete , vi anticipo che nell' imminente volume dell' amico Rovera avremo una bella novita' a riguardo.. Giusto per incuriosirvi ancora di piu' mi limito a dirvi che anche la Marchesa Adelaide ha battuto moneta durante la sua reggenza per i figli Pietro I e Amedeo II- Per Amedeo II avremo due nuove tipologie mentre il vecchio denaro e l' obolo che in passato erano attribuiti a questo Conte saranno trasferiti ad Amedeo III Tante altre novita' cambieranno fra qualche settimane le nostre conoscenze sulla monetazione sabauda.
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  42. Salve a tutti. Ringrazio @dareios it Lorenzo per la presentazione e per aver apprezzato il saggio su questa moneta che mi ha permesso di riscoprire e raccontare una storia che ha avuto interessanti risvolti non solo dal punto di vista numismatico. Confido di riuscire, in queste poche righe, a riassumere in modo efficace il contenuto del mio studio. Veniamo subito alla descrizione dell’esemplare finora inedito (fig. 1): D/ SA sormontato da tratto di abbreviazione. Contorno perlinato. R/ TA sormontato da tratto di abbreviazione. Contorno perlinato. Fig. 1. Si tratta di un denaro, o, come viene comunemente riconosciuto dalla bibliografia tradizionale, un mezzo denaro, in argento dal peso di 0,42 g. con un diametro di 13 mm. Questi dati mi hanno subito permesso di effettuare un paragone con gli altri cosiddetti mezzi denari (tale dicitura è da me usata in senso convenzionale) usciti dalla zecca capuana nel corso del X secolo, poiché molto simili tra loro. A differenza degli altri nominali coniati a Capua, però, il nostro caso presenta la totale assenza del nome di un regnante, come invece si riscontra sul resto della produzione argentea longobarda capuana, mentre reca al suo posto queste due singolari abbreviazioni, evidentemente interconnesse tra loro. Ho pensato che si potesse trattare di un’emissione “religiosa” e la mia ipotesi ha trovato conferma nell’accostamento della moneta in questione con altre due piccole monetine finora note, ed attribuite tradizionalmente alla zecca di Benevento, che recano legende mariane complementari su entrambi i lati (figg. 2 e 3). Fig. 2. Fig. 3. Anche a livello pondometrico è possibile accostare tra loro questi esemplari, poiché rispettano quasi sempre lo stesso range di peso. Ma le analogie non sono finite qui, perché se si nota bene lo stile con cui sono stati tracciati i caratteri si evidenziano molti punti praticamente identici che accomunano queste ultime due monete con quella in oggetto: ad esempio, la particolare forma cuspidata degli apici oppure il modo di rendere la lettera A, dalla forma estremamente squadrata e spigolosa. Inoltre, persino lo stile della perlinatura sembrerebbe avvicinare i tre esemplari. Ho poi notato che la C nella legenda di D/ in fig. 2, dalla forma quasi quadrata, non è stata mai prodotta su nominali di sicura origine beneventana, soprattutto in quei casi dove si è riscontrata la presenza della stessa abbreviazione SCA. Il che mi ha portato a pensare che questi tre mezzi denari formassero una serie unitaria e che non uscirono dalla zecca di Benevento, come finora si è detto e scritto, ma da quella di Capua. Ma per cosa stanno queste due abbreviazioni, SA e TA? Come ho detto prima, la soluzione più probabile, vista anche la serie in cui è inserita, è che si tratti dell’indicazione del nome di un santo. Ho creduto possibile, quindi, sciogliere le due abbreviazioni in SA(NCTUS) TA(MARUS), ovvero san Tammaro. Vi risparmio le poche note agiografiche che si possono reperire sulla figura di questo santo, ma è importante notare come il suo culto sia radicato, e poi da qui si sia diffuso nell’entroterra campano, nelle regioni corrispondenti alla Liburia e alla Terra di Lavoro, accentuando il legame, anche spirituale, tra il nostro esemplare inedito e la zecca di Capua. Da questo punto di vista, la nostra moneta rappresenta anche una delle più antiche testimonianze del culto di Tammaro pervenuteci, per questo dicevo che la sua importanza si estende ben oltre i confini della numismatica. Infine, la particolarità di non presentare nomi di regnanti, né capuani, né beneventani, mi ha portato alla conclusione che fossi di fronte ad una serie monetale estremamente particolare, emessa per ricordare un evento altrettanto importante. La devozione espressa da questi tipi mi ha fatto pensare subito ad un’occasione celebrativa di natura religiosa e solamente un avvenimento ebbe rivolti così profondi da permettere al principe longobardo di Capua-Benevento la realizzazione di nominali sui quali non vi risulti alcun tipo di ingerenza da parte dell’autorità politica in carica: l’istituzione della prima metropolia del Mezzogiorno, quella di Capua, nel 966. Il pontefice allora in carica, Giovanni XIII (965-972), era particolarmente malvisto dalla nobiltà e dal popolo di Roma per via della sua politica filo-imperiale e per le varie lotte che in questo periodo facilmente si scatenavano tra le famiglie aristocratiche romane, sia per il controllo del soglio pontificio, sia per l’acquisizione di beni e terre che, ricordiamo, costituivano la base per un solido potere politico. Giovanni XIII fu quindi vittima di una congiura di palazzo che si trasformò ben presto in rivolta popolare fuori controllo: il papa fu catturato e cacciato da Roma, ma non è chiaro come riuscì a fuggire dal suo esilio in un castello situato sul confine tra Lazio e Campania: l’unica notizia certa è che nel 966 lo si ritrova già a Capua, ospite e protetto di Pandolfo I Capodiferro (943-981). Questi si servì della sua posizione di forza per convincere il pontefice suo ospite a creare una sede arcivescovile a Capua. Pandolfo I aveva realizzato un progetto che i dominatori longobardi di Capua avevano tentato invano di realizzare fin dalla seconda metà del IX secolo. Il primo arcivescovo capuano fu Giovanni, fratello stesso del principe: il potere politico e religioso si trovavano, quindi, riuniti nelle mani di una sola famiglia, il che permise a Pandolfo di serrare il suo controllo sul resto del Principato, soprattutto nelle zone più periferiche, spesso soggette a velleitarie pretese di autonomia dal governo centrale capuano. Con una simile azione, Giovanni XIII riuscì nel contempo a contrastare l’avanzata delle fondazioni di nuove diocesi di rito greco nell’Italia meridionale, le quali avevano visto una fioritura costante per tutto il IX e il X secolo, fin quasi alle soglie dell’anno Mille. Per celebrare una tale ricorrenza, tutt’altro che irrilevante per la storia religiosa e politica del Mezzogiorno longobardo, Pandolfo I emise questa serie, databile quindi al 966. Inoltre, mi è stato possibile approfondire l’apporto politico e finanziario che la comunità ebraica di Capua offrì con spiccata efficacia proprio sotto il governo di Pandolfo Capodiferro. Lascio la parola per opinioni, considerazioni e pareri, sperando di non essere stato troppo prolisso nella mia esposizione. Per qualsiasi informazione in merito al reperimento del saggio in estratto o della rivista che lo contiene potete contattarmi con un MP.
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  43. Classical Numismatic Group > Auction 111 Auction date: 29 May 2019 Lot number: 218 Price realized: 9,000 USD (Approx. 8,054 EUR) Note: Prices do not include buyer's fees. Lot description: KINGS of PERGAMON. Philetairos. 282-263 BC. AR Tetradrachm (29mm, 16.97 g, 12h). Pergamon mint. Struck circa 269/8-263 BC. Diademed head of Seleukos I right / Athena, holding shield decorated with gorgoneion to left, and cradling spear, seated left on throne with back in the form of a small sphinx seated right; ivy leaf above arm, monogram on throne, bow to right. Ingvaldsen, Philetaerus 8, dies VII/21; Newell, Pergamene 15, dies XVIII/39; SC 309.5b; SNG BN 1601; Pozzi 2249 (same dies). VF, a few marks. Well centered on a broad flan. Excellent portrait. When Lysimachos established the mint of Pergamon, he entrusted its treasury to the eunuch Philetairos. Philetairos changed his allegiance to Seleukos I, probably shortly before the Battle of Korupedion in 281 BC, where Seleukos defeated Lysimachos. Although Seleukos was assassinated the following year, Philetairos struck a series of Alexander-type issues in the name of Seleukos. Philetairos continued to acknowledge Seleukid primacy for some time, but soon struck a coinage in his own name. This coinage featured Athena Nikephoros on the reverse, similar to the reverses of Lysimachos. Perhaps because this move might have been viewed as a threat by his Seleukid overlord, the obverse of the first issues of these coins featured the portrait of Seleukos I. Houghton & Lorber (SC), citing Le Rider and Newell, assign this coinage to the aftermath of Antiochos I's victory over the Galatians, circa 269/8 BC. Near the end of Philetairos' reign, in the mid-late 260s, the portrait of Seleukos was replaced with the portrait of the Pergamene king, noting a final break from Seleukid authority. Similar to what was done in Ptolemaic Egypt, all of the subsequent kings of Pergamon continued to use these types on the coinage, and even kept Philetairos' name. Distinguishing the issues between the various rulers has been difficult for numismatists. Westermark's die study of the coinage, however, provided the key necessary for understanding the series, although more recent hoard evidence has refined Westermark's assignment of the issues. Estimate: 2000 USD ILLUSTRAZIONE: BUSTO DI PHILETAERUS DI PERGAMON (343-263 A.C.)
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  44. Nomos AG > obolos 13 Auction date: 2 July 2019 Lot number: 280 Lot description: CORINTHIA. Corinth. Circa 350-300 BC. Drachm (Silver, 15 mm, 2.38 g, 12 h). Ϙ Pegasos flying to left. Rev. Head of Aphrodite to right, wearing a triple-pendant earring and a pearl necklace; behind neck, monogram of ΕΚ; below chin, A. BCD Corinth -. SNG Locket 2127 var (no A before neck). A very rare variety. Lightly toned. Very fine. Starting Price: 100 CHF
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  45. Classical Numismatic Group > Electronic Auction 446 Auction date: 19 June 2019 Lot number: 34 Price realized: 300 USD (Approx. 268 EUR) Note: Prices do not include buyer's fees. Lot description: KINGS of PAEONIA. Patraos. Circa 335-315 BC. AR Tetradrachm (25mm, 13.03 g, 5h). Laureate head of Apollo right / Warrior on horse rearing right, spearing enemy who defends with shield and spear; monogram to left. Paeonian Hoard 246 (same rev. die); Peykov E2130; HGC 3, 148. VF, toned, slightly off center, minor flan flaw on obverse. Estimate: 200 USD
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  46. " Per te ari, per te semini, per te ugualmente mieti, infine questa fatica ti procurerà gioia " Proveniente dalle remote radici della millenaria cultura del Bel Paese, per la 1° emissione del 2016 si è scelto di commemorare colui che è stato ispiratore di molti drammaturghi, Shakespeare e Molière solo per citarne alcuni, nonché uno dei più importanti e prolifici autori dell'antichità latina, ovvero Tito Maccio Plauto nel 2200° Anniversario della sua Scomparsa. Per la sua rappresentazione è stato scelto un mosaico romano del I° Secolo A.C. raffigurante le maschere teatrali tragica e comica, in onore alla sua grande capacità artistica. Varie fonti antiche chiariscono che Plauto era nativo di Sàrsina, cittadina appenninica dell'Umbria romana ( oggi in Romagna ) il dato è confermato da un bisticcio allusivo in Mostellaria 769-70. Plauto, come del resto quasi tutti i letterati latini di età repubblicana su cui abbiamo notizia, non era dunque di origine romana: non apparteneva però, diversamente da Livio Andronico ed Ennio, a un'area culturale italica già sotto influenza e dominio greco. Si noti anche che Plauto era con certezza un cittadino libero, non uno schiavo o un liberto: la notizia che svolgesse lavori servili presso un mulino è un'invenzione biografica, basata su un'assimilazione tra Plauto e i servi bricconi delle sue commedie, che spesso vengono minacciati di questa destinazione. Il nome del poeta è fra i dati incerti. Gli antichi lo citano comunemente come Plautus, la forma romanizzata di un cognome umbro Plotus. Nelle edizioni moderne fino all'Ottocento figura il nome completo Marcus Accius Plautus. Questa forma è di per sé sospetta alla luce di considerazioni storiche: i tria nomina si usano per chi è dotato di cittadinanza romana, e non sappiamo se Plauto l'abbia mai avuta. Un antichissimo codice di Plauto, il Palinsesto Ambrosiano, rinvenuto agli inizi del XIX secolo dal cardinale Angelo Mai, portò migliore luce sulla questione. Il nome completo del poeta tramandato nel Palinsesto si presenta nella più attendibile versione Titus Maccius Plautus; da Maccius, per errore di divisione delle lettere, era uscito fuori il tradizionale M. Accius ( che sembrava credibile per influsso di L. Accius, il nome del celebre tragediografo ). D'altra parte, il nome Maccius si presta a interessanti deduzioni. Non si tratta certo di un vero nome gentilizio e del resto non c'è ragione che Plauto ne portasse uno; si tratta invece di una derivazione da Maccus, il nome di un personaggio tipico della farsa popolare italica, l'atellana. Questa originale derivazione deve avere un legame con la personalità e l'attività di Plauto. È dunque verosimile e attraente ipotesi che il poeta teatrale umbro Titus Plotus si fosse dotato a Roma di un nome di battaglia, che alludeva chiaramente al mondo della scena comica, e quindi conservasse nei “tre nomi” canonici la traccia libera e irregolare del suo mestiere di "commediante". La data di morte, il 184 a.C., è sicura; la data di nascita si ricava indirettamente da una notizia di Cicerone ( Cato maior 14,50 ), secondo cui Plauto scrisse da senex la sua commedia Pseudolus. Lo Pseudolus risulta rappresentato nel 191, e la senectus per i Romani cominciava a 60 anni. Probabile quindi una nascita fra il 255 e il 250 a.C. Le notizie che fissano la fioritura letteraria del poeta intorno al 200 quadrano bene con queste indicazioni. Dobbiamo immaginarci un'attività letteraria compresa fra il periodo della seconda guerra punica ( 218-201 a.C. ) e gli ultimi anni di vita del poeta: la Casina allude chiaramente alla repressione dei Baccanali del 186 a.C.. Plauto fu autore di enorme successo, immediato e postumo, e di grande prolificità. Inoltre il mondo della scena, per sua natura, conosce rifacimenti, interpolazioni, opere spurie. Sembra che nel corso del II secolo circolassero qualcosa come centotrenta commedie legate al nome di Plauto: non sappiamo quante fossero autentiche, ma la cosa era oggetto di viva discussione. Nello stesso periodo, verso la metà del II secolo, cominciò un'attività che possiamo definire editoriale, e che ha grande importanza per il destino del testo di Plauto. Di Plauto furono condotte vere "edizioni" ispirate ai criteri della filologia alessandrina. Benefici effetti di questa attività si risentono nei manoscritti pervenuti sino a noi: le commedie furono dotate di didascalie, di sigle dei personaggi; i versi scenici di Plauto furono impaginati da competenti, in modo che ne fosse riconoscibile la natura; e questo in un periodo che ancora aveva dirette e buone informazioni in materia. La fase critica nella trasmissione del corpus dell'opera plautina fu segnata dall'intervento di Varrone, il quale, nel De comoediis Plautinis, ritagliò nell'imponente corpus un certo numero di commedie ( ventuno, quelle giunte sino a noi ) sulla cui autenticità c'era generale consenso. Queste erano opere da Varrone accettate come totalmente e sicuramente genuine. Molte altre commedie - fra cui alcune che Varrone stesso riteneva plautine, ma che non aggregò al gruppo delle "ventuno" perché il giudizio era più oscillante - continuarono a essere rappresentate e lette in Roma antica. Noi ne abbiamo solo titoli, e brevissimi frammenti, citazioni di tradizione indiretta: questi testi andarono perduti nella tarda antichità, fra il III e il IV secolo d.C., mentre la scelta delle "ventuno" si perpetuava nella tradizione manoscritta, sino ad essere integralmente recuperata nel periodo umanistico. La cronologia delle singole commedie ha qualche punto fermo: lo Stichus fu messo in scena la prima volta nel 200, lo Pseudolus nel 191, e la Casina, come si è detto, presuppone avvenimenti del 186. Per il resto, alcune commedie presentano allusioni storiche che hanno suggerito ipotesi di datazione troppo sottili e controverse. Uno sguardo cursorio agli intrecci delle venti commedie pervenuteci integre ( la Vidularia, messa in ultima posizione da Varrone, fu oggetto di danneggiamenti nel corso della trasmissione manoscritta: ne abbiamo infatti solo frammenti ) è senz'altro opportuno, anche se può suggerire una prima impressione assai parziale e anche fuorviante. Per unanime riconoscimento, la grande forza di Plauto sta nel comico che nasce dalle singole situazioni, prese a sé una dopo l'altra, e dalla creatività verbale che ogni nuova situazione sa sprigionare. Ma solo una lettura diretta può restituire un'impressione adeguata di tutto ciò: e se l'arte comica di Plauto sfugge per sua natura a formule troppo chiuse, una maggiore sistematicità nasce proprio dalla considerazione degli intrecci, nelle loro più elementari linee costruttive. Prima delle commedie vere e proprie, nella trascrizione manoscritta c'è quasi sempre un argumentum, cioè una sintesi della vicenda. In alcuni casi sono presenti addirittura due argumenta, e in questo caso uno dei due è acrostico ( le lettere iniziali dei singoli versi formano il titolo della commedia stessa ). All'inizio delle commedie vi è un prologo, in cui un personaggio della vicenda, o una divinità, o un'entità astratta personificata presentano l'argomento che si sta per rappresentare. Nella commedia plautina è possibile distinguere, secondo una suddivisione già antica, i deverbia e i cantica, vale a dire le parti dialogate, con più attori che interloquiscono fra di loro, e le parti cantate, per lo più monologhi, ma a volte anche dialoghi tra due o addirittura tre personaggi. Nelle commedie di Plauto ricorre spesso lo schema dell'intrigo amoroso, con un giovane ( adulescens ) che si innamora di una ragazza. Il suo sogno d'amore incontra sempre dei problemi a tramutarsi in realtà a seconda della donna di cui si innamora: se è una cortigiana deve trovare i soldi per sposarla, se invece è onesta l'ostacolo è di tipo familiare. Un altro elemento strutturale di grande importanza nelle commedie di Plauto è il riconoscimento finale ( agnitio ), grazie al quale vicende ingarbugliate trovano la loro fortunosa soluzione e ragazze che compaiono in scena come cortigiane o schiave recuperano la loro libertà e trovano l'amore. La grande comicità generata dalle commedie di Plauto è prodotta da diversi fattori: un'oculata scelta del lessico, un sapiente utilizzo di espressioni e figure tratte dal quotidiano e una fantasiosa ricerca di situazioni che possano generare l'effetto comico. È grazie all'unione di queste trovate che si ha lo straordinario effetto dell'elemento comico che traspare da ogni gesto e da ogni parola dei personaggi. Questa uniforme presenza di comicità risulta più evidente in corrispondenza di situazioni ad alto contenuto comico. Infatti Plauto si serve di alcuni espedienti per ottenere maggior comicità, solitamente equivoci e scambi di persona. Plauto fa uso anche di espressioni buffe e goliardiche che i vari personaggi molto di frequente pronunciano; oppure usa riferimenti a temi consueti, luoghi comuni, anche tratti dalla vita quotidiana, come il pettegolezzo delle donne. Le commedie di Plauto sono delle rielaborazioni in latino di commedie greche. Tuttavia, questi testi plautini non seguono molto l'originale perché Plauto da una parte adotta il procedimento della contaminatio, per il quale mescola insieme due o più canovacci greci, dall'altra aggiunge alle matrici elleniche cospicui tratti riconducibili a forme teatrali italiche come il mimo e l'atellana. Plauto tuttavia continua a mantenere nella sua commedia elementi ellenici quali i luoghi e i nomi dei personaggi (le commedie della recensione varroniana sono tutte palliatae, cioè di ambientazione greca). Si può affermare che Plauto prende molto dai modelli greci ma grazie ai cambiamenti e alle aggiunte il suo lavoro non risulta né una traduzione né un'imitazione pedissequa. A questo contribuisce anche l'adozione di una lingua latina molto vivace e pittoresca, in cui fanno spesso bella mostra di sé numerosissimi neologismi. La cosa che distingue l'imitatore dal grande scrittore è la capacità di quest'ultimo di farci dimenticare, tramite le sue aggiunte e le sue rielaborazioni, il testo di partenza. Sul tema della contaminatio c'è un'altra importante nota, il fatto che nei prologhi del Trinummus ( verso 19 ) e dell'Asinaria ( verso 11 ) Plauto definisce la propria traduzione con l'espressione latina "vortere barbare" ( in italiano: "volgere dal greco in latino" ). Plauto utilizza il verbo latino vortere per indicare una trasformazione, un cambiamento di aspetto; si perviene necessariamente alla conclusione che Plauto non mirasse solamente a una traduzione linguistica ma anche letteraria. Il fatto poi che utilizzi l'avverbio barbare deriva dal fatto che essendo le sue fonti di ispirazione di origine greca, in latino erano rese con un notevole perdita di significato oltre che di artisticità, e dato che per i Greci tutto ciò che era straniero era chiamato barbarus, Plauto afferma che la propria traduzione è barbara.
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  47. Buona sera! Come ormai molti sanno la mia collezione è incentrata sul periodo quarantottino veneziano e sono felice di mostrarvi l'ultima arrivata!! Questa medaglietta popolare ed anonima venne, secondo il Von Heyden, molto portata dalla popolazione dopo che la guarnigione austriaca lasciò la città in seguito all'insurrezione del 22 marzo 1848. Per approfondire il riferimento è il 493 del Turricchia, pagina 331 tomo II. Von Heyden n°155, Brambilla n°200. Qualcuno che possiede gli ultimi due testi riuscirebbe a farmi avere una scansione della pagina?? Gliene sarei infinitamente grato!! Inoltre se dovesse mancare la scheda sul catalogo on line sarei felice di crearla.
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