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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 10/29/18 in tutte le aree

  1. Rispondo per la mia parte, precisando all'amico Luciano che il presidente citato da Arka non ero io, ma l'attuale presidente Lamperi. Detto ciò, anche io non conosco collezionisti bergamaschi che collezionino in prevalenza monete veneziane, ma certamente ce ne sono molti culturalmente interessati a queste monete o che la raccolgono nell'ambito di argomenti più generali. Le più importanti collezioni bergamasche sono rivolte alla monetazione locale, a quella di "Antegnate", a quella classica romana, alla medioevale e rinascimentale, al regno d'Italia, alle medaglie bergamasche e papali. Nell'opera di Pietro Lorenzelli "Corpus nummorum bergomensium" c'è un articolo del nostro compianto socio Marco Olivari dedicato alla monetazione veneziana specificamente destinata a Bergamo; se qualcuno troverà e mi proporrà alcune di queste monete o il quattrino di Pasquale Cicogna (con BERGO" nell'esergo), purché non coniate oggi, vi assicuro che diventerò collezionista di monete veneziane !!!
    3 punti
  2. Ieri mattina giro abbastanza veloce al convegno di Torino... Più che monete ho passato il poco tempo che sono rimasto a salutare e parlare con amici e conoscenti che non ho mai l'occasione di incontrare, sinceramente è quello il motivo che mi spinge maggiormente al convegno.. Mi ero ripromesso di tornare a casa a mani vuote, ultimamente qualche monetina sono riuscito ad inserirla in collezione, quindi sono abbastanza contento, ma i miei occhi hanno incrociato una moneta di un Conte sabaudo di cui non avevo ancora nessuna moneta e questo ha rovinato i miei sani propositi... Si trattava di un denaro debole del II tipo di Amedeo IV, allora ho ceduto alla passione e l'ho portato a casa! Moneta con bei rilievi, abbastanza centrata e leggibile, con un peso di 0,81 gr. Sono graditi i commenti e le opinioni...
    2 punti
  3. Potrebbe essere un altro simbolo, sicuramente uno zecchiere sconosciuto. Complimenti per la piccolina. Saluti Marfir
    2 punti
  4. Buonasera, concordo anche io sul picciolo III serie, per quanto riguarda il simbolo dello zecchiere non mi sembra la fogliolina, che allego qui sotto.
    2 punti
  5. Taglio: 5 centesimi Paese: Malta Anno: 2017 Tiratura: ----------- Tiratura divisionale: 25000 Condizioni: Spl Città: Roma
    2 punti
  6. Ciao Luciano, come ben sai sono innanzitutto un classicista focalizzato sulla monetazione antonina del secondo secolo. Tuttavia mi sono con il tempo appassionato per ragioni diverse anche ad altri due filoni: la monetazione veneziana e la monetazione partica in bronzo. L'interesse verso le coniazioni della Serenissima è dovuto in primo luogo alla mia passione per la storia e quella bresciana è profondamente legata a quella della Serenissima. In secondo luogo ho avuto ed ho modo di condividere molte discussioni numismatiche con un caro amico esperto di questa monetazione che mi ha i indotto a "deviare" saltuariamente dalla numismatica classica . Infine, particolare non trascurabile, sono innamorato della città di Venezia.
    2 punti
  7. Taglio: 2 Euro CC - Grotte di Altamira Nazione: Spagna Anno: 2015 Tiratura: 4.200.000 Conservazione: BB Località: Torino
    2 punti
  8. Mi ricorda "Zio Paperone e la pesca dello skirillione", con Paperone che decide di raccogliere tutte le monete esistenti da 10 cent del 1916
    2 punti
  9. Buongiorno, vorrei condividere con voi questo 50 centesimi 2007, italiano, trovato ieri nel borsellino di mia moglie, evidentemente dato di resto della spesa. Condizioni direi qfdc, suppongo uscito da un rotolino appena aperto... Trovato a Roma, zona Centocelle.
    2 punti
  10. a futura memoria metto un riferimento completo … a parte le questioni stilistiche, abbastanza evidenti nella corona del rovescio, nella costruzione del busto, sottolineerei l'incertezza della mano nell'incidere, guardate bene il tratto dell'incisione dei capelli, incerto, diseguale, tremolante ( in particolare la ciocca terminale sul collo)… anche la corona e tutto sommato le lettere… da guardare ad alto ingrandimento ! Non oso pensare cosa potrà dire il venditore, speriamo che non cerchi una difesa nel sostenere che il suo è l'originale da cui sono stati tolti gli altri… il titolare però, sebbene giovane, penso sia persona seria…. Un saluto, Enrico
    2 punti
  11. è un esemplare di rarità estrema, un medaglione commemorativo emesso da Costantino. Dopo aver celebrato Costantinopoli e Roma, aveva fatto emettere una serie in onore dei suoi beniamini musicali. Questo pezzo era dedicato a Glenn Hughes dei Villa Populo, in seguito meglio conosciuti col nome di Village People
    2 punti
  12. Beh in effetti messo accanto a Cinna74 sono fino fino, lui è più un piedfort..
    1 punto
  13. Buona sera Mario, le allego l'immagine dei 4 esemplari in mio possesso, purtroppo in condizioni non proprio eccelse di conservazione.. Non ho un gran occhio quindi lascio a lei giudicare se nota qualcosa di interessante.. Buona serata
    1 punto
  14. Con vivo rammarico a causa di una patologia che mi hanno diagnosticato di recente non potrò MAI più donare. Non si tratta di una patologia grave, ma per sicurezza sono sospeso definitivamente dalle donazioni (lavorando nell'ambito lo so). Abbandono quindi la mia carriera ma continuerò a rompere le ba.... a spronare gli amici e conoscenti a donare il sangue!! L'invito è soprattutto per i giovani (ma non solo): Donate il sangue! Il sangue non si fabbrica! Si dona! Grazie, Guido.
    1 punto
  15. Darei un'occhiata anche a questi due esemplari: https://www.acsearch.info/search.html?id=552643 https://www.acsearch.info/search.html?id=206870 Il CNG 2005 lo darei autentico da questa foto (ha anche un pedigree risalente al 1984), rimane da capire se è autentico anche l'Helios 2008 o se è un derivato dal Lanz magari con modifiche sull'host. Da un'occhiata veloce darei forse anche lui per autentico, con i due esemplari da Gorny derivati da questo che ha fatto da host per le due fusioni successive.
    1 punto
  16. Grazie @margheludo e @cippiri76 , se riesco provo a fare un ingrandimento del simbolo della zecca , anche se la foglia di fico sembra poterci stare .. provo a riguardarla meglio !
    1 punto
  17. @okt & @FlaviusDomitianus.... Non ho parole....sono euforico, essendomi avvicinato da pochissimo alla "vera numismatica" sono contento che la mia moneta sia cosi.."importante"... per dire... Questo significa che questo esemplare e l'altro di FlaviusDomitianus diventano i riferimenti per un nuovo tipo classificato ?
    1 punto
  18. taglio 2 uro paese lettonia anno 2014 tiratura 20.000.000 condizioni bb+ città trieste taglio 2 euro cc paese lussemburgo anno 2005 tiratura 2.774.000 condizioni bb città trieste
    1 punto
  19. taglio 2 euro cc paese italia anno 2018 A tiratura 4.000.000 condizioni bb+ città trieste taglio 2 euro paese grecia anno 2005 tiratura 1.000.000 condizioni bb città trieste
    1 punto
  20. Per dimostrare che qualcosa di veneziano ho, posto la foto di una bella medaglia, che peraltro ho disponibile per la vendita. In biblioteca ho anche i tre volumi del Voltolina, il Lazari, il Gamberini; e a Bergamo ci sono pur sempre i ca 200 ducati , con uno splendido Marin Faliero, del tesoretto conservato in Biblioteca Mai !
    1 punto
  21. @avgvstvs complimenti per esserti ricordato di quel post, credo che Monica intendesse proprio quello e io ovviamente me lo ero perso, non sono riuscito a trovare il peso di quella moneta nei post successivi ma è probabile che Mario @dabbene non lo abbia fornito. Il peso di questo invece, se pur non indicativo su un solo esemplare, ci porta sempre li sul finire del secolo o sbaglio?
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  22. Dal mio punto di vista si tratta di un inedito;complimenti per averla scovata!!
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  23. 1 punto
  24. Buon pomeriggio e buon venerdì a tutti gli amici del forum! Oggi vorrei farvi vedere il mio ultimo acquisto. È un di quei pezzi acquistati "de core", non perché rientrino nel mio ambito di studio ma perché in qualche modo mi colpiscono, mi affascinano. Stavolta si tratta di un pezzo davvero minuto: è infatti 1/16 di Shekel coniato sotto Evagoras II. La moneta, di soli 11mm di diametro e 0,67 g di peso, è stata coniata a Sidone nel 344-3, e presenta al D/ una bella scena con un re persiano che lotta con un leone e tra di loro due lettere, e al R/ una galea in mare con sopra III. Classificata come HGC 259. Dai pochi esemplari che ho trovato, la conservazione mi pare piuttosto buona per la tipologia: Ma chi era questo Evagoras II? Si tratta in realtà di un personaggio del tutto marginale, su cui non ho trovato nulla nei libri in mio possesso: nipote di Evagoras I e figlio di Nicocle di Salamina, fu re di Salamina dal 361 fino al 351 a.C. quando, a causa delle sue posizioni filopersiane, venne deposto in seguito ad una rivolta popolare guidata dal nipote Pnitagora. In seguito a questi eventi, si rifugiò presso i persiani e ricevette da Artaserse III il governatorato di Sidone, in Fenicia. Anche da qui verrà cacciato in seguito ad una rivolta dovuta al malgoverno della città, e si dirigerà di nuovo a Cipro, dove verrà infine arrestato e condannato a morte. Spero di aver suscitato un po' di curiosità. Se qualunque utente volesse aggiungere qualcosa alla storia del personaggio o alla descrizione della moneta (in particolare, sul significato delle lettere al D/ e al R/), mi farebbe molto piacere. Sentitevi liberi anche di dare giudizi, si tratta di un ambito che conosco pochissimo. Mi permetto, anzi, di "taggare" @Matteo91 e @rorey36, che se non erro seguono anche questo genere di monetazione. Afranio
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  25. Carlo I Viennese I Tipo Variante Inedita Mir 260 Presenta le crocette nel secondo e terzo cantone
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  26. Leone Leoni nasce da una famiglia originaria di Arezzo nel 1509 circa, si forma come scultore a Venezia, entra nel circolo di nomi tipo Tiziano, dopo l'arresto di Benvenuto Cellini viene nominato incisore della zecca pontificia. Nel 1542 si stabilisce a Milano dove ottenne la carica di incisore della zecca imperiale. Apprezzato moltissimo da Carlo V, lavorò sia per lui che per Filippo II di Spagna. Nel 1565 avvia la ristrutturazione del Palazzo detto degli Omenoni che divenne poi la sua stabile dimora in Milano.
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  27. Altro esemplare : Vittorio Amedeo III Soldo 1783 Mir Savoia 996h , presenta ancora parte dell'argentatura
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  28. Ripensando a questo straordinario ritrovamento, credo (o meglio ipotizzo) che la ragione di quelle monete straniere in Ungheria sia ascrivibile alle svariate guerre ottomano-ungheresi e ottomano-asburgiche, precisamente queste monete forse erano la paga (il soldo come si dice in gergo) di qualche compagnia militare. Si deve ricordare che durante le guerre contro i Turchi (iniziate dai re ungheresi già nel Trecento e conclusesi per l'Ungheria essenzialmente con la pace di Carlowitz nel 1699, ma continuate per quasi tutto il Settecento fino alla pace di Sistova nel1791) oltre alla partecipazione di eserciti regolari , ci furono anche compagnie di ventura che parteciparono (soprattutto in ambito cristiano). Quindi questo tesoretto potrebbe essere stato anche la paga di alcuni soldati giunti in Ungheria per combattere il "turco" dietro una ricompensa. Da qui mi viene in mente una bellissima recensione di Paolo Mieli ad un interessante saggio di Brunelli "La santa impresa. Le crociate del Papa in Ungheria (1595-1601)": https://www.corriere.it/cultura/18_giugno_11/giampiero-brunelli-la-santa-impresa-salerno-cb748c42-6d8f-11e8-9b64-3ff7a67664c8.shtml Per capire un meglio quindi cos'era l'Ungheria del Seicento e del Settecento (datazione del tesoretto), dal punto di vista naturalmente bellico contro i Turchi , del via vai degli eserciti nella pianura danubiana e dell'importanza che aveva per Roma questa guerra, ho pensato di inserire appunto questa recensione (pur essendo cronologicamente riferita ad un periodo un po' anteriore): "Crociata in Ungheria contro i turchi La spedizione di Papa Clemente VIII Un saggio di Giampiero Brunelli (Salerno) ricostruisce le imprese di Giovan Francesco Aldobrandini, nipote del Pontefice, che affrontò gli ottomani alla fine del XVI secolo Ippolito Aldobrandini fu eletto Papa nel gennaio del 1592 e prese il nome di Clemente VIII. Aveva 56 anni e visse fino al 1605. Sotto il suo pontificato ebbe luogo, nel 1600, una celebrazione dell’anno santo davvero considerevole per il numero di pellegrini che giunsero a Roma: oltre un milione. Ma quello stesso 1600 restò nella storia per il rogo in Campo dei Fiori che mise fine alla vita di Giordano Bruno, un’uccisione che ancora oggi la cultura laica (e parte di quella cattolica) non ha perdonato alla Chiesa. Clemente VIII fece cardinali due nipoti, Cinzio Passeri e Pietro Aldobrandini, ai quali affidò importanti ruoli di direzione della Chiesa, e si giovò anche della collaborazione di un grande gesuita, il cardinale Roberto Bellarmino. Il personaggio più importante del pontificato di Clemente VIII, quantomeno sotto il profilo militare, fu però Giovan Francesco Aldobrandini, appartenente a un ramo cadetto della casata, ma che — avendo sposato Ippolita Aldobrandini, figlia di un fratello del Pontefice — era stato ammesso nella cerchia dei «nipoti» (pur essendo poco più giovane del Papa). A Giovan Francesco Aldobrandini furono affidate, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, ben tre missioni militari in Ungheria per soccorrere gli Asburgo contro i turchi impadronitisi del 40 per cento delle terre magiare. Spedizioni che sono adesso oggetto di un interessantissimo libro di Giampiero Brunelli, La santa impresa. Le crociate del Papa in Ungheria (1595-1601), che la Salerno si accinge a mandare in libreria. Quelle tre «imprese», spiega Brunelli, costituirono per il Papa e per la sua segreteria «la rivisitazione dell’antico sogno crociato, con nuovi obiettivi»: non più la riconquista di Gerusalemme, ormai impossibile, bensì «l’arresto immediato dell’avanzata turca e il contrattacco… puntando direttamente su Costantinopoli, dal 1453 capitale dell’impero del sultano». Era passato molto tempo dall’epoca delle crociate, i Paesi europei erano in competizione uno con l’altro e su di loro si poteva contare assai limitatamente. Clemente VIII riuscì a mobilitare in quella «santa impresa» qualche migliaio di soldati che disordinatamente, agli ordini del «nipote» Giovan Francesco, raggiunsero l’Ungheria. E, almeno in due occasioni, nel 1595 e nel 1597, ebbero ragione degli ottomani. Gli Asburgo (dapprima con Massimiliano II; poi, dopo il 1576, con Rodolfo II) avevano firmato ben quattro trattati con gli invasori turchi (nel 1568, nel 1574, nel 1583 e nel 1590) con i quali si impegnavano a versar loro una cospicua dote in fiorini ungheresi purché cessassero le loro aggressioni. Aggressioni che con ogni probabilità in quel momento non avrebbero avuto luogo, quantomeno su larga scala, dal momento che gli ottomani erano impegnati in una guerra contro la Persia durata una dozzina d’anni (1578-1590). Questa guerra li dissanguò e fu proprio la crisi economica provocata dal conflitto turco-persiano a provocare i primi contraccolpi come effetto di qualche cedimento militare degli ottomani. Le «chiacchiere» fecero il resto. In che senso? Anche a non voler retrodatare alla fine del Cinquecento la nascita della cosiddetta «opinione pubblica», scrive Brunelli, è «indubbio» che la diffusione delle voci circa la ripresa del conflitto in Ungheria contro i turchi, «debba esser collegata alla nascita di quel primissimo giornalismo che si esprimeva attraverso la pubblicazione di fogli manoscritti di notizie (chiamati “Avvisi”)». Come funzionavano queste prime forme di giornalismo moderno? Gli antenati di quelli che sarebbero stati i corrispondenti «si incaricavano di raccogliere informazioni sull’andamento della guerra, informazioni che venivano da Vienna, Costantinopoli, Venezia o da altre città più prossime al teatro delle operazioni; poi traducevano i testi in tedesco o in ungherese, li vagliavano, li ricopiavano e li mettevano in circolazione, facendoli vendere agli ambulanti». Al grido di «Nuove!», «Avvisi!». Roma fu invasa da questo genere di proto giornali che parlavano di «rotta» dei turchi e di «felice successo» degli eserciti asburgici. Notizie davvero esagerate che, però, crearono un clima particolarmente favorevole a una nuova «crociata». A chiunque — com’era il caso dell’ambasciatore veneziano Paolo Paruta — gli riferisse di questo «clima» o dei capovolgimenti militari in Ungheria, papa Clemente rispondeva compiaciuto: «Lo sappiamo, lo sappiamo». Era giunto il momento — secondo l’«opinione pubblica» romana — di «riprendere il discorso» che si era interrotto dopo la vittoria di Lepanto sulla flotta ottomana nell’ottobre 1571. Rodolfo II d’Asburgo a cui il Papa, appena eletto, aveva rivolto una specifica richiesta in tal senso, gli aveva risposto di essere ben lieto di continuare a ricevere sussidi pontifici per l’opera di contenimento dei turchi, ma che non aveva intenzione di avventurarsi in una guerra contro di loro e che — eccezion fatta per qualche scaramuccia atta a riconquistare piazze perdute, le piccole battaglie che tanto avevano elettrizzato Roma — il suo progetto era proseguire in una politica di «amicizia» e di «tregua» con la Sublime Porta. Papa Clemente decise allora di non limitarsi più alle donazioni economiche, anche perché sospettava che esse restassero impigliate nella giungla della corruzione che infestava la corte asburgica. Si rendeva conto che il resto d’Europa — Filippo II di Spagna, pur ben intenzionato, la Francia, i ribelli olandesi, la regina d’Inghilterra — non si sarebbe mobilitato per contrattaccare e, deciso a scatenare comunque questa offensiva, pensò bene di mandare in loco un corpo di spedizione. Un corpo di spedizione di diecimila fanti e seicento cavalleggeri guidati dal già citato Giovan Francesco Aldobrandini, che aveva dato buona prova in precedenti operazioni di repressione del banditismo nelle campagne romane. Il reclutamento dei soldati fu assai complicato e alcune città, come Spoleto, fecero ostruzionismo. Ma alla fine l’azione di Clemente VIII fu coronata dal successo e — secondo i calcoli dell’ambasciatore veneziano Paruta — tra il 1592 e il 1595 l’esercito pontificio era riuscito ad arruolare ben 30 mila soldati. Un terzo dei quali — come si è detto — nel 1595 furono inviati in Ungheria. In che modo? Alla spicciolata, «sbandati», a piccolissimi gruppi, di fatto ognuno a spese proprie. Marciavano «allegramente», secondo quel che riferì il luogotenente generale Paolo Sforza. Le città e i paesi attraversati, in segno di solidarietà alla «santa impresa» erano tenuti ad offrire a questi «viandanti» ricovero e cibo a prezzi più che contenuti. Le armi sarebbero state acquistate a Brescia e a Milano, poi spedite a Trento e di lì in Tirolo. Il tutto per non destare allarme nelle lande attraversate. Solo il viaggio di Giovan Francesco Aldobrandini fu «principesco». Ma quando giunse alla meta, ad Ala in Tirolo, si trovò di fronte un esercito di «straccioni», talché il generale pontificio dovette impegnarsi non poco a rimetterli in sesto con grande rapidità. Alla fine di agosto Aldobrandini raggiunse l’accampamento imperiale il cui esercito era, per così dire, impegnato in guerra con i turchi dai primi di luglio. Pochi giorni dopo gli uomini di Aldobrandini attaccarono Strigonia, che dal 1543 era in mano turca e dal 1594 resisteva all’assedio asburgico. In men che non si dica, le truppe pontificie la conquistarono. E quando, dodici giorni dopo, la notizia giunse a Roma, il Papa, per ringraziamento, si recò a piedi recitando il rosario a Santa Maria dell’Anima. In seguito Aldobrandini avrebbe voluto attaccare Buda e per qualche tempo sembrò che anche gli alleati fossero d’accordo. Ma l’intesa durò poco: ripicche, stanchezza, diserzioni, gelosie e disordine suggerirono di levare le tende e tornare a casa. «Negli accampamenti», scrive Brunelli, «gli alleati stavano diventando più temibili dei nemici». Per reazione — ma anche per fame e disperazione — i soldati pontifici «svaligiavano le masserie in cui sostavano, abbattevano e macellavano gli animali degli allevamenti, non pagavano i viveri, angariavano persino i contadini che glieli fornivano». I paesi che avrebbero dovuto attraversare, li accoglievano — di conseguenza — con ostilità. Più di cento uomini di uno dei villaggi deputati ad ospitarli li affrontarono «con bastoni e archibugi alla mano, decisi a tutto pur di vederli allontanare». L’imperatore Rodolfo II («occupato», riferisce una cronaca dell’epoca, «dalli suoi soliti piaceri et passatempi») alla corte del quale Aldobrandini era andato a perorare la causa del proseguimento dell’offensiva, fece attendere a lungo il generale e fu disposto a riceverlo solo nell’aprile del 1596. Nel frattempo i musulmani di Maometto III erano tornati all’attacco e in ottobre di quello stesso 1596 inflissero agli imperiali pesanti sconfitte. Rodolfo II se ne dispiacque al punto da proibire per quell’anno qualsiasi festeggiamento di Natale. Il Papa, anche per spronare Rodolfo, ordinò ad Aldobrandini di tornare sul campo di battaglia e coprirsi ancora una volta di gloria. All’inizio di febbraio del 1597 il generale si mise in movimento. Giunto in Ungheria, ottenne subito qualche vittoria e propose di attaccare Buda (a suo avviso, solo «un grande successo contro la capitale dell’Ungheria ottomana avrebbe dato coraggio agli ungheresi e ai transilvani»). Il 4 novembre ci fu un confronto in campo aperto fra soldati pontifici e ottomani, «praticamente da soli a soli». E gli uomini di Clemente VIII ebbero la meglio. Il Papa ne gioì nuovamente ma quella fu l’ultima volta che ebbe occasione di compiacersi per ciò che accadeva in terra ungherese. Dopo quello scontro — anche per mancanza di risorse economiche — le truppe cattoliche furono fatte rientrare e passarono quasi quattro anni prima che, nel 1601, venissero rispedite sul luogo per la terza e ultima missione, sempre guidata da Aldobrandini. Il Papa adesso si era convinto che gli Asburgo non fossero più una famiglia compatta e che alla corte dell’imperatore ci fossero troppi protestanti che boicottavano le imprese militari sotto insegne cattoliche. Tra i soldati poi l’entusiasmo si era spento per il deludente esito delle campagne precedenti e si era stati costretti a ricorrere al reclutamento di banditi ai quali veniva promessa l’impunità (a patto che, una volta tornati in patria, non riprendessero a delinquere). Vennero persino arruolati, nota Brunelli, «sudditi già condannati per aver contravvenuto agli ordini di non militare per altri sovrani». Una soldataglia che in molti casi aspettava solo la paga per poi disertare. Si diffuse poi la voce di trattative in extremis tra Rodolfo II e il sultano e a Roma iniziarono i borbottii contro imprese che «non portavano a niente», provocavano un ingente «spreco» di risorse al quale si accompagnavano anche delle «ruberie». Per di più si era in estate, un’estate torrida, e Aldobrandini, ormai sicuro di sé, si lasciava andare a qualche eccesso nel consumo di vino e frutta ghiacciata. Effetto degli eccessi fu una febbre improvvisa che lo avrebbe portato dritto alla morte. Nel mentre i soldati, senza più la sua guida, andavano incontro alla catastrofe militare. Fu come un segno divino: dopo quei giorni infausti il Papa non si sarebbe più cimentato in questo genere di impresa, avrebbe smesso di sognare la «Lepanto ungherese», sarebbe tornato a sovvenzionare (malvolentieri) Rodolfo II, e — a celebrazione della «santa impresa» — si sarebbe limitato a riportare a casa il cadavere del valoroso «nipote» per rendergli sontuosi onori funebri. Il funerale barocco del «capitano generale di Santa Chiesa» fu celebrato il 30 dicembre del 1601. Erano presenti, oltre al Papa, quasi tutti i prelati della Curia. L’orazione, tenuta dal gesuita Francesco Sacchini, fu interamente dedicata all’esaltazione del casato a cui apparteneva il defunto (nonché il Pontefice). Il vicegerente della diocesi di Roma, l’arcivescovo Berlingerio Gessi, aveva l’ordine di annotare chi fosse mancato alla cerimonia. I gendarmi dovevano altresì prender nota dei commenti dei cittadini comuni. Qualcuno, sorpreso a sparlare del morto, fu arrestato su due piedi. Venne messo in prigione persino un frate che raccontava di aver sognato, la notte prima, proprio quel funerale e di aver constatato ben nitidamente «che tutte queste spese erano fatte al vento». Forse le spese per le pubbliche esequie furono eccessive, ma la «santa impresa» degli Aldobrandini fu tutt’altro che superflua. E diede alla Chiesa — per quel che riguarda la storia della resistenza alle invasioni musulmane — titoli che fino a quel momento le erano mancati".
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  29. Emilio Fede avrebbe probabilmente espresso il suo famoso commento.
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  30. Altro esemplare : Vittorio Amedeo III Soldo 1781 Mir Savoia 996f
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  31. 1 punto
  32. A mio parere @dabbene è senz'altro molto utile toccare con mano una moneta, lo trovo fondamentale per abituare l'occhio a riconoscere le monete buone, da quelle farlocche. Poi certamente è fondamentale anche una realtà virtuale, come Lamoneta, che ci permette tramite le immagini di farci una prima idea sulle varie monete.
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  33. http://www.numismatica-visual.es/2013/05/catalogo-del-euro-edicion-junio-2013/ ho stampato la prima pagina di ogni nazione da qui
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  34. Piacerebbe anche a me sentire qualche parere di collezionisti residenti nella parte lombarda della Serenissima... Meno male che c'è Luciano che tiene alta la bandiera in quel di Milano. Arka
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  35. Ciao,anche io colleziono solo circolate anche se vedo che comincia ad essere un pò impegnativa come tipologia di collezione.
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  36. Ciao a tutti, tornese molto interessante, andrebbe approfondita la presenza o meno della medusa, in ogni caso un gran bella moneta. Saluti Eliodoro
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  37. Prova a cercare tra i rechenpfennig con Venere (indicati anche come Venuspfennig).
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  38. Dovrebbe essere un jeton au châtel tipo questo: https://www.cgb.fr/rouyer-viii-jetons-classes-par-types-jeton-de-compte-au-chatel-ttb,fjt_089774,a.html
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  39. Ci sono anch'io tra gli Eurocollezionisti per tipologia: il criterio è lo stesso di @Heisenberg, le 8 monete standard per ogni stato, incluse varianti con cambi di disegno e segni di zecca; il primo criterio per finire in collezione è la conservazione (quindi se trovo un doppione in stato migliore di quella che ho già, quest'ultima viene sostituita), poi la tiratura. In caso di monete particolarmente rare però le tengo a prescindere dalla conservazione, in particolare San Marino e Vaticano. Tutto questo viene raccolto in un album, mentre le 2 € CC sono in un secondo raccoglitore.
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  40. DE GREGE EPICURI Ma mi pare che si legga abbastanza chiaramente CONSTA-NS. Quindi, Costante. Fra l'altro, non mi sembra che Costantino 2° abbia emesso questo tipo di moneta (e tanto meno Costantino 1°).
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  41. Moneta facile a trovarsi molto usurata, ma difficile in bella conservazione. A parte l'ossidazione verde moneta più che collezionabile. Secondo me hai iniziato questa zecca bene!
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  42. esclusi i mini stati,colleziono tutto per nazione,anno di emissione,taglio monete. posto alcune foto postate anni fa che fanno vedere il mio modo di collezionare e gli album fatti in casa... ovviamente anche tutte le commemorative
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  43. ciao a tutti anche io sono arrivato alla stessa conclusione di margheludo, mi lascio comunque una percentuale di dubbio perché il segno di zecca è molto consunto... a proposito Andrea Guasti riporta per i piccioli III tipo anche una fogliolina non attribuita a zecchieri conosciuti..
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  44. ott.2018 Le quattro monetine di oggi per soli tre euro, un micro-affare considerato che ci sono tre monetine in argento, purtroppo l'unica moneta che mi manca è il 5 Kopecks del 1924 da quasi 17 grammi di rame, avuta in omaggio date le sue condizioni disastrose...
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  45. Il peso dell'esemplare dei post #3394/5 è 0.65 g.
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  46. un bagnetto con il liquido apposito, in vendita nei negozi numismatici o ai maggiori Convegni, poi verifica l' anno, da qui in avanti, starei attento su come procedere.
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  47. Questa banconota è espressa in dollari e quindi non consideratela postata , giusto per dire che per me è la regina delle pubblicitarie. La mia bubble soap dollar del 1943.
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  48. in realtà quella R non stà per Roma ma per Riproduzione, gli antichi romani indicavano diversamente la zecca, l'adozione della R come simbolo di zecca e molto molto più recente
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  49. Carissimi, una ultima annotazione "tecnica" il pezzo che condivide il rovescio ritengo sia stato prodotto con l'uso della pressa e non battuto al martello, piuttosto indicative sono le piccole rotture e frastagliature radiali in tutto il bordo, tipiche dell'uso della pressa… ( peraltro anche nell'altro, ma meno evidente) Non credo che ci sia difesa realmente possibile a favore dell'autenticità … Nel primo pezzo del Bollettino si nota una inusuale usura da circolazione del pezzo che , di norma, non circolavano ...credo appositamente creata per togliere le incertezze dell'incisione, che invece si notano tutte nel pezzo Leu, che viceversa non presenta usura… insomma non ci si scappa... La mano e le caratteristiche di incisione mi fanno pensare chiaramente a una produzione slava/bulgara, soprattutto confrontando con gli innumerevoli prodotti posteriori ... Un carissimo saluto a Tutti ! Enrico
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