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Contenuti più popolari
Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 05/30/17 in tutte le aree
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Romolo avendo visto dal Palatino passare in cielo piu’ uccelli di Remo , che invece osservava il cielo dall’ Aventino , ricevette dal nonno Numitore , quale vincitore della sfida , l’ incarico di fondare una nuova Citta’ colonia di Albalonga , in quanto questa era ormai sovrappopolata di Albani e Latini . Quello che successe prima e dopo , vero o leggenda che sia e’ ben risaputo , come ci tramanda Tito Livio : “Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non poteva funzionare come criterio elettivo , toccava agli dei che proteggevano quei luoghi indicare , attraverso gli aruspici, chi avessero scelto per dare il nome alla nuova città e chi vi dovesse regnare dopo la fondazione . Così , per interpretare i segni augurali , Romolo scelse il Palatino , Remo l’ Aventino . Il primo presagio, sei avvoltoi , si dice toccò a Remo . Dal momento che a Romolo ne erano apparsi il doppio quando ormai il presagio era stato annunciato , i rispettivi gruppi avevano proclamato re l’uno e l’altro contemporaneamente . Gli uni sostenevano di aver diritto al potere in base alla priorità nel tempo , gli altri in base al numero degli uccelli visti . Ne nacque una discussione e dal rabbioso scontro a parole si passò al sangue : Remo , colpito nella mischia , cadde a terra . È più nota la versione secondo la quale Remo , per prendere in giro il fratello , avrebbe scavalcato le mura appena erette [più probabilmente il Pomerium , il solco sacro] e quindi Romolo , al colmo dell’ira , l’avrebbe ammazzato aggiungendo queste parole di sfida : «Così , d’ ora in poi , possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura» . In questo modo Romolo s’ impossessò da solo del potere e la città appena fondata prese il nome del suo fondatore” In tempi abbastanza recenti , nel 1987 , nelle pendici settentrionali del Palatino , primo colle abitato di Roma da parte di Latini e forse di Albani , vennero scoperte delle mura ricavate in blocchi di Tufo giallo , che furono datate al 720/730 a.C. , quindi di una eta’ che corrisponde quasi a quella canonica della fondazione di Roma . Questa recente scoperta dimostra che gli storici antichi , nel nostro caso Tito Livio , ci hanno tramandato fatti reali , al piu’ conditi da qualche leggenda di contorno , che riportarono nei loro scritti ritenendoli degni di memoria in quanto quei lontani fatti , forse leggendari , erano stati tramandati da scritti o da tradizioni orali . In foto il tratto di muro arcaico sul lato settentrionale del Palatino rinvenuto nel 1987 .5 punti
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Scaricato il pdf e stampato su carta A3 con la funzione "Stampa opuscolo", così da renderlo del tutto simile al cartaceo distribuito nelle varie occasioni che ci avete raccontato. Imitazione o contraffazione dell'originale? Scherzi a parte... grazie per aver condiviso il link. Ora potrò leggerlo anch'io.4 punti
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saluti a tutti. torno dopo qualche anno ... di latitanza, e vi trovo più in forma che mai. ho portato avanti le mie ricerche su velecha, con esiti interessanti. a breve spero di pubblicare qualcosa, che posterò nella discussione specifica sulla zecca di velecha. al momento vorrei riproporre gli elementi che a mio avviso rendono incontrovertibile la localizzazione di velecha ad abellinum, al centro della valle del sabato. Dopo la disfatta romana di Canne molti fra Sanniti, Lucani, Bruzi, Apuli e Italioti passano dalla parte di Annibale, anche se non simultaneamente. Gli storici antichi non tramandano un quadro preciso e completo delle città che passano con Annibale, né di quelle conquistate con le armi dall'uno o dall'altro esercito. Alcuni riferimenti si ritrovano comunque in Silio Italico e Tito Livio. Il primo, quando passa in rassegna i popoli che dopo la disfatta di Canne tradiscono passando nel campo punico, elenca i Sanniti, i Bruzii, gli Apuli, gli Irpini, i Campani, Atella e Calatia, seguiti da numerosi altri (Guerre Puniche, libro XI). Anche Tito Livio, quando anticipa i tragici eventi di Canne, elenca i popoli che passeranno in seguito ai Punici: fra questi elenca i Campani, gli Atellani, i Calatini, gli Irpini, parte degli Apuli, i Sanniti tranne i Pentri, tutti i Bruzi e i Lucani (Libro XXII, cap. LXI). Dopo cinque anni di alterne vicende, che vedono la Campania principale teatro di guerra, i romani prendono il sopravvento. Stando a Livio, nel 211 Capua si arrende, seguita dai Calatini, dagli Atellani e dai Sabatini. A questi quattro popoli Roma riserva l'identica triste sorte della deportazione in massa e della limitazione dei diritti civili, alle loro classi dirigenti quella della confisca dei beni e della riduzione in schiavitù, se non della condanna a morte (Tito Livio, libro XXVI cap. XXXIII e libro XXVI cap. XXXIV). Edward Togo Salmon, lo studioso britannico padre dei moderni studi sui Sanniti, osserva che alcune monete emesse da Velecha sono del tutto simili a quelle emesse da Capua, Atella e Calatia nello stesso periodo (E.T. Salmon, Il Sannio e i Sanniti, Torino 1985, pag.98). Lo studioso, partendo dall'osservazione che Capua, Atella, Calatiae e il popolo dei Sabatini si fossero uniti in una sorta di lega contro Roma (tanto da subire tutti insieme la stessa triste sorte desrcitta da Livio) e che Capua, Atella e Calatiae e Velecha battessero monete dello stesso tipo (avendo costituito un piccolo stato cartaginese in Campania),perviene alla conclusione che Velecha fosse la capitale, ovvero la poleis, dei Sabatini (Salmon 1985, pag. 347). I Sabatini erano gli abitanti del territorio della valle del Sabato a Sud di Benevento (Salmon 1985, pag. 316), vale a dire il territorio costituito dalla conca di Avellino e Atripalda, tutto il Serinese e la valle fluviale fra Prata e la stretta di Barba, comprese le alture circostanti. E al centro del territorio dei Sabatini, in posizione strategica, è situata la collina della Civita, modesto rialzo tufaceo fiancheggiato dal rio Fenestrelle– Rigatore, affluente di sinistra del fiume Sabato, nel territorio dell'odierna Atripalda, in provincia di Avellino. Ed è proprio sulla collina della Civita, oggi solo in minima parte esplorata, che è stato localizzato l'antico municipio romano di Abellinum (e dove peraltro sono presenti significative testimonianze del periodo pre-romano). Senza per il momento aggiungere altro, mi sembra che l'autorevolezza delle fonti (Tito Livio e Salmon) supporti adeguatamente l'ipotesi per velecha della localizzazione ad abellinum. Ricordo anche che Il ritrovamento di gran parte delle monete attribuite a Velecha si deve a Julius Friedländer, insigne numismatico tedesco, che operò numerosi ritrovamenti nella Campania interna prima di diventare direttore del Berliner Museum, dove non a caso ne sono custodite gran parte. L'ipotesi oggi corrente (volcei odierna Buccino) non ha alcun riscontro documentale, e la sola presunta affinità del nome mi sembra argomento debole, se non proprio inesistente. saluti a tutti e grazie per l'attenzione gerardo3 punti
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A me pare invece che già intrapresa questa strada,i FDC si siano moltiplicati a dismisura, rispetto a prima. Come i qFDC che adesso per molti possono anche avere usura, seppur minima. Ovvero l'esatto contrario della tua affermazione, se non ne ho frainteso il senso, nel qualcaso mi scuso anticipatamente. Purtroppo a volte si é visto anche bene su questo forum, che é più difficile convincere il proprietario della moneta della reale conservazione della stessa che il perito stesso che l'ha chiusa tale. Ma in fondo, volendo prescindere un po' dai tecnicismi, é giusto che sia così: la moneta deve piacere a chi la compra, non a chi la vende o a chi la "giudica" attraverso una fotografia (!!!). Riguardo alla ricerca della perfezione o meno, mi par più logico che ognuno collezioni un po' come creda. Continuare a dire cosa é giusto e cosa é sbagliato in un mercato emozionale, magari seguendo semplicemente "i propri gusti", mi pare un discorso molto riduttivo. Tanto più che il mercato dimostra da anni che la qualità dello stato di conservazione delle monete é diventato quasi il "primo" motivo di interesse della collezionabilità (desiderio di possesso) spostando l'asticella, non solo del prezzo in modo esponenziale, ma addirittura creando un divario netto tra l'interesse ed il completo disinteresse. Si può dire che oggi comprare monete moderne "mezze" (splendidoni veri per intenderci) non paga in termini economici futuribili nel breve periodo. Ma altresì si può dire che mai come oggi é diventato economico e facile comprare certe monete di cui sopra, dando la possibilità a tutti coloro a cui non interessa ne il possibile investimento, ne l'altissima conservazione a tutti i costi, di poterle avere un po' a "sconto", godendosi tutti gli altri bonus che il collezionismo numismatico può dare.3 punti
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Egregio, ti ringrazio per aver chiesto un mio parere (invero assai modesto). La mia opinione in merito è che il Tallero nostrano, se pur leggermente più ricco d'argento (835 vs. 833 = 2 millesimi), lo si cercò d'imporre in un contesto monetario ben stabilizzato. Gli indigeni erano usi da decenni ad impiegare quello di Maria Teresa di cui conoscevano tutte le caratteristiche. Per loro, più che una moneta nel vero senso del termine, era una specie di "lingotto" d'argento che utilizzavano in un ampio mercato: non dimentichiamoci che, oltre all'Etiopia ed alla penisola arabica era diffuso ed accettato in un territorio più vasto che dalle coste africare si estendeva verso le Indie. Che il nostro avesse un pregio estetico superiore era, ai loro occhi, insignificante. Per avere qualche possibilità di scalzare il Tallero austriaco, il "nostro" avrebbe dovuto innanzitutto partire da un territorio ben più esteso che da un "fazzoletto di terra" come l'Eritrea e sostenuto da un forte commercio con al centro le colonie italiane dell'Africa orientale (che invece erano piuttosto povere) e per molti anni per dar modo alla nuova moneta di diffondersi. Ma se pensi che persino gli Inglesi, che controllavano le coste del Mar Rosso ed oltre, avevano sentito la necessità di coniare la moneta teresiana da far circolare accanto alle Rupie (che avevano un tenore d'argento ancora superiore, ben 917/1000) capisci il grado di affezione di cui godeva e - aggiungerei - gode l'effigie della vecchia imperatrice. La partita era, per me, persa in partenza... @Martin_Zilli È da un po' che ne sto cercando uno migliore. Forse questa settimana riuscirò a concludere per uno senza firma in SPL+. Esimio, per quel poco che ti conosco, avendo letto i tuoi interventi, sento che in te brucia la passione per la storia e la numismatica sostenuta da una ricerca della compiutezza. Mi ricordi me stesso quando cominciai ancora alle elementari... Noto che vuoi "annetterti" un Tallero italicum "senza firma": immagino, però, che non lascerai quello che hai postato perché, oltre che carico di storia (avendo circolato), ha in bella mostra il nome dell'incisore (e per questo considerato di poco più raro). Questo (forse) lo lascerai quando avrai trovato un degno sostituto in miglior conservazione. Mi aspetto da te un'altra cosa: la ricerca del Tallero di Maria Teresa coniato a Roma nella versione 1° e 2° conio che io credo di avere e che, magari , un giorno posterò... fin d'ora, mi aspetto un tuo intervento sulle differenze (piccole, invero) di queste due monete...3 punti
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Uscito il numero di giugno 2017 di Panorama Numismatico. Ecco l'indice: Curiosità numismatiche – Pag. 3 Lorenzo Bellesia, Un Quinario inedito di Treboniano Gallo – Pag. 6 Raffaele Iula, L’introduzione dei tarì anonimi longobardi della zecca di Salerno: problemi di cronologia – Pag. 7 Isidoro Minniti e Luigi Lamorte, Un follaro inedito di Ruggero Duca per la zecca di Melfi – Pag. 15 Giovanni Longo, Una variante inedita di una moneta di Scipione Gonzaga coniata dalla zecca di Bozzolo – Pag. 21 Mirella Comino, Il Museo d’Arte della Medaglia di Buja rinnova la sezione didattica. Dalle opere di Piero Monassi – Pag. 23 Ivan Cavazzoni, Le medaglie di Maria Luigia, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla (1815-1847). Catalogo prezzario – Pag. 25 Mario Veronesi, Modena: sesini, bolognini, muraiole e giorgini di Francesco I d’Este. Proposta per una collocazione cronologica, comprese alcune varianti inedite – Quinta parte – Pag. 41 Giuseppe Carucci, Le medaglie di Pietro I – Pag. 51 Recensioni – Pag. 54 Giovanni Ardimento, La “lira pesante”: i retroscena di un progetto incompiuto – Pag. 55 Emissioni numismatiche 2017 - Pag. 58 Notizie dal mondo numismatico – Pag. 60 Numismatica 2017 – Pag. 61 Mostre e Convegni – Pag. 62 Aste in agenda – Pag. 632 punti
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Siamo ormai alla frutta....anzi al caffè.... Continuano a riproporre la moneta in asta. Questa volta pure certificata NGC sperando di venderla.....non ho parole se non pensare male..... E che stiamo parlando di un Gela non particolarmente difficile da valutare come falso.... Posto link e immagini. http://www.goldbergcoins.com/view-auctions/catalog/id/56/lot/118232/ Saluti Odisseo2 punti
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Sarà inaugurata Sabato 3 giugno la mostra Come si fanno i soldi. Fabbricare banconote, francobolli, assegni... Un’esposizione che cerca di dare risposte alle innumerevoli curiosità riguardanti banconote e carte valori, sulla storia, sui materiali, la tecnologia e il lavoro necessari alla loro realizzazione, pur non fornendo (ovviamente) un manuale tecnico per la produzione "in proprio" Lo scopo è infatti quello di offrire le informazioni che consentiranno ai visitatori di conoscere le origini e la produzione di banconote, carte valori o carte da avvalorare, assegni bancari, francobolli, valori bollati, titoli azionari e obbligazioni. E per quanti hanno amato il famoso film del 1956, “La banda degli onesti” , con gli indimenticabili Totò e Peppino De Filippo, la mostra riserva un’ampia finestra sul mondo parallelo dei falsari e della falsificazione. La mostra sarà allestita presso il Museo della Carta e della Filigrana di Fabriano, e rimarrà aperta tutta l'estate, fino al 16 settembre http://www.museodellacarta.com/news/notizia.asp?id={1A643C0D-CBDC-499E-A0C7-C0A35E066990} In occasione dell’inaugurazione, prevista alle ore 17.30 di sabato 3 giugno 2017, Stefano Poddi, esperto numismatico, consigliere dell’Accademia Italiana di Studi Numismatici e socio dell’International Bank Note Society, l’associazione che riunisce collezionisti e studiosi di cartamoneta di tutto il mondo, presenterà il suo libro “Soldi di Carta”. Subito dopo, sarà Luigi Lanfossi, curatore della mostra, ad inaugurarla e ad illustrare ai presenti l’intero percorso espositivo e le tante storie legate ai numerosi reperti esposti. La mostra dovrebbe essere visitabile con gli stessi orari del Museo, dal martedì alla domenica (chiuso lunedì), dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 19.30. In passato, anche recente, in occasione di altre mostre temporanee nei locali del Museo, l'accesso alle stesse era gratuito, altrimenti il prezzo del biglietto del Museo della Carta è di 7 euro (sono previste riduzioni). Appena possibile vi darò conferma sugli orari e sulle modalità di accesso. Della mostra si occupa anche il GdN online http://www.ilgiornaledellanumismatica.it/?p=13705 petronius2 punti
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Salve a tutti. Oggi vorrei proporre, in questo mio nuovo intervento di approfondimento, una moneta, per certi versi ancora argomento di dibattito, della più grande rarità, battuta sotto il regno di Filippo III d’Asburgo come re di Spagna (1598 – 1621). Una moneta che, per certi versi, è ancora “evanescente” e sfuggente. Il mio obiettivo sarà, dunque, quello di riproporre nuovamente le nostre conoscenze su questo nominale, anche attraverso lo spoglio delle passate ricerche, per permettere infine una sua maggiore comprensione. Passiamo quindi subito ad illustrare l’oggetto della nostra discussione: D/ PHILIPP • III • D • G • REX • V Busto giovanile con corona radiata e corazza volto a destra. R/ SICILIAE – HIERVSA Stemma a cuore, coronato, in cornice di cartocci. Peso: 3 grammi. Diametro: 28 mm (secondo CNI XX) o 24 mm (secondo Bovi). Metallo: Oro 22 carati (secondo Prota). Bibliografia essenziale: · AA. VV., Corpus Nummorum Italicorum vol. XX (abbreviato in CNI XX), Roma 1943, p. 222, n° 393 (il busto è erroneamente riportato come rivolto a sinistra anziché a destra); · Giovanni Bovi, Le monete napoletane di Filippo III (1598 – 1621), in Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano, anno LII, gennaio – dicembre, Napoli 1967, pp. 3 – 55, in particolare la moneta è descritta a p. 37, n° 53; · Alberto D’Andrea – Christian Andreani – Simonluca Perfetto, Le monete napoletane da Filippo II a Carlo VI, Castellalto (TE) 2011, p. 167, n° 1 (tra i riferimenti, viene erroneamente riportata come assente in CNI XX); · Michele Pannuti – Vincenzo Riccio, Le monete di Napoli dalla caduta dell’Impero Romano alla chiusura della zecca, Lugano 1984, p. 138, n° 1 (le legende riportate nella descrizione sono errate rispetto a quelle che possono leggersi sulla moneta illustrata nell’immagine); · Carlo Prota, Lo scudo di oro di Filippo III di Spagna coniato a Napoli, in Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano. Studi e Ricerche, Napoli 1926, pp. 26 – 30, in particolare la moneta è descritta ed illustrata a p. 29. Fig. 1: Lo scudo d'oro di Filippo III così come appare in Pannuti - Riccio, op. cit., p. 138. Singolarmente, per il periodo storico di cui trattiamo, non si conosceva alcuna moneta d’oro di Filippo III per Napoli prima che, nel 1926, Carlo Prota presentasse per la prima volta questo scudo. Fino ad allora, si conosceva solo un pezzo, presunto aureo, per questo sovrano, con i tipi identici al carlino con legenda EGO IN FIDE, coniato nel 1600 (per tale carlino in argento, cfr. Pannuti – Riccio, op. cit., p. 142, n° 16 e seg.). La moneta, descritta da Memmo Cagiati e poi passata in CNI XX, p. 178, n° 26, è custodita nel Medagliere del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (si rimanda a Giuseppe Fiorelli, Catalogo del Museo Nazionale di Napoli. Medagliere III: monete del medio evo e moderne, Napoli 1871, n° 7463) e risultò essere un normale carlino del tipo come sopra, ma dorato. Si potrebbe credere che questo carlino, già raro di per sé, fosse stato sottoposto ad un processo di doratura per spacciarlo come un nominale aureo unico ed inedito per questo sovrano, colmando così la lacuna già evidenziata prima causata dalla mancanza di monete d’oro coniate a nome del terzo Filippo. A titolo informativo, riportiamo che il carlino EGO IN FIDE dorato del Museo napoletano ha un peso di 3,04 g. ed un diametro pari a 23 mm., stando a quanto riportato da Bovi, op. cit., p. 13, e che quindi si avvicinava molto per dimensione e peso allo scudo d’oro presentato dal Prota e qui da noi nuovamente analizzato. Quest’ultimo, che ad oggi sembra essere l’unico nominale aureo noto della zecca di Napoli coniato per Filippo III, proveniva dalla collezione numismatica di Cesare Ratti e apparve successivamente in un’asta della ditta Mario Ratto di Milano nel 1962, al lotto n° 439 (cfr. Bovi, op. cit., p. 14). Apprendiamo, poi, sempre dal Prota (op. cit., p. 26), che, quando Filippo III salì al trono nel 1598, «la zecca di Napoli ebbe ordine di coniare moneta di ottima e buona lega e di giusto peso, come erano state le monete di Filippo II e di Carlo V, in maggior parte, quelle di oro emigrate dal Regno e quelle di argento quasi del tutto rifilate». Quindi, particolare attenzione dovevano ricevere in quel periodo, almeno stando ai documenti d’archivio che lo studioso napoletano ci riporta nel suo lavoro (cfr. Prota, op. cit., p. 26, nota 1), le monete d’argento, perché erano state soggette all’azione truffaldina dei tosatori, e quelle in oro (ancorché ugualmente tosate), poiché, grazie alla loro bontà, erano state in gran parte portate al di fuori dei confini regnicoli per circolare o essere riutilizzate in altri Stati, sia italiani che stranieri, dove la moneta aurea non raggiungeva simili standard qualitativi. Possiamo notare subito che la moneta in oggetto potrebbe appartenere proprio al primo periodo di regno di Filippo III. Benché la datazione sia resa ardua a causa della mancanza sia di una data specificata sul tondello stesso, sia per l’assenza delle sigle degli ufficiali di zecca, come i Maestri di Zecca e di Prova, purtuttavia, grazie ad un raffronto stilistico, possiamo affermare con una certa sicurezza che il busto presente sullo scudo d’oro è molto vicino alla tipologia ritrattistica che troviamo su alcuni nominali in argento, non da ultimi i mezzi ducati e i tarì, datati fino al 1610 circa. Lo scudo d’oro di nostro interesse fu quindi battuto durante il primo periodo che si configura tra il 1600 ed il 1610. Le emissioni di questo lasso temporale sono accomunate e caratterizzate dal busto del re effigiato con fattezze giovanili (infatti, Filippo salì al trono spagnolo quando aveva circa diciannove anni, come troviamo riportato in Pannuti – Riccio, op. cit., p. 136) e con un busto coperto da una corazza con espliciti e chiari riferimenti classicheggianti (fig. 2). Fig. 2: Confronto stilistico tra lo scudo d'oro e un generico tarì del tipo Pannuti - Riccio, op. cit., p. 141, n° 11 (ex Varesi 61, n° 85). Già Prota, op. cit., p. 29, aveva notato che, nonostante lo stile più rozzo e l’assenza delle sigle, questo scudo d’oro aveva notevoli somiglianze stilistiche con i tarì con stemma a cuore del tipo Pannuti – Riccio, op. cit., p. 141, n° 11 e segg. Risulta quindi chiaro che questa moneta potrebbe aver costituito l’esemplare di prova per una progettata emissione di scudi d’oro nel Regno di Napoli all’inizio del regno di Filippo III. Proprio in quel periodo, infatti, il problema della “cattiva moneta” era più vivo che mai a Napoli: il viceré dell’epoca, che maggiormente si interessò della questione, don Juan Alfonso Pimentel de Herrera, conte di Benavente (in carica dal 1603 al 1610), cercò di contrastare sia la piaga della tosatura che quella della moneta «mancante di peso», per dirla con le parole riportate in Prota, op. cit., p. 27. A tal fine, furono emessi due provvedimenti: il primo, si concretizzò con una prammatica del 6 giugno 1609, mentre il secondo è costituito da un bando del 12 maggio di quello stesso anno. Ma, a fronte di queste problematiche, rimaste a lungo irrisolte, l’emissione di moneta aurea per Filippo III sembra non aver avuto seguito e che il nostro scudo sia rimasto fino ad oggi un esemplare isolato, una tacita testimonianza dell’impegno del viceré e degli ufficiali di zecca di seguire le disposizioni in abito monetale che venivano emanate da Madrid per conto del nuovo sovrano. Tra le cause della mancata produzione monetale in oro, in un siffatto frangente, sembra che avessero avuto un certo peso le azioni dei tosatori, ma, ancor di più, l’esportazione o la tesaurizzazione di moneta aurea, che costituiva un danno più o meno pesante alla politica economica e monetaria del Regno partenopeo. Inoltre, bisogna considerare il fatto che nei territori dell’Italia Meridionale circolavano ancora in abbondanza le monete d’oro definite “antiche” di Carlo V e Filippo II, di buon peso e ottima lega, come viene riportato in Prota, op. cit., p. 27: «(…) si dovevano spendere o ricevere le monete antiche purché fossero di giusto peso, mentre tutte le altre venivano ritirate dalla zecca e dai banchi, con condizioni poco vantaggiose per i possessori». Tutte queste cause, quindi, hanno concorso affinché il progetto di una regolare emissioni di scudi d’oro per Filippo III venisse prima accantonato e, gradualmente, abbandonato. Il problema ancora irrisolto è il peso di questo, finora, unico esemplare noto, che raggiunge i soli 3 g., un po’ basso se pensiamo che le monete d’oro di questo periodo rispettavano ancora gli standard ponderali degli scudi di Filippo II (in entrambi i periodi: 1554 – 1598), aggirandosi intorno ai 3,38 g. (trappesi 3 ed acini 16, secondo Bovi, op. cit., p. 7). All’incirca della stesso peso era anche lo scudo aureo di Carlo V del tipo Pannuti – Riccio, p. 95, n° 11 (3,38 – 3,4 g.). Entrambe le tipologie avevano ancora ampio corso legale nel Regno. Ad oggi, l’ipotesi più recente in merito compare nel volume di D’Andrea – Andreani – Perfetto. In quella sede, a p. 165, viene detto che «dopo centocinquant’anni di coniazioni auree ininterrotte, Filippo III fu il primo sovrano spagnolo a non coniare monete d’oro a Napoli». In una nota, alla stessa pagina, viene spiegato come sia stato ritenuto falso anche l’esemplare di cui stiamo discutendo per via del peso calante, come verrà poi meglio specificato in un’altra nota a p. 167. Nessuna particolare menzione viene dedicata, invece, all’assenza delle sigle, neanche nel vastissimo articolo che Bovi dedicò alle coniazioni napoletane di questo sovrano nel 1967. Per tale punto possiamo solo rifarci a quanto riferì il Prota nel lontano 1926, alle pp. 29 – 30: «[la ragione] della mancanza delle sigle sopradette lo fa ritenere battuto verso il 1606, epoca in cui il maestro di zecca fu assente dal suo ufficio e le sue mansioni erano affidate al Credenziero Maggiore della zecca». La nota che dovrebbe spiegare meglio questo assunto rimanda ad un altro lavoro del Prota: Maestri ed incisori della Zecca Napolitana ricavati da documenti del R. Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1914, dove a p. 18 viene riferito che «Un maestro provvisorio regente (sic!) vi fu nel 1606 per brevissimo tempo, a nome Fulvio di Costanzo (…)». Naturalmente, oggi, tra tutti questi dubbi e la scarsa attenzione dedicata a questa moneta, si è fatta strada con sempre più veemenza l’ipotesi che l’esemplare appartenuto a Cesare Ratti e venduto dalla Ratto di Milano nel 1962 sia in realtà un falso. Occorre inoltre sottolineare l’impossibilità di reperire fotografie recenti del suddetto esemplare, il che non fa altro che creare ulteriori disagi per chi vorrebbe cimentarsi in un studio più articolato sul presente nominale. L’alone di “mistero”, dunque, permane intorno a questa moneta: io ho provato in tal modo a scalfirne la superficie, ma confido nei vostri interventi per cercare di approfondire ulteriormente questo affascinante argomento. Grazie a tutti per l’attenzione.2 punti
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Buona sera a tutti! Avrei bisogno del vostro aiuto per identificare le due monete in allegato. Cercando in rete ho visto qualcosa di simile, denari papali secolo XII - XIII circa? Grazie per il vostro aiuto!2 punti
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Questa moneta appartenuta a Lucio Bellizia, l'autore del libro sulle monete di Salerno, faceva parte della sua collezione. L'ho avuta in mano e l'ho anche fotografata. Conosco bene anche la sua storia raccontatami dal Bellizia. Lui l'aveva comprata da un collezionista della provincia di Caserta almeno 40 anni fà non sapendo esattamente quale moneta fosse, però diceva probabilmente normanna del nord europa. Mi offersi di aiutarlo nel classificarla. La foto che feci, mi doveva servire per catalogarla per bene, ma per quanto consultai centinaia di cataloghi d'asta, non trovai altro che emissioni conosciute che gli somigliavano, ma di questa niente. Poi negli ultimi anni di vita, Lucio peggiorò molto nella sua malattia, e aveva bisogno di cure molto costose. Così seppi che cedette delle monete della sua collezione a tale scopo. Questa sicuramente è una di quelle. Ricordo le discussioni fatte a quel tempo. Si pensò subito ai fatti storici che portarono molti guerrieri normanni nel sud dell'Italia chiamati dai Duchi di Napoli. Probabilmente, io direi sicuramente, che uno di questi l'avesse portata con se e l'avrebbe persa nella zona dove poi a distanza di tanti anni è stata ritrovata.2 punti
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Moneta notevole già solo per il fatto che ha l'araldica dello stemma praticamente tutta leggibile! In virtù del pregio sopra citato, e ben sapendo degli accidenti che questa tipologia monetale si tirava addosso, neppure minimamente mi soffermerei sulle imperfezioni del bordo. C'è ben altro da ammirare P.S. ma i colpetti li ha veramente, o sono solo ondulazioni ed imprecisioni del bordo?2 punti
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Segnalo anche qui, nella sezione espressamente dedicata alla cartamoneta, la mostra Come si fanno i soldi. Fabbricare banconote, francobolli, assegni... che sarà inaugurata a Fabriano sabato 3 giugno, e resterà visitabile fino al 16 settembre. Tutti idettagli nella discussione della sezione Segnalazione eventi petronius2 punti
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Buongiorno @ovidiu, si tratta come è già stato detto di denari provisini coniati nella zecca di Roma. Si tratta di tipi di c.d. prima emissione, coniati cioè prima dei senatorati di Carlo d'Angiò. Per classificazione, datazione e soddisfazione delle curiosità che spero questi tondelli ti porteranno ad avere non posso curiosità e consigliarti caldamente la lettura di questo magnifico contributo del nostro @adolfos https://www.academia.edu/24663988/DENIER_AU_PEIGNE_CHAMPENOIS_E_DENARO_PROVISINO_EMESSO_A_NOME_DEL_SENATO_ROMANO Buona giornata, Antonio2 punti
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Ciao, quello che vedi lungo il profilo dell'imperatore è l'effetto della deformazione meccanica in fase di coniazione....ed è proprio bello da vedere!2 punti
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Buon giorno. L'ipotesi del fallimento del Tallero d'Italia in Eritrea nel 1918 a causa della presunta mancanza della spilla in rilievo che, nel tallero asburgico 1780, abbelisce la spalla dx di Maria Teresa, è stata formulata, all'inizio degli anni Trenta del secolo scorso, dall'Ing. Mario Lanfranco. E' una ipotesi proveniente da fonte "accreditata", dunque credibile più di altre, posto che nel 1918 il Lanfranco era niente di meno che il Direttore della Regia Zecca di Roma. Da allora in poi, soprattutto in virtù della credibilità della fonte, questa storia è stata pedissequamente e acriticamente ripresa da tantissimi autori di testi e di cataloghi... Per quanto mi riguarda l'ipotesi del Lanfranco è sì autorevole, ma è smentita clamorosamente dalla...stessa moneta oggetto della discussione. E', infatti, sotto gli occhi di tutti che non è vero che al D del tallero d'Italia manca la famosa spilla: un gioiello in tutto simile alla spilla di Maria Teresa fa bella mostra di sè tra i capelli dell'allegoria dell'Italia. Quindi gli indigeni potevano benissimo, seguendo il ragionamento del Lanfranco, constatare il maggiore o minore stato di usura dell'"argentum signatum" italiano nello stesso modo con cui ciò erano adusi fare col tallero asburgico. Saluti.2 punti
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Il primo che riesce ad acquistarla, se mai la metteranno in vendita visto che mi aspetto di tutto da loro, è pregato per il bene comune di postare il link della pagina dove inserirla nel carrello, oppure descrivere dettagliatamente i passaggi che ha fatto, grazie a tutti.2 punti
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Bene, mi sembra di capire che non vi siano altri interventi. Partiamo dal giudizio di conservazione: la moneta è stata chiusa q.FDC. E vi spiego perché. In genere l'usura al D/ (per le monete di Umberto) inizia - sostanzialmente - dall'elice e dall'antielice (i più alti rilievi del padiglione auricolare), dai baffi, dai capelli e dal bordo. Mentre per il R/, in genere, è lo scudo, la corona (le perle sulle cinque vette visibili), i rilievi più alti di rami di alloro e di quercia e, ovviamente, il bordo. In questa moneta, vista in mano, si notano rilievi ancora ben scolpiti e, a varie inclinazioni di luce, una superficie omogenea priva di lucori tipici d'un inizio di usura per sfregamento. Bordi intatti. Allora perché q. (quasi)? Per i "segnetti" di cui solo quello sul collo è visibile a occhio nudo e per i bordi non "taglienti". La moneta ha - forse - avuto un inizio di circolazione o forse, più probabilmente, una non perfetta conservazione iniziale. Tuttavia, tutti quelli che sono intervenuti hanno espresso un giudizio dallo SPL allo SPL+. Quindi, nel migliore dei casi, un mezzo punto in meno, sulla conservazione espressa dal perito (in genere severo e della "scuola" di Tevere). La prima spiegazione che si può dare (a parte che il perito s'è sbagliato, ma la scarterei...) sta nella foto ingrandita e dalla luce particolare che mette in risalto graffietti, abbassa rilievi e fa splendere o meno questi ultimi riducendo su di un piano ciò che in realtà è tridimensionale. Guardando la foto, un esempio è il bordo al D/ da ore 10 a ore 12, che sembra usurato tanto da abbassarsi allo stesso piano della perlinatura: cosa, in realtà, non vera. Il bordo è sovrastante la perlinatura come nel resto della moneta e le "sferette" appaiono a tutto tondo. Quindi, anche la foto migliore (e questa mia non lo è), può rivelarsi ingannevole... Ma vorrei aggiungere un'altra cosa che, a mio modesto avviso, è altrettanto importante. Ed è la tendenza, da qualche anno a questa parte, a spostare l'asticella del giudizio verso l'alto. Troppo. La moneta "perfetta" è il FDC. Ma la moneta perfetta - nella stragrande maggioranza dei casi - non lo è già più nel momento in cui viene espulsa dalla pressa coniatrice. Se da un lato, la ricerca della perfezione è auspicabile, dall'altro non deve divenire un'ossessione. Il Montenegro, a tal proposito, per cercare di mantenere una sorta di raccordo con le stime di venti o trent'anni fa, s'è inventato l'ECZ (Eccezionale). Così quello che una volta era stato chiuso FDC e con il nuovo modo di valutare le cose sarebbe, probabilmente per un giudizio "alla moda", sceso al grado SPL, col suo metro rimane FDC... Altri, anche se meno autorevoli, hanno iniziato a forgiare nuovi aggettivi e classificazioni (bell'esemplare, ecc.). Il rischio nell'intraprendere questa strada è che, alla fine, il FDC scompaia per l'evidente impossibilità delle monete di mantenersi tali col passare degli anni per quanto uno le custodisca nel migliore dei modi.2 punti
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anche questa ha i segni (di centratura?) sul cerchio interno, qui hanno risolto la questione interpretando il diametro ridotto come frutto di tosatura e potrebbe anche starci, ma anche questa sembra mistura, i segni di zecca sono uguali e credo siano un tipo di foglia (MIR 7 tra l'altro non presente nelle 9 varianti riportate per il grosso). La mia domanda è: quella che noi insistiamo a ritenere mistura, con quell'aspetto, potrebbe essere argento? se si, si tratterebbe semplicemente di grossi tosati ma ne dubito, ....mistero2 punti
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@Reficul si potrebbero eliminare in automatico le immagini dalle citazioni lasciando solo lo scritto? Una volta erano eliminate dal sistema, ora le immagini in una citazione bisogna toglierle manualmente, ma non tutti lo fanno, anzi, non lo fa quasi nessuno, con il risultato di fastidiosissime duplicazioni, triplicazioni, quadruplicazioni ed anche oltre. Ho visto certe discussioni devastate dalle citazioni contenenti la stessa immagine che si ripete in continuazione, ne ho presa una per esempio dalla sezione che più frequento: https://www.lamoneta.it/topic/159842-probabili-sterline-false-in-un-lotto/ In questa presa ad esempio le monete postate sono tante è vero, ma se non fossero duplicate la discussione sarebbe fruibile. ce ne sono tantissime altre discussioni così... si fatica a seguirle2 punti
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DE GREGE EPICURI @ovidiuAd esempio la discussione "provisino romano" in questa stessa sezione, in evidenza in alto.2 punti
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come indicato da @Eliodoro sposto nella sezione " Monete medievali di zecche Italiane"2 punti
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Senza parlare della coda impastata tra se e il fondo, della mancanza totale di benché minimo stiramento del metallo non rilevabile neanche nei punti più protetti e meglio " conservati".... E poi e poi e poi.......Per me è sufficiente per farmi venire l'idea che la moneta abbia la natura che ho detto " un falso ottenuto per fusione" e non il prodotto di puliture più o meno sciagurate o conii stanchi.....dal basso della mia trentennale esperienza di maneggiamento di monete, studio dei falsi e delle tecniche di realizzazione delle monete autentiche e false.....per parafrasare un amico...1 punto
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O le piume di Pegaso, che sono ridotte a bottoncini sfumati , invece che , come dovrebbe essere, a bottoni acciaccati si, ma sempre con il contorno ben definito, dato che è la parte più protetta negli urti che causano l'usura...1 punto
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anch'io personalmente preferisco la piastra di Ferdinando IV,ma son gusti...1 punto
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Salve @azaad. Anzitutto confermo quanto ha detto già Eliodoro: si tratta quasi sicuramente di un gigliato postumo (con qualche lieve schiacciatura, ma con dei dettagli soddisfacenti, pienamente leggibile e con una patina molto gradevole). Io proverei a classificarla così: Regno di Napoli. Roberto d'Angiò (1309-1343). AR gigliato o "Robertino" postumo (post 1343) della zecca di Napoli. D/ + ROBERT DEI GRA IERL ET SICI RE Il sovrano assiso in trono, di fronte, con lo scettro gigliato nella mano destra e il globo crucigero nella mano sinistra. R/ + hONOR REGIS IUDICIU DILIGIT Croce gigliata e filettata accantonata negli spazi da quattro gigli. Rif.: Pannuti-Riccio, p. 20, n° 1, nota 1; CNI XIX, p. 24, n° 36 (classificato tra i postumi); D'Andrea-Andreani, p. 107, n° 5. Rarità: Comune. Gli esemplari postumi si riconoscono per il modulo più ampio (circa 30 mm) e dallo spessore più sottile, le lettere che compongono le legende sono più grandi e le figure, invece, rese con maggiore approssimazione, tanto da sembrare di stile più rozzo. Per le somiglianze con i nominali contemporanei siciliani, credo che esse siano dovute al modello stilistico dominante (vedi ad es. lo stile gotico delle legende) in entrambi i Regni, sia nella parte insulare che in quella continentale. Che poi ci siano altre motivazioni, purtroppo non ne ho trovato finora traccia.1 punto
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Qualche colpetto a ore 16 sul retro, pulita con prodotti per argento, io starei sul BB+ qSPL.1 punto
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Buon giorno @adolfos io li ho chiamati "segni di centratura?" Il punto interrogativo è d'obbligo, sarebbe interessante se qualcuno ci aiutasse a ricordare dove abbiamo, in questo forum, già visto segni analoghi, ho provato a rintracciare una discussione che, ovviamente, non ho trovato ma giurerei che fosse sui denari o grossi genovesi.1 punto
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Ciao per le valutazioni devi rivolgerti ad altri in ogni modo la moneta non è in grandi condizioni ed è abbastanza comune, prova a farti un giro su vcoins e fai i dovuti raffronti Silvio1 punto
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mi pare una difettosità del conio...unita ad un disegno del naso già non perfetto.... non vorrei sbagliare anche questa non scherza1 punto
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Buongiorno a tutti, sicuramente sono il meno titolato ad intervenire in questo tipo di discussione e quindi non voglio scendere in tecnicismi che non padroneggio pienamente. Mi sento però di condividere il pensiero di @El Chupacabra o perlomeno che mi sembra di percepire una sempre crescente ricerca della perfezione che però si discosta dalla definizione di FDC. Non voglio dilungarmi e meno che mai fare polemiche, sono qui per imparare e non per polemizzare, ma proprio perché sto studiando il ciclo produttivo delle monete nel XIX secolo trovo azzeccata la definizione di Eccezionale "coniata" esempio da Montenegro. Eccezionale perché? Perché è appunto un'eccezione che una moneta coniata per la normale circolazione uscisse dalla zecca "immacolata", non si avevano certo le mille precauzioni messe in atto per una tiratura molto limitata o per quelle da sottoporre al parere/giudizio del Re. Non voglio certo "periti di manica larga" ma nemmeno che si vada a sindacare su di un insignificante segnetto appena percepibile su di un ingrandimento cento volte la moneta... Spero di aver spiegato il mio pensiero nel modo corretto e ringrazio tutti per l'attenzione. Massimo.1 punto
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Sarà banale, ma sappiamo tutti che, aldilà del piano giuridico e legale, che tutti i soggetti in questione affermano di aver rispettato e di voler rispettare, e oltre anche la volontà politica manifestata in pubblico dai responsabili di certe istituzioni, quella in corso è una lotta di potere. Possiamo anche vestirci per il duello, portare i padrini, e invocare il rispetto delle regole, ma che entrambe le parti in causa mirino, aldilà della questione di merito, a legittimare la propria potestà decisionale, è indubbio. Poi ciascuno, giustamente, porterà avanti il suo ruolo nel gioco delle parti, e quindi non lo ammetterà mai (vorrei vedere!) ma non pecchiamo di ingenuità.1 punto
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La serie e' gia' disponibile , il mio amico monegasco mi ha appena spedito la divisionale1 punto
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Complimenti! Una pubblicazione di cui si sentiva la mancanza e che va a coprire un "buco" bibliografico su queste affascinanti monetine. Complimenti all'autore. Da quando sarà in commercio?1 punto
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Bravissimo il Nostro @Caio Ottavio, hai fatto un resoconto ineccepibile.....riportando tutto quello che c'è e c'è stato in giro su questa moneta (mancherebbe la "supposizione"...oramai nota su tutte le monete s.s. del Perfetto, che anche lui ha messo su carta, per questo esemplare). Anch'io ho avuto modo, nel passato più vicino a Noi..., di discutere con Voi, ma solo su Forums...di questa moneta; ma visto che la sezione, ultimamente, è anche ricca di nuovi giovani appassionati, sentiamo in generale come la pensano. Grazie comunque per la tua "Apertura".1 punto
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DE GREGE EPICURI Caro @numa numa, siamo fra Scilla e Cariddi. Da una parte, tutto lo schieramento "amministrativo" e l'alta burocrazia che non gradisce alcun cambiamento, e ai quali l'Italia va bene così com'è ( e com'era...) Schieramento che si avvale di tutto il possibile formalismo giuridico, giustamente (dal suo punto di vista), e finisce pesso per spuntarla, dato che siamo il paese col maggior numero di leggi e la massima difficoltà nell'interpretarle. Ma altrimenti, come farebbe a campare la miriade di laureati in legge di cui disponiamo? Dall'altra parte, una classe politica che (nella sua parte migliore) vorrebbe maggiore efficienza e magari maggiori introiti museali (è peccato?), ma è tentata a volte dal decisionismo. E forse non si è resa ben conto delle formidabili resistenze da superare, e del fatto quindi che le leggi vanno scritte non bene, ma benissimo; da veri esperti. Se non si vuole essere messi in mora dal solito TAR del Lazio.1 punto
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@El Chupacabrabuona sera. Che idea si è fatto sul fallimento del tallero d'Italia in Eritrea, sistematicamente ricusato dagli indigeni nonostante il pregio artistico indubbio e la migliore bontà dell'argento rispetto al tallero con la pettoruta imperatrice?1 punto
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Se l'obiettivo era di fare divulgazione numismatica che vada oltre il forum e raggiunga tutti direi che l'obiettivo è stato sicuramente raggiunto. Credo che anche la più ottimistica previsione o stima sia stata superata. In fondo è il credo di Lamoneta che viene proseguito in questo prodotto sia cartaceo che in digitale, il parlare di numismatica per avvicinare, incuriosire ma anche per dare contributi importanti, news, eventi, bibliografia, parlare del mondo della numismatica. Il permettere a tanti di accedere, senza pagare quote, iscrizioni, costi, con facilità e comodità e poter leggere... Io rimango dell'avviso che siano importanti sia la ricerca scientifica che la divulgazione, senza poi divulgazione difficilmente la numismatica potrà essere per tanti e conoscere le monete, le identità, la storia non può che far crescere l'individuo, quindi conoscenze ma anche maggiore consapevolezza in tutti. E' il mio pensiero , credo anche di altri, il che non esclude pagine più alte, step ulteriori di approfondimento che troverete già nel prossimo numero 2. Nella serata di tempo fa al CCNM il Gazzettino fu consegnato ad Arslan e alla Travaini, la Travaini ci disse ottimo, qualcuno poi deve anche divulgare, Arslan sottolineò l'importanza del contributo anche in digitale per rimanere a disposizione di tutti. In fondo abbiamo fatto poi questo e se due luminari così ci incoraggiano oltre a tutti voi, possiamo dire avanti la strada è aperta, continuiamola, e se ci crediamo e ci piace, come è, sarà un piacere per tutti noi continuare in questa forma di volontariato culturale per tutti.1 punto
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Forse sono un po ma in questi giorni ho provato anche io a vendere le mie doppie su un gruppo feisbuc ed effettivamente mi sono imbattuto in diversi "saccenti" molto spicci e poco educati... Ho bisogno di spazio e qualche euro in più non guasta (la famiglia a breve si allargherà!). Concordo pienamente con la definizione "bullismo numismatico", aggiungerei che mi sembra ci siano tantissimi "affaristi part-time", più di una persona mi ha scritto messaggi privati del tipo: "quanto vuoi? tieni conto che io devo rivenderle" ed alla risposta "faccia la sua proposta pubblica": puf! spariti! Questo da persone che palesemente non erano professionisti o commercianti... Alla fine sono riuscito a vendere le monete ad una persona a modo ed a liberare un cassetto ma ci vuole sangue freddo per non mandare a quel paese gli arroganti e passare ahimè anche io dalla parte dei cafoni. Grazie @uzifox, qui mi son sfogato un po anche io!1 punto
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certo che sentire dire che il numero di discussioni è calato nella sezione Identificazioni, mi costringe a dire qualche cosa. Sono diretto, ma senza alcuna polemica. Prima di tutto questa osservazione fatta da un utente che è iscritto dal 2013 ed ha 107 interventi in tutto, lascia un poco perplesso, aggiungo inoltre che di questi 107 interventi, la maggior parte sono richieste di identificazioni, pertanto è chiaro che se tutti avessero questi "tempi" non ci si potrebbe aspettare che il forum cresca, perlomeno come interventi. Comunque se le richieste di @turbato non sono ancora state risolte , certamente non è per cattiva volontà, ma forse richiedono maggiori ricerche e come ben sapete, non siamo motori di ricerca, e il tempo lo si deve trovare nel tempo libero. Devo dire pero' che come diretto interessato, sentire questo, mi è dispiaciuto, in quanto mi sento chiamato in causa . Porto a conoscenza che di interventi dal .2010 ne ho circa 19500 e quasi tutti dedicati ad identificare monete, pertanto da questo punto di vista mi sento ampiamente a posto con la coscienza . Forse un periodo di stanca, è vero, esiste anche in questa sezione forse perchè purtroppo ha visto peggiorare la tipologia di utenti , molti usano il "mordi e fuggi" chiedendo molte volte in modo sgarbato e arrogante e il piu' delle volte , ottenuta la risposta non rivolgono nemmeno un cenno di ringraziamento Questo certamente non incentiva chi con buona volontà si presterebbe ad aiutarli..1 punto
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salve questa monetina mi è stata data con questa classificazione viennese Filiberto I Savoia scudo crociato al dritto due animali cavalli o leoni in palo che si affrontano diametro sui 15 mm peso sui 0'50 gr molto rovinata non si legge nessuna iscrizione io nelle monete sabaude non ho trovato nessun riscontro addirittura lo stemma dei due animali affrontati mi ah portato in una provincia olandese Gerland o Gueldria ringrazio chiunque mi possa dare qualche informazione buona serata1 punto
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