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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 03/02/17 in tutte le aree

  1. Per chi è interessato a questa monetazione e non è socio SNI: https://www.academia.edu/31678047/Gli_Antiquiores_romani_della_collezione_Palagi_conservati_al_Museo_Civico_Archeologico_di_Bologna
    7 punti
  2. Buona sera Marfir. Rispondo a lei, solo perché è l'ultimo commento, anche se altri interventi precedenti meriterebbero ulteriori e forse più incisivi commenti, con la debita premessa che, anche se faccio parte del fantomatico gruppo GTM, l'organizzazione di questa edizione di Bologna non mi ha visto partecipe operativamente come è stato per la prima edizione dell'anno scorso. Partiamo da una domanda che forse è il caso di ribadire. Perché noi commercianti ci siamo messi ad organizzare convegni? Principalmente perché vogliamo realizzare manifestazioni più in linea con le nostre esigenze; partecipiamo, ovviamente, anche ad altre manifestazioni, perché dobbiamo campare, ma il disagio di trovarci in posti inadeguati, con scarsa sicurezza, con una miscellanea di espositori, ci ha stancato. In questo forum si sono spese tonnellate di parole su questo argomento ed altre se ne spenderanno, anche per manifestazioni svolte nella medesima città di Bologna. L'anno scorso, quando organizzammo il 1^ convegno, io personalmente girai più di qualche posto in città e mi informai parecchio, pur non essendo di Bologna. La scelta cadde su tre location che poi si ridussero a due perché la prima era nel centro storico quindi con i cronici problemi di accesso. Le altre due location erano il Savoy e l'Unaway di San Lazzaro. La nostra prima scelta andò sul Savoy, per la facile accessibilità dal centro, per la bellezza della location, per l'ampio parcheggio. Purtroppo non ci fu verso di trovare disponibilità di posto, quindi dovemmo ripiegare sull'Unaway. Poi anche l'anno scorso ci furono comunque critiche per la lontananza dell'hotel, critiche per la troppa vigilanza (permettete che melius abundare, parlo per noi commercianti; ed anche per stroncare il traffico che ogni volta avviene quasi offensivo per chi spende i soldi del tavolo; e scusate se lo ridico in maniera secca), critiche per la disposizione dei locali. Il 100% di soddisfazione non esiste, fa parte della natura umana. Quello che non capisco è sempre questo sparare ad alzo zero, come lo scorso anno, da parte di qualche persona che non comprende assolutamente i meccanismi che stanno dietro all'organizzazione un convegno. Persone che gradirei conoscere, perché preferisco stringere una mano e guardare uno negli occhi esprimendo le mie ragioni, che vedono il punto di vista degli organizzatori, piuttosto che dialogare con un nickname. L'anno scorso fu così con due "la monetiani" con i quali ci fu un analogo "vivace" scambio di opinioni e relativo successivo chiarimento. Ulteriori osservazioni: 1) di presenze di tavoli a questo convegno ce n'erano ben più di nove, come erroneamente citate in un intervento precedente; 2) il fatto di essere messi in quella stanza è stata una condizione da "prendere o lasciare" da parte dell'Hotel Savoy. Chi è venuto si sarà reso conto di quante manifestazioni contemporanee ci siano state in quei giorni in quell'hotel. Bene, il Savoy è così ed a Bologna, almeno a mia conoscenza, non si riesce a trovare di meglio che abbia le caratteristiche di accessibilità e bellezza della location; 3) i commercianti applicano gli stessi prezzi, non credo che facessero prezzi da capogiro o diversi per l'occasione; c'è libertà di acquistare o meno da parte del collezionista. A tal proposito faccio notare che un commerciante di questo ci vive e tenta di farlo onestamente, mentre un hobbista o un bulgaro arrotondano, magari lautamente, altri introiti; 4) i commercianti che presenziano ai convegni, tolto Verona, sono sempre gli stessi, quindi non potete pensare di trovare persone in più di quelle che già ci sono, anche se, ribadisco un mio concetto dalla parte dei commercianti: il commerciante viene ai convegni se guadagna. Punto. Come farebbe chiunque. Più si guadagna e più è stimolato a venire. Ecco perché certe osservazioni su natura e quantità delle presenze sono discorsi sterili se non si comprende che dietro c'è questa sola ed unica logica. Altro discorso, e qui chiudo, è credere in queste manifestazioni ed alimentarle comunque. Io, come socio NIP, credo in un commercio numismatico di qualità, che vede il convegno come una delle manifestazioni terminali del commercio, ma con influenze anche nella cultura, nella didattica, nel rapporto con le Istituzioni.. E sto lavorando e lavorerò in tal senso alacremente nelle manifestazioni che organizzo io personalmente o a cui contribuisco. Poi sia i commercianti, sia i collezionisti devono capire che per fare questo serve tempo, che non si possono avere i risultati subito, che servono suggerimenti e correzioni, non astiosi commenti, in molti casi superficiali, e me ne assumo tutte le responsabilità di questo aggettivo. Noi, quando organizziamo queste manifestazioni, ci mettiamo sempre il massimo impegno e puntiamo all'obbiettivo della sopravvivenza e crescita del commercio numismatico. Mi auguro quindi che prevalga, nel futuro, sempre un interesse a questi valori e niente altro. Buona numismatica serata a tutti Stefano Palma
    4 punti
  3. Questa ad esempio è periziata più di BB da Moruzzi, pare essere decisamente superiore senza entrare nel merito delle firme.
    3 punti
  4. Nel frattempo ho bloccato 30/35 posti al solito ristorante. Per il menú ne riparliamo dopo il 15 marzo quando uscirà quello primaverile ma andremo sempre su quello da 25 con antipasto e tris di primi.
    3 punti
  5. Salve a tutti. Quest’oggi volevo proporvi una nuova discussione “trasversale”, dato che l’argomento di cui andremo a trattare ci permetterà di spaziare in situazioni storiche e numismatiche dal Mezzogiorno al Settentrione della nostra penisola. Anche questa volta, al centro del nostro dibattito troviamo un sovrano napoletano della dinastia francese degli Angioini, Roberto d’Angiò (1309-1343), autore di una coniazione molto particolare ed estremamente rara che merita di sicuro un approfondimento. Ecco la descrizione del pezzo in esame: Gigliato. D/ + ROBERTUS • DEI GRA IERLM • ET SICIL • REX Robertus Dei gratia Ierusalem et Siciliae Rex. Roberto, per la grazia di Dio, Re di Sicilia e Gerusalemme. Il Re coronato, seduto frontalmente su di un trono con protomi leonine ai lati, tiene nella mano destra lo scettro gigliato e nella sinistra il globo crucigero. R/ + IPPETUU CU SUCCESSOIB DNS TRE PRATI In perpetuum cum successoribus dominus Terrae Prati. Signore in perpetuo della Terra di Prato con i suoi eredi. Croce piana ornata, con le estremità fogliate, accantonata da quattro gigli. CNI XI, p. 345, n° 1 (tav. XXII, n° 4). AR 3,90 g. e 27 mm. (esemplare della Collezione Reale, già ex Collezione Gnecchi, n° 3515). Un altro esempio trovato in rete, dal peso dichiarato di 3,78 g.: Si sa benissimo oramai che il gigliato fu una moneta ampiamente accettata in molti luoghi diversi tra loro, non solo d’Italia, ma anche d’Europa e addirittura fu imitata e scambiata nelle zecche e negli Stati dell’Oriente Latino. Tale fama scaturisce dalla bontà della lega utilizzata per la coniazione di queste monete, molto più ricca di fino rispetto ad altri nominali, non solo italiani, che si potevano trovare in circolazione all’epoca. Era, se vogliamo, una specie di “dollaro” d’argento del Basso Medioevo, utilizzato per i commerci locali nel Regno di Napoli, ma anche per quelli di più vasta portata, tant’è che si sviluppò un vero e proprio giro d’affari intorno all’imitazione del gigliato napoletano o robertino, come veniva chiamato per via del sovrano che lo fece diventare così celebre e ben accetto. Non ci si sorprende, quindi, di trovare una moltitudine di gigliati che si differenziano anche molto da quelli coniati a Napoli durante il regno di Roberto d’Angiò, ma il gigliato “pratese” ha avuto sempre un ruolo molto particolare nella numismatica non solo napoletana, ma italiana in generale, per via della sua esimia rarità, ma soprattutto per i risvolti storici che tale moneta potrebbe rivelare. E allora è il caso di vedere meglio le circostanze storiche che portarono alla realizzazione di questo strano pezzo. Innanzi tutto occorre spiegare perché la definizione di “pratese”. La caratteristica peculiare risiede proprio nella legenda di rovescio, ampiamente sciolta e tradotta in fase di descrizione. In pratica, Roberto d’Angiò, oltre che Re di Napoli, veniva riconosciuto anche come signore della Terra di Prato, la città toscana in provincia di Firenze. Il privilegio signorile si estendeva anche ai suoi eredi, quindi, dopo la morte del sovrano angioino, i suoi successori avrebbero beneficiato della signoria di Prato. Come si configura storicamente un tale potere? Come arrivò Roberto d’Angiò a detenere i diritti su città così lontane da Napoli e dal suo Regno, coinvolte in ben altre realtà politiche? E, soprattutto, come si giunse alla coniazione di una moneta, il gigliato, appunto, che per stile e standard ponderale rientra perfettamente nei meccanismi economici napoletani, ma che è di più difficile inserimento in quelli toscani? Dobbiamo pensare ad un’Italia divisa tra due principali fazioni: i Guelfi, sostenitori del partito filo-papale, e i Ghibellini, favorevoli invece nel riconoscere all’Imperatore di Germania un potere temporale superiore a quello della Chiesa di Roma. L’autorità imperiale, inoltre, voleva anche consolidare la propria influenza in Italia, ormai solo un ricordo rispetto a ciò che era stata nel corso del XIII secolo o anche prima. Gli scontri tra le diverse fazioni nelle città dell’Italia settentrionale portarono i liberi comuni ad indebolirsi per i dissidi e le divisioni interne: sia Firenze che le città limitrofe della Toscana, infatti, erano molto deboli militarmente e non riuscivano a fare fronte alle esigenze belliche che il tempo imponeva. Tra il 1305 ed il 1310, quindi, Roberto d’Angiò, uno dei sovrani più potenti d’Italia, era stato coinvolto nelle lotte politiche toscane e si schierò dalla parte dei Guelfi: il Re di Napoli, infatti, già nel 1305, quando era solamente Duca di Calabria, fu insignito della signoria di Firenze, che mantenne pressappoco fino al 1321, e messo a capo di una lega di città toscane che si opponevano al potere ghibellino ed imperiale in Italia. Prato, la cui situazione militare non era molto diversa da quella della vicina Firenze, aveva vissuto anni migliori dopo che, alla metà del XIII secolo, si era fissato lo Statuto cittadino e il centro aveva riconosciuto la propria qualifica di libero comune. La floridezza economica di quei tempi, dovuta al grande sviluppo dell’industria della lana, era solo un lontano ricordo. Dal 1312 la situazione peggiorò ulteriormente a seguito delle guerre intestine che affliggevano le città toscane: Prato, insieme alla lega di città che facevano capo a Firenze, composta da Siena, Pistoia, Arezzo, Volterra, Colle Val d’Elsa, San Gimignano e San Miniato, si trovò contrapposta alla Pisa di Uguccione della Faggiola, condottiero ghibellino e vicario imperiale in Italia. Uguccione si rivelò una minaccia concreta per i Fiorentini i loro alleati nel 1315, quando le armate ghibelline collezionavano sempre più successi sui nemici di parte guelfa. Fu proprio in quell’anno (tra l’altro, passato alla storia come il più fulgido per il partito ghibellino in Italia) che Firenze si decise a chiedere aiuto militare a Re Roberto. Quest’ultimo acconsentì, radunando in breve tempo un congruo numero di truppe che, inizialmente, dovevano essere guidate da suo figlio, nonché erede al trono, Carlo d’Angiò (1298-1328), Duca di Calabria dal 1309 e Vicario Generale del Regno. Il comando, però, passò poi all’ultimo momento nelle mani del fratello del Re, Filippo I di Taranto (1294-1332). La colonna partì dunque per Firenze per unirsi al resto dell’esercito guelfo che la lega toscana aveva raccolto per far fronte alla minaccia ghibellina. Lo scontro sembrava giocare a favore dei Fiorentini e dei loro alleati napoletani, vista la loro superiorità numerica. Uguccione, oltre ai Pisani, poteva fare solo scarso affidamento su Lucca, perché questa città era stata presa dai Ghibellini con la forza. Il confronto armato non si fece attendere: la battaglia di Montecatini (29 agosto 1315) sancì la gloriosa vittoria dei Pisani di Uguccione che, contro ogni pronostico, misero in fuga i Fiorentini con i loro alleati. Il comandante napoletano Filippo di Taranto neanche prese parte allo scontro perché, colto da febbre, fu costretto a ritirarsi dal campo di battaglia e a rientrare precipitosamente a Firenze, la cui situazione peggiorava giorno dopo giorno. Roberto d’Angiò, da parte sua, non si mostrò molto preoccupato della sconfitta subita dalle sue truppe in Toscana: Firenze, che dal 1305 si era costituita sotto la sua protezione, rimaneva, con il suo circondario, ancora salda e sicura. Qualche anno dopo, però, tale sicurezza crollò: nel 1325 il baricentro ghibellino da Pisa si era spostato a Lucca che, sotto il suo signore Castruccio Castracani, aveva riscoperto un nuovo periodo di riscossa militare, culminato con la vittoriosa (per i Ghibellini) battaglia di Altopascio il 23 settembre di quello stesso anno. Questa volta, Roberto non aveva inviato alcun aiuto contro il Castracani per favorire i Fiorentini, così, quando questi arrivò addirittura a minacciare la città stessa, essi si rivolsero al Duca di Calabria, Carlo, figlio di Re Roberto, il quale fu eletto dai Guelfi nuovo signore di Firenze a garanzia della protezione angioina sulla città. Carlo accettò e l’anno successivo, nel 1326, il 13 gennaio, si recò a Firenze per prendere possesso del nuovo incarico che gli era stato offerto. Ma la permanenza di Carlo e del suo seguito di Angioini nel capoluogo toscano fu breve: nel 1327, il Duca fu richiamato a Napoli, poiché le truppe tedesche di Ludovico IV il Bavaro (1328-1347), allora Rex Romanorum (1314-1328), minacciavano il Regno nella loro discesa in Italia verso Roma. Si ritiene che il gigliato “pratese” fosse stato battuto intorno al 1326, quindi durante la signoria fiorentina di Carlo d’Angiò, per l’infeudamento di Prato alla casata angioina. Le legende sulla moneta, che vanno lette in modo continuo tra diritto e rovescio, comunicherebbero che Roberto d’Angiò, già Re di Napoli, era anche signore (dominus) di Prato e che il privilegio si estendeva anche ai suoi successori, cioè a Carlo Duca di Calabria. Quest’ultimo, nato dal matrimonio celebrato il 23 marzo 1297 tra Roberto e Jolanda d’Aragona (1273-1302), era l’unico figlio maschio della coppia reale e, nel 1316, contrasse una prima unione, infruttuosa, con Caterina d’Asburgo (1295-1323). Nel 1324, poi, prima di essere chiamato dai Guelfi a Firenze, Carlo sposò in seconde nozze la giovanissima Maria di Valois (1309-1332), dalla quale ebbe la figlia, futura Regina di Napoli, Giovanna I d’Angiò (1343-1381). Appena Carlo si allontanò da Firenze nel 1327, Castruccio ne approfittò per occupare molte città che prima erano cadute sotto la giurisdizione feudale angioina: in nome dell’Imperatore tedesco, il condottiero ghibellino, divenuto intanto Duca di Lucca, arrivò ad attaccare anche Pistoia e Prato. Gli abitanti di questi due centri, soprattutto i contadini che erano quelli più esposti alle scorribande ghibelline nelle campagne intorno alle città, per non subire gli attacchi nemici, scesero a patti con il Castracani: in cambio di un tributo semestrale da pagarsi in denari, i Pistoiesi ed i Pratesi evitarono attacchi e saccheggi da parte dei Ghibellini del condottiero lucchese. In realtà, fino a quando gli Angioini si ersero a garanti della sicurezza dei Guelfi toscani, Firenze e gli altri centri toscani limitrofi non subirono mai il sopravvento della parte ghibellina avversa. Il gigliato “pratese”, dunque, costituisce una moneta commemorativa (e non una medaglia, come credeva Arthur Sambon e com’è riportato anche nel CNI XI) che aveva lo scopo di manifestare la sovranità signorile degli Angioini, di Roberto e di suo figlio Carlo, sui centri guelfi toscani minacciati dall’inarrestabile potenza militare ghibellina. Si potrebbe anche pensare che la moneta circolasse nel ristretto entourage del Duca di Calabria e che difficilmente abbia interagito con la moneta e l’economia locale fiorentina, poiché, come faceva già notare il Sambon, il gigliato era sì una moneta ben accetta all’epoca (quindi magari sarà anche stata accettata in alcune transazioni tra Angioini e Fiorentini), ma era profondamente diversa per caratteristiche fisiche rispetto al sistema monetario ed economico fiorentino. Dobbiamo poi pensare che Prato patteggiò un accordo per non essere occupata dai Ghibellini di Castruccio solo nel 1327, ovvero dopo la partenza di Carlo d’Angiò da Firenze. Dato che Prato non ebbe mai una propria zecca, sembrerebbe più logico ipotizzare che il gigliato in questione fu coniato nel 1326 a Firenze, durante il breve soggiorno del Duca di Calabria in città. Forse la sua breve permanenza e il circoscritto utilizzo del gigliato “pratese”, in unione con lo scopo commemorativo dell’emissione, non consentirono la coniazione di un gran numero di pezzi, anzi, ne frenarono la produzione allo stretto indispensabile per le esigenze degli Angioini, padroni della scena politica cittadina. Dobbiamo poi notare che questa teoria non sembra priva di fondamento, se pensiamo che, a Napoli, la locale zecca incrementò la produzione di gigliati, per volere regio, proprio nel 1326! In questo anno, infatti, furono assunti nuovi manovali in zecca per la lavorazione delle monete d’argento, in vista del successo e delle attenzioni che il gigliato napoletano stava ricevendo in molte parti d’Europa e del Mediterraneo. Ma non furono solo gli Angioini ad aiutare militarmente i Guelfi toscani e ad importare a Firenze il gigliato “pratese” di stampo e peso napoletani: sotto Roberto d’Angiò, le finanze del Regno di Napoli erano quasi monopolizzate da potenti banchieri fiorentini. Pensiamo che molte Compagnie bancarie avevano filiali a Napoli che costituivano il fulcro di importanti guadagni. Proprio con il governo di Roberto assistiamo spessissimo all’affidamento dell’incarico di Maestro di Zecca, ufficio fondamentale per la gestione della stessa, ad esponenti di queste potenti Compagnie. Tra questi ricordiamo: 1. Lapo di Giovanni di Benincasa, un mercante fiorentino, fattore della Compagnia degli Acciaiuoli, fu Maestro di Zecca nel 1317. Fu proprio tra il 1317 ed il 1319 che si decise di inserire sui gigliati dei simboli per poter distinguere l’operato delle diverse maestranze, poiché in molti casi si erano verificati dei cali nel peso effettivo delle monete rispetto a quello teorico stabilito (pari quasi a 4 grammi). 2. Donato degli Acciaiuoli, Maestro di Zecca nel 1324 (al 12 febbraio si data l’appalto per il suo incarico), proseguì la battitura dei gigliati di peso accurato, com’era già stato fatto sotto l’amministrazione dei suoi predecessori, Rainaldo Gattola, di Napoli, e Silvestro Manicella, di Isernia. 3. Petruccio di Siena, Maestro di Zecca nel 1325, anch’egli esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 4. Domenico di Firenze, Maestro di Zecca sempre nel 1325, esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 5. Dopo l’intermezzo del napoletano Rogerio Macedonio, nel 1327, a dirigere la Zecca partenopea troviamo nuovamente un fiorentino, un certo Filippo Rogerio, della Compagnia dei Bardi. 6. Pieruccio di Giovanni, ugualmente fiorentino, fu Maestro di Zecca dopo il 1327 ed esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 7. Sempre in una data posteriore al 1327 a capo della Zecca viene annoverato il fiorentino Matteo Villani, della Compagnia dei Bonaccorsi. Tutte queste Compagnie bancarie fiorentine avevano, attraverso il controllo dell’ufficio di Maestro di Zecca, oltre a rapporti commerciali di favore tra Firenze ed il Regno, anche il sopravvento sulla gestione della moneta regnicola e sulla sua circolazione. I Bardi, presso la cui filiale di Napoli lavorò anche il padre di Boccaccio, gli Acciaiuoli e i Bonaccorsi, insieme ad altre Compagnie fiorentine, fallirono a seguito del mancato saldo del debito che i Re si Francia ed Inghilterra avevano contratto con i Fiorentini a seguito dell’allestimento degli eserciti per la Guerra dei Cent’anni. Anche Roberto d’Angiò aveva un grande debito con gli Acciaiuoli, che di fatto erano i banchieri della Casa d’Angiò e tenevano in mano le finanze di mezza Napoli, in quanto questi ricevette un primo prestito di ben 50.000 fiorini d’oro e suo figlio Carlo, Duca di Calabria, beneficiò di un secondo prestito pari a 18.500 fiorini. Dopo la mancata restituzione delle somme dovute dai sovrani francese ed inglese, Roberto non saldò il suo di debito usando come precedenti le insolvenze degli altri due Re, Filippo VI ed Edoardo III. Ma gli Acciaiuoli beneficiarono grandemente della benevolenza regia: sotto Roberto, Niccolò Acciaiuoli fu nominato prima cavaliere e con l’avvento di sua nipote, Giovanna I, fu invece creato, nel 1348, Gran Siniscalco del Regno. Fu proprio Niccolò a farsi promotore del (secondo per la sovrana) matrimonio tra Giovanna I e Luigi di Taranto (1352-1362). Quando questi morì, il 26 maggio del 1362, l’Acciaiuoli fu il principale protettore dei diritti della Regina angioina (a cui, tra l’altro, doveva tutte le sue fortune) quando altri nobili ne minavano il potere. Ma, ritornando in Toscana, Prato rimase ancora per poco tempo in mano angioina: morto Roberto a Napoli, il 16 gennaio 1343, (Carlo era già morto il 9 novembre 1328) Firenze tentò, a partire dal 1350, di conquistare con la forza la città vicina, vedendo la morsa angioina allentarsi dai comuni toscani come un’occasione di rinascita politica. Nel 1351, con un atto cancelleresco approvato da Giovanna I, la Corona di Napoli cedeva i diritti feudali di Prato a Firenze dietro pagamento di una somma ammontante a circa 17.500 fiorini. Anche dietro questo atto si nasconde un disegno politico di Niccolò Acciaiuoli che, in virtù della propria influenza sulla Regina napoletana, spinse la sovrana a concludere un accordo remunerativo con Firenze. Da allora, la città di Prato non è mai uscita più dall’orbita fiorentina.
    2 punti
  6. Attualmente sulla baia c'è un Leliano in vendita a un prezzo tutto sommato "economico": 600$ con possibilità però di fare offerte anche inferiori. Non vi nascondo che Leliano mi manca (dei gallici mi mancano solamente lui e Domiziano II ) e che sto cercando di prenderlo da un bel po' di tempo al prezzo che però voglio io (non voglio superare i 100 euro... ce la farò? bah! ho - spero - una vita davanti e non ho alcuna fretta ... me la sono posta come sfida). Quindi, spesso, quando vedo sbucar fuori Leliani qua e là, un'offerta miserrima in via privata la butto sempre lì... si sa mai... ecco il pezzo: La conservazione non eccelsa e, i soldi a cui è stato quotato, non li valrebbe nemmeno se! Soprattutto dopo l'esplosione di Leliani trovati in Inghilterra negli ultimi hoard che ne hanno abbassato la quotazione, sebbene non in maniera marcata (ma tuttavia già apprezzabile). Ho usato un condizionale e messo lì un "nemmeno se" nel mio discorso perché... perché appena l'ho visto mi ha subito colpito... e non per bellezza o rarità. Innanzitutto: che è quella "S" al rovescio nel campo?!? Un ribattuto! WOW un ribattuto su un Leliano! Affascinante! Ovviamente sono ironico Il ritratto ha una plasticità e una espressività che nemmeno le incrostazioni e la patina nerastra riescono a mascherare... era alquanto accigliato Leliano in questa "foto"... forse si vedeva già militarmente sconfitto?!? Si sentiva spacciato e ormai certo di finire i suoi giorni in quel di Magonza per una dagata alla crapa per mano di Postumo? ...avesse saputo che pure il suo ex-capo avrebbe fatto la stessa fine sempre lì qualche giorno (ora?) dopo... forse almeno un sorrisetto tra il rassegnato e il "mal comune mezzo gaudio" l'avrebbe fatto finché il fotografo ufficiale di zecca preparava il dagherrotipo ? ...ritornando seri: http://www.forgerynetwork.com/asset.aspx?id=99OrX45dK/g= A me pare proprio lui.... e ritrovo anche al dritto qualche scansetto del tondello presente nel più clamoroso fake (guardate a ore 12 e 15 del tipo di ebay e cercate l'equivalente posizione nell'esemplare presente in forgerynetwork). Continuano a non tornarmi i dettagli della S e di altri segni nel campo attorno al ramo di palma... uso di un antoniniano originale per ricavare un tondello credibile?!?
    2 punti
  7. DE GREGE EPICURI Dopo aver parlato molto piacevolmente di Nerone, questa volta andiamo sul difficile: "Novità sulla monetazione longobarda". Pochi di noi ne sanno qualcosa, ma vogliamo imparare; ed abbiamo per fortuna la disponibilità di Ermanno Arslan, uno dei pochi che se ne intende e che tuttora la studia. E' in previsione una mostra a Pavia (data ancora non fissata ufficialmente), mostra che poi migrerà a Napoli ed infine...a San Pietroburgo! In effetti, è da Nord che venivano i longobardi. I cinquecento anni circa della monetazione longobarda risultano molto frastagliati. Si susseguono diverse fasi, ma c'è anche una scomposizione per territori. Conosciamo una prima fase con la monetazione "ducale". Poi c'è quella di Ticinum dopo Agilulfo, con discreti cambiamenti; e tuttavia, in Friuli e nel Veneto, le emissioni locali continuano a ricollegarsi a quelle precedenti. Quanto alla monetazione longobarda del Meridione, si ipotizza oggi che nel beneventano non ci fosse una sola zecca, ma almeno due. E infine c'è Capua. I temi sono molti, e in una conferenza certo non si potranno approfondire. Ma siamo certi che Ermanno Arslan riuscirà a toccarli un po' tutti (compreso quello difficile degli argenti longobardi) in modo molto avvincente. Speriamo di attirare a Milano molti appassionati e soprattutto molti lamonetiani, anche oltre i confini lombardi! L'incontro è per martedì 2 maggio, ore 20.45, nella nostra sede di via Terraggio 1 (MI).
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  8. Salve a tutti. È con autentico piacere che mi accingo a presentare, con quest’apposita discussione, qui sul nostro Forum il mio ultimo libro. Si intitola: La zecca medievale di Salerno nella collezione numismatica del Museo Diocesano «San Matteo» di Salerno. Di cosa tratta? Com’è facilmente intuibile dal titolo, il compito principale di questo testo è quello di presentare per la prima volta in modo scientifico una collezione numismatica pubblica mai attenzionata in tal modo prima d’ora, quella del Museo Diocesano di Salerno, appunto. La parte principale del volume è occupata quindi dal catalogo che descrive le monete medievali salernitane componenti la detta raccolta: i pezzi, tutti in rame, partono dal periodo longobardo con le coniazioni di Gisulfo II (1052-1077) e terminano con l’occupazione sveva del Regno di Sicilia da parte di Enrico VI (1194-1197) e Costanza d’Altavilla. Da questo punto di vista, la collezione di monete salernitane del Museo Diocesano di Salerno copre quasi per intero un arco temporale vastissimo, dove troviamo ben rappresentate tutte le principali autorità politiche che hanno battuto moneta nella zecca di Salerno, prima con i Longobardi e poi con i Normanni, oltre a monete che sono state inserite nel percorso museale nonostante la loro completa estraneità alla zecca salernitana (troviamo pochi esemplari napoletani o siciliani). Si segnalano dei pezzi di estrema rarità che difficilmente si riescono a vedere altrove. La classificazione delle monete (che in alcuni casi ha portato anche a sottolineare delle novità iconografiche) è avvenuta nel modo più preciso possibile: dopo aver descritto i pezzi ed averli ricondotti ai principali repertori di riferimento per questo settore, si è avuta la premura di fornire per ogni singolo esemplare i relativi dati ponderali (peso e diametro). Ogni moneta è stata fotografata e le immagini (a colori) così ottenute sono state sistemate nelle apposite tavole fotografiche a fine volume. Non mancano le tavole di concordanza con gli altri fondamentali testi di riferimento per la monetazione salernitana, oltre che una tabella che illustra i gradi di rarità per ogni moneta riportata nel catalogo descrittivo e illustra la relazione che intercorre tra la numerazione adoperata nel catalogo e quella prospettata per l’esposizione museale. Il tutto è preceduto da una corposa introduzione, in cui sono racchiuse delle interessanti novità per quel che riguarda la storia della zecca salernitana. Infatti, questo libro non vuole ridursi ad un semplice catalogo di una collezione museale che comunque prima di oggi non ha mai ricevuto le attenzioni che meritava da parte degli studiosi (e già questa caratteristica, da sola, basterebbe a rendere il volume degno di nota), ma si è deciso anche di inserire nella parte introduttiva dei piccoli saggi di numismatica salernitana che vorrebbero gettare nuova luce o riprendere argomenti che, in questo settore, avevano bisogno di essere puntualizzati meglio. Ad esempio, particolarmente importante è il capitolo II che tratta dell’ubicazione della zecca salernitana, o il capitolo IV che riprende l’annosa questione sulla particolare serie di follari emessi a nome di un certo Manso Vicedux. Dall’indice generale: Il primo capitolo, Cenni storici riguardanti la raccolta numismatica del Museo Diocesano di Salerno, ha il compito di mettere insieme le scarsissime notizie storiche che hanno portato alla nascita di questa poco nota raccolta museale. Il secondo capitolo, Origine ed ubicazione della zecca di Salerno, contiene delle interessanti novità riguardo la storia della zecca salernitana in epoca medievale, soprattutto longobarda, che si focalizzano in particolare sul luogo dove sarebbe sorta la zecca delle monete. Il terzo capitolo indaga invece la complessa storia monetaria che si registrò a Salerno tra la fine del Principato longobardo con Gisulfo II e l’annessione della città al Ducato di Puglia con l’avvento dei Normanni di Roberto il Guiscardo. Il quarto capitolo ci riporta tra le monete della serie di Manso Vicedux, un argomento ancora spinoso e molto discusso. Il quinto ed il sesto capitolo si occupano delle vicende storico-numismatiche che Salerno visse con la dominazione normanna e la creazione del Regno di Sicilia (1130), fino al tramonto e alla chiusura della zecca. Chiude l’introduzione il settimo capitolo che offre uno spaccato generale sui tarì d’oro prodotti a Salerno. Non vorrei essere troppo prolisso (anche perché vorrei lasciare il piacere di “scoprire” questo testo ai lettori che lo desiderano), quindi mi fermo qui, fornendo qualche caratteristica tecnica: il volume consta di ben 192 pagine di grande formato (22x30 cm), tutte stampate su carta pesante da 150 grammi; contiene circa 867 fotografie, di cui 858 sono a colori e sistemate in 38 tavole illustrate, il tutto è rilegato in brossura editoriale con cartoncino martellato a mano. Particolare attenzione è stata riservata, quindi, anche alla veste grafica dell’edizione. Spero che anche questa mia nuova “fatica” incontri il vostro gradimento: per ogni tipo di informazione sarò lieto di seguirvi in questa discussione, mentre per chi fosse interessato a reperire il volume può scrivermi un messaggio privato in qualsiasi momento. Grazie a tutti per l’attenzione.
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  9. A me la moneta in asta da Bertolami piace poco, come tante altre presenti nella stessa asta. patina inesistente, provenienza assente, eppure si tratta di una moneta piuttosto rara..... mah
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  10. Vi lascio con delle Napoletane...veramente belle, a me piacciono tanto le Publiche di Ferdinando IV....questa che vi faccio vedere è la mia preferita per I bei rilievi che ha. Saluti.
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  11. Il catalogo gigante per iniziare è ottimo. Segui le aste pubbliche e contestualmente vedi tante tante tante tante monete preferibilmente in mano. Confronta dettagli, rilievi, colore del metallo tra i vari esemplari. Tutto è importante e nulla va tralasciato. Fab
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  12. DE GREGE EPICURI Visto il peso del tondello, sembra l'ipotesi più verosimile; anche se è davvero difficile capire lo scopo di una simile ribattitura. Cioè: che guadagno c'è? Sarebbe comprensibile se la ribattitura fosse compiuta sulla metà di una moneta precedente, tagliata a cesoia; ma non sembra il caso. Personalmente,non credo di aver mai osservato delle imitative ribattute su altre monete; ma forse occorreva osservarle meglio. Oppure, l'immagine precedente era del tutto obliterata.
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  13. Ciao, scusami per il ritardo con cui rispondo alla tua discussione. Allora, venendo ai mint-made die polishing marks questi sono i segni di di pulitura del conio, lasciati dalle spazzole metalliche. Il conio in quel caso veniva pulito, ma veniva anche segnato (in incuso), producendo dei piccoli segni in rilievo. Mi sembra che la foto che tu hai inserito come seconda, mostri proprio il rilievo di quei graffietti. Questo è da non confondere invece con gli hairlines, generalmente provocati da una pulitura della moneta effettuata in modo maldestro (per inciso: le monete non vanno mai pulite, se non i casi particolari e da mani che sanno come muoversi). Come ti è stato spiegato molto bene, l'alone verde è meglio evitarlo, tenendo le monete lontano da sostanze plastiche. E' pur vero che un collezionista poco esperto possa sentirsi a disagio nel tagliare via una perizia. Ma è pur vero, che come scriveva prima @cembruno5500
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  14. non riesco a capire se quella postata o laureata o meno..... comunque è Caracalla per Nikopolis ad Istrum - variante rarina - in attesa di altre opinioni, posto quella laureata https://www.cngcoins.com/Coin.aspx?CoinID=181859
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  15. Direi proprio di sì. ORIENS / INVICTVS ti faccio vedere questo che, dimensionalmente non supera i 9 mm
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  17. Sperando di fare cosa gradita allego le immagini di due bandi pubblicati a Bologna nel 1666 al fine di contrastare il grande afflusso di lire false imitanti il conio bolognese. La prima del 8 giugno 1666 ordina che orefici, argentieri o mercanti che si trovassero al cospetto di lire false le taglino "senza rispetto veruno" e che così tagliate le restituiscano al proprietario. Il secondo, pubblicato il 12 luglio 1666, ordina che chiunque sia in possesso di monete da una lira del conio bolognese, prima di spenderle, entro sei giorni se cittadino o dodici giorni se residente nel contado, si rechi presso la zecca, che dovrà rimanere aperta mattina e sera "l'hore solite, che risiedono i mercanti". Lo zecchiere dovrà saggiare le lire, tagliare le false e restituirle tagliate al proprietario o ritirarle pagandole per il reale valore, mentre quelle che risulteranno autentiche "saranno subito restituite liberamente". Stante il fatto che le lire false dovevano essere tagliate e rese quinidi inutilizzabilii, a mio parere è probabile che le contromarche siano state apposte dagli zecchieri alle monete saggiate e risultate autentiche allo scopo di non trovarsi a saggiare ripetutamente la stessa moneta ad ogni passaggio di mano. Un saluto Mario
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  18. eccomi davanti al pc e da quel che vedo mi son sbagliato alla prima impressione. l'obolo fa parte di quella tipologia non consueta con aquila volta a dx. non si conosce ancora bene il motivo, potrebbe essere semplicemente un errore oppure una tipologia voluta di cui non si conosce ancora il periodo di emissione. come peso rientra perfettamente negli esemplari che ho analizzato (un piccolo lotto di 13 esemplari con peso medio esattamente 0,40 gr +/- 0,047), anche il tipo di aquila è quella che ho incontrato più frequentemente (ce ne sono anche altre per cui significa che esiste più di un conio); inoltre il tipo di croce è coerente. La legenda di questa tipologia è + COMUNIS * SAONA * da un lato e + MONETA * SAONA * dall'altro
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  19. @incuso Massimo anche quest'anno farai il sacrificio di provare preventivamente il menù?
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  20. scusa " quella" ..quale?. che nessuno te l'ha detto? .. che immagine hai visto? . "quattrino di Siena" è molto generico, ..... ce ne sono a iosa...... per curiosità----
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  21. Immagini dell' odierna Bingen o Bingerbruk in Germania , l'antica Bingium romana con la sua posizione geografica , presso cui fu trovata la lapide di Pantera .
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  22. Condivisibile, ma il cerchio per questo "gioco" con le italiane si sta restringendo, ne stanno rimanendo poche ancora da... "ristrutturare" Gibilterra
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  23. Ciao @dux-sab , ecco qui. Lo studio su questi falsi moderni venne pubblicato anni fa da Gionata Barbieri. http://ilportaledelsud.org/robertini.htm
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  24. Ricordo che l'euro è moneta corrente e quando si trovano monete false o presunte tali (non è questo il caso, in quanto il falso è palese), le stesse vanno consegnate all'autorità competente.
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  25. Ciao Sono d'accordo con ak72; contraffazione probabile proveniente dai Balcani. Ci sono anche due elementi che nei grossi di Giovanni Dandolo non ho mai visto (e a memoria nemmeno in quelli di altri dogi) e precisamente i 4 globetti a forma di croce che compaiono ai lati del Cristo, sullo schienale del trono. Questa sera provo a controllare se ci sono, di altri dogi precedenti, dei "punti segreti" fatti in quel modo. In ogni caso ho trovato un grosso simile (non lo stesso) con le medesime particolarità, era già apparso in un'asta del 2013 "Roma Numismatics Limited" ed anche in quella era stato dato per originale ..... https://www.sixbid.com/browse.html?auction=923&category=19245&lot=885580 Questa la dice lunga sui controlli fatti dalle Case d'asta, forse li riservano solo per le monete di alto valore; quelle comuni .... un'occhiata e via. Troppo tempo verrebbe impiegato per un attento controllo dei grossi veneziani che, sappiamo, non ci fanno mai mancare delle "sorprese", eppure dovrebbero saperlo che fu una delle monete più imitate e falsificate e che anche il tipo più comune abbisogna di controlli accurati. saluti luciano
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  26. Bisogna stare attenti che esistono molte specie riferite alla cavalletta o locusta. Non so a quale esatta specie si riferisce la bella immagine a colori soprariportata, ma ha ali troppo corte e non corrisponderebbe alla cavalletta raffigurata nella moneta. A mio giudizio la cavalletta sulla moneta di Metaponto è proprio la famigerata cavalletta del deserto o locusta propriamente detta, che è Schistocerca gregaria, con ali più lunghe rispetto al corpo: Non va confusa con la comune piccola cavalletta italica dei prati, che è Calliptamus italicus: Se fra i forumisti c'è un bravo entomologo, saremmo felici di poter identificare più esattamente la cavalletta della moneta
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  27. Beh, attenzione: la simbologia è normalmente un'arma a doppio taglio, se non triplo, e ancor più spesso plurimo... Lo dimostra proprio la simbologia mariana: in questi ultimissimi anni, gli stemmi religiosi di nuova creazione si stanno riempiendo di stelle a sette raggi ---> sette come i dolori, o come le beatitudini... No, il motivo del cambiamento è purtroppo proprio quello che (a rigor di logica) scarteremmo come meno probabile. I raggi della stella di Francesco furono portati a otto, perchè vi fu qualcuno (compresi alcuni araldisti) che videro in quella a cinque un forte riferimento massonico. Non commento. Mi limito a sottolineare che la semplice e bella stella d'argento a cinque raggi del cardinal Bergoglio (sulla quale nessuno aveva avuto a che dire, almeno che io sappia) nell'arco di pochi giorni dall'elezione a pontefice dovette subire un doppio stravolgimento. Cromatico e formale. Il brutto è che nessun dei due era ragionevole e razionale a livello simbolico, nè (a quanto ne so) rispondeva a specifiche richieste di Francesco. Il quale (a mio parere, quindi potrei sbagliarmi) credo che abbia "lasciato fare"...
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  28. Ciao, Anche a me piacerebbe organizzare da tempo un convegno numismatico dalle mie parti e sebbene abbia già in mente la città precisa e le location papabili nonché "il taglio" da dare alla manifestazione purtroppo non ho i contatti e le conoscenze giuste per affrontare la questione a livello pratico e tangibile. Tuttavia in questi anni di permanenza sul forum e avendo frequentato come visitatore varie manifestazioni numismatiche o similari ho sempre cercato comunque di raccogliere gli spunti provenienti da commercianti e appassionati sull'argomento "il convegno numismatico ideale". Detto questo mi trovo molto d'accordo con te sul fatto che la questione logistica cioè del dove è localizzato l'evento e del come arrivarci è sicuramente il fattore fondamentale sia per il visitatore che per il commerciante (con un occhio di riguardo da parte di quest'ultimo anche sul poter effettuare in tutta tranquillità le operazioni di carico scarico) subito dopo però, al secondo posto ma appena un pelino più in basso, la questione "spazio vitale" tra i tavoli è secondo me altrettanto fondamentale. Il collezionista numismatico infatti è per definizione un tipo riservato... Non lo puoi far entrare in una stanza "angusta" trovandosi gli occhi degli altri collezionisti o dei venditori addosso. Come non puoi dargli poco spazio tra i tavoli con il rischio che se si mette a guardare un album o un vassoio deve stare attento a non sbattere con chi gli passa dietro o accanto, sia perchè ci si distrae sia perchè poi si sta con il patema di capire se chi ha sbattuto l'ha fatto inavvertitamente o per un secondo fine... Per non parlare poi della discrezione necessaria e richiesta da entrambe le parti nel momento in cui si trattano esemplari di una certa qualità e valore economico, eventualità che in un evento pensato come il vostro con un certo tipo di venditori è sicuramente più probabile rispetto al piccolo convegno di provincia. Idem la necessità di un illuminazione (naturale o artificiale) che gli esemplari di un certo livello di cui sopra esigono nell'eventuale trattativa. Per questo quando affermi che "o prendere o lasciare" forse in certi casi meglio lasciare che partire già da subito con il piede sbagliato e trovarsi poi nella condizione di "toppare" su fattori così fondamentali che poi potrebbe condizionare in modo pesante sia lo svolgimento contingente dell'evento che il suo sviluppo nelle edizioni seguenti. Saluti Simone
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  29. grande!!! il testo c'è al Bottacin, lo recupero e vi dico! BERNARDI DRIOLI 1979 = G.BERNARDI G. DRIOLI, Le monete del periodo bizantino e barbarico esistenti presso il Museo Archeologico Nazionale di Cividale, in Forum Iulii, 3, 1979, pp.520
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  30. Non un'imitazione ma una contraffazione. Io leggo M(rovesciata)VEMETI. Due sono le strade da seguire: i Balcani e l'Egeo. Lunardi nel suo testo descrive diverse monete a nome Dandolo tra le quali alcune (ahimè non abbiamo immagini) che per il tipo di iscrizione possono ricordare il tipo qui proposto. Area Balcanica: I segni segreti che compaiono al rovescio sono simili a quelli che troviamo nelle coniazioni dei grossi "ufficiali" a nome di Stefan II. Io propendo per l'area balcanica, per stile e per "errori" presenti.
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  31. Si mi riferivo a quel post. Giustamente va rispettata la volontà della Tua consorte, l’importante non è farla conoscere a noi del forum o a altri... Importante è che il tuo ragazzo sappia che cosa è successo veramente e che difronte a un ordine meschino, come quello di sparare sulla folla ci si può rifiutare. Ovviamente il rifiuto avrà portato conseguenze e sofferenze per il bis nonno e per i suoi familiari, ma una persona perbene non avrebbe più vissuto con quel rimorso. A volte è giusto dissociarsi e questo non significa non amare la Patria o essere codardi. pochi anni prima a Milano durante la cosiddetta protesta dello stomaco non andò così, ci furono 100 morti e 500 feriti, Bava Beccaris ai giorni d'oggi è ricordato per questo e non per molto altro... e a poco tempo di distanza dalle Americhe torno Gaetano Bresci e cercò e trovò la sua vendetta. aggiungendo sangue su sangue...se avessero pensato a mettersi nei panni degli altri e a abbandonare lo spirito di parte forse non sarebbero stati divisi.
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  32. La ringrazio per le belle parole. Vede, pur non essendo ancora troppo in là cogli anni, mi son sempre dedicato allo studio, all'approfondimento, di ogni singola moneta che desideravo acquistare, indipendentemente dal fatto che poi riuscissi o meno a metterla in collezione. In questo ho avuto insegnanti....a distanza di tutto rispetto: il Dr. Giovanni Bovi e il Dr. Luigi Dell'Erba, esimi studiosi di monetazione del Meridione, che tanto hanno scritto sul Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano, e il Dr. Mario Traina, coi suoi indimenticabili insegnamenti prima su Cronaca Filatelica, poi si Cronaca Numismatica. Purtroppo non ho avuto la possibilità di conoscere questi grandi studiosi e divulgatori, ma è come se li avessi sempre a portata di...lettura e di insegnamento, attraverso i relativi saggi e studi. Faccia attenzione a non confondere il collezionista col Numismatico. Il primo raccoglie per il piacere di avere in collezione questo o quel pezzo mancante, oppure per investimento....il Numismatico prima studia, approfondisce, poi compera e apprezza il nummo dai punti di vista artistico e di documento storico testimone della civiltà dell'Uomo. Sono onorato dalle Sue belle parole.
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  33. .....mai abbastanza Pietro! Certo che hai seminato bene, le tue discussioni e le domande che ci fai.....le fai per stimolarci e appassionarci....come un buon professore. Saluti.
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  34. Pubblicare e con foto i curatori che non lo fanno dovrebbero esserne considerati direttamente e penalmente responsabili...
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  35. 100.000 lire Botticelli
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  36. https://www.acsearch.info/search.html?id=49700 CARACALLA (27/05/196-8/04/217) Marcus Aurelius Antoninus César (27/05/196-04/198) Assarion c. 196-198 N° brm_123043 Date : c. 196-198 Nom de l'atelier : Nicopolis ad Istrum Métal : cuivre Diamètre : 16,50mm Axe des coins : 7h. Poids : 2,40g. Degré de rareté : R2
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  37. Ciao le due sporgenze laterali non sono altro che la rimanenza dei codoli di fusione dei tondelli, di norma i tonelli in bronzo venivano torniti per adeguare peso e diametri prima della coniatura, ma in alcuni momenti forse per la necessità di avere velocemente a disposizione moneta, questo non avveniva e possiamo trovare tondelli con queste appendici. Silvio
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  38. Trinidad & Tobago - 1 Dollaro del 1939
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  39. In tema di ponti... questo è il mio (goffo) tentativo...
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  40. Oddio non avrei mai pensato che qualcuno potesse dire queste cose. Condivido appieno. Il centesimo di questi anni non è affatto una moneta numismaticamente commerciale e perciò da molti viene "snobbata. Però noi collezionisti non dovremmo mai dimenticare una cosa, che le monete è vero le acquistiamo o le vendiamo, ma non sono affatto una questione economica. La bellezza di una moneta non la fa ne la tiratura, ne la successiva rarità. Non li colleziono ma quando vedo qualche centesimo FDC che mi colpisce proprio non resisto.
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  41. Ecco perché e' importante pubblicare le monete presenti nei musei..per impedire che con il passare degli anni avvengano sostituzioni, asportazioni, distrazioni. Finchè tutto il materiale rimane chiuso, è potenzialmente è soggetto ad "attenzioni" pericolose.
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  42. Ciao, falso moderno, in giro ci sono diverse copie...
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  43. Ciao a tutti, io rimango sui biglietti tedeschi! Questa era difficile ( ed ho dovuto anche imbrogliare un po' a causa della prospettiva): 100 marchi (1951-1965) con il panorama della città di Nornimberga, in alto il castello. Servus, Njk
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  44. Cio @Hirpini Visto che sei intenzionato a chiuderle per non perdere in futuro tutto il lavoro fatto, ti consiglio di inserirle prima in una bustina in "acetato". Alcune monete, specialmente quelle in argento e in rame col tempo diventano allergiche alla plastica . Se invece le inserisci prima nella bustina di acetato dovresti stare più tranquillo. buon lavoro
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  45. Thank you all for your good words,my friend gigetto13 in few days i send you the details because is celebrate helloween in Greece and im outside now
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  46. Stasera posto pure io... Una vera rarità, un mezzo tari di Filippo II, conservazione esagerata per la tipologia.
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  47. MEDAGLIE PAPALI - ASTE NUMISMATICHE GENNAIO 2017 Sono finiti i tempi delle pause invernali per le aste. Con il modello dell'asta on line o live sono stati sostituiti i listini e molti commercianti ricorrono a questo strumento con le piattaforme informatiche messe a disposizione: così anche i mesi invernali sono ovviamente utili per queste proposte a domicilio. Il mercato per le medaglie papali dell'inizio 2017, a mio giudizio, non è brillante, ma ancora resistente. D'altra parte gli esemplari in vendita non consentono certo un giudizio su materiale significativo. L'asta italiana più importante del mese di gennaio è stata battuta da FELSINEA con circa 25 lotti, in parte non comunissimi. Sono stati abbastanza apprezzati, con aggiudicazioni al 60%. Alcune aggiudicazioni mi sembrano a prezzi sostenuti: - Sisto V - Obelisco - Br. dorato - € 900+diritti; - Sisto V - medaglia in oro (riconio) - € 4.000+diritti; - Pio VIII - Annuali e straordinaria "possesso" in bronzo € 150/250+ diritti; - Pio IX - Annuale anno XII (ferrovia) - argento - € 340+diritti; - Pio IX - Straordinaria - Ferrovia Roma - Velletri - Bronzo - € 450+diritti; - Paolo VI - Viaggio Istanbul - argento - € 550+diritti. FELSINEA ha fatto seguire all'inizio del corrente mese di febbraio un'asta per corrispondenza con circa 200 lotti,riferiti a medaglie più comuni. Le aggiudicazioni risultano in misura del 50% (salgono al 60% per i 75 lotti riferiti alla medaglistica fino a tutto il XVIII secolo, nei quali erano compresi anche diversi riconi). NOMISMA - ha proposto con asta on line circa 20 lotti di esemplari abbastanza comuni. Le aggiudicazioni hanno superato il 40%. Cito fra queste due medaglie satiriche di papa Pio IX. Richieste a prezzi leggermente superiori al consueto alcune annuali di Paolo VI in argento. ARTEMIDE - ha proposto circa 20 medaglie con asta on line. Anche per questa casa di aste le aggiudicazioni risultano nella misura del 40%. Merita citazione la medaglia cardinalizia di papa Paolo II in bronzo aggiudicata per €850+ diritti a fronte di una base di asta di € 150. Altre vendite confermano prezzi consueti (Pio X - annuale in argento € 120+diritti; Benedetto XV annuale in argento € 100+diritti). NEACOINS - on line - Proposti 45 lotti, dei quali 20 sono stati aggiudicati. In questa asta merita di essere segnalata, come lotto invenduto (prezzo base € 3.000), la rarissima medaglia galvanica in bronzo per Pio IX - lavanda - opus Arnaud, medaglia che per la rarità avrebbe invero meritato una vetrina più importante. Per le aste estere merita segnalazione la proposta di medaglie papali in oro. In particolare, in asta CNG erano offerti 18 lotti, tutti venduti a prezzi ordinari ( $ 9.000 per una medaglia di Pio VI; $ 6.000 per una annuale di Pio VII; prezzo medio di 4.200 per annuali di Pio IX e Leone XIII: per tutte queste indicazioni di prezzo sono da aggiungere i diritti). In asta Heritage ho notato, con vendita totalitaria, sempre per gli esemplari in oro, una medaglia di Innocenzo XII (aggiudicata per $ 3.200+diritti ed una annuale di Pio VI aggiudicata per $ 5.000+diritti). Nelle stesse aste sono stati aggiudicati anche i pochissimi esemplari in argento proposti: in asta C.N.G. 2 medaglie annuali di Pio IX per 120+diritti cadauna e due medaglie annuali di Leone XIII per € 130/150 + diritti; in asta Heritage una annuale di Pio IX per 300+diritti e due annuali di Pio XI per 150+diritti cadauna. In asta WAG on line si è registrata la vendita totalitaria di 10 lotti di medaglie di restituzione opus Paladino - riconio Mazio - in bronzo con prezzo medio di € 70+diritti.
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  48. mi viene il sospetto sia una imitativa di IV secolo delle monete che Costantino fece coniare in onore del "suo" avo Claudio II .....
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  49. Nel corso del convegno ho saputo, dall'amico Bassani, della scomparsa di due numismatici per lunghi anni presenti ai nostri convegni: il "medaglista" Ceccarelli, che ricordo sempre presente con la moglie Tognarini, alla quale vanno le più sentite condoglianze mie e dei Soci del Circolo, e Giuseppe Marchesi; dopo il convegno del 2013, al quale aveva partecipato come espositore (come nei due anni precedenti), l'ho incontrato a un convegno a Verona e lo ho poi inutilmente cercato a lungo al telefono dello studio e al cellulare, ma senza successo. Ricordo il padre Gino e la madre, sempre insieme ai nostri convegni fino dalla prima edizione nel 1976, ai quali si unì poi anche Giuseppe. Mi sembra doveroso questo piccolo ricordo, al quale unisco una preghiera. G.B.
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