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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 12/05/16 in tutte le aree

  1. Buon giorno a tutti, vedo con piacere che questa nuova iniziativa piace, i riscontri sul forum e le email ricevute all'indirizzo della segreteria ne sono chiari testimoni. Come detto da Mario, la rivista e gli incontri con i soci, sono attività che nascono dai suggerimenti venuti dal forum, e rapidamente sviluppate in seno alla società. Giustamente Lamoneta.it e La SNI hanno un comune denominatore, la "Numismatica", iterazioni e collaborazioni ci sono già state e sicuramente ci saranno, come appena successo la Società non è stata sorda alle richieste, basta avere proposte da vagliare e sviluppare. Per tornare al discorso della rivista, invito chi volesse collaborare ad inviare gli articoli già dal mese di gennaio. Grazie mille a tutti Matteo PS: a breve verranno comunicate sede e data del prossimo incontro con la SNI.
    5 punti
  2. Buona sera agli amici delle sovrane. Vi presento il mio ultimo ingresso in collezione: Vittoria giovane primo ritratto e stemma 1864 (Spink 3853). @simoneptr @Graziano67 @Livestrong @claudioc47 @Manuel88 @refero1980 @nando12 @miza @Natale e chiunque altri abbia piacere (scusate se ho dimenticato qualcuno) vogliamo provare a guaduarla? Allego sotto anche la foto del venditore per vedere meglio i rilievi (so che le mie non sono il massimo) ma con queste, anche se non professionali, si intuisce meglio la freschezza del metallo. Questa sovrana coniata a Londra, con i suoi 8.656.353 di pezzi è considerata comune. Una moneta come questa in media conservazione (fino all aEF) la si scambia solitamente a 20/30 euro in più rispetto al valore del fino. Quanto mettereste in conto di spendere per aggiungere in collezione un esemplare come il presente? Purtroppo questa volta non avremo il riscontro di un ente terzo per dirimere la questione della conservazione quindi avremo tutti ragione. Provate a dire la vostra, poi vi dirò come la vedo io che ho il vantaggio di averla vista in mano ed aver ponderato l'acquisto. Posso dirvi intanto che sono contento e molto soddisfatto. Con questo tondello vado a sostituire la sterlina presentata qualche tempo fa nella presente discussione. Buona serata.
    3 punti
  3. Diametro circa 13 mm Peso 0,32 grammi circa , quello che mi incuriosisce e la legenda del R/ (solo le "S" coricate appaiono chiare)
    2 punti
  4. Salve, ho finalmente preso possesso del grosso da 6 con cui avevo iniziato questa discussione. Ecco delle foto ad alta risoluzione, i segnetti al dritto ed al rovescio dovrebbero essere ben visibili. Un saluto Paolo
    2 punti
  5. Nella prossima asta Felsinea, al lotto 670, è presente un provisino della serie anonima con Y sopra al pettine. Allego le immagini prese dal catalogo in PDF, non vedo l'ora che l'asta sia pubblicata su bidinside per avere immagini migliori di questa moneta di grande rarità ed interesse. 1,06 gr, base d'asta 500 € Certo che se la moneta è stata riconosciuta e valorizzata dalla casa d'aste vuol dire che qualcosa, seppur lentamente, sta iniziando a muoversi. Penso che questo sia uno dei tanti piccoli segni di nascita di un mercato specifico delle monete senatoriali, segni che da qualche mese noto sempre più spesso in molti ambiti commerciali/collezionistici. Buona serata, Antonio
    2 punti
  6. @acraf Per quanto concerne il peso degli stateri d’oro suberati di Alessandro Magno, ti riassumo i risultati dei miei calcoli teorici su basi chimico-fisiche, matematiche e geometriche. Assumendo 8,50 g il peso di uno statere a titolo d’oro molto alto, il volume occupato dalla moneta che si ricava dalla densità del metallo è 0,44 cm3. Un tondello d’oro di forma perfettamente cilindrica con diametro di base 17 mm e altezza di ca 2 mm (che può considerarsi per forma e dimensioni il progenitore dello statere standard), occupa appunto un volume calcolato dalle formule della geometria di questo ordine di grandezza. Un tondello di piombo dello stesso volume pesa ca 5,0 g e uno di rame o bronzo dello stesso volume ca 4,0 g. Il peso del rivestimento di un tondello di forma perfettamente cilindrica con diametro di base 17 mm e altezza di ca 2 mm, costituito da una sottilissima lamina d’oro di 0,1 mm di spessore, è attorno a 1 g. Ne consegue che un suberato con l’anima di piombo viene a pesare ca 6 g e un suberato con l’anima di rame/bronzo ca 5 g. Un suberato a base di una lega Pb/Cu avrà un peso intermedio a seconda della composizione. C’è da notare però che i tondelli di metallo povero destinati alla suberatura possono essere di diametro superiore al valore standard, e con diametro di 20 mm possono arrivare a 7,1 g se in piombo o a 5,6 g se in rame o bronzo. Naturalmente anche lo spessore gioca la sua parte perché incide direttamente sul volume e quindi sul peso del tondello. Tondelli di rame/bronzo di diametro inferiore a 17 mm o poco spessi destinati alla suberatura possono produrre esemplari sui 5 g di peso o anche inferiore. In tabella ho raccolto i pesi di alcuni suberati in rete.
    2 punti
  7. Cari Amici, Vi segnalo questo convegno del collezionismo ed in particolare della numismatica,con molti espositori,è il più importante evento trimestrale dell'anno a Roma,non mancate,sarà anche un'occasione per incontrare e rivedere vecchi amici. Per l'occasione verrà anche emesso un annullo speciale delle poste italiane. Grazie. ROMA COLLEZIONA, Roma 10 e 11 dicembre 2016 NUMISMATICA, FILATELIA, MILITARIA, MODELLISMO, COLLEZIONISMO presso il "Complesso Seraphicum" Via del Serafico 3 - Roma EUR Orari: Sabato ore 10 - 18 Domenica ore 9 - 15 Ingresso libero. Parcheggio gratuito sia all'interno del complesso che fuori. COME RAGGIUNGERE LA SEDE: Mezzi pubblici metropolitana linea B, direzione Laurentina, fermata Laurentina + 5 minuti a piedi (450 mt) oppure Bus: 764, 761 Auto dal Grande Raccordo Anulare • uscita n. 30 “Roma Fiumicino”, percorrere l'autostrada Roma – Fiumicino, Direzione Roma centro • uscita via Laurentina, direzione Eur • via del Serafico è una traversa con semaforo a sinistra oppure uscita n. 25 - “Laurentina”, percorrendo la Via Laurentina, direzione Roma centro • via del Serafico è una traversa con semaforo a destra Treno 1.Stazione Roma Termini 2. metropolitana linea B, direzione Laurentina, da fermata Roma Termini a fermata Laurentina 3. 5 minuti a piedi (450 mt) Aereo Roma Fiumicino 1.Aeroporto Roma Fiumicino 2.Stazione Ferroviaria Roma Termini 3 .metropolitana linea B, direzione Laurentina, da fermata Roma Termini a fermata Laurentina 4 5 minuti a piedi (450 mt) Volantino ROMA Dicembre.pdf
    1 punto
  8. Salve a tutti. Quest’oggi volevo approfondire un tema storico, forse ultimamente messo un po’ da parte, che riguarda molto da vicino la politica espansionistica di Carlo I d’Angiò (1282 – 1285, come Re di Napoli). Carlo I era di stirpe reale: era infatti figlio del Re di Francia Luigi VIII, mentre suo fratello sarà il futuro San Luigi IX. I suoi rapporti con l’Oriente erano già molto vivi ancor prima di arrivare ad impossessarsi della corona napoletana: nel 1248, infatti, Carlo, con i titoli di Conte d’Angiò, del Maine, di Provenza e Forcalquier, accompagnò suo fratello, il Re Luigi IX, durante la Settima Crociata, in Egitto, governato all’epoca dalla dinastia araba degli Ayyubidi. Questi ultimi, nel 1245, l’anno prima che Carlo fosse elevato a Conte d’Angiò, avevano conquistato Gerusalemme con i suoi luoghi santi, all’epoca ancora oggetto di numerose contese tra mondo cristiano e mondo musulmano. Il loro potere, poi, si era esteso anche in Egitto, costituendo un serio pericolo per le potenze europee che si affacciavano sul Mediterraneo. Inoltre, questa occasione offriva un ottimo pretesto per ritornare in Oriente e ritagliarsi dei possedimenti personali da assoggettare a dinastie cosiddette franche. Dopo un breve scalo a Cipro, tappa obbligatoria per le flotte che dall’Europa si dirigevano in Oriente, Carlo raggiunse l’Egitto nel 1249, partecipando alla vittoriosa conquista di Damietta. Nel febbraio del 1250, però, fu protagonista, insieme al fratello Luigi e ad altri membri della famiglia reale francese, della disastrosa disfatta di Mansura, a seguito della quale sia Luigi IX che Carlo stesso furono annoverati tra i prigionieri dei musulmani, diventando così molto più preziosi per i nemici di ogni possibile bottino di guerra. Infatti, dopo una breve prigionia, sia il Re di Francia che suo fratello Carlo d’Angiò furono rilasciati dietro pagamento di un pesante riscatto. Carlo decise che la sua avventura crociata nei territori dell’Outremer poteva dirsi conclusa: nel 1251 fece ritorno in Francia, anche a seguito di alcune rivolte che si stavano sviluppando nei suoi territori. Negli anni seguenti, Carlo si dedicò agli sviluppi politici della Francia e degli altri Stati limitrofi, intromettendosi in varie questioni ereditarie da cui uscì spesso con il raggiungimento di un proprio tornaconto personale. Non trascorse però molto tempo che Carlo fu invischiato negli affari italiani: nel 1261 era stato eletto al soglio pontificio Papa Urbano IV che era di origini francesi. La situazione politica in Italia non era delle migliori: Manfredi di Svevia, Re di Sicilia, ambiva a conquistare l’Italia intera, il che equivaleva ad una minaccia seria e preoccupante per il pontefice, il quale tentò di ingraziarsi il sovrano svevo intraprendendo la via diplomatica che, ahimè, non portò a nulla di concreto. Così, Urbano IV reagì pesantemente scomunicando Manfredi, il che comportava la perdita di ogni diritto sul trono di Sicilia. Il Regno dell’Italia Meridionale, per antiche norme di diritto feudale, ritornava nelle mani del Papa che ne disponeva al meglio. In questo caso, Urbano decise di affidarne la corona a Carlo d’Angiò, forse con lo scopo di favorire la casata reale della sua terra d’origine. Mentre Carlo si recava a Roma per essere insignito del titolo di Senatore, Urbano IV morì di lì a poco nel 1264. Gli successe Clemente IV che continuò la politica anti-sveva del suo predecessore: egli accolse Carlo con il suo seguito nel 1265 e lo incoronò a Roma Re di Sicilia. Manfredi, intanto si organizzò per l’imminente scontro, poiché non aveva nessuna intenzione di rinunciare ai suoi diritti sul trono siciliano, nonostante fosse ormai ufficialmente decaduto. Da questo momento in avanti, è risaputo cosa avvenne e come Carlo conquistò la corona dell’Italia Meridionale: il suo esercito, forte di quasi 30.000 uomini provenienti dalla Francia, supportato dai Baroni che si erano ribellati a Manfredi, sbaragliò le forze sveve sul fiume Calore nei pressi di Benevento. Era il 26 febbraio 1266 il giorno esatto in cui lo Stato più esteso della penisola italiana assistette all’ultimo bagliore della gloriosa casata sveva e, nello stesso istante, all’ascesa di un nuovo padrone, la cui discendenza, tra bene e male, contribuì allo sviluppo della parte continentale del Regno impegnandosi con uno sforzo senza precedenti. Fu proprio con Carlo I che Napoli fu scelta come capitale del Regno, soprattutto dopo che, con la rivolta dei Vespri Siciliani, la parte insulare dei suoi nuovi possedimenti si era ribellata, scacciando i Francesi visti come despoti votati al sopruso. Ed in effetti la politica di Carlo I, ancor prima di diventare Re, era stata sempre molto dura e, a tratti, dispotica: nel riorganizzare l’assetto amministrativo del Regno appena conquistato con le armi, il sovrano angioino tolse molte delle antiche prerogative alla nobiltà locale per affidarle invece a membri più o meno illustri provenienti da altre parti d’Italia e d’Europa, favorendo con un occhio di riguardo i mercanti ed i banchieri toscani. Il Regno non fu però pacificato del tutto prima del 1268, anno in cui Carlo sconfisse a Tagliacozzo le ultime truppe rimaste fedeli agli Hohenstaufen nella persona di Corradino, nipote di Manfredi. Con la sconfitta e la decapitazione di Corradino a Napoli, Carlo d’Angiò divenne ancor più ferreo nel suo governo: portò alla rovina molti nobili locali per poi sostituirli con i più fedeli tra i Baroni francesi. Gli Svevi, poi, a differenza degli Angioini, avevano sempre mantenuto ottime relazioni pacifiche con gli Arabi, il che aveva scatenato l’ira di più di un pontefice. Con l’avvento di Carlo I a Napoli le cose cambiarono e fu in questo momento che il Nostro, dopo aver assicurato la stabilità nei suoi nuovi territori, pose rinnovata curiosità verso l’Oriente. Luigi IX, nonostante l’esito estremamente negativo registrato alla fine della Settima Crociata, spinto dalle sue convinzioni religiose e da una fedeltà al Papa quasi fanatica, era già pronto ad intraprendere quella spedizione, questa volta contro la Tunisi del califfo al-Mustansir, che sarebbe passata alla storia come Ottava Crociata. Ed anche questa volta il buon Carlo vi partecipò: i motivi della sua partecipazione, poco entusiasta a causa forse della prigionia subita verso la metà del XIII secolo in Egitto, si devono probabilmente ricercare nel fatto che, da Tunisi, al-Mustansir, vecchio alleato di Manfredi e quindi nemico del nuovo Re Carlo, poteva tenere sotto scacco sia la Sicilia che il Regno di Napoli. Carlo era quindi molto più pragmatico di suo fratello e riuscì a intravedere ottime opportunità per il suo Regno accodandosi alla farsa della Crociata. Infatti, morto nel 1270 Luigi IX per una violenta forma di dissenteria, Carlo, come parente più prossimo, assunse il comando della Crociata che si trasformò più in una guerra personale: alla fine, in quello stesso anno, il sovrano Angioino stipulò un nuovo trattato con il califfo e, ottenuti i rimborsi delle indennità di guerra da parte del nemico, rientrò in Sicilia quello stesso anno. Ma i progetti che più attanagliavano la mente di Carlo I si manifestarono già prima dell’Ottava Crociata. Alleandosi con l’Imperatore latino di Costantinopoli Baldovino II, ormai in esilio, attraverso un’oculata politica matrimoniale (fece infatti sposare sua figlia Beatrice con il figlio di Baldovino nonché suo successore, Filippo di Courtenay), l’Angioino mirava alla conquista graduale del trono costantinopolitano. Questa sua sete di conquiste dovette sfogarsi al di là dei confini nazionali, poiché in Italia non poteva unificare gli altri territori della penisola, rischiando altrimenti di incorrere nell’ira del Papa, rischiando di fare la stessa fine dello scomunicato Manfredi. I regni orientali, invece, facevano ancora gola ai sovrani occidentali, poiché ancora floridi e ricchi, nonostante l’epoca d’oro delle Crociate era finita da un po’. Alla riconquista latina di Costantinopoli e del suo ricco Impero volle partecipare anche il Principe d’Acaia Guglielmo II di Villehardouin, il quale diede in sposa sua figlia ed erede Isabella al figlio di Carlo, Filippo. Questi divenne Principe d’Acaia a partire dal 1278, quando Guglielmo II morì e Isabella entrò in possesso dei territori paterni come prevedevano gli accordi. Da questo momento in poi, l’Acaia spetterà di diritto agli Angioini. Un primo passo, quindi, per l’espansione angioina in Oriente era già stato compiuto. Attraverso questa politica matrimoniale, Carlo I poteva muovere i fili del potere anche all’estero, senza però essere coinvolto in prima persona, mantenendo apparentemente il controllo del solo Regno di Napoli, di cui era sovrano titolare. Nonostante la conquista di Costantinopoli sembrava per Carlo a un passo dalla realizzazione, i suoi piani furono bloccati a causa dell’alleanza religiosa che Michele VIII Paleologo, Imperatore di Bisanzio, strinse con il nuovo Papa Gregorio X, il che portò ad un arresto temporaneo della campagna intrapresa da Carlo I contro i Bizantini. La situazione precipitò con lo scoppio dei Vespri Siciliani del 1282 che costrinsero il sovrano ad abbandonare l’Albania e a tornare in Sicilia per sedare la rivolta. Mentre era ancora in corso la progettata conquista di Costantinopoli, Carlo non mancò di andare oltre Bisanzio e di mirare ancora più lontano, ovvero alla stessa capitale di quello che era stato il Regno latino omonimo più importante creato dopo la fine della Prima Crociata nel 1099: Gerusalemme. Dopo la morte di Corradino, nel 1268, che era titolare del Regno di Gerusalemme, i diritti al trono di un Regno che era solo l’ombra di quello che era stato in passato furono contesi da varie casate occidentali, tra questi la spuntò alla fine quella dei Lusignano di Cipro. Alla fine del XIII secolo, quando ormai la riscossa musulmana aveva portato all’annientamento uno dopo l’altro di tutti gli Stati che i Crociati avevano fondato in Outremer, il titolo di Re di Gerusalemme, ridotto ad una pura formalità, era stato rivendicato però anche da altre famiglie. Tra queste spiccava la dinastia dei Principi di Antiochia nella persona di Maria, figlia di Boemondo VI, ultimo Principe effettivo di questo Stato crociato. Ella vantava diritti dinastici sul trono di Gerusalemme: infatti, per via paterna, era discendente del Re Baldovino II, in quanto la figlia di questi, Alice, aveva sposato Boemondo II d’Antiochia, antenato in linea diretta di suo padre. Suo nipote, Ugo III di Lusignano, riuscì però ad impadronirsi del titolo, lasciando a mani vuote Maria d’Antiochia, la quale, nel 1277, vedendosi sconfitta, vendette i suoi diritti sul trono gerosolimitano proprio all’ambizioso Carlo I d’Angiò. Da questa acquisizione non furono ricavati però nuovi territori in Oriente per la Corona angioina: molte città costiere che erano sopravvissute agli attacchi dei musulmani avevano giurato fedeltà ad Ugo III. Un tentativo fu comunque intrapreso da Re Carlo per far valere i suoi diritti appena comprati: nel giugno di quello stesso anno 1277 una flotta siciliana comandata da Ruggero Sanseverino approdò nel porto di San Giovanni d’Acri, ultima fortezza rimasta in mani cristiane lungo la costa siro-palestinese (cadrà poi solo nel 1291), chiedendo udienza al comandante della piazzaforte, il Gran Maestro dell’Ordine cavalleresco degli Ospitalieri. Ruggero, con abili mosse diplomatiche, riuscì alla fine di una lunga trattativa a convincere l’Ordine che controllava la città a riconoscere Carlo come legittimo Re di Gerusalemme. Questo fu l’unico successo registrato dall’Angioino a seguito dell’acquisizione del titolo orientale. Proprio per rendere esplicito tale traguardo, nello stemma araldico degli Angioini di Napoli figurò la croce potenziata di Gerusalemme (fig. 1). Fig. 1: Arme di Carlo I d'Angiò dopo il 1277. Di Heralder - Own work, elements by Sodacan & Katepanomegas, CC BY-SA 3.0. Un evento così importante per la storia degli Angioini sovrani di Napoli non poteva non essere commemorato anche con un’apposita serie monetale. In politica economica, almeno in Sicilia e nelle zecche minori dell’Italia Meridionale continentale, Carlo I seguì senza particolari modifiche il sistema monetario svevo, continuando a curare, nel caso di nostro interesse, l’emissione di denari in mistura (che in realtà erano ridotti ad una lega di rame quasi puro). La serie, che ora vedremo, si compone di soli due nominali: il doppio denaro, molto raro, ed il denaro. Entrambi i nominali furono coniati a Messina nel 1278, quindi pochi anni prima della rivolta dei Vespri Siciliani e l’anno successivo all’acquisto del titolo gerosolimitano da Maria d’Antiochia. Forse, prima di rendere la cosa ufficiale, Carlo attese il buon esito della spedizione di Ruggero a San Giovanni d’Acri per assicurarsi che almeno una tra le più importanti città latine d’Oriente l’avesse riconosciuto come sovrano. Questa serie che celebra l’investitura del Re a sovrano titolare di Gerusalemme è una delle poche, se non l’unica, nel vasto panorama dei denari angioini, che si può datare con precisione ed attribuire ad una zecca. Nello stesso anno 1278, Carlo I, su modello di quanto già fatto in Francia da suo fratello Luigi IX, con una riforma monetaria, chiuse tutte le altre zecche regnicole e impose la coniazione del circolante nella sola capitale Napoli. 1. D/ + KAROL • IERVSALEM Croce ornata con globetti alle estremità di ogni braccio, racchiusa in doppio circolo perlinato. R/ + ET • SICILIE • REX Giglio a tutto campo, circondato da tre globetti e racchiuso in doppio circolo perlinato. SPAHR 1976, p. 236, n° 55 (illustrato alla tav. XXVIII). Doppio denaro in mistura (dati ponderali indicati in Spahr: 1,33 g. – 19 mm.). Rarità: RR – RRR. Fig. 2. Fig. 2. Doppio denaro dal peso di un grammo. Ex Artemide XLVI, lotto 548. 2. D/ + KAROL • IERVSALEM Croce ornata con globetti alle estremità di ogni braccio, racchiusa in circolo perlinato. R/ + ET • SICILIE • REX Giglio a tutto campo, circondato da tre globetti e racchiuso in circolo perlinato. SPAHR 1976, p. 236, n° 56. Denaro in mistura (dati ponderali indicati in Spahr: 0,60 g. – 16 mm.). Rarità: C. Fig. 3. Fig. 3. Denaro dal peso di 0,96 g. Ex Artemide XLVI, lotto 549. Letture consigliate per approfondire: · BENIGNO Francesco - GIARRIZZO Giuseppe, Storia della Sicilia, vol. 3, ed. Laterza, Roma-Bari, 1999. · FROUSSARD Giovanni Battista, Osservazioni sulla Storia ed intorno a Pietro Giannone ed a Carlo I d’Angiò, Ducale Tipografia Bertini, Lucca, 1833. · LÉONARD Émile G., Les Angevins de Naples, Presses Universitaires de France, Paris, 1954. · SPHAR Rodolfo, Le monete siciliane dai Bizantini a Carlo I d’Angiò (582 – 1282), Zurich – Graz, 1976. · TRAMONTANA Salvatore, Il Mezzogiorno medievale, Carocci, Roma, 2000. P.S.: Perdonate il tedio e buona lettura!
    1 punto
  9. Salve a tutti. So che non sia in uno buono stato di conservazione, ma questa data, non l'avevo. Cordiali saluti. Alain.
    1 punto
  10. Buongiorno a tutti, vi posto uno degli acquisti effettuati a Verona la settimana scorsa.. Mi sto appassionando a tutte le zecche preunitarie dopo aver seguito solo Napoli per alcuni anni.. Ringrazio tutti quelli che vorranno rispondere.. Buona domenica
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  11. Buonasera, vorrei una vostra valutazione su questa moneta. Diametro: 37 mm Peso: 27,5 g Contorno: PROVIDENTIA OPTIMI PRINCIPIS
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  12. In collezione (dopo aver "sverginato" @gigetto13, se interessati, al rito della sigaretta aveva un'aria molto soddisfatta) Gorizia (zecca di Lienz) Enrico IV 1385-1454 Denaro con croce D/ + hAINRICVS •COMES • GORI Scudo triangolare trinciato, col leone di Gorizia R/ =MO NET DELV IONI Croce patente che interseca la leggenda, accantonata, nel 1° e 4° angolo, da stella a 6 raggi, nel 2° e 3", da luna crescente 0.31 grammi
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  13. ciao cinna74 la mia valutazione non tiene conto di quanto l hai pagata (perché ..lo so...) e la scrivo senza leggere i commenti precedenti, per non farmi influenzare. innanzitutto è ovvio che non stiamo parlando di una moneta in conservazione media (BB o VF per intenderci). Si è vero il bordo presenta alcune imperfezioni, che non ne pregiudicano comunque una piacevolezza complessiva. Segnetti, un paio di colpetti, qualche graffio, niente di importante da segnalare. Quello che sicuramente ha una marcia in più di questo esemplare sono i rilievi, assolutamente degni di nota e, per alcuni dettagli FAVOLOSI. C è lustro, anche se non uniforme. La dovessi vendere direi che è un UNC60-61, la dovessi comprare direi che è un AU58. La differenza è minima, la sostanza è che è una signora moneta. Il millesimo sarà anche comune, ma le stemmate non si trovano belle con facilità. Prezzo di mercato per me 450 senza indugio!
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  14. @Cinna74 Ciao Enzo. Dalle foto mi trovo un po' in difficoltà per la valutazione del lustro. A vederla così direi un AU58, ma vedendola in mano potrebbe migliorare il giudizio fino a MS62.
    1 punto
  15. @Cinna74 Ciao Devo dirti che le foto che hai fatto non sono per niente male. Si nota un discreto lustro. Sulla conservazione non mi sbilancio, i rilievi sono comunque alti e sono convinto che i colpetti che si vedono al D/ a ore 3 e al R/ a ore 2 in mano siano appena visibili. Con questa conservazione, siamo già ai piani alti..... Complimenti bel ingresso in collezione saluti
    1 punto
  16. Allora @Cinna74 dico la mia!!! D - Sapendo che il D di queste monete è più soggetto ad usura perchè ha i rilievi più alti di conio rispetto al bordo tu in mano hai un esemplare spettacolare. Per esaminare questa tipologia e valutare il grading osservo i capelli e da ciò noto usura solamente nella fronte sopra l'occhio, sopra l'orecchio (altro punto critico) mi sembra a posto dalle foto. Del resto non vedo usura, presente e ben visibile anche il ricciolo sulla guancia. Da far notare un colpetto sul bordo a ore 3 R - Il R è più facile trovarlo in conservazioni elevate e questo lo è. Stemma nel suo complesso mi sembra perfetto, noto un po' di usura diffusa nelle foglie della corona di alloro e un colpetto nel bordo a ore 2. Per il mio giudizio finale andrei per AU58 (gEF) e per una moneta così spenderei sui 450€ (per il die number numero 46 anche 470 )
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  17. Buonasera @clodoveo si tratta di un denario romano repubblicano della famiglia Baebia del 137 a.C. con: D/ testa di Roma a sinistra, a sinistra X del valore, dietro l'elmo: TAMPIL R/ Apollo nudo in quadriga a destra con arco e freccia, in basso ROMA, all'esergo: M.BAEBI.Q.F le foto non sono molto nitide, ma mi convince abbastanza riguardo l'autenticità. Saluti, Cato.
    1 punto
  18. Se la Dea dovesse scansarsi con tutte le squadre interessate a Caldara l'anno prossimo potrebbe iscriversi direttamente in 3 categoria .
    1 punto
  19. un'interessante lettura su queste falsificazioni è : GELICHI S., PIUZZI F., CIANCIOSI A. (a cura di) 2008, “Sachuidic presso Forni Superiore”. Ricerche archeologiche in un castello della Carnia. di @Andreas https://www.academia.edu/29816414/Zecca_clandestina_e_reperti_monetali
    1 punto
  20. dovrebbe essere Enrico IV, questa foto non mi ricordo da dove viene, ad ogni modo è diverso da quello pubblicato da Passera, ma identico al tuo. A me manca tra l'altro........
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  21. Bellissimo anche questo microscopico ramino. Complimenti e saluti. Marfir
    1 punto
  22. Complimenti, il fascino del rame rosso Saluti Marfir
    1 punto
  23. Bella discussione. Un solo appunto: Il globo, in quanto figura geometrica perfetta, rappresenta il Cosmo, non la Terra (non sapevano che fosse a forma di sfera).
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  24. la seconda è quella che mi "turba" .... sembra innaturale sia il tratto della CN che il retro in generale...
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  25. Gradirei opinioni e valutazioni in merito a questa mezza corona. Nonostante la circolazione si presenta ancora piacevole e con una delicata patina. Grazie, saluti.
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  26. l'unica cosa certa è l'imperatore cioè Constantius II° mentre al R/ la figura si presta a diverse tipologie. Potrebbe essere una Spes Reipublice come questa ) AE4 Obv: DNCONSTANTIVSPFAVG - Diademed (pearls), draped and cuirassed bust right. Rev: SPESREIPVBLICE - Virtus standing left, holding spear and globe. 355-361 ma altre possono essere interpretate con i pochi elementi visibili oppure una
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  27. Complimenti gran belle monete tutte e tre, belle e storiche, siamo nel 1848 e a Milano per esempio giravano anche quelle a scatoletta porta messaggi , dispacci, immagini della propaganda...
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  28. Nella sua semplicità uno stupendo messaggio... Complimenti per i tuoi tondelli in rame di questo periodo, in alta conservazione sempre ammirevoli. Eros p.s. Mi raccomando Napoli non mollarlo...
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  29. Quanto dico che la banconota vada sequestrata non intendo sostenere che chi l'ha ricevuta o chi l'ha consegnata lo abbia fatto con dolo. Intendo solo dire che l'evidente ed inspiegabile difformità riscontrata è tale da giustificare il sequestro da parte delle Autorità preposte allo scopo di appurare le modalità attraverso le quali la banconota è stata comunque emessa e distribuita al pubblico nonostante il macroscopico difetto. Non so cosa ne pensate Voi, ma a me pare che l'omessa stampa del numero di serie su una banconota che ha circolato, sia un fatto abbastanza allarmante. Tutto qui. Non pensavo minimamente di ritenere responsabili di alcunchè coloro che quella banconota l'hanno rinvenuta nella normale circolazione. M.
    1 punto
  30. In effetti presenta un altra importante crepa. Sicuramente bisastrato, ma sempre un bel pezzo di storia.
    1 punto
  31. dovrebbe essere di 13.000.000 mln. Non credo vada postato ma potrei sbagliarmi.
    1 punto
  32. Ho deciso che i miei interventi secondo il mio modesto parere, si limiteranno solamente alla parte identificativa, datazione, grado di rarità delle medaglie devozionali, la parte commerciale la lascio ad altri! Ciao Borgho.
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  33. Forse il piu’ prestigioso riconoscimento per un legionario di Roma era il diploma militare che gli veniva assegnato al momento del congedo dalla sua unita’ combattente la Legione ,dell’ esercito romano , al termine del servizio militare svoltosi in modo del tutto regolare , onesto ed onorevole . Questo diploma era il titolo piu’ ambito probabilmente anche rispetto alle riconoscenze che nel corso della vita militare il soldato poteva ricevere per atti di valore in battaglia o per altri motivi , poiche’ cio’ non presupponeva la sicurezza di arrivare vivo fino al termine della ferma militare . Da Augusto in poi , veniva rilasciato ai legionari e agli ausiliari un diploma che autorizzava la fine del servizio militare e oltre all’ attestato scritto inciso su lastra in bronzo , veniva consegnata una somma in denaro chiamata “nummaria missio” oppure in alternativa , che nel corso dell’ Impero divenne quasi una norma per scarsezza di contante o perche’ i soldati non volevano denari di rame come se fossero di argento , l’equivalente di un appezzamento di terra al posto del soldo , chiamata in questo caso “agraria missio” . Agli ausiliari invece di soldi o terra poteva essere concesso il diritto di cittadinanza romana . Questi privilegi erano dedicati anche ai legionari congedati prima del tempo , come nel caso di gravi ferite o per malattie , “causaria missio” , oppure ai congedati per esplicita volonta’ del comandante , “gratiosa missio” ; al contrario di tutto cio’, la perdita dei benefici avveniva con il congedo disonorevole , “ignominiosa missio” , che poteva essere causato per vari motivi : codardia in battaglia , omicidi , furti , disubbidienza , ecc. Come si nota la vita militare nonostante la pericolosita’ e gli imprevisti vari , consentiva pero’ al termine della ferma di ottenere una serie di benefici che permettevano di terminare la vita in modo onorevole . La regolare ferma militare del Legionario era sotto Augusto di 16 anni , 20 anni per la Choorte urbana , mentre 25 anni per gli ausiliari ; queste date di scadenza non erano pero’ categoriche perche’ spesse volte i soldati erano trattenuti in servizio forzato o volontario , in tal caso erano chiamati “evocati” . Esistono alcune attestazioni di “evocati” come ad esempio la lapide di T. Cillio di Laranda in Turchia , morto a 70 anni dopo aver trascorso ben 38 anni nella Legione XI , oppure quella di Claudio Celere di Verona che si era arruolato volontario a 20 anni e che mori’ a 63 anni ancora in servizio senza mai lasciare il suo incarico . Da Adriano la ferma fu innalzata a 25 anni di servizio nell’ unita’ di appartenenza , ma negli ultimi 5 anni i legionari venivano pero’ sollevati dagli incarichi piu’ pesanti . Al momento del congedo il soldato semplice legionario riceveva oltre al diploma , 5000 denari d’ argento o l’ equivalente apprezzamento di terreno . Concludendo chi aveva la fortuna di arrivare vivo ed integro dopo in media circa 20 anni di permanenza in una Legione , poteva sperare in un proseguimento di vita tutt' altro che disprezzabile . Un diploma militare in bronzo proveniente da Carnuntum in Pannonia , databile al tempo dei Flavi , Tito , 13 Giugno dell' 80
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  34. Ecco altre foto compreso ologramma che cambia faccia...mi sembra verissima e non manipolata...che dite??
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  35. Grazie davvero per gli spunti entusiasmanti di questa discussione! Volevo segnalare un denaro raro coniato per Federico II che presenta sia il busto dell'imperatore con globo crucigero e scettro al dritto, sia un crescente al 1 quadrante al rovescio. La data dovrebbe essere 1220/1221 http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-F2I/48#
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  36. Buonasera a tutti gli amici del forum, condivido con voi le foto di una medaglia interessante dal punto di vista storico. Fa riferimento ad un arbitrato del 1758 per dirimere un contenzioso tra piovani e titolati riguardo al testamento di Pietro Baccari. Ho trovato un unico riferimento in google books https://books.google.it/books?id=UX4dWXtntLgC&pg=PA252&lpg=PA252&dq="joseph+zanchini"&source=bl&ots=uInpvZxNUq&sig=TNni36GfP6-uPqMpKrxSfnAc8pI&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiMjMLQ0a3QAhWFbRQKHYVWC6wQ6AEIGzAA#v=onepage&q="joseph zanchini"&f=false La medaglia è stata dorata ed è molto leggera (sui 14 grammi, nonostante i 46 mm di diametro), per cui mi mi sembra difficile che si tratti di argento
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  37. Buonasera; discussione che mi sono persa, molto particolare e -soprattutto- specifica di una particolarità veneziana, dove il clero rispondeva in primis allo Stato e poi al Papa ...... evidentemene un contenzioso tra piovani e titolati riguardo al testamento di Pietro Baccari, che era piovano di Castello, era possibile. Altrove, probabilmente, faceva aggio il voto di povertà ed i beni incamerati dalla Chiesa. Da esperti del tema..... Grazie per averla condivisa. Saluti, luciano
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  38. caro @ Luca_AT vedo che ti sei già sentito con Matzke che sicuramente ha la visione più completa su questi denari di Asti. Io ti posso confermare che anche per Genova, che conosco meglio, è così: diversi dei denari delle prime emissioni genovesi sono ribattuti e quando possibile riconoscervi i conii sottostanti sembrano essere ribattuti su vecchi denari di Melgueil o di Lucca. Tuttavia almeno per i denari genovesi che ho visionato è molto difficile riconoscere bene quale tipo di esatto melgoriense o lucchese sia sottostante (senza contare i problemi di datazione assoluta che comunque anche queste altre emissioni possono presentare). Ne avevo già parlato nella discussione sui denari di Genova e in questo mese uscirà un mio nuovo contributo sulla monetazione genovese sui Quaderni NAC che accenna anche questo tema. Inoltre lo scorso anno al Convegno Internazionale di Numismatica a Taormina ho presentato un poster e poi scritto un paper proprio sulle ribattiture di monete medievali italiane, per le quali ho cominciato a fare un censimento sistematico da alcuni anni. Ti anticipo già che mentre per i denari e più in generale le monete piccole il fenomeno si ritrova più comunemente e in certi particolari periodi (ad esempio per Genova ed Asti, non a caso, in occasione delle prime emissioni per le quali con ogni evidenza si procede utilizzando tondelli di altre zecche già in possesso/ uso /circolazione, ed è per questo che possono curiosamente presentare anche dei pesi più variabili...), per i vari grossi il fenomeno è assai più raro. Tuttavia non bisogna mai smettere di cercare e di guardare: anche le ribattiture sulle monete piccole medievali che fino a quache anno or sono sembravano poche, ad una attenta osservazione dei pezzi si sono moltiplicate. Un caro saluto e a presto MB P.S. Posso includere il pezzo che hai postato tra le mie schedature di monete ribattute e in caso citarlo, ovviamente ri-contattandoti specificamente e previamente ?
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  39. I discorso dei suberati è sempre molto complesso. Non sempre vale il principio di Crawford per il quale il suberato è praticamente sempre un falso d'epoca. Dipende molto dal contesto storico e dal tipo di monetazione. La maggior parte dei suberati si discosta, come conii, dall'emissione ufficiale, per cui in questo caso è facile parlare di falsi d'epoca. Ma talvolta possono essere falsi più moderni.... Ad esempio il suberato di Bruto con EID MAR, che figura per primo post, è noto in unico esemplare e potrebbe anche essere antico. Ma esiste anche un gruppo di suberati tratti da una stessa coppia di conii che mi è noto con ben 7 esemplari, che sono un pò tantini e tutti rigorosamente suberati, con perdita di parte dell'argento superficiale soprattutto sui rilievi come la testa di Bruto e il berretto della libertà... Questi suberati sono noti fin dal XIX secolo, ma non ho elementi per sospettare una produzione ottocentesca. Nel caso del suberato di Cornuficio, nel post # 4, debbo dire che nella sua breve produzione, procedendo nella sequenza dei conii, ho notato che a un certo momento aumentano i suberati, che in questo caso sembrano essere prodotti dalla zecca ufficiale, a Utica (in Africa Vetus), a seguito forse delle crescenti difficoltà economiche di Cornuficio, che era governatore dell'Africa Vetus. Il conio del diritto, che corrisponde al mio O9 in uno studio di prossima pubblicazione, è l'ultimo ad essere usato nella sequenza e ha sempre prodotto suberati. Il conio del rovescio, R12, è stato usato sia in denari suberati (sempre con O9, come ad esempio in un esemplare di Torino), ma anche in denari di buon argento coniati poco prima (abbinati con diritto O7), come si può vedere dal seguente confronto: (O9 - coll. privata USA) (O9 - Torino) (R12 - coll. privata USA) (R12 - Torino) (R12 - NAC 93, 432)
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  40. LE ARGENTIERE DI GROMO E LA MONETAZIONE COMUNALE BERGAMASCA (estratto da una mia conferenza) Questa mia breve esposizione sulle miniere e sulle monete medioevali bergamasche non è volutamente di carattere specialistico; peraltro non sono un esperto di storia delle miniere, per la quale faccio riferimento al lavoro di Gianni Barachetti “Possedimenti del vescovo di Bergamo nella valle di Ardesio”, ma piuttosto un appassionato collezionista delle nostre monete. Cercherò sostanzialmente di inquadrare il periodo storico che lega l’attività mineraria a quella della zecca di Bergamo e di illustrare brevemente le monete. Nel corso dell’XI secolo il potere dei conti, che sono al vertice dell’autorità locale dall’avvento dei carolingi, va sempre più sminuendosi a favore dei vescovi che, spesso in contrasto con il Papato, godono invece del sostegno degli imperatori: già Berengario I nel secolo precedente, poi Ottone II e Enrico II conferiscono ai vescovi di Bergamo dapprima giurisdizione sulla città, poi via via sul territorio circostante fino ai contadi più lontani. Nel 1026 inizia il governo vescovile anche nella valle di Ardesio; nel 1077 è eletto vescovo di Bergamo Arnolfo, filo imperiale e scismatico – sarà più tardi scomunicato – e con lui l’Episcopato, che già gode di diritti di regalìa sui territori della valle, acquista anche quelli sulle miniere di argento. Il primo documento che dà notizia certa sull’esistenza delle argentiere è un atto del dicembre 1077 con il quale un prestanome acquista, per ordine e con il denaro del vescovo, ogni diritto sulle vene di argento possedute nella valle di Ardesio da Otta, vedova del conte Alberico da Martinengo. Dopo un periodo di controversie tra i vescovi che si succedono e gli abitanti della valle; nel 1079 si arriva a una transazione che, legittimando una situazione ormai esistente di fatto, riconosce molti dei diritti conquistati nel tempo dai valligiani; ai loro consoli è conferita la giurisdizione civile della valle, ed essi possono, tra l’altro, costruire fucine e fornelli per l’argento. La valle gode di ampia autonomia nei confronti del vescovo, ma anche nei confronti del nascente comune cittadino, che non ha ancora esteso la sua giurisdizione sul territorio. La decadenza dell’autorità ecclesiastica e imperiale che caratterizza l’ XI secolo determina il fatto che le città incomincino a darsi libere istituzioni: la struttura comunale si basa inizialmente su associazioni volontarie in cui il potere è nelle mani dell’aristocrazia maggiore e di quella minore, che, gravitando spesso intorno ai vescovi, era entrata a partecipare alla vita pubblica. Le famiglie più importanti, costituenti i valvassori e i cives, radunate nelle chiese e in presenza del popolo, discutono di bilancio, manutenzione, custodia, difesa, ed eleggono i rappresentanti ai Consigli di Credenza e Generale, organi supremi dell’amministrazione comunale dopo la decadenza del potere vescovile al quale si affiancavano in origine. Tornando alle vicende della valle, in questo periodo l’attività mineraria (argento, rame, piombo, ferro) costituisce il nerbo della sua economia; in un documento del 1217 viene indicata per la prima volta, seppure in modo vago, la collocazione geografica di una vena di argento: la vena “est in ripa Serii prope Grumo”. L’estrazione dell’argento viene appaltata a società alle quali chiunque lavori versa somme di denaro in funzione dei giorni lavorati e dei materiali utilizzati. Ci sono alcuni documenti al riguardo, ma di controversa interpretazione: sull’indicazione ad esempio di 15 giorni di lavoro, non è chiaro se questo è il tempo massimo consentito per l’estrazione, o il limite al di sopra del quale si diventi affittuari; e anche l’importo di 25 grossi da 4 denari versati periodicamente alla curia quali diritti di estrazione dalle società che lavorano nelle miniere di Gromo non è chiaro a che cosa esattamente si riferisca. I diritti sulle miniere continuano a essere rivendicati dal comune e dall’episcopato: quest’ultimo cerca di difendere il suo potere feudale in disgregazione, il comune di subentrare; i titolari delle imprese estrattive devono rispondere a due padroni e, nella confusa situazione giuridica, cercano ove possibile di sottrarsi a entrambi. Nel 1225 il vescovo si preoccupa ancora di acquistare diritti sulle miniere di argento e di rame che si trovano nel territorio di Gromo e nella valle, dal Ponte nuovo fino alla Scaluggia verso Bondione. Negli anni prossimi al 1230 si susseguono controversie tra il vescovo di Bergamo Giovanni e i comuni di Ardesio e Gromo; quest’ultimo era stato concesso in feudo nel 1226 da Federico II alla famiglia Ginami. Ma in questo periodo vanno maturando importanti avvenimenti: la politica del comune, che nel frattempo ha accresciuto la propria autorità, mira ad avocare a sé la produzione dell’argento per dare avvio all’attività di una zecca cittadina. Contro i capitoli minerari contenuti nello statuto di Bergamo, il vescovo chiede l’intervento papale, che però non avrà successo: il podestà fatto eleggere dal papa viene cacciato dopo che i Rivola e i Suardi, a capo rispettivamente dei partiti guelfo e ghibellino, dopo un lungo periodo di lotte e violenze si accordano e, nel 1230, eleggono a podestà Rubaconte da Mandello, che a sua volta fa promulgare dei capitoli minerari volti al potenziamento della zecca e lesivi dei diritti vescovili. Riguardo all’argento e al rame prodotti in Ardesio e Gromo, i capitoli minerari prevedono che “tutti i metalli del territorio debbono essere portati nella città di Bergamo”, con pene e multe per chi non osservi tale disposizione o “affini o faccia affinare argento fuori dai suburbi della città, ad affinatori che abitino fuori Bergamo, specialmente nell’alta valle Seriana”. Viene ordinato che ogni raffineria allocata in provincia sia distrutta entro 8 giorni dalla promulgazione dello statuto, e i consoli di Ardesio e Gromo vengono vincolati sotto giuramento a far osservare tale disposizione. Gli interventi vescovili e papali contro questi capitoli minerari cadono nel vuoto, tanto che essi ricompaiono nello “Statuto vecchio” della città di Bergamo del 1236: i paragrafi dal 16 al 21 riguardano la legislazione mineraria, e il decimo recita: “Item statuimus et ordinamus quod moneta fiat in civitate Pergami bona et bella et legalis pro communi Pergami”. Che già gli ordinamenti minerari di Rubaconte da Mandello fossero in relazione con l’intenzione di avviare una zecca lo fa pensare il fatto che essi riguardano solo i metalli da coniazione (argento, rame) ed escludano invece il ferro. Nel 1238 gli Annales Placentini Gibellini riferiscono: “Pergamaschi fecerunt monetam novam quae dicitur Pergaminus”. Il periodo di massima floridezza economica del comune di Bergamo, che coincide con quello di attività della zecca, non lo è invece per gli abitanti delle valli: mentre il governo dei vescovi, sostanzialmente limitato all’ambito della città, pur vantando diritti di regalìa sull’estrazione dell’argento, lasciava ampia libertà al contado, il comune fa sentire con più vigore la sua autorità: le valli perdono i loro privilegi e vengono sempre più coinvolte nelle vicende della città. Dopo la chiusura della zecca nel 1302, l’estrazione dell’argento è abbandonata all’iniziativa privata, e la Repubblica di Venezia, che nel 1428 subentra nel territorio, segna il declino di questa attività non più redditizia. Nel 1596 il capitano del popolo Zanne da Lezze, nella sua relazione al senato veneto, parla per Ardesio di sole miniere e officine per il ferro. Nel 1666, poi, una violenta alluvione si abbatte su Gromo e le argentiere, da tempo abbandonate, vengono invase dal fango e distrutte.
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  41. Altro che dracme siracusane, qua sono proprio drammi siracusani!
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  42. Con le parole di Stefano Pronti, ex direttore dei Musei di Palazzo Farnese di Piacenza, vorrei segnalare la recente e improvvisa scomparsa di Giuseppe Crocicchio (Nakona): " Vorrei rendere omaggio a Giuseppe Crocicchio, rievocando la collaborazione intensa e preziosa avuta con lui. Egli ha avuto molti meriti per la promozione della cultura storica e numismatica, organizzando i memorabili incontri di antiquariato all’Ente Fiere dagli anni Ottanta, che attrassero a Piacenza centinaia di collezionisti e migliaia di acquirenti, preparando annulli posta per eventi notevoli, aprendo mondi conosciuti insieme a Giorgio Fusconi, altro grande esperto numismatico. Ma per quanto riguarda le istituzioni è degno di ricevere gli onori propriamente attribuiti a un cittadino illustre, che ha dato il massimo alla sua patria, nel suo caso adottiva, Piacenza. Il massimo contributo è stata la schedatura del fondo numismatico comunale di oltre 12.000 monete e medaglie fotografate, pesate, misurate e descritte una per una alla presenza fattiva di un custode e di un dirigente dei Musei Civici nella metà degli anni Ottanta: settimana per settimana con santa pazienza si procedeva a estrarre e a inserire in nuovi contenitori la vasta collezione civica, dormiente da decenni, dimenticata, sottoposta a possibile parziale dispersione per mancanza di un inventario vincolante. Dopo questo lavoro certosinico si organizzarono tre importanti mostre che illuminarono Piacenza di fronte alla grandi collezioni italiane: le Monete dei Farnese, le Monete d’oro, la Zecca di Piacenza in età comunale, che evidenziarono alcune peculiarità e alcune scoperte molto utili alla storia maggiore. Vi fu per anni un grande fervore verso il microcosmo del conio che si presentava anche come un documento iconografico e politico delle diverse età. Seguì la donazione ai Musei dei venti volumi del Corpus Nummorum Italicorum da parte di Gian Paolo Pagani, sontuosi, unici e introvabili. Seguirono poi altri studi di Giuseppe con l’amico Giorgio sulla circolazione monetaria nelle varie epoche, tra i quali la summa è il volume Zecche e monete a Piacenza dall’età romana al XIX secolo. Di fronte a questi grandi progetti accettava sempre la sfida con un sorriso pieno di ottimismo, con un fare rispettoso e discreto, umile ma signorile in ogni circostanza, sia nella fase operativa, sia nella presentazione dei risultati. Aveva un talento naturale molto ben coltivato: sapeva giudicare a vista la collocazione storico-geografica di un pezzo numismatico, la sua autenticità e la sua rarità o meno, cioè il suo valore storico e venale, riservandosi sempre di certificare con una mirata ricerca a sostegno della sua intuizione, che poi si rivelava esatta. Maneggiava il computer con abilità insospettabili, arrivava nei siti più specializzati e decisivi per le cognizioni specifiche; nella sua ariosa casa di Trevozzo teneva testimonianze di antiquariato che incuriosivano, ma tutto il suo piacere era spaziare nel sapere numismatico nella rete e nei repertori. Imbattibile. Se ne è andato all’improvviso, senza disturbare nessuno, senza fare rumore, accompagnato da Vittorina e dagli intimi. Onore a Giuseppe, per tutto quello che ha dato e senza mai nulla chiedere in cambio. Stefano Pronti "
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  43. Ma scusami un attimo Francesco, ma secondo te visto che mi conosci da tempo ti pare che io possa mai attribuire l'autenticità di una medaglia palesemente falsa... Evidentemente non hai ben compreso il senso della mia frase... Volgi alla mente ciò che ti paleso... Ciao Carissimo.
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  44. Ciao Giovanni sarà per la prossima volta .... ti mettiamo come "territorio di confine", insieme a sixtus78, con i papalisti .... Da sinistra in basso: Io Federico (mfalier) Alessio (Ross14) Amico di Alessio (mi sfugge il nome ) Artur (Arka) Costantino (non è sul forum ma è il Presidente del Circolo Monticello Conte Otto) Di fronte a lui e poi a scendere Prof. Saccocci (Andreas) Marco (DOGE82) Fidanzata di Giacomo Giacomo (oldgold) Fabrizio (fabry61) Luigi (gigetto13) in piedi Alessandro (chievolan) Mancavano, assenti giustificati: Chiara (Tuscia35) Andrea (ak72) saluti luciano
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  45. Quoto i 2 messaggi per confermare che è la variante stelle grandi! Adesso la inserisco anche nella discussione dedicata a queste monete così ritorna nelle prime posizioni, visto che ho scoperto l'esistenza solo oggi.
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  46. L'articolo di Riccardo Martina sembra interessante; sono curioso di leggerlo.
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  47. Immagino, ma aspettiamo cosa dicono i menzionati Ciao @VALTERI! Mi sa che non sei il solo che sta aspettando una risposta meno "arcana"... Si è scritto tanto di "cose ovvie, lampanti" , "lo vedono tutti" e "pistole fumanti". Io sono ancora al punto di partenza! Aspetto con Valteri un raggio di luce. Servus Njk
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  48. Chi conosce il mercato sa che un pezzo vale tanto. Ci saranno meno commercianti che dicono, eh beh, questo è il prezzo del catalogo. Ci saranno più bagarini e venditori privati che dicono, eh, non è fdc, il prezzo del catalogo è .... Il punto sta, secondo me, che se vuoi prendere un pezzo devi conoscerlo, questo non vuol dire solo come rilievi, bontà, lustro, campi ecc ma devi conoscerne il mercato e il numero dei passaggi. Se vuoi comprare 2000 euro di moneta, che per un cappellone fdc vero non bastano, te ne freghi cosa vedi scritto nel catalogo, perché sia tu che il commerciante sapete di cosa parlate. In altro caso, vedo complesso e molto difficile che si compri un oggetto che non si capisce. I commercianti avranno grane per spiegare ai collezionisti che un pezzo vale tot r non tot, secondo me, solo a chi non conosce il pezzo è quindi non lo comprerebbe [emoji5] Mia pura idea personale eh
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  49. Alla luce di alcuni episodi recenti, a nome dello Staff di Lamoneta, invito tutti gli utenti all'automoderazione nell'utilizzo del forum tutto, e di questa sezione "Agorà" in modo particolare.... Il buon senso di ciascuno di noi deve arrivare, anche dove non si spinge nel dettaglio il REGOLAMENTO, a capire che determinati argomenti (extra-numismatici in particolare), possano risultare del tutto fuori luogo, di cattivo gusto, oppure offensivi della sensibilità di altri utenti. Pertanto, al fine di evitare spiacevoli degenerazioni, lo Staff si riserva in ogni caso, anche in assenza di violazioni esplicite del regolamento, la possibilità di modificare, sospendere o rimuovere messaggi o parti di messaggi che consideri in contrasto con le politiche, gli obiettivi e le finalità del forum. Confidiamo nella collaborazione di tutti gli utenti. Lo Staff di Lamoneta.
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