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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 10/30/16 in tutte le aree
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Io ho partecipato alla conferenza di Reggio Emilia il giovedì 27, ma a causa di motivi familiari non sono riuscito ad essere presente anche questo sabato a Brescello e mi scuso vivamente con quanti hanno sperato di salutarmi e conoscermi... In ogni caso ritengo utile e corretto per chi non è potuto venire alle conferenze riportare le diapositive e il sommario degli interventi che abbiamo riferito sia io sia l'ottimo amico e coautore Giovanni Santelli a Reggio Emilia, con interventi del moderatore prof. Macellari. Come dice il titolo, il libro tratta sia della storia sia delle monete coniate a nome dell’imperatore romano Marco Salvio Otone. Incominciamo dalla storia, cosa ci raccontate a questo proposito? Le notizie sulla vita dell’imperatore sono tratte, ovviamente, dalle fonti storiche, tra cui primeggia Vite dei Cesari di Svetonio che, per questo imperatore, si è avvalso di una fonte privilegiata, suo padre, che faceva parte dell’esercito di Otone e aveva vissuto in prima persona l’epilogo della vicenda, come amava raccontare spesso al figlio, così che i fatti ne risultano particolarmente vivi e arricchiti da dettagli interessanti e, qualche volta, anche da pettegoli, come la notizia del parrucchino che Otone portava abitualmente, come del resto si nota agevolmente sulle monete. La carriera politica di Otone si avvantaggiò indubbiamente del fatto che egli faceva parte della ristretta cerchia degli intimi di Nerone, imperatore dal 54 al 68. Lui e Nerone erano talmente intimi che ebbero in comune anche una moglie, la celebre Poppea che Otone sposò nel 58, dopo averla fatta divorziare da Rufino Crispino, cui aveva dato anche un figlio. Quasi subito, però, Otone la cedette o la dovette cedere a Nerone, su questo aspetto le fonti non sono concordi. In cambio ottenne, comunque, il governatorato della Lusitania, l’attuale Portogallo, anche se non aveva alcun titolo per ricoprire una carica così alta. Otone rimase in Lusitania per 10 anni, fino alla morte di Nerone, avvenuta nel 68. Sembra che abbia governato bene la provincia che, comunque, gli servì per accumulare le risorse finanziarie indispensabili per la scalata al trono imperiale. Nel giugno del 68 Nerone fu deposto dalla carica imperiale e sostituito da Galba che aveva l’appoggio sia del senato, sia dei Pretoriani. Come si comportò Otone in quell’occasione? Nonostante la sua antica amicizia con Nerone, Otone appoggiò subito Galba, arruolò truppe in tutta la penisola iberica e le portò a Roma a disposizione del nuovo imperatore, evidentemente contando di succedergli alla sua morte, visto che Galba aveva già 73 anni e, ragionevolmente, non aveva più molto da campare. A differenza di Galba, però, Otone aveva ben capito che gli arbitri del potere imperiale erano i pretoriani, perciò, appena giunto a Roma, iniziò subito a ingraziarseli con cospicue elargizioni di denaro. Quando, il 10 gennaio del 69 Galba commise l’errore di nominare come suo successore Lucio Calpurnio Pisone, Otone ruppe gli indugi e corruppe i pretoriani. Cinque giorni dopo vennero uccisi sia Galba sia Pisone e Otone fu proclamato imperatore. La proclamazione a imperatore fu convalidata dal senato e accettata dai quattro quinti dell’esercito romano, infatti solo le truppe schierate nelle province occidentali gli furono ostili. In particolare le legioni di stanza nelle due Germanie e le tre di Britannia già ai primi di gennaio proclamarono imperatore Aulo Vitellio che si mosse con le sue truppe verso l’Italia e Roma per impadronirsi del potere. Otone, a sua volta, dopo aver inutilmente tentato una composizione amichevole, marciò con il suo esercito per intercettarlo. Lo scontro avvenne vicino a Cremona, a Bedriaco, dove gli otoniati ebbero la peggio e lasciarono sul campo 40.000 uomini. Da una parte, quindi, c’era l’esercito di Vitellio che, passate le Alpi, scendeva verso Roma, mentre dall’altra c’era quello di Otone che fronteggiò l’avversario a Bedriaco, vicino a Cremona, dove fu gravemente sconfitto. Come mai Brescello, che si trova ben distante da Cremona, fu coinvolto in questa vicenda? Questo è stato, probabilmente, il grosso errore di Otone che causò la sconfitta di Bedriaco. Durante tutto il viaggio da Roma egli aveva marciato con l’esercito, come un soldato qualsiasi. Giunto nei pressi di Cremona, tenne un consiglio di guerra per decidere la strategia da adottare. Durante il consiglio emersero gravi divergenze fra i suoi generali: alcuni avrebbero voluto temporeggiare per dar tempo di arrivare ai potenti rinforzi che stavano giungendo dall’Oriente, altri, invece, erano del parere di attaccare subito. Alla fine Otone decise di allontanarsi dal suo esercito principale per non intralciare le decisioni dei suoi generali e di ritirarsi a Brescello. Così facendo, però, l’Imperatore privò le sue truppe non solo dell’indispensabile coordinamento, ma anche di un elevato numero di soldati che portò con sé a Brescello come sua scorta personale. Mi sembra chiaro il motivo per cui Otone si allontanò dal suo esercito principale, ma perché, fra le varie alternative possibili, scelse proprio Brescello? È ben noto l’importanza che aveva, nell’antichità, la posizione geografica di Brescello che consentiva di controllare non solo un punto di attraversamento del Po, ma anche l’accesso alle valli dell’Enza e del Parma, che allora era un affluente dell’Enza. La sua posizione strategica indubbiamente fu il motivo della fortuna di Brescello nell’antichità, a partire dall’epoca etrusca fino a tutta l’epoca romana, ma divenne poi il principale motivo delle sue disgrazie, quando fu oggetto di numerosi tentativi di conquista che portarono più volte alla sua distruzione. La sua posizione, quindi, concorse senz’altro alla decisione di Otone che, però, lo scelse anche perché, a quei tempi, Brescello era la città più importante della zona, probabilmente l’unica in grado di offrire un conveniente alloggio alla sua corte e al suo seguito, composto anche da numerosi senatori, con i rispettivi seguiti. L’importanza di Brescello in quel periodo è confermata dalle evidenze archeologiche, come i mosaici delle diapositive precedenti, o come il monumento funebre dei Concordi che vediamo nella diapositiva e che merita alcune considerazioni. Si tratta del più grande e più bel monumento funebre di epoca romana pervenutoci in Italia Settentrionale ed è databile con sicurezza al tempo di Nerone grazie alle pettinature delle donne del medaglione, molto simili a quelle di Giulia Agrippina, madre di Nerone, e di Statilia Messalina, la sua ultima moglie. Il monumento fu rinvenuto casualmente nel 1929 durante i lavori di scavo del canale Fiuma, in via Goleto a Boretto. Da allora giace negletto e incustodito nel Parco del Popolo a qualche centinaio di metri da dove ci troviamo adesso. Ci sembrano evidenti i motivi che, a quel tempo, avevano portato a questa collocazione, ma le esigenze dell’Italia imperiale fascista, che il monumento imperiale romano era chiamato a propagandare, sono tramontate da un pezzo e credo che ora il monumento dovrebbe trovare una più degna collocazione tra le mura di un museo. Personalmente non oso pensare al Museo Archeologico di Brescello, perché ciò scatenerebbe la guerra tra Brescello e Boretto, ma il Museo Archeologico di Reggio, che fin dalla fondazione custodisce numerosi reperti brescellesi, mi pare abbia tutte le carte in regola per ospitarlo. Nel frattempo il monumento ha già subito varie mutilazioni, come è facile rilevare confrontando lo stato attuale con le fotografie d’epoca e con i calchi fatti nel 1929. Nella diapositiva, ad esempio, si nota agevolmente quanto siano stati danneggiati i nasi dei due personaggi maschili e il fascio a sinistra. Cosa successe quando Otone giunse a Brescello con il suo seguito e le truppe che lo scortavano? Giunto a Brescello, Otone si sistemò nella villa di uno degli ottimati locali, non si sa esattamente dove. Dopo qualche giorno arrivò la ferale notizia della sconfitta di Bedriaco e l’imperatore decise subito di suicidarsi. Si accomiatò da parenti e amici, quindi si ritirò nella sua stanza lasciando la porta aperta. Si dice che abbia dormito tutta la notte, ma all’alba, appena sveglio, si suicidò gettandosi su una lama. Era il 17 aprile del 69 e aveva 37 anni. Una delle tante illustrazioni del libro è il disegno che rappresenta la lapide sepolcrale di una certa Velleia Afrodisia. Chi era e cos’ha avuto a che fare con Otone? Secondo una tradizione letteraria, documentata già all’inizio del XVIII secolo nell’ambiente dell’Accademia dell’Arcadia, e giunta ben viva fino a noi, infatti ne parla anche monsignor Mori in Brescello nei suoi ventisei secoli di storia, Velleia Afrodisia sarebbe stata l’amante di Otone che, affranta dal dolore, si sarebbe suicidata gettandosi sulla pira funebre dell’amato. In effetti la lapide di Velleia Afrodisia fu rinvenuta dall’abate Carlo Talenti, che la inserì nel suo manoscritto Compendio Istorico per Brescello del 1736. Il ritrovamento della lapide fu considerato, dallo stesso Talenti e da diversi altri, la prova incontestabile della veridicità della tradizione. Altri, invece, come il Mori, hanno ritenuto che il tenore della lapide, evidentemente dettata da un marito sconsolato, fosse troppo affettuoso per una moglie morta suicida sulla pira dell’amante, fosse pure l’imperatore. È da rilevare, poi, che le fonti storiche, pur particolarmente ricche di notizie sulla morte di Otone, non fanno il minimo accenno a questo evento. Particolarmente probante, a questo proposito, il silenzio di Svetonio, che ci ha tramandato dettagli ben più marginali su questo imperatore, come, ad esempio, il fatto che portava il parrucchino. Svetonio scrive del suicidio solidale di diversi soldati, ma non accenna a nessuna donna. C’è infine da ricordare che gli studiosi moderni hanno datato questa lapide a circa un secolo dopo il suicidio di Otone, quindi, sicuramente, Velleia Afrodisia in vita non ha mai avuto nulla a che fare con l’imperatore. Si sa dove fu sepolto Otone? Le fonti storiche raccontano che l’imperatore fu sepolto a Brescello dentro un modesto mausoleo che portava il suo nome e che non è giunto fino a noi. Secondo il cronista modenese Spaccini, il mausoleo fu abbattuto dal marchese Cornelio Bentivoglio che ne utilizzò i materiali per la costruzione, avvenuta tra il 1568 e il 1580, del suo palazzo di Gualtieri che vediamo nella diapositiva. La leggenda di Velleia Afrodisia ci offre uno spunto per la sua localizzazione. Ci sembra probabile che la leggenda di Velleia Afrodisia debba la sua origine dall’ultimo gesto d’amore di un marito affranto dal dolore. Prematuramente privato della sua rarissima consorte, Lucio Sabino ha voluto conferirle l’estremo onore, dandole sepoltura nel posto più prestigioso che esisteva a Brescello, che, ovviamente, non poteva essere che quello posto nelle immediate vicinanze del mausoleo imperiale. Dopo molto tempo, certamente dopo che la memoria di Velleia Afrodisia si era persa, qualche ignoto osservatore, drammaturgo, poeta o cantastorie che fosse, è rimasto colpito dalla vicinanza della tomba della donna con quella dell’imperatore, e ciò è stato probabilmente sufficiente per dar vita al mito. È impossibile, infatti, che il leggendario accostamento di Afrodisia a Otone sia stato casuale, visto che la donna è esistita veramente a Brescello, come documenta la sua lapide sepolcrale. Qualcuno quindi, in un qualche momento, deve aver visto i nomi dei due defunti uno vicino all’altro e ciò, ovviamente, deve essere avvenuto prima che il mausoleo venisse abbattuto nella seconda metà del XVI secolo. Sappiamo che la lapide di Velleia Afrodisia fu rinvenuta nella zona delimitata nella diapositiva dal rettangolo rosso, probabilmente non molto distante dall’asterisco giallo, che è il luogo in cui fu rinvenuto il famoso tesoro di Brescello del 1713. Lì vicino dovrebbe essere stato sepolto anche l’imperatore Otone. A proposito del grande tesoro di Brescello, condividete l’ipotesi, avanzata da alcuni, che tutto quell’oro fosse il tesoro di Otone? No, a nostro parere l’ipotesi è sicuramente da escludere e per diversi motivi, ne dico alcuni. Prima di tutto gli aurei del tesoro sono stati tutti coniati in un periodo molto ristretto: dal 46 al 38 a.C. e ciò fa ritenere che il momento dell’interramento sia stato molto a ridosso di questo periodo e, perciò, circa un secolo prima della venuta di Otone a Brescello. C’è poi da tenere presente che Otone ha coniato a suo nome aurei che avevano un peso inferiore del 10% rispetto a quelli del tesoro di Brescello. È evidente che, se il tesoro fosse stato suo l’avrebbe subito fatto riconiare con i suoi tipi, perché, così facendo, avrebbe guadagnato ben 8.000 aurei, che non era una cifra da poco neppure per un imperatore. Poiché il tesoro di Brescello conteneva monete coniate da molti eserciti che stavano combattendosi l’un l’altro ai tempi del II triumvirato, conteneva, infatti, le monete coniate dagli eserciti di Ottaviano, Antonio, Bruto, e Cassio, l’ipotesi più probabile è che il proprietario fosse un ricco commerciante di indumenti di lana, che aveva accumulato il suo tesoro vendendo mantelli e tuniche ai vari eserciti. In questo libro, perciò, non si parla del grande tesoro di Brescello che, invece, abbiamo pubblicato in un apposito libro di due anni fa. Abbiamo visto che Otone è stato imperatore per tre mesi, in questo brevissimo periodo, ha coniato molte monete? Le monete a nome di Otone sono state emesse a Roma e in Oriente in quattro zecche provinciali: Locri Opus (in Achea), Mallus (in Cilicia), Antiochia (in Siria) e Alessandria (in Egitto). Quella di Roma, ovviamente, è la monetazione “ufficiale” e sfoggia un ritratto dell’imperatore solitamente ben curato. Le emissioni provinciali, invece, sono state volute dalle varie autorità locali: magistrati, legati e senati cittadini. A Roma sono state coniate solo monete d’oro, gli aurei, e d’argento, i denari, solitamente in coppia, mentre non è stata battuta nessuna moneta di bronzo e, perciò, quelle esistenti in bronzo sono tutte false. La prima emissione a nome di Otone fu quasi sicuramente quella con il tipo Victoria Othonis, con il globo che vediamo nella diapositiva. Seguirono altri 14 tipi, contraddistinti da varie divinità: Victoria, Pax, Securitas, Aequitas, Ceres, Giove e Vesta. Può sembrare incredibile, visto il brevissimo periodo di governo, ma recenti studi hanno dimostrato che per coniare l’oro e l’argento di Otone sono stati utilizzati ben 521 coni di diritto e 639 di rovescio. Ciò nonostante non ci è pervenuto un elevato numero di monete e, di conseguenza, le monete di Otone vengono sempre considerate rare e, frequentemente, gli aurei raggiungono in asta quotazioni dell’ordine delle decine di migliaia di euro. È curioso rilevare come in diversi coni, come ad esempio nei quattro della diapositiva, si noti molto bene la presenza del famoso parrucchino dell’imperatore di cui ci fa fede lo storico Svetonio. Per la sola zecca di Roma abbiamo catalogato 25 serie di monete, serie che diventano 57 aggiungendo quelle emesse nelle varie province. A differenza di Roma, le province non coniarono l’oro, ma solo argento e bronzo, di cui vediamo due esempi, uno di valore ignoto della zecca di Mallus in Cilicia e un diobolo della zecca di Alessandria d’Egitto. In questa diapositiva vediamo, invece, un tetradramma in argento coniato ad Antiochia in Siria e un altro tetradramma, ma questa volta in mistura, coniato ad Alessandria d’Egitto. Ricordo che la mistura era una lega a cui l’argento partecipava con un titolo inferiore al 500 per 1000. È facile notare come le immagini dell’imperatore che appaiono nella monetazione provinciale non assomiglino minimamente a quelle della monetazione romana. Evidentemente le province avevano iniziato subito a coniare a suo nome, prima ancora di conoscere il suo aspetto fisico. Normalmente le zecche periferiche ricevevano da Roma un busto dell’imperatore da cui ricavare i giusti lineamenti da riportare sulle proprie monete. E’ ovvio che nel caso di Otone non c’erano stati tempi tecnici per conoscere il suo aspetto fisico. Un capitolo del libro è intitolato “Falsificazioni bronzi romani (incluso gruppo Cavino)”, di cosa si tratta? Come ho precedentemente accennato la zecca di Roma non ha coniato nessun bronzo per Otone e, perciò, tutti i sesterzi, gli assi e i dupondi pervenutici per questo imperatore sono falsi. Le più famose falsificazioni furono effettuate da Giovanni da Cavino (Padova, 1500 – ivi, 1570), che fu anche insigne medaglista e fu soprannominato il Padovano, per cui i suoi falsi sono chiamati anche padovanini. Egli creò soprattutto sesterzi, ma sono noti anche rari dupondi (a sinistra nella diapositiva) e assi “di fantasia”, che però sembrano essere opera di un falsario posteriore. È noto anche il falso medaglione che si vede nella diapositiva, anche questo forse opera di Giovanni da Cavino. La didascalia del rovescio ci permette di sapere che la donna che vi è ritratta vuole rappresentare Albia Terentia, la madre di Otone. Diversi di questi bronzi vantano una notevole accuratezza di esecuzione e non di rado raggiungono in asta quotazione di tutto rispetto, ovviamente non come monete di Otone, ma come medaglistica rinascimentale. Oltre ai bronzi, esistono anche aurei e denari falsi? Sono noti diversi aurei di Otone che sono riconosciuti essere moderne falsificazioni. Alcuni sono stati prodotti almeno nel XIX secolo e sono confluiti in alcuni medaglieri pubblici e un esemplare è stato perfino catalogato nel RIC, ma ne esistono anche di modernissimi fatti per imbrogliare i collezionisti, come nel caso che vediamo a destra nella diapositiva che è una modesta e tipica riproduzione bulgara (di un certo Lipanoff) ottenuta con pressa. Questo esemplare ha anche il peso incoerente. Per quanto riguarda i denari sono molto numerose le loro falsificazioni effettuate sia nell’Ottocento sia, soprattutto, in epoca recente e prevalentemente per mano bulgara. Esistono anche denari suberati creati in epoca moderna. Ricordo che le monete suberate sono monete con l’anima di bronzo rivestita da una pellicola d’argento. Com’è noto esistono numerosi tipi di denari suberati autentici, ma non per Otone. Il libro si conclude con alcune note dedicate alle contromarche e alle curiosità numismatiche, di cosa si tratta? Per quanto riguarda le contromarche abbiamo catalogato sia le contromarche a nome di Otone applicate su monete di bronzo di altri imperatori, un esempio lo vediamo nella diapositiva in basso, sia le contromarche di altre autorità applicate su monete emesse a nome di Otone, ne vediamo un esempio nella diapositiva in alto. Ci siamo occupati anche del denario che si vede nella diapositiva che ha la peculiarità di avere su un lato la testa in rilievo come tutti gli altri denari e sull’altro lato sempre la stessa testa, ma in incuso, ossia “scavata”. Questo dei cosiddetti denari incusi è un fenomeno già noto ma estremamente raro perché è il frutto di un errore in sede di conio e, perciò, merita di essere ricordato. La moneta veniva normalmente coniata al diritto con il conio d’incudine e al rovescio con il conio di martello. Per coniare, un inserviente appoggiava sul conio d’incudine un tondello d’argento ben caldo. Il battitore ci appoggiava sopra il conio di martello e dava una buona martellata; dopo di che la moneta così coniata veniva tolta dai coni e messa a raffreddare. Qualche rarissima volta la moneta non si staccava e restava attaccata al conio di martello che così presentava non il consueto rovescio in incuso, ma il diritto della moneta in rilievo che, battuta su un nuovo tondello caldo, imprimeva, ovviamente, il diritto in incuso. Quello della diapositiva è l’unico denario incuso che si conosca per Otone ed è stato battuto in un’asta del 2003. * * * * * Tengo a precisare che quanto sopra esposto copre solo una parte del libro, al quale si rimanda per conoscere maggiori dettagli e riferomenti. Ogni serie emessa da Otone, sia a Roma sia nelle zecche provinciali, è riordinata in corretta sequenza ed è illustrata sempre a colori (penso che già le diapositive rendono l'idea del nostro desiderio di curare al massimo la qualità delle immagine che ci sono nel libro). Chi è interessato al libro, può prendere accordi con l'editore (come si può evincere nel primo post).5 punti
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falso d'epoca : 50 centesimi 1863 valore Napoli. Vittorio Emanuele II3 punti
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Salve a tutti! Ho deciso di aprire una nuova discussione per non disturbare, ossia interferire con il corso di alcune interessanti discussioni all'interno di questa sezione e di non distogliere così l'attenzione dal loro scopo divulgativo. Spesso vedo che diversi utenti di questo forum spesso inciampano nella forma più palese di esibizionismo numismatico, dando parecchio rilievo e risalto alle monete in loro possesso e mettendo in secondo piano la descrizione tecnica, storica, artistica o, semplicemente, emozionale o contestuale alla discussione in cui vengono inserite. Vorrei sottolineare che solo quest'ultima modalità di presentare i nostri tondelli è la base della divulgazione, mentre la sola esposizione, spesso presentata in maniera alquanto barocca, di quello che si possiede ha la tendenza di appesantire le discussioni e nauseare i lettori. Non vorrei risultare troppo severo, spesso tutti cadiamo in qualche episodio di esibizionismo (a volte ben venga se contribuisce ad alzarci il morale...), tuttavia questo non deve poi diventare la regola. Vorrei mostrarvi un esempio di come un'ottima discussione può prendere la piega dell'esibizionismo: Credo che la maggior parte degli utenti di LaMoneta.it e soprattutto della sezione Monete Moderne abbia un debole per il collezionismo numismatico, quindi, se tutti iniziassero a mostrare senza limiti e contesto le proprie collezioni, tale sito si trasformerebbe in un ammasso di foto decontestualizzate, ossia in una gara continua di chi possiede la moneta meglio conservata o più rara. Spero, quindi, di non aver traumatizzato nessuno, tuttavia mi è sembrato necessario discutere di ciò. Grazie, attendo le vostre considerazioni!2 punti
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Rare volte e quasi sempre in circostanze casuali vengono dissotterrati antichi tesori di epoca romana , e’ questo il caso del tesoro di Kaiseraugst . Kaiseraugst è un odierno piccolo Comune del Cantone svizzero Argovia ; in epoca romana , dopo il 260 circa , fu sede di un importante fortezza militare di Legione e di unità ausiliarie romane , il cui nome latino era Castrum Rauracense . Augusta Raurica e’ oggi un importante e grande sito archeologico romano ubicato nel Nord della Svizzera , situato a quasi 20 km ad est di Basilea , che corrisponde all’ attuale piccolo Comune di Augst o Kaiseraugst . Augusta Raurica e’ la più antica colonia romana sul Reno , fu infatti fondata da Giulio Cesare in prossimita’ del Reno . Augusta Raurica venne fondata nel 44 a.C. da Lucio Munazio Planco , luogotenente di Giulio Cesare nel corso della guerra gallica , era situata in un territorio occupato da una locale tribù gallica chiamata Raurica . Solo al tempo di Augusto si consolido’ la conquista di tutta l’ area alpina e la primitiva colonia cesariana prese il nome di Colonia Paterna Pia Apollinaris Augusta Emerita Raurica , probabilmente per aver ospitato la Legione XV Apollinaris fondata da Giulio Cesare proprio in occasione della guerra gallica ,Legione nota fino al V secolo . Vespasiano e poi Domiziano partirono da qui per la conquista degli Agri Decumates , pericoloso cuneo territoriale germanico che si spingeva all’ interno della linea difensiva romana del Reno . Durante i primi due secoli dopo Cristo fu una colonia ricca e popolosa , capitale della locale Provincia romana . Gli Alemanni distrussero la Città nel corso della grande crisi del III secolo , circa nell’ anno 260 . Al tempo di Diocleziano venne qui rafforzata la frontiera germanica con la costruzione di un Ponte stabile fisso presidiato sulla sponda germanica da una testa di ponte fortificata in pietra , di forma quadrata di circa 45 metri per lato , la Colonia divenne il quartier generale della Legione I Martia , preposta anche alla difesa del Ponte . Successivamente nel tardo impero da qui’ partirono Legioni per le guerre civili e per le spedizioni punitive romane contro le incursioni delle tribu’ germaniche all’ interno del Limes . Sempre nel corso del tardo impero essa perse la sua primitiva importanza a favore del vicino insediamento celtico di Basilea , di cui non si conosce il primitivo nome , che diventera’ Castrum Rauracense ; gli abitanti sopravvissuti all’ invasione germanica degli Alemanni si posero sotto la protezione del Castrum Rauracense , un grande castello romano sito nella vicina Kaiseraugst e posto da ora in poi a difesa del Limes germanico tardo imperiale . Durante il medioevo , le grandi rovine in pietra del sito vennero utilizzate per nuove costruzioni . Gli scavi archeologici moderni hanno dissotterrato Templi , Taverne , Edifici pubblici , un Foro , un complesso di bagni termali e il più grande Anfiteatro romano a nord delle Alpi che disponeva di circa diecimila posti , da poco restaurato . Questa in breve la storia di Kaiseraugst e del Castrum Rauracense . Il tesoro di Kaiseraugst fa parte dei pochissimi grandi tesori europei dell’ antichita’ romana comprendente opere di : oreficeria , oggetti personali , uso quotidiano ed anche di monete , rinvenuto praticamente intatto ; questo tesoro e’ paragonabile soltanto a quelli rinvenuti in altre localita’ europee , tipo quello di Mildenhall in Britannia , quello del Colle Esquilino a Roma , quello di Cartagine ed ai numerosi rinvenuti in Dacia : di Persinari , di Sarmasag , di Hinova , di Radeni , di Stancesti , di Cucuteni , di Agighiol , di Craiova , di Perutu , di Surcea , di Sarmizegetusa , di Sancraieni e di altre localita’ della Romania , a dimostrazione della ricchezza mineraria e personale della Provincia dacica . Il tesoro di Kaiseraugst e’ pero’ quello forse di maggior pregio artistico e secondo per peso complessivo , infatti il tesoro di Treviri trovato nel XVII secolo , purtroppo subito fuso , pesava in totale 114 Kg. , quello di Kaiseraugst 37 Kg. e quello di Mildenhall 26 Kg. , mentre di quello trovato a Cartagine non si conosce il peso , ma sicuramente dell’ ordine dei chilogrammi . Il rinvenimento del tesoro di Kaiseraugst avvenne dopo il Natale del Dicembre del 1961 mentre si eseguivano dei lavori stradali tramite una ruspa alle spalle di un edificio scolastico che corrispondeva come posizione ad uno dei lati lunghi del Castrum in prossimita’ dell’ angolo con il lato corto dell’ antico castello della fortezza romana ; nello scavare l’ antico tratto stradale romano ancora in uso dopo secoli , duro e compatto , ad un certo punto l’ addetto alla ruspa si accorse che in un punto della strada , la resistenza della strada romana era stranamente cedevole e penso’ che sotto dovesse esserci una buca . L' operatore addetto alla ruspa naturalmente non si rese conto di cosa stava per uscire da quella buca e continuando a scavare , la ruspa tiro’ fuori una grande “latta” che fini’ nel mucchio di terra accumulata nel bordo della strada ; poco tempo dopo nel sistemare la terra accumulata si ritrovo’ quella “latta” di forma rotonda che ad un successivo esame si rivelo’ essere argento ; si torno’ cosi’ sul luogo del ritrovamento dove venne rinvenuto tutto il tesoro che era composto principalmente da un ricchissimo e completo servizio da tavola , da tre lingotti d’ argento con impresso l’ immagine e la legenda di Magnenzio , piu’ 186 monete e 17 medaglioni , tutti in argento ; tutto il tesoro aveva un peso di circa 37 Kg. , da analisi metallografiche risulto’ che l’ argento aveva una purezza del 97% ( l’ odierna arriva al 99,9% ) mentre il rimanente 3% era composto da 2% di rame , 0,7% di oro e 0,3% di piombo , a dimostrazione di quale alto livello era la metallurgia e raffinazione dei metalli preziosi presso gli antichi romani del tardo impero . A chi poteva appartenere questo tesoro ? la datazione dei tre lingotti ci riporta a Magnenzio , quindi come datazione minima siamo all’ anno 350 , ma per il servizio da tavola la data potrebbe essere precedente o successiva , anche se in base alle monete e medaglioni trovati una data successiva sarebbe poco probabile , in base a questo si e’ pensato come proprietario del tesoro ad un altissimo personaggio legato a Magnenzio , un ufficiale o un funzionario della sua corte . Per risolvere forse il problema ci viene in aiuto una iscrizione incisa dietro un piatto che reca scritto P. ROMULO , un Publio Romulo in effetti e’ storicamente conosciuto come essere stato un Magister Militum proprio al tempo di Magnenzio , fu un ufficiale comandante della fanteria del suo esercito che mori’ nella battaglia di Mursa avvenuta nel 351 tra Magnenzio e il legittimo Imperatore Costanzo II ; il proprietario o uno dei proprietari del tesoro dovrebbe quindi avere una identificazione precisa . Un altro nome e’ pero’ inciso dietro i cucchiai , il candelabro e un altro piatto , questi oggetti recano inciso il nome di MARCELLIANO , quindi si presuppone che almeno il tesoro da tavola abbia avuto nel tempo diversi proprietari e che tutto il tesoro fu poi posseduto , riunito e seppellito probabilmente dall’ ultimo proprietario che fu Publio Romulo in previsione dell’ incerto esito della battaglia di Mursa . Questa in breve la storia di questo tesoro . Seguono in ordine foto di Kaiseraugst e del tesoro : Cartina geografica della localita’ di Kaiseraugst Cartina archeologica del sito Ricostruzione di Castrum Raurica in base alle scoperte archeologiche Posizione antica del ritrovamento del tesoro segnato dalla freccia rossa Foto di alcune fasi del ritrovamento del tesoro Panoramica con oggetti del tesoro Uno dei tre lingotti in argento con impresso il nome e l' immagine di Magnenzio Particolari di oggetti e statua in argento di Venere Alcune monete e alcuni medaglioni del tesoro2 punti
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Premetto che la moneta non è mia, mi hanno solo permesso di fare le foto poichè sono rimasto affascinato dalla tipologia di moneta. Mi hanno detto che dovrebbe essere un tarì d'argento di Ferdinando il Cattolico, Sigla MC D + FERDINANDVS:D:G:R: E: Aquila volta a destra, MC R + FERDINANDVS:D :CASTELLE: Λ. Sui quaderni della "moneta.it" però ho visto che ci sono molte varianti.....questa quale sarebbe?!2 punti
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Con diametro pressoché uguale, ma peso differente, la differenza poteva farla la lega o lo spessore. Presumendo che la lega sia nella norma, possiamo ipotizzare che il grosso veneziano sia stato martellato per cancellare un po' figure e lettere, poi è stato tosato della parte espansa dalla martellatura, e quindi si è proceduto alla coniazione. E' una ipotesi.2 punti
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Certo che una saggiatura del metallo sarebbe determinante per stabilire se il "tondello" è Veneziano verace o imitazione, considerando pero' l'importanza che veniva data a questa moneta , infatti al consiglio generale stabilirono che. " modus et pondus monete florentine et pisane et aliarum monetarun tuscie". penso che il tondello usato fosse di buon argento, quindi riveniente da moneta ufficiale . Per quanto riguarda il perché utilizzare altre monete, , mi piace pensare ( con buona fantasia ) che motivi contingenti dovuti alle spese per la battaglia di Montaperti dispendiosa e determinante per i Senesi, ( pagamento di truppe e i tedeschi erano molto esigenti ) portarono a utilizzare questa "risorsa"2 punti
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il valore di una moneta é quello che noi diamo. Ti piace? L'hai comprata? Sei contento? Allora il prezzo é certamente quello giusto... Altrimenti non parleremmo di collezionismo ma di speculazione... Il range di valore che ho dato io non significa nulla un caro saluto2 punti
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Io credo che anche nel mondo delle prove ci siano esempi importanti.... Per esempio questa mezza lira di Pesaro in rame è interessante per più aspetti, siamo a Costanzo Sforza ( 1473 - 1483 ), il tipo è busto/ veduta del castello, il motto è : SA LVT I ET MEMORIA CONDIDIT potremmo dire : LO HA COSTRUITO PER SALVAGUARDIA E MEMORIA Ci si riferisce alla rocca Costanza costruita per la sicurezza della città e per memoria di chi la volle. ( NAC 85 ) E' un mix del potere, identità, ricordo di un castello fatto per la città, la moneta esprime e racconta, i giornali non c'erano d'altronde...la moneta raccontava i fatti, la moneta, essendo una prova non venne poi fatta, potremmo dire ora che l'idea era però buona ....peccato non averla concretizzata...2 punti
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E allora procediamo.... NON NOBIS DNE SED NON TVO DA GLORIA NON A NOI SIGNORE ( MA AL TUO NOME DA' GLORIA ) Quello che conta non siamo noi ma tu col tuo Casato, col tuo nome....questo è quello che leggiamo sulla moneta, sembra messo in bocca al popolo, in realtà la moneta viene dal Marchese, quindi un po' di propaganda non guastava anche ai tempi.... Siamo ancora a MESSERANO in un tallero di Francesco Filiberto Fieschi ( 1584 - 1629 ) della NAC 85, altra moneta rarissima e significativa per quello che riporta.2 punti
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Credo anche io come @appah che la moneta usata non sia per niente stata tosata ed inoltre ilgrosso che ci occupa , pare sia stato coniato fino al 1270, pertanto non credo sia pertinente la battaglia di Curzola del 1298, piu' probabilmente (forse) la battaglia di Montaperti del 1260...( per impellenti necessità') Eventuali Dogi potrebbero essere poi' Dandolo, Ziani,Tiepolo,Morosini, Zeno...... fino al 1268....2 punti
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Buongiorno Adolfo e Antonio, chiedo scusa per il mio ritardo nel rispondere, ci sono e vi seguo (quando mi è possibile), appassionatamente! Per quanto riguarda il perché dei 3 nominali citati da @anto R circolanti nella metà del XIV secolo, io credo che in qualche modo sia legato al periodo storico e quindi al trasferimento della sede papale in Avignone. Credo che le monete con il SVDARIVS fossero coniate in occasione del giubileo del 1350 proprio per affermare ai numerosi pellegrini che Roma era ancora la città santa nonostante l'assenza del papa. In parallelo, la moneta con Roma in trono potrebbe significare l'affermazione di sovranità da parte del senato romano in una città dove regnava l'anarchia.2 punti
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Salve, salvo imprevisti, dovrei esserci anch'io. Quindi, ci vediamo a Verona. Saluti!2 punti
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Seguo questa discussione con molto interesse. Riguardo alla possibile tosatura del grosso veneziano che ha fatto da sottotipo, mi sembra però che il diametro che @Robin ha dichiarato, 20/21 mm, sia quello di un grosso veneziano integro. È possibile che il calo di peso (0,1/0.2 g) sia dovuto solamente ad un po' di consunzione, oppure che la bilancia utilizzata da Robin non fosse molto precisa?2 punti
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http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-CE1/83 OPPORTVNE, cioè al momento giusto. Così si esprime Carlo Emanuele I, duca di Savoia su questo ducatone del 1588, raffigurantre un Centauro che scocca un dardo mentre calpesta la corona di Francia, facendo riferimento alla tempestività con cui il Duca occupò il marchesato di Saluzzo, anticipando sul tempo il Re di Francia. La risposta, a mezzo medaglia, tuttavia, non tardò ad arrivare da parte di Enrico IV... www.nicolas-salagnac.com/wp-content/uploads/2012/11/portrait-24.jpg P.S. Chiedo scusa, ma non sono riuscito ad inserire l'immagine, in quanto non funzionante il riferimento ai cataloghi.2 punti
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Quando siete stanchi ditelo senza problemi , secondo me abbiamo fatto già un mezzo miracolo così... E come faresti a stancarti nel vedere meravigliosi esempi, dove il linguaggio espressivo offre tal maestria e conoscenza... E poi con tutti i tondelli che abbiamo batutto... Direi che potremmo fare ancora un piccolo sforzo per noi tutti. Eros2 punti
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Faccio un ipotesi fantasiosa; e se avessero usato un Lorenzo Tiepolo molto tosato? Il Tiepolo è ovunque e Siena non è distante da Pisa. Nel periodo c'è la guerra con Genova e la battaglia di Curzola 1298. Interessante molto interessante2 punti
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" bene, qua chiedo anche l'aiuto di @Marcus Didius che ha una capacità di lettura fuori dalla norma.... " Salve a tutti, concordo per il rovescio con Poemenius che sia tipo una Salus teodosiana e aggiungo che sotto il braccio nel campo sinistro è probabile uno staurogramma P+, talmente schiacciato da sembrare il braccio ripetuto tre volte, se si tratta dello staurogramma però non concorda con la crocetta sempre nello stesso campo, troppi segni per una moneta ufficiale, poi non c'è lo spazio in esergo per mettere la zecca e l'officina, il cerchio perlinato chiude subito sotto i piedi della "Salus". Al dritto, rovesciata di 180°, ci vedo subito un busto corazzato verso destra, il viso è sconvolto, si nota un serto sulla testa ma credo si tratti solo di altri segni non facenti parte della moneta in quanto le teste imperiali del IV secolo erano diademate. Tutto in ghirlanda e allora siamo lontani da una moneta ufficiale ma non da una imitativa. Marcus Didius2 punti
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Venerdì 28 ottobre è venuto a mancare Norman Gorny (in foto), un bravo studioso della monetazione imperiale cinese. Era statunitense, di Portland (Oregon). Pochi mesi prima di morire aveva pubblicato la seconda edizione di un suo importante lavoro: Northern Song Dynasty Cash Variety Guide. L'opera approfondisce molto bene la monetazione della dinastia Song settentrionale (960-1127) ed è acquistabile su Amazon o su Lulu. Questi erano i suoi quattro blog: Fake Chinese Cash on eBay 北宋代钱币图说 Northern Song Dynasty Cash Variety Guide 2016 北宋钱币 Northern Song Cash Oriental Cash2 punti
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Si pensa che Nicolò e Antonio Zeno, navigatori veneziani del XIV sec. impegnati nell'esplorazione dell'Atlantico del nord e dei mari artici, raggiunsero l'isola di Newfoundland (Terranova) più di un secolo prima la scoperta dell'America, ma la scoperta ufficiale spetta ai fratelli Caboto che nel 1497 le diedero il nome di "Terra Nuova", fu colonizzata appena tre anni dopo con un auspicio: FLOREAT TERRA NOVA (possa la nuova terra prosperare) (In base a un referendum svoltosi il 31 marzo del 1949, Newfoundland fu unita al Canada diventandone la decima provincia)2 punti
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Quando siete stanchi ditelo senza problemi , secondo me abbiamo fatto già un mezzo miracolo così... AVERTISTI IRAM INDIGNACION HAI ALLONTANATO L'IRA DEL (SUO ) SDEGNO ( CIOE' DEL SIGNORE ) Siamo a Modena dove non mancano le belle monete, in questo caso addirittura un 4 scudi d'oro di Francesco I d'Este ( 1629 - 1658 ) della NAC 85 Abbiamo la raffigurazione come in molte monete della Beata Vergine adorante il Bambino : al Duca era molto cara questa immagine perché attribuiva alla Vergine il miracolo di averlo salvato e di aver fatto recedere la pestilenza che aveva infierito durante il 1630 nel ducato estense. E quindi si ritorna al motto con l'aver allontanato lo sdegno del Signore....2 punti
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Ecco alcune foto del sito, i tre templi Hera,Poseidone e Atena , l'Anfiteatro e un po di parco archeologico.2 punti
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In arrivo: Venezia Andrea Contarini (1368-1382) Grosso, secondo tipo.(coniazione dopo il 1379) D/ S. Marco in piedi di fronte porge il vessillo al doge di profilo, vestito con manto fornito di pelliccia ed il capo coperto dal berretto ducale, a sinistra dietro il doge ANDR·9TAREN , lungo l'asta DVX, a destra ·S·M·VENETI·. una crocetta + presso al lembo del vestito del santo. R/ Il Redentore in trono IC XC . Nel campo a sinistra una stella di cinque raggi, a destra l'iniziale del massaro F (Filippo Barbarigo 1370-1385), sul rovescio, sotto il braccio del Redentore, si vedono tre anellini riuniti ∴ Crocetta ed anellini, con tutta probabilità, sono un ulteriore segno " segreto" del massaro.1 punto
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Buongiorno a tutti...se così si può dire... Purtroppo un altro pezzo della realtà numismatica italiana ci ha lasciati...stanotte è venuto a mancare Andrea Luise, il titolare della casa d'aste Nummus et Ars e mio amico di lunga data... Le mie più sentite condoglianze alla famiglia e un augurio a d Andrea che venga accolto nel paradiso dei numismatici. Ciao Andrea, ci mancherai...1 punto
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Vittorio Emanuele III - 10 centesimi "Ape" 1927 Rame 950/1000 - diametro mm. 22,5 - peso gr. 5,4 Quale conservazione attribuireste a questo esemplare? Certo è che non ha subito nessuna pulizia o trattamento di sorta negli ultimi 90 anni Renato1 punto
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Beh, l'interesse di questa moneta è proprio la sua ribattitura su una moneta veneziana. Ovviamente un fatto inusuale, dovuto sicuramente a fatti contingenti (vedi le ipotesi fatte).1 punto
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per ricordarlo - nemmeno io l'ho mai conosciuto se non via mail dove era sempre gentilissimo e disponibile - mi piace postarvi il mio ultimo acquisto fatto da lui, un 16 soldi veneziano del Loredan, solo un mese fa. Davvero un gran signore.1 punto
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Grazie mille a tutti! Allora la metto nelle particolarità1 punto
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Anche per me sembra un 9. Comunque oggi ho inserito in collezione un due denari 1778 sicuro1 punto
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A mio parere sei troppo duro. Il forum può essere anche uno sfogo per chi, per motivi vari, le proprie monete non saprebbe proprio a chi mostrarle. Non mi sento di considerare esibizionista chi condivide i propri acquisti. Ad ogni modo, secondo me, più monete si vedono (quale che siano le motivazioni della condivisione non importa) meglio è. Tieni presente che molti di noi non hanno spesso la possibilità di vederle dal vivo e ammirarne le foto è sempre meglio di nulla. Ben vengano quindi le monete. Ricche, povere rare o comuni vanno ad alimentare curiosità e sete di conoscenza. Se chi le mostra ne racconta la storia è certamente meglio; in caso contrario potrà farlo chi è ferrato, i curatori o potremo documentarci da soli se il tondello ci ha incuriosito particolarmente. Insomma anche l'esibizionismo può portare indirettamente divulgazione e non generare solamente invidia. Ho visto discussioni interessantissime fiorire da una semplice richiesta circa l'autenticità oppure da un semplice: "vi piace il mio ultimo acquisto?". Ma questo è solo il mio pensiero. Buon week end a tutti. E.1 punto
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Si concordo, ci sono troppi segni perché appartengano a una sola coniazione ma quale sia stata la prima moneta non so identificarla . Da notare un particolare: la Vittoria del rovescio non fa parte del cerchio perlinato che vediamo in quanto non la racchiude, a questo punto l'esergo originale può anche essere stato cancellato e quella personificazione potrebbe essere della prima moneta.1 punto
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Qualche altra magnifica moneta del tesoro che dallo stato perfetto di conservazione sembrerebbero appena arrivate a Castrum Rauracense dalla piu' vicina zecca di Treviri e subito tesaurizzate , ben 102 monete su 186 appartengono a questa zecca ; ne esistono pero' anche 84 suddivise per altre zecche imperiali e nelle stesse perfette condizioni di conservazione provenienti da : Antiochia , Nicomedia , Costantinopoli , Tessalonica , Siscia , Aquileia , Roma , Arelate e Lugdunum .1 punto
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L'idea che mi sono fatto, nonostante la pessima quaiità delle foto..., è che si tratterebbe di un conio stanco..., oltre che di una normale usura ...1 punto
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In ultimo una considerazione finale. E’noto che in Britannia erano insediate tre legioni: - - la Legio VI Victrix a Eburacum (York) che presidiava la Britannia del Nord (il Vallum era preminentemente sotto il suo controllo ma l’effettiva presenza militare era assicurata da truppe ausiliarie) che aveva preso posto della precedente Legio IX Hispania, giunta con Claudio ma ad un certo punto misteriosamente scomparsa dai resoconti storici. Settimio Severo cambia il suo nome in Legio VI Victrix Pia Fidelis Britannica probabilmente in omaggio alle vittorie in Caledonia (tra l’altro segnate comunque da un certo numero di perdite umane dovute alla guerriglia adottata dalle popolazioni locali che ben sapevano di dover evitare lo scontro campale con le Legioni). - - la Legio XX Valeria Victrix a Deva (Chester) per il settore nord-occidentale dell’isola britannica - - la Legio II Augusta a Isca Silurium (Caerleon) nella Britannia sud-occidentale (Galles) La popolazione militare in loco, aumentata dalla presenza delle succitate truppe ausiliarie, era sicuramente molto rappresentata specialmente in considerazione che dopo la “pacificazione” delle tribù locali i problemi venivano dai Brigantes e dalle popolazioni della Britannia del Nord. Settimio Severo se ne rese conto quando si trovò a dover scontrarsi con Clodio Albino, governatore dell’isola e comandante delle tre legioni di stanza. Troppo potere militare concentrato nelle mani di un solo uomo. E in ciò trova la motivazione di dividere la Provincia Britannia in Britannia Inferiore (presso Eburacum) e Superiore, la prima sotto il comando di un governatore di rango pretorio e la seconda sotto uno di rango consolare. Il primo aveva meno potere istituzionale rispetto al “collega” di provenienza consolare e sulla carta il controllo di solo una legione (la VI Victrix) che però probabilmente consisteva in una forza di effettivi equivalente alle due rette dal governatore della Britannia Superiore: in questa maniera aveva equilibrato il potere tra i due governatori. Oltre a queste per la campagna britannica del Nord Settimio Severo mobilita: - la Legio II Parthica di recente costituzione - 9000 guardie imperiali con reparti di cavalleria (Equites singulares) - truppe ausiliarie (non è noto il loro numero esatto) - la flotta sia per il supporto logistico sia per azioni a terra: Classis Britannica e vexillationes di quella renana e danubiana Mi pare un numero estremamente cospicuo di militari. Ma ciò implica un’altra riflessione: che volume di monete richiedevano il pagamento degli stipendium di tutti questi militari? Che immane sforzo logistico implicava ciò? Considerando che la zecca di Lugdunum chiude nel 197 lo sforzo ricadeva sulla sola zecca centrale di Roma e bauli e bauli di denari dovevano essere trasportate in Britannia. Pensate solo al singolo legionario che doveva ricevere ben 450 denari/annui (aumento stipendio voluto da Settimio Severo rispetto ai 300/annui precedente) per non parlare dei ben 6.750/annui di un centurione o ai 27.000 di un centurione primus pilum! Quindi l’ultima domanda che pongo è la seguente: · è possibile che anziché produrre in toto a Roma il volume monetale necessario e quindi provvedere al suo trasporto in loco (Settimio Severo ben conosceva l’importanza di pagare i soldati per evitarne il malcontento e comprarsi la loro “Fidex Exercitus”) si sia ricorsi all’utilizzo di zecche ausiliarie sull’isola? O all’utilizzo di zecche militari dotate, questo sì, di conii ufficiali preparati a Roma dagli incisori ufficiali? Alcuni studiosi suppongono un’eventualità analoga sotto Antonino Pio per gli assi con rovescio BRITANNIA spesso con pesi calanti ma stilisticamente pienamente ufficiali e necessari per il pagamento delle truppe lì impegnate. E la presenza di una misconosciuta zecca “ausiliaria” ad esempio a Londinium (dove ricordiamo soggiornava Geta che provvedeva all’amministrazione statale) farebbe da prologo alla successiva nascita della zecca londinese che inizierà la produzione con Carausio. Che a questo punto non apparirebbe dal nulla ma trarrebbe origine da questa struttura. Detto ciò, spero di non avervi annoiato e di aver destato la vostra attenzione dall’inizio a questa riga. Aggiungo la speranza di non esser stato troppo … delirante e di sentire vostre opinioni in merito ai punti che ho elencato sopra. Carne al fuoco, mi pare, ce n’è abbastanza! Ciao Illyricum1 punto
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ANALISI E CONSIDERAZIONI Abbiamo quindi una buona serie di mule interessanti i conii di rovescio ma anche quelli di diritto: possiamo affermare che il mismatch tra i coni di martello e quello di incudine era tutt’altro che infrequente. E ricorreva anche negli aurei e non si limitava ai denari; a questo punto mi vien da ipotizzare che anche i bronzi non ne fossero indenni. Possiamo pertanto azzardare qualche considerazione sull’organizzazione e in generale il lavoro delle officine di zecca. Quindi vi pongo alla vostra attenzione le seguenti riflessioni sulle quali spero di avere qualche vostre considerazioni di confronto. · Il controllo sulla produzione era effettuato saltuariamente e non verificando ogni esemplare o perlomeno non era standardizzato il controllo del prodotto eseguito dopo la sostituzione di uno dei due conii. Se vi sono dei mule tra diritti I emissione e rovesci II emissione 210 d.C. (es. B e H ) mi viene da ipotizzare che i conii di diritto non fossero allontanati ad ogni emissione o comunque, non distrutti (almeno nell’immediato) ma accantonati (comunque evidentemente a… portata di mano degli zecchieri e quindi con possibilità d’errore) ed eventualmente eliminati solo in un secondo tempo. Solitamente si tende ad affermare infatti che i conii esausti o non più utilizzabili venissero distrutti anche per evitarne la trafugazione e quindi un uso fraudolento. · Si possono formulare varie ipotesi coinvolgenti la fabbricazione e fornitura di conii nuovi. 1) che il conio di rovescio fosse confezionato per primo e in attesa di quello di diritto si continuasse a usare quello finora utilizzato. 2) oppure che venisse fornita una nuova coppia di conii e che si procedesse alla sostituzione del conio di diritto solo quando l’usura lo degradava. Ma in questo caso dovremmo avere ad esempio molti più esemplari con legende al dritto della I emissione 210 e con vari gradi di usura all’obverso. Comunque sia va preso in considerazione il fatto che il conio di rovescio, meno importante rispetto al diritto, fungeva da conio di martello mentre quello di incudine recante l’obverso non subiva il colpo diretto per l’interposizione del tondello: pertanto il primo andava incontro ad una maggiore usura e richiedeva una sostituzione più frequente rispetto al secondo. · Presupponendo che comunque esistesse una sorta di controllo qualità, questo non era così restrittivo da comportare l’eliminazione degli eventuali mule. Se questi ultimi non venivano eliminati e rifusi evidentemente il loro valore era comunque assimilabile alle emissioni corrette, analogamente a quanto accade anche attualmente con gli € con errori di conio immessi comunque nel flusso monetale (ed anzi ambiti dai collezionisti tematici). D’altra parte le officine dovevano produrre un volume di esemplari rilevante per assicurare il fabbisogno statale per cui è verosimile che non si andasse troppo per il sottile in presenza di produzioni comunque di buon livello. · La situazione delle officine era quella di avere 3 Augusti (in seguito 2) il che aumentano le possibilità di errore di accoppiamento dei conii di rovescio. A questo va aggiunto che ai conii di diritto con legende corrette se relazionate alla emissione vanno aggiunti quelli relativi all’emissione precedente. Ma la domanda è: se i conii erano così importanti promulgando l’effige dell’ Imperatore e per evitarne il furto e l’eventuale utilizzo fraudolento… com’è possibile che imperversasse tanta confusione? I conii delle emissioni precedenti non venivano accantonati? Gli addetti alla zecca saranno stati i primi a festeggiare il 20 dicembre il fatto che era rimasto solo Caracalla. Se i riferimenti temporali del RIC fossero corretti avremmo le prime emissioni di Settimio Severo collocabili al principio del 210 (seconda emissione) e il termine post febbraio 211 (quindi un anno circa), leggermente successive quelle dei due fratelli con un termine per Geta post dicembre 211 e prolungamento delle emissioni di Caracalla sino al 213 (come titolatura BRIT, non necessariamente come VICTORIAE BRIT che può essere antecedente al periodo suddetto). Se l’esemplare F fosse ottenuto da rovescio di Settimio Severo anzichè dall’aureo di Caracalla si può postulare che l’eventuale accantonamento del conio di rovescio dell’imperatore padre non fosse immediato (al fine dell’eventuale distruzione/accantonamento) bensì procrastinato nel tempo, consentendo l’errore di match con Geta.1 punto
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G ) Un esemplare di Geta abbinato al rovescio di Caracalla C 1 Vittoria alata avanzante verso sinistra reggente una corona nella mano destra e un ramo di palma nella sinistra H) In seguito a quanto scritto finora allora questo esemplare come collocarlo? Un denario di Settimio Severo con un rovescio S 1 della serie VICTORIAE BRIT ma attenzione: la legenda del diritto è quella antecedente la II emissione del 210 ovvero SEVERVS PIVS AVG anziché terminante in BRIT. Torniamo ad un caso simile al Geta (esemplare B) dove il mismatch si esprime nell’utilizzo di un conio di diritto probabilmente della I emissione del 210 accoppiato al conio di rovescio che dovrebbe comparire solo a partire dalla II emissione dell’anno. I ) Su questi due pregevoli aurei (RIC 302 e 305) accade invece che il rovescio di solitamente abbinato alla legenda SEVERVS PIVS AVG (come descritto nel RIC) in realtà sia stata sostituita da quella SEVERVS PIVSAVGBRIT. A questo punto riporto le parole del già citato Curtis Clay che scrive: I prefer to call coins from mismatched official dies mules rather than hybrids, since "hybrid" has so often been used in RIC and elsewhere to apply to all mismatched die combinations, most of which are unofficial. The distinction official/unofficial is crucial, so there ought to be different words for them! Quindi gli esemplari essendo tutti palesemente ufficiali (slavo quello A), a suo avviso bisogna considerarli dei mule.1 punto
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LA SERIE VICTORIAE BRIT Settimio Severo e Caracalla su aureo commemorante la spedizione partica. Traggono ispirazione dalle “Vittoria” emesse per le campagne partiche e rispetto alle tipologie ricollegate al conflitto orientale compaiono nuovi rovesci. I primi esemplari di Settimio Severo riportanti legenda VICTORIAE BRIT a rovescio sono catalogati RIC 302 e 302 a, il primo sia come aureo che come denario, il secondo solo come denario. La legenda al dritto è SEVERVS PIVS AVG. L’iconografia del 302 riporta come descrizione “Vittoria avanzante a destra, testa girata indietro verso la spalla sinistra, recante un prigioniero per mano e portante un trofeo”; quella del 302 a è “Vittoria seminuda stante frontale, testa verso destra, reggente ramo di palma: a destra una pianta di palma sorregge uno scudo”. Il RIC non si sbilancia oltre un generico 202-210. La legenda al diritto priva del titolo BRIT(annicus) e terminante invece con AVG come nelle serie precedenti li può fare ritenere esemplari capostipite della serie. In un indeterminato “210-211” compare la serie VICTORIAE BRIT con legenda SEVERVS PIVS AVG BRIT al diritto emessa a nome di Settimio Severo. Il RIC la segnala come II emissione del 210 d.C. TAVOLE RIEPILOGO Possiamo identificare 4 tipi: S1) Vittoria alata avanzante verso destra reggente una corona nella mano destra e un ramo di palma nella sinistra S2) Vittoria alata stante verso sinistra reggente una corona nella mano destra e un ramo di palma nella sinistra S3) Vittoria alata seduta verso sinistra ripresa nell’atto di incidere uno scudo S4) Vittoria seminuda stante frontale, testa verso destra, reggente ramo di palma nella mano destra: a destra della personificazione una pianta di palma sorregge uno scudo1 punto
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Per me la passione per il medioevo è nata quando avevo circa 10 anni, e mio fratello (allora studente universitario) mi portava ogni tanto a visitare la vicina abbazia di Santa Maria a Cerrate, in provincia di Lecce. Quei bassorilievi ed affreschi mi affascinavano e intimorivano allo stesso tempo. La passione per le monete la avevo già da qualche anno, grazie anche ad una piccola raccolta (principalmente monete del Regno ma anche qualche borbonica e qualche romana) ed al periodico "Monete del mondo" di Bolaffi che mi padre mi comprava. Fu proprio con quel periodico che scoprii che potevo ritrovare nelle monete le stesse raffigurazioni che osservavo con tanto interesse nelle chiese romaniche. La prima medioevale che ho avuto è stato un follaro di Bari di Ruggero II d'Altavilla, preso a 15.000 lire nel '95 da un commerciante in un mercatino a Brindisi (tale signor Giustino, chissà come se la passa...). Da allora ho studiato e collezionato monete longobarde e normanne per 20 anni, appagato anche dallo scoprire varianti e tipologie inedite (è una monetazione che, per quanto ultimamente oggetto di molte pubblicazioni, è ancora lontana dall'essere interamente conosciuta) Queste monete, per quanto spesso consunte, ribattute o decentrate, mi parlano di periodi cupi, incerti e concitati, con uomini d'armi che combattevano per estendere i propri domini, monaci che creavano splendide miniature nel chiuso dei monasteri, e gente comune che viveva nel timore di invasioni, pestilenze e carestie. Di certo non un'epoca in cui mi sarebbe piaciuto vivere, in primis per la pressione totalitaria esercitata dalla religione, ciononostante il periodo storico che su di me esercita più fascino. Qualche anno fa però, la confusione delle ribattiture, le debolezze di conio e l'irregolarità dei tondelli hanno iniziato ad infastidirmi più di quanto le impronte leggibili mi affascinassero, ed pian piano ho deciso di rivolgere l'attenzione ad un'altra tipologia di monete... chiaramente sempre medioevali! Ho iniziato così ad appassionarmi ai grossi comunali, e che il più delle volte si trovano in conservazioni tali da permettere di apprezzare tutti i dettagli delle raffigurazioni che mi hanno sempre affascinato. Il primo grosso che mi sono regalato è il cosiddetto "marameo", che nonostante che sia ora in compagnia di molti suoi "simili", rimane uno dei pezzi preferiti della mia nuova collezione. Spero di non essere stato troppo noioso con questo post, forse incentrato più sul mio percorso numismatico che sul "perché le medioevali". Cerco di rimediare postando descrizioni e foto delle mie due prime. Un cordiale saluto Paolo Follaro di Ruggero II d'Altavilla, re di Sicilia (1130-1154), coniato a Bari nel 1139, probabilmente per commemorare la riconquista della città dopo una ribellione. Al dritto presenta il busto frontale di San Nicola e la scritta greca "OA[GHIOS] NIKOLAO" ("San Nicola"). Al rovescio una legenda circolare in arabo che recita "Umila bi Bari sanat 534", ossia "Fatta nella città di Bari nell'anno 534" (secondo il calendario dell'Egira); al centro un astro. Riferimenti: L. Travaini, La monetazione nell'Italia normanna, n. 210 Vescovi anonimi (1235-1255), Grosso da 20 denari della zecca di Trento Al dritto (o rovescio?), presenta il busto del vescovo benedicente, ed intorno la scritta EPS (abbreviato per EPISCOPUS) TRIDENTI Al rovescio (o dritto?), una grande F nel campo accostata da una croce e due bisanti, con un cuneo in alto. Intorno: INPERATOR Riferimenti: H. Rizzolli e F. Pigozzo, L'area monetaria veronese, n. T371 punto
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Ho notato che in questa discussione si prediligono i grandi moduli,gli aurei partenopei,monete di rame circolate e non,ma di 60 Grana,oltre a quello precedentemente postato non ve ne sono molti e quest'oggi vi posto questo 60 Grana:Carlo III di Borbone (1734-1759) - 1734 Zecca di Napoli Ag.bordo liscio D/stemma coronato R/ personificazione del fiume Sebeto seduto in riva al mare sullo sfondo del Vesuvio fumante Riferimenti: (C.N.I. XX/538/11) P.R.33;MIR 338 stessa moneta La moneta appartiene a collezione privata A riprova che la maggior parte dei graffi presenti sulle monete partenopee sono originati da strappi di conio questa ne è la prova,poichè reca pochi graffi e quasi impercettibili.Se si fosse trattato di asportazione fraudolenta del metallo o diminuzione di peso della moneta,ci saremmo trovati,anche con questa,con maggiori graffi. --Salutoni -odjob1 punto
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OK sono falsi ma hanno un aspetto molto "autentico " per cui tutto sommato mi piacciono lo stesso ! Facendo un discorso venale potrei recuperare i soldi spesi cercando di venderli al prezzo che li ho pagati 3 € cadauno, ma considerando che un collezionista può anche fare errori di valutazione me li tengo come testimonianza di un acquisto errato. Ringrazio per gli interventi. romanus1 punto
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Per quanto riguarda il discorso ribattitura, mi pare di vedere quanto sotto (l'esemplare riportato e' a titolo esemplificativo del tipo, da https://www.cngcoins.com/Coin.aspx?CoinID=160976 ):1 punto
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Sono circa 5.100, numero sostanzialmente analogo a quello per la zecca di Roma.1 punto
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Una medaglietta esteticamente modestissima.....il ritratto di Colombo è quello usato anche su francobolli, se ricordo bene. Al verso, la data della scoperta dell'America, non mi sembra di vedere altre iscrizioni . La produzione è relativamente recente a giudicare dall'appiccagnolo. A chi sia venuto in mente di coniarla e a quale scopo, francamente non so immaginarlo. Mi spiace non poterti dire di più...a me sembra un gadget, a forma di medaglietta.1 punto
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Buona serata il solito ladrocinio .... proprio a noi che abbiamo, in Europa, le banche che applicano costi ai correntisti da "urlo" rispetto ai servizi che erogano; che li facciano sborsare prima ai presidenti, direttori, condirettori, dirigenti e manager dagli emolumenti milionari, che hanno ridotto le banche ad associazioni per delinquere! saluti luciano1 punto
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Nuovamente PLVS ULTRA, tuttavia questa volta compare su un modesto cavallo, sempre di Carlo V, proveniente dalla zecca di Napoli. D/ PLVS : ULTRA; colonne d'Ercole su onde unite da nastro; tra le colonne si trova un quadrifoglio R/ REX : IVSTVS :; croce potenziata in cerchio perlinato Saluti!1 punto
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Certo che vista così quella di LAC sembra un'altra moneta1 punto
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