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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 10/05/16 in tutte le aree

  1. Continuiamo sullo stesso genere, un giulio dell'anno IX NON CONCVPI:SCES ARGENTVM Stavolta la citazione, purtroppo parzialmente cancellata, è dall'Antico Testamento, Deuteronomio 7:25 Sculptilia eorum igne conbures non concupisces argentum et aurum de quibus facta sunt neque adsumes ex eis tibi quicquam ne offendas propter ea quia abominatio est Domini Dei tui "Darai alle fiamme le loro immagini scolpite [dei loro dèi], non bramerai e non prenderai per te l’argento e l'oro di cui sono fatte, onde tu non abbia a esserne preso, perché sono un abominio per l’Iddio tuo" petronius
    3 punti
  2. Come a livello epigrafico vedo analogie con alcune lettere enriciane milanesi e forse potremmo essere in quel periodo, nel contempo credo che ci si debba rivolgere come al prototipo a una moneta di tipo scodellato con caratteristiche metrologiche affini. E se le milanesi mi portano al periodo enriciano, la scodellatura, la forma, il peso mi portano verso Verona, è vero che mancano i cerchi però le due crocette ci sono stilizzate, potrebbe essere, leggendo il libro di Rizzolli e Pigozzo, una imitazione di un denaro enriciano veronese che ha il peso calante a 0, 4 gr. Nel contempo le leggende diventano veramente poco leggibili, gli autori dicono " ulteriore peggioramento nella leggenda....", ci sono anche leggende retrograde, alcune veramente illeggibili....per me l'area è quella...
    3 punti
  3. PLVS ULTRA Grandissimo esempio di motto che questa volta troviamo nella monetazione di Carlo V di Milano sul nastro che cinge le colonne d'Ercole. Non è una leggenda anche perché non c'è in questo caso ma è una nastro svolazzante che lo riporta e a voler guardare lo amplifica. E' il motto poi della Spagna, il voler andare oltre, il superare i limiti... E le colonne d'Ercole delle Stretto di Gibilterra rappresentano poi questo iconograficamente, il voler andare oltre a dove si pensava dovesse finire il modo, così non fu con la scoperta dell'America e il dominio di Carlo V non ebbe limiti, fu un vero Impero. Quarto di scudo di Carlo V, Milano ( NAC 30 )
    3 punti
  4. Continua dal precedente post # 1. Come promesso, eccoci alle prese con la seconda parte della nostra disamina storico-numismatica del mezzo denaro longobardo di zecca capuana. L'altra volta ci eravamo lasciati con il trafiletto illustrato contenuto nell'opera numismatica dello Spinelli: ebbene, l'opera di questo illustre cultore ha dato adito, in seguito, a varie speculazioni su questa moneta. Nel 1891 uscì a Salerno la prima parte del catalogo numismatico del padre benedettino Gaetano Foresio, dedicato soprattutto alle monete da lui possedute, ma non solo. A pagina 27 di questo testo, molto chiacchierato all'epoca anche da parte dello stesso Sambon (con cui il Foresio aveva avuto qualche confronto – si dice – non proprio amichevole), vengono descritte due monete ai numeri 23 e 24 (dal peso di acini 12, la prima, e acini 11, la seconda), non illustrate delle tavole perché non si trovavano nella Collezione del monaco benedettino. Egli ne dava la segnalazione prendendone notizia dal catalogo dello Spinelli appena citato. Le monete, però, sono descritte male e parimenti interpretate, poiché il Foresio si basò sulla descrizione datane dallo Spinelli che, come accennato, era già errata di suo. L'errore fu dunque perpetuato, ma grazie ai disegni riportati dal celebre studioso di origini frassesi, possiamo oggi comprendere che i mezzi denari di Capua descritti ed illustrati dallo Spinelli furono di sana piana riportati nel successivo catalogo del Foresio, il quale li attribuiva a Pandolfo Capodiferro con suo figlio omonimo (978-981). Un dato interessantissimo per la datazione di questa moneta si può ricavare da un ritrovamento avvenuto qualche anno prima della pubblicazione del catalogo dello Spinelli, ma i cui dati furono resi noti sempre nel 1844. Mi riferisco al cosiddetto Obrzycko hoard, un ripostiglio di monete medievali di varie nazionalità (sia europee che arabe, con qualche sporadico esemplare classico del periodo romano imperiale e poi bizantino) rinvenuto in una località nei pressi di Poznan, in Polonia. Cosa c'entra, dunque, con il nostro mezzo denaro un tesoretto alto medievale rinvenuto in Polonia le cui vicende si sono giocate tra il 1842 ed il 1843? I risultati del contenuto di questo hoard furono pubblicati per la prima volta l'anno successivo, nel 1844, a Berlino da Julius Friedlaender in un volumetto dal titolo Der Fund von Obrzycko. A pagina 16 viene classificata una moneta che il noto numismatico tedesco non riesce bene ad interpretare. Per una migliore comprensione della sua disamina, lascio in fig. 2 un'immagine che ne contiene il testo. Fig. 2: La descrizione che il Friedlaender riporta a pagina 16 del suo resoconto sul ripostiglio di Obrzycko. Già dalla descrizione (errata anch'essa come quelle in cui ci siamo imbattute per tutto l'Ottocento), ma ancor di più dai dubbi che l'Autore esprime sia riguardo la lettura delle lettere PP, che in realtà andrebbero corrette in PR come egli stesso faceva notare, che per lo scetticismo dimostrato verso la sua supposta appartenenza alla numismatica tedesca (il Friedlaender aveva inserito infatti questa moneta tra le incerte di area tedesca!) hanno fatto riconoscere in questa moneta un mezzo denaro del tutto simile a quello oggetto di questa discussione. Se ne conclude, quindi, che un esemplare (Ein Exemplar) di questo tipo capuano fu rinvenuto nella prima metà del XIX secolo in Polonia in un contesto che venne datato al 973. Intorno a questa data, infatti, ancora oggi comunemente accettata, si è fissato l'interramento dell'intero ed eterogeneo hoard. La monetina di Capua, dunque, doveva essere stata coniata ben prima di questa data e poi essere giunta nei territori dell'odierna Polonia, forse grazie alla circolazione. Forse, almeno è un mio primo pensiero, il mezzo denaro capuano è giunto in Polonia insieme alle altre monete italiane ivi rinvenute (descritte dal Friedlaender alle pp. 20 e 21): due esemplari frammentati di denari di Pavia coniati a nome di Berengario II d'Ivrea insieme a suo figlio Adalberto II (950-961); diversi esemplari di denari delle zecche di Pavia e Milano per l'imperatore Ottone I (936-973) - alcuni dei quali frammentati - e un esemplare di denaro coniato da Papa Giovanni XIII in unione con Ottone I, datato tra il 965 ed il 972. Sarebbe questa, quindi, una delle monete più recenti dell'intero tesoretto. L'unione dei nomi del Papa Giovanni con Ottone I non deve sorprendere, in quanto il nuovo Papa fu scelto dall'imperatore tedesco in virtù del Privilegium Othonis del 962. In particolare, la presenza di quest'ultimo denaro è interessantissima per instaurare in collegamento con il nostro mezzo denaro presente nel tesoretto di Obrzycko. Infatti, Giovanni XIII, costretto da una rivolta filo-imperiale scatenata nel dicembre del 965 a Roma da Pietro, Prefetto della Città, coadiuvato dal Conte Roffredo e dal Vestiario Stefano, riparò a Capua, mettendosi sotto la protezione del Principe Pandolfo Capodiferro. Il Papa restò a Capua fino al novembre del 966, quando finalmente poté fare ritorno a Roma. E' plausibile, quindi, secondo una mia ipotesi, che il mezzo denaro di Capua sia giunto in Polonia insieme al denaro coniato a nome di Giovanni XIII, le cui vicende storiche si intrecciano con quelle del Principe Pandolfo di Capua. Da qui una seconda ipotesi attributiva sviluppata dagli Autori del MEC 14, Philip Grierson e Lucia Travaini, proprio in considerazione dell’esemplare proveniente dal ritrovamento di Obrzycko. Sia tenendo conto della data dell’interramento del gruzzoletto (973), sia per il fatto, che ipotizzo in questa sede per la prima volta, che il mezzo denaro capuano sia arrivato in Polonia assieme al denaro di Papa Giovanni XIII in unione con Ottone I, per via degli eventi storici che abbiamo già elencato sopra, la tipologia dovrebbe risalire al regno di Pandolfo Capodiferro (943-981) insieme a suo fratello minore Landolfo III. La co-reggenza tra i due iniziò già sotto il padre Landolfo II, nel 959, ma la moneta fu coniata quando Pandolfo assunse il titolo principesco insieme al fratello, dopo la morte del loro genitore, nel 961. Landolfo premorì al fratello maggiore quando era ancora giovane, nel 968, e dunque i mezzi denari a nome di Pandolfo e Landolfo III non possono che datarsi tra il 961 ed il 968. La classificazione tradizionale esposta finora, che fa capo ai testi del Sambon e a quelli che ne hanno seguito le nozioni, andrebbe di conseguenza rivista alla luce di queste considerazioni, avanzate, per quanto ne sappia, in primis proprio nel MEC 14. Il mezzo denaro in questione non andrebbe più assegnato a Landolfo II e a Pandolfo Capodiferro, bensì a quest’ultimo in unione con il fratello Landolfo III. Nonostante tutto, però, ancora oggi il maggior punto di riferimento per le monete longobarde capuane è costituito dal Recueil di Sambon (cfr. MEC 14, p. 51), sia per le descrizioni che per le illustrazioni di molte rare monete di questa zecca. Nel panorama della monetazione di Capua questi nominali da mezzi denari sono piuttosto particolari: nel primo periodo longobardo, quando la zecca inizia a produrre monete intorno al IX secolo, si realizzarono denari in argento simili per stile e pondometria a quelli già coniati a Benevento. Solo con l’avvento del X secolo i denari furono accantonati per lasciare il posto a questi mezzi denari che, forse, sostituirono i vecchi denari più grandi e pesanti del secolo precedente. Per questo motivo, alcuni hanno ipotizzato che i piccoli nominali in questione potessero essere dei denari coniati con peso ridotto ed introdotti in circolazione grazie ad un corso forzoso instaurato dall’autorità emittente. Tali teorie, però, necessitano ancora di una conferma o di una smentita. Passiamo ora a repertoriare tutti gli altri esemplari di questa tipologia di cui sono venuto a conoscenza grazie ai testi pubblicati sull’argomento, tralasciando la parte più antica del XIX secolo che abbiamo già abbondantemente illustrato. Da MEC 14, pag. 51 si apprende come la più grande raccolta di monete della zecca di Capua fosse stata messa insieme da Giulio Sambon, per poi essere esitata al pubblico incanto, con le altre parti della sua vasta Collezione, nell’asta già citata del 1897, ed in cui, come abbiamo già visto, compare un solo esemplare di questo mezzo denaro. Nel 1939 vide la luce, a Roma, il diciottesimo volume del Corpus Nummorum Italicorum (CNI) che comprendeva tutte quelle monete riconosciute, ancora ai nostri giorni, come il prodotto delle zecche minori dell’Italia Meridionale continentale. In questo volume trovò spazio anche la zecca di Capua e, del mezzo denaro in oggetto, ho riscontrato, stando ai pesi riportati, almeno quattro esemplari facenti parte della Collezione Reale (0,41-0,46-0,49 e 0,58 g.). Un’immagine di una di queste monete (fig. 3) si trova alla tav. XII, n° 22, anche se nella parte descrittiva la foto viene assegnata al numero 2, anziché al numero 1, come sarebbe invece corretto riportare. Nel 1998, all’uscita del MEC 14, comprendente il catalogo delle raccolte del Fitzwilliam Museum di Cambridge, alla tav. 1, n° 8 (fig. 4) vi è fotografato un altro esemplare di questa stessa tipologia (descrizione a p. 592). La moneta in questione, alquanto frammentata rispetto a quella riportata qui in foto, proveniva dalla Collezione del Grierson, il quale vi annota ben due passaggi d’asta, di cui uno molto prestigioso: la vendita Tinchant del 4 aprile 1957, in cui risultava già ex Sambon-Giliberti, lotto n° 68. Purtroppo, sembra sia molto difficile trovare altre fotografie di mezzi denari simili, in quanto neanche nella recente pubblicazione di A. D’Andrea e V. Contreras, Le zecche minori della Campania – volume II, è comparsa un’immagine fotografica per la suddetta tipologia, bensì vi si ritrova un disegno tratto dal Repertorio di G. Sambon. Fig. 3: CNI XVIII, tav. XII, n° 22. Fig. 4: MEC 14, plate 1, n° 8. A questo punto mi sorge spontanea una domanda: esiste la possibilità che, anche nella sede di questa discussione, possano essere trovate altre testimonianze fotografiche di monete da mezzo denaro capuano simile per tipologia al nostro? Non vorrei dilungarmi troppo in discorsi che poi potrebbero annoiare, mi rendo conto che fino ad ora sono già stato abbastanza prolisso. Ringraziandovi per l’attenzione che vorrete dedicare a questa mia riflessione, vi invito a contribuire con qualsiasi considerazione, informazione, segnalazione o altro che possa arricchire la nostra conoscenza su questa rara ed interessante moneta alto-medievale: ogni commento o integrazione di sorta saranno ovviamente i benvenuti.
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  5. Buonasera a tutti Sto riflettendo sull'acquisto di questo tallero per il levante. Voi cosa ne pensate? Come giudicate la conservazione? Grazie mille anticipatamente per i vostri consigli Alessio
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  6. E se può interessare, ad integrazione di quanto detto, aggiungo che c'è anche il conio con lo stesso difetto ( probabile frattura del conio ) ma di dimensioni diverse, difatti, e' più grossa nella moneta della discussione, ciò naturalmente significa che il conio ha lavorato di più e di conseguenza si spiegherebbe l'usura maggiore della moneta della discussione
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  7. Le ultime emissioni di marenghi risalgono al 1923 (fascetto) e furono venduti ai privati a quattro volte il valore facciale, quindi non circolavano più da un pezzo, stesso discorso per le altre monete d'oro. Nelle tasche di un nobile ricco, quanto a monete, avresti trovato quello che trovavi nelle tasche di un operaio o di un impiegato: centesimi in rame (a partire dal valore di 5 centesimi, le monete da 1 e 2 non si coniavano da 20 anni, e probabilmente non servivano più a niente), i buoni in nichelio da 1 e 2 lire, e qualche moneta dello stesso valore della serie Impero, ma non troppe, le avevano coniate solo l'anno prima, e non tantissime. Poi, qualcosa in argento, soprattutto aquilini da 5 lire, e forse ancora qualche moneta, sempre in argento, da 1 e 2 lire, del tipo "Quadriga", ma anche quelle non si coniavano più da 20 anni, e non ne dovevano essere rimaste molte in circolazione. Ma soprattutto, nelle tasche di un ricco, ed è cosa che i cultori del Regno tendono spesso a dimenticare , ci avresti trovato le banconote, quelle grandi da 500 e 1000 lire, che per un impiegato corrispondevano allo stipendio di un mese (o meglio, al sogno di esso, hai presente la famosa canzone?), ma per un vero ricco erano solo spiccioli. Se queste informazioni ti servono per un'opera storico-letteraria, devi tenere ben presente che, già allora, la grandissima massa del circolante monetario era costituita dalla cartamoneta. petronius
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  8. Per gli appassionati di architetture veneziane mi permetto di suggerire Le Pietre di Venezia di John Ruskin. Fondamentale. Arka
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  9. riporto dalla guida "rossa" del TCI: la calle del Paradiso, uno dei più apprezzati esempi di edilizia popolare gotica "programmata" di Venezia, definita da due quinte di case a schiera, con pianoterra a botteghe e piani superiori a sbalzo su barbacani lignei, collegate alle testate da archi gotici; il complesso, iniziato nel 1407 sotto Andrea, abate di Pomposa (iscrizione sull'arco verso la salizzada) passato quindi ai Foscari e, per matrimonio, ai Mocenigo, subì notevoli rimaneggiamenti e sopraelevazioni nel XVI-XVII secolo. A fondale della stretta prospettiva, verso il rio di S. Maria Formosa, è il cosiddetto arco del Paradiso, a cuspide traforata con quadrilobo, decorato sui due fronti da un rilievo di analogo soggetto, la Madonna della misericordia: quello verso la calle, con due donatori e gli stemmi Foscari e Mocenigo, risalente alla seconda metà del sec. XV; quello verso il rio, con un donatore e due stemmi Foscari, databile intorno al 1380 (l'edificio di testata, a sinistra del ponte, conserva elementi tardobizantini del sec. XIII, gotici e rinascimentali).
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  10. Ne posto una semplice ma per me affascinante.............Carlino 1577 Filippo II Zecca di Napoli FIDEI DEFENSOR
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  11. Pur non essendo la mia monetazione e il mio ambito di collezionismo, questa moneta par la sua straordinaria iconografia e per il significato del suo motto al R/ mi ha sempre affascinato moltissimo: Pezza della Rosa del 1718, a nome di Cosimo III dé Medici GRATIA OBVIA VLTIO QVAESITA “La benevolenza [è] spontanea, la punizione [è] ricercata”. “Con questa impresa (il motto venne ideato dal bibliotecario di corte Francesco Rondinelli, 1589-1655) – scrive Traina – Ferdinando II de’ Medici (1610-1670) lanciò un messaggio ai suoi nemici: come la rosa, nonostante la sua grazia e bellezza (GRATIA OBVIA), ha le spine che la proteggono contro chi vuole rovinarla (VLTIO QVAESITA), così il granduca, pur essendo di animo buono, non avrebbe esitato a rintuzzare qualsiasi offesa. Questo, secondo il Galeotti; altri, con minor fondamento, riferiscono il motto alla città di Livorno”. Michele
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  12. Clemente XI, grosso per Roma, 1710 DATE ET DABI:TVR Citazione dal Vangelo di Luca, 6:38 Date et dabitur vobis mensuram bonam confersam et coagitatam et supereffluentem dabunt in sinum vestrum eadem quippe mensura qua mensi fueritis remetietur vobis. "Date e vi sarà dato, vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante, perché con la misura con cui misurate sarà misurato a voi" petronius
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  13. Ormai penso che siamo stanchi di falsi, ma soprattutto per quel che riguarda le celtiche padane che sono ormai uno spauracchio per i collezionisti. Oggi porgo alla Vostra attenzione una moneta sospetta (vista sulla solita baia). http://www.ebay.it/itm/112156383642?clk_rvr_id=1105110543627&rmvSB=true Per me ha delle analogie con quelle riproduzioni fatte dal Sig. Giuseppe Stucchi (per precisazione non si vuole ne affermare ne alludere ad un suo ancor che minimo coinvolgimento in questa vicenda) come si può vedere sul sito: http://aestorkoi.jimdo.com/foto-vecchie/tesori/dracme-galliche/ Naturalmente la moneta in questione è stata un tantino opacizzata ed anticata, secondo la mia opinione (e naturalmente posso sbagliare), Voi cosa ne pensate?
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  14. Salve a tutti. Quest'oggi volevo parlare di una moneta piuttosto particolare e anche abbastanza rara. Eccone la descrizione che ho ricavato anche grazie ai testi che indico in bibliografia: D/ LAN//PRI a tutto campo, su due righe, sormontate da trattini di abbreviazione. Contorno perlinato. R/ PAL//PRI a tutto campo, su due righe, sormontate da trattini di abbreviazione. Contorno perlinato. Riferimenti bibliografici essenziali: CNI XVIII, p. 241, n° 1; Spinelli, p. 140, n° x – xiii con figure a p. 3, n° 5 – 7; MEC 14, p. 592, n° 8 (tav. 1); Sambon, Recueil, p. 67, n° 152; Sambon, Repertorio, pp. 76 – 77, n° 483 (tav. VII); D’Andrea – Contreras, vol. II, p. 50, n° 5. (Esemplare proveniente da collezione privata. Fotografie a cura di chi scrive). Con un peso di 0,5 g. ed un diametro di 13 mm., stando a quanto ho appena riportato, dovrebbe trattarsi di un mezzo denaro coniato a Capua per il Principe longobardo Landolfo II in unione con suo figlio Pandolfo I detto Capodiferro. La data di emissione dovrebbe coincidere con il 943-958. Landolfo II fu Principe sia di Benevento che di Capua, poiché i due dominii erano stati uniti sotto una sola corona da suo nonno, Atenolfo I il Grande (887-910), Principe di Capua e conquistatore di Benevento. La tradizione dinastica capuana voleva che il figlio designato erede fosse affiancato nel governo dello Stato dal padre regnante già in giovane età. Potevano essere associati al trono anche più figli maschi, come vedremo tra poco. Da Atenolfo I si era stabilito che i due Principati di Capua e Benevento, una volta uniti, non si potessero più separare: naturalmente, la dinastia capuana badava bene a tenere uniti i suoi territori, soprattutto quelli di recente conquista, poiché potevano dimostrare ancora velleitarie spinte indipendentiste - in particolare se pensiamo a Benevento che, fino a poco tempo prima, era il più potente Stato longobardo dell'Italia Meridionale. Landolfo II fu così associato al trono da suo padre, Landolfo I (910-943), nel 933, anno in cui fu elevato allo stesso rango anche il fratello maggiore Atenolfo III. Alla morte del padre, il 10 aprile 943, Landolfo II assunse il potere assoluto sia su Capua che su Benevento: egli infatti spodestò dal trono della prima città il cugino omonimo, figlio di suo zio Atenolfo II, e dalla seconda suo fratello maggiore Atenolfo III. I due Principi si rifugiarono a Salerno da Guaimario II (901-946) che gli diede ospitalità e protezione. Il suo primo atto, in quello stesso anno 943, fu quello di associare al trono suo figlio Pandolfo I. Fu forse per commemorare questo avvenimento che a Capua (tra poco mi soffermerò anche sulla zecca emittente) si batté questo mezzo denaro in argento recante su ogni lato il nome ed il titolo principesco dei due regnanti longobardi. La politica di Landolfo II fu in linea con quella dei suoi predecessori: mentre da un lato promosse un avvicinamento diplomatico verso il Principato di Salerno, su cui iniziò a nutrire delle mire espansionistiche, prese le distanze da Costantinopoli, favorendo azioni di disturbo nelle province bizantine d'Italia. Nel 946, alla morte di Guaimario II, con l'ascesa di Gisulfo I (946-977), giovane ed inesperto, Landolfo II volle avviare l'invasione del salernitano per la sua annessione al Principato. Per questo motivo intrattenne rapporti amichevoli con il Duca di Napoli Giovanni III (928-968), il quale fornì un appoggio concreto per incentivare la spedizione di Landolfo. Il suo piano però fallì miseramente: l'esercito capuano, unito ai contingenti napoletani, fu sconfitto presso l'odierna Cava dei Tirreni dagli Amalfitani di Mastalo II (953-958), alleato dei Salernitani. Dopo la cocente sconfitta, Landolfo II ruppe l'alleanza con Giovanni III per passare con gli Amalfitani ed i Salernitani e mosse guerra al suo vecchio alleato napoletano: l'azione, però, si concluse con un nulla di fatto anche questa volta, dato che l'unico avvenimento eclatante della guerra fu l'assedio e la distruzione di Nola. A partire dal 955, la politica anti-bizantina del Nostro si fece ancora più aggressiva, ma i Greci si dimostrarono più preparati del previsto e Landolfo fu costretto ad ammetterne la superiorità. Alla fine del suo regno, Landolfo II, che intanto, nel 959 aveva affiancato a lui stesso ed al primogenito Pandolfo l'altro figlio omonimo, aveva fallito tutti gli obiettivi politici e militari che si era imposto. Anche per l'associazione al trono del secondo figlio Landolfo fu coniato a Capua un mezzo denaro recante, sul modello di questo oggetto della nostra discussione, i nomi abbreviati dei tre personaggi (cfr. Sambon, Recueil, p. 67, n° 153, con figura nel testo). Morì con questa delusione nel maggio del 961. Gli successe suo figlio Pandolfo I Capodiferro, in assoluto il più illustre esponente della dinastia capuana che riuscì, dopo più di un secolo, a riunire in una sola compagine territoriale l'antica Langobardia Minor beneventana, prima che si dividesse in più Principati indipendenti. Il potere effettivo fu esercitato da Pandolfo, nonostante il fratello Landolfo III fosse ancora co-reggente. La morte prematura di quest'ultimo, nel 968, lasciò Pandolfo unico padrone dell'Italia Meridionale longobarda. Le prime attestazioni di questi mezzi denari le ho riscontrate nel libro del Principe di San Giorgio, Domenico Spinelli, pubblicato a Napoli nel 1844 per cura di Michele Tafuri dal titolo Monete cufiche battute da Principi longobardi, normanni e svevi nel Regno delle Due Sicilie (cfr. tra i suddetti riferimenti bibliografici). In questo contesto vengono segnalati ben tre esemplari appartenenti alla ricchissima Collezione del Principe, illustrati mediante disegno nel trafiletto a pag. 3 del suo volume (fig. 1). Purtroppo, le monete furono male interpretate all'epoca e bisogna attendere gli studi dei più celebri Giulio ed Arturo Sambon agli inizi del secolo scorso per avere una panoramica più chiara intorno a queste particolari monete. Mentre per Giulio Sambon l'attribuzione a Capua è incerta (in quanto l'Autore era indeciso tra Capua e Benevento: cfr. quanto da lui detto in nota nel suo Repertorio sopra citato), per Arturo Sambon, nel Recueil, queste monetine vennero attribuite con certezza a Capua e datate alla metà del secolo X. L'esistenza di un atelier monetario a Capua in epoca longobarda è ben attestato - dice Sambon - grazie alla cronaca lasciataci dal rabbino Achimaaz: costui, narrando la storia della sua famiglia dall'850 al 1054 circa, racconta che un certo Samuele figlio di Chananel una volta sposatosi si trasferì nel 940 da Benevento, dove aveva vissuto fino ad allora, a Capua in qualità di "maitre de la Monnaie". Come datazione, tra l'altro, coincide pure con quella assegnata per questo mezzo denaro (943-958). Samuele, infatti, sembra abbia esercitato il suo incarico nella zecca capuana anche sotto Pandolfo I, successore di Landolfo II. L'attività monetaria di Capua in questo periodo, che non fu molto prolifica come dimostrato anche dalla rarità di questi pezzi, sarebbe servita, sempre secondo la ricostruzione del Sambon, ad alimentare con nuovo numerario il commercio affievolito del Principato di Benevento, ormai in decadenza rispetto agli antichi fasti. Un esemplare di questo mezzo denaro per Landolfo II e Pandolfo I era segnalato anche nella prima Collezione Sambon esitata a Milano nel 1897: nel catalogo di detta vendita se ne ritrova la descrizione a pag. 22, n° 267. Il celeberrimo studioso francese non trascura di osservare che, in molti casi, le lettere componenti le legende di questi nominali sono mal coniate e difficilmente si leggono nella loro interezza. Comunissime, infatti, sono le schiacciature di conio e i difetti di coniazione, come si osserva anche dai disegni pubblicati dallo Spinelli (fig. 1). Inoltre, la dicitura di mezzo denaro, di cui oggi qualcuno dubita, è dovuta essenzialmente al peso ridotto di questi pezzi. Fig. 1: Trafiletto illustrato con i mezzi denari capuani tratto dall'opera numismatica dello Spinelli. Mi scuso per la qualità delle foto, ma ho dovuto apportarvi qualche modifica per adattarle all'interno del presente post. Continua...
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  15. Ciao a tutti. Con piacere vi presento una mia moneta che possiedo da un po': 10 Lire del 1928, due rosette al bordo. Credo che sia una moneta che stilisticamente non piace molto al pubblico. A me non dispiace affatto, soprattutto se si parla di quella più rara! Cosa ne pensate? Vi piace? In che conservazione la giudicate? Sempre ricordando che ogni commento sarà ben accetto... scatenatevi. Ciao e grazie come sempre. Vince
    1 punto
  16. E' disponibile la seconda parte del Bollettino di Numismatica per la Zecca di Bozzolo al seguente link: http://www.bdnonline.numismaticadellostato.it/materiali/index.do?id=205 Massimo
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  17. Infatti apprezzo molto il tuo sforzo e la tua collaborazione. Aspettando pareri piu' autorevoli mi sbilancio dicendo che la moneta in questione non e' censita, non risulta in nessun catalogo. Tra l'altro lo Sphar censisce la 156? svariate volte ma il nulla sulla 155?...
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  18. Ho capito, resta comunque un bel problema per la classificazione esatta, come hai detto tu. Che ci sia un cenno oppure nulla poco cambia per la classificazione, perché in entrambi i casi persistono le stesse difficoltà. Io ti ho presentato, da quello che vedo, una serie di possibilità e ti ho lasciato il mio giudizio critico per ognuna di esse, non in base alla data, ma in base alla spezzatura della legenda di D/ da qui si potrebbe tentare di arrivare ad una data (e non il contrario). Il range entro cui effettuare una scelta non credo si possa ampliare di molto oltre a quelle possibilità che ti ho già elencato. Magari tu, con la moneta alla mano, potresti provare a scartarne qualcuna così da provare almeno ad avvicinarti alla soluzione più congrua. Attendiamo anche altri pareri perché come già ti ho detto prima le siciliane non sono proprio il mio campo primario. Resta una moneta molto gradevole ugualmente.
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  19. Salve @ozacido, non sono molto ferrato sulle zecche siciliane, ma noto subito che sono belle monete. Ho quindi confrontato la classificazione desumibile dai tuoi esemplari con quelle elencate nello Spahr e ho notato le seguenti differenze: 1) 4 tarì anno 1557 (la prima in alto): dovrebbe essere Spahr n° 17 variante, in quanto mancano i simboli che si trovano sotto il busto nella descrizione apportata dal catalogo, però la n° 17 è quella che si avvicina di più per tipo e spezzatura della legenda. 2) 4 tarì 1558 (la seconda a destra): forse mi sfugge qualcosa, ma sembra l'unica che non ha nulla di diverso da quanto riportato in Spahr al n° 24. Se c'è qualcosa che non ho notato, dovrò osservare meglio. 3) 4 tarì 1558? (l'ultima in basso, con l'ultima cifra della data evanescente): purtroppo, l'ultima cifra della data non è ben definibile. Potrebbe essere 1558, mi sembra difficile possa essere un 1557. Allora, se è così, quella che più si avvicina, per le legende, è la n° 23 di Spahr, ma noto delle differenze nella punteggiatura di D/ e nei simboli sotto il busto. Vado ad esclusione, perché con la spezzatura PHILIPP-VS al D/ per quello che mi sembra essere un 1558 l'unica è la Spahr 23. Per ora ho notato solo questo, ma se c'è dell'altro occorre fare paragoni più attenti per scoprirlo. Correggetemi se ho sbagliato qualcosa, come detto non ho molta esperienza con le monete siciliane e non vorrei dire cose sbagliate.
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  20. Ciao @babelone, Non capisco la tua reazione...... Forse pensi di essere il più bravo della classe ? Non pensi che ci siano più bravi di te e purtroppo anche di me ! Conoscere le monete antiche , ci vuole tanta esperienza . N'è tu e n'è io riconosciamo le monete "catorcio" cosi a pelle come qualcuno in questa discussione. La cosa che mi fa inc......re e che tu ,io e qualche altro, documentiamo , argomentiamo le nostre "opinioni" giuste o sbagliate , a favore della comunità e c'è sempre qualcuno pronto a criticare , solo con messaggini di qualche rigo , senza documentare la sua opinione . Pur di contraddire oggi Babelone, domani Gionnysicily si sparano dottamente termini non appropriati. Anziché scrivere .....(.sai babelone, mi sembra che acraf abbia ragione che possa essere una moneta fusa e non sembrerebbe tanto pericolosa. sentiamo altre opinioni.) E non solo......."vedo degli esemplari improbabili" Questo sta a significare che hai illustrato di tetradrammi Cartaginesi dubbiosi ?. Ho povero babelone.!!! Ritornando al tetradramma e comparato ad uno dello stesso conio "genuino" , personalmente avrei studiato un po prima di contraddire giudicandolo un catorcio. Almeno il dritto, altro che catorcio . Semmai chiederei ad @ateniese di fare delle foto migliori ,se può . Poiché questa moneta si presenta con una conservazione consunta , come se fosse circolata tanto , poi all'inizio dell'esergo da sinistra , ho l'impressione che sembra una corrosione e che non ci sta con una fusione o una coniatura moderna. Potrei anche sbagliarmi . Tutto questo per fare (sempre) chiarezza pacatamente e con lo spirito della comunità degli appassionati di antiche. Questo vuol dire...........poche chiacchiere e più dialoghi.
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  21. L'ho guardata bene ma non mi sembra una moneta.....
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  22. ha una patina bellissima! Ottima moneta!
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  23. Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così ...... è questo il motivo principale per il quale il tallero non "sfondò" mai nel Levante e non riuscì a soppiantare il tallero astrungarico che era più ricercato da quelle parti. Peccato, perché l'iconografia del tallero veneziano, a parer mio, non era seconda a nessuna; il problema era certamente dovuta alla coniazione; il conio con poca profondità? Il torchio che non riusciva ad imprimere sufficientemente? Sta di fatto che il leone è quasi sempre più in rilievo rispetto alla Signora
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  24. Grazie dei vostri pareri. Ho appena effettuato l'acquisto, non vedo l'ora che arrivi! Si prosegue con energia sulla via delle levantine...
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  25. Una decina d'anni fa (la data di luglio 2010 è errata, corrisponde a quella in cui il sito è stato ristrutturato), avevo scritto questo articolo, sulla storia del biglietto da 1.000 lire: http://www.cartamonetaitaliana.it/2010/07/21/mille-lire-al-mese/ Anche se alcuni caratteri sono illeggibili (non chiedermi perché) il testo è nel complesso chiaro, allora parlavo di una corrispondenza tra il valore del biglietto da 1.000 lire nel 1939 (due anni prima non credo ci fossero grosse differenze, la svalutazione è iniziata con la guerra) e nel 2002, quando è entrato in vigore l'euro, pari a 1.250.000 lire, ovvero circa 650 euro: gli altri tagli, ovviamente, in proporzione. Non ricordo dove presi quel valore, in seguito ne ho poi letti di diversi, e anche qui sul forum, come ti hanno già detto, il discorso è stato affrontato più di una volta. Nell'articolo trovi anche i prezzi, sempre nel 1939, di alcuni oggetti: "Quando uscì il film 'Mille lire al mese', il pane costava 1,60 lire il chilo, 2 lire il riso, 50 centesimi le patate (sempre un chilo), le uova 4 centesimi l'una; un cappotto da donna, comune, 475 lire; il primo elettrodomestico, un ferro da stiro elettrico, dalle 40 alle 60 lire." petronius
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  26. Sierra Leone 1/2 Cent 1964 Bronzo € 2,00
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  27. Ciao @dux-sab , in effetti hai frequentato trattorie vicine a Via della Lungara dove si trova la Porta Settimiana , comunque consolati , nessuno puo' dire di conoscere completamente Roma , quasi 3000 anni di storia e di sovrapposizioni di epoche diverse non lo permettono . Le ultime foto non le ho scattate oggi di persona , abito piuttosto distante da Trastevere . Saluti
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  28. Che c..... fortuna ....... non credi @King John di dover pagare almeno una cena di pesce al Sig./Sig.ra che ti ha dato la moneta cilena? Se contattiamo @antvwala ci farà una perizia in merito.
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  29. ognuno le tenga dove piu' gli aggrada
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  30. Io penso sia stata ricavata per asportazione,invece che per fusione o coniatura
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  31. Giá... ma proprio questo è La Numismatica... senza il contesto storico perde quasi tutto il gusto! Ciao Illyricum [emoji4]
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  32. Un quadrante di Caligola si è rivelato qui un utile mezzo per ristabilire la verità storica con la lettura dei testi segnalati sugli imperatori romani: un altro ruolo importante della Numismatica.
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  33. Per terminare il post , ormai troppo lungo , due ultime foto di una Porta delle Mura Aureliane poco conosciuta chiamata Settimiana , che in origine , prima della costruzione delle Mura da parte di Aureliano , era semplicemente l' accesso alle Terme di Settimio Severo , da cui il nome , che si estendevano su una superficie di circa 12 ettari nel cuore del Trastevere , tra Via della Lungara e il Colle del Gianicolo , e’ un' area archeologica denominata Orti di Geta , che facevano parte in antico delle Terme di Settimio Severo . Le due foto rappresentano la Porta Settimiana nel 1870 ed era come si vede anche oggi , l' altra foto piu' o meno degli stessi anni , mostra un tratto delle Mura Aureliane del Trastevere prossime alla Porta oggi non piu' esistenti , come erano subito a monte di Ponte Sisto .
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  34. .......i partecipanti alla serata del CENTRO CULTURALE MILANESE
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  35. A me invece stanno venendo in mente le R dei denari ottoniani milanesi che Toffanin nel suo MIR attribuisce ad Ottone II. Le R in questione sono del tipo c.d. aperto in una forma che ricorda una Y con l'asta verticale molto corta... La lettera sulla moneta in questione potrebbe anche essere una R completa e capovolta. Non riesco però a capire il perché di scrivere solo una lettera a testa in giù e non tutte.
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  36. Come dicevo precedentemente, la lettura proposta e' fortemente influenzata dai denari lucchesi. Naturalmente ci possono essere letture alternative. A questo proposito, probabilmente avrete gia' letto l'interessante articolo di Luca Gianazza e Arie Van Herwijnen pubblicato sulla RIN dal titolo Un denaro inedito a nome di Ugo di Arles "imperatore", scaricabile qui: http://www.sibrium.org/Materiali/RIN2016.pdf Tra le lettere componenti la legenda ci sono in particolare due P composte da IS (pag. 64). Questa disposizione mi ha ricordato quella di alcune lettere della moneta di questa discussione: Se veramente ci fosse una influenza, quale potrebbe essere la lettura che potremmo fare nel nostro caso? A dire la verita' considerare quella lettera una P non mi convince, cosi' ho pensato che se la leggenda non e' fittizia, le prime lettere potrebbero essere un VD in legatura. Naturalmente e' solo una mia interpretazione, ben vengano suggerimenti o correzioni.
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  37. Ho smesso da tempo di raccogliere greche ma onestamente anche in passato mi sarei tenuto lontano da un rovescio cosi brutto e sliso ...
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  38. Mi aggancio all'osservazione di enricociferri....lo stesso vale per Nerone e per questo vi invito alla lettura di "Nerone",di Massimo Fini....decisamente Nerone non organizzó la distruzione di Roma ad esempio,dal momento che tutti conosciamo i materiali con i quali venivano costruite le case,con il legno impiegato in grande quantità e dappertutto...oltretutto istituì squadre di "pompieri" ma non scrivo oltre per non rovinarvi il piacere della lettura
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  39. @Arka grande bel libro. grazie per averlo segnalato. la discussione di Ruskin sui capitelli del palazzo ducale varrebbe da sola il libro. certo, egli non è clemente sull'architettura tardo rinascimentale e barocca (v. l'esempio secondo me più esilarante sul mascherone apotropaico del campanile di S. Maria Formosa), ma molte generazioni di appassionati di Venezia ne sono a diritto debitori.
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  40. Ciao! si tratta sì di un trachy latino ma sulla faccia concava non c'è Cristo, bensì il Battista e su quella convessa San Nicola. Come riferimento DOC IV, 21 (type U) con attribuzione a Costantinopoli (il riferimento corrispondente del Sear mi sembra errato).
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  41. Giusto per completezza d'informazione, il Gigante e il Montenegro, nell'edizione appena pubblicata, hanno provveduto ad aggiornare le loro schede sui Reali Presidi di Toscana recependo le conclusioni dei miei studi. Bene così!
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  42. È sempre difficile dare un giudizio di sorta, dalle immagini per me qSpl
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  43. Aggiungo una papale... Clemente VII, mezzo giulio, Piacenza: REGNANS APERIT CLAVDIT Durante il suo regno aprì e chiuse La frase si riferisce a Clemente VII ed al Giubileo (1525) che fu aperto e chiuso durante il suo pontificato. E' proprio questa legenda che permette di datare con sicurezza e precisione la moneta, datazione che venne proposta per la prima volta da Francesco Muntoni nel suo "Le monete dei Papi e degli Stati Pontifici". Precedentemente la tipologia, che come possiamo notare non riporta il nome del Papa, era stata considerata come anonima attribuita ad Adriano VI (1522 - 1523). Al rovescio troviamo l'indicazione della zecca, con un bel rimando all'origine di colonia romana della città, PLACENTIA ROMANOR COLONA e una bella lupa a dominare il campo.
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  44. Non è un sesterzio e non è una moneta particolare. E' pieno di monete di peso eccedente o scarso rispetto ai riferimenti ponderali teorici...sono un appassionato di monete pesanti e appena riesco ne compro...ho visto sesterzi di Traiano da 50grammi e lo stesso sesterzio con gli stessi conii su tondelli da 20grammi scarsi...idem per i tagli minori, assi da 25 grammi o da 8 grammi e dupondi da 10 grammi o da 27....non è nulla di sconvolgente o di considerabile come una emissione a parte...sono curiose ma normali oscillazioni ponderali su monete che, all'epoca, erano gli spiccioli, quindi fatte tirando un po' via sui parametri dimensionali.... Per l'oro e l'argento il discorso cambia.....e di parecchio, almeno in certi periodi...in altri vale la stessa regola; sono spiccioli, quindi non curati.
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  45. Anche per me autentica. Onestamente non vedo dei motivi per giudicarla falsa. Oltretutto non ne ho mai viste di non autentiche.
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  46. Al momento no ho la medaglietta sottomano, quindi non posso darti il diametro con precisione. Come dimensioni direi quanto una moneta da 2 euro, forse un po' più piccola. Se in così bassa conservazione vale già sui 50 euro in conservazione medio/alta a che cifre può arrivare allora? Grazie mille per le risposte comunque, se le cose stanno così ho fatto davvero un piccolo, buon affare. Ho comprato un lotto di monete da 9 pezzi comprendente: questa medaglietta, due dollari Morgan, un quarto di dollaro del '57, i 50 cent australiani d'argento del '66, 1/2 franco svizzero del 1904 ed altre 3 monetine pagando il tutto 60 euro.
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  47. Confronto i profili della ninfa Aretusa tra Pecunem e Berlino Pecunem Berlino Non sono molto somiglianti, quasi a sembrare conii diversi, quando non dovrebbero.... Nell'esemplare Pecunem manva una certa plasticità, specie al naso.... In ogni caso servirebbe un esame dal vivo....
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  48. io non capisco solo una cosa, è vero che è brutto buttare i soldi, ma ci fissiamo a consigliare di studiare al neofita che vuole bruciare la 50-100 euro, quanta sana esperienza fa commentere qualche errore? forse dovremmo essere meno tarati e esprimere un parere meno a senso unico, nessuno parte a bomba, e se l'errore non lo si fa adesso magari tra 10 anni lo si fa su una moneta importante..., la moneta in questione ha sicuramente uno stato conservativo approssimativo, è rara, le quotazioni sono tot allo stato attuale, se ti soddisfa prendila punto. Hai appena inziato a collezionare e vorresti un aiuto? cerca di capire se ti affascina più una moneta rara o una moneta meglio conservata, la solvibilità degli acquisti è vero che va vagliata...ma questo è un hobby, ed è fatto anche da slanci...giusti o sbagliati, per fortuna, nella mia esperienza, un 80 percento delle volte che mi sono lanciato ho avuto fortuna...il 20 mi sono pentito, delle occasioni lasciate andare ...mi sono pentito della quasi totalità...tenete a mente che spendete dei soldi, date ai soldi il giusto peso e godetevi un po di sana numismatica... plasmiamo gente che riconosce un qFdC/FdC da un FdC ancor prima d'aver comprato un 5 centesimi spiga. E prima che qualcuno mi salti alla gola chiedendomi io che colleziono...risposto che io colleziono a mio gusto, in modo che quando spendo i miei soldi ciò che mi rimane è la soddisfazione. L'ultima postilla, e poi smetto, capisco l'insofferenza di chi ormai è avviato ai massimi vertici, c è tanta gente da cui imparare qui, però la sera a casa siete voi e le monete che comprate...che piacciono a noi poco importa.
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