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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 10/09/14 in tutte le aree
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Me la hanno appena data per pagare 1 euro di transito...non ci credo. Taglio: 1 Euro Nazione: Vaticano Anno: 2011 Tiratura: 109.000 solo divisionali Condizioni:SPL/QFDC Città: BEREGUARDO (PV6 punti
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Vorrei ricordare che la vicinanza di edifici di Zecca ai corsi d'acqua non era necessariamente in rapporto a torchi ad acqua e a modalità di coniare. A Bologna vicino a un corso d'acqua (canale di Reno) si trovava la trafila, edificio di Zecca in cui l'acqua serviva ad azionare i laminatoi e le "macine di amalgamazione", queste ultime utilizzate per raffinare i metalli preziosi. Nel 1809 a Milano fu premiata l'invenzione di un valente "meccanico" Fiorentino, il cav. Giuseppe Morosi, per l'invenzione del torchio idraulico "cosicché con ingegnoso artifizio la forza dell'acqua è sostituita al braccio dei torcolieri nel muovere il bilanciere del torchio da moneta." (M.Gioja, Opere minori, vol 11, Lugano 1834, p. 181). I Torchi erano fino ad allora prevalentemente manuali (presse a bilancere) ed azionati da operai specializzati.3 punti
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In circolazione magari no, ma sapessi quante ne trovi in fondo al mare... :D3 punti
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@@Silver70 ... che ti avevo detto? ;-) bisogna capire che: 1. le monete non te le regala nessuno 2. se c'è un affare in vista i soliti noti non se lo faranno sfuggire, anche se l'asta è base 1 euro! 3. il miglior perito è sempre l'esperienza avendo occhio ed esperienza ho visto subito che le monete non erano in FDC (come vedi dai dettagli della corazza), perchè pur piccolissime che siano le foto quando sono FDC queste monete presentano una protuberanza e un puntino al centro... ma queste finezze le acquisisci con anni di esperienza e facendo anche tu un pò di prove fotografiche... ad maiora!3 punti
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Le foto fatte dal venditore sono ottime! Moneta decisamente piacevole, bello SPL con una bella patina! Complimenti! Ci accorgiamo sempre più spesso, quanto una foto possa svilire la bellezza di una moneta!3 punti
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Rispolveriamo questa discussione con un nuovo regalo riguardo Enrico VI e Costanza :) Vi faccio vedere il mezzo denaro con AP e i corrispondenti denari con stelletta soltanto nel 3' quadrante, con stelletta soltanto nel 2' quadrante e con 2 stellette nel 2' e 3' quadrante. Che ne pensate? Qualcuno e' inedito? Chi aggiorna le schede del catalogo :P ?3 punti
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allego foto di un Testone del 1583 di Francesco dei Medici coniato a Molino, sull Arno a Firenze. al momento non ho foto della mia piastra sennò mettevo anche quelle..3 punti
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La qualità delle monete emesse nel piccolo ducato guastallese non sfuggirono ai messi dei ducati confinanti tanto che già nel 1620 il duca di Modena veniva avvisato che "qui certi tedeschi cha battono denari ma in maniera differente dalli altri che usano in Lombardia" La cosa a Modena riscosse notevole interesse ma si dovette arrivare all'appalto assegnato nel 1638 da Francesco I d'Este al borgognone Bartolomeo Simonis per vedere arrivare a Modena le prime macchine per coniare monete. Il Simonis introdusse a Modena le presse a rulli rotanti mosse con la forza motrice generata dell'acqua. Interessante notare a tal proposito che il canale che portava acqua alla zecca, per motivi di sicurezza e di segretezza, venne completamente coperto e non venne riportato nelle piante della città, tanto che, anche in epoca moderna (lavori di stabilizzazione e ristrutturazione del duomo) se ne ignorava il reale percorso. e qui mi fermo un saluto Mario3 punti
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Visto che hai iniziato da 3 mesi a collezionare, ti chiedo se prima di comprare monete hai comprato dei manuali e ti sei messo a studiare. È molto importante prima di avventurarsi negli acquisti avere una conoscenza base di quel che si vuole collezionare. Inoltre vedo che i tuoi acquisti sono molto diversi tra loro. Passi da dollari morgan a monete romane a monete del regno. Un mio consiglio è di ridurre le epoche e periodi e nazioni e concentrarsi su una tipologia. Cosi farai esperienza e non rischi di fare acquisti sbagliati per colpa della fretta e del volere tutto subito che è tipico di chi inizia. Io stesso agli inizi compravo di tutto, e col tempo mi sono reso conto che sbagliavo. Senza manuali, senza aver studiato, soprattutto per monete classiche è davvero un rischio. Poi mi sono concentrato in un periodo storico e in 3 nazioni in particolare. Germania Francia ed Italia. E dopo tanti anni ancora ho da imparare. La prossima volta non avere paura a chiedere aiuto e consigli in questo forum prima di comprare qualcosa. Ciao.2 punti
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Per chi volesse saperne di più però c'è anche su internet questo prezioso contributo di Lucia Travaini " Produzioni e tecniche" che poi richiama un pò il contributo della stessa che c'è nelle " Le zecche italiane fino all'Unità ", buona lettura, http://www.luciatravaini.it/wp-content/uploads/2012/09/Zecche-e-monete.pdf2 punti
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Vediamo di entrare un po' più nel vivo ancora, e utilizzo le informazioni scritte di Lucia Travaini in " Le zecche italiane fino all'Unità ". Secondo la Travaini, stiamo parlando ovviamente di prove, tentativi, sembra dover essere attribuito a Venezia al 1574-75 un macchinario " per tirare, tagliare e stampare " monete di ogni qualità. Il tentativo però fallì per mancanza pare di forza idraulica adeguata, ma forse non solo per quello. E qui arriviamo a Firenze dove nel 1576 si ha notizia di " una zecca nuova per mano di tedeschi " presso il fiume, mentre restava operativa la vecchia zecca per mano degli italiani. A Mantova dal 1593 Gauger allestì una zecca con un torchio ad acqua ma ebbe difficoltà ed ostacoli . A Pisa la zecca riapre per poco alla fine cinquecento ed era dotata di un mulino ad acqua. Arriviamo a Luca Xell, personaggio che ritorna, che tra il 1618 e il 1630 prese in appalto le zecche di Guastalla, Parma, Piacenza e vi attivò i macchinari. Tedesche erano le macchine a bilanciere acquistate per la zecca di Napoli nel 1619, la zecca di Roma le impiantò nel 1634. Certamente la Travaini sottolinea le molte difficoltà che in Italia ebbero queste innovazioni, ne elenca alcune, alcune già dette, intermittenza tra periodi di grande produzione ed altri minore, le corporazioni del personale delle zecche che erano contrarie, problemi nel recupero del metallo di scarto e difficoltà nel trovare personale esperto. Le macchine furono usate più per i grandi nominali, vedi Venezia col tallero dal 1755. La produzione manuale rimase comunque spesso anche solo per integrazione fino al XVIII secolo in molte zecche. Fu più facile installare le macchine nelle nuove zecche che non avevano corporazioni ed ebbero grande successo nell'imprenditoria privata, vedi imitazioni, contraffazioni tipo i luigini con i piccoli principi che avevano diritto di zecca. In queste piccole zecche le macchine funzionarono alla grande e vennero adottate senza condizioni. Dalla metà del settecento la produzione diventa più uniforme grazie anche all'accentramento di alcune zecche. E' questo già un piccolo sunto, un sunto secondo Lucia Travaini diciamo, che ricopre alcune notizie già riportate, ma anche alcune approfondite o nuove. Vediamo se riusciamo ad avere notizie anche di Palermo e Cagliari o altro ancora....2 punti
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Si certo che mi riferivo a te fofo :blum: e non a @@francesco77, conoscendo il tuo giusto amore e passione per le fiorentine, monete ovviamente :blum:, ho pensato se dovesse arrivare una brutta tegola per Firenze spero che la prenda bene :blum:, poi è la storia e la numismatica che ci danno le informazioni e i dati ed è giusto saperla e conoscerla. Terrei fuori da questa discussione però, molto specifica, gli ambiti commerciali e i valori, cerchiamo di capire quando partono le coniazioni a macchine nelle zecche principali. Certamente ci manca Palermo come dicevo, Cagliari che ne pensi @@bizerba62 o @R-R, e credo anche qualche altra....poi effettivamente una tabellina finale di riassunto un po' per tutti la meriterebbe la discussione.... Certamente nel vedere certe monete napoletane bellissime con gli stessi regnanti che c'erano poi anche a Milano, Carlo V, Filippo II....qualche idea di approfondimento anche iconografico indubbiamente può venire, ma avremo modo su questo magari di parlarne più avanti.....2 punti
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Salve a tutti amici forumisti. Vorrei condividere con voi l'acquisto della mia prima medaglia. L'avevo vista circa sei mesi fa per la prima volta e me la lasciai sfuggire. Mi interessò talmente tanto al punto di comprare anche un libro antico che trattava della spèlendida figura del Duca di Bordeaux, Enrico V. Non conoscevo nulla di questo straordinario personaggio cattolicissimo e controrivoluzionario e poi, essendo io molto legato a San Michele Arcangelo, non potevo una seconda volta perderla. Ecco qui le foto.2 punti
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Che lo emetta dell'EXPo lo spero proprio,che sia' colorato ma anche NO..;)2 punti
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@@TONDELLO Diffidare in numismatica e' buona cosa perché ti invita ad approfondire e a studiare. Su ebay ci sono tanti "furbacchioni" come ci sono tanti periti e studi di numismatica di prim'ordine, basta farsi consigliare e chiedere pareri possibilmente PRIMA degli acquisti. Ciao2 punti
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Ciao Mario, ma guarda che il mio suggerimento non vuol certo creare le basi per una gara su chi fu la prima zecca ad utilizzare "gli ingegni" ma è mirato a creare un file di aiuto per coloro che desiderano iniziare una collezione sulla monetazione moderna e a chiarirsi le idee su come impostare al meglio la propria raccolta. Mi spiego meglio: oggi chi colleziona in genere monete moderne inizia sempre da quelle emissioni battute al bilanciere e mai da quelle al martello, si tratta ovviamente di una situazione generale basata su idee che mi sono fatto interagendo in questi anni con vari collezionisti e non si tratta certo di una regola fissa per tutte le zecche. Su Napoli e Palermo potrei farti degli esempi molto pratici sul criterio di apprezzamento dei numismatici e su come vengono impostate le varie collezioni: ci sono collezionisti che si dedicano esclusivamente alla monetazione meridionale battuta al martello ed in particolare dal periodo medievale fino a quello vicereale ed in particolar modo al 1666, anno in cui venne coniata l'ultima moneta d'argento al martello (cfr. immagine del rarissimo carlino di Carlo II per Napoli e di qualche altra immagine a titolo illustrativo), questi ovviamente inseriscono nelle proprie raccolte anche le ultimissime monete in rame battute martello perchè secondo loro e secondo i loro gusti la monetazione al martello è artisticamente più bella e la più originale. ............ Poi ............... ci sono quelli che collezionano monete partendo esclusivamente dal periodo numismatico moderno e cioè da tutte quelle monete battute al bilanciere perchè secondo loro le monete al martello sono troppo intricate e irregolari, insomma, collezioni impostate in maniera diversa secondo i diversi punti di vista. In conclusione caro Mario ci terrei a sensibilizzare un po' tutti sull'argomento perchè la teoria su Napoli è uguale un po' per tutte le zecche: aggiungo che ci sono molti collezionisti che collezionano esclusivamente monete del periodo borbonico e cioè quelle comprese tra il 1734 al 1859 (secondo te lo fanno per una questione ideologica o per altro?), se tale tabella fosse alla portata di tutti forse molti di questi ultimi inizierebbero a pensare di collezionare non più monete dal 1734 ma dal 1680, proprio perchè a Napoli il grosso della produzione monetaria al bilanciere iniziò in quell'anno. ....... e poi diciamoci la verità, le monete napoletane comprese tra il 1680 e il 1734 sono tra le più belle in assoluto e ad oggi risultano essere sotto-stimate a livello commerciale proprio per i suddetti motivi, questa tua discussione potrebbe fare quindi essere un propulsore per tutti coloro che desiderano spendere poco e tesaurizzare monete di elevato livello artistico, ma mi riferisco ovviamente a tutte le zecche e non solo a quelle di mio interesse. Secondo il mio punto di vista questa discussione è importante e se impostata con un certo rigore scientifico potrebbe portare ottimi risultati. A presto, Francesco2 punti
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ciao silver, mi spiace per la "fregatura" (anche se, trattandosi di un investimento complessivo di 30 euro non perderai il sonno)…. quello che vorrei invece farti capire (e scusa se mi permetto, ma sono anche io un quasi neofita sul sito e un numismatico in costruzione) è che su questo forum gli utenti più esperti danno consigli e pareri (soprattutto quando si tratta di valutare o ancora meglio decidere se acquistare o meno) di alto altissimo livello. Che oltre a dover esser presi in considerazione sono dati per tutelare altri utenti meno esperti (mi ci metto tranquillamente anche io) e salvaguardarli dal rischio di spendere male i propri soldi (soprattutto oggigiorno che ne circolano pochini)... Nel tuo caso specifico il tenore dei tuoi post è cambiato notevolmente (cocciuto ad oltranza all inizio, molto più conciliante adesso, guarda caso quando le monete son arrivate e non son affatto nella conservazione da te anticipata). Siamo una comunità e ci son un sacco di persone che usano la propria competenza per aiutarci/si. Bisognerebbe approfittarne (nel senso buono del termine) non mettersi sulla difensiva pretendendo anche di dimostrare che il sole è verde…)2 punti
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Anche se non è del Regno delle Due Sicilie è ,comunque,una bella medaglia con una bellissima iconografia. :good:2 punti
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Apprezzabili ed interessanti tutti gli interventi di questa discussione, volevo consigliare a Mario di raccogliere alla fine tutti i dati e le info e creare se possibile una tabella dove inserire in ordine cronologico tutte le zecche italiane che coniarono monete al bilanciere.2 punti
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Perchè tu non bazzicavi sul forum ai tempi del mitico "libroverde" e delle leggende del GK !!! :rofl: :rofl: :rofl:2 punti
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In realtà a Roma fu Urbano VIII a volere un torchio idraulico "per imprimere le monete con la maggior celerità e la miglior forma". Esso fu collocato nella zecca in Vaticano, mentre a Castel S. Angelo le monete erano ancora impresse manualmente. Furono coniati testoni al torchio a partire dal 1635 (anno XII) sebbene in modo discontinuo e negli ultimi anni di pontificato si tornò alla coniazione manuale degli stessi. Nell'altra importante zecca Pontificia, Bologna, la meccanizzazione fu opera di Bartolomeo Provagli (zecchiere dal 1653 al 1673) che costruì 2 torchi certamente in funzione nel 1666 per battere dei carlini (madonnine). (sotto un testone di Urbano VIII battuto al torchio (anno XIV, 1637-38).2 punti
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Taglio: 2 euro cc Nazione: Grecia Anno: 2013 Accademia di Atene Tiratura: 742.500 Condizioni: B Città: Milano2 punti
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la storia è storia ... comunque questa è un tantino (tantone, direi) retorica ... :D :D (la realtà era altra ...)2 punti
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Buona serata Certo che si; hai ragione. Non dimentichiamo anche l'uso dell'acqua per spegnere gli incendi, frequentissimi in un ambito, come le zecche, dove c'erano fornelli, crogioli, scorte di legno ....1 punto
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Salve a tutti sono nuovo del forum e vorrei sapere se la mia moneta e autentica.1 punto
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A riguardo sto consultando la mia "biblioteca". Il Sansovino, al termine della sua vita di Pietro Lando (scritta comunque una cinquantina d'anni dopo la sua morte) cita come chiesa del funerale SS. Giovanni e Paolo (per i veneziani, san Zanipolo), e come luogo di sepoltura Sant'Antonio di Castello. Vedo cosa mi dicono le mie altre fonti ;)1 punto
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Ciao Tenebroleso l'idea è buona ma di non facile realizzazione. Perchè? Perche dipende anche dal conio e dal periodo,quelle postate sono monete di oggi ed hanno un giudizio più severo rispetto magari a due monete dell'800. Per me poi la seconda è un qSPL o SPL almeno dalla foto. Comunque è un buon allenamento e speriamo che participino in molti. :good:1 punto
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ho rifatto le foto (ultimamente non mi escono un granchè)...la sostanza non cambia...forse si vede un pochino meglio la moneta nel complesso :)1 punto
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Mario per Firenze a me risulta 2 anni prima nel 1574 nel settembre. La zecca di Firenze rimane comunque una tra le più importanti e più belle, come si evince anche dalla bellezza delle monete prima dell unità d Italia.1 punto
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chissà dove sono finiti tutti quelli che commentavano in questa discussione, all'inizio dell'anno quando mi sono iscritto c'era molta più gente che commentava e dava pareri, mo sono spariti quasi tutti :confused:1 punto
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sono del partito di vederle dal vero le monete, anche se questa dare meno di SPL bisogna essere proprio severi! cmq a mio modesto parere trovo errato dare solo il giudizio bisogna anche motivare il perchè lo si è dato, se il forum serve per confrontarci e soprattutto imparare credo che così non si vada da nessuna parte..1 punto
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Complimenti anche a Fofo per tutte le perle che ci regala sempre, la domanda che pone, ovviamente specifichiamo bene non è una gara :blum:, è se Firenze fu la prima a coniare una moneta con le nuove tecnologie, poi bisognerà sempre distinguere coniazioni di prova, iniziali e poi quelle a regime, continuative. Vediamo Fofo se qualcuno ha da eccepire o ha notizie diverse....certamente posso dire che in tutto questo Milano arriva tardi, tardi..... Ma mi piacerebbe come dicevo nei precedenti post sapere qualcosa di più anche sulle coniazioni a macchina in Sicilia, per Messina non mi sembra ce ne siano vedo il martello anche con Carlo II, per Palermo sarà diverso.... ma vediamo se qualcuno vorrà dirci qualcosa in più.....1 punto
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Bella moneta, Grado di conservazione giusto in SPL dalle ultime foto postate, e' vero pero' che a volte le foto non dicono tutto....da alcune il D/ era un po' carente...ma concludendo hai fatto un bell'acquisto sicuro da un serio professionista. Saluti1 punto
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Ciao! Sicuramente Mediolanum per stile del busto e assenza della stella al rovescio.1 punto
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caro @@nando12 vorrei capire perchè sei passato da "è SPL forse anche qualcosina in più" a qSPL http://www.lamoneta.it/topic/128891-1-lira-1907-in-spl/page-2 caro @@marco91 come scritto al post n°22 (quando ancora non avevi svelato la conservazione data dal perito) questa è spl.. ha pure ancora una buona lucentezza ed è uno SPL VERO... non una conservazione gonfiata per me, hai fatto benissimo a prenderla... devi però rendergli giustizia con le foto, fatte col cellulare e di sbieco la penalizzano tantissimo...!1 punto
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Questo è ciò che ho trovato trascritto in bacheca al Museo......davvero molto, ma molto succinta; ho fatto bene in questi tempi a cercare di capire chi fossero e chi altri ancora, questi personaggi che hanno lavorato per questa prestigiosa zecca.1 punto
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Scusate ma 10 euro non li pagherei mai per questa moneta, per me poco sopra al bb, direi che 4-5 sono più che giusti anche se non pagherei nemmeno quelli.1 punto
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Ciao @@dabbene , ha ottimamente risposto anche per me l'amico Pietro @@Rex Neap , ottimo post davvero e complimenti per l'interessante argomentazione che hai lanciato, l'uso del bilanciere (ingegni) venne introdotto per la prima volta nel Sud in un'officina monetaria allestita a Torre Annunziata (20 km a sud di Napoli), a quei tempi la scelta di questa location fu decisa per la vicinanza degli ingegni ad alcune fonti di energia idraulica nella suddetta località (torrente/fiume). Le monete coniate al bilanciere sono i famosi carlini e tarì anti-tosatura siglati dai fratelli Biblia, cfr. immagini allegate (rif. Pannuti Riccio 39/41d), oltre allo splendido "tarì del sole" del 1620 di Filippo III con il motto al rovescio OMNES AB IPSO siglato dall'incisore Nicolò Globo (rif. Pannuti Riccio 12). Complimenti anche a @@angel per aver postato le preziose immagini del De Sopo, volume fondamentale per chi vuol approfondire il discorso. La zecca di Napoli iniziò a coniare al bilanciere nel 1680, vedasi a tal proposito nominali in rame in Pannuti Riccio 56 in poi ( a titolo di paragone ho allegato immagini di monete napoletane di questo periodo sia al martello che al bilanciere, da notare la differenza), ma il grosso della produzione vi fu dal 1683 in poi quando grazie alla presenza del nuovo vicerè proveniente da Roma il marchese del Carpio Gaspar de Haro si diede il via ad una massiccia produzione di splendide monete, ma perchè ci tengo a sottolineare il collegamento Roma-Napoli? Perchè le prime monete napoletane del marchese del Carpio vennero concepite proprio a Roma e i conii furono opera dell'incisore camerale Giovanni Hamerani, infatti il ducato con i due globi del 1683 è siglato proprio GH, monogramma in corsivo tipico di questo incisore, @@rcamil potrà confermare il tutto. In questa discussione ho affrontato in maniera molto dettagliata il discorso dell'introduzione del bilanciere nella zecca di Napoli, si tratta di un argomento che ho avuto molto a cuore e che ho pubblicato in Il GdN 231 e 232 del luglio/agosto e settembre 2010(cfr. copertina), ad ogni buon conto il tutto è collegato inevitabilmente alla figura di questo ottimo vicerè che oltre ad essere un buon politico e riformatore fu anche un importante collezionista d'arte, ecco spiegata quindi la pregevole committenza all'Hamerani (si veda a tal proposito anche la presenza del simbolo d'interpunzione a forma di triscele). Per questa ricerca ho trovato inoltre molto utile le fonti dell'epoca di un tale Ridolfino Venuti. Caro Mario, mi permetto di segnalarti i seguenti link per permetterti di leggere quel che ho scritto a tal proposito, certo in un tuo gentile riscontro ti auguro buona lettura e buona giornata, Francesco http://ilportaledelsud.org/monete_carlo_II.htm http://www.lamoneta.it/topic/66127-monete-napoletane-di-carlo-ii-di-spagna-approfondimenti-sugli-hamerani/ 5 Carlo II tornese 1683 al bilanciere rov.bmp 5 Carlo II tornese 1683 al bilanciere.bmp1 punto
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@@dabbene Su Napoli in particolare volevo aggiungere quanto avevo letto e riportato dal Finetti, risulterebbero stati acquistati cinque " ingegni " ( probabilmente a conii rotanti ) in Germania nel 1619 ed entrarono in funzione due anni dopo ma vennero accantonati quasi subito perchè dispendiosi. Ma non è da escludere anche la motivazione che gli zecchieri non riuscissero a fornire personale esperto per le nuove tecnologie. Indubbiamente costi e personale tecnico adeguato sono due aspetti che ricorrono in quasi tutte le zecche viste..... Francesco Citarella maestro di zecca dal 1611 al 1621 fu colui il quale costrinse i responsabili della Giunte delle Monete di Napoli di far arrivare dalla Germania i 5 bilancieri da te nominati, ed insieme ad essi l'incisore a seguito Nicolò Globo; a questo, per portare le monete alla perfezione, oltre ad ampliarsi le officine (San'Agostino e Torre Annunziata) si chiamarono a lavorare altri esperti incisori come Gian Francesco Marra e Giovanni Antonio Consolo....numerose furono le prove di moneta. Ma al Citarella successe il Cavo (Michele) il quale cercò di perfezionare la tecnica anche se in momenti difficili come la rivolta del 1622. Ed ecco cosa accadde, questo è un documento ufficiale: […] sul principio dell’anno 1622 il Vicerè di Napoli, Cardinale Antonio Zapata, Arcivescovo di Burgos, ordinava che per sopperire agli urgenti bisogni della popolazione e sostituire al più presto la “mala moneta” detta “Zanetta” si fosse accelerata quanto più potevasi la coniazione della nuova moneta sia di argento che di rame; per cui nella Consulta, tenuta nella Camera della Sommaria il 22 gennaio 1622, fu stabilito dai Signori Illustrissimi della Sommaria d’accordo con il Maestro di Zecca, il Credenziere Maggiore ed il Maestro di Prova, che per accelerare la costruzione della nuova moneta si fossero lavorate monete da un ducato, da mezzo ducato, da un carlino e da un tarì, al titolo di quelle di Carlo V del 1535, con gl’ingegni di Nicolò Globo, impiantati in Torre dell’Annunziata e nella zecca Principale di Napoli, esistente nell’abolito convento di Sant’Agostino, le monete di argento e di rame fatte a mano cioè alla tagliuola ed al martello; poi dietro parere del Luogotenente della Sommaria e Presidente del Tribunale della Zecca, il marchese di Santa Giustiliana, fu stabilito che si fossero emesse monete di rame da due grana ed un grano fatte con il metodo della fusione, giacchè a lui si erano presentati i maestri di banca Matteo Catuogno e Germano Pacifico, persone pratiche nel fabbricare monete a getto o cola. Tale sistema permetteva di accelerare di molto l’emissione della moneta di rame e perciò fu stabilito che si fosse posto a disposizione dei soprannominati maestri la Fonderia del R. Arsenale; in tal modo per la circolazione della moneta in Napoli sul principio dell’anno 1622 funzionarono tre officine monetarie: quella principale detta di Sant’Agostino, quella di Torre dell’Annunziata e la Fonderia del R. Arsenale, tutte e tre sotto la valente direzione del Maestro di Zecca, il genovese Michele Cavo, il quale aveva alla sua dipendenza vari maestri di banca per singola officina. Le monete d’argento da un ducato, da mezzo ducato, da un carlino e da un tarì del 1622, eseguite all’ingegno nell’officina di Torre dell’Annunziata con coni del valente incisore tedesco Nicolò Globo, che io credo dovevano avere i medesimi tipi di quelli eseguiti nell’officina Principale di Napoli, non uscirono in circolazione, perché furono contraddetti e non approvati i modelli dal Credenziere Maggiore della Zecca, Gian Donato Turbolo, persona competentissima su ogni riguardo in materia di moneta. Il Turbolo propose che invece di lavorare le monete con il metodo dell’ingegno, che apportava non solo il triplo della spesa e si ci impiegava gran quantità di tempo, per cui non si raggiungeva lo scopo prefisso, si fossero coniati nell’officina principale di Napoli monete del valore di un Tarì con il sistema delle trafile. Approvata la proposta del Turbolo furono impiantate otto macchine di Trafile in nuovi locali presi in fitto o acquistati, confinanti a quelli della Zecca principale e fu ancora aumentato il numero dei coniatori a 66 alla dipendenza degli aiuti incisori Francesco Festinese e Matteo De Rosa. Il sistema del Turbolo, di coniare Tarì alla trafila, fu servizio di grande importanza giacchè fu facile coniare 18mila ducati di tarì al giorno, tanto da poter ritirare dalla circolazione una parte dei 6 milioni circa di Zanette che erano stata causa di gravi tumulti e tanta miseria alla sottomessa popolazione Napoletana.1 punto
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A Napoli ci furono i primi esperimenti già nel secondo decennio del XVII secolo in un contesto storico molto particolare e difficile per il Vicereame. La frode della tosatura stava letteralmente piagando in modo viscerale l'economia, tanto da essere causa scatenante della rivolta popolare capeggiata dal "Masaniello" nell'aprile del 1648. Il tondello incriminato, preferito dei tosatori per la sua forma irregolare e le dimensioni contenute, era la moneta da 5 grana o mezzo carlino (soprannominata zannetta). I primi tentativi di uso del bilanciere (molto appropriatamente chiamato ingegno nei documenti dell'epoca...) si fecero sperimentando un carlino "antitosatura" (vedi foto con descrizione in corsivo), come si può vedere, i due cerchi concentrici avrebbero dovuto (condizionale mai più azzeccato come in questo caso) salvaguardare la genuinità del peso (e quindi del pieno valore) della moneta. 10 Grana per il cerchio più esterno, che si dimezzava se corrotto o incompleto in qualche modo a 5, come riportato nel cerchio più interno (Triton XVII, Lotto 1223) ma che purtroppo, non sortì l'effetto sperato: fatta la legge, trovato l'inganno, anche nel passato era così, ed i tosatori riuscivano comunque a far passare la mala moneta ai meno attenti, limando con attenzione un solo verso della moneta. Visti gli insuccessi, la lentezza nelle operazioni ed i costi di produzione, il bilanciere venne accantonato per circa sessant'anni, e sotto Carlo II si ebbero i primi degni risultati di moneta coniata al bilanciere. Allego un esempio: Mezzo Ducato 1684, con al R/ la raffigurazione della Vittoria seduta sul globo (la Spagna era in guerra con la Francia... tanto per cambiare), e la legenda RELIGIONE ET GLADIO (con devozione e con la spada). Per una trattazione completa vedi gli articoli di Francesco Di Rauso sui nn 231 e 232 di Cronaca Numismatica1 punto
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Questo...significa aver "amore" e non altri aggettivi che a volte si dispensano gratuitamente..........per la Numismatica del Sud. @@francesco77 tanto di :hi: soprattutto anche per il tempo che presti a tutti noi. Ben fatto !!1 punto
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a nome di Federico III d’Aragona (1496-1501) : -in argento, armellino con F nel campo al rovescio (coniato fino al 1497 ?) [CNI XVIII, pp. 279-280, nn. 1-2]. Alcuni cavalli di rame con lettera L in esergo sono stati erroneamente attributi a Lecce (G.M.Fusco, 1846) ma la lettera potrebbe essere iniziale del nome di uno zecchiere (Liparolo ?) per Napoli [Cagiati 1913-1916, pp. 190-191]. Secondo Maggiulli [1871, pp. 128-129] alcuni documenti potrebbero far riferimento anche ad una coniazione di ‘corone d’oro’ in Lecce al tempo di Carlo VIII re di Francia.. Il Maggiulli supporta tale notizia riprendendo dal Coniger la seguente frase : «in eodem jorno (27 maggio 1495) venne la nova in Lecce al Signor Duca (Giliberto di Bransui vicere della Provincia e conte di Matera) che Otranto avia alciate le landiere e che lo castello se tenea per el re de Francia, el detto duca fe’ cento fanti di Lecce e donò una corona per uno e vinti some di grano» e dalla Cronaca di Notar Giacomo la seguente «A di 20 decto (Gennaro 1497) in dì de Sancto Sebastiano de venerdì fò nova in Napoli come illustre signore don Cesaro de Aragonia havea preso Taranto; et che lo magnifico pyerantonio follario de Napoli regio percettore [sic] della predicta maestà personalmente era dintro lo castello con quactro milia Corone et per condurre li francise ad imbarcare in Brindesi» (le dette ‘corone’ di oro valevano «octo carlini et sey grana»). La stessa notizia, come già detto, riporta l’Infantino :”…in queste abitazioni facea egli battere pubblicamente moneta d’argento e d’oro…” Ma tale attribuzione a Lecce sembra altamente improbabile. SEDE DELLA ZECCA Al tempo del principe Giovanni Antonio Del Balzo Orsini, e precisamente nel periodo compreso tra il 1460 ed il 1463, la zecca (che abitualmente aveva un‘ubicazione centrale – foro, palazzo di governo, piazza del mercato – allo scopo di attirare più facilmente il metallo dei mercanti di passaggio) fu invece posta direttamente nell’abitazione del principe che, come abbiamo già ricordato prima, secondo una corrente di pensiero (Infantino 1634) era nella torre del Parco , solida costruzione che egli aveva iniziato a far costruire nel 1419, ancora giovanissimo, mentre secondo un’altra corrente di pensiero (De Simone 1883, Sambon 1998, Palumbo 1910) era nel castello di città (in castro Licii). Le 2 sedi coincidevano in ogni caso con il centro del potere signorile. Anche le annotazioni contenute nel Quaterno lasciano immaginare che l’ufficio di conio fosse ospitato in castro Licii. La sola testimonianza dell’Infantino (smentita anche dalla Cabella Demani del 1472 che descrive il locum nominato lo Parco senza far menzione alcuna della zecca ) ci riporta alla Torre del Parco, La costruzione della torreripartita in una zona pubblica (il Parco di fuori) destinata a fiere e mercati, che si estendeva fuori delle mura urbane immediatamente oltre porta San Biagio, ed un’altra zona (il Parco di dentro) rappresentata da una cittadella recintata comprendente la torre o Turris prati magni (luogo di delizie e sede della zecca..), sale et camera reale . Per conciliare dati così difformi si può ipotizzare che la zecca di Lecce , nei circa 50 anni di attività, fosse dislocata contemporaneamente in 2 edifici differenti: il castello adibito ad attività contabili, tesoreria ed approvvigionamento di materie prime e la Torre del Parco adibita a laboratorio ed officina monetaria vera e propria; oppure che trovasse spazio, in tempi diversi, sia nei locali del castello sia in quelli della Torre del Parco. E’ difficile stabilire cosa accadde alla zecca di Lecce dopo il novembre 1463 (assassinio del principe di Taranto); l’assenza di documenti lascia il campo alle sole congetture. E’ verosimile che la zecca cittadina, una volta passata sotto il diretto controllo del re di Napoli, abbia avuto sede nel castello di Lecce, nella cui “torre mastra” o Mastio era stato depositato il famoso tesoro del principe fino al momento della sua morte e della successiva requisizione reale ( è nel dicembre 1463 che re Ferrante visita il castello e la torre del Parco ove “ ebbe stanza qualche giorno”) . Per dovere di cronaca va pure riportata un’insistente tradizione popolare, peraltro ripresa da M.Paone, che pone la sede della zecca nelle adiacenze del palazzo comitale di Maria d’Enghien, presso l’odierna piazzetta Pellegrino (un tempo denominata piazza della Zecca !) ove si affaccia il più antico palazzo di Lecce (palazzo Vernazza – Castromediano). BIBLIOGRAFIA: Cagiati M. 1912, La zecca di Lecce, «Apulia» (Martina Franca). Dell’Erba L. 1933, La riforma monetaria angioina e il suo sviluppo storico nel reame di Napoli, pp. 5-66. De Simone L. G. 1874, Lecce e i suoi monumenti descritti ed illustrati, I , La Città, Lecce. De Simone L.G., 1876, Archivio di documenti intorno la storia di Terra d’Otranto, Lecce. De Simone L.G. 1883, Gli studi storici in terra d’Otranto del signor Ermanno Aar, in Archivio storico italiano, IX , p.211. Fiorelli G. 1846, Dichiarazione di alcune monete battute nel reame di Napoli, p 190.”Annali di Numismatica”. Fusco G.M. 1846, Monete inedite. Di alcune monete spettanti ai re di Napoli e Sicilia, in “Annali di Numismatica pubblicati da G.Fiorelli”, Roma, pp.90-96. Fusco G. V. 1846, Notizie intorno alla zecca di Lecce, in «Annali di Numismatica pubblicati da G.Fiorelli», Roma , pp.190-200.pp. 190- 200. Grierson P. e Travaini L. – Medieval European Coinage. Italy (III) 14, Cambridge 1998. Infantino G. C. 1634, Lecce Sacra ove si tratta delle vere Origini, e Fondazioni di tutte le Chiese, Monasteri, Cappelle, Spedali, ed altri luoghi sacri della Città di Lecce, Bologna, 1973 (Rist. anastatica), pp. 213-214, ed editore Pietro Michele 1634. La porta A. 1977, Introduzione a I.A. Ferrari, Apologia paradossica della Città di Lecce, pp. IX-XXXV. Maggiulli L. 1871, Monografia numismatica della provincia di Terra d’Otranto, Lecce. (ristampa anastatica Sala Bolognese, 1977). Palumbo P. 1910, Storia di Lecce, Ristampa della I Edizione, Galatina, Congedo Editore, 1992, Paone M. 1978, Palazzi di Lecce. Galatina, Congedo Editore Petracca L,2009, La zecca di Lecce negli anni della signoria orsiniana in “I domini del Principe di Taranto in età orsiniana”. Lecce, Congedo Editore. Prota C. 1913, Sulla zecca di Lecce, «Supplemento … Cagiati», 3, nn. 11-12, pp. 37-38. Sambon A.1913 b,” I tornesi falsi di Ferdinando I d’Aragona coniati a Napoli, a Barletta,a Gaeta, a Cosenza, a Lecce, a Capua et a Isernia” in Supplemento…Cagiati III, 5 – 7 (1913), 15 – 21. Fine1 punto
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A. Sambon, riprendendo le tesi del Maggiulli ed avvalendosi della lettera del Da Trezzo, rinvenuta dal Nunziante nell’Archivio di Milano (Archivio Storico Napoletano,1898), confermava l’attribuzione a Lecce del carlino con la sigla L avvalorando altresì l’ipotesi della sede della zecca nel castello di città. Si riporta di seguito il brano (anno 1463) : “In questo castello de Lici so trovati, tra ducati d’oro et alfonsini, ducati novantatre milia, item in carlini vechij circha ducati trentasei milia et in carlini novi, che faceva battere el dicto Principe de Taranto, circa ducati quindicimilia”. Il principe di Taranto aveva a disposizione risorse per la coniazione anche grazie alla sua flotta che, seppure costituita da imbarcazioni di modesto tonnellaggio, importava dai mercati orientali anche argento, in particolare dalla Dalmazia. Nelle cedole della Tesoreria Aragonese dell’anno 1462, che ci aiutano a datare i carlini, troviamo spesso menzione di mala moneta del principe di Taranto e del duca Giovanni d’Angiò che anche l’Infantino appella “ mali carlini “ riportando la denominazione che il popolo leccese attribuì loro in relazione alla bassa qualità della lega d’argento: -Cedola 40, fol. 5 (24 settembre 1462) :Item hebi de la guardaroba del S.R… ducati cento ad ragione de deice carlini lo ducato, tucti in carlini, tra li quali nce foro ducati quactro de mala moneta, tra carlini aragonesi bactuti, carlini del principe di Taranto novi et del duca Johanni. -Cedola 40, fol. 8…Et tra tucta la dicta summa nec foro carlini trentatre non boni, cioè carlini de ragonesi bactuti, carlini novi del principe de Taranto e del cugno del duca Johanni (Sambon 1916, p.224, Cedola 40, fol 5 e fol. 8, 1462; Dell’Erba 1932-35]. In proposito va precisato che nelle stesse cedole aragonesi si fa sempre distinzione tra i mali carlini del principe di Taranto e quelli del cugno del duca Johannj e le 2 emissioni sono assai diverse nel tipo: il carlino coniato a Lecce per ordine del Principe di Taranto presenta al diritto il re in trono con la sigla L sormontata da un giglio alla sua destra ed al rovescio la croce duplicata di Lorena accantonata da gigli ( che inevitabilmente richiama il carlino coniato da Renato d’ Angiò per Napoli con croce duplicata di Lorena non accantonata da gigli, con un peso oscillante fra gr.2,88 e gr. 3,20 (Museo di Lione, Museo Civico di Marsiglia, Collez. Sambon); il carlino del duca Giovanni, coniato per suo ordine a Sulmona, sempre a nome del padre Renato (1460-1461), presenta al diritto il re in trono con SMPE in cartella ed al rovescio le armi inquartate di Lorena, Bar, Gerusalemme, Napoli ed Ungheria, con un peso oscillante fra gr. 3,25 (collez. Marignoli, poi collez. Reale) e gr. 3,55 (collez.Brambilla). Zecca di Sulmona: Carlino del duca Giovanni D’Angiò, pretendente a nome del padre Renato (1460-61) Le legende sono sovrapponibili nei 2 esemplari, tuttavia il Sambon riporta per il carlino di Lecce 2 varianti di legenda: D/ RENATUS D G R SI HIER – R/ HONOR R IVDICIV DILIGIT (l’onore del re ama l’esercizio della giustizia) (collez. Sambon) e D/ RENATUS D G R SI ET IER – R/HONOR R IVDICIVM DILIGI (collez. Gnecchi). Oltre ai carlini, tra il 1461 e il 1462, il principe di Taranto fece coniare anche tornesi di bassa lega [sambon 1913], prodotti massivamente per pagare le milizie del duca d’Angiò e che erano verosimilmente contraffazioni dei denari tornesi della zecca di Chiarenza, a somiglianza dei denari tornesi coevi attribuiti a Campobasso ma anche a Tocco di Casauria (Pescara), Isernia, San Severo, Lucera, Barletta. Nell’Archivio di Stato di Napoli, Sezione Finanza, si conserva il libro, redatto presso gli uffici della zecca di Lecce e limitato ad un solo anno indizionale (1462), intitolato Quaternus sicle tornensium fabricatorum tempore officii notarii Gabrielis thesaurarii alme Urbis Lici, che rappresenta l’unica fonte in grado di confermare l’esistenza ed il funzionamento di un’officina monetaria in età orsiniana , in assenza ( o scomparsa) di prove documentarie comprovanti uno specifico riconoscimento sovrano per l’istituzione di una zecca cittadina. Se però esso si offre come un campione fondamentale ricchissimo di informazioni sul piano tecnico ( funzionamento della zecca, approvvigionamento della materia prima, direzione amministrativa, rispettive figure istituzionali) tace invece del tutto sulla concessione di conio, sui contratti o eventuali privilegi riconosciuti a zecchieri o monetieri.. Nel Quaterno si fa riferimento a tornesi che in Lecce il principe Giovanni Antonio Orsini Del Balzo continuò a fare coniare anche dopo l’accordo con re Ferdinando (21 settembre 1462) e sino alla sua morte. Se è però vero che in merito a queste monete il Da Trezzo in data 13 aprile 1462 scriveva al duca di Milano : “…niuno li ha voluti ,maxime che vole dare mala moneta, cioè tornesi novi” ed in data 24 luglio 1462 scriveva ancora “ ..le terre del Duca di Melfi hanno cominciato ad refutare li tornesi novi…… et che la gente d’arme stanno de mala voglia per la tristezza de dicta moneta” è tuttavia possibile che a Lecce si siano coniati (dopo il suddetto accordo con il re e forse per suo stesso diretto intervento) tornesi di puro rame allo scopo di riparare al discredito in cui queste monete erano cadute. [G.V. Fusco 1846- C.Prota 1913]. Quali siano i tornesi di bassa lega (tornesi falsi di cui parla il Sambon) o i tornesi di puro rame (di cui hanno trattato prima G.V. Fusco e poi il Prota) non ci è dato sapere, sia per la mancanza di esemplari che di ulteriori necessarie informazioni.. Proprio il Prota ci segnala il nome del tesoriere Gabriele Sensariso che aveva la responsabilità di consegnare ai credenzieri, “ in castro Lici”, i materiali destinati alla fusione, lavorazione e realizzazione delle monete: M°CCCC°LXIJ. Quaterno de spese et pagamenti fatti in la cecca de leze, dove si batte la moneta de rame in l’anno de la X.ma Ind. Del m. cccc.lxij pernotaro Gabriele Sensariso prin.le Thesaurario del comitatu de leze per contro el quale se fa el consimile quaterni pelli credentiri deputati per la principale corte in detta cecca e notario Antonio de Ripalto. G.V.Fusco (1846) riporta i pagamenti fatti da Gabriele Sensariso ad alcuni mercanti (di Trani, Gallipoli, Valona e Corfù) per l’acquisto di rame nei mesi di settembre e di ottobre 1462. Il rame acquistato in quel periodo ascese ad un totale di 1262 libre; il metallo in parte era nuovo, acquistato al prezzo di grana dieci la libra, in parte riciclato da oggetti diversi, come caldaie, acquistato ad un prezzo oscillante fra grana sei e mezzo e grana sei. Prota esaminando il quaderno già preso in esame da Giovan Vincenzo Fusco poté fornire le seguenti ulteriori informazioni: la zecca di cui era tesoriere il notaio Gabriele Sensariso era controllata da don Giovanni Delo arcidiacono di Lecce (pagamento fatto ditto Thesaurario ad dommo Johanne delo archidiacono di Lize soprastante di detta cecca per suo salario ad rasone di unze seij per anno); ‘credenziero’ della zecca era il notaio Luigi Perrone (pagamento fatto per detto thesaurario ad notar Loijsio Perrone credentieri deputato in detta cecca per suo salario ad rasone di unce cinque per anno) e ‘credenzieri dei conti’ erano i notai Angelo Galasso, Francesco e Angelo Marenati (pagamento fatto per detto thesaurario ad notar Angelo Galasso, notar Francesco et Angelo Marenatij credentieri nostro hunti ad aver de uncie quatuor per anni). Il numero di tornesi battuti in quei dodici mesi fu stabilito in ragione di 4.335.261 pezzi per i quali si adoperarono “sedici conii fatti e temperati dal Maestro Antonio Valente di Lecce”. ...................... continua .................1 punto
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La zecca di Lecce al servizio del principe Secondo il De Simone (1883), poi ripreso dal Palumbo (1910), la regina Maria d’Enghien, una volta rimasta vedova di re Ladislao, ritornò a Lecce dopo la parentesi napoletana, abitando alternativamente alla Torre di Belloluogo e al palazzo comitale cittadino, provvisto quest’ultimo di ampie sale cosparse di stucchi ed oro. Nel 1435 , dopo che con il consenso del figlio e con atto del notaio Memo di Taranto ebbe venduto lo splendido edificio alla famiglia Guarino, andò probabilmente ad abitare nel più sicuro castello di città, “anche allora ben munito di molte camere e d’una vecchia torre fatta edificare, dicesi, dai Brienne. Si aggiunge che ivi era custodito il gran tesoro di Raimondello e di Giov. Antonio, e vi era situata anche la zecca”. Ma, da un punto di vista strettamente cronologico, la prima notizia sulla presenza di un’officina monetaria nella città di Lecce si deve al letterato leccese Iacopo Antonio Ferrari (1507-1587) che in un passo dell’Apologia paradossica della città di Lecce descrive gli anni del principato di Giovanni Antonio, un “ principe assoluto “ che governa “ tenendo amicizia, ed occulte intelligenze “ con i “ potentati d’Italia “ ….e batte “ in Lecce pubblicamente moneta di oro e di argento “. Successivamente Giulio Cesare Infantino (1581 – 1636), autore della Lecce Sacra fa riferimento ad una residenza extraurbana del principe indicata quale sede di zecca: “Uscendo dalla porta di San Biagio per una dritta e ampia strada” , si scorge un “ dilettevole Parco, oltre una bellissima e famosissima Torre” congiunta ad altri edifici, “fabbriche fatte fare per sua abitazione da Gio. Antonio del Balzo Ursino” ed “ in queste abitazioni facea egli battere pubblicamente moneta d’argento e d’oro, il cui pensiero dette a Gasparo de Argenteris suo molto confidente, il quale fè anche protomastro de’ pesi, e di misure, il qual’ufficio questi d’Argenteris han posseduto fin’a questi ultimi tempi nostri“. Nel 1871 il Maggiulli scriveva però “ L’Infantino che ci ha tramandato questa notizia non spiega se il del Balzo Orsini coniò moneta per propria autorità o per concessione del d’Angiò”. Infatti l’Infantino, pur indicando l’ubicazione e richiamando le competenze direttive della suddetta zecca, non menziona alcun privilegio o concessione regia, relativi al conio di moneta, verosimilmente accordati al principe di Taranto dai sovrani di Napoli. Giuseppe Maria Fusco fu il primo a descrivere e pubblicare, nel 1846, il carlino d’argento di Renato d’Angiò, contrassegnato dalla lettera L sormontata da un giglio “ la quale non altro potette denotare, tranne la iniziale del cognome del maestro di zecca di quell’età”. Di diverso avviso invece fu Giovanni Vincenzo Fusco il quale, prendendo in esame due monete d’argento d’età successiva (una a nome di Ferdinando II , l’altra a nome di Federico III d’Aragona), contrassegnate da LICI nell’esergo, unitamente ai cavalli di rame (coniati a nome di Ferdinando I) con sigla L, attribuì tale iniziale non al cognome di un eventuale maestro di zecca, ma alla città di Lecce (“ LICI”), luogo di provenienza e quindi di conio delle monete. Il Maggiulli (1871), constatata la totale assenza di prove documentarie comprovanti la concessione di un privilegio sovrano, fu indotto a ritenere che fosse stato Renato d’Angiò a concedere “ il privilegio a Lecce di tener zecca, dalla quale uscì quel distinto nummo in argento che si nominò carlino”. Quindi egli fu il primo ad ipotizzare che la lettera L potesse fare riferimento alla zecca di Lecce. Le ragioni storiche che portarono all’inaugurazione della zecca di Lecce si possono ricondurre alla nota data del 7 luglio 1460 quando, come abbiamo già visto, le forze riunite di Giovanni Antonio e di Giovanni di Lorena sconfissero Ferrante alla foce del Sarno. Successivamente a tale evento, per onorare le spese di guerra, ma non del tutto scevro da ambizione personale (nel giugno 1460 l’ambasciatore milanese Da Trezzo scriveva al suo signore : “El re m’ha dicto chel Principe de Taranto se vole fare signore de questo Reame”) il principe di Taranto cominciò a coniare, a nome di re Renato d’Angiò, carlini (o gigliati) con la croce di Lorena o doppia croce d’Angiò, oggi rarissimi, che mostrano al dritto una lettera L sormontata da un giglio angioino. Zecca di Lecce: Carlino del principe di Taranto Giovanni Antonio del Balzo Orsini, a nome di Renato D’Angiò pretendente (1461)................................. continua ....................1 punto
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@@jagd bellissima monetina. Dovrebbe essere un alfonsino minuto per Giacomo II D: IACOBVSARAGON R: ETSARDINIAEREX1 punto
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