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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 09/27/14 in tutte le aree

  1. ...segue dal post 30 ... "Tra i punti fermi della sua versatile politica c’erano, come s’è detto, la riconquista di Ginevra, la conquista del Monferrato gonzaghesco e soprattutto quella della Lombardia spagnola. Genova non entrò tra i suoi progetti che tardi, nel 1620, e per istigazione francese. Tant’è vero che nel 1609, quando Enrico IV, che lo aveva associato al suo grand dessin di dare nuovo assetto all’Europa, riservò a se stesso l’eventualità di un’incursione su Genova, il duca non protestò. Ben più gli premeva la Lombardia, il cui possesso unito al titolo di re, l’alleato gli aveva fatto sperare. Dirò di più. Allorché nel 1624 a Torino discusse con gli inviati francesi dell’apparecchio della spedizione contro Genova egli fece un ultimo tentativo di persuaderli a lasciar da parte quella piccola impresa e a metter mano piuttosto a quella, ben più grossa, di Lombardia. Ma Richelieu, che non voleva ancora una guerra aperta con la Spagna, fermamente vi si oppose. Non si doveva toccare la Lombardia se non nella necessità di soccorrere il Coeuveres oppure i veneziani in Valtellina, nel caso che venissero gravemente assaliti. Tutt’al più concesse al duca d’impiegare qualche schiera francese per giovare all’impresa in corso, ma a patto di rimettere gli acquisti nelle mani di Sua Maestà al momento della pace. Al duca non restò che marciare su Genova. I rapporti con la Repubblica erano stati in passato contrassegnati da tutti quei ripicchi e scaramucce che solevano accompagnarsi alla definizione dei confini tra i due stati. Di mezzo poi tra Piemonte e la Repubblica a far da cuscinetto c’era allora quella fascia di minuscoli o minimi stati chiamati feudi imperiali, e per possesso dell’uno o dell’altro i due vicini venivano spesso a contrasto. L’ultimo, il più vivo, era quello per il possesso del marchesato di Zuccarello, una rocca che liberava il passaggio ad Albenga, che la Repubblica era da poco riuscita a comprare dall’imperatore. Questo microstato –par quasi incredibile- fornì il pretesto non soltanto per questa, ma per un’altra guerra, quella del 1672, questa però guerricciola locale della quale non val la pena di discorrere. Ben altro il rilievo internazionale di quella del 1625. Si trattò infatti di un’impresa alla quale la Francia prestò le sue forzee mise alla loro testa due dei suoi capitani più prestigiosi; il marchese di Créqui e nientemeno che il contestabile, cioè il capo supremo delle armate reali, il maresciallo di Lesdiguières. Più e più volte il duca lo aveva avuto di fronte come nemico e ne aveva sperimentato il valore. E’ vero che costui, ultraottantenne, non era più lo stesso prode che aveva guidato le schiere ugonotte a contrastargli i passi alpini, ma era pur sempre un potente signore e un condottiero di grande esperienza, come chi aveva passato la vita a maneggiare la spada, e di grande prudenza. Si era mosso con circospezione (“la guerra –diceva- non è una partita di caccia”); ora così avanti negli anni, si era fatto ancora più cauto. L’impresa, ventilata quattro anni prima e istigata proprio dal Lesdiguières, era stata preparata con cura. Alle operazioni di terra andavano unite quelle di mare, ossia il blocco del porto per opera di molte squadre: quella del duca s’intende, quella di Provenza al comando del duca di Guisa; una ventina di vascelli olandesi che il Lesdiguières aveva noleggiato a sue spese, infine otto vascelli inglesi, che l’inviato del duca aveva ottenuto dal Buckingham. Non consta che il duca meditasse, allora, di associare alle operazioni di guerra un complotto eversivo dentro alla città. L’attacco a quello stato, il più filospagnolo d’Italia, era stato collocato da colui che aveva maneggiata la faccenda in una cornice internazionale, che era –è appena il caso di ricordarlo- la guerra dei trent’anni nella sua prima fase. L’idea-madre di Richelieu era di creare un diversivo per impegnare l’esercito spagnolo di stanza in Lombardia e permettere al marchese di Coeuvres di mandare a fine l’impresa della Valtellina, il cui possesso il cardinale giudicava importantissimo. Per riuscire nell’intento l’operazione doveva sembrare serissima. E serissima fu, almeno da parte del duca, che mise in piedi un esercito formidabile –si vantò sempre di essere, se non d’altro, ricco di sangue- prendendo su di sé il peso maggiore della guerra. Quali frutti se ne riprometteva? In realtà, come dovessero essere spartiti gli acquisti, al momento della conclusione a Susa dell’alleanza, non era stato ben deciso. Si profilarono quattro partiti. Genova poteva essere data in appannaggio a Madama Cristina, nuora del duca e sorella del re, con presidio misto di ducali e francesi, a patto però che venisse consegnata con le due riviere al re nel caso che questi procurasse alla casa Savoia il possesso della Lombardia. Si poteva lasciar Genova con la Riviera di Levante al re, purchè si permettesse al duca di sottomettere Ginevra oppure gli si cedesse la Corsica e tutta la Riviera di Ponente. Si poteva lasciare al re Genova e le due Riviere in cambio della restituzione di Bresse, del Bugey, del Valromey e di Gex, tutti quei territori di lingua francese insomma che il duca aveva ceduto a Enrico IV nel 1601 in cambio di Saluzzo. Lo stato genovese –su questo punto non c’era disaccordo- era dunque destinato a sparire; e dalla sua scomparsa sarebbe rimasta beneficiaria, quasi sempre, la Francia. Per il duca Genova e il suo territorio era invece merce di scambio: o con la Lombardia o con Ginevra o con i paesi d’oltralpe. Che i francesi accampassero diritti su Genova è cosa risaputa. Fondamento di quelle pretese: l’atto di dedizione perpetua della città a Carlo VI nel 1396. In virtù di quell’impegno violato la Francia considerò sempre i genovesi sudditi ribelli (E. Lenoble, Relation de l’Estat de Gennes, 1685). Perfino gli inviati francesi accreditati presso la Repubblica nel Settecento inoltrato rimasero fissi in questa opinione. Ma davvero i francesi avevano in questa occasione delle mire su Genova o non era piuttosto una simulazione, confortata dai cosiddetti diritti storici, per meglio legare il duca all’impresa? Ad ogni modo, bene o male, l’accordo fu concluso e la spartizione del bottino rimandata al tempo della pace vittoriosa. Tutto andò liscio fino all’inizio delle operazioni. Il contingente francese affluì in Piemonte e il 4 marzo l’esercito confederato sfilò sotto gli occhi di Lesdiguières e del duca: ventiquattromila fanti e tremila cavalli. Soltanto un terzo erano francesi. Si trattava ora di formare i piani di guerra. Qui insorsero i primi contrasti. Il conestabile voleva attaccare subito Savona; il duca voleva invece che si assalisse Genova, attraversando Aqui e Capriata, terre del Monferrato, benchè dopo un infelice tentativo di occuparle il duca ne avesse pattuita la neutralità. Tra i due pareri, prevalse infine quello del più giovane. Le truppe si mossero in direzione di Genova. Occupata Capriata due vie si aprivano per offendere la città: l’una, impraticabile dai carriaggi, finiva di valle in valle a Voltri; l’altra da Novi metteva capo al forte di Gavi, quindi per la valle del Lemmo saliva a Voltaggio e alla Bocchetta, donde calava nel Polcevera. Fu scelta in principio la prima via, quella di Voltri. Presa Ovada e travolti i trinceramenti di Rossiglione i confederati giunsero fino a Masone. Ma riconosciuta la difficoltà dei passi, s’avviarono per la Bocchetta, e occupata Novi e lasciata indietro Gavi, si spinsero sotto Voltaggio. Qui il governo genovese, dopo molte esitazioni, aveva concentrato le sue forze per l’ultima difesa. Inutilmente si rammaricò del fatto che della terza di mura che avrebbe dovuto girare per otto miglia intorno alla città della Lanterna alla foce del Bisagno fosse stata appena cominciata la costruzione; e non era quella un’opera da completarsi lì per lì. Genova restò aperta agli invasori. Il governo, che aveva in passato troppo sperato nelle risorse della diplomazia, messo davanti al disastro, non si piegò alla resa e rimase al suo posto, preparandosi al peggio, al rovesciarsi cioè di quel diluvio di soldataglia, avida di saccheggio, sulla città. Il ricordo del 1522, dell’orribile scempio che allora avevano fatto dell’abitato le armate imperiali, era nella mente di molti. E non sorprende che qualcuno tra i cittadini più cospicui fosse stato tentato di lasciare la città al suo destino e portarsi sotto altro cielo, tant’è vero che il governo fu obbligato a intimare severi divieti di allontanarsi. Ma è l’atteggiamento dei cittadini di quel governo quel che più conta. Tutti quei gentiluomini che si erano fatti ritrarre chiusi dal corsaletto dal Van Dyck, in quei mesi affannosi a Genova (ne partì nel luglio alla volta di Aix-en-Provence) volevano ricordare che, prima di essere abilissimi capitalisti, erano cittadini di Repubblica, pronti a dare prova estrema della loro bravura per difendere gli ordinamenti liberi e la sua stessa esistenza politica. Lo dimostreranno quando si trattò di lì a poco di riacquistare il suo Dominio. Nella città minacciata intanto avevano cercato rifugio gli abitanti terrorizzati del contado, che aggravavano con il loro numero la situazione già critica della capitale. Che cosa salvò Genova dal precipizio? Innanzitutto il blocco navale non riuscì. Le navi olandesi furono trattenute da Richelieu che se ne servì per l’assedio di La Rochelle; quelle del Guisa, uscite tardi da Marsiglia con quelle del duca, per timore di uno scontro con le navi spagnole, vi fecero immediatamente ritorno, lasciando in mano genovese la capitana della flottiglia ducale; le inglesi non si fecero vive. Decisiva però fu l’impuntatura (se impuntatura fu) del Lesdiguières, che frenò l’impazienza del duca e lo distolse dall’attacco immediato della capitale, imponendogli (era il suo piano primitivo) una diversione su Savona. Genova fu momentaneamente risparmiata. Il teatro principale della guerra si spostò nella riviera di ponente, dove il principe Vittorio Amedeo riuscì ad impossessarsi di tutti i territori che Genova vi possedeva. Tuttavia Savona non cadde. L’arrivo da Pavia di un forte contingente di truppe spagnole al comando del duca di Feria costrinse i confederati a proteggersi le spalle, mentre dal mare giunsero trentatré galere di Napoli al comando del conte di Santa Cruz, cariche anch’esse di numerose truppe da sbarco. Genova protetta ormai dagli insulti dal mare, colse l’occasione per ritogliere al duca, pezzo dopo pezzo, tutto il dominio perduto." ...(segue) ...
    6 punti
  2. Buon pomeriggio In tutto il mondo è conosciuto come “Ponte di Rialto”. E’ il magnifico ponte in pietra d’Istria ad unica arcata, posto a cavallo del Canal Grande di Venezia e che, su progetto di Antonio da Ponte (Nomen, omen), venne ultimato nel 1591. Da allora è ancora li, al suo posto, a discapito delle “cassandre” che, all'epoca, gli avevano pronosticato una vita molto breve. Le cronache ci dicono che il primo modo per attraversare il Canal Grande, in veneziano “Canalazzo”, fosse di barche, ma l'epoca della sua costruzione è incerta; più notizie si hanno riguardo il primo ponte vero e proprio, edificato in legno su palafitte e di tipo levatoio, perché a metà della campata c’era l’esigenza che le tavole dovessero sollevarsi , affinchè potessero passare le alberature delle imbarcazioni in transito sul canale. Particolare del ponte da un quadro di Vittore Carpaccio Questo primo ponte in legno venne edificato nel periodo a cavallo del dogato di Sebastiano Ziani e di Orio Malipiero (anni 1178-1179) e gli si attribuì il nome di “Ponte de la moneda” poiché si trovava in prossimità dell'area dove una volta doveva essere edificata la vecchia officina monetaria, posta a sua volta tra le chiese di San Bartolomeo e San Salvatore, probabilmente lungo il Canal della Fava. Dalla foto di Paolo Steffan potete vedere il campanile di San Bartolomeo e quanto sia vicino al Ponte di Rialto Taluni affermano che il nome attribuitogli derivi dal fatto che per percorrerlo si doveva pagare una “gabella” pari ad un quartarolo. Quartarolo a nome del doge Iacopo Tiepolo (1229-1249) Personalmente la trovo una “forzatura”; se così fosse stato - ne sono convinto – l'avrebbero chiamato “Ponte del quartarolo”. E' nota l'abitudine dei veneziani di intitolare un fondaco, una riva, una calle della città a ciò che di particolare o di più cospicuo vi stava vicino ed il “Palazzo della moneta” era certamente un sito importante e qualificante del luogo. Non dimentichiamoci che all'epoca l'officina monetaria era chiamata ancora con questo termine, “Palazzo della moneta”; quello di “Zecca” doveva venire adottato successivamente, mutuandolo tall'arabo “Sikka”. Solo in un secondo momento, probabilmente quando il palazzo della moneta stava già in prossimità di San Marco, il nome fu cambiato in Ponte di Rialto, forse considerando che ci volesse un riferimento all'altezza per rimarcare l'importanza dell'area di Rialto, che era già allora deputata al mercato, agli scambi commerciali più importanti, alle transazioni bancarie e finanziarie, alla sottoscrizione dei contratti assicurativi. Il Ponte di Rialto subì, nel tempo, vari rifacimenti dovuti a guasti e crolli e nella prima metà del XV secolo vi vennero costruite, da entrambi i lati della campata, delle botteghe; cosa che venne replicata nel ponte in pietra e che ancora caratterizza questa struttura. saluti luciano
    5 punti
  3. Grande Daniele, grandi lezioni di storia.....lui scrive di notte, io al mattino presto :blum: .....con l'occasione voglio lanciare un appello, sostenete sempre, state vicini a questi grandi " attori " del forum come Daniele, in questi casi abbiamo passione, amore per la divulgazione allo stato puro e nulla d'altro, questo ve lo posso assicurare..... Storia e numismatica.....numismatica e storia.....è giusto così, per capire bene la numismatica bisogna conoscere la storia, ma è anche vero che la numismatica aiuta anche a capire meglio la storia....., un binomio indissolubile..... E nella serata di martedì noi saremo nel pieno della storia, una storia che cambierà Milano, l'indipedenza di Milano finirà, Milano passerà gradualmente in mani straniere per rimanerci, finiscono i fasti sforzeschi. E allora martedì, io invece parlo qui e cerco di tirare la volata ad Alessandro Toffanin, si parlerà di un tale Ludovico XII che dalla Francia si diresse verso Milano, ma le sue ambizioni non si fermarono al solo ducato milanese ma arrivarono fino a Napoli ....dove si dovettero scontrare con gli spagnoli. Quindi Milano sotto la dominazione straniera, ma in questa storia, e gli accadimenti storici sono quelli anche se poi le vedute possono essere anche diverse, si troveranno altri, ho citato Napoli ma non solo..... E allora vediamo anche qualche spunto di cui parleremo martedì, spunti numismatici, ma anche inevitabilmente storici : 1) monetazione fine Sforza e la dominazione francese, qui parleremo e vedremo splendide monete con raffigurate le imprese, mitiche e simboliche, in questo periodo compaiono dei must della monetazione, non solo milanese, direi italiana 2) Periodo di Carlo V, e qui abbiamo un grande Impero, il Ducato di Milano c'è anch'esso ma ci sono dentro quasi tutti.... E qui avremo con Carlo V altri splendidi esempi monetari, un ritorno al classico, ai tipi dell' Impero Romano, l'eccellenza artistica, i grandi incisori, Leone Leoni.... 3) Periodo spagnolo da Filippo II ai successivi regnanti, Filippo II istituisce a Madrid il Consiglio d'Italia per il governo dei possedimenti italiani, quali sono ? Milano, Napoli, Sicilia. E qui abbiamoun cambiamento epocale nella monetazione per modulo, stile, metrica. Abbiamo il fenomeno dell'argento che arriva dalle Americhe che invade la Spagna e l'Europa, i commerci sono floridi, con tutto questo argento nascono i grandi moduli d'argento, scudi, ducatoni e il fenomeno sarà globale, Paesi Bassi, talleri di area germanica, la stessa Venezia con lo scudo della croce. Cambia la monetazione con gli spagnoli anche se l'immobilizzazione del tipo sarà poi una costante. Questi sono alcuni degli spunti che martedì usciranno insieme alle relative monete.....tutto questo per dire che poi la storia riguarda le radici e le identità di molti noi, che le monetazioni sono poi collegate quando ci sono fenomeni di massa e commerciali, che vedere tutto questo da una sola postazione è sbagliato, la visione sia storica che numismatica deve essere sempre globale, il vedere solo un ambito non porta a una completezza di insieme, poi noi tutti italiani siamo un mix di tutto questo, io stesso nel mio piccolo potrei dire sono milanese, chi è nato a Milano per tre generazioni viene definito milanese a Milano ancora con un pò d'orgoglio, ma nel contempo devo ricordarmi bene che le mie radici lontane sono altre e sono collegate a tutto questo, spagnoli che vennero a Milano con un cognome con la S finale che poi si perse nel tempo, le origini lontane sono poi quelle.... Io ho già detto quasi tutto....martedì potrei quasi non venire :blum: , scherzo ovviamente.... :blum: , Gianfranco stai tranquillo.....
    5 punti
  4. Cari tutti trovo finalmente il tempo per commentare anche io questo ultimo pezzo postato da @@Corsodinazione (congratulazioni), anche se non sono certa di avere capito bene alcuni commenti. Per quello che posso dire confermerei quello che hanno in parte già scritto anche altri: si tratta di una "medaglia" dogale, di tipo inedito, probabilmente anteriore a quelle dogali di tipo già noto, ovvero quella postata poi da Matteo. Il problema che rimane è di quanto anteriore, ovvero in quale periodo e contesto storico collocarla, anche rispetto alle varie coniazioni di quartari e di minuti. Di fronte a pezzetti così gustosi io mi mangio un poco le mani (e, lo confesso, un poco anche il fegato) perché fino a nuovi ritrovamenti o all'acquisizione di dati inediti, non potremmo mai sapere per certo a quale cronologia poterli attribuire. Le analisi del fino - che per altro per questo tipo di monete per dare risposte certe dovrebbero essere distruttive ... e su un pezzo per ora unico non si può proprio fare , direi - potrebbero dire fino ad un certo punto. Ed anche i criteri stilistici all'interno di ambiti temporali abbastanza ristretti potrebbero non rivelarsi assolutamente definitive. Lo so, dico spesso queste cose: ma più la moneta è interessante e più il fatto di non poter rispondere a certi quesiti perché viene da contesto non databile, mi dispiace. Detto questo vi mando un caro saluto e vi auguro un buon fine settimana MB
    4 punti
  5. ... e per finire.... avuta come resto in un negozio di souvenir :yahoo: :yahoo: :yahoo: :yahoo: :yahoo: :yahoo: :yahoo: :yahoo: Taglio: 2 Euro CC Nazione: Belgio Anno: 2014 Tiratura: 50.000 Condizioni: SPL Città: Bruxelles
    4 punti
  6. 1 Dollaro 2002 delle Isole Vergini Britanniche per commemorare un anno dalla caduta delle torri gemelle, l'11 settembre 2001. E' un monetone da 38,61mm di diametro e ben 28,28g di rame-nichel La foto non rende davvero la finitura quasi Proof ed essendo nella plastica si vedono anche dei graffietti non suoi. Inoltre se vedete un alone circolare (specialmente al dritto) è il riflesso della macchinetta fotografica perchè il fondo è a specchio. Non ne avevo mai sentito parlare e non rientra nella mia collezione ma l'ho presa per l'enorme significato di questa commemorativa. LEST WE FORGET La sono riuscita a pescare quando ero negli USA e l'ho pagata 1,17€ compresa spedizione :rofl: un furto Che ne pensate?
    3 punti
  7. ... segue dal post 32, ultima parte. Ero certo che ci fosse qualcuno tra voi che potesse apprezzare questo scritto, che io non ho fatto altro che copiare pedissequamente, anche per rendere omaggio al compianto autore, vero grande studioso erudito e storico genovese che ci ha lasciati prematuramente nel 2001. "Alla fine di luglio la notizia della vittoria spagnola a Genova giunse a Madrid. Dopo la resa di Breda e la liberazione del Brasile parve a Olivares un altro segno dell’assistenza celeste alla monarchia di Spagna. Genova non era stata tuttavia quel gran successso che vantava. La città –è vero- fu salvata; e l’affluire dei rinforzi spagnoli ebbe una parte del merito. Ma l’esercito spagnolo, guidato congiuntamente dal Feria e dal Cordoba, fece misera figura nel vano assedio di Vorrua e dovette lasciare poco più di tre mesi dopo il paese. All’entrare dell’inverno intanto il Lesdiguières e il Crèqui avevano ripassato le Alpi, coprendo quella onorevole ritirata con la promessa di una ripresa in febbraio della guerra. Deciso a dar compimento all’impresa era in realtà solo il duca, che intanto aveva ottenuto dal nuovo re d’Inghilterra Carlo I un considerevole aiuto navale. Ma il 20 marzo (in realtà il 5) Spagna e Francia, all’insaputa degli alleati, avevano stipulato a Monzòn in Aragona una pace che, tra l’altro, ordinava che cessassero le ostilità verso il genovesato e che si obbligassero i confederati, all’occorrenza con la forza, a ritornare in pace entro quattro mesi. Si può capire il dispetto di Carlo Emanuele. Disposto alla tregua, il duca non lo fu altrettanto alla pace (sarà conclusa, lui morto, soltanto nel 1634). La tregua fu infine stipulata il 27 febbraio e il 17 marzo 1628. Dal perdurare dello stato di guerra Carlo Emanuele si sentì autorizzato ai congiurati riuniti attorno al Vachero, in caso di successo, qualche appoggio militare: non che volesse disporre della città, ma mettere il governo in difficoltà sì. Se poi la mutazione di governo fosse riuscita tanto meglio. Poiché la congiura era stata scoperta prima della conclusione della tregua, pretese che gli oligarchi trattassero i quattro congiurati come prigionieri di guerra. Se la Repubblica si fosse ostinata a mandarli a morte, minacciò di far decapitare quattro dei prigionieri di guerra che ancora teneva presso di sé. Ma a nulla servirono né i ricatti del duca né i consigli di clemenza della Spagna (divenuta frattanto alleata del duca) che spedì addirittura un suo agente, Alvaro de Losada, per ammorbidire quei feroci repubblicani. Il minor Consiglio, senza tener conto di quelle minacce e di quelle lusinghe, votò unanime a scrutinio segreto per l’esecuzione dei colpevoli: esempio insigne di romana fermezza. Lo stesso duca ne rimase colpito; e revocò all’ultimo momento l’ordine che aveva impartito di eseguire quella feroce rappresaglia. L’aristocrazia genovese aveva rinsaldato, a prezzo del sacrificio degli affetti e a rischio di compromettere un’alleanza ancora tento necessaria, la propria interna unità e lo spirito d’indipendenza. Il rovescio finanziario del 1627 (la sospensione dei pagamenti da parte della Spagna, questa amica-nemica) non riuscì a spezzare il nuovo impegno nel quale era entrata di avviare a realizzazione una imponente serie di opere pubbliche. Prima fra tutte la costruzione, ripresa con nuovi e più qualificati progetti, tra il 1626 e il 1632, delle mura esterne –le “Mura Nuove”- che riuscì opera stupenda, eseguita tra l’altro, malgrado la mole ciclopica, in un breve arco d’anni. E poi la costruzione del “molo nuovo” per migliorare se non la capienza almeno la sicurezza del porto, uno dei porti artificiali peggiori d’Italia. E prima tra il 1632 e il 1639, era stata portata a compimento la costruzione dell’acquedotto. Più tardi, nel 1655, Emanuele Brignole, con inusitata larghezza, aveva intrapreso la fabbrica del monumentale Albergo dei poveri. Lo choc provocato dalla guerra –quella guerra che dal punto di vista militare aveva offerto spunti alla satira piuttosto che all’ammirazione- si rivelò, a conti fatti, benefico. Essa aveva senza dubbio moltiplicato le energie dei plutocrati, e visibilmente eccitato la loro volontà di trovare per la Repubblica una migliore collocazione sul piano delle relazioni internazionali. La pace di Monzòn aveva restituito alla Repubblica intero il suo territorio, non solo: ne aveva sancito l’intangibilità. E sin dal 1581 le era stato riconosciuto il titolo di “Serenissima” per sé e quello di “Serenissimi” per i membri del governo. Ma l’oligarchia non si accontentò di questi pur importanti riconoscimenti. Sempre più fiera del suo grande passato, che si mise a magnificare non per nostalgia ma per dar fondamento alla decisa volontà di “risveglio”, si mise attivamente all’opera per essere considerata internazionalmente stato pienamente sovrano, cancellando anche l’apparenza di vassallaggio dall’imperatore. Quel legame di dipendenza , se in passato le era servito a tenere in iscacco le pretese francesi, ora le riusciva stretto e umiliante. Si mise quindi a pretendere, più insistente che mai, le onoranze regie. I suoi giuristi le diedero volontariamente una mano per rifornirla di buone ragioni. Era una questione di rango, di cerimoniale, tipica di quel secolo puntiglioso. In breve: Genova pretendeva che i suoi ambasciatori venissero ricevuti nella sala regia delle corti; che fossero salutati al loro arrivo con un certo numero di salve di cannoni; che i suoi rappresentanti avessero la precedenza sui rappresentanti di questo o di quello stato, e via dicendo. Ma le questioni di etichetta nascondevano appena il desiderio d’imporre non soltanto un’immagine alta di sé, ma il riconoscimento dell’eguale dignità di forme collegiali di potere nei confronti di stati che andavano quasi tutti riducendosi alle più rigorose forme monocratiche. Il contrasto di fondo verrà alla luce più tardi, come si vedrà. Per ora si trattava di ottenere quel riconoscimento e, senza rinunciare agli ordinamenti repubblicani, fregiarsi del titolo di testa coronata. Non c’era altra via che quella di proclamare una monarchia mistica, che tra l’altro rispettava l’opinione comune dell’origine divina del potere politico. Finzione ardita, favorita tuttavia da certe manifestazioni della devozione dell’epoca. I gesuiti, una volta stesa attraverso tutta l’Europa cattolica la grande rete delle congregazioni mariane, avevano introdotto l’uso di mettere città, regni, l’impero stesso sotto l’alta protezione della Vergine. Tra i voti più famosi: quello pronunciato nel 1637 da Luigi XIII re di Francia, e quello pronunciato dal giovane imperatore Federico III nel 1640: “Sarete –disse quest’ultimo apostrofando la Madonna- la signora dei miei stati, dei miei regni e del mio impero … regnate su di loro e siate la loro imperatrice”. In apparenza l’atto di dedizione della Repubblica di Genova non si discostava da questo clichè. Però nella solennissima cerimonia svoltasi in Duomo il 25 marzo 1637 che proclamava la Vergine patrona e regina di tutti i suoi domini –un atto di devozione- insospettisce la presenza attiva di un notaio. Il fatto è che gli altri atti di dedizione non comportavano metamorfosi politiche. Ciascuno restava ciò che era: imperatore, re borgomastro. A Genova si assiste invece, per effetto di quella dedizione, a un vistoso mutamento. Il doge smette il manto di paonazzo e adotta d’ora in avanti quello di porpora, e cinge il diadema; i senatori, i governatori di Corsica, gli ambasciatori, i generali comandanti delle galee assumono il titolo di Eccellenza; il Palazzo Ducale diviene Reale. E sùbito la zecca si mette a coniare la nuova moneta. Al posto del “castello” e della scritta “Conradus II rex Romanorum” viene impressa l’immagine di Maria coronata di stelle con scettro regale e il motto: “Et rege eos”. Sia pure con fatica quella ruse funzionò. Il primo a cedere fu proprio, dopo molte proteste, l’imperatore nel 1641, seguito da Carlo I d’Inghilterra, da Ladislao re di Polonia, dal Sultano. Cromwell superò tutti accogliendo nel 1655 il rappresentante della Repubblica con cinquecento salve di cannone. La soggezione feudale tuttavia sussistette; e sarà Maria Teresa nel 1746 a farla valere con aspri modi. I Serenissimi questa volta si piegarono. A non piegarsi invece furono, ognun sa, i popolani e i borghesi. " ……(Salvatore Rotta -1999)
    3 punti
  8. @@leonumi67.. è encomiabile la tua presenza e la tua volontà, ma accetta un piccolo suggerimento.... alle tue risposte devi considerare l'eventualità di errore, pertanto aggiungi sempre un ... potrebbe essere...., forse , ..... per me è ..... mi sembra che ..... ecc . ecc.. ............................ e poi.... cerca di azzeccarne qualcuna..! :pardon:
    3 punti
  9. L'"Elmetto" non è una moneta facile in FDC. In passato praticamente non se ne trovavano, ora di più. Non mi è del tutto chiaro il perchè, anche se (come opportunamente notato) molte monete con maquillage chimico e brillantezza "rigenerata" vengono definite FDC mentre così non è. Posto la mia che ha una patina che può essere più o meno apprezzata, comunque originale del periodo di emissione (come è stata giustamente notato in precedenza, il basso titolo dell'argento ha causato una ossidazione brunastra). Non che la patina sia tutto, ma in questo caso valorizza molto la moneta in FDC! oo)
    3 punti
  10. Io non voglio scatenare discussioni a riguardo, ma sponsorizzare un venditore in questo modo non mi pare elegante... e mio parere personalissimo, mi trovo molto spesso non d'accordo con le perizie del Sig. Testa. Chiudo qui...
    3 punti
  11. Grazie Bruno, se no sul serio qui passa solo il messaggio "del chi ce l'ha più lungo" :blum: Ogni moneta postata, sia essa un MB o un FDC eccezionale, merita lo stesso spazio. Ogni grado di conservazione di ogni singolo esemplare postato, serve a far capire a chi segue questo forum, come leggere una moneta. A volte, spunti di discussione cadono nel nulla.... Altre volte discussioni che si potrebbero esaurire un 4 post durano sette pagine.... Vorrei che ci fosse più confronto su questioni stilistiche e storiche, sarebbe un ottimo spazio questo per imparare qualcosa di più sulle monete che postiamo, limitarsi alla identificazione e valutazione diventa, a volte, troppo riduttivo. Renato
    2 punti
  12. Caro @@dizzeta in metallurgia, soprattutto se ti capitasse di osservare chi lavora con i metalli in modo sperimentale, si possono osservare tanti fenomeni...e così nel successivo processo di coniazione se realizzato a martello. Io sono abbastanza convinta che quel punto non sia voluto, sia per le dimensioni ridotte che per la forma che ha, molto "appuntita" - se vuoi - e poco schiacciata. Queste caratteristiche lo rendono ben diverso da altri punti sicuramente fatti con un punzone sul conio e da lì poi impressi sulla moneta, come nell'esemplare che posto per confronto, preso nella pagina di wikipedia dedicata al denaro genovese. Del perito ovviamente non volevo sapere il nome, ma era una battuta, per rimarcare alcune cose, che spero si siano indirettamente capite. Di nuovo un caro saluto e complimenti per il bell'esemplare comunque MB
    2 punti
  13. Ancora un altro sforzo superlativo petronius :D . Se posso, potrei interrompere qui per evidenziare il nuovo tipo di dime 1853-55 (con le frecce alla data che segna la riduzione del peso e quindi nel contenuto d'argento). Le altre variazioni nel tipo Seated Liberty, sono principalmente di carattere tecnico—modifiche minori per motivi estetici o di produzione. (La varietà di Frecce del 1873-74 per istanza, e la varietà di No Frecce 1875-91, sono una conseguenza solo di portare le dime in conformità con il sistema metrico di un piccolo aumento di peso di grammo ,01). Ma la varietà di Frecce del 1853-55 segna un cambiamento estremamente importante nella dime (sua trasformazione intenzionale in una moneta “gettone”, non vale il metallo), un cambiamento che è stato fatto per un motivo estremamente importante (la dime come esistito era non circola perché argento era diventato troppo costoso rispetto all'oro). Le frecce erano, in effetti, un "chopmark-in-inversione" dicendo le monete—perché erano di qualità relativamente inferiore—erano quindi buona pratica. Le frecce del 1853-55 avevano anche lo scopo importante di favoreggiamento il ritiro da canali commerciali di tutti i precedenti tipi di dime, così potrebbe essere sciolto e recoined. Comunque, ti prego perdona l'interruzione al tuo thread eccellente. Volevo solo attirare qualche attenzione in più a questo particolare episodio nella storia di dime. ;) v. ------------------------------------------------ Yet another superlative effort here petronius :D . If I can, I might interrupt here to highlight the new dime type of 1853-55 (with the arrows at date marking the reduction in weight, and therefore in silver content). The other changes in the Seated Liberty type are, indeed, mostly technical in nature—minor design changes for aesthetic or production reasons. (The Arrows variety of 1873-74 for instance, and the No Arrows variety of 1875-91, are a consequence only of bringing of the dime into conformity with the metric system by a tiny increase in weight of .01 gram.) But the Arrows variety of 1853-55 marks an extremely important change in the dime (its intentional conversion into a "token" coin, not worth its metal), a change which was made for an extremely important reason (the dime as it existed was not circulating because silver had become too expensive relative to gold). The Arrows were, in effect, a “chopmark-in-reverse” saying the coins—because they were of relatively inferior quality—were therefore good for circulation. The Arrows of 1853-55 also had the important purpose of aiding the withdrawal from commercial channels of all previous dime types, so they could be melted and recoined. Anyway, please pardon the interruption to your excellent thread. I just wanted to draw a little extra attention to this particular episode in the dime’s history. ;) v.
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  14. Entrambe le monete mi piacciono (non lo nascondo), molte volte sul forum, quando si parla di monete del regno, si fa spesso riferimento a queste 2...in particolar modo al "cappellone". Cioè....è come se queste monete facciano da riferimento a chi colleziona le monete del Regno. Penso di ritenermi soddisfatto perchè penso che in una discreta collezione (come penso che sia la mia..), debbano prima o poi farne parte, indipendentemente dal grado di conservazione...o, per meglio dire, almeno ad avere questi pezzi in una conservazione accettabile ai fini collezionistici. Per farmi meglio capire: se un giorno i miei figli (ne tengo 3), volessero continuare questa collezione.....almeno riposerei in pace sapendo di avergli in qualche modo lasciato dei buoni pezzi. Adesso non voglio entrare in merito a discorsi di pezzi in altissima conservazione, che sono riservati a chi se li può permettere.....ma credo comunque di lasciare un qualcosa che (spero) ne sia valsa la pena.. Grazie a tutti per i consigli :good:
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  15. @@marco1966,bravissimo! Eccolo qui http://catalogo-mantova.lamoneta.it/moneta/MN-MNO/13
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  16. ciao io proverei a guardare su casale... :)
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  17. Per quello sulla baia non arriva neanche al qFDC.
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  18. Se qualcuno ha per le mani un "elmetto" con perizia Testa in FDC, sarei curioso di vederlo.
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  19. Se non vi dispiace occupo un po' di questo spazio, sperando di fare cosa gradita ...almeno a qualcuno ... per riferire di un articolo che ho letto su un libro su Genova (El siglo de los Genoveses) scritto da Salvatore Rotta dal titolo: Fra Spagna e Francia (1625-1637). E' evidentemente un po' di parte genovese, ma credo si possa perdonare, e comunque propone uno sguardo tutto intorno e parlerà anche di Milano ....Come potete vedere io ce la metto tutta per esserci, intanto mi preparo "mentalmente" ... Io, quando posso, cerco di leggere qualcosa riguardante la storia per inquadrare il periodo in modo che poi, ascoltando quanto si dirà sulla numismatica nella riunione, credo di capirci un po' di più ...ma forse mi illudo, lo so, ma ognuno ha le sue manie. Pertanto mi sono dato il permesso da solo, chi ritenga l'argomento noioso può sempre passare oltre senza leggerlo. L'articolo è un po' lungo, io l'ho diviso in tre parti, questa è la prima, domani seguirò con la seconda e poi la terza. A me è piaciuto, spero tanto che piaccia un po' anche a voi. "Carlo Emanuele I di Savoia salì sul trono ducale non ancora diciannovenne nel 1580. Lo occuperà per 50 anni. E non si può proprio dire che rimanesse inattivo, tante furono le trame che tessé e le guerre che intraprese per allargare il ducato e conquistare per sé il titolo regale: la sua idée fixe. Figlio di Margherita di Valois, figlia di Francesco I, nel 1588 avanzò, tra i tanti competitori, la sua candidatura al trono di Francia. E rifece il suo nome l’anno dopo, profittando del fatto che al nuovo re, Enrico IV, i sudditi cattolici rifiutavano l’obbedienza. Ma questa volta si trattò probabilmente di una mossa per ottenere l’approvazione del colpo di mano sul marchesato di Saluzzo (1588) e la libertà di movimento per ricondurre sotto l’alta sovranità della Savoia la città di Ginevra e spegnere quel covo di eretici: un’impresa alla quale fu sempre determinatissimo e che per condurre a buon fine si adoperò con tutti i mezzi, quelli onesti (che sarebbero la guerra aperta) e quelli disonesti (la sorpresa notturna, l’Escalade, 1602). Qualche anno dopo, nel 1605, fu la volta del trono di Spagna. Non essendo ancora nato a Filippo III un erede propose se stesso per riempire quel vuoto. La nascita del futuro Filippo IV mandò all’aria i suoi disegni. Di lì a poco, nel 1608, quell’ossessione gli fece concepire uno dei suoi progetti più chimerici. Sognò di farsi condottiero di una spedizione contro la Sublime Porta e di strappare al Turco non solo Cipro e Rodi ma anche la Macedonia, l’Albania, la Serbia, la Bulgaria, la Bosnia e di farsi re di quelle terre. Per aprirsi la strada eccitò a Cipro una ribellione di cattolici, presto domata dai turchi dai modi garbati che tutti sanno. Carlo Emanuele tuttavia non disarmò e chiese al pontefice almeno il riconoscimento del puro titolo di re di Cipro, titulus sine re. Ma Paolo V gentilmente ricusò la sua richiesta, anche per le proteste dei veneziani ai quali l’isola era stata tolta nella famosa guerra del 1570-1573. Dieci anni dopo, alla notizia dei primi moti in Boemia, aspirò a farsi re di quel paese; ma gli fu preferito il Palatino. Essendo però nel frattempo scomparso l’imperatore Mattia, si candidò al trono imperiale. Gli fu preferito Ferdinando II. Se non riuscì a farsi re, riuscì almeno a morire da re. Levatosi dal letto, si mise ritto, si fasciò con regale mantello di porpora, indossò il collare dell’Annunziata e, ricevendo il viatico, spirò. Pittore amante dei grandi soggetti storici, Nicolò Barabino, non si lascerà scappare l'occasione di rappresentare sulla tela un così teatrale trapasso" ....(segue)
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  20. La moneta da te postata non fa testo perché chi ha una certa esperienza non mette in discussione la sua autenticità e quindi è inutile discutere sui crateri,mentre per la moneta sulla quale si sta discutendo gli elementi dubbi sono parecchi: ho evidenziato alcuni crateri tipici da fusione, soprattutto quelli delle lettere, che presentano particolari caratteristiche ( gli esperti le conoscono ) ed oltre a quanto esposto nel suo post in maniera egregia da @@vitellio, nel mio precedente intervento ho fatto notare un particolare molto importante; cioè la copertura del metallo su alcune lettere, che in una moneta coniata può avvenire solo per scivolamento di conio o per conio sporco coinvolgendo nel processo anche le lettere mentre in questo caso, il metallo, copre le lettere depositato in maniera uniforme il perché i più esperti lo sanno e lo capiscono.
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  21. Sperando di fare cosa gradita , voglio complimentarmi con Giò per il riconoscimento ottenuto . Posso dire , avendo avuto occasione di conoscerla personalmente che è una gran brava persona , simpatica e disponibile :) , complimenti @@Giovanna
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  22. @@aemilianus253 Grazie, sono dati interessanti.
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  23. Allora, visto che ne ho una del 1809, apro le danze: TIROLO Insurrezione di Andreas Hofer 1 kreuzer del 1809 KM# 148 Rame
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  24. Ed eccomi nel Salone, devo fare i complimenti per la scelta logistica agli organizzatori, la Sala è grande e ben disposta, i commercianti ben distribuiti e a loro agio anche per la sicurezza. A questo proposito devo dire che il personale addetto è stato di una discrezione ammirevole, non hanno perso di vista i tavoli e le persone neanche per un attimo, molto professionali, gentili e disponibili, un bravissimi va detto anche a loro e domattina lo farò personalmente. Un po' di luce e fresco in più non ci sarebbe dispiaciuta, per il prossimo Convegno ne farò richiesta al direttivo del Circolo :lol: Christian Andreani insieme a Giuseppe ed Eliodoro, dietro di lui Cesare, di Numismatica Picena
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  25. Tanto per togliere i dubbi sulle macchie scure,non si tratta di patina ma di qualcosa d'altro........!!!!!!!!!!! :good: Saluti Babelone
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  26. Effettivamente si tratta di Vittorio Emanuele II (Umberto I non portava la barba). Per interpretarla, occorrerebbe valutare il contesto in cui fu pubblicata: poiché è del 1915 potrebbe essere un'allusione alla Prima Guerra Mondiale, ed, in particolare, all'esortazione del "Padre della Patria" ad affrettare l'entrata in guerra del Regno d'Italia.
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  27. tra un FDC e un altro FDC ci può essere una grande differenza di prezzo, le vostre sono tutte FDC ma con valutazioni diverse.
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  28. Ancora cò stì numeri? :crazy: Stì numeri secondo me son buoni solo come ispirazione per il lotto... se proprio chi ci gioca volesse buttare un po di soldi...: 61, 66 e 70... A parte che questa scala è un "rimasticamento" della scala sheldon, con tutti i se ed i ma del caso... CHI è che decide la differenza che corre tra un 61 ed un 62? Cosa ha un 63 in più di un 62 ed in meno di un 64? Risposta: boh... Quanto pesano i segnetti? Ed i bordi ripresi? e le pulizie? e le pulizie parziali (solo un verso, o solo una parte di un verso?) Risposta: boh... Questi numeri sono assegnati pur sempre da una persona, quindi con tutte le soggettività e le variabili del caso (oggi tizio è buono tiè... 64, domani gli potrebbe girare storto, facciamo allora 62!... Caio invece potrebbe avere la lente 30x e fare 60, Sempronio usa solo la lente 6x e fare 68... farà pure sorridere, ma chi garantisce che non sia così? chi garantisce che il giudizio sia COSTANTE E PERFETTAMENTE RAPPORTATO ALLA REALE CONSERVAZIONE che sarà sempre e solo quella?) Almeno gli americani son più obiettivi, riservando l'MS69 e 70 unicamente alle commemorative E, a rigor di logica, mi aspetterei altrettanto per il "rimasticamento italian style"... Invece no! siam italiani, noi creiamo sempre qualcosa... FdC 70, dovrebbe (perchè a questo punto non è così visto che viene fatto, ma secondo un senso logico dovrebbe) essere la massima espressione della precisione di conio e di conservazione che si può trovare unicamente sulle moderne e/o sulle commemorative in FS per i collezionisti; Mi domando: Come fa ad essere affibiata tale gradazione ad una moneta che ha circolato? Come fai @@renato a dare FDC 70 ad una moneta che ha circolato e che vedi attraverso una foto così poco nitida? (la moneta di giov) La moneta (peraltro molto bella non si discute), presenta minimi segnetti (ho cercato di sfoltire un po di nebbia, cercando almeno di rendere più godibile questa bella moneta) Quindi, in base a questo semplicissimo ragionamento, mi aspetterei invece che se un FDC70 proprio vogliamo affibbiarlo, a titolo puramente esemplificativo, glielo affibbiassimo al tuo elmetto prova, indiscutibilmente e assolutamente FDC. Sbaglio? E' vero che ci son FdC e FdC... ma anzichè guardare un numero (che più è alto e più costa NON CE LO DIMENTICHIAMO), io mi affiderei ad un occhio addestrato, all'esperienza ed al senso del gusto... per cui, meglio sviluppare queste qualità a livello personale, che ricercare una "bella perizia" o un "numero alto" Se la moneta è bella, il prezzo se pò fà, si compra, diversamente, rimane la... ... E non ve la prendete con me se non esce la terna :D
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  29. Lo stemma è compatibile con la versione antica dello stemma "parlante" dei siciliani La Grua, assegnabile al periodo a cavallo fra '300 e '400, e contenente due gru affrontate.
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  30. Miglior consiglio non potevi avere! Prima di acquistare monete "importanti" meglio far pratica e confrontare quelle periziate nelle varie scale di conservazione. La Numismatica come tutto s'impara da chi è esperto e riconosciuto tale dalla comunità e non dal primo venuto. Se vuoi imparare a sciare avendo le possibilità chi vorresti come istrutture un qualsiasi maestro di sci o il Campione del Mondo?! Non c'è bisogno di chiedere tanto ma una buona impostazione iniziale vale molto e ti fa risparmiare qualche soldo,alla fine. :good:
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  31. ...è vero abbiamo un po' snobbato il tuo ...che è un po' più "vecchio" e quindi merita un riguardo maggiore! Si vede, si vede che è brillante e sembra di ottimo argento, avevo letto di procedimenti particolari per farlo emergere in superficie e qui sembrerebbe un'ottimo esempio. Inoltre è vero che la I uncinata è particolare ma a me non sembra un'arma da guerra, come dice @@Corsodinazione, a me sembra che abbia il cappello da "chef" .... è più "gustoso" :lol: ...
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  32. puccini... II version... http://www.friziodesign.it/coins20.html :-)
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  33. Sono assolutamente d'accordo con Matteo (e non chiedo quale sia il perito che l'ha classificata come variante ... ). Un caro saluto MB
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  34. Grazie per i pareri
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  35. :good: belli!belli....eccono uno che mi piacce molto(mi piacceno tutti! :lol: )....0.84 grs...per diam 15mm le foto non rendeno....ma vi posso dire che in certi posti,brilla naturlmente come specchio...! -_-
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  36. Ciao, non vedo bene le date, ma direi 4, 5, 6 e 7. Ma le date ( o foto migliori) aiuterebbero. Lanotte
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  37. Dopo averci ragionato su, non mi torna né la mia identificazione, né quella proposta Poemenius. Se osserviamo bene il dritto, vediamo che il sovrano tiene nella mano destra la "mappa" e nella sinistra una croce, dettagli che non sono presenti nelle altre due emissioni. In particolare, nel primo caso Eraclio ha un globo crucigero nella destra, mentre nel secondo una sorta di scipio (lo scettro con aquila). Inoltre, sempre nel secondo caso, la testa dovrebbe essere scoperta (si tratterebbe di un'emissione relativa alla rivolta di Eraclio padre ed Eraclio figlio che successivamente portò quest'ultimo sul trono), mentre nella tua moneta si vede chiaramente una corona. Considerando il tutto, dirotto la mia ipotesi su un mezzo follis di Foca, zecca di Cartagine, poiché in quest'altro caso i dettagli discussi sopra tornerebbero (Sear 686). A pensarci bene anche l'iscrizione potrebbe starci (mi sembra di poter leggere DN FOC...). In tal caso l'anno di emissione può essere indicato al 606/607. Propongo questa immagine di confronto: http://stampcircuit.com/sites/default/files/dr.reinhard-fischer/coinauction/public-stamps-briefmarken-auction-134/00121.jpg
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  39. Per gli interessati alla medaglistica militare, mostro una medaglia che non avevo mai visto prima e che sicuramente non è comune. Ha una singolarità : fu emessa nel marzo del 1945, soltanto a poco più di un mese dalla fine della guerra. Apparteneva alla 5 Divisione Alpina della Wermacht, una unità che era stata formata nel Tirolo nel 1940. Nel 1941 partecipò alla invasione della Grecia partendo dalla Bulgaria e, sfondando la linea Metaxas, occupò Atene. Il 20 maggio1941 venne trasportata a Creta dove ebbe numerosi caduti nella battaglia per la conquista dell'Isola. Nel 1942 venne impiegata in Russia nella zona di Leningrado, poi nel gennaio del 1944 combatté in Italia sulla Linea Gustav e a Montecassino. Successivamente venne posizionata sulle Alpi Marittime e si arrese a Torino alla Va Armata Americana. Nel suo stemma era rappresentato un camoscio stilizzato, che è riportato anche sulla medaglia assieme a due stelle alpine : questo fiore, riprodotto in metallo, era il distintivo che tutte le truppe alpine germaniche portavano sul berretto. La medaglia è sicuramente autentica : non ho idea dei colori del nastro con il quale penso venisse assegnata. Non è una decorazione, ma solo un riconoscimento per una gara sciistica che ebbe luogo al Fronte Occidentale in Italia
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  40. Non abbia fretta, tempo al tempo. Gli acquisti li rimandi quando ha acquisito una certa dimestichezza ed un certo occhio. In questo modo maturerà un Suo gusto proprio, un Suo metro di giudizio, e cosa molto molto molto importante, non si farà influenzare dal giudizio di conservazione delle perizie o degli altri. Quest'ultimo fattore è assolutamente il più importante. Quindi, calma e sangue freddo, per il momento veda tante tante tante monete IN MANO, non compri nulla, e vedrà che l'occhio piano piano farà la sua parte :)
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  41. Salve, le do' un consiglio, non si fasci troppo la testa per i nostri commenti. Lei ha delle certezze in mano, due belle monete pagate il giusto (non amo troppo le aste per i costi eccessivi del sistema ma e' un altro discorso) autentiche e questa con una bella patina che a me piace, QSPL ci sta' tutto. Poi che poteva risparmiare e' un altro discorso ma visto i timori che aveva per iniziare ha fatto la scelta giusta. Complimenti
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  42. Salve Raistlin, se non dico fesserie, dovrebbe trattarsi di Onorio al tipo Ae3: D/ DN HONOR-IVS PF AVG busto a dx, diademato, dr/cor R/ VRBS RO-MA FELIX OF. Є SMROM Roma di fronte tiene trofeo e vittoriola su globo che la incorona, uno scudo a dx. Ric 1274 (testa di fronte) 1280 (testa a dx) Marcus Didius
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  43. Scusate, molti di voi sanno che mi interessa l'argomento per miei personali studi legati alla legislazione in materia, pertanto vorrei porvi una domanda o delle riflessioni, non lo so più nemmeno io, mi sono semplicemente messo ascrivere. Abbiamo sempre detto che non bisogna osteggiare gli acquisti on-line ma anzi di rivolgersi esclusivamente ai professionisti del settore che rilascino regolare fattura e certificazione (abbiamo anche detto che se non vendi e non compri su internet non ti succederà mai niente, osservazione che non condivido se non nella sua triste verità). Premesso che già diverse volte si è ampiamente dibattuto sul reale valore delle certificazioni di lecita provenienza rilasciate dal professionista, può dimostrarmi di averla acquistata presso una casa d'aste o che il precedente proprietario gli abbia fornito la fattura di un'altro commerciante (da lì mi viene la domanda: ma tra il precedente passaggio di proprietà ed il 1909 non c'è troppo tempo? il fumo dei decenni rende flebile la necessità di una probatio ai limiti del diabolico?), in questo caso, come già sottolineato da altri, l'amico lamonetiano si è rivolto ad un professionista teutonico che ha il solo obbligo di mandargli nella busta anche uno scontrino (almeno con questo sappiamo che la moneta non l'ha rubata al negozio). Leggendo tutte e 15 le pagine di questa discussione ho subito pensato ad una cosa: e se quelle monete per puro caso, o forse no perchè si tratta di una delle normali attività che accadono nella vita di un collezionista, fossero state nel frattempo cedute? L'ipotesi è semplice: Tizio ha comprato ad un'asta online da un venditore professionale che gli ha pure mandato, bontà sua, la fattura ed il certificato di lecita provenienza (tesserino che la normativa di settore del suo paese sconosce ampiamente). Tizio dopo qualche anno decide che le monete non fanno per lui e, recandosi al primo convegno/mercatino/circolo cittadino le ha cedute ad uno più interessato di lui (ndr. Tizio non è obbligato a tenere le fatture o un libro mastro degli acquisti, tantomeno a cedere le stesse al successivo acquirente). Poi però giunge il momento in cui Tizio viene chiamato ad esibire le monete che... nel frattempo non ha più!. Siccome non oso pensare alle conseguenze di un caso del genere le chiedo a voi. Sperando che la risposta non sia che dobbiamo (farci) fare le istantanee durante la cessione delle monete.... P.S.: Mi scuso con Ciosky, cui auguro una felice e celere conclusione della vicenda giudiziaria che, se anche in modo tangente, lo ha tristemente visto coinvolto, per essermi liberamente ispirato al suo caso per proporre un quesito esclusivamente tecnico
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  44. eccone un'altro con la perlinatura
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  45. Forse una traduzione più corretta è: "anche mio nonno colleziona monete".
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  46. ...e infine: commemorativo finlandese!!! Dopo aver preso i rotolini di oggi mi sono andato a prendere un caffé e pagando ho chiesto di cambiare una decina di monete da un euro che erano avanzate da un rotolino in due euro. Il barista mi dice che ha solo un pezzo, me lo fa vedere e io cambio, meglio che niente. Mi avvio alla porta quando sento una signora che mi chiama: "aspetti!" Insomma, aveva sentito della richiesta e mi fa vedere quattro monete da due euro nel palmo della mano. Facciamo lo scambio e noto subito che due su quattro hanno il promettente luccichio delle monete nuove con la cartina estesa. Mentre esco comincio a spizzarle una ad una, lasciando le due sbrilluccicose per ultime e... Taglio: 2 euro commemorativo Nazione: Finlandia Anno: 2007 Tiratura: 1.970.400 Condizioni: BB+ Città: Gallarate (VA) Note:
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  47. Non sono d'accordo sul discorso del disprezzo perché secondo me è l'esatto opposto: fuori dall'Italia queste si chiamano mance.
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  48. Grazie per i complimenti. Comunque ho dato un'occhiata con la lente ma... Sinceramente non vedo graffi da spazzolatura. Saluti da nando12
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