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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 07/02/14 in tutte le aree
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Buongiorno a tutti, desidero comunicare che il convegno partenopeo in oggetto non sarà organizzato solo sul piano commerciale, stiamo organizzando per quell'occasione una serie di pubblicazioni e appuntamenti di carattere scientifico con relativa conferenza il sabato 27 settembre in una sala accanto al salone che ospiterà i commercianti. La prossima settimana, salvo complicazioni, pubblicherò il programma completo degli appuntamenti. Ho parlato al telefono con @@Giovanna l'altro giorno perchè mi piacerebbe organizzare all'interno della manifestazione anche una breve visita guidata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli con particolare attenzione alla sezione numismatica nella quale vi è una delle più importanti raccolte al mondo di monete, medaglie e conii. Se l'idea vi piace desidererei sapere in quale giorno preferireste effettuare questa visita: venerdì mattina o domenica mattina? Considerate che il convegno ci sarà nei seguenti orari Venerdì 26 settembre, dalle 14,30 alle 18,30 Sabato 27 settembre, dalle 9,30 alle 18,30 Domenica 28 settembre, dalle 9,30 alle 13,00 L'ideale sarebbe il venerdì mattina verso le 10,30 (questo perchè il convegno aprirà al pubblico alle 14,30) ma mi rendo conto che potrebbe essere un po' scomodo per chi viene da lontano ed impossibile per chi viene da oltre 300 km di distanza perchè significherebbe partire alle 6 del mattino da casa o alloggiare a Napoli dal giovedì sera. Il nostro appuntamento è un'occasione importante per la numismatica, e la numismatica deve essere una passione ed una sorta di svago per molti di noi appassionati. Vediamo se con una sorta di sondaggio è possibile organizzare al meglio questa breve escursione numismatica! Grazie per l'attenzione.4 punti
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Io ci provo ancora una volta, testardo come un mulo con una discussione che più generalista di questa non ci può essere, certamente investe l'era moderna, ma quella medievale pure e volendo un po' tutte. Coinvolge tutte le zecche, nessuna esclusa, tutti i periodi, l'argomento è di quelli più importanti e intriganti di tutta la numismatica, tutti i libri lo trattano, e non è certo un argomento difficile basta raccontare...., la discussione è stata preannunciata ora nella sezione curatori, tutti avvertiti.....ora vediamo come sarà la risposta, mi auguro sia un successo....anzi lo deve essere :blum:.... Delle pene e dei castighi.....di cosa parlo, ovviamente di monete false, di monete tosate, di illegalità varie.....ovviamente erano previste pene, alcune atroci, alcune di facciata, certo fu difficile arginare tutto questo..... Mi piace iniziare con quanto detto nel libro che fu dato alla presentazione a Milano della Mostra " Il vero e il falso " e introdurre qualcosa in generale, poi si potrà passare dal generale, al caso di zecca, al bando, al caso specifico del tal falsario.....e via dicendo.... " La gravità della pena è decisa anche in relazione al fatto che i falsari e i loro committenti, civili o spesso facenti parte di istituti religiosi, dovevano normalmente appartenere a un livello sociale piuttosto alto, il che permetteva loro di spacciare la moneta falsa. Sono numerosi infatti i casi di rinvenimento di tracce di officine di falsari all'interno di castelli, di conventi o di dimore signorili. La convenienza a produrre una moneta falsa imitante una autentica in circolazione deve essere legata strettamente al costo dell'operazione. Per questo motivo le monete maggiormente falsificate sono in oro e argento mentre la falsificazione di bronzo dava pochi utili ." Sulla tosatura invece ...." Un fenomeno che si incrementa a partire dalla fine dell'impero, quando i tondelli delle monete cominciano ad assottigliarsi, riguarda la tosatura ovvero la sottrazione di piccole parti di metallo mediante ritagli di bordo. La tosatura è di fatto una forma di alterazione della moneta ufficiale, un intervento non autorizzato che provocava, anzitutto, un immediato calo di peso per le monete, procurava illeciti guadagni agli autori e, spesso, obbligava le autorità al ritiro forzoso delle monete tosate. " Vediamo però anche qualche pena e castigo ora....3 punti
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All’ ombra della possente bianca costruzione dell’ Altare della Patria , in Piazza Venezia , sul lato sinistro per chi guarda dal davanti l’ Altare , si nota quasi defilato e solitario , nell’ aiuola dedicata , ignorato e snobbato da quasi tutti i passanti che hanno occhi solo per il grande Monumento a Vittorio Emanuele II e per gli altri importanti e grandiosi monumenti romani dell’ epoca imperiale che sorgono ai lati di Via dei Fori Imperiali , si nota , dicevo , un piccolo rudere risalente ai primi anni del I secolo a.C. ; e’ questo un monumento funebre , dedicato a Caio Poblicio Bibulo . In epoca repubblicana questo monumento funebre di Bibulo , insieme all’ altro Sepolcro dei Claudii , che era sul lato opposto ma oggi non piu’ esistente , si trovavano entrambi in prossimita’ della Porta Ratumena oppure della Porta Fontinalis , non e’ chiara la posizione esatta delle due porte che potrebbe essere la stessa ma con due nomi diversi , posta alle falde dell’ Arx del Campidoglio , cioe' la parte ad oriente del colle , che immetteva poi nella Via Flaminia . Il sepolcro di Bibulo , l’ unico dei due attigui superstite , si presenta ai giorni nostri alquanto scarno , forse per questo motivo non e’ molto attraente verso chi non ne conosce la storia non accorgendosi della dedica alla base quasi completa , posta sul basamento ormai semi interrato ; la facciata in foto e’ lunga quasi 7 metri e alta circa 5 . Interessante notare che il sepolcro di Bibulo e quello di rimpetto dei Claudii , ai lati della Porta Ratumena o Fontinalis , erano appena fuori del Pomerium , perimetro entro il quale diverse cose erano vietate fare , tra cui seppellire i morti , al solo Traiano la cui Tomba/Colonna a poche decine di metri ad oriente da quella di Bibulo , fu concesso farlo , per i suoi altissimi meriti verso la Res Publica . Il sepolcro in materiali dell’ epoca era fatto in travertino e tufo e doveva probabilmente essere costituito da una grande cella di forma rettangolare , di cui ne rimane solo un lato ; il basamento che attualmente e’ visibile , e’ la parte alta , in quanto il resto e’ sepolto sotto diversi metri nel terreno . Quella che sul davanti sembra una porta , doveva essere forse quella di ingresso al sepolcro preceduta da una scalinata oppure una finestra con statua , mentre come architetture e’ rimasto visibile ben poco : ghirlande , bucrani e rosette ; fortunatamente l’ iscrizione quasi completa , invisibile , nel senso che si nota poco , ci ricorda a chi apparteneva questo sepolcro , ma del personaggio qui sepolto , non sappiamo altro oltre a quello della scritta , che cosi’ recita : C Poplicio Bibulo ead pl honoris….. virtutisque caussa Senatus….. consulto populique iussu locus…… monumento quo ipse postereique…… eius inferrentur publice datus est A Caio Poblicio Bibulo edile della plebe in riconoscimento della sua virtu’ (o valore) ? (e dei suoi meriti) ? per decisione del Senato e del popolo è stato concesso a spese pubbliche un terreno per il sepolcro affiche’ egli e i suoi discendenti vi siano sepolti . Si tratta quindi di un sepolcro pubblico concesso a spese del Senato e del Popolo , sicuramente per particolari meriti compiuti in vita da Poblicio verso la Repubblica , un personaggio sicuramente famoso alla sua epoca , del quale sfortunatamente non si sono tramandate le imprese o meriti , civili o militari ; possiamo solo ipotizzare che il nostro personaggio fosse un Magistrato monetario oppure figlio o parente di questo , perche’ dei Poblicii batterono monete tra il 92 e il 79 a.C. , date che ben si allineano con quella di realizzazione del monumento . Probabilmente il nostro personaggio visse ed opero’ civilmente o militarmente , o entrambi , in un periodo storico molto complesso per Roma , compreso tra l’ epoca di Marco Livio Druso , Licino Crasso , quando si discuteva circa la possibilita’ o meno di concedere la cittadinanza romana agli Italici e la tragica rivalita’ tra Mario e Silla con la Dittatura di quest’ ultimo , anni tremendi per la Repubblica , carichi di conseguenze per il futuro . Evidentemente C Poblicio Bibulo era scarso pero’ di un patrimonio personale che gli permettesse alla sua morte un degno funerale e un sepolcro a proprie spese , insomma un novello Menenio Agrippa , Console nel 503 a.C. Non era prassi rara , anzi relativamente comune , in Roma antica e specialmente in epoca repubblicana , provvedere alle spese funerarie e del sepolcro , a cura del Senato e del Popolo , nei confronti di quei cittadini particolarmente benemerenti verso la Res Publica , ma di scarso patrimonio privato ; altri esempi , oltre a quello gia' citato di Menenio Agrippa , furono quelli a favore di Valerio Poblicola , di Postumio Tuberto , di Caio Fabricio , forse di Appio Claudio Cieco e probabilmente di altri personaggi storici non noti , orgogliosi di aver servito la Res Publica , pur non arricchendo , al punto di avere perfino scarse risorse economiche tali da non permettergli alla loro morte un funerale e sepolcro degno del loro impegno civico , militare o di entrambi ; uomini eccezionali , se visti con gli occhi moderni , ma dai comportamenti normali se riferiti a quella eroica e famosa epoca repubblicana ; qualita’ morali e civiche che andarono man mano declinando di pari passo , con il declino della Repubblica romana . Aggiunta recente : di Caio Poblicio , soltanto una cosa risulta un po' "strana" e poco confacente con la sua dedica posta nel sepolcro , cioe' il Cognomen : Bibulo , che dovrebbe significare "bevitore , bevone" . Evidentemente gli antichi soprassedevano ai vizi e difetti delle persone , riconoscendo indispensabili ed utili allo Stato le sole qualita' morali e civiche .3 punti
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Copio e incollo dal mio recente articolo su P.N. in cui ho trattato del quattrino con la scritta OLIMPOS per Federico II L’impresa che sicuramente più caratterizza la monetazione dei Gonzaga, da Federico II in poi, è quella del Monte Olimpo: l’impresa è costituita dalla raffigurazione schematica di un’alta vetta segnata da un sentiero che conduce ad un altare posto alla sua sommità e sormontato dall’iscrizione FIDES. L’insegna allude alla fedeltà assoluta di Federico II prima e della casata Gonzaga verso l’imperatore a sua volta assimilato ad una divinità visto che nella cultura classica il monte Olimpo era ritenuto la sede degli dei. L’impresa è ripetutamente presente nelle decorazioni di Palazzo Te ed è rappresentata in numerose monete coniate nel corso del regno di Federico II, e successivi. La rappresentazione riguarda sia l’intera figura del monte, come nel Due Ducati che con la semplice scritta in greco OLIMPOS come nel quattrino di Federico II, sia come soggetto principale che a corredo dello stemma gonzaghesco. Allego alcune immagini esplicative. Scudo del sole per Federico II (Asta Bolaffi). Da due ducati (asta Varesi 62), con rappresentazione del monte Penso che da queste immagini potrai riconoscere la figura del monte stilizzata all'interno dello scudo del dritto. Lo scudo araldico del verso rappresenta le armi dei Paleologo con le quattro Beta. ciao Mario3 punti
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Buongiorno, posto questa medaglia, che non è mia, ma ci sto facendo un pensierino, riguarda la battaglia di NAPOLEONE sul ponte di LODI. Piccolo aneddoto, domenica scorsa sono andato a mangiare una pizza a una decina di chilometri dal mio paesello e mi sono trovato questo cartello, verità, leggenda?? Dell'olmo rimane un ceppo alto un paio di metri con un diametro di circa 50/60 cm.2 punti
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Buona serata Venezia si dotò di un proprio codice penale già ai tempi del doge Pasquale Malipiero, la così detta: “Promissione al Maleficio”. Promulgata nel 1181, divenne fondamento delle successive leggi e compendio di quelle già esistenti; era un codice penale alquanto bizzarro per taluni versi, soprattutto rispetto a quanto c’era in altri Stati, giacché tutelava con pene severissime (quasi sempre la morte) gli attentati alla proprietà ed alla sostanza dei privati o dello Stato, mentre era estremamente liberale per le violenze o le ferite alla persona; in questo caso c’erano quasi sempre ammende di tipo pecuniario e/o l’esilio temporaneo o definitivo. Ovvio che se il delitto generava la morte di una persona, il reo veniva comunque punito con la morte. Se da questo si generava “solamente” una infermità mentale definitiva, le punizioni spaziavano dall’amputazione della mano, all’abbacinamento, al taglio del naso. A pensarci bene non poteva che essere così, dal momento che era uno strumento scritto da persone che avevano nel proprio dna il commercio e che lo praticavano anche se temporaneamente occupati in funzioni di governo; quindi mercanti e commercianti, gelosi delle loro proprietà conquistate, spesso a prezzi altissimi e che quindi davano a queste cose, così pericolosamente accumulate, un valore molto elevato. La coniazione di moneta falsa in Venezia o comunque nel dogado, era un delitto estremamente grave, era un attentato allo Stato e come tale, spesso, sanzionato dal “tremebondo” (così veniva spesso definito) Consiglio dei X, o dalle autorità periferiche, perché lesivo del buon nome della moneta che Venezia coniava; ciò pregiudicava la fiducia che il mercato gli riconosceva e ciò generava il poco uso, se non il rifiuto di quella moneta, causando ingenti perdite e mancati guadagni. Nei libri a mia disposizione, riguardo alla coniazione di moneta falsa all’interno dello Stato, non ho trovato molto, se non alcuni accenni alquanto succinti. E’ il caso di un tale Battista di Lorandi da Gardon (Gardone Valtrompia) che nel 1602 viene condannato, perché “monetario”, dall’Illustrissimo Signor Nicolò Donato, Capitano e Vicepodestà di Brescia, alla decapitazione ed al successivo “abbruciamento” del cadavere. Un altro caso del 1604, attinente un falsario di monete, riguarda un tale Giacomo Burlotto da Sali de Marasino (Sale Marasino), al quale viene troncata la testa dal busto con la confisca di tutti i suoi beni. A Lelio Bona, contumace, per aver prodotto sesini falsi in Brescia, si applica un differente tenore punitivo: “Venga perpetuamente bandito di terra e di luogo con pena capitale e che il cadavere fosse arso e redotto in cenere, con taglia in terre aliene de lire 3.000 e confisca de beni, che non potesse liberarsi (voce liberar banditi)* se non passati anni 15”. Quindi per lui bando, giacché è riuscito per tempo a “prendere il volo”, ma se subentra la cattura, agevolata anche dalla taglia, deve andare sulla forca e la punizione non può essere “liberata” se non a distanza di 15 anni. Un ulteriore caso riguarda l’utilizzo della moneta falsa. Rafael Abramo, figlio di Angelo, ebreo mantovano che non ha prodotto moneta falsa, ma che si arrischia ad introdurne nello Stato (credo in buona fede), si applica una differente punizione; ha introdotto sexini falsi e per lui la condanna è clemente (?): alla galea per due anni. Nulla ho trovato circa una condanna in Venezia, ma mi riprometto di postare la descrizione per un reato di furto avvenuto a Venezia e che per analogia potrebbe benissimo essere applicato anche ad un "monetario". * la "Voce liberar banditi" era una parte facoltativa e accessoria della taglia che veniva pagata a colui che riusciva a catturare uno o più ricercati. Ad esempio, se un omicida ricercato per una condanna capitale, uccideva uno o più ricercati con omicidi sulle spalle, poteva - portandone le prove (magari la testa mozzata) - invocare oltre la taglia, anche la "Voce liberar banditi" se prevista, ed essere così scagionato dal suo delitto. saluti luciano2 punti
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Dico solo una cosa ai prossimi che commenteranno: evitiamo proprio di chiamarle monete. Che scempio. Unico sostantivo che vi passo è pezzo di "ferro".2 punti
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Volevo farvi vedere questo strano libro medagliere che credo risalga almeno al XVII-XVIII secolo. Una volta chiuso sembra uno spesso librone antico rilegato in pelle ma al suo interno contiene 8 vassoi con 30 scomparti ciascuno. Visto in area francese. E' una soluzione che è stata ripresa anche ultimamente da Alberto Zecchi (artigiano fiorentino che espone anche ai convegni di Verona) che produce eleganti libri/vassoi piu' snelli e con un unico scomparto. Evidentemente la soluzione era molto piu' antica, e anche secoli fa c'era ovviamente il problema di dove conservare le collezioni. Anzi, una volta le cassette di sicurezza in banca non esistevano, e quindi i collezionisti che appartenevano piu' che altro alle classi facoltose dovevano cercare luoghi "non ovvi" dove conservare i propri amati tondelli...2 punti
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Questo accadeva nel Regno di Napoli ai tempi di Gioacchino Murat 1812. Chi nel territorio nazionale o straniero falsifica moneta d’oro o d’argento avente corso legale nel Regno o chi la emette (mettere in circolazione) o la sparge (spendere) sul suolo nazionale o la introduce (importare) nel Regno è “punito colla morte, ed i suoi beni saranno confiscati”. Il codice indica la modalità con cui è eseguita la pena capitale, ossia il troncamento del capo, ma tace sullo strumento utilizzato per eseguirla; anche se verosimilmente si tratta della ghigliottina. Il successivo articolo descrive gli stessi comportamenti del precedente, ma realizzati su monete plateali o di rame che hanno corso legale nel Regno. Per questo misfatto il codice prevede i lavori forzati perpetui. Inoltre, nella pubblica piazza, al condannato è afflitta la pena accessoria del marchio: sulla spalla destra sono improntate con un ferro rovente le lettere L. P. e F. presumibilmente l’acronimo di Lavori Perpetui e Falsario. La pena afflittiva dei lavori forzati a tempo – da un minimo di 5 a un massimo di 20 anni – è comminata a colui che nel Regno falsifica moneta straniera (moneta plateale compresa) di qualunque metallo; o a chi la emette o la sparge sul suolo nazionale o la introduce nel Regno. Anche per questo misfatto il reo è sottoposto al marchio e a vita, dopo aver espiato la pena, alla vigilanza speciale dell’alta polizia. Il reo condannato ai lavori forzati sia perpetui che a tempo è impiegato nelle fatiche più penose e quando la natura del lavoro lo consente è unito a un altro condannato con una catena o il suo piede è legato a una palla di cannone. Inoltre, prima di eseguire la condanna dei lavori forzati, gli si infligge la pena infamante della gogna: è esposto per un’ora nella pubblica piazza al generale disprezzo; sopra la sua testa è collocato un cartello indicante il nome, la professione, il domicilio, la pena e il reato ascrittogli.2 punti
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a nome di Federico III d’Aragona (1496-1501) : -in argento, armellino con F nel campo al rovescio (coniato fino al 1497 ?) [CNI XVIII, pp. 279-280, nn. 1-2]. Alcuni cavalli di rame con lettera L in esergo sono stati erroneamente attributi a Lecce (G.M.Fusco, 1846) ma la lettera potrebbe essere iniziale del nome di uno zecchiere (Liparolo ?) per Napoli [Cagiati 1913-1916, pp. 190-191]. Secondo Maggiulli [1871, pp. 128-129] alcuni documenti potrebbero far riferimento anche ad una coniazione di ‘corone d’oro’ in Lecce al tempo di Carlo VIII re di Francia.. Il Maggiulli supporta tale notizia riprendendo dal Coniger la seguente frase : «in eodem jorno (27 maggio 1495) venne la nova in Lecce al Signor Duca (Giliberto di Bransui vicere della Provincia e conte di Matera) che Otranto avia alciate le landiere e che lo castello se tenea per el re de Francia, el detto duca fe’ cento fanti di Lecce e donò una corona per uno e vinti some di grano» e dalla Cronaca di Notar Giacomo la seguente «A di 20 decto (Gennaro 1497) in dì de Sancto Sebastiano de venerdì fò nova in Napoli come illustre signore don Cesaro de Aragonia havea preso Taranto; et che lo magnifico pyerantonio follario de Napoli regio percettore [sic] della predicta maestà personalmente era dintro lo castello con quactro milia Corone et per condurre li francise ad imbarcare in Brindesi» (le dette ‘corone’ di oro valevano «octo carlini et sey grana»). La stessa notizia, come già detto, riporta l’Infantino :”…in queste abitazioni facea egli battere pubblicamente moneta d’argento e d’oro…” Ma tale attribuzione a Lecce sembra altamente improbabile. SEDE DELLA ZECCA Al tempo del principe Giovanni Antonio Del Balzo Orsini, e precisamente nel periodo compreso tra il 1460 ed il 1463, la zecca (che abitualmente aveva un‘ubicazione centrale – foro, palazzo di governo, piazza del mercato – allo scopo di attirare più facilmente il metallo dei mercanti di passaggio) fu invece posta direttamente nell’abitazione del principe che, come abbiamo già ricordato prima, secondo una corrente di pensiero (Infantino 1634) era nella torre del Parco , solida costruzione che egli aveva iniziato a far costruire nel 1419, ancora giovanissimo, mentre secondo un’altra corrente di pensiero (De Simone 1883, Sambon 1998, Palumbo 1910) era nel castello di città (in castro Licii). Le 2 sedi coincidevano in ogni caso con il centro del potere signorile. Anche le annotazioni contenute nel Quaterno lasciano immaginare che l’ufficio di conio fosse ospitato in castro Licii. La sola testimonianza dell’Infantino (smentita anche dalla Cabella Demani del 1472 che descrive il locum nominato lo Parco senza far menzione alcuna della zecca ) ci riporta alla Torre del Parco, La costruzione della torreripartita in una zona pubblica (il Parco di fuori) destinata a fiere e mercati, che si estendeva fuori delle mura urbane immediatamente oltre porta San Biagio, ed un’altra zona (il Parco di dentro) rappresentata da una cittadella recintata comprendente la torre o Turris prati magni (luogo di delizie e sede della zecca..), sale et camera reale . Per conciliare dati così difformi si può ipotizzare che la zecca di Lecce , nei circa 50 anni di attività, fosse dislocata contemporaneamente in 2 edifici differenti: il castello adibito ad attività contabili, tesoreria ed approvvigionamento di materie prime e la Torre del Parco adibita a laboratorio ed officina monetaria vera e propria; oppure che trovasse spazio, in tempi diversi, sia nei locali del castello sia in quelli della Torre del Parco. E’ difficile stabilire cosa accadde alla zecca di Lecce dopo il novembre 1463 (assassinio del principe di Taranto); l’assenza di documenti lascia il campo alle sole congetture. E’ verosimile che la zecca cittadina, una volta passata sotto il diretto controllo del re di Napoli, abbia avuto sede nel castello di Lecce, nella cui “torre mastra” o Mastio era stato depositato il famoso tesoro del principe fino al momento della sua morte e della successiva requisizione reale ( è nel dicembre 1463 che re Ferrante visita il castello e la torre del Parco ove “ ebbe stanza qualche giorno”) . Per dovere di cronaca va pure riportata un’insistente tradizione popolare, peraltro ripresa da M.Paone, che pone la sede della zecca nelle adiacenze del palazzo comitale di Maria d’Enghien, presso l’odierna piazzetta Pellegrino (un tempo denominata piazza della Zecca !) ove si affaccia il più antico palazzo di Lecce (palazzo Vernazza – Castromediano). BIBLIOGRAFIA: Cagiati M. 1912, La zecca di Lecce, «Apulia» (Martina Franca). Dell’Erba L. 1933, La riforma monetaria angioina e il suo sviluppo storico nel reame di Napoli, pp. 5-66. De Simone L. G. 1874, Lecce e i suoi monumenti descritti ed illustrati, I , La Città, Lecce. De Simone L.G., 1876, Archivio di documenti intorno la storia di Terra d’Otranto, Lecce. De Simone L.G. 1883, Gli studi storici in terra d’Otranto del signor Ermanno Aar, in Archivio storico italiano, IX , p.211. Fiorelli G. 1846, Dichiarazione di alcune monete battute nel reame di Napoli, p 190.”Annali di Numismatica”. Fusco G.M. 1846, Monete inedite. Di alcune monete spettanti ai re di Napoli e Sicilia, in “Annali di Numismatica pubblicati da G.Fiorelli”, Roma, pp.90-96. Fusco G. V. 1846, Notizie intorno alla zecca di Lecce, in «Annali di Numismatica pubblicati da G.Fiorelli», Roma , pp.190-200.pp. 190- 200. Grierson P. e Travaini L. – Medieval European Coinage. Italy (III) 14, Cambridge 1998. Infantino G. C. 1634, Lecce Sacra ove si tratta delle vere Origini, e Fondazioni di tutte le Chiese, Monasteri, Cappelle, Spedali, ed altri luoghi sacri della Città di Lecce, Bologna, 1973 (Rist. anastatica), pp. 213-214, ed editore Pietro Michele 1634. La porta A. 1977, Introduzione a I.A. Ferrari, Apologia paradossica della Città di Lecce, pp. IX-XXXV. Maggiulli L. 1871, Monografia numismatica della provincia di Terra d’Otranto, Lecce. (ristampa anastatica Sala Bolognese, 1977). Palumbo P. 1910, Storia di Lecce, Ristampa della I Edizione, Galatina, Congedo Editore, 1992, Paone M. 1978, Palazzi di Lecce. Galatina, Congedo Editore Petracca L,2009, La zecca di Lecce negli anni della signoria orsiniana in “I domini del Principe di Taranto in età orsiniana”. Lecce, Congedo Editore. Prota C. 1913, Sulla zecca di Lecce, «Supplemento … Cagiati», 3, nn. 11-12, pp. 37-38. Sambon A.1913 b,” I tornesi falsi di Ferdinando I d’Aragona coniati a Napoli, a Barletta,a Gaeta, a Cosenza, a Lecce, a Capua et a Isernia” in Supplemento…Cagiati III, 5 – 7 (1913), 15 – 21. Fine2 punti
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Non c'è solo la numismatica, ci sono anche i sentimenti e gli affetti della vita e anche se da tempo non scrivo più qui, questa purtroppo è l'occasione giusta. Il mio miglior amico era Charlie, era perché è morto dopo 18 anni e mezzo passati insieme, 18 anni sono tanti, sono un pezzo della propria vita...... Charlie era un bellissimo meticcio, intelligentissimo, affettuoso, fedele, fu abbandonato e trovato in autostrada, fu poi portato in un canile, ovviamente quando poi lo portavo in auto tremava, aveva paura, poi gli passò. Il giorno che entrai in quel canile fu uno dei giorni più emozionanti della mia vita, vidi circa cento cani, erano in queste cellette, tutte storie tristi, abbaiavano tutti, volevano farsi notare, era la loro grande possibilità.... Potevo ridare " la vita " a uno di loro, fu l'istinto a guidarmi, quello che saltava di più, che mi leccava di più dalle grate fu il prescelto. Chiesi alla volontaria di metterlo in cortile, si mise a correre come un pazzo, non capivo, chiesi perché fa così ? Semplice gli ha dato almeno la possibilità di correre, di sfogarsi, una volta in più di quello che fa ogni tanto coi volontari. Charlie era in una piccola gabbia con altri due più grandi di lui, lo morsicavano questi, il cibo glielo prendevano loro......veramente una vita drammatica. Lo portai a casa subito, anche tutto sporco, senza guinzaglio, quando vide la sua prima ciotolina, non capiva, gli sembrava incredibile potesse essere solo sua, la pallina non capiva cosa fosse, non era in grado di fare i gradini. E' ovvio che per lui diventai " il suo eroe, il suo salvatore ", in questi casi l'affezione va oltre il normale, la fedeltà non parliamone, una parte di vita insieme.... Quando andavo via per qualche giorno capiva, si metteva sopra le valigie, voleva venire con noi, quando chiudevo la porta il viso era di quelli da funerali, di rimprovero. Di solito quando uno torna da una breve vacanza è triste, io no, sapevo cosa mi aspettava, dalle due alle tre ore di festeggiamenti...... Il giorno prima di morire, ormai sfinito, non camminava più, mangiava poco, riuscì a leccarmi ancora......era l'ultimo saluto..... Certo gli abbiamo dato molto, ha vissuto felice, bene, ma quello che ho ricevuto è stato di più, molto di più di quello che abbiamo dato, l'amore che un cane innamorato e fedele può dare al suo padrone non si può descrivere..... Riposa in pace vecchio e caro Charlie, il mio miglior amico......1 punto
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Cenni storici Prima di parlare della zecca di Lecce si rendono indispensabili alcuni cenni storici sulla figura del principe cui per primo va ricondotta la paternità della zecca cittadina : Giovanni Antonio Del Balzo Orsini conosciuto anche come Giannantonio, figlio di Raimondo Del Balzo Orsini e di Maria d’Enghien (che alla morte del marito divenne regina di Napoli sposando re Ladislao). Fu Principe di Taranto, Duca di Bari, Conte di Lecce, Acerra, Soleto e Conversano dal 1406, Signore di Altamura, nonché Conte di Matera dal 1433 e di Ugento dal 1453. Non a caso in una relazione inviata da Napoli, regnando Alfonso I il Magnanimo, si indicava Giovanni Antonio al primo posto tra i signori feudali del regno. Padrone di 400 castelli, 70 città vescovili e 30 città arcivescovili egli poteva viaggiare da Taranto a Salerno senza uscire dai propri domini :” Lo principo da Taranto è signore da per sé in lo Reame de più de quatrocento castelle. E comenzia il suo dominio da la porta del merchà de Napoli lunzi oto milya a uno locho se chiama la terra de Marignano e dura per XV zornade per fina in capo de Leucha; e chi lo chiama lo Sacho de terra de Otranto e dura per melya quattrocento e più. E li ve sono quante terre principale e grande oltra le castelle preditte et primo Tarrantina, dove è lo archiopisco, Vrindige, Lezza, Convertino, Otranto, Nardò, Mathera, Gallipoli, Insula de mare, Oyra, Miragna, Astone, Altamura, Minervino, Santo Pietro in Gallatina, Massafra, La terza, Castelanetha, Le gratalye, Ociento, Cassalnovo, Pallignano, Ascoli de Capitaniato, Rutilyano, Conversano, Gravina, La Cerra, Marignano, Chaliffri. Item lo principo anteditto de Taranto ha sotto di sé pillyato tutto lo ducato de Barri, da poi la morte de messer Jacopuzzo Caldora”. Pertanto con una tale consistenza patrimoniale, paragonabile a quella della stessa corona, il Principe poteva condizionare non solo la politica del regno ma, come vedremo, anche la successione al trono. Già precocemente egli venne coinvolto nelle lotte dinastiche per la successione al trono di Napoli. Nel 1421, la regina Giovanna II (sorella del precedente re Ladislao) aveva adottato come figlio ed erede Alfonso V re d’Aragona, quale REGINE DEFENSOR. Appena 2 anni dopo, scontenta dell’atteggiamento di Alfonso che intendeva esercitare anzitempo il potere regale, revocava l’adozione e disponeva nel proprio testamento che alla sua morte la corona passasse a Renato d’Angiò Valois Provenza (II casa d’Angiò) Denaro di Giovanna II d’Angiò ed Alfonso I d’Aragona (REGINE DEFENSOR) . Alla morte della regina (2 febbraio 1435) Alfonso, partendo dal suo regno di Sicilia, cercò di riprendersi con le armi il regno di Napoli. anche in considerazione del fatto che il pretendente angioino era prigioniero del duca di Borgogna che gli rivendicava il ducato di Lorena. Inizialmente Alfonso andò incontro alla sconfitta navale di Ponza da parte di una flotta genovese inviata dal duca di Milano Filippo Maria Visconti e fu fatto prigioniero insieme a Giovanni Antonio. Conseguentemente Isabella di Lorena, moglie di Renato, poteva raggiungere Napoli dove, ricevuta con tutti gli onori, governò come reggente per quasi 3 anni. Renato, riuscito a riscattarsi dal Borgogna, giunse a Napoli solo nel maggio 1438. Ma già 3 anni dopo Alfonso assediava la città partenopea, conquistandola il 2 giugno 1442. Renato si trovò così costretto a ritornare in Provenza quello stesso anno e , sebbene conservasse il titolo di re di Napoli, non ne recuperò mai il potere effettivo e restò pretendente fino alla sua morte (1480). Il 26 febbraio 1443 Alfonso fece il suo ingresso trionfale a Napoli, e risuscitando, da buon umanista, il corteo dei trionfatori antichi vi entrò su un carro dorato. Giovanni Antonio, Gran Connestabile del regno, che aveva contribuito in maniera determinante al successo dell’aragonese e alla sua ascesa al trono, desiderava condividere gli onori del vincitore e pretendeva pertanto di sfilare dietro al carro trionfale accanto al re e non avanti al carro, fra i baroni sottomessi con la forza dal sovrano. Tale arroganza indispettì il sovrano che diede ordine al maestro di cerimonia di far sfilare tutti i baroni dietro al carro trionfale, esattamente come si trova rappresentato nei marmi del monumentale ingresso di Castelnuovo Ingresso trionfale di Alfonso il magnanimo a Napoli: arco inferiore del portale di ingresso a Castelnuovo Fu allora che si incrinò la solidità della coesione tra gli interessi del barone più potente del regno e quelli della corona. Fu allora, dopo la vittoria, che “il re cominciò a conoscere che il principe era un altro re “, ponendo i presupposti della reciproca diffidenza che da quel momento avrebbe caratterizzato i rapporti tra feudatario e sovrano. Tuttavia per la stabilità politica del regno s’imponeva, con urgenza, la necessità di assicurare a Ferrante, figlio bastardo ed erede designato di Alfonso a Napoli, il consenso della feudalità regnicola. Tale obiettivo poteva essere raggiunto solo attraverso un alleanza matrimoniale con il suo più influente esponente, il principe di Taranto che, in assenza di figli legittimi dal suo matrimonio con Anna Colonna ( nipote di papa Martino V), aveva nominato erede del principato la nipote Isabella Chiaromonte, figlia di sua sorella Caterina. Dopo le nozze tra Isabella e Ferrante (1445) sia il papa che i baroni riuniti nel Parlamento del regno accettano di riconoscere la successione del figlio naturale. Dopo la morte di re Alfonso ( 28 giugno 1458) Ferrante (Ferdinando I), successore designato Coronato di Ferrante I d’Aragona (rovescio) con scena dell’incoronazione di Barletta Sebbene invii prontamente segnali di pace ai pur sempre riottosi baroni, assicurandoli di voler governare “ con l’amore di lor signori “, i nemici di sempre si rifanno vivi ed in particolare i cugini aragonesi di Spagna ( con pretese di successione in luogo di “el bastardo”), i pretendenti angioini e molti baroni filoangioini del regno. Nuova molla alla sollevazione dei baroni (I congiura : 1459-1463) è la discesa in Italia (ottobre 1459) di Giovanni d’Angiò, figlio di re Renato e sedicente duca di Calabria. Giovanni d’Angiò Il principe di Taranto, grande assente alla cerimonia di Barletta, inizialmente assume posizioni ambigue e contraddittorie, ponendosi ora come interlocutore privilegiato del re, ai cui ambasciatori si dichiara suddito fedele, ora come sostenitore del pretendente angioino (Angiò-Valois-Provenza), non dimentico che i Del Balzo (De Baux) sono pur essi di origine provenzale. In pratica egli confina nell’ambito delle ipotesi non remote la possibilità di una propria aspirazione al trono di Napoli o almeno ad una iniziale reggenza come riporta il Nunziante (“lo Reame vivente esso principe lui lo habia ad regere et governare pro suo arbitrio voluntatis, cum protestate de togliere et de donare a chi meglio glie parerà “). Ma ben presto Giovanni Antonio appare evidentemente l’unico alleato su cui il pretendente angioino possa contare concretamente e diventa l’anima della rivolta, traendo dalla sua parte i potentissimi baroni filoangioini tra cui Marino Marzano, duca di Sessa e principe di Rossano, il secondo barone più potente del regno e cognato del re. Il 7 luglio 1460 le forze riunite del principe di Taranto e del pretendente angioino sconfiggono le truppe di Ferrante alla foce del Sarno, ma il 18 agosto 1463 con la battaglia di Troia i legittimisti aragonesi, con l’aiuto determinante dell’eroe albanese Giorgio Castriota Scanderbeg, mettono definitivamente in rotta le forze confederate ribelli. Il 21 settembre 1463 Giovanni Antonio, con il preciso obiettivo di conservare cariche, privilegi e domini, chiede ed ottiene di riconciliarsi con il re a patto di privare del suo sostegno il pretendente Giovanni, tornato in Provenza. A tal proposito va notato che questa tendenza a giocare la partita su più di un tavolo coinvolgeva un po’ tutti i personaggi interessati, re compreso, all’epoca della I congiura dei baroni ed avrebbe raggiunto l’acme all’epoca della II congiura dei baroni. Morte di Giovanni Antonio de Balzo Orsini: Così scrive il De Simone: “Dopo il ritorno di re Giovanni in Francia, Giovanni Antonio chiese la pace e mentre si trovava in Altamura gli furono inviati Antonello Petrucci ed il cardinale Rovarella per comporla nel mentre, si disse, nel campo del re si tramava la morte del potente feudatario. Della congiura facevano parte: Paolo Tricarico, Antonio D’Ayello, Antonio Guidano da Galatina, Giacomo Protonobilissimo, Gaspare Petrarolo (il cui congiunto Gabriele era rinchiuso nella Torre del Parco). Giunti in Altamura trovarono il Principe con febbri malariche e così diffidente da minacciarli di morte. Allora il Guidano e l’Ayello, sicuri della ricompensa reale, entrarono di notte nella stanza da letto e lo strangolarono (15 novembre 1463 ). Il partito aragonese sostenne che fosse morto per cause naturali, ma i premi e gli onori che toccarono ai congiurati rivelarono chiaramente le intenzioni del re. Il suo corpo, secondo le disposizioni testamentarie, fu trasportato in Galatina, accompagnato dai vescovi di Otranto, Gallipoli, Castro ed Ugento e tumulato in abito da frate nella chiesa di S. Caterina, sacrario della famiglia”. Dopo la morte provvidenziale di Giovanni Antonio il re, guardandosi bene dal rispettare le volontà testamentarie del defunto e della vedova Anna Colonna, si precipitò a Lecce nel dicembre 1463 ed incamerò nel demanio regio il principato di Taranto, la contea di Lecce e le ricchezze della famiglia (ammontanti ad oltre un milione di ducati) nella qualità di marito di Isabella Chiaromonte e deliberatamente ignorando i diritti di successione spettanti ad Anghilberto del Balzo, marito di Maria Conquesta, figlia illegittima di Giovanni Antonio. E per porre la parola fine a quello che aveva rappresentato “ uno stato dentro lo stato “ re Ferrante disintegrò il sistema di alleanze e parentele del principe. ....................... continua. ......................1 punto
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Ciao, ho recentemente acquisito questa moneta, millesimo raro che ancora mancava nella mia collezione del Regno: Vorrei chiedere il vostro aiuto per cercare di attribuirle il grado di conservazione più corretto ed evidenziarne i difetti. A tale scopo inserisco i link delle scansioni: - D/ 600dpi a colori: http://imgur.com/WB6d7Zz - R/ 600dpi a colori: http://imgur.com/kAc7TMm - D/ 1200dpi scala di grigi: http://imgur.com/JbjW3AP - R/ 1200dpi scala di grigi: http://imgur.com/ehgFTl9 Che ne pensate della firma dell'incisore? La terza "R" è praticamente assente mentre la "A" è evanescente. Rottura del conio? Stessa cosa per la parte alta delle lettere "V" e "I" di VITTORIO? Voi quanto la avreste pagata? Un grazie anticipato a tutti coloro che vorranno aiutarmi. Qu3ll0!1 punto
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Medusa, senza dubbio. Splendido mosaico, rinvenuto a Tres Tabernae ( e la ns. Manu 78 spesso ci delizia con i ritrovamenti in quel di Cisterna di Latina).1 punto
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E' il millesimo più comune, a 250 si trova Della perizia, IMHO, fregatene al 100%, prendilo però da un venditore affidabile. Dai una occhiata sul sito di Ranieri, è obbiettivo sulle conservazioni e ha prezzi onestissimi ciao1 punto
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be...200 mi sembra un po' poco...tenendo conto che oggi un rottame, di qualsiasi nazione, vale a peso d'oro 180/185...penso che un 20 lire collo lungo cosi valga almeno 2501 punto
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Ciao, devi CORRERE ma con TESTA. Sennó finisce la benzina... e torni a casa (o perdi di brutto la finale come agli ultimi europei). Evidentemente non c'era per l'Italia nè l'una nè tantomeno l'altra... Ciao Illyricum ;) Sent from my GT-I8190 using Lamoneta.it Forum mobile app1 punto
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Si è già accennato a Perugia. Qui riporto un brano tratto dal volume di Angelo Finetti "La zecca e le monete di Perugia" Scan_luglio-2-2014-6-48-49-956-PM.pdf1 punto
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Dallo Statuto di Ancona del 1566. Scan_luglio-2-2014-6-16-43-714-PM.pdf Scan_luglio-2-2014-6-11-59-289-PM.pdf1 punto
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Salve. Leggo con piacere le nuove iniziative che si stanno organizzando e, in merito alla visita al medagliere dell'Archeologico, io potrò esserci, salvo imprevisti, in qualsiasi giorno e a qualsiasi ora sarà concordato. ;)1 punto
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Mi espressi gia' in passato sulle monete di questo tipo e ci fu un personaggio che se la prese perche' lui le colleZionava perche' "tanto belle".In effetti se le fanno,qualcuno le compra.Come faccia non si Sa pero' questa e' la conferma che il mondo e' bello perche' e' vario.Definarla moneta,pero',non mi sembra il nome piu' adatto.1 punto
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Circa le contraffazioni, e qui mi riferisco essenzialmente alle colonie genovesi, la mia impressione è che siano “monetazione di necessità” nel senso che occorrevano monete per la vita quotidiana nelle colonie e quando dalla zecca principale non arrivavano per i più vari motivi ci si industriava secondo le possibilità. C’erano le carestie e gli assedi, i rifornimenti che non arrivavano e quando, con il baratto, non c’era merce scambiabile si faceva quello che si poteva. Chi aveva un’officina la utilizzava con o senza autorizzazione. Oggi non capiamo perché a Bonifacio c’erano i quartari genovesi, poi quelli col sovracconio della piccola B, poi ancora quelli con l’impronta bonifacina sui quartari genovesi e infine quelli su tondelli vergini, tutti artigianali, tutti diseguali. Io, senza nessuna velleità scientifica, mi rispondo così: c’era bisogno di piccola moneta per gli acquisti quotidiani, non arrivava dalla “casa madre” e si faceva in proprio. Si viveva giorno per giorno, poi, in caso di proteste si sarebbe rimediato in qualche modo. Forse lo stesso discorso potrebbe farsi anche per Chios, ma lì la signoria era più esigente e avevano bisogno di tagli più importanti ed ecco allora gli zecchini contraffatti e di fronte alle giuste proteste quelli personalizzati …. Probabilmente sono fuori strada ma questa è l’idea che mi sono fatto io immaginando dai pezzi che vedo. Solo in ultima analisi vedo il tentativo di truffare …anche per la severità delle pene che abbiamo letto.1 punto
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Eccomi, un bravo a Francesco per la bellissima idea ed a tutto il Circolo per la bellissima organizzazione. Personalmente posso adattarmi a qualsiasi orario, anche se preferirei effettuare la visita la domenica mattina ma lascio la parola alla maggioranza. Per comodità di Francesco, e di tutti noi, stilerò una Lista per la SOLA VISITA al momento, in modo da facilitare il compito a Francesco. Mi sembra di ricordare comunque che il Gabinetto Numismatico sia aperto solo la domenica mattina e neanche tutte le domeniche, dipende dalla presenza del personale in sede, ma probabilmente se formeremo un nutrito gruppo Francesco riuscirà a farne aprire le porte anche di venerdi. Sono stata al Museo Archeologico qualche anno fa in compagnia di @@numitoria ed @@elmetto2007 e ci tornerò molto volentieri, ci sono monete ed oggetti veramente spettacolari. Al momento non ho il mio pc, dove ho le foto archiviate scattate quel giorno, ma vi prometto di postarne qualcuna non appena me lo riportano, è dal tecnico. Quindi forza ragazzi, indicateci le vostre preferenze per il giorno in cui effettuare la visita, aspettiamo le vostre scelte. A presto e grazie a tutti, Giò :)1 punto
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secondo me è dovuto dal fatto che sono state mal conservate, oppure a contatto con un ambiente molto umido. Io ho dovuto buttare letteralmente nel cestino alcune monete (di poco valore s'intende) provenienti da un mobile in cantina perchè erano verdi e irrecuperabili, oltre che ad essere quasi irriconoscibili1 punto
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Potrei provare con una gomma , grazie lucarosina sei ormai il faro che illumina questa sezione del forum ciao. thank you magneto.1 punto
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Nel XVI secolo, per evitare il dilagante fenomeno della tosatura, al contorno delle monete venivano incisi motti o frasi: una moneta tosata era individuabile perché la scritta non era presente o, nei casi di lieve tosatura, le lettere era mozzate. Col tempo tutte le monete attuarono questa innovazione, che porterà al contorno perlinato e alla zigrinatura. Nel 1624 Filippo IV per Napoli coniò il carlino "anti-tosatura"; la moneta presenta un doppio bordo: il primo corrisponde al valore di un carlino, e se la tosatura raggiungeva il bordo interno il valore scendeva a 5 grana.1 punto
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saranno le foto ma non mi convince...il diametro è corretto ma il peso è leggermente inferiore (dovrebbe essere tra 13,4 e 13,6 circa) ma 13,22 ci può stare essendo un po circolata e usurata.... anche l'usura è strana soprattutto al D/ e le lettere della legenda sia al D/ che al R/ mi sembrano troppo fine e arrotondate specialmente il PISIS l'aspetto generale mi da da pensare ad una fusione e anche il colore è strano per una moneta in argento però ripeto...potrebbero essere le foto ad ingannare soprattutto sul colore aspettiamo i pareri anche di altri toscani (nel senso numismatico e non ;) ) per vedere se anche loro hanno i soliti dubbi oppure se la reputano autentica1 punto
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Fermo restando che avrei preferito vincere il mondiale giocado malissimo e pur pareggiandole tutte 0-0 , ora onestamente mi chiedo , se avessimo passato il turno che cosa ci facevamo noi negli ottavi ? Saremmo stati noi le mosche bianche, per gioco espresso . 5 partite su 8 ai supplementari o rigori. Squadre che corrono fino al 120esimo , la traversa del Cile al 120esimo , l'Olanda all'88 esimo era fuori ma poi è passata. La sorprendente Costa Rica e la modesta Grecia hanno dato tutto fino ai rigori . L'Algeria ha impattato 0-0 con la Germania ed ha ceduto di misura ai supplementari, idem gli Stati Uniti . E l'Argentina ? Gol al 118esimo e subito dopo assalto svizzero con palo e gol sfiorato. Ottavi stupendi, è stato giusto che non ci fossimo . Il campo ha detto così ed è giusto..1 punto
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P.S. Ho appena modificato i titoli delle cinque discussioni in tal senso...;)1 punto
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Non litigate...:) @@joker67...in effetti anche io preferisco, per monete interessanti, che venga aperta una discussione a pezzo, tuttavia per il titolo delle discussioni ti consiglio onde evitare confusioni di utilizzare il taglio e la nazionalità della moneta di cui vorrai trattare, ad esempio :"Olanda 2,5 Gulden del 1938". In questo modo le discussioni saranno più fruibili anche nel futuro...;)1 punto
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Ciao Enzo, come ti ha già risposto magneto, nulla di speciale, viste le non buone condizioni, non c'è plusvalore.1 punto
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Non sono un fotografo e non volevo certamente urtare la suscettibilità di nessuno, uso una compatta da 80 euro e un treppiede da 15, luce di lampadina a incandescenza o vado fuori mettendomi non sotto la luce del sole ma un pò in ombra, La moneta che posto è stata fotografata con modalità come sopra e potrebbe essere simile alla tua, in mancanza di pesi però oltre non riesco ad andare. Si tratta di un nummetto vandalo con astro a 8 raggi zecca Cartagine dato a Guntamundo Ciao Maurizio1 punto
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Vorrei ringraziarti per averci permesso di condividere con noi questi importanti pezzi, che non si vedono tutti i giorni. Sempre che tu ne abbia voglia, potresti dirci che tipo di contorno hanno?1 punto
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@@joker67 scusami ma vedo solo ora la tua richiesta. Bisogna premettere che la tua moneta è sicuramente in condizioni di leggibilità critica ma, come tu stesso hai notato, questa leggibilità migliora bagnandola mentre peggiora quando si presenta asciutta e sgrassata. Altra premessa indispensabile è che il trattamento con eventuali cere o resine protettive, portando all'impermeabilizzazione dell'oggetto, deve essere considerata l'ultima tappa del processo di pulizia. Dico questo perchè vedo che sulla superfice della moneta rimangono delle concrezione di colore ocra che penso possano essere rimosse senza difficoltà e con un certo miglioramento della leggibilità. Sia che si tratti di depositi terrosi che di carbonati ripetendo il bagno in acqua distillata si dovrebbe ottenerne un intenerimento che ne permetterà la rimozione meccanica (con lente a 30X e bisturi o punta morbida, tipo ago di istrice o simili, e tanta pazienza) punto per punto. A mio parere in questo caso non sono da utilizzare sostanze acide o complessanti perchè non avrebbero effetto su questi tipi di depositi mentre danneggebbero la patina. Terminato questo lavoro di pulizia potrai sigillare la moneta con la cera microcristallina (la trovi facilmente on-line). Considerato lo scopo (migliorare la leggibilità della moneta) penso che possa essere utile farne un'applicazione a caldo; il metodo più pratico è stendere un sottile strato di cera e poi scaldare il tondello (tienilo con un paio di pinzette) con un semplice phone da capelli fino alla fusione della cera (diventerà più lucida), lascia raffreddare e vedi se ti soddisfa. Non devono rimanere ombre bianche di cera troppo spessa, nè zone non ricoperte. Potrai ripetere il trattamento ma anche, se non ti soddisfa, rimuovere il tutto con un lavaggio in acetone o trielina. Ricorda sempre che c'è anche un'ultima opzione sempre valida....astenersi. Per il momento mi fermo ciao Mario1 punto
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@@Corbiniano Pensa che il nome della farmacia è rimasto quello ancora oggi. La farmacia, una delle più antiche della città, si trova nel centro storico di Venezia e mantiene il nome dell’antica insegna seguito da quello dell’attuale titolare: Farmacia San Polo - "Alla Colonna e Mezza" - Dr. Burati G. E P. snc Nell’ovale sulla colonna di destra sono scolpite la colonna intera e la colonna/2, più evidenti nel particolare ingrandito. apollonia1 punto
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Cosa capitò in quella notte a Milano in Via Larga nel 1602 ? Il fatto è noto, ma è bene e giusto ricordarlo, qualcuno si trovò le guardie sotto casa, cercò di difendersi e difendere le monete buttandole in un pozzo, forse anche lui finì nello stesso posto insieme ai 17 kg. di monete. Cosa rischiava quel signore, sicuramente la forca e quindi era indispensabile disfarsene e subito. Erano tutte tranne pochi esemplari o false o contraffatte, coniate per essere spese in modo ufficiale, ma truffaldino. Il riferimento base era la trillina di Filippo II, il grosso circa il 75 % erano monete battute a Frinco, coniate da Signori dei piccoli feudi come anche Desana, Bozzolo, Passerano. Ma mentre abbiamo monete apparentemente legali coniate in questi feudi che avevano diritto a battere moneta che comunque con difficoltà si distinguevano da quelle di Milano, si ha anche un gran gruppo di queste che non sono distinguibili da quelle milanesi, queste probabilmente venivano da Desana, dai Tizzoni. Ma abbiamo anche monete datate 1597 genovesi dei dogi biennali false, monete senza argento. In realtà ci fu attivo contrabbando in quel periodo a coniare monete in rame senza argento con guadagni del 100%, i signori dei feudi coniavano moneta che poteva confondersi con quella milanese, ma anche moneta falsa, di Milano, di Genova, probabilmente su richiesta di mercanti. Forse quel signore che si sbarazzo' di quelle trilline e che magari fu catturato o finì in fondo al pozzo era uno di questi mercanti, un contrabbandiere. Milano prese provvedimenti, fece aumentare i controlli, anche alle frontiere, aumentarono i sequestri, le punizioni furono anche feroci. In realtà era un problema senza soluzioni, se non si agiva in altro modo. Venezia invece fu più decisa, quando toccarono la loro moneta, fece intervenire i soldati dei Savoia, i signori di Frinco, i Mazzetti persero la vita grazie ai loro comportamenti fraudolenti e disinvolti. A Milano i vari mezzi proposti servirono poco, si decise allora di cambiare moneta, nacque così la trillina di rame, i margini di guadagno diminuirono e i rischi per i falsari comunque rimanevano.1 punto
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Foto orribili e monete in conservazione (da quello che si riesce a vedere) pessima, come si fa a risponderti in queste condizioni? Posta foto con colori e luce naturale, forse si intravvederà qualcosina. Maurizio1 punto
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Alessandro, ma hai voglia ad arrivare a 10mila pezzi con le restrizioni imposte alla soglia dei 5mila. Per il resto, beh mi riguarda poco, perché già solo per arrivare a 5mila devo farne di strada. Penso però che quello che io considero un gioco, perderebbe il suo appeal con queste restrizioni... ;-)1 punto
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Questa è la mia Ginger di un anno e mezzo Quello che è riuscita e riesce a dare come affetto nella mia famiglia è un qualcosa di indescrivibile. Non riesco a pensare come sarebbe stare senza di lei.1 punto
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Taglio: 50c Nazione: Germania Zecca: Stoccarda (F) Anno: 2007 Tiratura: 90.000 Condizioni: BB .... Bellissima !!!!!!!! Città: Palermo1 punto
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Quanti ricordi ......quando entrava in casa un altro cane mi si attaccava alla mia gamba e non mi mollava più....come dire occhio non farti strane idee, io sono il tuo cane, una volta mi ruppi un braccio, ero ovviamente ingessato lui capi' subito come d'altronde capiva tutto....gli mancava solo la parola, ma gli occhi parlavano da soli bastava guardarlo, quelle notti invece di stare in cucina stava a fianco al mio letto e ogni tanto leccava il gesso, capiva che mi ero fatto fatto male e cercava in qualche modo di lenirmi il dolore con le sue leccate..... così era Charlie....1 punto
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@@acraf. Caro Alberto , ho letto che gli appunti del caro Ignazio D'arpa li hai acquisiti tu . Sono contento che i famosi raccoglitori che mi faceva osservare quanto lo andavo a trovare , sono passate in tue mai. Mi ricordo che quando si parlava di Himera , si metteva le mani tra i capelli. Non riusciva a definire mai la cronologia delle emissioni. Peccato che non fotografava quel che vedeva , anche se era abile con la grafite che passava sopra la carta umida sopra le monete , tanto da avere una specie di calco. Hai ragione che con il materiale che hai postato , ci si può creare delle cartelle da studio e per paragoni. Poiché il caro Ignazio conosceva BENE i bronzi Della Sicilia Greca. Certamente di quei calchi cartacei sono stati ripresi su monete genuine. Se aveva qualche volta un dubbio...... N'è parlava e commentava fino a raggiungere un parere definitivo. Spero tanto che sia rivalutato per i suoi genuini meriti di studioso collezionista . Mi ricordo come ora quando parlava del dispiacere (che lo porto ) all'esaurimento , per il sequestro della sua collezione. Che dopo anni di avvocati e soldoni , gli restituirono tutto ( meno una ventina di bronzi ...... I più importanti) da qui la sua rabbia inerme si ammalò . Per me è stato un maestro e mi pregiavo . Così è la vita.1 punto
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