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Contenuti più popolari
Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 01/25/14 in tutte le aree
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:lol: ...buongiorno a tutti.........oggi i cinghjiali si sono spaventati da vero....!!... :lol: ecco una moneta di oro di genova..........22.5mm di diametro per 3.53 grs......... -_- .......4 punti
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Scusate, non ho resistito.... Questa è la discussione NUMERO 1000 di questa sezione del forum. Grazie a tutti i curatori!2 punti
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Non ..2x&©swy ...mi riesco ...£ys%zz... ancora a riprendere ...$$wow... Mai visto questa moneta così! ...E in più c'è la notizia di monbalda e fra crasellame che "stravolgono" i miei riferimenti e allora vago nel vuoto ...sono scioccato e allibito (choqué, stupéfait) ... Quando vedo una moneta che mi interessa vado subito a sfogliare i miei libri ...ma adesso non so più dove cercare ...sono spaesato ...credo sia meglio che mi prenda una pausa di riflessione ...ho già detto troppe sciocchezze in questi ultimi giorni ... Intanto ho rubato l'immagine e "messa al sicuro" nel catalogo on line ...sperando di aver sempre il tuo gentile permesso. Complimenti! ...e grazie infinite per averla condivisa con noi!2 punti
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Mamma mia ma cos'hanno combinato con quella dei carabinieri ?!? Non si capisce niente! Con le lire avevano fatto decisamente meglio!2 punti
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Soggetto, predicato e verbo....l'accademia della Crusca consiglia di usarli in qualsiasi frase per renderla intelligibile anche a chi la legga oltre che per chi l' ha concepita.....se poi si avesse la gentilezza e l'umiltà di aggiungere anche qualche motivazione alla frase stessa,anziché buttarla li, sarebbe il massimo e si eviterebbero possibili rampogne e brutte figure.....2 punti
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Secondo me è per Carlo I, zecca di Casale http://catalogo-mantova.lamoneta.it/moneta/MN-MNO/7 ciao Mario2 punti
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Eccomi. Questo denaro, molto raro, è citato nel lavoro di Monica Baldassarri pubblicato dalla NAC XXXVII del 2009 – quaderni Ticinesi - ed è documentato in un ripostiglio in Corsica scoperto casualmente tra le pietre vicino alla chiesa di S. Laurina di Niolo – ripostiglio deposto fine XIII inizio XIV. Il periodo di coniazione quindi è tra il 1260 e il 1280 …guarda caso è il periodo nel quale gli Spinola entrano in città per conquistare il potere e ci riusciranno nel 1270 (Diarchia degli Oberti: Oberto Spinola e Oberto Doria), dopo estenuanti conflitti cittadini, mantenendolo per circa un quindicennio. Perciò a me piace pensare che quella "spina", così diversa dai soliti segni, non sia un'interpunzione "normale" ma che voglia essere una specie di "firma" degli Spinola, i quali avevano nello stemma una "spina di botte" che allego (guardate la spina al centro dello stemma) ....ma so già che qualcuno mi criticherà dicendo "Sì, e quelli con la "n gotica" sono coniati a Nizza e quelli col "crescente" sono coniati sulla luna" ... ...Bhè, vi ho detto che mi piace ...fantasticare un po' ...2 punti
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Buona sera Questo caso si è trattato di un errore visto che in questa categoria si poteva partecipare con un solo esemplare e l'utente in questione ne aveva già uno ( il 620) ho inserito l'utente nel sondaggio ( due volte quindi sbagliando ) ma non nel catalogo fortunatamente la moneta non é stata votata quindi non cè` stato nessun falsamento. Certo tutto questo si potrebbe evitare se si seguissero le regole che si danno inizialmente senza pretendere che il sottoscritto si vada a controllare utente per utente se abbia già postato una moneta sulla categoria in cui si vuole partecipare. P.s: me ditemi voi in che modo si possa fare una votazione anonima se per presentare una moneta la si deve postare in una discussione e che per forza di cose la si deve rendere pubblica?2 punti
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Salve a tutti, secondo me, si tratta di una imitazione moderna di una siliqua sueva, fatta con un dritto di Onorio e un raro rovescio del re Suevo Rechiaro emessa da zecca iberica con legenda Ivssv Richiari Reges. Marcus Didius1 punto
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Grazie per l'incoraggiamento e l'augurio, spero presto d'averti nostra ospite nella stupenda Castellammare di Stabia.1 punto
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Potrebbe essere un soldo di Guglielmo Gonzaga per Casale Monferrato: http://catalogo-mantova.lamoneta.it/moneta/MN-GUB/12 La variante con busto a sinistra sarebbe tra l'altro piuttosto rara, peccato che la moneta sia davvero in pessime condizioni.1 punto
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@....eh....eh....eh....è il solito giochino .....ma perchè poi voleva dartene 40 euro l'una se le trova a 25 ? ... dicono tutti così !! Hai fatto bene, avrai tante altre occasioni per fare tu l'affare, ci vuole molta calma :good:1 punto
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@@ihuru3 b'è io su un littore in altissima conservazione,scusa ma non mi attenterei mai...soprattutto se è la prima volta. ma credo che neanche te ne avresti il coraggio... :) se c'è un problema analogo su una 2 lire del 15 ben vengano le prove... a casa mia c'è la regola di "non far fare agli altri quello che non farei io" :D marco1 punto
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Buona serata No! E no ..... ci sono anch'io, mia moglie ed a volte anche mio figlio; sarà colpa dei programmi? Credo di si, anche se penso che molto sia dovuto al fatto che ci alziamo presto per andare al lavoro (non mio figlio) e si torna a casa giusto per preparare il pranzo e poi che si fa? A letto dopo Carosello? Non mi piace; meglio fare qualche cosa anche se non si esce, parlare, socializzare e perché no, anche guardare la TV... con tutto ciò che a volte comporta. :blum: saluti luciano1 punto
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Ciao Penso che potrebbe essere un Pfennig per Vienna di Albrecht V° 1411-1437 qui un link di monetazione analoga http://www.numismatas.com/Forum/Pdf/David%20Ruckser/Coins%20of%20Austria.pdf1 punto
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:crazy: :hi: :shok: sono senza parole!!!! Che meraviglia!!! In effetti mi sto immergendo a fondo in queste emissioni trecentesche per delineare un quadro plausibile ed accettabile un po' meno ingarbugliato di quello attuale. Posso dire che chi l'ha attribuito al governo guelfo (in realtà sono gli anni della dedizione di Genova a Roberto d'Angiò e papa Giovanni XXII) lo ha fatto su basi infondate. Per il resto sto studiando più ora che a scuola :D Ancora complimenti a Jean che aveva già quello splendido con la n :)1 punto
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monete in bassa conservazione. la prima tre lungo e 1 del millesimo evanescente (sia dalla coniatura e dalla circolazione). la seconda 3 corto1 punto
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segnalo scambio positivo con giovanna. risp. a Sagia alla sua domanda : "Da quest'analisi emerge che nell'anno appena trascorso si è praticamente dimezzato rispetto al 2012 il numero di referenze lasciate. Anche il numero di utenti che hanno lasciato almeno una referenza ha subito un decremento. A cosa può essere dovuto questo risultato?" la diminuzione degli scambi va anche un po' di pari passo con il calo del commercio delle monete... E poi mi sembra di vedere che il livello degli scambi si è un po' abbassato, ma è solo la mia impressione .1 punto
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Ciao Marco Ti posso dire che io come visitatore oggi mi sono mosso e ho potuto dialogare con i vari commercianti mentre a Modena no. Quello che non capisco e' perché in un posto cosi' adatto e attrezzato ci siano pochi commercianti e pochi visitatori. Ci saranno sicuramente delle dinamiche organizzative che io non conosco. Io sono di Parma ed essendo esattamente a meta' strada non parteggio ne per MO ne per PC. P.S. Devo dire che oramai i prezzi sono uguali ai negozi e ho notato che occorre crearsi conoscenze specifiche per poter ottenere qualche agevolazione o sconto. Tutte cose che imparero' anche con il vostro aiuto Rino1 punto
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Mentre ci riprendiamo tutti, già che ci siamo, per la prima classificazione mettiamo il collegamento al nostro catalogo on-line: http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-GEGUE/1 Quanto alla datazione di questi pezzi, in realtà, risalendo la cronologia nella revisione della produzione di Genova stiamo riguardando anche quella ed in modo particolare @@fra crasellame si sta impegnando su questi esemplari, perchè pur rimanendo nell'ambito del pieno Trecento ci potrebbero essere in realtà diverse possibilità (e non un documento che indichi che questo genovino sia stato effettivamente battuto durante il governo "guelfo" della città ;)!) Qualche accenno alla direzione di lavoro lo trovate sempre nell'ultimo articolo dedicato ai grossi. Quindi, al di là della bellezza che rimane assoluta (anche la conservazione è ottima), è davvero un peccato se non possiamo risalire alla datazione della sua perdita o nascondimento... Di nuovo un saluto MB1 punto
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Il leone al D/ non lascia dubbi alla classificazione. Genovino battuto durante il governo guelfo... che spettacolo!!! Il MIR al n°26 lo considera R3. Lascio ora la parola ai "genovesi"... a me si è bloccata la salivazione...1 punto
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Il leoncino guelfo!!! Incredibile!!! Sono senza parole ....1 punto
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Con ieri sono trascorsi 11 anni che ci ha lasciati il Presidente. Sono 11 anni che il calcio mondiale di club non ha un Presidente come lui1 punto
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Mi sembra un asse di Nerva, difficile dire cosa ci sia al rovescio (che credo vada capovolto) si intravede una figura in piedi con cornucopia, dalla postura potrebbe essere Fortuna o Aequitas, forse...1 punto
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beh le monete mi piacciono speriamo che dopo tanti anni di schifezze riusciamo ad avere delle commemorative italiane belle1 punto
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Ah, siccome dicevi che masticavi pane e atlante a 4 anni pensavo che la domanda l'avessi fatta allora, alla maestra dell'asilo :D1 punto
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qualche giorno fa avevano messo in vendita un sesterzio di Marco Aurelio da 35 grammi, e un Postumo da 33, una Faustina da 32, e se cerchi bene ce ne sono stati altri negli ultimi mesi...se poi guardi le aste vedrai che ne passano anche lì. Qualcuno è solo una specie di errore di pesatura, qualcuno è , probabilmente, voluto ( i medaglioni senatoriali a volte hanno queste caratteristiche di peso eccedente, ma non tutti) la differenza ,spesso, è tutta nella qualità della coniatura. se è di qualità corrente ( un po' fuori centro, con la battuta non equilibrata tra i vari lati e il tondello magari irregolare) allora è probabilmente solo un errore di formatura del tondello...se invece la qualità è alta( ben centrato, coniatura uniforme, uso di un conio fresco di intaglio, e tondello ben regolare) allora probabilmente ci troviamo di fronte ad un medaglione senatoriale o ad una prova di conio in senso lato..realizzata per vedere come si presentava la moneta una volta emessa e ottenere il benestare alla battitura o segnalare eventuali modifiche da apportare al conio.1 punto
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http://www.lamoneta.it/topic/69478-cavalli-frenati-e-cavalli-sfrenati-nella-monetazione-napoletana/?hl=%2Bmedaglia+%2Bossuna#entry733643 Oggi volevo parlarvi del cavallo che vediamo sul rovescio di questa splendida medaglia del 1618 e sui cavalli aragonesi. Se non erro non si era mai affrontato questo discorso prima d'ora, penso che sia doveroso farvi conoscere la razza del corsiero napoletano. I testi provengono da un noto sito di storia, spero di non tediarvi ma di portarvi a conoscenza di questo splendido animale. Grazie per l'attenzione. :good: " .......Il cavallo corsiero napolitano (coursier napolitain in francese, neapolitan courser in inglese,corcel napolitano in spagnolo) fu considerato a ragione, tra i secoli XV e XVIII, uno dei migliori al mondo per le esigenze della cavalleria militare. Bello, forte e resistente, fu esportato in grande numero dalle province napolitane verso tutti gli altri stati italiani, nonché verso la Spagna, la Francia, l’Olanda, l’Inghilterra, la Danimarca, la Germania, la Prussia, la Polonia, la Russia e l’Austria-Ungheria. Insieme con il cavallo spagnolo, con quello berbero e con quello turco, servì per l’insanguamento delle razze dell’Europa centrale e di quella settentrionale, alle quali conferì soprattutto le proprie ben equilibrate doti psicofisiche derivategli dalla costante selezione naturale cui era soggetto, opportunamente finalizzata dall’uomo attraverso un sistema di allevamento risalente all’antichità. Già i Romani dell’età repubblicana e dell’inizio di quella imperiale avevano dimostrato magistrale perizia ippotecnica coniugando in modo soddisfacente l’esercizio atavico della transumanza con la pratica di avveduti incroci e meticciamenti. In virtù di un’accurata programmazione degli accoppiamenti, essi erano riusciti a produrre animali omogenei, quanto alla costituzione fisica ed al temperamento, in relazione alle necessità operative delle lorodecuriae di cavalleria, composte in netta prevalenza da militi di stirpe siculo-italica tradizionalmente dediti al mercenariato. Si può, pertanto, fare riferimento ad un cavallo romano antico - suscettibile di continua evoluzione morfologica ed attitudinale mediante scambi di sangue con le migliori produzioni ippiche delle regioni geografiche via via assoggettate al dominio di Roma - esemplarmente raffigurato nel monumento bronzeo all’imperatore Marco Aurelio, in Campidoglio. Sua peculiare caratteristica fu il profilo convesso (montonino) del naso, oggi definito anche, in inglese, Roman nose. Tale cavallo, sopravvissuto alla caduta dell’Impero romano di Occidente (476 dopo Cristo), ha trasmesso la più gran parte della propria eredità genetica alla razza romana (erroneamente definita, da alcuni, maremmana laziale), allevata per secoli nella Campagna di Roma, in Sabina e nella Tuscia romana. Per tutto l’alto Medioevo, gli invasori mongolici, germanici, vandali e saraceni, sovrapponendo i loro cavalli a quelli romani non fecero che protrarre nel tempo, inconsapevolmente e disordinatamente, quanto i discendenti dei Latini avevano, consciamente e razionalmente, saputo disporre per la selezione delle loro cavalcature da guerra. Dopo l’anno 1000, una massiccia immissione di sangue orientale fu operata in Europa dalle armate cristiane reduci dalle crociate in Palestina. Di particolare importanza fu, tra il XII ed il XIII secolo, l’introduzione di cavalli leggeri e veloci da utilizzare nella caccia con il falcone, di cui fu famoso cultore Federico II di Svevia. Alla sua passione per l’allevamento equino fu dovuto il rifiorire, nel Sud della nostra penisola, di un’ippicoltura basata su criteri simili a quelli che ne avevano permesso il grandioso sviluppo in epoca romana. Nel tardo Medioevo, ebbero spicco le ottime doti ed il buon mercato dei cavalli del Reame di Napoli, assai apprezzati anche negli stati vicini, sia al tempo degli Angioini, sia al tempo degli Aragonesi. Spettò tuttavia agli Spagnoli il merito di porre di nuovo sapientemente a frutto le straordinarie possibilità offerte dai maestosi cavalli dell’Italia meridionale, passata sotto la loro dominazione agli albori del XVI secolo e governata, fino al 1707, da viceré nominati dai sovrani di Madrid. In quel lungo periodo di tempo, fu rinnovato lo scambio ippico tra le due penisole già avvenuto fra il III ed il II secolo avanti Cristo, allorquando le armate di Cartagine e delle Gallie avevano invaso l’Italia con i loro cavalli numidico-iberici e celtici e, contemporaneamente, alcune legioni di Roma avevano trasferito cavalli italici nella Penisola iberica, dove poi sarebbero state fondate - e popolate da romani per quasi cinque secoli - varie città, tra le quali Italica, nei pressi dell’odierna Siviglia, che avrebbe dato i natali agli imperatori Traiano ed Adriano. Di fatto, tra il Millecinquecento ed il Milleseicento si ebbero, insieme, una parziale ispanizzazione del patrimonio ippico napolitano ed una parziale napolitanizzazione di quello spagnolo. Nacque a Napoli intorno al 1534 - grazie a maestri come Giovan Battista Ferraro e Federico Grisone - la prima accademia equestre d’Europa, mentre nelle scuderie imperiali spagnole andavano aumentando il numero ed il prestigio dei corsieri napolitani. Lo stesso imperatore Carlo V d’Asburgo, … hauendo ottima conoscenza, e prattica di tutte le specie di caualli, e di tutte l’arti Caualleresche, sempre elesse per seruigio di persona i caualli Napolitani, come idonei ad ogni essercitio, e fattione. (Pasquale Caracciolo, La gloria del cauallo, Venezia, 1589). Nella Descrizione di Firenze nell’anno 1598 da parte del principe germanico Ludwig Anhalt-Kothen - compilata in lingua italiana, nel 1859, dallo storico e filosofo di Aachen Alfred von Reumont - si legge il seguente brano sulla statua equestre in bronzo, eseguita tra il 1587 ed il 1594 dal Giambologna (il fiammingo Jean de Boulogne), che campeggia in Piazza della Signoria: Sulla piazza maggiore sta la figura del granduca Cosimo (Cosimo I de’Medici, che aveva sposato nel 1539 Leonor Alvarez de Toledo, figlia del celeberrimo don Pedro, viceré di Napoli, n. d. r.); esso monta un gran cavallo napoletano che posa sopra due piedi, in modo da non saziar mai l’occhio per la bellezza dell’artifizio. Confronto fra i ritratti di un Corsiero Napolitano (a sinistra) e di un Cavallo Spagnolo, che evidenzia bene le differenze morfologiche tra le due razze nel XVII secolo( da W. Cavendish of Newcastle, La mèthode nouvelle et invention extraordinaire de dresser les chevaux, Anversa, 1658 ) Il termine corsiero (o corsiere) designava, tra la fine del Medio Evo e l'inizio dell'Età Moderna, il cavallo da combattimento, la cui andatura più veloce (il corso, cioè il galoppo) lo differenziava dal portante, ossia dall'ambiatore usato prevalentemente per lunghi e comodi trasferimenti in sella: era, insomma, il nome funzionale della razza. L'aggettivo napolitano ne indicava l'origine geografica, non limitata esclusivamente a Napoli e dintorni ma estesa, fino al 1860, all'intero Regno di Napoli, comprendente parti delle odierne province di Rieti, di Frosinone e di Latina, nonché gli attuali Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata e Calabria. Corsiero napolitano (e non napoletano), dunque, in quanto cavallo storico allevato, principalmente per la guerra, in tutto il Regno di Napoli e da qui esportato, anche come miglioratore, verso il resto dell'Italia e dell'Europa. La selezione di questo pregevole ausiliario dell'uomo d'armi avveniva nei suoi primi tre anni di vita ed era assolutamente naturale: il puledro veniva scelto in base a criteri estetico-funzionali per l'impiego bellico tra i maschi interi che componevano le mandrie, in passato definite razze, di proprietà delle famiglie nobili; quindi si procedeva al suo addestramento in apposite strutture, denominate cavallerizze. Merco dei corsieri napolitani della Regia Razza di Puglia (Palazzo d'Ascoli) nei secoli XVI e XVII(da C.G. Gattini, Delle razze di cavalli nel Regno di Napoli e specie in Matera e contorno, Matera, 1902) L’arco di tempo in cui la razza assurse al massimo splendore ed alla più vasta notorietà in Europa fu quello compreso tra il XVI secolo ed il XVIII. Non vi fu, allora, monarca o principe che non ambisse ad ospitare nelle proprie scuderie corsieri napolitani morelli, o bai, o grigi, per la guerra, per la caccia, per il tiro delle carrozze. Durante tutto il XVIII secolo e nel primo quarto del successivo, la monarchia asburgica ottenne numerosi cavalli napolitani, tra i quali sono rimasti famosi Cerbero e Scarramuie, ritratti dal pittore inglese George Hamilton intorno al 1725, nonché tre dei capostipiti degli odierni lipizzani: il morello Conversano, il baio Neapolitano ed il bianco Maestoso (quest’ultimo di origine napolitano-spagnola). Oltre alla lipizzana, furono migliorate in età barocca, mediante l’impiego di cavalli padri(stalloni) e di cavalle di corpo (fattrici) napolitani, le razze germaniche di Hannover, Holstein, Oldenburg, Trakehnen e Württemberg, l’olandese del Gelderland, la danese di Frederiksborg e la boema di Kladruby. Alla razza lipizzana – storicamente appartenuta all’Austria-Ungheria, all’Italia ed alla Iugoslavia – spettò l’eredità più consistente di caratteri tipici dei cavalli napolitani, oggi presenti nelle famiglie maschili dei Conversano, Neapolitano e Maestoso, in quella, di origine danese, dei Pluto ed in quella, proveniente da Kladruby, dei Favory. Nella Relazione delle persone, governo e Stati di Carlo V e di Filippo II, letta nel Senato della Repubblica di Venezia, nel 1557, dall’ambasciatore Federico Badoero, i cavalli napolitani furono definiti non vaghi come li giannetti, ma più belli che li frisoni, forti e coraggiosi… Immagine di cavallo napolitano(da G. S. Winter de Adlersflügel, Trattato nuovo e aumentato del far la razza di cavalli, Nuremberg, 1687) Pasquale Caracciolo, nel suo trattato equestre intitolato La gloria del cauallo (1589), così si espresse: Ma se di tutti i caualli rarissimi sono quelli, che di tutte le conditioni necessarie adornati, e à tutti gli essercitij siano idonei; di tal lode i Napolitani soli veramente al più generale si trouan degni; perché al caminare, al passeggiare, al trottare, al galoppare, all’armeggiare, al volteggiare, e al cacciare hanno eccellenza, e sono di buona taglia, di molta bellezza, di gran lena, di molta forza, di mirabile leggierezza, di pronto ingegno, e di alto animo; fermi di testa, e piaceuoli di bocca, con ubbidienza incredibile della briglia; e finalmente così docili, e così destri, che maneggiati da un buon Caualiere, si muouono à misura, e quasi ballano … Nella Novela del coloquio de los perros (1613), il grande Miguel de Cervantes Saavedra richiamò con singolare incisività l’attitudine dei cavalli Napolitani all’apprendimento delle ariedell’alta scuola equestre (Ensenome a hacer corvetas como caballo napolitano…) e la loro versatilità (…viendo mi amo cuan bien sabia imitar el corcel napolitano). Stallone napolitano in una stampa francese del XVIII secolo Nel trattato dal titolo La perfezione e i difetti del cavallo, opera del barone d’Eisenberg, direttore e primo cavallerizzo dell’accademia di Pisa, dedicata alla Sacra Cesarea Real Maestà dell’Augustissimo Potentissimo Invittissimo Imperatore Francesco I Duca di Lorena e di Bar ec. Gran Duca di Toscana ec. ec. ec. (Firenze, 1753), si legge tra l’altro, nella descrizione della Testa Montanina (sic!), che … i gran Signori per avere stalloni colla testa montanina fanno cercarne apposta nel Regno di Napoli, o in altre parti d’Italia, per mettergli nelle loro razze, affinché comunichino tali qualità a i puledri. Testa montonina raffigurata nel trattato equestre del barone d’Eisenberg,intitolato La perfezione e i difetti del cavallo, Firenze, 1753.(Collezione della Galleria Tanca Antiquariato, Roma, Salita de’ Crescenzi 12) Il Regno di Napoli fu visitato, nel 1789, dal nobile svizzero Carlo Ulisse de Salis Marschlins, uomo erudito, osservatore attento, resocontista scrupoloso. Egli dedicò alcune righe del suo Nel Regno di Napoli. Viaggi attraverso varie province nel 1789 alla descrizione dei cavalli napolitani della razza di famiglia dei duchi di Martina, allevati nella grande masseria di San Basilio, presso Mottola. I cavalli del Duca sono pregiatissimi, specialmente per la loro forza, la loro gagliardia e la singolare bontà delle loro unghie; qualità queste da attribuirsi probabilmente alla natura forte e secca dei pascoli, ed al lasciare gli animali continuamente all’aperto in ogni stagione, senza rinchiuderli nelle stalle.I puledri tenuti per uso privato, vengono domati ai tre anni, ed i cavalli che non servono per uso del Duca sono venduti verso i quattro anni, o alla fiera di Gravina o a quella di Salerno, dove il prezzo corrente di una buona pariglia di cavalli di quattro anni, senza nessun difetto, varia dai 150 ai 200 ducati. Sino a poco tempo addietro, nessun cavallo veniva castrato, servendo gli stalloni sia pel tiro, sia per cavalcare, e lasciando le giumente esclusivamente per le razze. Adesso però si usa altrimenti, e la cavalleria sarà fornita d’ora in poi di giumente e di cavalli castrati.Anticamente non c’era barone del Regno che non avesse una o più razze di cavalli; ed i cavalli napolitani sono stati sempre e dappertutto tenuti in gran pregio per la loro resistenza e per le altre loro buone qualità, così come erano apprezzati negli antichi tempi. Il cavallo scolpito in pietra sulla facciata del Palazzo dell’Università di Martina (1761).(Foto Piero Papa) La cavalleria del Re di Napoli Ferdinando IV di Borbone godeva, nella seconda metà del XVIII secolo, di buona fama. Nella sua Storia d’Italia dal 1789 al 1814 (pubblicata nel 1824), il piemontese Carlo Botta, trattando della campagna militare del 1796 nell’Italia del Nord - durante la quale furono impiegati, in aiuto alle truppe austriache del generale Beaulieu contro quelle francesi di Napoleone Bonaparte, i reggimenti di cavalleria napolitani Re, Regina, Principe e Napoli, soprannominati Diavoli bianchi - così scrisse: Fu forte l’incontro, forte ancora la difesa, perché gli Austriaci sfolgoravano gli assalitori con le artiglierie, ed i cavalli Napolitani, opprimendo i soldati corridori, ed assaltando con impeto gli squadroni stabili, rendevano difficile la vittoria ai Francesi. Andavano gl’imperiali in rotta, ed abbandonato Fombio a chi poteva più di loro, si ritiravano a gran fretta a Codogno, con lasciar ai vincitori non poca parte delle bagaglie, trecento cavalli, circa cinquecento tra morti e prigionieri: sarebbe stata più grave la perdita, se la cavalleria Napolitana, condotta massimamente dal colonnello Federici, uffiziale di gran valore, serrandosi grossa ed intiera alla coda, ed urtando di quando in quando gagliardamente il nemico, non avesse ritardato l’impeto suo, e fatto abilità ai disordinati Austriaci di ritirarsi. Quindi aggiunse: La schiera tutta sarebbe stata condotta all’ultimo termine, se per la seconda volta la cavalleria Napolitana non le faceva scudo alla ritirata. E, più avanti: La cavalleria Tedesca, ma principalmente la Napolitana, che anche in questo fatto soccorse egregiamente i Tedeschi, proteggeva il ritirantesi esercito. Nel primo quarto del XIX secolo, Giuseppe Ceva Grimaldi – alto funzionario regio, inviato in Terra d’Otranto da Ferdinando I delle Due Sicilie per ripristinarvi la legalità borbonica dopo il crollo del potere di Gioacchino Murat – così annotò, nel suo Itinerario da Napoli a Lecce, descrivendo la città di Martina: Gli amatori de’ bei cavalli vi troveranno la più bella razza che ve ne abbia nel regno, avanzo di quella tanto celebre di Conversano. Più avanti, a proposito dello stato dell’agricoltura in quella provincia, aggiunse: Non vi sono razze di cavalli meno che una in Mattino (Matino, n. d. r.), in Martina l’altra; la prima di piccioli e vivaci cavalli , la seconda di poche ma belle giumente nate dalla mescolanza delle razze di Conversano e Martina. Merco dei cavalli allevati dagli Acquaviva d'Aragona, conti di ConversanoMarchio a fuoco impresso su alcuni stalloni lipizzani allevati in Ungheria, per indicarne la discendenza, in linea materna, dal capostipite Conversano(da C. G. Gattini, Delle Razze di cavalli nel Regno di Napoli e specie in Matera e contorno, Matera, 1902)(da C. G. Wrangel, Ungarns Pferdezucht in Wort und Bild, Stuttgart, 1893) Dunque, le razze cavalline di Terra di Bari (in special modo, quella dei conti di Conversano) e di Terra d’Otranto (in particolare, quella dei duchi di Martina) furono determinanti, sia per qualità sia per quantità, nella formazione della razza napolitana. D'altronde, la continua richiesta di capi nati in quegli allevamenti stimolava le famiglie della nobiltà regnicola ad una sana emulazione in un’attività d’importanza primaria, e per il suo significato economico, e per quello culturale, giacché il grado di civiltà di una nazione risultava anche dalla bontà delle sue produzioni zootecniche e principalmente di quelle equine. Il profilo montonino - tipico del Corsiero Napolitano - della testa dello stallone Durante,in una stampa inglese dei primi anni del XIX secolo(Foto G. M. Fraddosio) Le fiere annuali di Foggia, Gravina e Salerno servirono a lungo per diffondere nel resto d’Italia e d’Europa i numerosi puledri napolitani ivi trasferiti dalle province più vocate all’allevamento, tenuti allo stato brado o semibrado per aumentarne la resistenza alle malattie, e resi avvezzi ai disagi della transumanza per esaltarne le doti di rusticità e di fondo. Merco dei cavalli allevati dai Padri Certosini di San Lorenzo a Padula (Sa) Marchio a fuoco impresso su alcuni stalloni lipizzani allevati in Ungheria, per indicarne la discendenza, in linea materna, dal capostipite Neapolitano(Da C.G. Gattini, Delle Razze di cavalli nel Regno di Napoli e specie in Matera e contorno, Matera, 1902) (da C. G. Wrangel, Ungarns Pferdezucht in Wort un Bild, Stuttgart, 1893) Durante il loro lungo dominio sull’Italia del Sud (dal 1734 al 1860, escluso il decennio napoleonico), i Borbone di Napoli mantennero loro proprie reali razze di cavalli a Carditello, in Terra di Lavoro, ed a Persano, in Principato Citra (entrambe dal 1750, circa, al 1860), a Ficuzza, in Sicilia, (dal 1799 al 1834) ed a Tressanti, in Capitanata, (dal 1815 al 1838 e dal 1850, circa, al 1860). È noto che i cavalli del Real sito di Persano transumavano a primavera sui vicini monti Alburni, dove potevano godere, sino all’inizio dell’autunno, di un clima più fresco e più salubre e di pascoli d’alta quota abbondanti di essenze preziose per l’armonico sviluppo dei carusi (puledri nati nell’anno). Sella napolitana usata in Puglia nel XVIII secolo(Foto Fabio Silvestre, per gentile concessione del dottor Roberto Benvenuto) Nella grande Regione dei tratturi – comprendente la fascia montuosa appenninica e quella costiera adriatica che dall’Abruzzo scendevano, in direzione Sud-Est, fino a Metaponto ed al Salento, sotto la giurisdizione amministrativa e fiscale della Regia Dogana della mena delle pecore in Puglia – migliaia di cavalli, asini e muli erano trasferiti, insieme con enormi armenti di pecore, capre e vacche, a Maggio sui rilievi abruzzesi, molisani e lucani, nonché sulle alture del Gargano e delle Murge, per rientrare a Settembre nelle masserie o nelle poste di pianura. Con decreto n. 8153 del 29 Marzo 1843, Ferdinando II di Borbone ordinò che fossero installate tre razze militari di cavalli per la rimonta della cavalleria dell’esercito: la prima, in Puglia ed Abruzzo (a Foggia, con monticazione a Rocca di Mezzo), composta da 28 cavalli padri e da 560giumente da corpo; la seconda e la terza, rispettivamente in Calabria (a Belcastro) ed in Sicilia (a Lentini), composte ciascuna da 15 cavalli padri e da 300 giumente da corpo. Marchio a fuoco impresso sulla coscia destra dei cavalli dellaRazza Militare I (Puglia e Abruzzo) del Regno delle Due Sicilie.(Da Collezione delle leggi e dei decreti reali del Regno delle Due Sicilie,anno 1843, semestre I, Napoli, dalla Stamperia Reale, 1843). Quanto alle provenienze dei soggetti da assegnare a tali razze, il Sovrano delle Due Sicilie decretò: 3. Le giumente per le razze militari saranno scelte tra le migliori razze nostrali e razze romane. La loro altezza dovrà essere non minore di palmi sei napolitani. 4. I cavalli che dovran servire da padri verranno scelti tra i migliori italiani ed i veri di Mecklemburg e polacchi, e saranno alti non meno di palmi sei napolitani.(Da Collezione delle leggi e dei decreti reali del Regno delle Due Sicilie,anno 1843, semestre I, Napoli, dalla Stamperia Reale, 1843). Un’interessante descrizione della popolazione cavallina comune (common breed) nel Regno delle Due Sicilie fu fornita dallo statunitense Robert Sears in Scenes and sketches in continental Europe (New York, 1847). The Neapolitan horse - annotò quell’autore - is small, but very compact and strong; his neck is short and bull-shaped, and his head rather large; he is, in short, the prototype of the horse of the ancient basso-rilievoes and other Roman sculptures found in the country. Sella napolitana usata in Abruzzo nel XVIII secolo.Museo della lana (Scanno, L’Aquila, Regione Abruzzo, Italia).Il Museo è un progetto di Michele Rak.(Foto G. M. Fraddosio) Dopo il 1860, l'allevamento del cavallo napolitano subì il durissimo contraccolpo della violenta annessione delle province borboniche da parte della monarchia savoiarda e fu quindi destinato ad un rapido degrado per effetto di scelte di politica economica tanto più insensate in quanto via via più nocive alla reputazione del nostro paese in campo ippotecnico. La realizzazione di un complesso e documentato programma zootecnico per il recupero genealogico e morfologico del Corsiero Napolitano (CN) è stata avviata nel 2004 con l’individuazione, in alcune popolazioni cavalline dell’Italia meridionale continentale, di linee di sangue risalenti a capostipiti di origine autoctona, da incrociare con linee generazionali estere insanguate - soprattutto nei secoli XVII e XVIII - da riproduttori napolitani." FONTE dei testi e delle immagini: http://www.cavallodellemurge.it/Sulle%20tracce%20del%20Corsiero%20Napolitano.htm1 punto
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Imitativa non significa falsa. Generalmente erano monete coniate ai confini dell'impero per sopperire alla carenza di moneta spicciola, sono un campo ancora poco studiato ma molto interessante. Un altro termine per definirle è: monete di necessità. A dire il vero non ho la certezza che questa moneta sia imitativa, lo stile lascia a desiderare in confronto alle ufficiali, ma bisognerebbe sentire qualche altro parere. Nel frattempo, se vuoi dare un occhiata qui: http://www.lamoneta.it/topic/82936-monetazione-imitativa/ Per quanto riguarda il valore economico delle tue monete, è piuttosto basso purtroppo, non sono nè rare nè in buone condizioni. Tieni sempre presente però, che hai tra le mani monete di 1.700 anni fa, e che qualcuno all'epoca ci avrà comprato del pane. Ciao, Exergus :)1 punto
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Guardandola meglio ho visto che si può precisare ulteriormente. La leggenda del D/ dovrebbe essere [(MA)]GNVS, in alto e [PIVS. IMP. F.] in basso Tra le due teste di Giano vi è un altare rettangolare. La leggenda del rovescio è EPPIVS, in alto sulla prora e [LEG] in esergo E quindi indiduabile col 478/1a del Crawford.1 punto
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Ho terminato di leggere questo Quaderno di Studi e leggendo l'ultimo lavoro,quello di Francesco Di Rauso sulle medaglie del 1738 emesse per le nozze di Carlo Di Borbone ho notato un' analogia di raffigurazioni seppur diverse di stile poichè elaborate da diversi incisori fra quella di figura C con al Dritto i busti affrontati di Carlo Di Borbone e Maria Amalia di Sassonia ed al Rovescio gli stemmi dei due casati, del 1738 e quella in figura 4 in Panorama Numismatico di gennaio 2014,medaglia del 1751 con anch'essa i busti affrontati dei due regnanti al Dritto ed al Rovescio gli stemmi uniti dei due casati. E'bello notare le differenze di stili degli artisti che si sono cimentati con le medesime raffigurazioni sia pur mutando scritte e significati medaglistici. Inoltre questi stili incisorii andrebbero confrontati anche con il Dritto della madaglia in figura 1 nel lavoro del Di Rauso in Quaderno Di Studi realizzata dal Groskurt ,la quale,anch'essa reca ,nel medesimo lato,i busti affrontati dei sovrani. --Salutoni -odjob1 punto
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Io credo che la questione possa essere sintetizzata così: il prezzo è congruo ma la conservazione no, ergo se a Tognon la moneta piace l'acquistasse pure a cuor leggero perchè il prezzo ci stà ma se Tognon pensa di acquisire un prezzo di pregio destinato ad una collezione in alta conservazione allora è meglio che laci perdere. Un'ultima considerazione/consiglio: l'alta conservazione la potrai sempre eventualmente rivendere la bassa (eccetto le grandi rarità) nella tua collezione entra e nella tua collezione resterà, a buon intenditor...... Saluti1 punto
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Ritorna philippe80 con il suo fantastico video dei 2€cc 2004-2013, con alcune anticipazioni del 2014!!! Al minuto 10:30 comincia il 2013. Al 12:15 invece il 2014 (ci sono solo alcune immagini)! Il resto lo conoscete già, se l'avete visto QUI! http://www.youtube.com/watch?v=gWCTUjCTsQA1 punto
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Salute a tutti ...ma che fredo oggi in Corsica mi sembre il pole nordo ......ma l'orto di babu ma fatto un rigalo ....di 0.60grami :good: ma di che gruppo sera ....?1 punto
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Se guardo la tv, a letto o a tavola, quasi sicuramente prendo sonno. Ma se sono sul sito Lamoneta è quasi impossibile.1 punto
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Mentre scorrono le votazioni per categorie anche coi doppi turni e in attesa della super-finale coi vari vincitori ( che vi dico subito come tempistica sarà volutamente breve) per decretare il simbolo di lamoneta it. e del collezionismo del 2013, si può ancora dare qualche dato in continuo aggiornamento, perché anche loro dicono molto. Oggi mi soffermerei sulle letture, le letture sono tantissime se teniamo conto delle discussioni guida e di quelle per le votazioni, e non è finita...., credo che la finale richiamerà ancora molta attenzione, vedere e capire quale sarà la vincitrice sarà quasi inevitabile. E le letture complessive sono circa 40.000/ 41.000 a ora, stiamo superando ormai quelle dell'anno scorso con largo anticipo. E le letture vanno oltre la partecipazione effettiva dei vari protagonisti, dei vari votanti, è un dato che denota che il Concorso è riuscito ad andare oltre il forum, che già sarebbe molto comunque, ma che è riuscito a raggiungere varie anime della numismatica e tanti appassionati, alcuni già formati, altri forse che stanno riflettendo ora su tutto questo. E il mio pensiero vola ora a quelli che ci sono sicuramente, che vedendo queste monete, che leggendo queste storie, si saranno magari detti e perché no ? Se un Concorso, come penso, sarà riuscito a portare qualcuno in più ad approfondire, studiare, collezionare, rileggere la storia, magari la propria storia, confrontarsi anche qui sul forum, alla fine lo scopo sarà stato raggiunto, il fine era ed è questo poi....vincitori di categoria e finale a parte.... Mario1 punto
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Scusatemi tutti, ma allora che senso ha tutta questa pubblicità che state facendo a questo volume, riempiendo la bocca e gli occhi ai collezionisti sul forum se poi verranno stampate solo poche copie da donare agli amici degli amici?!?! C'era bisogno allora di sbandierare pagine e pagine di anteprime, di novità, di notizie e quant'altro, come un qualunque volume commerciale da promuovere in giro per incrementarne la richiesta di acquisto, se poi questo volume verrà "donato" solo a pochi eletti in maniera privata e gatuita?! :angry: Tutto questo mi sa tanto di una colossale presa in giro bella e buona!! Pietro1 punto
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veramente pacchiano quello colorato . ma siamo collezionisti di monete o di "altro" ???1 punto
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numizmo......non che il T.V.,o il precedente lavoro di Vecchi sulla monetazione etrusca abbia sconvolto il mondo....ci si accontenta....se poi ti decidessi tu a scrivere qualcosina,insieme a quei pochi competenti che abbiamo qui da noi....forse sarebbe meglio.... :pleasantry:1 punto
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