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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 01/05/13 in tutte le aree
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Il piu bell' acquisto per me sono momenti passati fra amici in'ell orto di babu.....et po anche questa per 2012.........sempre per amore della monetazione Genovese :pleasantry: peso 0.7 diam 165 punti
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Torno anch'io a mostrarvi una terza moneta, dopo il 5 Franchi della zecca di Roano e l'8 Reali Messicano postati all'inizio della discussione, vi allego un'altro 5 Franchi ma questa volta della zecca di Parigi, che dopo 200 anni dalla coniazione, circa 2 mesi fa, è entrata a far parte della mia collezione :) 5 Franchi 1812 A zecca di Parigi - Impero Francese incisori: Pierre-Joseph TIOLIER (1763-1819) e Nicoloas-Guy-Antonie BRENT (1770-1846) Argento 900 ‰ - gr. 25,00 - ø 37,03 mm. D/ NAPOLEON / EMPEREUR, testa laureata a destra di Napoleone, nel taglio del collo BRENET, sotto Tr in monogramma corsivo. R/ EMPIRE FRANCAIS. , nel campo valore in corona di lauro, all’esergo © 1812. A T/ « DIEU PROTEGE LA FRANCE in incuso. Decreto del 22 Ottobre 1808 Ritiro: Legge del 25 giugno 19283 punti
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Ciao, i cloni sono inseriti nella Galleria di Dr. Ilya Prokopov's Fake Ancient Coin Reports. http://www.forumancientcoins.com/fakes/displayimage.php?album=lastup&cat=0&pos=0 La discussione ha ottenuto per ora una discreta visibilità (quasi 250 visioni, in pratica in 24 h sono raddoppiate) e si sono complimentati perchè, come già a nostro avviso, prese singolarmente sembrano tutte monete autentiche mentre analizzate nell'insieme e focalizzando l'attenzione su quei particolari ripetuti si evidenzia il fatto che sono dei cloni. http://www.forumancientcoins.com/board/index.php?topic=85294.0 Ho approfittato per rimarcare la buona fattura di questi falsi e per affermare che Really the level of these fakes is very high and alarming! And probably only alerting the other possible customers, exchanging information and warnings, we can "sterilize" these scaring fakes! This is the reason 'cause I (agree with other users of Lamoneta.it) have post this discussion and now I'm going to post these dangerous coins on the Fake Reports! We must keep calm and watch over! Only combining our efforts we can defeat ourself from ... this "sea of fakes"!!! (Realmente il livello di questi falsi è molto alto ed allarmante! E probabilmente solo allertando i possibili acquirenti, scambiando informazioni e avvisi, possiamo "sterilizzare" questi spaventosi falsi! Questa è la ragione per cui io (d'accordo con altri utenti di Lamoneta.it) ho postato questa discussione e ora sto per postare queste pericolose monete nel Fake Reports! Dobbiamo stare attenti e vigilare! Solo unendo i nostri sforzi possiamo difenderci da... questo "mare di falsi"!!!) Mi pare che nell'insieme abbiamo fatto un buon lavoro, anche a livello di diffusione di quanto scoperto. E fatto non secondario... abbiamo fatto fare al ns. Forum una discreta figura. ;) Ciao Illyricum :)3 punti
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Caspita che monete ragazzi!!! Complimenti a tutti, io sono a corto di "mi piace" qualcuno me ne vende una manciata? :D Visto che tifo Napoli, facciamo un po di gap... Questo è un bel Coronato di Ferdinando I d'Aragona, (MIR 69/2 e P.R 17b). E' stata la mia prima moneta tardo medievale... Proviene dall'asta varesi 61 (foto di Varesi Numismatica) Questa mi piace particolarmente, ha u ritratto praticamente perfetto, boccolo della parrucca non solo intatto ma con tutti i suoi rilievi ben impressi. Fondi brillanti e rilievi bianco latte mi fanno sorvolare sui difetti tipici di conio al R/. Proviene da due aste kuencher, Heritage e New York Sale... s'è girata un po il mondo prima di ritornare a casa :D (Fotografia di Kuencher) Quest'altra è la variante con SICILAR al D/, peccato per il difetto marginale di conio, ma in mano rende decisamente meglio che in foto, fondi lucenti e rilievi praticamente intatti (Fotografia di ACR asta 5) Forza Napolisti!! :)3 punti
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buona serra a tutti.......e buon auguri...!!!....... :) .....oggi..da un alto punto di vista,dove ci era una torricella,chi ho fatto qualche fotografie.......... posto dove piu nessuno non chi va,perche passaggi non chi ne e piu,posto ora diventato territorio del bestiame selvatico....limite della maccia eternella il piu vicino possibile del paradiso......posto di riposo e tranquillita............!!! oggi da sopra le nuvole,ero scaldato da il sole luminoso.....giu,era buio,e umidita.........!!!! :lol: .......strano capriccio di mama natura,per noi ,poveri mortali....!! :D2 punti
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Complimenti vivissimi per l'interessante discussione. Mi permetto di aggiungere solo l'immagine della rarissima variante del denario con Diana o Acca Larentia con il codino. La moneta era in asta NAC 63, Coll.ne RBW: http://www.acsearch.info/record.html?id=573805.2 punti
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Caro Adolfo, Sono anch'io convinto che i denari cortonesi di cui trattano abbondantemente le fonti siano una moneta di conto e si riferiscano, probabilmente, ai denari di Arezzo (in particolare, quello con le "lunette"). Le emissioni di Cortona, ad oggi, risulterebbero altrimenti troppo esigue, se pensiamo ai pochissimi esemplari giunti fino a noi. Sono comunque convinto che, sia pure coniato per un brevissimo periodo e, forse, in quantità esigue, il denaro cortonese sia esistito realmente e, devo dire, non sono invece convinto dell'ipotesi di coniazione da parte di eruditi locali in pieno rinascimento come ipotizzato dal Montagano. Ho troppa poca esperienza e competenza in materia, pertanto le mie sono soltanto convinzioni personali non suffragate, mi rendo conto, da argomenti probanti. Conosco la persona che acquistò a suo tempo il denaro di Cortona in vendita sulla baia. E' un collezionista "vecchio stampo" che conosce bene la materia e che mi ha parlato di qualche altro sporadico esemplare comparso sul mercato antiquario nel corso degli anni (il signore in questione colleziona da 50 anni e passa...). Un altro grande medievalista che conosco possiede anch'egli il denaro cortonese e anche lui è del parere che i cortonesi citati negli atti notarili e nei documenti siano in realtà i denari aretini emessi anche a Cortona, pur essendo certo dell'esistenza dei cortonesi veri e propri.2 punti
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Ecco qui un denario non certo splendido ma, per gli estimatori degli anonimi, piuttosto interessante. Si tratta di un esemplare tipo RRC 167/1, di stile tuttavia essenziale e scarsamente raffinato. La particolarità principale la si può osservare al rovescio ed è data dalla resa dei copricapi dei dioscuri. Caratteristiche di questa tipologia sono le numerosissime piccole varianti stilistiche, che la rendono piuttosto difficile da identificare ed inquadrare correttamente. Roma Denario anonimo (RRC 167/1) Argento, 3.5 g 179-170 a.C. Provenienza: Hatria Numismatica - Asta n.22 punti
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e l'altro.....!! :lol: ........piu che l'oro...........!!! :)2 punti
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buongiorno a tutti....!!.una per ogni ginoccio........!!!.....emozione a allegria......!!!! :lol:2 punti
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Contribuisco ulteriormente alla "contesa" con questa bella moneta acquistata durante un viaggio in Francia. La bella conservazione, la pregevole patina e la combinazione dei due busti la rendono una delle mie monete preferite :) Si tratta di un Follis di Costantino I coniato a Treviri tra il 310 e il 313: D//: IMP CONSTANTINVS AVG, busto di Costantino I corazzato e laureato rivolto verso destra. R//: MARTI CONSERVATORI, busto di Marte corazzato ed elmato rivolto verso destra. RIC VI Treveri 881. Provenienza: Troyes Numismatique.2 punti
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Tetradramma di Damasco dall’asta Varesi 60 di Pavia, maggio 2012 Tetradramma (17,13 g, diametro 25 mm, BB), zecca di Damasco, ca 330-320 a. C. D/ Testa di Eracle a d. con copricapo in pelle di leone annodato sul collo R/ ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΥ Zeus a torso nudo, seduto sul trono a s., con scettro nella mano sinistra e un’aquila sulla mano destra; nel campo a s. la parte anteriore di un ariete; sotto il trono un globetto sopra ciascun supporto, un globetto e la scritta ΔΑ sotto il supporto inferiore. La moneta è la # 3208 del Price e rappresenta una delle rare varianti tra quelle riportate (# 3202 con la sola scritta ΔΑ sotto il trono, # 3205 con un globetto sopra ogni supporto sotto il trono e la scritta ΔΑ sotto, # 3209 con due globetti sopra il supporto sotto il trono e la scritta ΔΑ e due globetti sotto, # 3209 var. con due globetti sopra il supporto sotto il trono e la scritta ΔΑ e un globetto sotto, # 3211 con cinque globetti (in forma di lambda maiuscolo) sopra il supporto e la scritta ΔΑ sotto). apollonia2 punti
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La zecca portoghese ha diffuso il programma numismatico del Portogallo per l’anno 2013: gennaio: 1/4 di euro in oro per Antero de Quental (serie Portogallo universale); aprile: 2,50 euro per José Saramago (serie Scrittori portoghesi); maggio: 2,50 euro per i 150 anni della fondazione della Croce Rossa; giugno: 2 euro commemorativo per la Torre Dos Clerigos; luglio: 2,50 euro per gli orecchini di Viana do Castelo (serie Etnografia portoghese); settembre: 5 euro per la “degolada”, moneta d’oro di Maria II (serie Tesori numismatici); ottobre: 2,50 euro per i 100 anni dalla nascita di João Villaret; novembre: 2,50 euro per i 100 anni dell’Espadarte, primo sottomarino portoghese; Domani posto le tirature! ;) Fonte: http://numistoria.altervista.org/blog/?p=72151 punto
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Salve a tutti. L'obiettivo di questo post consiste principalmente nell'analizzare, attraverso una emissione repubblicana di particolare rilievo storico, quella venatura di religiosità di stampo arcaico che coinvolse, in modo più o meno omogeneo, tutto il periodo della Repubblica. Si cercherà di attuare quest'analisi attraverso la disamina di alcune fonti, grazie, cioè, ai maggiori Cataloghi di monete repubblicane degli ultimi due secoli e supportati da recenti articoli giornalistici provenienti dal mondo accademico. I denari in questione (FIGG. 1. e 2.) furono coniati da un certo Publius Accoleius Lariscolus, ignoto alle fonti se non fosse, appunto, per queste monete che ne riportano il nome. FIG. 1. Denario di P. Accoleius Lariscolus, prima variante con copricapo. D/ P. ACCOLEIVS LARISCOLVS. Busto drappeggiato di Diana Nemorensis (?) volto a destra, con capo coperto. R/ Anepigrafo. Triplice statua di culto della dea Diana. Dietro, un boschetto di cipressi (?). Riferimenti bibliografici: Babelon Accoleia 1; Sydenham 1148; Crawford 486/1. Datazione: 43 a.C. Zecca: Roma. Nominale: Denario in AR. FIG. 2. Denario di P. Accoleius Lariscolus, seconda variante senza copricapo. D/ P. ACCOLEIVS LARISCOLVS. Busto drappeggiato di Diana Nemorensis (?) volto a destra con capelli raccolti. R/ Anepigrafo. Triplice statua di culto della dea Diana. Dietro, un boschetto di cipressi (?). Riferimenti bibliografici: Babelon Accoleia 1; Sydenham 1148; Crawford 486/1. Datazione: 43 a.C. Zecca: Roma. Nominale: Denario in AR. 1. Un magistrato poco conosciuto. Come prima cosa, cercheremo di fare un po' di luce su questo personaggio e sul suo operato, passando in rassegna alcuni dei più importanti testi. Partendo dal più antico, veniamo a conoscenza che la gens "Accoleja" risulta "nota dalle sole monete". Infatti, la "storia non enuncia questa famiglia, che sarebbe ignorata senza tale monumento, perchè non menzionata nè da scrittori, nè da' marmi." Grazie, poi, ad un paio di ritrovamenti, uno "del ripostino di Puglia, acquistato dal Fontana, e che vuolsi nascosto nel 711, di Roma" e l'altro "di San Bartolomeo descritto dal Cavedoni", sappiamo che le monete che li componevano "non possono essere state impresse da Accolejo Lariscolo, nel proprio triumvirato monetorio, oltre detto anno 711; ma giammai elevarsi fino al 737 (...)". 1 Quindi, stando a quanto riportato dalla prima fonte, la carriera di Lariscolo come magistrato monetario, e la datazione stessa della moneta in questione, sarebbe da circoscrivere in un lasso di tempo compreso tra il 69 a.C. e il 43 a.C. Difatti, analizzando la seconda fonte, veniamo a conoscenza che questo personaggio "fut monètaire suos Jules Cèsar" e che questa tipologia fu datata dal già ricordato Cavedoni "ver l'an 711 (43 avant J. C.)". 2 Per le nostre fonti, fin qui riportate, non si conosce nessun altro documento che riporti anche solo il nome gentilizio di tale famiglia. Dovremo aspettare la terza fonte di riferimento, risalente alla seconda metà del XIX secolo, per poter avere maggiori informazioni riguardo il monetiere Lariscolo: viene ipotizzato, infatti, che tale "P. Accoleius Lariscolus était avec Petillius Capitolinus, un questeur militaire de l'armèe du Sènat, fonction en vertu de laquelle il put faire frapper monnaie." E nella stessa epoca vengono rinvenuti nuovi riscontri che testimoniano l'attività di tale famiglia Accoleia: "Un texte èpigraphique mentionne un certain L. Acculeius Abascantus; un autre texte du temps d'Hadrien, trouvè à Rome, cite un personnage du nom de P. Acculeius Euhemerus." 3 Da queste seppur scarse e frammentarie notizie siamo in grado di cogliere alcuni elementi utili per la definizione del Nostro. La famiglia a cui apparteneva non doveva essere molto grande. Era quasi sicuramente di origine plebea, forse originaria dell'odierna città laziale di Ariccia e, rispetto alle scoperte di fine Ottocento, non sono noti altri personaggi appartenenti a questa gens. I praenomina maggiormente utilizzati, quindi, furono Publius, riportato per ben due volte, e Lucius, meno usato. I cognomina, invece, sono più peculiari: Lariscolus, Abascantus ed Euhemerus furono, forse, cognomi personali che servivano a denotare una particolarità della singola persona a cui appartenevano, dato che non se ne sono riscontrati simili per via ereditaria. Più in particolare, possiamo dire che il Nostro costituisce un caso più unico che raro nell'ambito della gens Accoleia. Infatti, di Publius Accoleius Lariscolus possediamo più notizie rispetto agli altri due. Sappiamo che fu magistrato monetario in epoca cesariana, più precisamente tra il 69 e il 43 a.C., periodo in cui ricoprì anche un incarico militare che gli consentì di battere moneta, come ci suggerisce il Babelon, la nostra terza fonte. In detto periodo è piuttosto normale che un militare di Cesare coni moneta: si veda, ad esempio, il caso di Lucio Roscio Fabato4, molto simile a quello di Lariscolo. Il ruolo ricoperto dal magistrato per conto della Repubblica e del Senato implicava, quindi, quasi obbligatoriamente, una ripresa, tramite la moneta, delle radici più antiche della religiosità romana, in generale, usata anche da Lariscolo per elevare e celebrare se stesso e la propria famiglia di rango plebeo. Passiamo, quindi, a vedere quali sono questi schemi iconografici che la caratterizzano. 2. Il volto dalla misteriosa bellezza al D/. Al D/, come si evince dalle figure sopra riportate, si scorge un profilo femminile su cui molto si è discusso e sulla cui indentificazione gli studiosi non sono ancora concordi. Andiamo per gradi. Il Riccio, la nostra prima fonte, ci informa che "Gli antichi scrittori di numismatica riferivano la testa di essa a Climene madre di Fetonte" 5, la stessa interpretazione è confermata sia dal Cohen6 che dal Babelon7, ma sembra ormai del tutto superata. Già nel corso della prima metà del XIX secolo, infatti, si era arrivati a congetturare "che la testa femminile sia quella di Acca Larenzia, allusiva al nome Accolejo". L'ipotesi, formulata dal Cavedoni e riferita dapprima dal Riccio, verrebbe confermata sia da Grueber8 che dalla ripresa più moderna della Ceci9. "The cognomen Lariscolus seems to have the same origin as Lariscus, and to be associated with the worship of the Lares (...)". Quindi, "The bust on the obverse has been identified as that of Acca Larentia or Laurentia (...)"10 In effetti, il viso che appare al D/ ci sembra quasi mascolino dietro la sua rigida ieraticità. Ma proprio questa immobilità conferisce alla figura un senso di vivo arcaismo e un cenno quasi esplicito del suo ruolo sacro. La sua femminilità viene comunque espressa dall'acconciatura, che nella tipologia di FIG. 2 è mostrata in tutto il suo preciso ordine, evidente, soprattutto, nella formazione del piccolo "diadema" di capelli riccioluti che viene ad affacciarsi sulla fronte. Nel caso del capo coperto, in FIG. 1, il cappello, o la fascia, può essere un ulteriore indice dell'estrazione sociale della donna raffigurata: assieme al vestito che indossa, Acca/Diana tiene raccolti i capelli come una donna dell'antica nobiltà filo-ellenistica o comunque caratterizzata da un'innegabile raffinatezza di costumi e di maniere. Anche il drappeggio che chiude il busto femminile non è un semplice panneggio: le fibulae tonde sulla spalla e le pieghe fitte consentono la sicura attribuzione dell'indumento ad un chitone per donna di stampo greco (FIG. 3.). Il chitone era l'abito standard nella Grecia antica, una tunica di stoffa leggera in unico pezzo. Per le donne riusciva a raggiungere anche una lunghezza di due metri e copriva tutto il corpo, fino alle caviglie. FIG. 3. Particolare di un vaso greco a figure rosse con la raffigurazione di Europa con Zeus sotto le sembianze di un toro. Notare il chitone che indossa la donna sotto l'himation (il mantello) e il particolare allaccio a fibulae sopra le maniche che partono dalle spalle. Lo stesso tipo d'abito è portato dalla nostra Acca/Diana sulla moneta in questione. Tale leggerezza della stoffa del chitone è resa sulla moneta con la magistrale messa in evidenza dei seni della divinità. Questo particolare, ravvisabile in tutti gli esemplari di P. Accoleius Lariscolus, non si concilia con la rappresentazione iconica di Diana, dea vergine per eccellenza, che, di solito, appare con un seno più giovanile e meno evidente di quanto lo sia quello del busto esaminato. Inoltre, mancano del tutto altri attributi esclusivi della dea cacciatrice. La soluzione più ovvia, a questo punto, consiste nell'accostare il busto che si trova al D/ di questo denario alla figura di Acca Larenzia, passaggio già effettuato a partire dal Cavedoni11 e riportato da tutti gli altri studiosi nelle loro opere. Acca Larenzia, nota anche coi nomi di Larunda e Mater Larum, ha insita nel proprio nome la terminologia di "madre" (acca, nel linguaggio indoeuropeo, ha principalmente accezione di madre). Ci sono varie versioni del mito che ha come protagonista tale donna: una di queste vuole che Acca sia stata un'etera di grande fascino. Ebbe come amanti uno dei più famosi semidei dell'antichità, Ercole, e poi il ricchissimo e anziano Etrusco Taruzio che le avrebbe lasciato tutti i suoi averi dopo la sua morte. A questo punto, Acca Larenzia li distribuì al popolo romano, diventandone subito una delle beniamine candidate alla divinizzazione.12 Tralasciamo la leggenda, più famosa, che vuole la donna come la "Lupa" che allattò i Gemelli fondatori di Roma e chiamata così per il suo stile di vita licenzioso.13 Il nome di Accoleius, poi, si presta ad eventuali, e forse forzosi, accostamenti etimologici con il nome stesso di Acca e il cognomen Lariscolus si avvicina ai Lari, cioè ai figli di Acca divinizzati. Inoltre, abbiamo ora notato che tale cognomen può essere sciolto in Laris + colo, due parole latine di grande significato e attinenti tra loro. Infatti, Laris è genitivo di Lar-Laris, cioè "i Lari", e colo è la voce del verbo colo-is-colui-cultum-ere di terza coniugazione che si può rendere con l'italiano "onorare". Quindi, Lariscolus è colui che onora, nell'accezione di "venerare", i Lari (FIG. 4.), cioè i figli della divina Acca Larenzia. In questo modo si spiegano due cose: l'abitudine di autocelebrazione dei magistrati monetali romani di epoca repubblicana, a cui abbiamo già fatto riferimento sopra, e l'attribuzione del brusto al D/ del denario ad Acca Larenzia piuttosto che a Diana Nemorensis. FIG. 4. Affresco pompeiano proveniente da un "lararium" della città. Ai due lati opposti si notano i Lari (dipinti di dimensioni maggiori rispetto agli altri personaggi) nell'atto di versare del vino dai loro peculiari corni. Al centro, una scena di sacrificio con musico e "victimarii". Nella zona inferiore, due serpenti agatodemoni (genii benigni e propiziatorii) affrontati davanti ad un altare. 3. Fiera staticità al R/. Il R/, forse, è di più facile lettura rispetto al D/. Infatti, la maggior parte degli studiosi è evidentemente più concorde sulla sua attribuzione. Il legame tra uomo e natura è stato sempre intenso nell'antichità e particolarmente sentito per la prima romanità. A figure imponenti e resistenti, quali gli alberi, venivano attribuiti gli spiriti delle divinità più arcaiche e misteriose. E la religione romana non fa certo eccezione. Nei dintorni dell'antica città di Roma, tra l'Oppio e il Celio, si trovava un bosco di querce che confinava proprio con le mura cittadine, costruite, secondo la tradizione, sotto il regno di Servio Tullio. "Non sarà fuor di luogo ricordare che quel monte nell'antichità era chiamato Quercetulano (Querquetulanum, nel testo latino), perchè era ricco e fertile di querce (...)".14 Così lo storico romano Publio Cornelio Tacito descrive il luogo e ce lo tramanda tra i suoi scritti, una delle poche testimonianze a noi giunta della denominazione e dell'apparenza del colle Celio. Tra questo colle e l'Esquilino si trovava un tempietto delle Virae Querquetulanae, cioè dedicato alle Ninfe che, secondo la più antica credenza romana, abitavano il bosco di querce del Celio. Queste tradizioni religiose, quasi spiritiche, appartenevano alla più remota credenza romana, quando le divinità erano semplici entità e non avevano neanche un volto, una consistenza.15 Quale attinenza, dunque, tra il bosco di querce, le Virae appena nominate e il denario di P. Accoleius Lariscolus? Afferma molto sinteticamente il Riccio: "Il dottissimo conte Borghesi vi ravvisò (al R/ di questo denario n.d.t.) le Ninfe querquetulane presidi del luco de' Lari, allusivi al proprio cognome Lariscolo." L'opinione del Borghesi è riconosciuta anche dal Cohen16che riporta, senza aggiungere nulla di particolare, ciò che già enunciò Riccio nel suo catalogo: "L'egualmente dotto professor Cavedoni vi ravvisò pel contrario tre ninfe poste a guisa di cariatidi per sostenere quella traversa ornata da arboscelli." Per il Babelon, invece, l'interpretazione del R/ è una via mezzana delle prime due ipotesi: le tre figure rappresentate sono, sì, le Ninfe Querquetulane del Borghesi, ma colte nel momento in cui reggono una trave su cui sono poggiati cinque alberelli di cipresso, come vorrebbe il Cavedoni. Le varie ipotesi degli antichi studiosi non sono di molta utilità, così dobbiamo procedere attingendo con cautela agli elementi che ci sembrano più veritieri. La composizione del R/ di questo denario, ieratica come il D/ nella sua rigida e statica frontalità, è sicuramente legata in modo inscindibile dal D/ di cui abbiamo appena disquisito. Chi riconosce al D/ il busto di Diana Nemorensis, al R/ riconoscerà giocoforza l'assimilazione della dea sotto le tre forme di Diana, Ecate e Selene. La ripartizione tricorpe di Diana così effettuata era venerata a Nemi nel santuario appositamente costruito. Chi crede a questa ricostruzione vede nella mano destra della figura di sinistra un arco, simbolo esplicitamente riferito a Diana. Ma se, in realtà, siamo di fronte ad una rielaborazione delle statue delle antiche Virae Querquetulanae collegate direttamente al culto dei Lari? Anche in questo caso, come abbiamo visto prima, avremmo un coerente aggancio con il busto di D/ raffigurante Acca Larenzia. Il tutto rimanda al nome del magistrato Accoleius Lariscolus e alla sua famiglia. Sembra, infatti, poco probabile che una raffigurazione di una dea, triplice nella sua forma tricorpe, ma unica in generale, possa essere costituita da tre soli singoli personaggi per di più statici. Dato che nella tradizione antica il numero delle Ninfe non è specificato, chi disegnò tale motivo ne scelse tre per il semplice fatto che questo numero aveva una valenza magico-religiosa che ben si confaceva alla tematica della più remota religiosità romana, quella di Acca Larenzia e dei Lari con le loro Ninfe. Lo stesso significato che poi passò nel mondo cristiano. La trave sulle spalle delle tre statue e la base su cui esse poggiano i piedi potrebbero far pensare che realmente le Ninfe qui riportate fossero delle colonne/cariatidi intagliate nel legno di quercia e poste come colonne del tempio delle Virae che presiedevano al culto dei Lari, figli di Acca Larenzia. Quindi, la rappresentazione del R/ di questo denario non sarebbe altro che la stilizzazione del fronte di un antico tempio romano. Notiamo, poi, che le tre figure portano abiti differenti: la prima, quella a sinistra, ha un drappo che dalla spalla sinistra scende trasversalmente fino al lato destro del fianco; le altre due portano abiti uguali e rigidi, con una ripresa della stoffa sotto il petto per creare delle pieghe decorative che scendono dritte verso il basso. Quindi, in base a questo particolare da noi notato, forse per la prima volta, possiamo affermare con una certa sicurezza che le tre figure non costituiscono la Diana tricorpe di Nemi, bensì tre divinità nettamente distinte le une dall'altra, che, insieme non formano un unico corpo come dovrebbero fare nel caso di Diana Nemorensis. In quest'ultimo caso, le tre figure dovrebbero essere tutte uguali. Ultimo particolare che condurrebbe all'identificazione delle tre figure con le suddette Ninfe: i fiori che reggono le statue/colonne alle due estremità non sarebbero altro che il risultato di un'usanza romana secondo cui, due volte all'anno, si provvedeva ad ornare con fiori di vario genere i templi dei Lari e delle loro custodi, le Virae. Tale tradizione, andata perduta gradualmente con l'avvento di nuovi culti, ritornò in auge sotto Augusto. Credo che, almeno per ora, la nostra analisi riguardo questa particolare moneta sia ormai giunta al termine. Prima di concludere, però, vorrei lasciarvi due curiosità sempre restando in tema: FIG. 5. Denario ibrido: Obverse type of Man. Acilius Glabrio, reverse type of P. Accoleius Lariscolus. Denarius, 3.28g. (h). After 43 BC. Obv: Head of Salus right, SΛLVT behind. Rx: Three statues of nymphs standing facing. Cf. Crawford 442/1b (obverse) and 486/1 (reverse). Ex Phillip Davis Collection . Notare che, nonostante lo stile più approssimativo, al R/ sono visibili dei tronchi veri e propri tra gli intercolumni formatisi tra le cariatidi delle Ninfe. Ciò potrebbe avvalorare l'ipotesi che collegherebbe le tre figure al bosco sacro dei Lari sul Celio. Tale particolare, però, è completamente assente nei conii di P. Accoleius Lariscolus: siamo davvero di fronte ad un ibrido? FIG. 6. Particolare del D/ di un denario della tipologia di cui abbiamo finora parlato. Si noti la particolarità nella legenda di LARISCOLVI. ____________________________ 1 Gennaro Riccio, Le monete delle antiche famiglie di Roma fino allo Imperadore Augusto inclusivamente co' suoi zecchieri dette comunemente monete consolari etc. etc. seconda edizione, Napoli 1843. 2 Henry Cohen, Description gènèrale des monnaies de la Rèpublique Romaine communèment appelèes mèdailles consulaires. Paris-Londres, 1857. 3 Ernest Babelon, Description historique et chronologique des monnaies de la Rèpublique Romaine vulgairement appelèes monnaies consulaires. Tome premier. Paris-Londres, 1885. 4 Morto proprio nel 43 a.C., durante la battaglia di Modena, in cui combattè nelle file dell'esercito senatorio contro Marco Antonio, come ipotizzato dal Babelon per il nostro Accoleio Lariscolo, fu questore o legato di Cesare durante la conquista della Gallia e dal 54 a.C. magistrato monetale. Roscio Fabato, quindi, trova moltissimi punti in comune con Accoleius Lariscolus e la sua vicenda potrebbe non essere molto dissimile. 5 G. Riccio, Op. cit., p. 3. 6 H. Cohen, Op. cit., p. 4. 7 E. Babelon, Op. cit., p. 99. 8 H. A. Grueber, Coins of the Roman Republic in the British Museum. Volume I, London 1910. In particolare, vedi la nota numero 1 alla pagina 569. Le varianti di tale denario sono descritte ai numeri compresi tra il 4211 e il 4214 alle pagine 569-570. 9 Francesca Ceci è archeologa presso la Direzione dei Musei Capitolini di Roma e si è occupata spesso di numismatica antica, in particolare romana, e dei risvolti storico-ideologici delle iconografie ivi riportate. In merito al denario che stiamo analizzando, la studiosa si sbilancia a favore della tesi del Grueber, di cui ne ricalca fedelmente i punti principali senza aggiungere nulla di nuovo. Ceci, come il Grueber, crede che il busto appartenga ad Acca Larenzia piuttosto che a Climene o Diana Nemorensis. 10 H. A. Grueber, Op. cit., p. 569, nota. 11 G. Riccio, Op. cit., p. 3. 12 Macrobio, Saturnalia, I, 10, 12-15; Plutarco, Vita di Romolo, 5, 1-3. 13 Livio, Ab Urbe condita, I, 4; Lattanzio, Divinae institutiones I, 1, 20. 14 Tacito, Annales, IV, 65. 15 L'abitudine di raffigurare le divinità con fattezze umane fu importata a Roma dalla Grecia che l'aveva trasmessa anche alla vicina Etruria. 16 Borghesi "croit que les trois figures du revers sont trois nymphes qui prèsidaient au bois sacrè des Lares."1 punto
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Non volevo però far terminare la discussione senza aver inserito questo piccolo tondello... si tratta di un carlino (o 10 grana) del 1621 emesso sotto il regno di Filippo IV di Spagna per la zecca di Napoli, questo, ricollegandomi al discorso che ho fatto in un posto precedente, è un esempio di ritratto barocco. PR 38 MIR 2491 punto
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Direi che organizzare un evento come questo un mercoledì lavorativo dalle 9.30 alle 15.30 dice molto sul tipo di evento e di pubblico che si vorrebbe avere in sala. Ossia sembra la classica manifestazione istituzionale auto-incensante in cui gli addetti ai lavori raccontano ad altri addetti ai lavori quanto sono stati bravi nell'ultimo anno. Vedendo il line-up degli interventi e delle partecipazioni direi che si va proprio in questa direzione. Non credo che nessun tipo di contradditorio sia previsto in sala, come non si è cercato di coinvolgere il privato più di tanto.1 punto
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indipendentemente dal mercato o meno, stavo cercando di capire se la prima moneta che ho postato era così per via dell'usura o del conio stanco….ma avendo letto le varie risposte che mi sono state date ho capito perchè la moneta è conciata così :)1 punto
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Non per fare il polemico, però quando i milanisti fanno i cori contro napoli e i napoletani, alcune volte abbastanza offensivi anche per me che non tifo napoli, i loro giocatori non hanno mai fatto così tanto i moralisti...1 punto
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Credo di essere in buona compagnia se affermo che non bisogna prendere automaticamente le monete indicate in questi rendiconti come campione significativo del circolante effettivo. Si potrebbe trattare anche di moneta di conto, pagata in moneta reale circolante sulla base dei valori di cambio pubblicati in tariffe note al pubblico. Come pure di moneta straniera valutata in base al contenuto di fino specificato nelle medesime tariffe, quindi non moneta legale in senso stretto. Mi pare che proprio negli atti del convegno Moneta locale moneta straniera si faccia l'ipotesi che la moneta straniera fosse preferenzialmente riservata per il pagamento delle tasse (decime incluse) in quanto moneta non legalmente circolante, quindi non facilmente spendibile nelle normali transazioni commerciali. Se il ragionamento è corretto, il risultato è che la moneta straniera comparirebbe nei rendiconti delle tasse in proporzione maggiore della sua reale frequenza nel circolante effettivo. Spero di essermi capito :crazy: Ciò premesso, andiamo a verificare le tipologie identificate dal nostro @@Psycopis al post #20. II flor. auri In questo caso non mi sembra necessario invocare le rare emissioni della zecca "campale" di San Jacopo al Serchio: meglio attenersi alle emissioni regolari della zecca di Firenze, che grazie alla conservazione dei documenti di zecca (il cosiddetto "Fiorinaio") possiamo in certi periodi (purtroppo non in quello di nostro interesse) datare con estrema precisione, addirittura al semestre di emissione. A questo link alcuni esemplari di fiorini d'oro della zecca di Firenze che la letteratura numismatica corrente data genericamente al periodo 1267-1303. Confesso che non ho ancora visto il lavoro recente di Montagano per il MIR Firenze e quindi non so se questa datazione sia quella più aggiornata. Abbiamo qui sul forum però un gran lavoro del nostro @@ghezzi60 che vorrei evocare per confutare o confermare quanto sopra scritto. E magari anche @@istrice99 vorrà battere un colpo... XXVI aquil. Qui, secondo me, in mancanza di indicazioni più specifiche dobbiamo interpretare quanto scritto come "26 denari aquilini (di Pisa)". Ricordiamoci che le decime alla chiesa le pagavano tutti, dal signore all'ultimo contadino (salvo esenzioni :rolleyes:) quindi non è strano trovare somme molto grandi accostate ad altre molto piccole. La moneta in oggetto non è quella pubblicata, che è un grosso da un soldo o aquilino grosso minore, emesso dopo il 1275-76, con segno trifoglio (Baldassarri 2010, pag.272-274, tipo A.III.2m-q). Si dovrebbe trattare piuttosto del denaro minuto o aquilino minuto nei tipi emessi grosso modo tra il 1265 e il 1284 (Baldassarri 2010, pag.249-256, tipi A.II.1-A.II.4). Si tratta delle monete che in tutta la letteratura numismatica precedente sono generalmente indicate come "bianchi": ne troviamo un esempio qui. Anche in questo caso, abbiamo la fortuna di poter attingere maggiori informazioni direttamente alla fonte (@@monbalda). Meglio di così non si può ;) V. tur. gros. Facile che i grossi tornesi in questione siano proprio quelli di Luigi IX il Santo (1226-1270) di cui uno è mostrato nell'immagine, come pure potrebbero essere quelli di suo figlio Filippo III l'Ardito. Entrambi coniarono questa moneta in enormi quantità e in ottimo argento, visto che le monete svilite di Filippo IV il Bello (le roy faux monnayeur) erano ancora di là da venire. Purtroppo non sono ancora attrezzato per questa monetazione e quindi non posso fornire i riferimenti bibliografici completi (sarebbero comunque i due volumi del Duplessy sulla monetazione reale francese). Segnalo comunque gli atti di un interessante convegno di qualche anno fa (curato, se non ricordo male, da Nicholas Mayhew) che si intitolava proprio The Gros Tournois. Nel tardo duecento il grosso tornese era un mezzo di pagamento estremamente diffuso nell'Italia in particolare centrale: proprio dalle decime pontificie sappiamo ad esempio che nel 1279 un grosso tornese era tariffato a due soldi di (cioé a 24) denari provisini del Senato romano. Per tutto il resto sottoscrivo in pieno, ad eccezione ovviamente del fatto che per i cortonesi vale lo stesso discorso fatto per gli aquilini (grossi di Cortona non mi risulta esistano) e mi auguro che altri vogliano aggiungere nuove informazioni :)1 punto
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E' difficile scegliere il migliore acquisto dell'anno...intanto posto questa moneta. Si tratta di un dupondio di Macrino. Di questo imperatore si trovano spesso denari, sesterzi ed assi ma i dupondi sono molto rari (specie in buone condizioni) e in questi ultimi tempi li ho visti comparire molto di rado in asta o in vendita. Di seguito inserisco i dati: Macrino ( 217-218 d.C.) D/ IMP CAES M OPEL SEV MACRINVS AVG busto radiato e corazzato di Macrino a d. R/ SALVS PVBLICA S-C la Salus seduta a s. nutre un serpente avvolto attorno ad un altare peso: 12 gr diametro: 26 mm RIC 1991 punto
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Grandi, grandi, grandi, quando ci vuole, ci vuole,...... :clapping: :clapping: :clapping: , 130 monete, ma saranno di più ora, più di mille letture al giorno, credo che questa discussione possa diventare anche storica, oltre che simbolica, grande prova del collezionismo, grande prova dei Lamonetiani, Lamoneta non ci sono dubbi inizia il 2013 alla grandissima ! Mario1 punto
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Ho trovato questo: http://www.sapere.it/enciclopedia/Saffi,+Aur%C3%A8lio.html Forse fu coniata in occasione della sua nomina a deputato alla Camera italiana nel 1861. Ciao1 punto
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Ciao grazie per aver postato le tue monete ma mi chiedevo se queste monete avessero anche un rovescio? Ovviamente scherzo ti prego di postare ambedue le facce e possibilmente di non tagliarle cioé che la moneta si veda completamente mi servono per fare il catalogo1 punto
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Essendo il 1937 che e' un po piu' raro del '36 il prezzo pagato e' buono! Per me siamo almeno sul BB nonostante qualche colpetto evidente!complimenti per la moneta entrata in collezione!1 punto
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Chi non conesce il maggior medaglista del secolo scorso ? Tutti coloro che si occupano di medaglie certamente sì, ma gli altri? Si tratta del medaglista satirico KARL GOETZ. Ne ha coniate in argento e bronzo (queste ultime a grande modulo, quelle che preferìsco). Per la fine dell'anno mi sono permesso (tredicesima NON permettendo) l'acquisto della seguente bella sua medaglia Ma quella più famosa di Goetz è senz'altro la seguente: Fra tutte le sue molteplici medaglie, quelle rigurdanti la prima guerra mondiale (piuttosto che la seconda, sia pur anche queste ..) sono le più ricercate (e ovviamente care) roth371 punto
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Sebbene in ritardissimo mi aggrego a questo bellissimo topic: 100 dollari Neozelandesi1 punto
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Buongiorno ...anche questa manqua peso ed diam .......propongo valeriano un' antoniniano consecratio ...1 punto
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pur nel cattivo stato di conservazione mi sembra di vedere una testa femminile e la dicitura S C conferma trattarsi di conio romano.1 punto
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Per provare un'identificazione servirebbero peso e dimensioni. Comunque, da quel che vedo, è certamente romana. Il volto è molto rovinato, ma potrebbe essereuna donna, vista l'acconciatura. Dalla forma del tondello potrebbe essere un sesterzio "di barra", che possiamo quindi collocare alla fine del II sec inizi del III sec. Ci provo, Faustina I?1 punto
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Ho Daniele no dimenticare che sei un' Zaccaria :good: ...che averebbe piagiuto questa poesia di Perceval Doria .."amo la guerra che toglie ogni fortuna ai vigliacchi, ed egli mi piace di vedere l'oro ed il denaro gettati come fanga ai piedi dei valorosi "1 punto
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..Oh, quanto hai ragione!! Nessun problema, caro amico, il 2012 è stato per me un anno molto "difficile" ...e pieno di avvenimenti più grandi di me e della mia comprensione ....ma le prospettive per l'anno nuovo sono decisamente migliori e voi tutti siete fra le note piacevoli che neppure io voglio perdere ...anzi ...1 punto
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UNIVERSITA' CATTOLICA DEL SACRO CUORE è un ente privato di ispirazione cattolica. FACOLTA' DI ECONOMIA E COMMERCIO Bronzo, mm. 50,5 - STAB. S. JOHNSON1 punto
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Nel 2011 avevo messo in collezione questo esemplare a prezzo di saldo....1 punto
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Confermo la prima scatola risale agli anni ottanta avendola avuta fra le mani All' epoca le banche proponevano spesso ai clienti l' acquisto di monete in oro , dollari , sterline e marenghi,... Sulla seconda non mi esprimo ma avrei dei dubbi anche su questa per il tipo di logo e la confezione1 punto
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Io trovo assurda questa tua risposta invece. Un catalogo non serve solo per "catalogare", ma anche e soprattutto per capire la storia delle monete che stai maneggiando. Sei un ragazzino di 13 anni, ed è davvero triste pensare che il tuo principale interesse sia capire "quanto vale", quando sono ben altre le domande che dovresti porti. In più discussioni su questo forum è stata postata la classica ma mai sorpassata frase "prima di comprare monete, comprate i libri". A che ti serve sapere quanto vale il tuo centesimo, che peraltro è una moneta molto comune che ha qualche valore solo in alta conservazione, se poi non hai nemmeno idea dell'entità che lo ha emesso (regno longobardo.... :-O ). Comprati un bel catalogo, ed inizia a leggertelo, prima di chiederti il valore di monete con le quali non ti arricchirai mai, se non culturalmente....1 punto
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:nea: :nea: :nea: non ci posso credere....non fare così :acute: questo è un forum, non un'ateneo e se anche diciamo o leggiamo qualche castronata, nessuno perde il posto, d'altra parte è nelle regole del gioco accettare anche le eventuali bacchettate che ci vengono date....soprattutto se arrivano da docenti e da chi ne sa più di noi (se poi arrivano commenti che non stanno ne in cielo ne in terra....ci si fa una risata). Se per paura di dire cose inesatte stessimo tutti zitti, questo forum sarebbe un mortorio e poi non ci sarebbe nessuno ad insegnarci. Ritira il fioretto del 2013, che è meglio :pleasantry: saluti luciano1 punto
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Tappo sigillo della teriaca dalla CNG Auction 90, maggio 2012 Italia, Venezia, 17° sec. Tappo sigillo in piombo (26,78 g, 42 mm) della teriaca prodotta dalla spezieria ‘Dalla Madonna’ in Campo San Bartolomeo, Venezia. D/ • ALLA SPETIARIA • DALLA • MADON[N]A • IN • V Busto a metà della Madonna nimbata a destra, con in braccio il Bambin Gesù raggiato; sotto le iniziali S M (San Marco) ai lati di un piccolo Leone di S. Marco a sinistra. Il tutto in ghirlanda con ornamento floreale a ciascun punto cardinale. R/ Liscio La teriàca, nota anche come triàca di Venezia, è un antico polifarmaco che trae origine dal mitridato, l’antidoto contro le morsicature di animali velenosi messo a punto ai tempi di Mitridate VI re del Ponto, con l’aggiunta di carne di vipera da parte di Andromaco il Vecchio, il medico di corte di Nerone. Nel Medioevo la teriàca fu considerata una panacea contro tutti i mali. Venezia cominciò la produzione e il commercio della teriàca dal 1258 e del 15° sec. controllò la sua esportazione in tutta Europa. La cosiddetta ‘triàca’ veneziana era molto pregiata in tutto il mondo e la sua produzione, che avveniva pubblicamente e sotto il controllo delle autorità, era affidata a spezierie ufficiali che dispensavano il farmaco in particolari contenitori sigillati con una capsula che riproduceva l’insegna caratteristica della spezieria. La nostra appartiene alla spezieria ‘Dalla Madonna’ in Campo San Bartolomeo nel Sestiere di S. Marco e associa alla rarità la peculiare caratteristica che l’antica sede della spezieria è ancora oggi occupata da una farmacia, la farmacia Morelli. apollonia1 punto
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Nel mentre vi mostro le epigrafi presenti nei Database con gli Accolei 1. Ritrovata a Lanuvio EphEp, 09, 00599 (1) Bellonae ḍ[eae? - - -] L(ucius) Sextius Eros C[- - -] permissu C(ai) Sex[(ti) - - -] et P(ubli) Accolei Larisc[oli - - -] 1 d.C. / 200 d.C. (palaeographia) 2. Ritrovata a Nemi, Nemus Dianae CIL 14, 04196 M(arcus) Iulius M(arci) f(ilius) M(arcus) Accoleius M(arci) f(ilius) aed(iles) d(e) s(enatus) s(ententia) Datazione non presente La seconda epigrafe, che sorregge l'ipotesi di Rapax, è una tipica lastra nella quale vengono citati i due magistrati del posto, in questo caso due Edili, un certo Marco Iulio figlio di Marco e Marco Accoleio figlio di Marco. Ora, questo confermerebbe l'associazione della gens Accoleia a Diana, però, c'è da dire che l'unica epigrafe con anche il cognomen, Lariscoli, porta con se il prenomen Publio. Questo vuol dire poco, è vero, però è giusto, a questo punto, mettere tutte le carte in tavola che abbiamo a disposizione. Il prenome fa poco fede, però, intanto, possiamo notare come ce ne siano differenti di questi personaggi (ATTENZIONE, sto parlando senza conoscere la datazione di tutte queste epigrafi). 3. Ritrovata ad Ariccia, Aricia CIL 14, 02185 Clodia |(mulieris) l(iberta) [3] / Q(uinto) Accoleio Q(uinti) l(iberto) A[3] / viro suo [3] / et Felici lib(erto?) [ Questo addirittura è un liberto di un Accoleio di nome Quinto. 4. Ritrovata a Roma CIL 06, 10481 (p 3506) L(uci) Accolei M(arci) f(ilii) [3] Qua, infine, abbiamo un Lucio figlio di Marco. Ripeto, siamo in presenza di alcune epigrafi che attestano i personaggi, quasi sicuramente, di una sola famiglia, ma al momento, con i dati che abbiamo a disposizione, possiamo solo fare congetture, visto che non sappiamo il contesto di ritrovamento e la loro datazione (dati presenti nelle pubblicazioni, se già effettuate). Un dato spaziale, però, possiamo ricavarlo, si nota che tutte le epigrafi ritrovabili nei Database rimandano a Roma e alla sua parte meridionale, intorno all'attuale Albano Laziale, vicino proprio a quel santuario di Diana a Nemi. Mirko1 punto
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Ottima disamina Caio Ottavio, l'iconografia di questo denario in effetti è parecchio dibattuta. Come hai già detto, esistono principalmente due teorie interpretative: 1) Al dritto Acca Larentia ed al rovescio le Ninfe Querquetulane 2) Al dritto Diana Nemorensis ed al rovescio la triade Diana Selene ed Ecate La raffigurazione del dritto è purtroppo totalmente priva di quegli attributi utili a darci una qualche certezza ed è quindi molto importante concentrarci sulla più ricca rappresentazione del rovescio. Secondo il mio parere, l'attenzione va posta sulle due figure laterali, quella di destra regge un fiore e su questo non ci sono dubbi, mentre l'oggetto tenuto da quella di sinistra è stato visto anch'esso come un fiore oppure come un arco. Da questo piccolo ma sufficientemente rappresentativo confronto l'impressione che si ha è che non sempre pare possibile riconoscere un fiore mentre, di contro, in tutti i casi credo proprio sia possibile vedere le linee essenziali di un arco. I dubbi interpretativi nascono evidentemente da quelle tipologie di conio ove sono presenti delle decorazioni ai puntali dei flettenti, simili a quelle che appaiono anche in altre tipologie monetali . Sono piuttosto convinto che l'attributo della figura di sinistra sia un arco e non un fiore, ma questo elemento, seppur importante, non è il solo che deve essere tenuto in considerazione. Il fiore tenuto dalla figura di destra è infatti altrettanto importante e trova una spiegazione non solo se visto come un emblematico attributo di una ninfa, ma anche se associato alle peculiarità di Ecate. Indubbiamente quest'ultima divinità ctonia e psicopompa è maggiormente attestata con una fiaccola, una chiave, un serpente o un cane, ma nella sua sfera di influenza e tra i suoi attributi rientrano anche quei fiori veleniferi in grado di procurare la morte (l'aconito su tutti). Altro elemento a sostegno della tesi che vede nell'iconografia un richiamo al culto Diana Nemorensis è costituito dal rinvenimento, citato dall'Alföldi, ripreso dallo Zehnacker (p.520) e ribadito dalla Ghini e dalla Diosono (Il santurario di Diana a Nemi: recenti acquisizioni dai nuovi scavi - Rivista di antichità, volume speciale 2012) di una base circolare recante l'iscrizione M.IVLIVS.M-F.M.ACCOLEIVS.M.F.AED.D.S.S , attestante le presunte origini aricine della gens Accoleia. Ecco esposti gli elementi sui quali si basa l'altra ipotesi che, unitamente all'intervento di Caio Ottavio, ci consentono di avere un quadro più completo della situazione. Naturalmente ci sono ancora alcuni punti, anche piuttosto impegnativi, degni di ulteriori approfondimenti ;).1 punto
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Parlato con Umberto. Si, lui conferma il FDC. Anzi, dice che negli ultimi quattro anni ne ha catalogati così almeno tre. La cifra proposta sulla baia è secondo lui comunque spropositata, al massimo 2000 euro, ma proprio ultima cifra. Gli ho fatto notare che la moneta presenta la classica frattura di conio di questa moneta ma lui ha detto che essendo colpa del conio e non di usura o altro, non inficia la conservazione della moneta, se questa in effetti non ha mai circolato. Siamo amici (nanetto prendi nota!), ma questo non impedisce di avere idee divergenti. Prendo atto del suo punto di vista ma non mi sento di condividerlo per i seguenti motivi: 1. Esistono monete che non hanno quella frattura di conio e dunque se ne appare una come questa di cui parliamo ma senza fratture, come la cataloghiamo FDC++++?; 2. Anche se per ipotesi parliamo di una moneta che non ha circolato, i casi sono due: o è arrivata in circolazione presa al volo da chi l'ha coniata (non è andata a sbattere nel cestello insieme alle altre), messa in una tasca di velluto e portata via fuori dalla zecca di nascosto (furto), oppure ha seguito la trafila normale e allora altro che graffi e segni di contatto (cassone- impilamento-tesorerie-pubblico). Quindi, io opterei, se, tolta dalla bustina si presenta come dice il mio amico (nanetto, l'ho ridetto!!) per un qFDC o FDC-.1 punto
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Per esaurire la panoramica dei ritrovamenti monetari su Monte Adranone, esiste anche una comunicazione ancora di Fiorentini su Kokalos, vol. XXVIII-XXIX, 1982-1983, p. 183-184. Conclusioni Appare evidente l’importanza degli scavi archeologici di Monte Adranone anche dal punto di vista numismatico. Sono pochissimi i siti archeologici che possono essere datati con una certa precisione, come data di chiusura, entro la metà del III secolo a.C., senza successiva vera ricostruzione, e quindi prima dell’avvento del denario secondo la “Middle theory”, che fa risalire la creazione del denario al 215 a.C., durante la seconda guerra punica. Appare evidente e anche pacifico che il sito di Monte Adranone sia stato distrutto al più tardi intorno al 250 a.C., nell’ambito della prima guerra punica, che fu duramente combattuta in quelle terre. Bisogna però fare alcune distinzioni. Le monete che sono state trovate durante le prime campagne di scavi e concentrate soprattutto nell’area del Santuario punico del Terrazzo II, appaiono conformi al circolante monetario durante la prima metà del III secolo e costituiscono probabilmente un ripostiglio votivo, compatibile a un’area di culto. I due quadrigati appena accennati nella comunicazione del 1997, in attesa di maggiori dettagli, risultano essere stati trovati SOPRA gli strati di distruzione e quindi nulla impedisce di pensare che siano perduti in epoca posteriore alla distruzione. La stessa Fiorentini ha sempre ammesso che il sito appare essere stato frequentato, sporadicamente, da guarnigioni romane anche durante la seconda guerra punica. Non so da dove trae questa asserzione, che comunque non appare inverosimile se si osserva la notevole importanza strategica della montagna, nella valle del Belice e fondamentale snodo sulla strada verso Agrigento, che fu una delle ultime città siceliote ad essere stata conquistata dai Romani, nel 210, oltre un anno dopo l’espugnazione di Siracusa. Sicuramente più intrigante è il denario trovato nella discarica del vano 3A dell’edificio Blocco I. Purtroppo mancano dettagli per capire gli strati sopra questa discarica e se è possibile stabilire il rischio di una intrusione. So che è il solito discorso, ma non posso dimenticare che si era negli anni ’70, quando gli scavi ancora non erano probabilmente condotti con i più rigorosi criteri attuali. Inoltre pare sia un ritrovamento isolato e quindi non so quanto sia contestualizzato. Mi ha colpito un dettaglio. A pochi passi c’è il vano 6A, che ospita una cisterna, in buon stato e ancora adesso bene visibile e attualmente messa in sicurezza con un recinto metallico. Tornando alla possibilità che Monte Adranone, specie sulla parte più elevata, sull’acropoli e suoi dintorni, possa avere ospitato guarnigioni romane a presidio appunto di alture di importanza strategica, mi sembra logico che abbiano ricavato provvisori alloggi vicino a sorgenti oppure a cisterne d’acqua. Sicuramente l’edificio Blocco I era stato distrutto (circa una cinquantina di anni prima), senza essere ricostruito, ma probabilmente alcuni vani potevano ospitare soldati romani, col solo riparo di tende. La cosa importante era la vicinanza all’acqua….. Bisogna quindi vedere se esiste la possibilità che a uno di questi soldati sia scivolato un denario che si sia poi depositato sullo strato di discariche del vano (le rovine, dopo soli 50 anni, non erano forse ancora del tutto compattate e sedimentate a formare uno strato impermeabile). Se è così viene depotenziata l’importanza dei dati forniti dal sito di Monte Adranone per la datazione del denario romano. In ogni caso è del tutto auspicabile che venga finalmente pubblicato un dettagliato catalogo di TUTTE le monete trovate nel sito, con i rispettivi contesti. Bibliografia: E. De Miro, Monte Adranone, antico centro di età greca, in Kokalos, XIII, 1967, p. 180 ss.; E. De Miro, Scavi e scoperte Monte Adranone, in SE, XLII, 1974, p. 544; E. De Miro, Nuovi dati del problema relativo all’ellenizzazione dei centri indigeni nella Sicilia centro-occidentale, in BA, 3-4, 1975, p. 123-128; E. De Miro, G. Fiorentini, Monte Adranone, Kokalos., XVIII-XIX, 1972-1973, pp. 241-244; E. De Miro, G. Fiorentini, Relazione sull'attività della Soprintendenza alle antichità di Agrigento (1972-1976), Kokalos, XXII-XXIII, 1976-1977, p. 451 ss.; J. A. De Waele, Monte Adranone ende datum van oerste denarii, in Hermeneus, LI, 1979, p. 201-206; C. A. Di Noto, Monte Adranone, in BTCGI, X, 1992, p. 257-265; G. Fiorentini, Sacelli greci di Gela e Monte Adranone, in Cronache. Atti della I riunione di studio della Scuola Archeologica di Catania, Siracusa 1976, p. 105 ss.; G. Fiorentini, Santuari punici a Monte Adranone di Sambuca di Sicilia, in Φίλιας χάριν. Miscellanea di studi classici in onore di E. Manni, Roma 1980, p. 907 ss.; G. Fiorentini, Ricerche archeologiche nella Sicilia centro-meridionale, in Kokalos, XXVI-XXVII, 1980-1981, pp. 581-582; G. Fiorentini, Monte Adranone nell'età tra i due Dionisi, in Kokalos, XXVIII-XXIX, 1982-1983, p. 180 ss; G. Fiorentini, Attività della Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali per la Sicilia Centro Meridionale (Agrigento, Caltanisetta, Enna) (1984-1988), in Kokalos, XXXIV-XXXV, 1988-1989, p. 498-499; G. Fiorentini, Monte Adranone (Sambuca di Sicilia) Scavi 1988-1989, in BCA, Sicilia, IX-X, 1988-1989, p. 18-19; G. Fiorentini, Aspetti di urbanistica e di architettura pubblica nel centro greco-punico di Monte Adranone, in Studi di archeologia classica dedicati a Giorgio Gullini per i quarant’anni di insegnamento (a cura di M. Barra Bagnasco e M. Clara Conti), Alessandria, 1999, p. 67-78; P. Orlandini, s.v. Monte Adranone, in PECS, p. 590; F. Panvini Rosati, Denario romano repubblicano scoperto ad Adrano, in RIN, LXXXI, 1979, p. 221-2221 punto
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...certo che è brutto forte!!! io al posto di vittorio amedeo II a veder il mio ritratto in giro per il regno, brutto così, avrei mandato al patibolo l'incisore!! :rofl: :rofl: :rofl:1 punto
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Salve, posto le foto dell ultimo acquisto per la zecca di pisa, acquistato da bolaffi, non e' una bellezza avrei potuto metterne un altra piu' bella, ma e quella che mi ha dato piu' soddisfazione.1 punto
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