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Salve a tutti. L'obiettivo di questo post consiste principalmente nell'analizzare, attraverso una emissione repubblicana di particolare rilievo storico, quella venatura di religiosità di stampo arcaico che coinvolse, in modo più o meno omogeneo, tutto il periodo della Repubblica. Si cercherà di attuare quest'analisi attraverso la disamina di alcune fonti, grazie, cioè, ai maggiori Cataloghi di monete repubblicane degli ultimi due secoli e supportati da recenti articoli giornalistici provenienti dal mondo accademico. I denari in questione (FIGG. 1. e 2.) furono coniati da un certo Publius Accoleius Lariscolus, ignoto alle fonti se non fosse, appunto, per queste monete che ne riportano il nome. FIG. 1. Denario di P. Accoleius Lariscolus, prima variante con copricapo. D/ P. ACCOLEIVS LARISCOLVS. Busto drappeggiato di Diana Nemorensis (?) volto a destra, con capo coperto. R/ Anepigrafo. Triplice statua di culto della dea Diana. Dietro, un boschetto di cipressi (?). Riferimenti bibliografici: Babelon Accoleia 1; Sydenham 1148; Crawford 486/1. Datazione: 43 a.C. Zecca: Roma. Nominale: Denario in AR. FIG. 2. Denario di P. Accoleius Lariscolus, seconda variante senza copricapo. D/ P. ACCOLEIVS LARISCOLVS. Busto drappeggiato di Diana Nemorensis (?) volto a destra con capelli raccolti. R/ Anepigrafo. Triplice statua di culto della dea Diana. Dietro, un boschetto di cipressi (?). Riferimenti bibliografici: Babelon Accoleia 1; Sydenham 1148; Crawford 486/1. Datazione: 43 a.C. Zecca: Roma. Nominale: Denario in AR. 1. Un magistrato poco conosciuto. Come prima cosa, cercheremo di fare un po' di luce su questo personaggio e sul suo operato, passando in rassegna alcuni dei più importanti testi. Partendo dal più antico, veniamo a conoscenza che la gens "Accoleja" risulta "nota dalle sole monete". Infatti, la "storia non enuncia questa famiglia, che sarebbe ignorata senza tale monumento, perchè non menzionata nè da scrittori, nè da' marmi." Grazie, poi, ad un paio di ritrovamenti, uno "del ripostino di Puglia, acquistato dal Fontana, e che vuolsi nascosto nel 711, di Roma" e l'altro "di San Bartolomeo descritto dal Cavedoni", sappiamo che le monete che li componevano "non possono essere state impresse da Accolejo Lariscolo, nel proprio triumvirato monetorio, oltre detto anno 711; ma giammai elevarsi fino al 737 (...)". 1 Quindi, stando a quanto riportato dalla prima fonte, la carriera di Lariscolo come magistrato monetario, e la datazione stessa della moneta in questione, sarebbe da circoscrivere in un lasso di tempo compreso tra il 69 a.C. e il 43 a.C. Difatti, analizzando la seconda fonte, veniamo a conoscenza che questo personaggio "fut monètaire suos Jules Cèsar" e che questa tipologia fu datata dal già ricordato Cavedoni "ver l'an 711 (43 avant J. C.)". 2 Per le nostre fonti, fin qui riportate, non si conosce nessun altro documento che riporti anche solo il nome gentilizio di tale famiglia. Dovremo aspettare la terza fonte di riferimento, risalente alla seconda metà del XIX secolo, per poter avere maggiori informazioni riguardo il monetiere Lariscolo: viene ipotizzato, infatti, che tale "P. Accoleius Lariscolus était avec Petillius Capitolinus, un questeur militaire de l'armèe du Sènat, fonction en vertu de laquelle il put faire frapper monnaie." E nella stessa epoca vengono rinvenuti nuovi riscontri che testimoniano l'attività di tale famiglia Accoleia: "Un texte èpigraphique mentionne un certain L. Acculeius Abascantus; un autre texte du temps d'Hadrien, trouvè à Rome, cite un personnage du nom de P. Acculeius Euhemerus." 3 Da queste seppur scarse e frammentarie notizie siamo in grado di cogliere alcuni elementi utili per la definizione del Nostro. La famiglia a cui apparteneva non doveva essere molto grande. Era quasi sicuramente di origine plebea, forse originaria dell'odierna città laziale di Ariccia e, rispetto alle scoperte di fine Ottocento, non sono noti altri personaggi appartenenti a questa gens. I praenomina maggiormente utilizzati, quindi, furono Publius, riportato per ben due volte, e Lucius, meno usato. I cognomina, invece, sono più peculiari: Lariscolus, Abascantus ed Euhemerus furono, forse, cognomi personali che servivano a denotare una particolarità della singola persona a cui appartenevano, dato che non se ne sono riscontrati simili per via ereditaria. Più in particolare, possiamo dire che il Nostro costituisce un caso più unico che raro nell'ambito della gens Accoleia. Infatti, di Publius Accoleius Lariscolus possediamo più notizie rispetto agli altri due. Sappiamo che fu magistrato monetario in epoca cesariana, più precisamente tra il 69 e il 43 a.C., periodo in cui ricoprì anche un incarico militare che gli consentì di battere moneta, come ci suggerisce il Babelon, la nostra terza fonte. In detto periodo è piuttosto normale che un militare di Cesare coni moneta: si veda, ad esempio, il caso di Lucio Roscio Fabato4, molto simile a quello di Lariscolo. Il ruolo ricoperto dal magistrato per conto della Repubblica e del Senato implicava, quindi, quasi obbligatoriamente, una ripresa, tramite la moneta, delle radici più antiche della religiosità romana, in generale, usata anche da Lariscolo per elevare e celebrare se stesso e la propria famiglia di rango plebeo. Passiamo, quindi, a vedere quali sono questi schemi iconografici che la caratterizzano. 2. Il volto dalla misteriosa bellezza al D/. Al D/, come si evince dalle figure sopra riportate, si scorge un profilo femminile su cui molto si è discusso e sulla cui indentificazione gli studiosi non sono ancora concordi. Andiamo per gradi. Il Riccio, la nostra prima fonte, ci informa che "Gli antichi scrittori di numismatica riferivano la testa di essa a Climene madre di Fetonte" 5, la stessa interpretazione è confermata sia dal Cohen6 che dal Babelon7, ma sembra ormai del tutto superata. Già nel corso della prima metà del XIX secolo, infatti, si era arrivati a congetturare "che la testa femminile sia quella di Acca Larenzia, allusiva al nome Accolejo". L'ipotesi, formulata dal Cavedoni e riferita dapprima dal Riccio, verrebbe confermata sia da Grueber8 che dalla ripresa più moderna della Ceci9. "The cognomen Lariscolus seems to have the same origin as Lariscus, and to be associated with the worship of the Lares (...)". Quindi, "The bust on the obverse has been identified as that of Acca Larentia or Laurentia (...)"10 In effetti, il viso che appare al D/ ci sembra quasi mascolino dietro la sua rigida ieraticità. Ma proprio questa immobilità conferisce alla figura un senso di vivo arcaismo e un cenno quasi esplicito del suo ruolo sacro. La sua femminilità viene comunque espressa dall'acconciatura, che nella tipologia di FIG. 2 è mostrata in tutto il suo preciso ordine, evidente, soprattutto, nella formazione del piccolo "diadema" di capelli riccioluti che viene ad affacciarsi sulla fronte. Nel caso del capo coperto, in FIG. 1, il cappello, o la fascia, può essere un ulteriore indice dell'estrazione sociale della donna raffigurata: assieme al vestito che indossa, Acca/Diana tiene raccolti i capelli come una donna dell'antica nobiltà filo-ellenistica o comunque caratterizzata da un'innegabile raffinatezza di costumi e di maniere. Anche il drappeggio che chiude il busto femminile non è un semplice panneggio: le fibulae tonde sulla spalla e le pieghe fitte consentono la sicura attribuzione dell'indumento ad un chitone per donna di stampo greco (FIG. 3.). Il chitone era l'abito standard nella Grecia antica, una tunica di stoffa leggera in unico pezzo. Per le donne riusciva a raggiungere anche una lunghezza di due metri e copriva tutto il corpo, fino alle caviglie. FIG. 3. Particolare di un vaso greco a figure rosse con la raffigurazione di Europa con Zeus sotto le sembianze di un toro. Notare il chitone che indossa la donna sotto l'himation (il mantello) e il particolare allaccio a fibulae sopra le maniche che partono dalle spalle. Lo stesso tipo d'abito è portato dalla nostra Acca/Diana sulla moneta in questione. Tale leggerezza della stoffa del chitone è resa sulla moneta con la magistrale messa in evidenza dei seni della divinità. Questo particolare, ravvisabile in tutti gli esemplari di P. Accoleius Lariscolus, non si concilia con la rappresentazione iconica di Diana, dea vergine per eccellenza, che, di solito, appare con un seno più giovanile e meno evidente di quanto lo sia quello del busto esaminato. Inoltre, mancano del tutto altri attributi esclusivi della dea cacciatrice. La soluzione più ovvia, a questo punto, consiste nell'accostare il busto che si trova al D/ di questo denario alla figura di Acca Larenzia, passaggio già effettuato a partire dal Cavedoni11 e riportato da tutti gli altri studiosi nelle loro opere. Acca Larenzia, nota anche coi nomi di Larunda e Mater Larum, ha insita nel proprio nome la terminologia di "madre" (acca, nel linguaggio indoeuropeo, ha principalmente accezione di madre). Ci sono varie versioni del mito che ha come protagonista tale donna: una di queste vuole che Acca sia stata un'etera di grande fascino. Ebbe come amanti uno dei più famosi semidei dell'antichità, Ercole, e poi il ricchissimo e anziano Etrusco Taruzio che le avrebbe lasciato tutti i suoi averi dopo la sua morte. A questo punto, Acca Larenzia li distribuì al popolo romano, diventandone subito una delle beniamine candidate alla divinizzazione.12 Tralasciamo la leggenda, più famosa, che vuole la donna come la "Lupa" che allattò i Gemelli fondatori di Roma e chiamata così per il suo stile di vita licenzioso.13 Il nome di Accoleius, poi, si presta ad eventuali, e forse forzosi, accostamenti etimologici con il nome stesso di Acca e il cognomen Lariscolus si avvicina ai Lari, cioè ai figli di Acca divinizzati. Inoltre, abbiamo ora notato che tale cognomen può essere sciolto in Laris + colo, due parole latine di grande significato e attinenti tra loro. Infatti, Laris è genitivo di Lar-Laris, cioè "i Lari", e colo è la voce del verbo colo-is-colui-cultum-ere di terza coniugazione che si può rendere con l'italiano "onorare". Quindi, Lariscolus è colui che onora, nell'accezione di "venerare", i Lari (FIG. 4.), cioè i figli della divina Acca Larenzia. In questo modo si spiegano due cose: l'abitudine di autocelebrazione dei magistrati monetali romani di epoca repubblicana, a cui abbiamo già fatto riferimento sopra, e l'attribuzione del brusto al D/ del denario ad Acca Larenzia piuttosto che a Diana Nemorensis. FIG. 4. Affresco pompeiano proveniente da un "lararium" della città. Ai due lati opposti si notano i Lari (dipinti di dimensioni maggiori rispetto agli altri personaggi) nell'atto di versare del vino dai loro peculiari corni. Al centro, una scena di sacrificio con musico e "victimarii". Nella zona inferiore, due serpenti agatodemoni (genii benigni e propiziatorii) affrontati davanti ad un altare. 3. Fiera staticità al R/. Il R/, forse, è di più facile lettura rispetto al D/. Infatti, la maggior parte degli studiosi è evidentemente più concorde sulla sua attribuzione. Il legame tra uomo e natura è stato sempre intenso nell'antichità e particolarmente sentito per la prima romanità. A figure imponenti e resistenti, quali gli alberi, venivano attribuiti gli spiriti delle divinità più arcaiche e misteriose. E la religione romana non fa certo eccezione. Nei dintorni dell'antica città di Roma, tra l'Oppio e il Celio, si trovava un bosco di querce che confinava proprio con le mura cittadine, costruite, secondo la tradizione, sotto il regno di Servio Tullio. "Non sarà fuor di luogo ricordare che quel monte nell'antichità era chiamato Quercetulano (Querquetulanum, nel testo latino), perchè era ricco e fertile di querce (...)".14 Così lo storico romano Publio Cornelio Tacito descrive il luogo e ce lo tramanda tra i suoi scritti, una delle poche testimonianze a noi giunta della denominazione e dell'apparenza del colle Celio. Tra questo colle e l'Esquilino si trovava un tempietto delle Virae Querquetulanae, cioè dedicato alle Ninfe che, secondo la più antica credenza romana, abitavano il bosco di querce del Celio. Queste tradizioni religiose, quasi spiritiche, appartenevano alla più remota credenza romana, quando le divinità erano semplici entità e non avevano neanche un volto, una consistenza.15 Quale attinenza, dunque, tra il bosco di querce, le Virae appena nominate e il denario di P. Accoleius Lariscolus? Afferma molto sinteticamente il Riccio: "Il dottissimo conte Borghesi vi ravvisò (al R/ di questo denario n.d.t.) le Ninfe querquetulane presidi del luco de' Lari, allusivi al proprio cognome Lariscolo." L'opinione del Borghesi è riconosciuta anche dal Cohen16che riporta, senza aggiungere nulla di particolare, ciò che già enunciò Riccio nel suo catalogo: "L'egualmente dotto professor Cavedoni vi ravvisò pel contrario tre ninfe poste a guisa di cariatidi per sostenere quella traversa ornata da arboscelli." Per il Babelon, invece, l'interpretazione del R/ è una via mezzana delle prime due ipotesi: le tre figure rappresentate sono, sì, le Ninfe Querquetulane del Borghesi, ma colte nel momento in cui reggono una trave su cui sono poggiati cinque alberelli di cipresso, come vorrebbe il Cavedoni. Le varie ipotesi degli antichi studiosi non sono di molta utilità, così dobbiamo procedere attingendo con cautela agli elementi che ci sembrano più veritieri. La composizione del R/ di questo denario, ieratica come il D/ nella sua rigida e statica frontalità, è sicuramente legata in modo inscindibile dal D/ di cui abbiamo appena disquisito. Chi riconosce al D/ il busto di Diana Nemorensis, al R/ riconoscerà giocoforza l'assimilazione della dea sotto le tre forme di Diana, Ecate e Selene. La ripartizione tricorpe di Diana così effettuata era venerata a Nemi nel santuario appositamente costruito. Chi crede a questa ricostruzione vede nella mano destra della figura di sinistra un arco, simbolo esplicitamente riferito a Diana. Ma se, in realtà, siamo di fronte ad una rielaborazione delle statue delle antiche Virae Querquetulanae collegate direttamente al culto dei Lari? Anche in questo caso, come abbiamo visto prima, avremmo un coerente aggancio con il busto di D/ raffigurante Acca Larenzia. Il tutto rimanda al nome del magistrato Accoleius Lariscolus e alla sua famiglia. Sembra, infatti, poco probabile che una raffigurazione di una dea, triplice nella sua forma tricorpe, ma unica in generale, possa essere costituita da tre soli singoli personaggi per di più statici. Dato che nella tradizione antica il numero delle Ninfe non è specificato, chi disegnò tale motivo ne scelse tre per il semplice fatto che questo numero aveva una valenza magico-religiosa che ben si confaceva alla tematica della più remota religiosità romana, quella di Acca Larenzia e dei Lari con le loro Ninfe. Lo stesso significato che poi passò nel mondo cristiano. La trave sulle spalle delle tre statue e la base su cui esse poggiano i piedi potrebbero far pensare che realmente le Ninfe qui riportate fossero delle colonne/cariatidi intagliate nel legno di quercia e poste come colonne del tempio delle Virae che presiedevano al culto dei Lari, figli di Acca Larenzia. Quindi, la rappresentazione del R/ di questo denario non sarebbe altro che la stilizzazione del fronte di un antico tempio romano. Notiamo, poi, che le tre figure portano abiti differenti: la prima, quella a sinistra, ha un drappo che dalla spalla sinistra scende trasversalmente fino al lato destro del fianco; le altre due portano abiti uguali e rigidi, con una ripresa della stoffa sotto il petto per creare delle pieghe decorative che scendono dritte verso il basso. Quindi, in base a questo particolare da noi notato, forse per la prima volta, possiamo affermare con una certa sicurezza che le tre figure non costituiscono la Diana tricorpe di Nemi, bensì tre divinità nettamente distinte le une dall'altra, che, insieme non formano un unico corpo come dovrebbero fare nel caso di Diana Nemorensis. In quest'ultimo caso, le tre figure dovrebbero essere tutte uguali. Ultimo particolare che condurrebbe all'identificazione delle tre figure con le suddette Ninfe: i fiori che reggono le statue/colonne alle due estremità non sarebbero altro che il risultato di un'usanza romana secondo cui, due volte all'anno, si provvedeva ad ornare con fiori di vario genere i templi dei Lari e delle loro custodi, le Virae. Tale tradizione, andata perduta gradualmente con l'avvento di nuovi culti, ritornò in auge sotto Augusto. Credo che, almeno per ora, la nostra analisi riguardo questa particolare moneta sia ormai giunta al termine. Prima di concludere, però, vorrei lasciarvi due curiosità sempre restando in tema: FIG. 5. Denario ibrido: Obverse type of Man. Acilius Glabrio, reverse type of P. Accoleius Lariscolus. Denarius, 3.28g. (h). After 43 BC. Obv: Head of Salus right, SΛLVT behind. Rx: Three statues of nymphs standing facing. Cf. Crawford 442/1b (obverse) and 486/1 (reverse). Ex Phillip Davis Collection . Notare che, nonostante lo stile più approssimativo, al R/ sono visibili dei tronchi veri e propri tra gli intercolumni formatisi tra le cariatidi delle Ninfe. Ciò potrebbe avvalorare l'ipotesi che collegherebbe le tre figure al bosco sacro dei Lari sul Celio. Tale particolare, però, è completamente assente nei conii di P. Accoleius Lariscolus: siamo davvero di fronte ad un ibrido? FIG. 6. Particolare del D/ di un denario della tipologia di cui abbiamo finora parlato. Si noti la particolarità nella legenda di LARISCOLVI. ____________________________ 1 Gennaro Riccio, Le monete delle antiche famiglie di Roma fino allo Imperadore Augusto inclusivamente co' suoi zecchieri dette comunemente monete consolari etc. etc. seconda edizione, Napoli 1843. 2 Henry Cohen, Description gènèrale des monnaies de la Rèpublique Romaine communèment appelèes mèdailles consulaires. Paris-Londres, 1857. 3 Ernest Babelon, Description historique et chronologique des monnaies de la Rèpublique Romaine vulgairement appelèes monnaies consulaires. Tome premier. Paris-Londres, 1885. 4 Morto proprio nel 43 a.C., durante la battaglia di Modena, in cui combattè nelle file dell'esercito senatorio contro Marco Antonio, come ipotizzato dal Babelon per il nostro Accoleio Lariscolo, fu questore o legato di Cesare durante la conquista della Gallia e dal 54 a.C. magistrato monetale. Roscio Fabato, quindi, trova moltissimi punti in comune con Accoleius Lariscolus e la sua vicenda potrebbe non essere molto dissimile. 5 G. Riccio, Op. cit., p. 3. 6 H. Cohen, Op. cit., p. 4. 7 E. Babelon, Op. cit., p. 99. 8 H. A. Grueber, Coins of the Roman Republic in the British Museum. Volume I, London 1910. In particolare, vedi la nota numero 1 alla pagina 569. Le varianti di tale denario sono descritte ai numeri compresi tra il 4211 e il 4214 alle pagine 569-570. 9 Francesca Ceci è archeologa presso la Direzione dei Musei Capitolini di Roma e si è occupata spesso di numismatica antica, in particolare romana, e dei risvolti storico-ideologici delle iconografie ivi riportate. In merito al denario che stiamo analizzando, la studiosa si sbilancia a favore della tesi del Grueber, di cui ne ricalca fedelmente i punti principali senza aggiungere nulla di nuovo. Ceci, come il Grueber, crede che il busto appartenga ad Acca Larenzia piuttosto che a Climene o Diana Nemorensis. 10 H. A. Grueber, Op. cit., p. 569, nota. 11 G. Riccio, Op. cit., p. 3. 12 Macrobio, Saturnalia, I, 10, 12-15; Plutarco, Vita di Romolo, 5, 1-3. 13 Livio, Ab Urbe condita, I, 4; Lattanzio, Divinae institutiones I, 1, 20. 14 Tacito, Annales, IV, 65. 15 L'abitudine di raffigurare le divinità con fattezze umane fu importata a Roma dalla Grecia che l'aveva trasmessa anche alla vicina Etruria. 16 Borghesi "croit que les trois figures du revers sont trois nymphes qui prèsidaient au bois sacrè des Lares."4 punti
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Caspita che monete ragazzi!!! Complimenti a tutti, io sono a corto di "mi piace" qualcuno me ne vende una manciata? :D Visto che tifo Napoli, facciamo un po di gap... Questo è un bel Coronato di Ferdinando I d'Aragona, (MIR 69/2 e P.R 17b). E' stata la mia prima moneta tardo medievale... Proviene dall'asta varesi 61 (foto di Varesi Numismatica) Questa mi piace particolarmente, ha u ritratto praticamente perfetto, boccolo della parrucca non solo intatto ma con tutti i suoi rilievi ben impressi. Fondi brillanti e rilievi bianco latte mi fanno sorvolare sui difetti tipici di conio al R/. Proviene da due aste kuencher, Heritage e New York Sale... s'è girata un po il mondo prima di ritornare a casa :D (Fotografia di Kuencher) Quest'altra è la variante con SICILAR al D/, peccato per il difetto marginale di conio, ma in mano rende decisamente meglio che in foto, fondi lucenti e rilievi praticamente intatti (Fotografia di ACR asta 5) Forza Napolisti!! :)4 punti
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La moneta più rara che si può avere in collezione è quella che ti regala un amico. E'difficile trovare un amico ed è più difficile trovare un amico che ,non essendo appassionato di Numismatica,comprenda la tua passione e ti regali una moneta ed è molto ,molto difficile trovare un amico non numismatico che ti regali una moneta che a te manca in collezione. --Salutoni -odjob4 punti
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Contribuisco ulteriormente alla "contesa" con questa bella moneta acquistata durante un viaggio in Francia. La bella conservazione, la pregevole patina e la combinazione dei due busti la rendono una delle mie monete preferite :) Si tratta di un Follis di Costantino I coniato a Treviri tra il 310 e il 313: D//: IMP CONSTANTINVS AVG, busto di Costantino I corazzato e laureato rivolto verso destra. R//: MARTI CONSERVATORI, busto di Marte corazzato ed elmato rivolto verso destra. RIC VI Treveri 881. Provenienza: Troyes Numismatique.3 punti
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Approfittando della pausa natalizia ho completato Roma con le emissioni in rame ed anche le altre zecche di Clemente XII (Bologna, Gubbio, Ravenna): http://numismatica-italiana.lamoneta.it/cat/W-CXII Il Corpus è pronto... ;) Ciao, RCAMIL.3 punti
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Ecco la mia..............quando notai le sigle B e C disposte su di una sola riga con la data del 1623 mi brillarono gli occhi.3 punti
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http://imageshack.us/photo/my-images/39/img6191v.jpg/'> http://imageshack.us/photo/my-images/208/img6194f.jpg/'> MEZZO REALE D. Testa del Re a destra, con sotto la data R. Scudo sardo rotondo coronato, con Savoia in cuore e Collare attorno Mir 1007 moneta dal contorno liscio in mistura cosa ne pensate? è la prima monetina per la sardegna.....che metto in colelzione! :blum:2 punti
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:nea: :nea: :nea: non ci posso credere....non fare così :acute: questo è un forum, non un'ateneo e se anche diciamo o leggiamo qualche castronata, nessuno perde il posto, d'altra parte è nelle regole del gioco accettare anche le eventuali bacchettate che ci vengono date....soprattutto se arrivano da docenti e da chi ne sa più di noi (se poi arrivano commenti che non stanno ne in cielo ne in terra....ci si fa una risata). Se per paura di dire cose inesatte stessimo tutti zitti, questo forum sarebbe un mortorio e poi non ci sarebbe nessuno ad insegnarci. Ritira il fioretto del 2013, che è meglio :pleasantry: saluti luciano2 punti
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Gettone dalla CNG 281 di Lancaster/London del giugno 2012 FRANCE, Troisième République. 1870-1940. Æ Souvenir Token (36mm, 17.12 g, 12h). The Paris Exposition of 1889. For M. Jesurum, Venetian lace and embroidery manufacturer. M. JESURUM & C.IE VENISE, lion of St. Mark facing, holding Gospel; SOUVENIR in exergue / SOUVENIR DE’EXPOSITION DE PARIS 1889 around; in center, MANUFACTURES DE DENTELLES ET BRODERIES M. JESERUM & C.IE VENISE. Good VF. La Jesurum è una rinomata ditta di pizzi e merletti che vanta una storia tra arte e successo a partire dal 1870, quando ottenne rapidamente il riconoscimento internazionale. Le sue collezioni si attestarono ai massimi livelli di mercato e i suoi merletti e ricami impreziosirono il corredo delle dame dell'aristocrazia europea, senza dimenticare che la Jesurum divenne il fornitore ufficiale della Casa reale italiana. Famosa la tovaglia tutta in punto Venezia commissionatale dalla Regina Margherita che richiese ben dieci anni di lavoro. Il gettone, più che un souvenir, è un ‘Porte bonnheur’ e di estrema efficacia perché la ditta Jesurum era considerata porta fortuna a prescindere, come la fontana di Trevi a Roma. apollonia2 punti
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Tappo sigillo della teriaca dalla CNG Auction 90, maggio 2012 Italia, Venezia, 17° sec. Tappo sigillo in piombo (26,78 g, 42 mm) della teriaca prodotta dalla spezieria ‘Dalla Madonna’ in Campo San Bartolomeo, Venezia. D/ • ALLA SPETIARIA • DALLA • MADON[N]A • IN • V Busto a metà della Madonna nimbata a destra, con in braccio il Bambin Gesù raggiato; sotto le iniziali S M (San Marco) ai lati di un piccolo Leone di S. Marco a sinistra. Il tutto in ghirlanda con ornamento floreale a ciascun punto cardinale. R/ Liscio La teriàca, nota anche come triàca di Venezia, è un antico polifarmaco che trae origine dal mitridato, l’antidoto contro le morsicature di animali velenosi messo a punto ai tempi di Mitridate VI re del Ponto, con l’aggiunta di carne di vipera da parte di Andromaco il Vecchio, il medico di corte di Nerone. Nel Medioevo la teriàca fu considerata una panacea contro tutti i mali. Venezia cominciò la produzione e il commercio della teriàca dal 1258 e del 15° sec. controllò la sua esportazione in tutta Europa. La cosiddetta ‘triàca’ veneziana era molto pregiata in tutto il mondo e la sua produzione, che avveniva pubblicamente e sotto il controllo delle autorità, era affidata a spezierie ufficiali che dispensavano il farmaco in particolari contenitori sigillati con una capsula che riproduceva l’insegna caratteristica della spezieria. La nostra appartiene alla spezieria ‘Dalla Madonna’ in Campo San Bartolomeo nel Sestiere di S. Marco e associa alla rarità la peculiare caratteristica che l’antica sede della spezieria è ancora oggi occupata da una farmacia, la farmacia Morelli. apollonia2 punti
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Tetradramma di Damasco dall’asta Varesi 60 di Pavia, maggio 2012 Tetradramma (17,13 g, diametro 25 mm, BB), zecca di Damasco, ca 330-320 a. C. D/ Testa di Eracle a d. con copricapo in pelle di leone annodato sul collo R/ ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΥ Zeus a torso nudo, seduto sul trono a s., con scettro nella mano sinistra e un’aquila sulla mano destra; nel campo a s. la parte anteriore di un ariete; sotto il trono un globetto sopra ciascun supporto, un globetto e la scritta ΔΑ sotto il supporto inferiore. La moneta è la # 3208 del Price e rappresenta una delle rare varianti tra quelle riportate (# 3202 con la sola scritta ΔΑ sotto il trono, # 3205 con un globetto sopra ogni supporto sotto il trono e la scritta ΔΑ sotto, # 3209 con due globetti sopra il supporto sotto il trono e la scritta ΔΑ e due globetti sotto, # 3209 var. con due globetti sopra il supporto sotto il trono e la scritta ΔΑ e un globetto sotto, # 3211 con cinque globetti (in forma di lambda maiuscolo) sopra il supporto e la scritta ΔΑ sotto). apollonia2 punti
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Nel mentre vi mostro le epigrafi presenti nei Database con gli Accolei 1. Ritrovata a Lanuvio EphEp, 09, 00599 (1) Bellonae ḍ[eae? - - -] L(ucius) Sextius Eros C[- - -] permissu C(ai) Sex[(ti) - - -] et P(ubli) Accolei Larisc[oli - - -] 1 d.C. / 200 d.C. (palaeographia) 2. Ritrovata a Nemi, Nemus Dianae CIL 14, 04196 M(arcus) Iulius M(arci) f(ilius) M(arcus) Accoleius M(arci) f(ilius) aed(iles) d(e) s(enatus) s(ententia) Datazione non presente La seconda epigrafe, che sorregge l'ipotesi di Rapax, è una tipica lastra nella quale vengono citati i due magistrati del posto, in questo caso due Edili, un certo Marco Iulio figlio di Marco e Marco Accoleio figlio di Marco. Ora, questo confermerebbe l'associazione della gens Accoleia a Diana, però, c'è da dire che l'unica epigrafe con anche il cognomen, Lariscoli, porta con se il prenomen Publio. Questo vuol dire poco, è vero, però è giusto, a questo punto, mettere tutte le carte in tavola che abbiamo a disposizione. Il prenome fa poco fede, però, intanto, possiamo notare come ce ne siano differenti di questi personaggi (ATTENZIONE, sto parlando senza conoscere la datazione di tutte queste epigrafi). 3. Ritrovata ad Ariccia, Aricia CIL 14, 02185 Clodia |(mulieris) l(iberta) [3] / Q(uinto) Accoleio Q(uinti) l(iberto) A[3] / viro suo [3] / et Felici lib(erto?) [ Questo addirittura è un liberto di un Accoleio di nome Quinto. 4. Ritrovata a Roma CIL 06, 10481 (p 3506) L(uci) Accolei M(arci) f(ilii) [3] Qua, infine, abbiamo un Lucio figlio di Marco. Ripeto, siamo in presenza di alcune epigrafi che attestano i personaggi, quasi sicuramente, di una sola famiglia, ma al momento, con i dati che abbiamo a disposizione, possiamo solo fare congetture, visto che non sappiamo il contesto di ritrovamento e la loro datazione (dati presenti nelle pubblicazioni, se già effettuate). Un dato spaziale, però, possiamo ricavarlo, si nota che tutte le epigrafi ritrovabili nei Database rimandano a Roma e alla sua parte meridionale, intorno all'attuale Albano Laziale, vicino proprio a quel santuario di Diana a Nemi. Mirko2 punti
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Ottima disamina Caio Ottavio, l'iconografia di questo denario in effetti è parecchio dibattuta. Come hai già detto, esistono principalmente due teorie interpretative: 1) Al dritto Acca Larentia ed al rovescio le Ninfe Querquetulane 2) Al dritto Diana Nemorensis ed al rovescio la triade Diana Selene ed Ecate La raffigurazione del dritto è purtroppo totalmente priva di quegli attributi utili a darci una qualche certezza ed è quindi molto importante concentrarci sulla più ricca rappresentazione del rovescio. Secondo il mio parere, l'attenzione va posta sulle due figure laterali, quella di destra regge un fiore e su questo non ci sono dubbi, mentre l'oggetto tenuto da quella di sinistra è stato visto anch'esso come un fiore oppure come un arco. Da questo piccolo ma sufficientemente rappresentativo confronto l'impressione che si ha è che non sempre pare possibile riconoscere un fiore mentre, di contro, in tutti i casi credo proprio sia possibile vedere le linee essenziali di un arco. I dubbi interpretativi nascono evidentemente da quelle tipologie di conio ove sono presenti delle decorazioni ai puntali dei flettenti, simili a quelle che appaiono anche in altre tipologie monetali . Sono piuttosto convinto che l'attributo della figura di sinistra sia un arco e non un fiore, ma questo elemento, seppur importante, non è il solo che deve essere tenuto in considerazione. Il fiore tenuto dalla figura di destra è infatti altrettanto importante e trova una spiegazione non solo se visto come un emblematico attributo di una ninfa, ma anche se associato alle peculiarità di Ecate. Indubbiamente quest'ultima divinità ctonia e psicopompa è maggiormente attestata con una fiaccola, una chiave, un serpente o un cane, ma nella sua sfera di influenza e tra i suoi attributi rientrano anche quei fiori veleniferi in grado di procurare la morte (l'aconito su tutti). Altro elemento a sostegno della tesi che vede nell'iconografia un richiamo al culto Diana Nemorensis è costituito dal rinvenimento, citato dall'Alföldi, ripreso dallo Zehnacker (p.520) e ribadito dalla Ghini e dalla Diosono (Il santurario di Diana a Nemi: recenti acquisizioni dai nuovi scavi - Rivista di antichità, volume speciale 2012) di una base circolare recante l'iscrizione M.IVLIVS.M-F.M.ACCOLEIVS.M.F.AED.D.S.S , attestante le presunte origini aricine della gens Accoleia. Ecco esposti gli elementi sui quali si basa l'altra ipotesi che, unitamente all'intervento di Caio Ottavio, ci consentono di avere un quadro più completo della situazione. Naturalmente ci sono ancora alcuni punti, anche piuttosto impegnativi, degni di ulteriori approfondimenti ;).2 punti
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Sicuramente questo esemplare risultando fino ad oggi l' unico esistente ! Testone Inedito 1560 A - Emanuele Filiberto D/ E PHILIBERT DUX SABAVDIE Busto corazzato del Duca rivolto a destra R/AUXILIUM MEUM A DOMINO Scudo Sabaudo inquartato con Savoia al centro sormontato da corona a 5 fioroni in esergo ..1560 A. Zecca Aosta o Asti Peso 8,92 grammi , diametro 30 mm. Qui trovate la discussione dove viene illustrata questa nuova tipologia : http://www.lamoneta.it/topic/89973-testone-1560-a-inedito-emanuele-filiberto/?hl=testone2 punti
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Bene, sarebbe bello che tutti i nostri sforzi per difenderci dai falsari non andassero dimenticati e che uno potesse a colpo d'occhio supervisionare le principali discussioni nelle quali si sono smascherati dei cloni o delle monete sicuramente false (non i falsi pacchiani o quelli delle merendine però). Oppure organizzare addirittura una sezione (nei manuali ad esempio) in cui mettere direttamente le foto delle monete false come fanno sul FAC.2 punti
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L'anno non e' ancora finito ma e' gia' tempo di bilanci, anche dal punto di vista numismatico. Volevo quindi lanciare questo topic "coraggioso", sulla spinta di quanto avviene spesso nei forum stranieri, in cui ciascuno fa mente locale e fa vedere, se gli va, la piu' bella moneta (a suo giudizio) che e' riuscito a mettere in collezione nel 2012. Le motivazioni della scelta sono assolutamente personali e, si sa, spesso l'ultima arrivata e' quella a cui siamo in quel momento piu' legati. Facciamo vedere un po' di monete! Non facciamo i "collezionisti solitari" come direbbe @@dabbene e per una volta lasciamo perdere paure e polemiche varie. Siamo collezionisti o no in ultima analisi? Comincio io, sperando di non rimanere l'unico e di vedere tante belle immagini. E' un bel sesterzio di Adriano, la foto non gli rende merito fino in fondo, per una volta intonso e con una bella patina azzurro chiaro, preso all'asta monegasca di inizio dicembre:1 punto
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Volevo mostrarvi questa moneta da 100 lire con la confezione. cosa ne pensate? più che per la moneta, vorrei avere il vostro parere sulla confezione :) grazie1 punto
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gibilterra http://www.abccoinsandtokens.com/Gibraltar.KM.Tn.05.004.html questa era un pochino più tosta1 punto
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Abbiamo trovato i cloni di Apollonia, Nikko e Frabrizio.Gla, altre grande monete, anch'io non riesco a dare più mi piace, bisognerà chiedere di elevarli numericamente in certe occasioni, perchè il mi piace è importante, è un consenso, uno stimolo, un grazie, credo che debba essere ampliato e usato sempre più, se uno merita, merita, è giusto dirglielo, che lui lo sappia che è stato apprezzato e mentre ci aspettiamo altri BIG BANG, penso a Fabione, dove sei ?, come va ?ma quante sono queste monete ?, come disse pagine dietro Maurizio, inondiamoli di monete, credo che ci siamo vicini.... Mario P.S.Siate orgogliosi di tutto :clapping: quello che state facendo e creando.... :good:1 punto
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E' probabilmente una medaglia di fantasia, di produzione moderna, che immagino voglia richiamare un epoca classica (greco romana). Però sembrerebbe fatta di bronzo o oricalco, tant'è che sta cominciando a patinarsi naturalmente, non direi infatti che il verde sia una patina artificiale.1 punto
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non ho mai pensato minimamente di disprezzare una moneta in base al suo valore economico... le monete che possiedo e che sto inizando a scoprire appartenevano a mio nonno, e gia questo le da un valore immenso... aggiungo inoltre che nessuna di quelle che ho ha un valore economico considerevole, ma che comunque ne sono affascinato, bene o male conservate che siano..1 punto
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Davvero bella sia la moneta che il cofanetto.....sulla Baia un noto perito ha in vendita anche il 50 Lire ;).1 punto
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salve, la mia è solo R2 ( In questo formato sono conosciuti meno di 5 esemplari) PHAROS,ILLYRIA re Ballaios (190-168 a.c) AE 13-14mm. Testa di Ballaios a sx Artemide in chitone con due lance. per i dettagli cercate su wikipedia...;-p1 punto
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Medaglia dall’asta Varesi ‘Vicenza Numismatica’ del settembre 2012 D/ B. V. SINE. PEC. ORIGIN. CON. R/ CARITAS REGIAE . SOCIETIS. IMMTA CONCEPTIS. B. V. PAPIAE – EX LEGATO. D. CAN.CI NABONAE - Ss.30 Al diritto, attorno alla figura della Madonna in piedi su una specie di conca, legenda in circolo BEATA VERGINE CONCEPITA SENZA PECCATO ORIGINALE con dei fregi. Sul rovescio, in sette righe, CARITAS - REGIAE . SOCIETIS. - IMMTA CONCEPTIS. B. V. -PAPIAE – EX LEGATO. D. CAN.CI - NABONAE - Ss. 30. Quindi una grossa medaglia (diametro 52 mm, peso ˃ 60 g) in bronzo fuso della Regia Società Caritativa della Beata Vergine della Concezione di Pavia. Negli archivi si cita il "Legato Nabona Nicolò - Messa quotidiana nell'oratorio dei derelitti" (1695 novembre 16 - 1841 settembre 13) in un elenco di messe fatte celebrare in suffragio di Nicolò Nabona da Giacomo Nabona fu Nicolò di Pavia. Il valore ’30 soldi’ sull’ultima riga del rovescio potrebbe riferirsi al controvalore pecuniario della medaglia, anche perché ha l’asse alla francese tipico delle monete (coin rotation). apollonia1 punto
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Relativamente al "cuore" della questione mi ritrovo in sintonia con la stragrande maggioranza di quanto scritto nei post precedenti. Certamente é inaccettabile la messa in discussione dei risultati "positivi" acquisiti nel momento in cui non si disponga di elementi concreti e specifici per poter affermare che tali risultati non sono validi. Banalizzando, non é accettabile la messa in discussione di un ritrovamento sulla base del fatto che i dati che ne emergono appaiono in contraddizione con altri dati, che nulla hanno a che vedere col ritrovamento stesso: lo si puo' eventualmente fare nel momento in cui si disponga di elementi fattuali che mettano in dubbio la qualità del procedimento di scavo, di documentazione e di analisi dei materiali. Ma c'é un elemento che mi ha sempre colpito per l'importanza che tende ad assumere nelle ricostruzioni tipiche di alcune scuole, soprattutto di matrice culturale anglosassone: la quasi equiparazione in termini di rilevanza del dato relativo all'"assenza" con quello relativo alla "presenza" di un determinato materiale in un determinato contesto. Un certo tipo monetale in un certo contesto di rinvenimento é assente, ERGO é successivo alla chiusura di tale contesto. Con lo stesso determinismo che si applicherebbe all'inverso nel caso in cui il tipo monetale in questione fosse stato presente, senza la tenere in considerazione gli elementi probabilistici che possono determinare un'assenza, ma trattando la questione in termini binari. L'assenza assume il rango di "prova", alla stessa stregua della presenza. E' questo a mio avviso l'aspetto metodologicamente piu' criticabile e più pernicioso, soprattutto nel momento in cui si associ a prese di posizioni "forti". E qui mi associo ad Acraf circa la necessità di tenere la mente aperta e ricettiva, senza rinchiudersi in visioni preconcette, ma valutando il più pienamente possibile le scarse evidenze che sono giunte fino a noi. Una battuta prima di passare alla vexata questio (OT, ma non di molto) del rating delle riviste: che il Buttrey sia un "duro", beh, direi che non c'é ombra di dubbio... ma rispetto al Thomsen... mi vengono in mente alcuni scambi col Marchetti che non lo caratterizzano certo come un "mite"... :D Ringrazio Numa e Vincenzo per le chiare descrizioni. Cerco quindi di riassumere (in termini che mi sono più congeniali, e me ne scuso ;) gli elementi che concorrono a definire la fascia di qualità di una rivista: 1. Cio' che é sottomesso a certificazione non é la qualità del "prodotto" (ossia in questo caso il contenuto della rivista) ma bensi' la qualità del "processo" produttivo (in questo caso redazionale). 2. Nell'ambito del processo produttivo, qui come in altri settori, cio' che fa premio é la messa in atto di passi di revisione (nel caso specifico oltre all'analisi e giudizio dal parte del comitato di redazione si aggiungono delle "revisioni dei pari" attuate in questo caso attraverso una consulenza esterna, anonimizzata). 3. Oltre al processo di produzione anche la distribuzione (se non il processo quanto meno la capacità) rientra nel computo, in quanto elemento in grado di generare "ritorni" (ovviamente ex post) sulla qualità del prodotto. Qualche considerazione, molto rapida, dato che siamo OT. Mi sembra si siano mutuate (parzialmente) alcune delle pratiche diffuse in ambito industriale (in senso lato) finalizzate non tanto a garantire la qualità intrinseca del prodotto finito quanto la riproducibilità del processo produttivo e l'aderenza a determinati standard, in presenza di quadri di riferimento chiaramente definiti e pubblicati in termini di finalità, quadri metodologici, regole. In ambito industriale questo funziona, per esempio attraverso l'utilizzo delle revisioni dei pari, nella misura in cui gli stessi sono portatori dei quadri di riferimento citati, definiti a livello normativo aziendale. Una revisione dei pari effettuata da professionisti esterni alla linea editoriale della rivista ed in assenza di un quadro di riferimento condiviso, ma anzi in presenza di visioni talvolta molto distanti, mi lascia piuttosto perplesso. Nel migliore dei casi non mi sembra possa aggiungere nulla ad un buon comitato di redazione che svolga compiutamente il proprio lavoro. Sulle politiche editoriali del Bel Paese in ambito scientifico ci sarebbe molto da dire, al di là del tema della "classe" delle riviste. Ma prendere la capacità di distribuzione come elemento di qualità intrinseca del prodotto mi sembra possa portare ad esiti aberranti: come dire che un'utilitaria é di maggior qualità di un'auto di altissima gamma solo perché raggiunge un settore di mercato più ampio...1 punto
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Sulle emissioni comuni io rimango dell'opinione che il disegno debba essere uguale. Alla fine varietà già ce n'è in abbondanza, basta vedere un qualsiasi cofanetto con tutti i 2€cc che ti brillano gli occhi e sinceramente, anche quelle 20 monete tutte uguali, in un altro vassoio, non mi dispiacciono...1 punto
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??? Credo che il buon Gold su queste monete ne sappia più della stragrande maggioranza dei "periti" italici... in termini di bontà dei pezzi e di conservazione1 punto
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Fino ad un certo punto. Qui si apre la solita diatriba su cosa sia moneta ma, in questo caso, la cosa è ancor più complicata. Le monete di Redonda e Cabinda sono monete di fantasia a tutti gli effetti. Quelle della Arktikugol (quelle vecchie) hanno circolato assolvendo alla loro funzione di strumento di pagamento, quindi da considerarsi come moneta a tutti gli effetti, anche se la compagnia mineraria non è uno stato. Si può considerare moneta legale? Non credo, quindi, per chi considera valida l'equazione moneta= moneta legale, nessuna di queste emissioni è moneta. Per me (per i soliti motivi ripetuti mille volte) e per chi le usava, direi proprio che sono monete. Quelle emesse a soli fini commerciali sono monete? Se non lo sono, non lo sono neppure le commemorative in Euro ed in lire, inclusi alcuni pezzi, che sono considerati quasi una religione, per i collezionisti. Ancora più particolare la situazione di Tristan da Cunha, per la quale il governatore ha commissionato l'emissione di monete, a fini commerciali. Altro caso ibrido è quello, per il quale alcuni governi (riconosciuti o meno) hanno emesso monete come affermazione di sovranità (Timor Est e Isole vergini Britanniche, se non erro).1 punto
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Caro Alano, il tuo è un bel 6 ducati in conservazione ottimale, il punto di riferimento per giudicare lo stato di conservazione è quello che coincide con la ciocca di capelli sulla fronte del re. Dall'usura di quest'ultima e dallo stato dei fondi e dello stemma la considero q.SPL/SPL. I graffi, chi più, chi meno, sono nella norma, in genere un 6 ducati vale oltre i 1000 euro qualora, in FDC, non riporta difetti e graffi di conio. Hai fatto benissimo ad acquistare questa moneta è un nominale che non dovrebbe mancare al collezionista di monete italiane. Il millesimo 1765 con sigle dell'incisore De G (Giovanni Casimiro De Gennaro, figlio del grande Antonio Maria morto nel 1744) non è comune, rispetto ai millesimi 1763, 1766 e 1767 è quindi più raro. Se desideri approfondire la storia e la ricrca d'archivio della tua new entry ti consiglio di leggere attentamente questo studio del 1966 a firma Michele Pannuti, considera che le tirature pubblicate per la prima volta sul Gigante negli anni '90 vennero prese proprio dai suoi intramontabili studi http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1966.pdf http://www.ilportaledelsud.org/bollettini.htm . A presto. :hi:1 punto
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Ringrazio di cuore per la competenza e per l'opportunità di approfondire la monetazione in questione. Adesso sono in collegamento sulla strada (sono su un pendolino), sula via di ritorno a casa. Non mancherò di studiare a fondo l'argomento, che necessita di un adeguato approfondimento dopo il mio modesto contributo del 1998, che deve costituire solo un semplice punto di partenza (l'avevo segnalato NON come punto fermo e definitivo, ma per partire da lì un discorso più esaustivo). Concordo che in pratica seguivo la vecchia ipotesi del Marchetti e soprattutto mancava del contributo offerto dai ripostigli, per poter ampliare meglio l'orizzonte. Il bello della numismatica, specialmente quella classica, è di poter continuamente aggiornarsi alla luce di nuovi dati archeologici o di nuovi esemplari...... Ci risentiremo presto Alberto1 punto
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Danielucci, quella moneta é FDC. Non c'é usura alcuna. Sono le foto di Linda che fanno letteralmente "sparire" pezzi di moneta. Nota la bava sui bordi.1 punto
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Che io da sempre avrei voluto emissioni sulle regioni italiane, anche sulla falsariga dei quarter americani, in ordine dalla prima regione formatasi all'ultima ( quando si può )..1 punto
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Tra i ritratti spagnoli "italiani" e quelli spagnoli di madrepatria c'è un abisso... quelli italiani sono una significativa testimonianza dell'evoluzione artistica del nostro paese: dal rinascimentale di Carlo V al barocco dei Filippi al naturalistico di Carlo II. Quelli spagnoli (quando il ritratto c'è) seguono un po' gli schemi ideali della ritrattistica pre-rinascimentale. Inoltre c'è da aggiungere che l'Impero non era solo Italia e Spagna, ma altre regioni europee vivevano sotto la corona spagnola ed anche la ritrattistica presente sulla monete delle fiandre spagnole o della borgogna è di un livello superiore a quella spagnola.1 punto
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Visto che ormai tutti i paesi possono emettere 2 commemorative e tanto ormai non si può più tornare indietro, a me a questo punto non dispiacerebbe vedere anche per l'Italia una serie di commemorative dedicate alle regioni, sulla falsariga della serie dedicata ai Lander tedeschi, in parallelo alle altre emissioni. Voi cosa ne dite? :)1 punto
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Potete seguire intanto l'andamento del concorso anche sotto i miei post, ripeto sono curioso di vedere come sceglieranno gli utenti di Lamoneta, sarà molto interessante vedere come si esprimeranno. Si me l'avevano detto che oltre ai paesi anglosassoni, anche in Spagna avevano fatto qualcosa di simile, mi sembra però che la risposta da noi sia stata nettamente più forte, e questo è un buon segnale per il forum, ma anche per la numismatica italiana. Anche la divisione per sezioni può essere interessante e da valutare, magari per l'anno prossimo per il 2013, ma qui è bello tutto sommato essendo stato tutto live, io direi quasi in diretta, essere globali,uniti, compatti,oggi dobbiamo dare all'esterno un massaggio di compattezza, ecco perchè più partecipiamo e più forte sarà il messaggio che verrà trasmesso, l'occasione c'è, ora, poi ne riparliamo tra un anno.... Mario P.S. Le letture di questa discussione sono impressionanti e questa la dice lunga...., ovviamente non sono solo utenti del forum che leggono.....,qui certamente stiamo andando oltre il forum,come lo fu anche per i primi grossi italiani.1 punto
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Ciao :) Sull'intero ciclo storico, a livello di saggi, credo sia disponibile ben poco (esistono viceversa volumi per singolo periodo). Bel volume storico (certo però un bel tomo enciclopedico), per il periodo spagnolo e sino alla fine, il volume XI della "Storia d'Italia" UTET - "il Ducato di Milano dal 1535 al 1796"; edizione dell'anno (ormai sempre più lontano) 1984. Volume ancora reperibile sul mercato dell'usato, anche singolarmente e senza dover acquistare l'intera collana, direi senza particolari difficoltà ed intorno alla cinquantina di euro. Il periodo precedente, dal 1395 sino al periodo spagnolo, sempre nella medesima serie enciclopedica, dovrebbe essere parte del volume VI. Per altro il medesimo tomo XI della "Storia d'Italia" è anche il volume II della "grande storia di Milano", sempre UTET, ma di edizione più recente (ed ovviamente il volume I, in due tomi, comprenderà, penso, anche il periodo precedente). Tuttavia, ripeto, non sono propriamente "saggi".1 punto
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"""...Sappiamo poi che la moneta è stata acquistata per oltre sette milioni e mezzo di dollari. A questo punto la vicenda sembra conclusa, ma nel settembre del 2004 avviene un altro colpo di scena, quando la figlia del gioielliere di Philadelphia che aveva trattato (anche se il termine esatto è ricettato), negli anni trenta le monete Double Eagle 1933 e morto nel 1990 all’età di 95 anni, informò le autorità di avere rinvenuto tra i beni del padre altre dieci monete Doppia Aquila del 1933. Dopo una serie di trattative la figlia del gioielliere consegnava alla Zecca i dieci esemplari che, malgrado un documento rilasciato al legale della consegnataria in cui si impegnava a riconoscere i diritti di questa, dichiarava successivamente (e giustamente crediamo) l’esclusiva proprietà delle monete, trasferendole poi a Fort Knox in attesa di una decisione giudiziaria. Oggi resta ancora da chiarire quante siano state effettivamente i pezzi da 20 dollari in oro del 1933 sottratti dalla Zecca. Secondo i servizi segreti potrebbero esserci in circolazione altri cinque esemplari, che sono sempre tra gli obiettivi del Servizio Segreto degli Stati Uniti, pronti a procedere alla loro confisca non appena dovessero apparire sul mercato o in qualche collezione. Viene da chiedersi a questo punto: quali sono, se esistono, le analogie con monete similari coniate dalla Zecca di Roma soprattutto nel secolo scorso? Per prima cosa appare doveroso sottolineare come il Governo degli Stati Uniti, e addirittura i vertici della Zecca americana si siano prontamente attivate fin dalla scoperta della sottrazione illecita per recuperare il maltolto. Nel nostro Paese questo non è mai avvenuto, al punto tale che oggi molte delle nostre monete più rare sono state commercializzate alla luce del sole in Italia e all’estero. E’ il caso ad esempio dell’unico esemplare conosciuto di una moneta da 5 lire coniata nel 1940 (1]), apparsa in un’asta tenutasi negli U.S.A. negli anni novanta del secolo scorso, ma in precedenza esitata in Asta Ratto del 1956. Sorprendentemente non vi è traccia delle stessa né al Museo della Zecca né nella Collezione Reale, anche se esistono i coni originali custoditi all’interno del Magazzini Materiale di Incisione del nostro stabilimento monetario ([2]). Probabilmente vennero battute, attesa l’accertata esistenza dei coni, anche monete con le stesse impronte, ma da lire 10. Ovviamente nessuno all’epoca pensò, in nome del governo italiano, di invocare la proprietà della moneta da lire 5, coniata ed asportata illecitamente per essere poi successivamente rivenduta. Ancora più paradossale la circostanza che lo stato italiano intendeva addirittura avvalersi del cosiddetto diritto di prelazione per l’acquisto di una serie del 1940 che comprendeva le famose e controverse lire 100 in oro, salvo poi ritirarsi per l’eccessiva onerosità dell’acquisto ([3]). Ha dell’incredibile. Esercitare un diritto di prelazione su monete asportate illecitamente dalla Zecca. Abbiamo volutamente esaminato il caso delle monete da 20 dollari in oro Double Eagle del 1933, molto bene illustrato nei minimi dettagli da Ruggero Stanglini, sulla rivista Cronaca Numismatica nr.193 del Febbraio del 2007 (“La moneta che non doveva esistere” , pagg.36-45) , perché oltre a presentare molte analogie con le centinaia di casi che si sono verificati in Italia, potrebbe fornire altresì interessanti indicazioni per una soluzione che possa venire incontro alle legittime aspirazioni di coloro i quali in questi ultimi anni sono stati colpiti dai sequestri, pur se possessori in buona fede di monete illecitamente prodotte ed asportate dalla nostra Officina Monetaria. Al di la degli errori commessi dalle autorità statali (ad esempio procedendo alla coniazione delle monete con millesimo 1933, dato che appena pochi giorni prima Roosevelt aveva emanato la sua decisione che prevedeva la proibizione dell’utilizzo dell’oro), si rileva che la direttrice della Zecca americana, una volta effettuata la coniazione, si premurò di mandare due esemplari allo Smithsonian Institute di Washington per essere inseriti nella collezione numismatica del museo. Cosa che molto spesso non si è verificata per esemplari coniati all’interno della nostra Officina Monetaria. In ogni caso, a differenza dei casi trattati nel capitolo sulle leggende numismatiche nostrane, quello della moneta da 20 dollari in oro coniata negli U.S.A. nel 1933 è effettivamente una rarità e su questo nulla da eccepire. Si, perché la moneta venne inizialmente coniata in nr.445.500 esemplari peraltro mai immessi ufficialmente in circolazione per i motivi ampiamente descritti in precedenza. Dei pezzi trafugati uno è fuoriuscito lecitamente dagli U.S.A. ma non per questo il Governo americano ha rinunciato a rivendicare su di esso l’esclusivo possesso. Le autorità statunitensi hanno atteso oltre sessant’anni per riprendersi la preziosa moneta trafugata negli anni trenta e lo ha fatto come abbiamo visto, con uno stratagemma di polizia sul quale nessuno ha avuto da obiettare, se si escludono naturalmente i personaggi coinvolti direttamente nella vicende, che hanno invocato la loro posizione di perfetta buona fede. Per concludere una riflessione sulla moneta: sulla base della documentazione ufficiale il 20 dollari Double Eagle in oro è senza ombra di dubbio una autentica rarità in quanto dal momento in cui è stata coniata sono poi state osservate correttamente tutte le procedure che il caso richiedeva. Nello specifico, essendo la moneta non più emissibile per le restrizioni imposte dal Presidente americano Roosevelt, l’intero quantitativo prodotto venne bloccato all’interno dello stabilimento monetario per poter essere successivamente rifuso. Molto correttamente, la direttrice della zecca americana dell’epoca, inviò comunque due esemplari della stessa moneta al Gabinetto Numismatico per la memoria storica. E’ quindi UNA MONETA REALE che alle spalle aveva una norma giuridica, un preciso contingente da coniare e che venne poi effettivamente coniato. E correttamente è stata tutelata dalle autorità federali statunitensi che hanno interessato nientemeno che i servizi segreti per recuperare le monete trafugate dalla Zecca di Philadelphia, tutela che come abbiamo avuto modo di apprendere, non si è affievolita nemmeno con il trascorrere dei decenni. Corretta poi appare la decisione di mettere in vendita l’unico pezzo “legale” dei 20 dollari aurei del 1933, considerato che tale alienazione non danneggia la memoria storica della Zecca statunitense, in quanto come detto in precedenza, due esemplari, fin dalla coniazione della moneta, avvenuta nel lontano 1933, vennero inviati al preposto Museo Numismatico per la catalogazione e conservazione. Anzi, va detto che le autorità americane hanno realizzato un notevole quanto insperato profitto dalla vendita dell’esemplare che, alla luce dei fatti, era null’altro che un pezzo “doppione” che non necessitava alla zecca stessa. Affermiamo questo perché se è pur vero che il pezzo della ex collezione di Re Farouk era stato illecitamente trafugato dalla Zecca americana, è altrettanto vero che l’ex sovrano egiziano all’epoca della vicenda, in piena buona fede, attraverso i suoi collaboratori pose in essere quanto previsto dalle autorità statunitensi per una regolare esportazione della moneta, avvenuta poi per evidente imperizia da parte di dette autorità. Molto diversa è invece la situazione che riguarda i successivi dieci esemplari rinvenuti dall’erede del conclamato ricettatore che si è trovata casualmente in possesso di altri dieci esemplari della moneta poi consegnate alle autorità. In tale caso non crediamo percorribile la strada della vendita di tale monete, illecite sotto tutti i punti di vista. Come non crediamo possibile che la figlia del gioielliere possa accampare diritti sulle stesse, così come poi del resto confermato dalle autorità americane che hanno confermato l’esclusiva proprietà delle preziose monete auree. Come totalmente differente appare altresì la situazione per quello che riguarda casi simili avvenuti in Italia, dove la posizione delle autorità è stata negli anni di totale disinteresse, il che dà molto da pensare sulla correttezza e sul buon andamento della Pubblica Amministrazione che non solo non ha mai perseguito i responsabili delle sottrazioni di monete, ma ha addirittura tollerato che le stesse monete trafugate venissero commercializzate per decenni. Peraltro, la posizione delle autorità italiane è molto diversa da quella delle autorità americane, in quanto, una volta acquisite le monete sottoposte a sequestro, si dovrà necessariamente reintegrare la raccolta numismatica del Museo della Zecca, con i pezzi mancanti da essa per le ragioni più volte evidenziate ( come ad esempio l’aver ignorato la disposizione di legge che imponeva la consegna al Museo di due esemplari di ogni nuova coniazione effettuata all’interno dello Stabilimento Monetario di Stato). Rimarrà a questo punto sollevata la questione dei pezzi in più e crediamo che una vendita degli stessi, con le modalità adottate dalle autorità americane (divisione in parti uguali dei proventi con l’ultimo proprietario) sia da prendere in seria considerazione. Altro esempio può essere quello della prova del rublo in argento coniato durante il regno di Nicola I ([4]). Si tratta di una moneta di prova, avente un peso di circa grammi 20, coniata con millesimo 1845, conosciuta in nr.4 esemplari. Un esemplare venne esitato al grande incanto dei duplicati del Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo (ex Leningrado), promossa dalle autorità dell’allora U.R.S.S. per ottenere valuta pregiata, nel lontano 1931. Si può quindi constatare che nemmeno una grande rivoluzione come quella bolscevica riuscì a far scomparire queste particolari monete, poi messe in vendita regolarmente (ma, si badi bene, solo i duplicati) dalle autorità governative. Altro caso da ricordare riguarda la Gran Bretagna: alla morte di Re Giorgio V, vennero approntati i conii e realizzata la battitura di monete a nome del nuovo sovrano Edoardo VIII, con millesimo 1937, anche in virtù della data ufficiale stabilita per l’incoronazione, prevista per il 12 maggio dello stesso anno. Edoardo invece abdicò nel dicembre del 1936 e le monete prodotte fino a quel momento (coniate nel 1936 con millesimo 1937) vennero avviate alla rifusione. Sembra che si salvarono dall’operazione solo sei esemplari da 3 pence che pare siano finiti in circolazione unitamente alle monete che vennero emesse poi per il nuovo re Giorgio VI. In questo caso il governo inglese giudicò illegittimi gli esemplari in circolazione procedendo alla confisca definitiva di un esemplare rinvenuto presso un collezionista privato. Evidentemente soltanto nel nostro paese si riesce a disattendere le norme in vigore al solo scopo di realizzare personali profitti, ed il mercato di prove e progetti, che da sempre è sotto i nostri occhi, pare dimostrarlo, sia pure con le opportune e dovute precisazioni. Infine, come abbiamo avuto modo di leggere nelle pagine di questo volume, dedicate alle LEGGENDE NUMISMATICHE, molte delle monete dell’area italiana hanno oscuri natali, nel senso che non sono noti i pezzi coniati ma soprattutto le motivazioni che hanno consentito la coniazione di determinate monete in pochissimi esemplari (casi in cui le tirature erano di uno, due, massimo dieci pezzi). Il lungo lasso di tempo trascorso pone comunque seri problemi all’accertamento della verità, anche se ovviamente l’interesse numismatico di molti di questi esemplari crediamo debba essere necessariamente rivisto. ([1]) Si veda il capitolo LE CONIAZIONI DELLA REGIA ZECCA (1940-1945). ([2]) A tal proposito, Carboneri, nel suo “Prove e progetti di monete italiane o battute in Italia dall’invasione francese ai giorni nostri (1796-1955)”, pag.41, scrive: “Questo pezzo, mancante anche al Museo della Zecca, è sicuramente un progetto di monetazione che non ebbe seguito.Il tipo del ritratto elmato, ripete quello delle monete albanesi del 1939 in acmonital, ed è lecito credere che per tale metallo fosse destinato…” Con le medesime impronte il Carboneri riporta anche due lamine quadrate in argento, rispettivamente di mm.42x37 e mm.41x39, facendo riferimento alla Collezione Lecis. ([3]) Asta FINARTE dell’11 maggio 1984. Prezzo base della serie del 1940 A.XVIII confezionata in astuccio Lire 70.000.000. ([4]) Nicola I di Russia o Nicola I Romanov (1796-1855), imperatore e zar di Russia dal 1825 alla morte.1 punto
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Ciao Alain Per quanto mi riguarda non ho trovato Douzain aux croissants contraffatti da zecche note ( Per note intendo Messerano- Radicati - Delfino Tizzone - Mazzetti - Crevalcuore ) so che ci sono contraffazioni per il Douzain au Douphine' ) che comunque in quei casi c'era una evidenza della signoria emittente nella legenda. Qui a parte l'errore nel nome di HENR (I)CUS e nell'altra legenda SIT NOME (N) D. BENEDICTUM che si riscontrano non di rado anche nelle emissioni ufficiali, non c'è nulla che possa far pensare ad una zecca Italiana. Piuttosto (è una mia impressione) la moneta mi sembra un falso d'epoca. E molto "impastato" non centrato la corona sopra lo scudo mi sembra piuttosto "artigianale" le mezze lune e le corone ai lati sono inguardabili..... eccc.. Attendiamo comunque altre impressioni, nel frattempo cerco ancora qualche cosa di utile. Ciao Profausto1 punto
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Se non mi provoca più nessuno ... giuro che questa è l'ultima! :hi:1 punto
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Questo è il disegno preparatorio delle 25 monete, come furono rappresentate sulla Quarantana: che si tratti dei 10 soldi del 1614 non credo possano esserci dubbi...1 punto
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N + O + P = ... non ci ho capito più nulla ma va lo stesso! di seguito i miei vecchiumi di Norvegia Ohio e Palestina1 punto
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Ciao certo che ho voglia anzi sono felicissimo!! Partendo da qualche tempo fa, quattro-cinque anni fa, ho deciso, dopo un racconto di un "vecchio" di Montegabbione, il paese in cui vivo, di fare un giornalino in cui raccontare alcune vicende storiche e non del "mio" comune (1200 abitanti circa). Così piano piano la cosa si è fatta appassionante ed ho iniziato a dedicarci molto tempo. In questi anni ho recuperato le informazioni storiche finora note su Montegabbione, le ho ampliate e corrette; ho fatto diverse ricerche di archivio sia negli archivi privati che negli archivi pubblici. Ho intervistato le persone del luogo, scannerizzato le loro foto.... Adesso dispongo di moltissimo materiale da studiare e pubblicare contando ad oggi quasi 7000 file di vario tipo. Tutte le mie ricerche ha cui ho dato un filo logico le pubblico sul seguente sito: http://www.ilcastellodimontegabbione.it/IlGobbo.htm Inoltre stampo un giornalino gratuito, con cadenza quasi mensile, che se volete trovate qui: http://www.ilcastellodimontegabbione.it/PagineIlGobbo/IlGobbo-Edizioni.htm Questo giornalino lo distribuisco gratuitamente per il paese in circa 100 copie e nonostante siano trascorsi 4 anni continua ancora a piacere e molte persone mi chiamano per raccontare aneddoti o per farmi vedere foto, documenti... Così ricerca ricerca sono incappato sulle Rationes Decimarum. Per ora ho consultato il volume dedicato all'Umbria trovando info solo sulla frazione di Montegiove e l'ormai scomparsa abazia di Aqua Alta (a presto consulterò il volume Tuscia"). Le informazioni sulle decime sono interessanti ma ritengo più utile contestualizzarle nel XIII secolo riportando quindi anche una ricerca "numismatica". Se leggerete alcune mie ricerche noterete che sono ad ampio raggio. Non essendo io onnisciente, ma avendo a disposizione internet, di volta in volta faccio delle ricerche ho pubblico domande sui forum specifici, come in questo caso, nella speranza di ottenere maggiori informazioni possibili contattando persone specializzate in un settore che amano l'argomento e non hanno difficoltà nel mettere a disposizione un po' del loro tempo. Considerando che il mio "lavoro" non è a scopo di lucro, anzi, è a scopo di rimessa penso che questa sia la strada più giusta da percorrere. Quale sono i miei obbiettivi: raccogliere più informazioni possibili, rielaborarle e pubblicare il tutto sul mio sito web. Fatto questo di solito in paese c'è sempre qualcuno che fa delle osservazioni, correzioni, ampliamenti e così piano piano i singoli lavori diventano più completi. Di volta in volta, quando opportuno, fare delle piccole pubblicazioni cartacee gratuite, trovando sponsor, da distribuire in paese. Fino ad ora ne ho fatta una, http://www.ilcastellodimontegabbione.it/PagineIlGobbo/IlGobbo-ChiesaSantaMariaAssunta-Vecchia.htm, e ne ho quasi conclusa un'altra (ma da rielaborare totalmente) http://www.ilcastellodimontegabbione.it/PagineIlGobbo/IlGobbo-21%20Aprile.htm. Insomma per non tediarvi troppo questo è quanto :) :D1 punto
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Cari Vincenzo e numa numa, NAC compare ed è tra le riviste scientifiche B. I criteri e le valutazioni di cui parla Vincenzo sono stati adottati quest'anno per la prima volta anche per i nostri settori, i cosiddetti "non bibliometrici" ai fini dell'abilitazione scientifica nazionale (ASN) dei docenti di prima e seconda fascia (alla quale dunque abbiamo preso ahimè parte noi tutti, a parte i docenti che sono già ordinari), e peraltro con molti problemi e critiche. Se volete ridere, o a seconda dei casi stare un pochino male per la nostra Università ed in merito a come sono state selezionate e dato il ranking alle riviste "scientifiche", leggetevi un poco di post qui, da pagina 2 andando indietro: http://www.roars.it/online/category/anvur/page/2/ , e soprattutto questo post: http://www.roars.it/online/le-riviste-scientifiche-dellanvur-dal-sacro-al-profano-e-dalle-stelle-alle-stalle/. Tornando al topic principale mi accodo ai complimenti per acraf che ha illustrato i dati in modo esaustivo e a mio parere ha già sottolineato gli eventuali problemi intepretativi legati a questi ritrovamenti. Le frequentazioni temporanee su siti in buon parte già abbandonati spesso lasciano tracce labili e solo lo scavo attento, e soprattutto stratigrafico dalla rimozione dell'humus in giù, piccoli livelli sopra i crolli etc...compresi, riesce a documentarle efficacemente. Un saluto MB P.S. Vi lascio immaginare i danni in casi come questi dell'uso anche solo "superficiale" del metal detector senza controllo archeologico ...1 punto
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In effetti...... sto granduca sta sempre in mezzo ai c.........i ( cocomeri, volevo dire cocomeri) :D :D :lol: :lol:1 punto
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behh,a me è andata peggio,acquistai nell'ultima asta sintoni un bel grosso innocenzo xi,tutto originale intendiamoci,quando è passato il postino nn ero in casa e quindi mi lascia l'avviso,il gg dopo vado a ritirarlo,do la ricevuta e la postina dietro al vetro prende il plico,fa tutte le sue pratiche e in men che nn si dica piglia un timbrone grosso come un martello e sbammm..proprio in centro....morale grosso innocenzo xi con tondello ondulato(quasi piegato),se dovessi venderlo sarà questa la dicitura..1 punto
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Fritz Rudolf Künker GmbH & Co.KG Frank Richardsen Maximiliansplatz 12a 80333 München Deutschland NUMISMATIK LANZ - Dr. Hubert Lanz Hubert Lanz Maximiliansplatz 10 80333 München Deutschland Helios Numismatik GmbH Florian Eggers Ottostr. 5 80333 München Deutschland Gitbud & Naumann Münzhandlung München GmbH Daniel Gitbud Ottostr. 5 80333 München Deutschland eccone alcuni Roberto attenzione,basta sbagliare portone e si cambia venditore..o sono gli stessi? mah1 punto
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Tornando al discorso numinsmatico, la serie impero è sicuramente piacevole. NON regge però assolutamente il confronto con quella precedente. Un misero 20 centesimi libertà librata a mio modo di vedere è superiore praticamente a gran parte delle monete della serie impero. Questa soffre in toto la superiorità (sia negli ori che negli argenti) della serie precedente, oltre che (è bene ammetterlo) la damnatio memoriae di cui, nel bene e nel male, soffre il fascismo. La serie impero va comunque reinserita nel periodo storico di cui è stata coniata. Negli anni '20 purtroppo lo stile artistico dominante non è più il liberty, e la belle epoque è solo un bel ricordo. Lo stile monetario negli anni 20 e 30 cambia (per i miei gusti estetici peggiora) in tutta Europa, e l'Italia non fa eccezione. Per chi ama la monetazione precedente il cambiamento è drammatico, si passa dall'estetica del movimento, dalla ricerca della bellezza pura tramite l'arte monetaria, alla rigidità dei simboli e dei messaggi ideologici. Aggiungo anche che la figura del re, nella monetazione imperiale, è alquanto imbarazzante. Si passa da una figura di re bonario e sobrio nelle monete fino ai primi anni '30, alla figura di un vecchio apparentemente incazz... che, nel pensiero dell'incisore, avrebbe dovuto mostrare forza e potenza. Figura patetica, che si incastona perfettamente nel periodo storico in cui è stata coniata.1 punto
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La medaglia per la visita della zecca di Parigi con i diritti ha fatto un po' meno del solito mentre quella della Madonna dei sette dolori è un mistero come prezzo anche perchè recentemente ne avevo presa una da De Falco e l'avevo pagata piu' o meno così quindi direi che ha fatto il suo prezzo. Gian Scusi Giangi75 non ho capito se per Lei la medaglia del 1850 (Madonna dei sette dolori) ,di largo modulo, ha realizzato poco oppure no! E' di pari conservazione rispetto a quella che lei ha acquistato? Non voglio sapere gli affari Suoi, ma avere solo un termine di paragone per una valutazione reale di questa medaglia! Saluti ed alla prossima! Ciao, ritengo che abbia fatto il prezzo giusto perchè ho come termine di paragone quella da me acquistata ma ,se avesse fatto un centinaio di euro in piu' ,non sarebbe stato uno scandalo visto che era quello il prezzo che chiedeva il venditore prima che io la trattassi. La conservazione è simile anche per la mia e Francesco ti ha già dato tutti i riferimenti per vedere la mia piccola collezione. Chi ha preso la medaglia del 1850 in questione ha fatto un grande affare comunque. Si tratta di una medaglia eccezionale dal punto di vista artistico. Carissimi frequentatori del forum, se leggete questa discussione capirete la vera arte dell'incisore Luigi Arnaud. Buona lettura! http://www.lamoneta....aud#entry846856 Grazie per le delucidazioni! Io penso che la medaglia in questione non sia ,purtroppo, considerata ed apprezzata per come merita in quanto al dritto non c'è l'effige di un Borbone!!! Ma comunque, per me, e credo anche per voi, è un vero capolavoro!!! Grazie mille ragazzi ed alla prossima. Caro Jolly, sei andato su di un argomento sul quale volevo portarti! E' questo il problema! Lo stemma dei Borbone e del ponteficie Mastai Ferretti http://it.wikipedia....iki/Papa_Pio_IX (che sostituiscono le effigi, quindi non cambia nulla) che vedi sulla medaglia non vanno considerati al dritto ma al rovescio! Ranieri per ultimo, ma tutti i suoi illustri predecessori e autori di opere e testi hanno ripetuto lo stesso "tradizionale" errore nella classificazione del dritto e del rovescio. In vero l'immagine della Madonna dei Sette Dolori va al dritto e non al rovescio. Ricciardi in primis nel 1930 (fig. 1) e Franco Bartolotti nel 1984 la classificano erroneamente perchè cadono sempre nello stesso errore di considerare al dritto il nome dell'autorità emittente (I Borbone di Napoli, perchè coniata a Napoli) senza fare un'analisi iconografica. Leggi attentamente la leggenda collegando dritto e rovescio anteponendo erroneamente il rovescio al dritto e vedi cosa ne viene fuori: "DAL P. PIO IX INTERCEDENTE FERDINANDO II P.F.A. - FU CORONATA LA VERGINE DE' SETTE DOLORI NEL DUOMO".... io direi che in italiano è più corretto leggerle nel seguente modo: "FU CORONATA LA VERGINE DE' SETTE DOLORI NEL DUOMO - DAL P. PIO IX INTERCEDENTE FERDINANDO II P.F.A." .... non trovi? Quindi la medaglia andrebbe letta dapprima con la leggenda riportata sul lato raffigurante la Madonna seguita dalla restante leggenda riportata sul lato con gli stemmi reali. Nell'opera di D'Auria la medaglia è illustrata nel verso giusto (cfr. fig. 2). Fatemi sapere se siete d'accordo. Questo è un argomento importante, tanto quanto questo delle monete http://www.lamoneta.it/topic/74616-dritto-e-rovescio-nelle-monete-napoletane/ Grazie fig. 1 Uploaded with ImageShack.us fig. 2 Uploaded with ImageShack.us Uploaded with ImageShack.us Uploaded with ImageShack.us Uploaded with ImageShack.us1 punto
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