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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 10/28/12 in tutte le aree

  1. Sono passati ormai tre anni da quando mi sono iscritto al forum : è stata una presenza attiva, costante, anche appassionata, certamente " La Piazzetta " è stato uno degli ambiti in cui mi sono trovato più a mio agio . Tanti post, tante riflessioni, storie, racconti, ho pensato che fosse arrivato il momento giusto per fare un compendio di quanto fatto, ogni tanto bisogna anche fermarsi e fare un consuntivo , ed ecco allora " Onde Numismatiche ". Ho inserito solo alcuni post, quelli che mi sono sembrati più rappresentativi, certamente qui ci sono tanti aspetti, la divulgazione numismatica, il ruolo sociale ed etico del collezionista di oggi, il futuro, i giovani, il numismatico nel suo essere e non dal punto di vista tecnico, c'è una umanità numismatica, certamente c'è molto del forum di Lamoneta degli ultimi tre anni. Non tutti li avranno letti, alcuni sono magari da poco sul forum, altri magari avranno piacere a distanza di rileggerli, se sarà un momento di riflessione, ma anche di evasione, ne sarò ovviamente lieto, buona lettura, Mario Limido onde numismatiche.pdf
    5 punti
  2. Caro daniele ...oggi sono uccito di casa ...ancora no posso resistere questa Isola ghjie un fenomeno..!..ti porta verso la natura .....e alora ...la natura mia , jesus ...chi piede .... .
    2 punti
  3. Quando Cesare toccò il potere massimo a Roma, la repubblica cessò di esistere e di fatto egli assumeva progressivamente il potere monarchico in quanto la dittatura si trasformava sempre più in sovranità. Di Cesare era il diritto, regale e divino per eccellenza, di coniare monete con la propria immagine ed una sua statua venne collocata sul Campidoglio accanto a quelle degli antichi re ed in particolare a quella di Romolo. Poco dopo ottenne dal Senato il titolo di Padre della Patria che era stato tributato solo allo stesso Romolo, a Silla, Mario e Camillo. Quando il 26 gennaio del 44 a. C. si sentì acclamare “rex” protestò decisamente esclamando: “non mi chiamo rex, ma Caesar”. Non molti giorni dopo, il 15 febbraio dello stesso anno, il console Antonio lo incoronò pubblicamente mentre Cesare assisteva ai Lupercali e ciò avvenne, nella stessa sede, per tre volte di seguito in mezzo ad una folla divisa: le prime file lo salutavano già re, mentre le file ultime esultavano quando egli si toglieva il diadema che destinò così al capo della statua di Giove. Questo diadema, poi, in realtà venne deposto sul capo della statua di Cesare che era vicina ai rostri. I Romani non erano del tutto pronti all’incoronazione di un re, ma era parere di Cesare che l’interesse superiore di Roma esigesse che il dittatore dei Romani fosse esplicitamente designato re dai propri sudditi. Per rispettare le forme, consultò i Libri Sibillini riguardo alla guerra che aveva in programma: compiacente verso i suoi progetti, l’oracolo profetizzò che i Parti sarebbero stati vinti soltanto da un re. Questa profezia implicava che la formula fosse legalizzata da un senatoconsulto prima della partenza della spedizione contro i Parti fissata per il 18 marzo. I Patres, convocati appositamente da Cesare per il 15 marzo, l’avrebbero votata quel giorno stesso, ma prima dell’inizio di quella seduta decisiva, Cesare venne assassinato. Il dittatore aveva nutrito troppa fiducia nel proprio ascendente, nella generosità e nella viltà degli uomini. Non aveva valutato a fondo i sentimenti di timore e di avversione suscitati dall’attuazione rivoluzionaria dei suoi progetti. In vita era giunto ad essere onorato come una divinità e ciò lo faceva apparire grande al di là di ogni misura umana; nella sua autorità sovrastava l’intera nobiltà romana, ma confidava troppo della sua potenza e gloria. “Potentia” che non a caso Augusto, non molto dopo ed in modo decisamente più cauto, considererà “potestas”. Nonostante Cesare sia stato ucciso dopo essere diventato un dio, sarà con la morte che perfezionerà ciò a cui aveva sempre anelato: la gloria imperitura. L’astro di Venere, quella stella che aveva guidato Enea nel suo fuggire per mare da Troia fino ad approdare in Italia dando vita a Roma ed alla gens Iulia, per uno strano scherzo del destino diventerà quell’infausta cometa che illuminerà i cieli notturni dell’Urbe nel marzo del 44 a. C. e si trasformerà poi nel Caesaris Astrum che simboleggerà la perfetta divinità del grande condottiero. Stella, questa, che ha brillato anche per Augusto che di Cesare ha interpretato a suo modo la politica. La stella di Venere, quella che condusse Enea sulle coste dell'Italia, brilla ancora oggi qui da noi ed è l'emblema della Repubblica italiana. Enrico :) ** Le immagini delle fotografie provengono da Coinarchives.
    2 punti
  4. Ispirato dai tanti bei lavori che altri utenti hanno sfornato in precedenza, ho deciso di provare a dare un mio piccolo contributo, riguardante la vita di un imperatore cui mi sono interessato nel passato. E' la prima volta che svolgo un lavoro del genere, quindi ben vengano consigli e indicazioni! Marco Claudio Tacito Se ai posteri la morte di Aureliano può sembrare la drammatica perdita di un grande imperatore, non sappiamo come essa sia stata realmente percepita in un periodo in cui i pretendenti allo scranno imperiale si accavallavano a velocità spaventosa ormai da decenni, quasi sempre calpestando il cadavere del loro predecessore. la Historia Augusta menziona un periodo di circa 6 mesi in cui la carica imperiale rimase vacante, oscillante fra i maneggi del Senato e le lance delle legioni, ma si tratta di una asserzione priva dei necessari riscontri. Lo stesso si può dire riguardo la figura di colui che sarà scelto come successore di Aureliano: Marco Claudio Tacito. Le sue asserite origini italiche presso Terni (Iteramna), sono probabilmente derivanti dalla confusione con il luogo - Terni appunto - presso cui l'esercito lo acclamò come nuovo imperatore, mentre in realtà è probabile che si sia trattato dell'ennesimo danubiano, come molti suoi colleghi dell'epoca. Senza fondamento avrebbe anche la vantata parentela con lo storico Tacito, probabile espediente per vantare una storia familiare altrimenti oscura, così come dubbia pare la sua età (75 anni) al momento. Più sicura, parrebbe, la carica di console che Tacito ebbe a ricoprire nell'anno 273, assieme al collega Giulio Placidiano. Fra tutta questa serie di supposizioni,quel che è certo è che il Senato ratificò senza problemi la sua elezione, una volta che Tacito giunse a Roma, e che diversi autori antichi parlano del suo regno come di una breve era di concordia tra imperatore e Patres Conscripti. Anche questo dato, in ogni caso, non è esente da incertezze: sia Zosimo nella Storia Nuova che Giovanni Zonara nell'Epitome rimarcano come la sua elezione sia stata principalmente dovuta all'appoggio delle truppe, benchè al momento di questa scelta Tacito non fosse presente, bensì si trovasse in Campania presso la sua residenza di Baiae. Ad ogni buon conto, i primi atti del nuovo imperatore furono improntati alla moderazione e alla prudenza: richiese al Senato - e fu accontentato - onori divini per il suo predecessore, ma rifiutò per sè di assumere il titolo di Dominus et Deus natus che era appartenuto ad Aureliano; nel conio delle sue monete, fece ritorno l'antico digramma S C, e apparve la dedicazione al GENIVS SENATVS, mentre ebbe piacere di assumere personalmente il titolo di RESTITUTOR REI PUBLICAE. Nessuno all’epoca però poteva fantasticare troppo su un provvidenziale ritorno alla tranquillità, tutt’altro: Franchi e Alamanni erano per l’ennesima volta sul piede di guerra, e avevano attraversato il Reno, mentre altrove, nelle Gallie, erano in corso le scorrerie di altre bande germaniche formate da Lugi. Drammatica anche la situazione sulle frontiere orientali: interrotti necessariamente i piani di Aureliano per una campagna persiana, tribù di Eruli e di popolazioni Meotidi (originarie queste di regioni oltre la Crimea, presso il Mar d’Azov) avevano dato vita a violenti saccheggi nella regione del Ponto e in altre zone della provincia d’Asia, asserendo un presunto ingaggio- sfumato – per la spedizione contro i Persiani, che esigeva adesso riparazione. In questi frangenti confusi, Tacito ebbe da scegliere quale situazione risolvere per prima, e scelse l’Oriente. Coadiuvato dal fratellastro (e futuro imperatore) Marco Annio Floriano, cui da poco aveva concesso la carica di Prefetto del Pretorio, viaggiò verso i territori della Cilicia e della Cappadocia, fin dove erano giunti i barbari, e riuscì in breve tempo a sconfiggerli, riportando almeno momentaneamente in sicurezza la parte orientale dell’Impero e guadagnandosi l’appellativo di GOTHICVS MAXIMVS. Purtroppo questo primo successo fu anche l’ultimo, per Tacito. Proprio dopo la conclusione della campagna contro i Germani, mentre era sulla via del ritorno verso l’Italia, nel giugno dell’anno 276, l’imperatore morì presso la città di Tiana, in Cappadocia. Come molti altri eventi – pure importanti della sua vita - anche la fine è però incerta, per lo meno nelle sue modalità. C’è chi racconta di febbri mortali che avrebbero colpito Tacito portandolo velocemente alla morte; sempre Zosimo, invece, ipotizza una vicenda più complessa: alcuni oscuri personaggi avevano da pochissimo assassinato il governatore della Siria, e parente di Tacito, Massimino, e preoccupati delle conseguenze non trovarono di meglio che giocarsi il tutto per tutto uccidendo l’imperatore. Quale che sia la verità, la sua fine fu accolta senza troppo dolore, ma neanche festeggiata, dal Senato: sfuggì all’onta della damnatio memoriae, ma certo Tacito non fu ritenuto meritevole di onori divini: come molti prima e dopo di lui, ebbe accesso ad onori ed oneri della suprema carica in uno dei periodi più tormentati dell’Impero, dove solo uomini di qualità eccezionali – tanto positive che negative- riuscivano a spiccare e a cavalcare la tigre. Lontano dai successi di Gallieno o di Aureliano, Tacito non fu comunque una figura indegna, e venne ricordato per la morigeratezza dello stile di vita e per il carattere semplice e tranquillo.
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  5. ...vi rendo partecipi del fatto che da qualche giorno ho concluso il mio percorso di studi universitari e mi sono laureato. Perciò un giro per tuttti! :drinks:
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  6. Risultano numerose le occasioni durante le quali abbiamo scritto del significato che assume la presenza di Venere sulle monete fatte coniare da Giulio Cesare. Con delle modalità che si potrebbero definire tradizionali per la Roma repubblicana, le famiglie influenti utilizzavano le monete per glorificare la propria “gens” e Cesare stesso celebra la gens Iulia facendo incidere quanto di mitologico si voleva collegato a tale nome. La gens Iulia infatti, faceva risalire le sue origini a Iulo che era il figlio del troiano Enea che a sua volta era stato generato dall’unione di Anchise con la dea Venere. Possiamo notare la chiara allusione a queste origini mitologiche nel denario che riporta al dritto il ritratto di Venere rivolto a destra, mentre al rovescio si trova inciso Enea che reca sulle sue spalle il padre Anchise ed in mano il palladio (Cr. 458/1; B. 10). Quanto si trova celebrato sul precedente denario si collocava a pieno titolo nel solco della consuetudine repubblicana e lo stesso Cesare, nel corso della sua vita, avrà modo di dimostrarsi devoto alla dea al punto che fece edificare il tempio di Venere Genitrice; esso venne consacrato a Roma nel 46 a. C. La Pietas, per i romani, era una virtù fondamentale e la si esercitava dedicando agli dei la devozione del culto e della fede. Lo stesso Enea, mitologico capostipite della gens di Cesare, era la perfetta rappresentazione della pietas, ma qual era in realtà la devozione di Cesare? Le fonti e gli accadimenti storici ci propongono delle considerazioni molto interessanti. Svetonio (Suet., Caes. 6) scrive che Cesare, all’epoca ancora adolescente, pronunciò un discorso in occasione delle esequie di una zia che era moglie di Caio Mario e disse: “nella mia stirpe vi è la maestà dei re che eccellono per potenza fra gli uomini, e la sacralità degli dei che hanno la potenza dei re nelle loro mani”. Quanto leggiamo potrebbe apparire un esempio di retorica funebre che tendeva a soffermarsi sull’immortalità di una discendente dei Giulii o un’interpretazione di Svetonio che è vissuto in un’epoca molto differente da quella dei contemporanei di Cesare, ma vedremo che il tutto appare il frutto di quelli che erano i progetti ed i più personali slanci di un uomo che si vedeva motivato e proiettato in grandi imprese per sé stesso e per la sua famiglia. Imprese, queste, che segneranno la storia di Roma e porranno conclusione alla repubblica. Le monete fatte coniare da Cesare ci danno prova del fatto che egli seguì scrupolosamente tutto il percorso riservato ai giovani patrizi che intendevano accedere ai più elevati ranghi della vita pubblica. Questo non risultava possibile se non si accedeva anche alle più prestigiose cariche religiose ed a 17 anni divenne Flamine, ossia sacerdote di Giove (Suet., Caes. 1). Episodio, questo, che troviamo rimarcato nel denario coniato nel 49-48 a. C. Qui Cesare viene indicato con gli attributi tipici dei Flamini e ciò indica che egli si colloca, formalmente, all’interno della religione tradizionale. Al dritto si osserva un elefante rivolto a destra, mentre in esergo vi è CAESAR. L’elefante, da quanto riporta il Babelon, alluderebbe al nome di “Caesar” che in lingua punica sta ad indicare lo stesso animale che si vede raffigurato. Il rovescio è anepigrafo e porta raffigurati gli strumenti sacrificali: culullum, aspersorio, ascia e copricapo dei Flamini (Craw. 443/1, B. 9). Nel 63 a. C. poi, mentre la sua carriera politica era già ben intrapresa, riuscì ad ottenere la carica di Pontifex Maximus che lo rendeva capo della religione romana. A tal proposito, sia Tacito che Svetonio concordano nell’affermare che Cesare era sì nella condizione di poter concorrere all’ottenimento di tale carica, ma non era nella posizione migliore per assumersi tale responsabilità. A detta delle fonti, Cesare pagò profumatamente la sua elezione (Suet., Caes. 13) ed alla vigilia dell’esito della candidatura avrebbe detto a sua madre: “voi oggi vedrete vostro figlio o Pontifex Maximus o cacciato da Roma” (Plut., Caes. 7). Il denario che segue (Craw. 467/1b, B. 16) riporta al dritto il ritratto di Cerere rivolto a destra e coronato di spighe di grano. La legenda è: COS.TERT – DICT.ITER Al rovescio: AVGVR PONT MAX con simpulum, aspersorio, vaso sacrificale, e bastone degli auguri. Nel campo M (munus). Le fonti, nel narrarci dell’elezione di Cesare alla carica di Pontifex Maximus, non celano dei giudizi e dei rimproveri che sono diretti al di lui arrivismo, al suo relativismo religioso ed al fatto che abbia comprato quanto a Roma vi era di più sacro.
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  7. Ciao, riprendo con la biografia di Costantino già iniziata in due precedenti discussioni, http://www.lamoneta....logo-allimpero/ http://www.lamoneta....are-ad-augusto/ in quanto il 28 ottobre ricade la ricorrenza di una giornata importante della biografia di Costantino e quindi, dell’Impero. Quale migliore occasione? Nelle due di cui sopra si è ripercorsa la vita di Costantino dalla nascita sino alla proclamazione ad Augusto. La situazione a Roma Massenzio, dopo aver cavalcato il rinnovato orgoglio “romano” susseguente alle malparate di Severo e di Galerio, non si rese conto di dover procedere al riordino dell’assetto socio-economico della penisola italiana e in particolare di Roma. Le spedizioni militari dei due avversari già citati, sebbene non coronate da successo militare, portarono all’abbandono della popolazione delle campagne, con distruzione di insediamenti e di magazzini lungo il percorso dei due eserciti; oltre a ciò si aggiunsero due cattivi raccolti. Ci fu pertanto un periodo di carestia durante il quale il fabbisogno cerealicolo di Roma e del territorio italiano dipese per i due/terzi dalle importazioni dall’Africa. Ma l’Africa si ribellò (308), eleggendo un proprio Imperatore, Lucio Domizio Alessandro (Lucius Domitius Alexander) ovvero il vicario del Prefetto dell’Africa, di origine Frigia o Pannonica. Il progressivo malumore del popolo, affamato e soggetto a nuove gravose imposte, ben presto cominciò a farsi sentire; gli unici a restare fedeli a Massenzio era l’esercito ed i pretoriani, ben pagati e gratificati da donativi. Massenzio perciò fu costretto ad inviare in Africa il prefetto del Pretorio, Rufio Volusiano (Gaius Ceionius Rufius Volusianus) affiancato dall’esperto generale Zenas. Alla guida di un piccolo esercito ben addestrato assediò Alessandro a Cirta, lo catturò e lo giustiziò, dando all’esercito libertà di saccheggio della ricca Provincia. Roma riprese il controllo sugli invii di cereali dall’Africa verso l’Urbe. Maxentius augustus—struck by Maxentius Ostia, 308-310 obv.- IMP C MAXENTIVS P F AVG; laureate bust right rev.- VICTOR OMNIVM GENT AVG N; Emperor in military dress standing right receiving Victory and suppliant Africa from Mars, MOSTT in ex RIC VI Ost 55 (var); Fail 152 25mm; 3.9g; nummus Rufio Volusiano fu premiato e promosso dapprima praefectus urbi di Roma, quindi Console (311). (NB: la carriera di Rufio Volusiano continuò anche dopo la caduta di Massenzio e ripercorse sotto Costantino la medesima ascesa politica).
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  8. Devo dire che ho iniziato questa discussione proprio perche' questa moneta non aveva la solita brutta faccia della patacca, ma nemmeno sarei stati pronto ad offrire certe cifre per diversi motivi : Innanzitutto il venditore non accetta paypal e questo puo' fare da deterrente per gli scettici, poi gli ho chiesto le foto del contorno ma me ne ha mandata una della dimensione di 4 Kb che, ingrandita, sgranava a circa 3 cm x lato. Oltretutto vedendo la patacca della casa d'aste dell'altra discussione che differiva dall'originale soprattutto per il nodo savoia obliquo in basso, mi sono venuti i dubbi quando ho notato una maggiore consunzione proprio nella zona dove c'erano questi particolari. Resto comunque dell'idea che a quelle cifre si poteva acquistare da fonti piu' sicure rischiando molto molto meno.
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  9. Sembrerebbe un trachy di Isacco II, anche se per via delle misure e della probabile assenza d'argento, anche in piccolissima percentuale, potrebbe essere un'imitativa bulgara databile a cavallo del XIII secolo. Per un confronto con la moneta "ufficiale": http://wildwinds.com...c_II/sb2003.jpg Con foto migliori si potrebbe essere più sicuri: le emissioni latine e di nicea sono sempre in agguato...
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  10. DE GREGE EPICURI Tutto questo naturalmente e' di estremo interesse, e visitero' la mostra quanto prima (anzi, due volte: con "Quelli del Cordusio" e col gruppo di docenti/studenti del Corso di Storia del Cristianesimo Antico della Statale). Devo dire pero' che i titoli del libro citati da Dabbene trasudano santita' in modo un po' eccessivo; come anche gli articoli usciti recentemente su l'Osservatore Romano e l'Avvenire (li potete trovare linkati in una discussione di Monete Romane Imperiali). E Crispo? e Fausta? e la politica accorta e spregiudicata di Costantino, che seppe utilizzare i Cristiani e la chiesa per la propria maggior gloria, per tutta la vita? E il Concilio di Arelate, che scomunicava i soldati cristiani disertori, a dispetto dei precedenti orientamenti pacifisti prevalenti nel cristianesimo? Insomma, l'argomento e' interessante, ma molto complesso e piuttosto controverso. Come introduzione minima, sia storica che numismatica, consiglierei la lettura dell'ultima discussione di Illyricum e dei links relativi.
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  11. è una moneta da sei soldi eemessa per Gerolamo Priuli - in esergo , lo zecchiere FM <massaro Francesco De Mosto http://www.mcsearch.....html?id=548870
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  12. secondo me questa "spina" :pleasantry: è come questa http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-GEV24/3 minuto di Carlo VII
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  13. Io continuo a mantenermi cauto sulla autenticità. Comunque anche se originale non arriva all'MB. Non e' che chi se l'e' aggiudicata abbia fatto chissà che affare...in questa conservazione arriva a fatica ai 2 mila euro. E devi trovare chi si compra un esemplare così conciato!
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  14. Ciao, manca al D/ sotto il busto NIC.CEBRARA? Ciao TIBERIVS
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  15. .....Questi li trovi in cogliando i minuti...et quandi li mangi ano gusto di medio evo ......... :rofl:
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  16. Il RIC riporta per questa moneta tutti i simboli di zecca, compresa la S. Ti allego uno strappo: p.s. al verso c'è Giove, non Saturno.
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  17. La prevalenza che hai riscontrato non mi stupisce. Si tratta porò in entrambi i casi di monete di non facile reperibilità e tuttavia non di tale rarità da poter raggiungere un grado superiore. Insomma anche ad ammettere che i puntali sagomati per la lira di Bologna 1812 siano meno frequenti dei puntali aguzzi, tuttavia ciò non è sufficiente a far considerare la variante R3 o quella con puntali aguzzi semplicemente R. Riassumendo a mio avviso: Venezia lira 1812: puntali aguzzi R; puntali sagomati R2 Bologna lira 1812: puntali aguzzi R2; puntali sagomati R2 (quest'ultima nel Gigante ha un imbarazzante C)
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  18. Complimenti! ...D'ora in poi sarai Dr.AgoDormiente ... Un immenso "in bocca al lupo" per il futuro!
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  19. La foto la conservo nel database come riferimento, la trovi come allegato. La discussione (storica... quanti ricordi!!) la trovi qui: http://www.lamoneta....tra-120-g-1854/ Saluti, F.
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  20. In questo quadro storico si inserisce quello fornito dai panegiristi latini che attribuirono la vittoria di Costantino al famoso sogno da lui avuto la notte antecedente la battaglia. E alla seguente scelta di decorare con il monogramma di Cristo dipinto sugli scudi o labari e la scritta fatidica “in hoc signo vinces”. In realtà se ci fu una visione “illuminante” questa era quella del Dio Invitto a Gand e la prima versione “ideologicamente cristiana” è da attribuire a Lattanzio nel 317, mentre si trovava nella corte di Costantino a Treveri e l’autore fa cenno ad una voce udita nel sogno o nel dormiveglia. Inoltre a ben guardare la vicenda liberi da lacci teologici Costantino è debitore verso… i Libri Sibillini e il loro verdetto che spinse Massenzio a far uscire l’esercito dalla città. D’altra parte, anche i panegiristi assegnano a Dio questa avventata azione militare: “Per evitare che Costantino fosse costretto a combattere contro i Romani Dio stesso trascinò costui (Massenzio) lontano dalle porte di Roma” (Eusebio da Cesarea). Sul tema della “visione di Costantino”: http://www.lamoneta....-di-costantino/ Ma tornando a Costantino, questo non meritò la palma del più clemente, in quanto fece sterminare tutta la stirpe di Massenzio. Fece uccidere i figli legittimi, quelli illegittimi, le concubine e per ultimo, la moglie (che sembra fosse di fede cristiana). Abolì i Pretoriani e fece giustiziare coloro che erano più legati a Massenzio. In poche parole mostrò alcune caratteristiche che segnarono la sua vita: l’abilità strategica, il coraggio, la fortuna e non ultima, la spietatezza. Visse a Roma per un paio di mesi: non gradiva la città (la presenza solo episodica dell’imperatore nella capitale è esplicitamente lamentata nel panegirico per Costantino pronunciato a Roma dal retore Nazario nel 321 (X, 38, 6): «Solo una cosa potrebbe rendere Roma più felice, una cosa grandissima certo, ma una sola: vedere il suo liberatore, te o Costantino, e i suoi figli beatissimi, i Cesari». A Roma l’imperatore si soffermò brevemente solo in tre circostanze: innanzitutto nel 312 per lo scontro finale con Massenzio (il 28 ottobre); dal 25 agosto al 19 ottobre del 315 per la celebrazione congiunta dei decennalia e della sconfitta di Massenzio; dal 18 al 25 luglio del 326 per i vicennalia e la sconfitta di Licinio ad Adrianopoli e Crisopoli.) ed infine si recò a Mediolanum per incontrarsi con Licinio Valerio Liciniano, il nuovo alleato, prossimo cognato e futuro antagonista per il dominio dell’Impero. Era il febbraio 313. I due Augusti emisero un editto in favore dei Cristiani: non era molto dissimile da quelli precedenti di Galerio e di Massenzio ma affermava che la religione cristiana non solo era tollerata bensì lecita, al pari di quella pagana. Assieme a Costantino c’era la sorellastra Costanza che diede in moglie al collega. Ultrasessantenne lui, ventenne lei.
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  21. Carissimo Luca, su Bologna sto lavorando a una schedatura precisa di tutte le rarità (il lavoro è più avanzato rispetto alle altre due zecche). Dai miei appunti la lira del 1812 è di rarità più o meno equivalente nelle due varianti dei puntali aguzzi e sagomati. Io le classifico R2
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  22. Fino al 1621, sì, anche se nei documenti trovo spesso e volentieri indicazioni di un ritardo da parte della zecca di Casale a recepire gli aggiustamenti introdotti nelle zecche sabaude. Probabile che lo stesso avvenga anche dopo, col nuovo pezzo da tre grossi, anche se non c'è l'assoluta certezza che anche nel 1628 (quando il cavallotto sabaudo raggiunge il titolo di 1.12 denari di cui parli tu) si scenda fino a quel valore, perché la documentazione a quel punto viene meno. Ma sono piuttosto propenso a crederlo. Insomma, sì, l'allineamento tra le due monetazioni era molto stretto. Ci possono essere delle minime sfumature, perché saltuariamente il taglio è espresso in pezzi su marco di Milano, mentre per le monete del Ducato di Savoia si usava sempre il marco di Parigi. Ma facendo le conversioni si ottengono valori assolutamente in linea. E.
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  23. Segnalo la passata discussione "la verità sul 20 cenetesimi 1907 uniface..." LINK
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  24. Intervengo per confermare che nei cataloghi commerciali di uso normale molte varianti non sono classificate e sono catalogate alcune altre che non esistono. Nel caso della lira veneziana del 1812 è quindi certamente possibile che il segno di zecca sia ribattuto su M. Per Venezia non si conoscono varianti della Legion d'onore, mentre nel nostro caso la variante con puntali sagomati è certo meno frequente di quella con i puntali aguzzi, senza però essere variante di assoluta rarità. Confermerei R2
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  25. Bene ....ma quale? Tomaso (che inizia con TC DV), Giano (che inizia con IC DV), Ludovico (che inizia con LC DV) o Pietro (che inizia con PC DV)? Ma non voglio essere cattivo e allora ti dico anche come finiscono le legende nell'ultimo quadrante del R/: Tomaso finisce con RE Giano finisce con D o R o I o N e rosetta Ludiovico finisce con A o C o R e rosetta Pietro finisce con B o D o I o P o X e rosetta Allora di chi è?
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  26. “Nella mia stirpe vi è la maestà dei re […] e la sacralità degli dei”. Appaiono profetiche queste parole pronunciate da Cesare ancora adolescente e quasi un progetto che non avrebbe coinvolto solo lui e la sua famiglia, ma tutta Roma e così il mondo allora conosciuto. In questa frase si rintraccia l’idea del “sacrum imperium”, del “regnum” che si giustifica come un’istituzione non soltanto temporale, ma anche sostenuta dal divino e fu Cesare colui che per primo a Roma diede alla figura del “princeps” la caratteristica fondamentale di massima autorità sia politica che religiosa. Essere capo non solo del potere materiale, ma anche di quello della religione capitolina (Pontifex Maximus) rimase un tratto distintivo degli imperatori fino a Graziano. La forma di un “regnum” a Roma non era nuova in quanto si era già espressa in alcuni aspetti del periodo dei re e fu sugli archetipi arcaici di Romolo e di Servio Tullio che Cesare modellò il suo potere. L’intento di sacralizzare la propria persona al fine di essere riconosciuto eletto dagli dei, in virtù della sua onnipotenza, e superiore ad ogni altro romano rispondeva indubbiamente al suo progetto di spostare le sue azioni belliche verso l’Oriente dove i monarchi erano considerati divini dai loro sudditi e predisporsi così ad esercitare con pari prerogative la sua influenza su quei potenziali sudditi, ma le forme religiose che Cesare considerava proprie erano quelle della tradizione romana. Nonostante egli fosse religiosamente incredulo assolse con zelo ai suoi compiti di Pontifex Maximus, accordò la sua preferenza agli auguri piuttosto che agli aruspici, valorizzò ed utilizzò le antiche cerimonie come quelle dei Lupercali e dimostrò sempre interesse per la più antica e genuina religione latina. Aspetto, questo, che motivò Varrone a dedicargli la sua opera “Antiquitates Divinae”. La fusione che Cesare creò in una sola persona dell’autorità profana e di quella religiosa non fu l’unico segnale del suo intento di procurare un potere perfetto per sé stesso, ma aveva predisposto le sue azioni al fine di giungere alla configurazione di una monarchia aderente allo schema gentilizio della successione per legami di sangue e questo avvenne con l’adozione di Ottaviano. La sua stessa divinità non veniva così proposta dal dittatore perpetuo con le forme della celeste regalità degli orientali, ma lo fece come se stesse predisponendo l’esito della propria vita mortale nell’apoteosi che ogni grande romano si attendeva a maggior gloria della propria gens, come se realizzasse lui stesso quanto riportato nel “Somnium Scipionis” che rappresentava la descrizione del Romano perfetto operata da Cicerone. Cesare piegava, quindi, la religione e la religiosità con una perfetta autoreferenzialità e più volte nei suoi scritti e negli aneddoti che le fonti ci tramandano si nota che egli considerava la Fortuna come unica attrice delle vicende umane e soprattutto nelle cose di guerra. Come era stato per il più remoto Silla, anche Cesare guardava alla Fortuna come all’unica forza da cui tutto dipende, ma per lui essa non è la dea bendata del Pantheon romano; caratteristica di tale sua entità è il piacere per i mutamenti improvvisi delle situazioni. Cesare nutre una rivoluzionaria indifferenza per gli auguri ed i sacrifici anche se li utilizza per indirizzare le scelte dei Romani; egli afferma la sua personalità direttamente e la traduce in termini di azioni concrete ed incisive. Ad un fatalismo di carattere esteriore e trascendente oppone un fatalismo di carattere superiore ed immanente come per dire: cogliere l’occasione propizia e sfruttarla. Questo era l’unico credo di Cesare tanto che sarà Plutarco ad affermare che “i romani si sono inchinati di fronte alla Fortuna di Cesare”.
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  27. Gli autori antichi ci descrivono Cesare con modalità che, trascendendo anche le diverse fazioni, lasciano trasparire il suo relativismo religioso ed il cinismo con cui ha utilizzato la fede dei romani per proseguire nel suo progetto di affermazione della propria autorità. Se fin da giovane egli era asceso ai più alti vertici della vita politica romana, saranno le vittorie sui campi di battaglia che gli offriranno la possibilità di risultare onnipotente e se Silla già prima di lui aveva potuto aggiungere la divinità all’onnipotenza, con non poco cinismo, ora Cesare arriverà a far scaturire la divinità dal suo potere. Per gli antichi non era difficile accedere a quello che per noi oggi risulterebbe un concetto poco condivisibile e che potremmo definire la “teologia della vittoria”. Per la società pagana non era difficile intravedere il favore degli dei verso coloro che guidano gli uomini e riportano grandi ed onorevoli vittorie. Cesare utilizzò con grande consapevolezza proprio questa antica sensibilità. Nel 68 a. C. aveva ostentato la propria discendenza da Venere, nel 63 si era impadronito del pontificato massimo ed aveva diffuso leggende sulla propretura di Spagna nel 60. Per le numerose vittorie riportate in Gallia aveva fatto tributare agli dei del popolo romano interminabili “supplicationes” che si celebrarono nel 57, nel 55 e nel 52 a. C. Passò poi il Rubicone affermando di ubbidire ad un richiamo celeste e fece ritardare volutamente la notizia di Munda affinchè giungesse a Roma alla vigilia delle “Palilia”. Cesare curava così la propria apoteosi e lo faceva aderendo pienamente alle forme ed alle sensibilità della religione tradizionale, ma dietro a tutto ciò vi era una strategia, la previsione quindi di quello che era il risultato da ottenere. L’indole che Cesare aveva in queste cose la possiamo trovare descritta da Plutarco (Plut., Caes. 21) che ci riporta un episodio della guerra contro i Germani di Ariovisto. I Germani, narra Plutarco, prima di intraprendere delle battaglie, chiedevano gli auspici delle sacerdotesse che intendevano i segni comunicati dalla natura delle acque e dei boschi traendo i segni del da farsi dai gorgoglì delle correnti. Tali segni avevano espresso la necessità di attendere la luna nuova e così i Germani si disposero all’attesa, ma Cesare approfittò dell’occasione per colpirli di sorpresa ed agì in un modo che non solo non rispettava la religione dei barbari, ma che in ciascun altro avrebbe suscitato il timore dell’ira divina. Cesare non rispettò i segni celesti e vinse. Nel tempo, poi, si gabberà spesso di diversi altri vaticini come fece con quelli che caratterizzarono l’alba del 15 marzo del 44 a. C. Se questo era il suo atteggiamento interiore, i suoi comportamenti esteriori aderivano alla Pietas e nell’epico trionfo del 46 a. C. mostrò un raccoglimento ed una gravità degni di una religiosità antica e fortemente sentita al punto che salì i gradini del Campidoglio in ginocchio. Sul frontone del tempio il suo nome risplendeva sotto quello della Triade e nella cella, di fronte alle divinità poliadi, erano stati posti il suo carro ed una statua di bronzo che lo raffigurava in piedi sul globo del mondo. Sullo zoccolo era incisa la dedica del senato: “ a Cesare il semidio”. Queste erano le forme esterne che Roma gli tributava, ma insieme a queste c’erano gli atteggiamenti dei Romani come quelli di Cicerone che gli rivolse delle lodi (in: Pro Marcello) e finì per definirlo “deo simillimum”. Dopo Munda la realtà arriverà per Cesare all’altezza delle iperboli ed egli cominciò a collezionare gli attributi di un dio: i giochi celebrarono le sue vittorie, il suo compleanno venne festeggiato durante i giochi di Apollo, il mese in cui era nato da “Quintilis” venne rinominato “Iulius”. Ottenne poi un carro processionale, un “ferculum” che era una tavola per le offerte, un “pulvinar” che era il letto sacro, un frontone sulla propria casa, un flamine personale e due statue cultuali. Una di queste statue venne posta nel tempio di Quirino e l’altra in quello della Clemenza. Ottenuto tutto ciò, Cesare era in possesso di tutti gli attributi di un dio e ne assunse così anche il nome; il Senato, infatti, glielo impose ufficialmente agli inizi del 44 a. C. ed egli non lo rifiutò. E’ in tale contesto che si colloca la comparsa, finora inedita nella storia di Roma, del ritratto di un uomo ancora vivo sul dritto delle monete. Fino a quel momento si erano rintracciate divinità, eroi ed illustri personaggi ricordati dopo la loro morte. Possiamo osservare il ritratto nel denario (Craw. 480/8, B. 35). Al dritto è inciso il busto di Cesare coronato e rivolto a destra, la legenda: CAESAR DICTPERPETUS. Al rovescio Venere rivolta a sinistra con la Vittoria in mano e lo scettro, la legenda: L.BUCA. Diventato “divus”, Cesare aveva ottenuto anche la possibilità di consolidare il suo potere materiale su Roma e poteva attuare nel miglior modo possibile i passaggi dalla dittatura prolungata ma temporanea, alla monarchia pura della dittatura a vita. Nel 46 a. C. era stato autorizzato ad indossare in qualsiasi momento la porpora ed il lauro del trionfatore, gli attributi dell’imperatore inteso ancora come titolo onorifico concesso ai generali vittoriosi. A differenza degli imperatori precedenti, però, che avevano avuto la possibilità di vestire le insegne di tale titolo solo durante le feste, Cesare poteva farlo quando voleva, quasi fosse un “imperatore a vita” e tale era cominciato a somigliare. “Imperator” per definizione, Cesare avrebbe acquisito di diritto i massimi auspici e la sovrana autorità dello stato fino a somigliare ad un dittatore a vita e tale divenne esplicitamente in virtù del senatoconsulto, la cui copia gli venne consegnata con grande solennità il 14 febbraio del 44 a. C. Cesare diventava così “dictator perpetuus”.
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  28. buonasera... vengo ancora a voi esperti per un mio ennesimo dubbio. vengo al dunque, hò visto in una vendita online la suddetta moneta ( l'inserzione dice, anno 1957) però io, per quel pò che ne sò, la suddetta moneta è stata coniata in una serie limitata (1.004 / 7 ) pezzi e con le bandiere controvento. (ed un costo molto elevato ) ora posto la foto dell'inserzione. ( prezzo di vendita parte da 8 euro + sp ) domanda sono state coniate monete--1957-- anche con le bandiere ''normali'' o si tratta di una ''patacca'' grazie.
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  29. Taglio: 1€ Nazione: Finlandia Anno: 2003 Tiratura: 543.500 Condizioni: bb Città: Lecco
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  30. Sul nuovo volume degli “Annali dell’Istituto Italiano di Numismatica” (AIIN), vol. 57 del 2011, appena pubblicato e reperibile presso l’Istituto Italiano di Numismatica (Palazzo Barberini, via 4 Fontane – Roma, prezzo 70 euro), è riportato un importante articolo, intitolato “Monete in tomba: due tesoretti di argento dalla necropoli occidentale di Himera”, pagine 9-37, a firma di C. Boehringer, L. Brousseau e S. Vassallo. Stefano Vassallo è un valente archeologo che sta seguendo gli scavi archeologici a Himera. Negli anni 2008-2011 ha diretto l’esplorazione della vasta necropoli occidentale, nella località detta Buonfornello, che è vicina e parallela all’autostrada Palermo-Catania e che ha restituito qualcosa come oltre 9500 tombe, per la maggior parte inviolate e che coprono, senza particolare ordine, tutto l’arco del V secolo a.C. Sono note altre due necropoli di Himera, una molto vasta a est, oltre il fiume, dalle pendici di Rocca D'Antoni fino alla piana di Pastavecchia, in parte scavata già nel 1936 e che risale a quasi tutto il VI secolo (quindi più antica di quella occidentale), e una a sud, più piccola, che si estendeva tra la zona della città e le pendici del Cozzo Scacciapidocchi, tutta del V secolo a.C. Data l’importanza dell’articolo, provo a riassumerlo, rimandando ad esso ulteriori dettagli. Le foto a colori sono state tratte da un poster che il dr. Vassallo aveva pubblicato in via preliminare e prima della pubblicazione dell’articolo. http://download.sns.it/labarcheo/erice09/Poster_DeSimone_Vassallo_light.pdf Allego intanto la piantina topografica della zona di Himera (osservare anche il cambiamento della linea di costa, che anticamente era più vicina alla città): Durante questi scavi sono avvenuti anche alcuni rinvenimenti monetali, confinati al V secolo a.C. L’importanza della notizia risiede nel fatto che per il V secolo a.C. sono rarissimi i ritrovamenti di monete nelle tombe. Infatti solo a partire dal secondo quarto de V secolo a.C., parallelamente alla diffusione della moneta, specialmente dei nominali di basso valore (in argento e in bronzo, come gli oboli e le litre), si avvierà la consuetudine (all’inizio molto rara) di aggiungere al corredo funerario anche il famoso “obolo di Caronte”, che veniva deposto in bocca o in una delle mani oppure sul petto del defunto e che doveva servire a pagare il mitico nocchiero che doveva traghettare l’anima verso il mondo ultraterreno. Di particolare rilievo sono due tesoretti di monete in argento di alto nominale, uno nella tomba W641 e uno nella tomba W738. (continua)
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  31. Ciao, vedendola ingrandita mi fa un'altro effetto, come l'hai postata la prima volta mi dava l'idea di una galera, vedendola ingrandita e in altra rotazione potrebbe essere anche Titia, prova confrontarla con Titia con Pegaso in volo vedi se riesci a trovare delle linee che potrebbero conbaciare con quel denario.... comunque per il foro ci potrebbero essere mille motivi, potrebbe essere stata bucata per farci una collana e poi quando ha notato che era suberata ha deciso di fermarsi, oppure voleva metterla come borchia su una cintura o cos'altro......capire l'azione di una persona fatta decine di secoli fa è difficile si può solo supporre.....comunque molte volte foravano le monete perchè devoti al Dio rappresentato nel dritto e ci facevano collane questo solitamente è il motivo della più maggior parte dei casi....oppure come decorazione su qualcosa che le attaccavano
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  32. La quantità di monete (e di conseguenza di conii) di questo tipo è enorme. Sarebbe praticamente impossibile trovare due monete dello stesso conio. Arka
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  33. io sono dell'idea che chi ha fatto la foto ha mantenuto il troppo sfondo apposta per confondere un pò le idee.....comunque resto dell'idea che monete come il cappellone, littori e 5 lire 1911 o altre di cui esistono quintalate di falsi, o li compri da persone fidate o li compri periziati, non c'è alternativa....regalini è leggenda ormai
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  34. Ciao appah, mi permetto di anticipare a tutti che l'amico Gionata Barbieri ha preparato un corpus esclusivamente dedicato alla monetazione enea di Tancredi e Ruggero III e che sarà pubblicato nel prossimo numero di Monete Antiche. Nel suo lavoro l'autore rintraccia ben 21 differenti serie per questa emissione, dopo aver studiato 162 monete che apparentemente ad uno sguardo non attento sembravano tutte identiche. La tua moneta corrisponde ad una variante della serie Barbieri 10, in quanto presenta due anellini sulla parola REX.
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  35. Scusate l'OT ma vorrei fare i complimenti a @@fabione191 per la sua firma e le sue massime sulle monete.. Bellissime e tremendamente vere ;-)
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  36. Ancora due parole per scusarmi delle orribili foto che ho postato…picchiatemi, ditemi tante parolacce…ma non ho saputo fare meglio ad ogni buon conto spero di aver dato una idea esauriente di un tipo di contenitore, variegato nella sua unicità, che favorisce l’esposizione, che si conserva in poco spazio: una scatola di cartone con impilate le lastre va benissimo se si ha l’accortezza di inserire tra una lastra e l’altra un cartoncino, oppure le lastre, messe per dritto, possono trovare posto nella libreria della nostra biblioteca, come si fa con i libri, o conservate nei cassetti della scrivania e perché no esposte su di una consolle o su altro ripiano. Stò pensando a te Magdi ed all’utilizzo che potresti farne nel museo dove operi… te la immagini una collezione che illustri la monetazione di Roma in pochi quadretti del tipo proposto? Il primo potrebbe essere dedicato alla tipologica repubblicana, un secondo ed un terzo dedicato al Denaro (Repubblicano prima, imperiale poi) magari utilizzando il formato A3; un quarto potrebbe essere dedicato alla iconografia degli imperatori riportata sul Sesterzio ed un quinto accoglire i ritratti delle Auguste; un sesto quadro potrebbe illustrare, sempre iconograficamente, con l’Antoniniano, gli imperatori del breve ed intenso periodo che va sotto la denominazione di “Anarchia militare” e buon ultimo un settimo quadro potrebbe raccoglire la monetazione dei “Tetrarchi” assieme a quella dell’età di Costantino… Non monetine presentate alla rinfusa, quale capita a volte di vedere in certi musei; ma bene evidenziate le divise più importanti divise che hanno accompagnato la storia della “Città Eterna” inquadrate in un contesto storico preciso che completi l’esposizionme de reperti di maggior rilievo presenti nel museo; in poco spazio, immagazzinabili con ordine, protette dagli agenti esterni e pure tuttavia sempre disponibili per lo studio se poi aggiungiamo la facilità di realizzazione ed il costo contenuto, il gioco è fatto. Era solo un’idea; ma gli utilizzi ed i fini potrebbero anche essere altri; ho notato per esempio come una luce laterale, messa di spigolo su uno dei bordi delle lastre enfatizzi non poco i rilievi…Ho finito, era ora dirà alcuno; ma vi prego di essere benevoli: Buona moneta a tutti da parte di Cesare Augusto Oggi ho imparato una cosa nuova
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  37. Caro Darecta, tu mi pugnali al cuore!!! Moneta della più esimia rarità, senza ombra di dubbio. Oggi sono lontano dai sacri testi e pertanto non riesco a dirti di eventuali altri passaggi. Ci riaggiorniamo quando ho i miei riferimenti sotto gli occhi! Intanto complimenti Michele
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  38. Possiamo evitare, gentilmente, di insinuare per l'ennesima volta che lo staff del forum è a libro paga delle case d'asta, dei commercianti, dei poteri forti, del complotto plutogiudaicomassonico o degli alieni? Non è questione di paura, è questione che le gogne pubbliche non ci piacciono e continueremo a fare tutto il possibile per evitarle. Concentriamoci sul consigliare al nostro nuovo amico la maniera migliore per gestire questa situazione. Mi pare evidente che la prima cosa da fare sia verificare che la spedizione è effettivamente ferma in dogana.
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  39. WOW! Davvero bella! E' il fiore all'occhiello della nostra zecca... Mi auspico solo che il prezzo così alto rimanga sempre propozionato alla qualità del conio... Vero, però il cofanetto è migliorabile, vedi Lussemburgo e Portogallo Eh, ma ritengo improbabile che l'IPZS possa avvicinarsi a quei livelli... E' questione di "cultura"..., che non rientra nel modus operandi della nostra zecca ...
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  40. @@geppe83 Ecco un esempio di come fare foto. La moneta non c'azzecca niente... ma è quella che avevo nel portamatite :P Metti la moneta perpendicolare all'obiettivo, e poi elimina lo sfondo ritagliando lo spazio inutile che circonda la moneta. Aumenta solo il peso del file...
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  41. WOW! Davvero bella! E' il fiore all'occhiello della nostra zecca... Mi auspico solo che il prezzo così alto rimanga sempre propozionato alla qualità del conio... Vero, però il cofanetto è migliorabile, vedi Lussemburgo e Portogallo
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  42. Chiedo scusa se m'intrometto ...ma non capisco: Che cosa vuol dire questo ... che questo forum non è "libero"? Che non si possono "scrivere" le proprie opinioni? Che a "qualcuno" spiace leggere pareri non conformi? Che ci sono dei "segreti" che si possono dire solo nell'orecchio? Questo mi inquieta un po' ... Credo che il Forum sia libero anche nella misura in cui un utente si senta legittimato a esprimere opinioni privatamente, quando queste ultime possano magari non risultare gradite a tutti, soprattutto quando contengono giudizi di merito su una monetazione piuttosto che un'altra
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  43. Sta accadendo sempre più spesso che finite le aste non pagano con dei motivi assurdi e con domande che potrebbero fare prima di qualsiasi offerta!!!!! Come in tutti i settori che hanno un forte incremento di " appassionati " all'inizio c'è di tutto e di più molti vengono dalla passione Euro pensando che sia la stessa cosa......... grosso errore!!!!!! Qui ci vogliono minimo 4/5 anni di STUDIO assiduo per poter solo dire di iniziare a capire qualcosa.
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  44. Gli storici individuano tre differenti calendari tra i quali uno per i sacerdoti, uno sacro per l'intera comunità ed uno per i contadini, che si basava principalmente sulla vita nei campi. Mentre il calendario sacro veniva contato secondo il ciclo dei venti segni che avevano un circolo di soli 260 giorni, il calendario dei contadini, che si basava sul ciclo delle stagioni, sui periodi di semina e di raccolta e sulle principali ricorrenze campestri, vedeva una durata di 365 giorni, composto da diciotto mesi da venti giorni ciascuno, più cinque giorni aggiuntivi di fine anno chiamati nemontemi (“giorni inutili”) e considerati giorni sfortunati. I bambini che nascevano in questi giorni, venivano chiamati nemo, ad indicare coloro che non avrebbero avuto fortuna nella vita e per questo erano destinati a vivere nella miseria e nella povertà. In questi giorni erano vietate le cerimonie ed i rituali importanti tranne una, che veniva celebrata apposta per scongiurare la fine del mondo, in quei giorni funesti, tanto sentita. Simboli del calendario sacro azteco (presenti anche nella Piedra del Sol).
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  45. Se il Sole è rappresentato dalla Piedra del Sol, la Luna, invece, è rappresentata dalla splendida Lapida Lunar. La leggenda narra che gli dei, per differenziare la luna e non farla competere con la luminosità del sole, le inviarono un coniglio. E questo vi rimase formandovi una grande “macchia” che tutt’oggi possiamo ammirare. Anche la luna viene rappresentata sotto forma di pietra calendarica con il numero quattro (numero del calendario con cui viene indicato l’astro) presente nella parte superiore. Il coniglio Tochtli viene posto al centro di un grande cerchio dove poggia un vaso colmo di acqua. Il primo cerchio è circondato a sua volta da un altro, che presenta delle “punte” indicanti i raggi, ormai non più luminosissimi, della luna.
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  46. Come ultima tappa del mio viaggio vi parlerò dello splendido Museo Nacional de Antropología. Questo museo è talmente grande e ricco che dovete perderci almeno mezza giornata. Tra i fantastici reperti e l’incredibile sezione all’aperto dove le rovine sono collocate nel “loro ambiente naturale” sembra quasi di essere in un set cinematografico. Ma come tutti vi starete immaginando, non si può parlare di Museo Nazionale senza parlare della Piedra del Sol. La “Pietra del Sole” è un monolite di origine azteca rinvenuto nel 1790 nelle vicinanze dello Zocalo, piazza principale di Città del Messico. La pietra, che devo dire, è maestosa, è anche chiamata la pietra di Tenochtitlan, nome della capitale dell’impero azteco. La pietra, come vediamo in alcune ricostruzioni, dove originariamente essere in parte dipinta, con colori come il giallo ocra ed il rosso, simbolo del sangue, colori dalla forte natura simbolica. Gli storici sono quasi del tutto certi che la sua funzione fosse quella di un calendario ma riguardo alla sua posizione originaria, si dibatte ancora oggi se la pietra fosse stata disposta in posizione orizzontale o verticale, propendendo per la prima ipotesi. Il Sole, posto come centro dell’Universo, era il principale mediatore tra gli uomini e il cielo, tra la vita e la morte. La pietra, oltre alla funzione di calendario solare, regolava la vita stessa dell’uomo. I sacrifici umani, infatti, facevano si che il sole potesse rinascere ogni giorno. La pietra presenta una serie di cerchi concentrici nel cui centro è raffigurato Tonatiuh, dio del “Quinto Sole”, sorto dopo la fine apocalittica delle quattro ere anteriori. La figura ha la bocca aperta per mettere in evidenza il coltello sacrificale in pietra di ossidiana usato per i sacrifici. Il collo e le orecchie sono ornati rispettivamente da una collana e da un paio di orecchini di giada. Nel primo cerchio troviamo rappresentati i 4 soli generatori del mondo, periodi in cui il genere umano si sarebbe estinto. La lettura deve essere effettuata da destra a sinistra dove incontriamo, per ordine, il Primo Sole, rappresentato dal giaguaro (ocelot) ed il Secondo Sole, con il vento (ehecatl). Nella parte inferiore, troviamo invece il Terzo Sole, rappresentato dalla pioggia di fuoco (quiàhuitl) ed il Quarto Sole, con l'acqua (atl). Ai lati di queste figure si possono vedere degli artigli d'aquila che trattengono un cuore. Nel secondo cerchio troviamo i 20 simboli del calendario sacro, che avevano un circolo di soli 260 giorni: coccodrillo (cipactli), vento (ehécatl), casa (calli), lucertola (cuetzpallin), serpente (còatl), morte (miquiztli), cervo (màzatl), coniglio (tochtli), acqua (atl), cane (itzcuintli), scimmia (ozomatli), erba divina (malinalli), canna (àcatl), giaguaro (océlotl), aquila (cuauhtl), avvoltoio (cozcacuauhtli), movimento (ollin), coltello di selce (técpatl), pioggia (quiahuitl) e fiore (xochitl). Nel terzo e nel quarto cerchio troviamo i 4 gradi raggi solari a forma di angolo, sovrapposti ad una fascia in cui sono presenti molti elementi che simbolizzano l'universo, come il calore del sole, le gocce di sangue, le piume di aquila e le spine, utilizzate nei sacrifici per procurarsi lesioni ed offrire così il proprio sangue. Infine il quinto cerchio è “composto” da due serpenti che circondano e delimitano l’intera piedra. Dalle loro fauci fuoriescono i volti degli dei Xiuhtecutili, dio del fuoco (a destra), e Tonatiuh, dio del Sole (a sinistra), rispettivamente cielo notturno e cielo diurno. Le spire dei due serpenti sono costituite da elementi simili a fiamme, inserite in riquadri. In alto, nel punto in cui le spire si incontrano, è inserita una data (matlactli omey acatl o “13 canna”) che corrisponde sia all'anno 1479 del calendario gregoriano sia alla nascita del quinto Sole, sotto il regno di Axayacatl. I puntini che decorano il bordo esterno rappresentano le stelle del cosmo.
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