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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 09/29/12 in tutte le aree

  1. Beh a questa discussione se non dessimo 5 stelle di voto dovremmo andarci a confessare poichè commetteremmo peccato. Passo a postarvi il maniero che sovrasta la città in cui vivo,Campobasso.Questo Castello è comunemente denominato Castello Monforte poichè fu il Conte feudatario nonchè cavaliere di ventura Nicola II di Monforte ,dopo il terremoto del 1456 che coinvolse molti territori del Regno di Napoli fra cui anche Campobasso,a ristrutturare ed a fortificare questo Castello nel 1459 se non anche qualche anno prima,ma comunque senz'altro dopo il 1456. Questo Castello sorge sulle rovine di una fortificazione normanna in pietra,che andava a sostituire una torre lignea creata dai Longobardi. I Monforte furono feudatari di Campobasso dal XIV secolo ed alla loro famiglia appartiene lo stemma formatoda una croce accantonata da 4 rose, postato di seguito presente sull'antico ingresso del Castello. Poi amplierò questo mio post con altre info,ma adesso mi preme postarvi i particolari di un Castello come quelli presenti in quello campobassano,poichè anche i particolari servono allo studio per l'edificazione dei vari castelli In questo Castello ,pare,che Nicola II di Monforte battè le monete campobassane avvalendosi di valenti zecchieri Mettetele le stellette a discussioni come queste,non siate avari!!! Le immagini provengono dal sito www.centrostoricocb.it --Salutoni -odjob
    2 punti
  2. In una recente asta ho notato questo mezzo Baiocco di Sede Vacante classificato erroneamente Munt. 29; analizzando questo conio ho scoperto che non solo è un abbinamento inedito Dritto/Rovescio (ghirlanda destrorsa), ma addirittura è un Dritto non censito dal Muntoni neppure per la combinazione Dritto/Rovescio (in cartella). Durante la mia ricerca delle Sedi Vacanti "credevo" di aver individuato tutti i tipi di coni del Dritto, molto simile al Munt. 27 per la sagoma dello stemma, la legenda "alta" e sopratutto per i cordoni che scendono dal galero all'impugnatura delle chiavi, però questo conio ha 4 fiocchi anzichè 5 !!! Non entro in merito alle possibili combinazioni con le varianti del Rovescio perchè diventerebbe una discussione troppo dispersiva, di certo il 1740 per la monetazione di Sede Vacante è stato un anno dove si sono "sfogati" nel creare varianti di conio, dagli Zecchini ai nominali più piccoli......... A corredo di quanto detto allego tutti gli altri conii di Dritto; come sempre sono graditi commenti/osservazioni/integrazioni in merito DARECTASAPERE
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  3. Buon giorno. Questa notte ho dormito male pensando che stamani dovevo postarvi questo .Si tratta di un video da me ideato,eseguito, girato,montato. Mi é costato tanto tempo e lavoro, spero dal profondo del cuore che lo apprezziate. Saluti.
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  4. ogni commento è ben accetto... :D
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  5. E' la mia prima prova della Repubblica Italiana....fa la sua bella figura in argento questa monetina....peccato che il perito l'abbia ingabbiata alla grande!! renato
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  6. Salve a tutti. Con questa nuova discussione vorrei presentarvi un personaggio che, seppure non si può definire sicuramente di origini romane, collaborò con la più grande potenza del mondo allora conosciuto, contribuendo ad accrescere la fama e il prestigio di Germanico, le cui capacità furono presentate dalle fonti come superiori rispetto a quelle che realmente deteneva, così da descrivere anche le sue gesta, spesso non eccelse e, a volte, del tutto mediocri, come grandi atti di coraggio o dalla grande rilevanza politica e militare. Lo scenario storico-politico e la vicenda di Zenone. La storia che vide come protagonisti un diplomatico romano dalla fama indiscussa, Germanico, e un giovane sovrano di origini orientali, Zenone, si svolse in un periodo certamente non semplice sia per l'Impero Romano che per l'Oriente partico. Siamo nel 18 d.C. e la situazione politica non è certo delle migliori: i Romani volevano iniziare una graduale "romanizzazione" della Partia, loro acerrima nemica, attraverso l'incoronazione del re Vonone che era stato precedentemente educato a Roma. I Parti non accettarono un sovrano che giudicarono troppo occidentalizzato e lo scacciarono senza pensarci due volte. Al posto di Vonone, che, intanto, si era rifugiato in Siria, sul trono di Partia salì Artabano. Roma l'avrebbe riconosciuto come re? Forse, con il fallimento di Vonone, anche Roma perdeva le speranze di annientare i Parti con le buone e annettere i loro territori all'Impero in qualità di Province. Nel frattempo, anche la Commagene e una parte autonoma della Cilicia aveva perso i propri sovrani: rispettivamente, Antioco e Filopatore. A complicare la situazione orientale contribuì anche la Cappadocia, rimasta senza un re, dato che Archelao era morto nel corso di un viaggio a Roma. Tiberio, che regnava come successore del Princeps Ottaviano Augusto, non perse tempo e colse al volo l'occasione per impadronirsi del regno di quest'ultimo, soprattutto per migliorare le proprie condizioni finanziarie. Fig. 1: Particolare di una cartina che mostra alcune delle zone interessate nel testo. Il vero problema era, però, l'Armenia. I nobili di questo Paese si vedevano divisi tra l'appoggiare i Romani, da un lato, e i Parti, dall'altro. Entrambe le potenze si contendevano i suoi territori e cercavano di sottomettere pacificamente la regione, ponendo sul suo trono un sovrano fantoccio di parte che non sempre i sudditi accettavano. Inizialmente, infatti, gli Armeni avevano in mente di riconoscere come proprio signore il re parto fuggitivo, Vonone, ma avevano fatto sapere a Roma che preferivano un altro re straniero al posto di Vonone: un certo Zenone. Ma chi era costui? Zenone, il cui anno di nascita non si conosce con precisione, era il figlio del re del Ponto, Polemone, e della regina Pitidoris. Già Polemone era un sovrano fedele a Roma e a Tiberio e suo figlio era considerato come la migliore opzione per una stabile alleanza dell'Armenia con l'Impero. Germanico, che era stato inviato in queste regioni proprio per trovare una soluzione diplomatica favorevole per l'Urbe, doveva comunque intercettare molteplici risoluzioni compatibili con gli interessi della sua città e del suo Imperatore. Zenone, infatti, era un giovane educato alla maniera orientale, a differenza di Vonone, e per questo doveva essere accettato maggiormente dagli Armeni che si sentivano più vicini alle sfere culturali orientali che a quelle occidentali. Il suo celebrato amore per la caccia e per le libagioni lo resero popolare in Armenia ancora prima della sua incoronazione. Forse anche per questo motivo la richiesta di eleggere Zenone a sovrano d'Armenia venne dalla stessa popolazione armena, come abbiamo già avuto modo di accennare. Germanico, quindi, dalla Siria, partì con un piccolo contingente alla volta dell'Armenia. La Siria che si lasciava alle spalle, infatti, era una Provincia ormai pacificata dove la presenza di un distaccamento armato permanente era più d'intralcio che d'utilità. Il generale romano fu ricevuto con una calorosa accoglienza nella capitale del regno, Artashat (Artassata), dove, nello stesso anno 18 d.C., incoronò Zenone del Ponto re d'Armenia con il nome di Artaxias III. Durante la cerimonia solenne fu lo stesso Germanico a porre la tiara regale sul capo del giovane re, sottolineando come la sua nomina fosse riconosciuta, oltre che dalla popolazione locale, anche e soprattutto da Roma e dal suo Princeps Tiberio. L'incoronazione di Artaxias si svolse alla presenza di un grande consesso di popolo, simboleggiando dunque l'istituzione di un vero e proprio protettorato romano sull'Armenia che, in seguito, Germanico ebbe la cura di lasciare per non dare a vedere come Roma e il suo esercito influissero sulle questioni locali, lasciate, almeno nominalmente, nelle mani della nobiltà armena e del nuovo re. E la Partia? Poteva mai il grande polo avverso a Roma restare semplicemente a guardare? Germanico, per coprirsi le spalle, stipulò un patto con i Parti: questi avrebbero riconosciuto Artaxias III come legittimo sovrano dell'Armenia e non avrebbero avanzato pretese sul Paese. In cambio, Roma, nella persona del generale stesso, si impegnava nell'allontanare Vonone e riconoscere come unico padrone dei Parti Artabano. L'accordo fu rispettato fino a quando Artaxias rimase in vita: per sedici anni il sovrano pontico governò con saggezza l'Armenia, facendole conoscere uno dei periodi più prosperi e pacifici della sua storia sotto l'egida di Roma. Alla sua morte, nel 34 d.C., i Parti ruppero gli accordi con Roma e ritornarono ad invadere la regione, riuscendo addirittura a porre sul suo trono Arsace, figlio primogenito del re dei Parti Artabano. Ricominciava, così, per l'Armenia un nuovo periodo sotto il dominio partico. Il tondello che commemora l'evento. Tiberio non ricordò mai sulle sue emissioni monetali un evento di tale importanza: Roma, grazie alla diplomazia di Germanico, era riuscita ad assicurarsi momentaneamente l'Armenia senza spargimenti di sangue. La Partia non vi si era opposta e in seguito anche la Commagene fu ufficialmente annessa all'Impero in qualità di Provincia. Fu posta sotto il governo di un ex aiutante di Germanico, Quinto Serveo, che si aggiudicò, così, il titolo di legato pro-pretore. L'ultimo passo fu l'acquisizione della Cappadocia. Si trattava, questa, di una regione enorme, con abbondanti pascoli che nutrivano numerosi cavalli, la cui capitale, Cesarea, ospitava non solo il governatore Quinto Veranio, ma anche una zecca, operativa in modo particolare durante il regno del figlio di Germanico, che divenne Imperatore dopo la morte di Tiberio: Caio Cesare, meglio noto come Caligola. Fu, infatti, proprio Caio a commemorare l'incoronazione di Artaxias III per mano di suo padre su di un tondello d'argento emesso proprio in Cappadocia, dalla zecca di Cesarea. Alcuni studiosi ritengono altamente probabile la possibilità che il piccolo Caio, al seguito del padre in Oriente, abbia assistito di persona alla cerimonia d'incoronazione e che abbia voluto ricordarla proprio su di un nominale di zecca orientale per manifestare innanzitutto la sua pietas nei confronti del padre Germanico ed anche la sua vicinanza e la sua legittimazione politica nei confronti delle popolazioni più prossime, geograficamente e culturalmente, all'Oriente che all'Occidente. Autorità emittente: Caio Giulio Cesare Augusto Germanico, alias Caligola. D/ GERMANICVS CAESAR TI AVG F COS II. Testa nuda di Germanico a destra. R/ ARTAXIAS - GERMANICVS. Germanico, a destra, in piedi, in tenuta militare, regge nella mano sinistra una lancia verticale e pone la tiara regale sul capo di Zenone/Artaxias anch'egli in piedi e in abiti militari tradizionali, intento ad aggiustarsi il copricapo. Riferimenti bibliografici: RIC I, 59; BMC 104; RPC 3629. Zecca: Cesarea, in Cappadocia. Anno di emissione: 37-38 d.C. Nominale: Didramma. Materiale: Argento - AR. Grado di rarità: R2. Note: Piccolo punto al centro del campo del R/. Germanico viene riconosciuto come figlio, seppur adottivo, di Tiberio: Caio, nuovo Imperatore e figlio del generale/diplomatico, non tenta di oscurare i suoi legami familiari con il defunto Princeps, anzi, cerca, attraverso la moneta, di non disconoscere Tiberio in quanto suo predecessore e suo familiare acquisito. Immagine tratta dal web: ________________________ Spero di non essermi dilungato troppo e di aver portato al vostro interesse protagonisti e vicende di solito piuttosto complicate e/o non trattate con l'adeguato spirito. Grazie a tutti per l'attenzione. :)
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  7. Buongiorno a tutti, in un lotto di monete regalatomi ho trovato queste due medagliette. La prima commemora il IV centenario della scoperta dell'America e reca al rovescio la scritta "LA COLONIA ITALIANA GUAYAQUIL": La seconda invece mi sembra essere una medaglietta a tema religioso sempre legata alla colonia di Guayaquil. Al rovescio leggo: "PADRINOS.J.O.TONESI.MARIA D.DE TONESI". In piccolo: "MARIA AIDA VIGNOLO NACIO EN GUAYAQUIL EL 13 OCTOBRE DE 1893". Avete mai visto medagliette simili? Qualsiasi informazioni sulle medagliette e sulla colonia di Guayaquil è ben accetta. Grazie, Matteo
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  8. Oh mamma ... le pigne nel cervello... Non lo dico per offesa, per niente. Ma spero tu abbia altri argomenti oltre al prezzo di mercato di una moneta.
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  9. chiedo scusa sono andato nella pagina SBagliata ,quella dedicata al gossip volevo la pagina dei 2cc scusatemi ancora
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  10. Ha ha ha che risate...ancora vanno avanti...pagine e pegine eh antony!!! :-) Di qui col pascoli a ripertere quando esce? non so ... di la dal vaticano due pagine di chi ha ricevuto i moduli? io no, io no.... io non ho sentito nessuno che li ha ricevuti... nemmeno io... ecc ecc .... "La moneta logorroica " :-) comunque nessuno ti costringe a leggerle tutte queste pagine.... :blum: e comunque non mi sembra che ci sia tanto da ridere :crazy: non mi sembra corretto deridere chi nutre una sana attesa aspettando le tanto amate monetine! nulla di personale chiaramente :good: Non derido anzi...rispetto il prossimo...Vedi... meglio ridere che farsi la guerra come fanno tanti... Vedo che moltissimi scrivono la stessa domanda da dieci giorni senza nemmeno perdere tre secondi a vedere se qualcun altro ha chiesto la stessa cosa e ricevuto risposta un'ora prima... Sono nuovo ma ho già capito che qui dentro due tre soggetti invece di ironizzare avrebbero attaccato ferocemente... Invece mi sono fatto una risata. Rispetto tutti vai tranquillo...Una buona domenica...
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  11. Buona serata rientrato alla base or ora; che dire di questa giornata? L'unica cosa negativa e' stato il tempo inclemente...un acquazzone dopo l'altro, ma quanta ospitalita' da parte degli organizzatori..thetop e andyscudo ci hanno proprio coccolato, ci hanno raccontato del loro territorio con tutta la passione che puo' avere chi lo ama :good: Hanno fatto da ciceroni a tutto il nostro gruppo (e non eravamo propriamente quattro gatti); al mattino la visita al ricetto di Candelo, con la spiegazione storica della Vice Sindaco e' stata una vera sorpresa, un posto impensabile ed ancora assolutamente fruibile e ben conservato. Al suo interno il ristorante dove ci siamo recati e dove ci siamo trovati bene (almeno dai commenti che ho sentito). :blum: :blum: Dopo pranzo, trasferimento a Masserano con la visita alla chiesa di San Teonesto e successivamente alla Collegiata e poi al Palazzo dei Principi In questa sede, oltre alla visione delle monete e conii esposti, alcuni documenti d'epoca con tanto di sigilli e poi la conferenza di eligio (Luca Gianazza), veramente interessante e condotta "a braccio", senza leggere testi o cartelle, ma parlando alla platea (molto numerosa, tant'e' che non poche persone son dovute restare in piedi) naturalmente, come si fa quando si e' padroni della materia :clapping: Adesso penseranno gli Amici intervenuti a postare qualche foto....io non ne ho fatte e qualche foto sara' certamente meglio di tante parole..... Grazie thetop, andyscudo ed eligio, siete stati "SPLENDIDI" :clapping: luciano
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  12. Ciao Pietro giusta osservazione, ma sono sempre medaglie a soggetto aeronautico come il titolo della discussione. Personalmente credo che la medaglia al valore aeronautico del 1953 con Pegaso raffigurato al diritto unisca al riconoscimento cui è destinata un intrinseco valore artistico. apollonia
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  13. Ha ha ha che risate...ancora vanno avanti...pagine e pegine eh antony!!! :-) Di qui col pascoli a ripertere quando esce? non so ... di la dal vaticano due pagine di chi ha ricevuto i moduli? io no, io no.... io non ho sentito nessuno che li ha ricevuti... nemmeno io... ecc ecc .... "La moneta logorroica " :-)
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  14. Non c'è niente da fare, il denaro è una moneta simbolo, anche per me è "la favorita" e quando ne vedo una mi si apre il cuore, inoltre continua a essere avvolta da un sacco di misteri. Il tuo denaro ha un bel peso, un punto solo sul R e ottimi rilievi, quindi....è' quasi bello come il mio.... che non volevo farvelo vedere perchè poi sembra che io voglia "esibire" i miei "pezzi unici" ...ma ....non ce la faccio e ve lo faccio vedere lo stesso ...perchè ...siamo tra noi e ...non ci vede nessuno. Un carissimo saluto cumpà. P.S: ... Veramente il mio non è un denaro, è il "grosso multiplo" ...che è un sogno inarrivbile ....ma comunque sempre della stessa famiglia
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  15. Ciao concittadino Per me e' un falso, ma aspetta ulteriori pareri, non colleziono argento quindi non sono super-esperto. Tieni conto che negli anni '70 il mercato e' stato invaso da riproduzioni di questa moneta e il suo colore pallido e molto lucente mi fa pensar male
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  16. A Verona c'è lo stand di Nomisma-Panorama Numismatico e i vari cataloghi commerciali, i bollettini del Circolo Numismatico Napoletano sono diventati rarissimi e quindi inesistenti in commercio (tranne qualcuno degli anni '80), l'ultimo quaderno di studi che ti ho segnalato è reperibile al link sopracitato. Le vecchie riviste di CN, PN e Monete Antiche puoi reperirle su Ebay, esistono dei venditori che ne mettono all'asta diversi numeri.
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  17. salve spero di non annoiarvi con questi miei post Secolo X e XI La valle del Cesano è un'area di antico insediamento. All'aprirsi del medioevo essa aveva già alle spalle una lunga vicenda di stanziamenti di gruppi umani e di colonizzazione del suolo; anche l'insediamento fortificato vantava una sua tradizione. Malgrado ciò, la transizione dall'antichità al medioevo (secoli IV-VII) fu un'epoca di profonde trasformazioni delle strutture insediative. In questo periodo divenne acuta la crisi dell'urbanesimo antico, un fenomeno iniziato alcuni secoli prima nel mondo greco-romano. Nel medio Cesano scomparve la città di Suasa: il fatto, unito all'assenza di un approdo marittimo allo sbocco vallivo, ebbe notevoli ripercussioni sui futuri assetti dell'insediamento nella vallata. In genere si assiste ora all'abbandono dei siti di fondovalle, non adeguatamente difesi e investiti con facilità dagli eserciti invasori e da bande di razziatori che percorrevano le principali arterie di collegamento. Per far fronte a tali minacce l'Impero romano aveva predisposto dei sistemi di difesa territoriale, di cui si intravedono delle tracce nelle Marche settentrionali, in particolare lungo una strada intervalliva tra il Cesano e il Foglia. Anche Mondolfo sarebbe un esempio di castello tardoantico e altomedievale: ciò sulla base di indizi di carattere archeologico e strutturale ossia dell'urbanistica estremamente regolare del nucleo originario. I due assi ortogonali che si incrociano al centro del recinto, il loro orientamento e le dimensioni complessive di 120x90 m., con gli isolati lungo il cardo misuranti 200 piedi romani, fanno risalire l'impianto ad una fase anteriore al periodo dell'incastellamento. Un particolare ambito strategico fu la Bulgaria del basso Cesano, riconducibile all'età longobarda, anche se le prime attestazioni sono del sec. XI. Il nome è di etimologia controversa: secondo alcuni da burgus "castello", più probabilmente dall'etnico bulgaro. I primi castelli cesanensi sono comunque messi in relazione proprio con questa Bulgaria. Nel 1001 l'imperatore Ottone III vieta che tre castelli dell'abbazia di S. Lorenzo in Campo vengano concessi a laici con contratti scritti: il primo di questi castelli è associato alla cella (piccolo monastero) di S. Pietro in Bulgaria; gli altri due sono quelli di Cavallara e di Gaio (valle del Metauro). Si tratta sicuramente di possessi di origine pubblicistica situati in zone strategiche, perciò assoggettati a uno speciale vincolo da parte del sovrano. Con l'ingresso, alla fine del VI secolo, dei Longobardi spoletini nella valle del Cesano, seguiti dai loro alleati Protobulgari (da cui il nome Bulgaria) e Sclaveni, le trasformazioni dell'assetto insediativo e fondiario subirono una forte accelerazione, finendo per assumere i caratteri tipici della Langobardia (Italia longobarda), con la presenza di centri rurali ed organizzativi come villaggi, castelli e centri curtensi; ciò in netto contrasto con la Romània (Italia bizantina), dove prevaleva l'insediamento sparso nelle campagne, mentre la città rimaneva l'unico centro organizzatore del territorio. Tutto questo si riflette nelle Marche settentrionali nella contrapposizione tra un'area monastica, dove forte era l'influenza di monasteri proprietari di estesi complessi fondiari, e un'area arcivescovile ravennate, caratterizzata invece dalla presenza dei beni dell'arcivescovo di Ravenna derivanti da donazioni degli imperatori d'Oriente e dell'aristocrazia militare bizantina. La presenza monastica nella prima di queste aree limitava assai la capacità di controllo dei vescovi sulle varie chiese e sull'organizzazione della cura d'anime, rendendo effimera e tardiva la diffusione delle pievi (chiese battesimali con cura d'anime). Monasteri come S. Lorenzo in Campo e S. Gervasio di Bulgaria, oltre ad esercitare un ruolo nel processo di incastellamento, con la loro sola presenza attrassero la popolazione rurale, qualificandosi come poli religiosi, economici, politici e culturali. L'analisi della viabilità altomedievale conferma la rilevanza strategica della valle del Cesano e della sua Bulgaria. Mentre la strada di Suasa, alla destra del fiume, cade sempre più in abbandono, il diverticolo della Flaminia che scende da Cagli lungo la riva sinistra sembra ad un certo punto aver sostituito addirittura il ramo principale dell'arteria consolare, ossia quello della valle del Metauro e del Furlo, quale via di collegamento tra l'Umbria e Fano. Non è un caso che proprio nel tratto Cagli-Pergola si localizzino quasi tutti i successivi castelli del Cagliese. Che cos’è l'incastellamento? Il verbo medievale incastellare significa "andare ad abitare nel castello", "entrare nel castello con le proprie cose". Oggi esso viene usato in sede storiografica per indicare il complesso delle operazioni atte ad organizzare un centro abitato che, oltre ad essere fortificato, assuma compiti economico-agricoli e quindi politico-amministrativi. L'incastellamento è perciò una fase distinta e più tarda (secoli X-XIII) rispetto ai processi fortificatori della tarda antichità e del primo medioevo. Il contesto storico nel quale comincia a prendere corpo l'incastellamento è quello dell'Europa postcarolingia, nella quale alla disgregazione dei quadri amministrativi dell'impero carolingio e alla debolezza, o assenza, del potere centrale, fanno riscontro le incursioni portate dall'esterno da popolazioni "pagane" come i Saraceni e gli Ungari e la costruzione di fortezze da parte dei grandi proprietari ecclesiastici e laici. Quest'ultimo fatto avvenne senza che vi soprintendesse una strategia militare complessiva, anche perché sembra dettato dall'esigenza di sicurezza delle popolazioni locali e dall'interesse dei grandi proprietari di avviare forme di controllo sulla vita associata in genere, preludendo perciò al processo di formazione della signoria territoriale. L'incastellamento nell'Italia centromeridionale studiato da Del Treppo e dal Toubert determina una radicale e definitiva trasformazione dell'habitat, il che significa passaggio dall'insediamento sparso a quello accentrato, dissodamento di nuove terre, riorganizzazione fondiaria, creazione di nuovi villaggi ed espansione economica e demografica. Questo incastellamento ha perciò un significato economico e strutturale, ma con ripercussioni su tutti gli aspetti della società rurale. Gli altri moventi (militare, bisogno di sicurezza) vengono smontati e considerati tutt'al più dei pretesti che favorirono l'avvio delle trasformazioni. Invece in Toscana e nell'Italia settentrionale l'incastellamento non aggiunse nulla di sostanzialmente nuovo all'habitat. Nel Nord esso ebbe spesso un movente militare e congiunturale, non pervenendo perciò a un risultato definitivo per quanto riguarda l'accentramento della popolazione. Vi è poi il modello marchigiano. L'incastellamento marchigiano non sembra rappresentare una rottura con il passato e quindi anche con la precedente tradizione dell'insediamento fortificato. Ma, rispetto al Nord, vi sono diversità ambientali: assenza di pianure, molte colline, breve distanza fra costa e dorsale appenninica, paesaggio frammentato in piccole vallate fluviali, assenza di grandi centri urbani. Fu proprio il fattore geografico-ambientale a orientare verso l'incastellamento. Rispetto al Sud, nelle Marche continuarono comunque a funzionare piccole città quali centri coordinatori del proprio territorio. Si incastellarono quindi piccoli nuclei già esistenti (centri curtensi, villaggi, chiese, vecchi castelli strategici), senza che ciò si traducesse automaticamente nell'accentramento della popolazione. I proprietari privati dei castelli non ebbero sufficiente potere coattivo per imporre la concentrazione della popolazione in un nuovo sito; potevano farlo con i loro dipendenti, ma non con i liberi proprietari. La presenza di piccoli proprietari, spesso associati in comunità di liberi, è un fatto rilevante per i futuri sviluppi dell'incastellamento marchigiano, nel cui ambito essi rappresentano una forza emergente. In definitiva nei secoli X e XI, invece che una proliferazione di centri fortificati nati ex novo per iniziativa signorile, si verifica un'affermazione del concetto di castello in presenza di nuclei già esistenti. Anche nella valle del Cesano il modello prevalente di castello è quello del villaggio fortificato d'altura. L'incastellamento è più intenso e precoce nella bassa Marca (Fermano e Ascolano), ma al Nord il Senigalliese costituisce un'eccezione. La stessa cosa può dirsi per i territori fanese e cagliese, quantunque qui l'incastellamento risulti meno incisivo. Per quanto riguarda la cronologia del fenomeno, viene individuata una fase "curtense" (da curtis, azienda agricola divisa nei due settori della riserva padronale o dominicum e dei poderi affidati ai coloni o massaricium). Durante questa prima fase (900-1050) il castello svolge funzioni limitate all'aspetto economico-fondiario: a volte esso si innesta direttamente su una azienda curtense (potrebbe essere il caso di Orciano) oppure crea una propria azienda (Castel Girardo, Casteldimare, Frattola). Dal sec. XII il termine curtis passerà poi ad indicare il distretto castellano. Ma prima le pertinenze di questo castello-azienda erano piuttosto modeste: proprio come nelle aziende curtensi esse sono costituite da un nucleo centrale e da poderi o altri aggregati di terre sparsi all'intorno; il tutto territorialmente non compatto, bensì frazionato. Dal punto di vista materiale il castello curtense si presenta come un villaggio, fortificato ancora in modo rudimentale. L'elemento universalmente presente è il fossato, dietro il quale si innalzava uno spalto di terra battuta detto ripa o carbonaria; solo in rarissimi casi si parla di recinto in muratura; negli altri casi è probabile che esso fosse costituito da una palizzata o steccato di legno. Anche la menzione di una torre è molto rara: si trattava comunque di una torre di avvistamento, situata al centro o nel punto più alto dell'area interna. L'unico edificio in muratura, oltre alla torre e ad una eventuale residenza dei proprietari, era la chiesa, priva di cura d'anime, spesso privata, o dipendente da un monastero. Le capanne dei contadini erano normalmente di legno. Esistevano inoltre dei magazzini per i prodotti agricoli e le fosse per i cereali. Fuori del recinto si estendeva una prima fascia di orti, seguita dai vigneti e quindi dai seminativi. Più lontano, quasi sempre ai margini delle pertinenze del castello, si trovavano le selve, i pascoli e gli incolti, nei quali gli abitanti del castello esercitavano spesso diritti collettivi. Attorno al 1050 si iniziano le trasformazioni che porteranno quasi ovunque al superamento del castello-azienda. Questo organismo comincia ad ampliare le sue funzioni alla sfera politico-amministrativa, potenziando nel contempo anche il suo ruolo economico e attirando nuova popolazione non più dipendente economicamente dai titolari del castello-azienda. Emerge così un castello principale, poiché non tutti i nuclei sono in grado di superare la fase curtense. Il castello principale finisce per assorbire i vicini più deboli, mentre la concentrazione della popolazione, non avvenuta prima in maniera coatta, si svolge ora spontaneamente. I piccoli proprietari, gli artigiani e in genere gli uomini liberi esercitano un ruolo fondamentale nel determinare l'affermazione del castello principale e l'insuccesso di altri nuclei. Comincia intanto a formarsi un vero territorio di castello con l'annessione delle pertinenze dei castelli abbandonati o decaduti e di complessi fondiari distinti dal castello-azienda. Il decastellamento è il contrario dell'incastellamento. Decastellare significa infatti "uscire dal castello, abbandonarlo". Questo fenomeno si era manifestato già prima della metà del sec. XI, ma è durante la fase di transizione 1050-1100 che raggiunge il suo punto cruciale: dopo questo picco gli abbandoni diminuiscono gradualmente di intensità. Incastellamento e decastellamento sono due aspetti complementari della medesima vicenda, che consiste in un lento processo di formazione e stabilizzazione di una rete di insediamenti rurali su scala regionale, un processo che fece segnare parecchi insuccessi e ritorni all'indietro. Di norma più l'incastellamento è stato intenso più numerosi sono gli abbandoni. Nella valle del Cesano, sul totale dei castelli attestati nei secoli XI e XII ben il 74% risulterà abbandonato. La causa principale del decastellamento è che ad un certo punto i castelli erano troppi e troppo vicini fra loro. Si trattava in molti casi di centri sorti in maniera troppo affrettata, con una cattiva scelta del sito, privi della necessaria base territoriale e di una organica aggregazione di quartieri agricoli, troppo vicini al castello emergente (o alla città) e perciò destinati ad essere da questo assorbiti. E', pertanto, una specie di "selezione naturale della specie". Ma a volte l'abbandono è più apparente che reale, poiché vi è un continuo ricambio di centri, per cui uno viene rimpiazzato a poca distanza da un altro. Nel complesso l'incastellamento ebbe successo e si rafforzò anche grazie al decastellamento che, comunque, superata la fase critica, si attenuò fino a scomparire nel tardo medioevo. Secoli XII E XIII Col passaggio alla seconda fase, ossia al castello evolutosi verso forme vicine a quelle della città, le fonti aprono maggiori spiragli sugli uomini e sulle comunità castellane, sulle loro condizioni sociali e sulle attività economiche. Alla base dell'incastellamento vi è sicuramente il grande possesso fondiario: per organizzare un castello occorreva un sufficiente spazio coltivato, un'organica aggregazione di quartieri agricoli includente anche l'incolto; ciò comportava grossi investimenti da parte dei promotori dell'iniziativa, i grandi proprietari fondiari. Ma questo non poteva bastare, se al castello non si aggiungeva l'elemento umano, ossia una popolazione che lo abita e che vi lavora. Perciò il signore laico o ecclesiastico cerca di attirarvi la popolazione circostante offrendo protezione e vantaggi materiali, un terreno all'interno della cinta su cui costruire l'abitazione, un pezzo di orto o un campo all'esterno, eventualmente anche il diritto di utilizzare alcune selve per la caccia, il pascolo, la raccolta dei frutti selvatici e del legname. In cambio gli abitanti, detti "castellani", si impegnano a svolgere dei servizi di comune utilità, come la manutenzione delle fortificazioni e i servizi di guardia alle mura e di perlustrazione nel territorio. Questi obblighi venivano fissati oralmente o mediante patti scritti, individuali o collettivi. In alcuni casi esistevano fin dall'inizio dell'incastellamento o in epoca anteriore comunità di contadini liberi e di piccoli proprietari, uniti da comuni interessi e da antiche usanze riguardanti gli incolti. Qui la signoria rurale interviene successivamente, usurpando le terre comuni o limitandone i diritti collettivi, ma mai eliminandoli completamente. Sembra essere questo il caso di Mondolfo, castello che del resto non fu mai di un unico proprietario, né di un'unica famiglia di proprietari. Comunque sia, l'incastellamento ottiene come risultato quello di rafforzare il senso comunitario di uomini che vivono in uno spazio ristretto esercitando gli stessi diritti e svolgendo gli stessi servizi, nonostante le differenti condizioni socio-giuridiche e le differenti attività dei singoli. Nel frattempo la signoria, che nelle Marche era fondata su una ristretta base economica a confronto con la signoria dell'Italia centromeridionale, entra in crisi. Anzi, è la grande proprietà, insieme con la struttura curtense, ad andare in crisi. Nonostante certi meccanismi sociali e familiari (chiesa di famiglia, legami con i monasteri, fraterne, consorzi gentilizi, indivisibilità della terra), i loro beni - e quindi i loro poteri - si spezzettavano tra nuclei familiari discendenti dal medesimo ceppo, finendo per indebolire l'intero gruppo parentale. Anche i castelli appaiono in età comunale frazionati in quote parti. D'altronde anche i monasteri, con i quali queste famiglie avevano stretto un rapporto privilegiato, decadono, perdendo parte del loro patrimonio fondiario a vantaggio di piccoli proprietari laici. Per far fronte ad una società in rapida trasformazione occorreva pertanto un radicale cambiamento di strategia signorile. La risposta dell'aristocrazia, che aveva sostenuto il peso principale del processo di incastellamento, fu il comune. In altre parole le trasformazioni economiche e sociali, nonché il sorgere dei primi comuni cittadini, indussero molti signori marchigiani a compiere questa scelta, ossia ad agire all'interno dei comuni di città e dei comuni di castello, cercando di controllare i primi e organizzando in qualche caso i secondi. Si sviluppa così il castrum comunale, soprattutto nel Fermano e, al Nord, nel Senigalliese. Anche dal punto di vista materiale questo castello assume delle forme proprie, assai simili a quelle della città. Si tratta del castello policentrico a struttura complessa, composto cioè da più nuclei (di norma due) che si riuniscono organicamente. Di solito a un nucleo originario tondeggiante, come a Mondolfo, si aggiunge un borgo esterno, il quale viene poi racchiuso entro una nuova cerchia. La porta principale a sud, sud-est e lo sviluppo del borgo nella stessa direzione sono dei casi "classici" nelle Marche. Dalla fine del sec. XII si cominciano a trovare nei documenti menzioni di domus, ossia di vere e proprie abitazioni in muratura, all'interno dei castelli. L'urbanistica del borgo di Mondolfo, a confronto con quella del castello, potrebbe sembrare più spontanea. In realtà anch'essa è pianificata secondo esigenze militari: le file di case a schiera, che rinserrano il nucleo più antico seguendo le curve di livello, costituivano con il loro fronte posteriore una linea di difesa prima della costruzione della seconda cerchia. Entrambi i nuclei hanno la loro piazza, la loro chiesa e il loro palazzo: "segni" di due poteri almeno formalmente distinti: da un lato la signoria, dall'altro il comune. La nuova fase dei castelli evoluti porta alla stabilizzazione della carta del popolamento, anche se si riscontrano nuove fondazioni, spesso votate al fallimento, e casi di abbandono. I centri attualmente esistenti nella valle del Cesano corrispondono ai castelli principali emersi dopo la metà del sec. XI. Nel Duecento, poi, invece che nuove fondazioni o abbandoni "secchi" si avranno solo piccoli aggiustamenti, ossia spostamenti di sito, unioni di nuclei vicini, ampliamenti dell'area castrense e trasferimenti al suo interno di pievi e chiese. E' così che Piagge subentra a Lubacaria e Cerasa a Querciafissa. Un caso ben documentato è quello di Frattola-Monterado: qui il travaso di popolazione avviene nel 1267 per iniziativa di 23 capifamiglia e col consenso di s. Albertino priore di Fonte Avellana. Frattola cede a Monterado anche la funzione di sede periferica dell'amministrazione dei beni avellaniti. L'incastellamento determina pure dei cambiamenti profondi nell'organizzazione ecclesiastica. Alla pieve isolata in campagna subentra la pieve di castello oppure una chiesa detta "parrocchia", originariamente dipendente dalla pieve, e in seguito ad essa equiparata, perciò dotata di cura d'anime ed esercitante gli stessi diritti della vecchia chiesa matrice (amministrazione dei sacramenti, sepoltura dei morti ecc.). Per quanto riguarda i dati di demografia storica, questi sono piuttosto tardi e riguardano solo pochi centri cesanensi. Dal confronto col resto della regione si ricava che i castelli avevano alla fine del sec. XII una popolazione di poche centinaia di abitanti (100-500). Per il 1279, anno che cade nella fase di massimo incremento demografico dell'Occidente medievale, si calcola un numero di 160 fuochi (nuclei familiari) per Mondolfo, 106 per Pergola, 106 per Montesecco e 480 per Corinaldo. Si andava da un minimo di 400 abitanti (Pergola e Montesecco) a un massimo di 2.000 (Corinaldo). La densità abitativa dello spazio intramurano non doveva superare le 200 unità per ettaro. La presenza a Orciano di un notaio (Petrus tabellio) verso la metà del sec. XII dà un’idea della non uniforme natura della popolazione castellana, a volte distinta in maiores e minores, ossia signori e piccoli proprietari, ai quali si aggiungevano fino allo scorcio del Duecento individui non liberi sottoposti alla signoria dei maiores e delle chiese. I castellani dei comuni di castello sono ormai di fatto equiparabili ai cives dei comuni cittadini. David Guanciarossa (curatore della scheda)
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  18. io so che ,per esperienza,non si indovina mai.....le cose vanno sempre diversamente... domanda ed offerta regola il mercato....io noto che è in continua crescita il collezionismo in euro,anche perchè acquistare altre monete datate costano troppo e sono alla portata solo di pochi e quindi le monete in euro cresceranno sempre più in valore. Le stesse monete a fondo specchio che attualmente collezionano in pochi sono destinare ad aumentare notevolmente in valore perchè hanno fascino e coloro che le scoprono la prima volta desiderano averne altre,tirature di 2000/3000/5000 pezzi in pp sono pochissime,basta dividere questi numeri per 10-15 stati europei e scopriamo che la tiratura passa a 150-300 pezzi per stato. 300 pezzi diviso 8200 comuni italiani significa che è disponibile una moneta 0,036 moneta per ogni comune...pochissime...una rarità
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  19. Caro Argo125, non si tratta di essere criticanti, ma di non voler accettare quanto ti è stato detto. Hai postato due immagini, una di D/ e una di R/ che non sembrano provenire dalla stessa moneta. Per poter giudicare la tua moneta, è necessario che posti le immagini della tua di moneta, non altre. Stiamo parlando di una moneta rarissima e molto ricercata che da sempre è stata fatta oggetto di falsificazioni e riproduzioni quindi credimi è molto più facile incappare in uno di quest'ultimi due che in un esemplare originale (e aggiungerei per fortuna...). Ora puoi anche non credere a quello che ti è stato detto, ma credimi, dietro quei nickname che gentilmente ti hanno risposto ci sono grandi esperti di questo tipo di monetazione e quello che viene affermato non è tanto per far critica o ironia, ma per farti rendere conto che con quelle caratteristiche di peso e di metallo (che si può intuire dalla tua prima immagine postata), il tuo esemplare non può essere di certo originale. Mi auguro possa postare le foto della tua moneta così da togliere ogni ulteriore dubbio, magari con la conferma di peso e diametro.
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  20. Ho un peso che vorrei togliermi, con persone che molto probabilmente capiscono ciò che si prova.. Ultimamente ho avuto visite di parenti, tra cui una cugina ( lontana da parte di moglie ) che io ritenevo, viste le sue pubblicazioni di poesie e di un piccolo romanzo (sdolcinato, strappa lacrime ), sensibile e per questo piú adatta a vedere il valore intrinseco di una moneta, capace di raccontare il periodo, le condizioni, le motivazioni, del perché essa esistesse. Il giorno dopo il suo arrivo, gli feci vedere alcune stampe tra cui la Cattedrale di Palermo ( essa viene da quella città) nel 1800 ed un altra che raffigura la Marina quando ancora il mare arrivava quasi a porta carbone ( chiamata cosi perché ai tempi era una porta di servizio dove appunto vi transitava il carbone, scusate il fuori tema). La sua reazione fu quasi inesistente, be ( mi dissi ) si vede che non gli piacciono. Speravo comunque che toccando qualche moneta dei tempi belli, potessi accendere in lei la curiosità ( visto che la sensibilità c'é ) ma quando potei "sfoderare" la mia bella collezione, la delusione piú assoluta, il mio non fu altro che un esposizione esclusiva dei costi della moneta stessa, e riusci a finire i "colpi" della mia collezione (sempre 700 pezzi, ( molte sono mondiali di poco valore)) in meno di 5 minuti, senza che quella bocca conferisse mai nessuna domanda su chi cavolo era quell' imperatore raffigurato in quella moneta. Be che ci vuoi fare ( mi dissi ) la numismatica non fá per lei. La goccia fu versata quando avvicinandosi al mio monitor vide una moneta che avevo appena comprato e mi dice queste testuali parole " E tu per sta cosa hai pagato 120€ !!!!!!!!!" Non ci ho visto piú! Gli ho detto con la "calma" che mi contraddistingue " Guada che con questa moneta piú di cento anni fa, persone venivano pagate per il lavoro fatto, si compravano il pane, vestisti, o forse armi, che comunque questa moneta ha diritto di essere rispettata e tu chiamandola "sta cosa" non lo fai di sicuro " lei si scuso ma io da quel momento non l'ho piú digerita. Ora io non capisco se sono incacchiato perché ho sbagliato il mio giudizio su di lei, credendola sensibile, o perché non riesce a "vedere la numismatica" Certo é che non si puó giudicare la sensibilità di una persona usando la numismatica come metro Basa questa e stata la mia delusione volevo sfogarmi
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  21. prova a confrontarla con questo..... http://www.forumancientcoins.com/gallery/displayimage.php?album=1767&pos=25
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  22. La moneta la sta vendendo un professionista assai noto, per cui questo dovrebbe dare una certa tranquillità a chi compra (e come sovente capita per le sue aste Ebayane, non si tira indietro dall'offrire cifre di tutto rispetto); detto ciò non mi convince del tutto la porosità presente al rovescio, che come si nota dai profondi saggi (che già da soli non è che siano gradevoli a prescindere) è presente anche all'interno, e per essere i campi, più soggetti alla pressione del conio, può essere un campanello d'allarme, se non una questione "inquietante". Minima porosità si nota anche su alcuni rilievi del diritto. Inoltre ci sono alcuni particolari che, messi a confronto con immagini di altre monete similari, appaiono differenti per fattura e stile. Al diritto i "pendagli" inferiori del "fleur de lis", paiono stilizzati e privi dei dettagli; la seguente immagine mette a confronto 3 esemplari di cui ho le foto, quello in esame è il 4° da sinistra, su sfondo scuro: Al rovescio i capelli del Battista paiono "staccati" dalla testa, che barba e zigomi a parte pare non esserci; l'indice della mano destra punta insolitamente in alto (anche qui, l'esemplare in esame è il 4° da sinistra su fondo scuro): Ciao, RCAMIL.
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  23. Non siamo così pessimisti. Comunque sia domani ci sarà il "sole" della cultura. Franco
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  24. ha dei buoni rilievi, ma non è spl, tralaltro e' anche stata pulita, per i rilievi che ha dico BB++ al max BB/SPL, ma per fatto che e' stata pulita vale in termini economici qualcosa in meno di un BB/SPL
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  25. Sarà ma io continuo a passare per bastian contrario per me la moneta non va oltre il bb+, considerando la "spatinatura" , la consunzione dei rilievi piu alti al dritto, e i caratteri delle legende; al rovescio gli anelli che sorreggono il collare sono abbastanza usurati nel complesso un buon BB, ma spl mi pare eccessivo, senza mancare di rispetto vesrso le opinioni di tutti :pardon: Sergio
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  26. Cari Amici, oggi lavoravo in archivio storico a Masserano nella scelta dei documenti da esporre in occasione della 1° Conferenza che si terrà sabato 29 settembre. Aprendo un faldone, mi capita tra le mani una serie di documenti mozzafiato di Paolo Besso Ferrero Fieschi con in calce il suo sigillo di una bellezza incredibile e con una freschezza mai vista. L'emozione è stata tanta che la voglio condividere con voi quale benvenuto a Masserano. Questa chicca sarà esposta nella seconda sala al Palazzo dei Principi e potrà essere ammirata con altra selezione di documenti. Arrivederci a sabato. Franco
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  27. Qualche tempo fa qualcuno fece una riflessione che mi ha fatto ricredere su alcune cose, non rammento le parole esatte ma il senso era: quando vuoi bene a qualcuno dimostraglielo da vivo, ha piu' valore un piccolo gesto in vita, come stargli vicino o fare delle cose insieme, che costruirgli un monumento dopo morto. Una pensiero simile potrebbe essere: “Il matrimonio è una lotta, si sa: Quante fatiche e difficoltà! Ma se apprezzi la tua dolce metà Diglielo! . . . Tu sei di lei e di lei soltanto, E lei, fedele, sempre ti è accanto. Non affidar, poi, al marmo il rimpianto: Diglielo!” Massimo
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  28. mi trovo d'accordo con cliff,io stesso tempo fa mi resi conto che passavo più tempo con le monete che con mio figlio,ma alla fine ho capito che le monete rimangono sempre le stesse e le ritrovi sempre dove le hai lasciate mentre le persone care crescono,cambiano...da allora ho deciso di passare più tempo possibile con il mio bambino e mi dedico alle monete quando lui si addormenta ovviamente dopo avergli raccontato una favola,magari dormo meno ma è un giusto prezzo che pago volentieri per vivere quei momenti che purtroppo prima o poi finiranno...
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  29. Sinceramente, a me da l'impressione di una lupa, mi sembra anche di intravvedere SC in esergo... che sia un quadrante? Con testa barbuta (Ercole) e cinghiale mi vengono in mente quadranti di Traiano, anche se ho sempre visto il cinghiale rivolto dall'altra parte. Esiste però un ibrido: http://www.acsearch.....html?id=218995
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  30. Che Cagata sta moneta, ma di chi è il bozzetto ? Adenauer mi sembra Pippo Baudo....................
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  31. Katane II parte Grattugia e ciceone dalla piana di Katane "La voce prende coraggio vicino al cratere" (Pindaro, Nemea IX, 49), e dato che ci troviamo nella chora catanese, per il nostro Kykeon (mistura) meglio mescere gli inebrianti vini dell'Etna da questo stupendo Cratere a calice (V sec. a.C. : Perseus mostra a Polidette, re dell'isola di Serifo, la testa di Medusa – Museo del Castello Ursino, Catania). Katane - Di grattugia (turoknestis) in Grattugia (scilicet Catane): tra paretimologia, storia e letteratura Katane: per Plutarco il nome deriverebbe da katane (cioè grattugia), per riferimento alle asperità del territorio lavico su cui sorge, od anche …. (omissis) Immagine di una bronzea grattugia dall'euboica Lefkandi. A partire dal 403 a.C. Dionigi il vecchio cancella l'autonomia di Aitna, Katane e Naxos, espugnandole l'una dopo l'altra... La Chora Katanese cade sotto il controllo dei Campani e vi rimane almeno fino a dopo il 357 a.C. Nel 352 aC fu occupata per breve tempo dall'uccisore di Dione, Callippo: narra Plutarco (Dion, 58, 2) come in quell'occasione Callippo - che era stato nel frattempo estromesso da Siracusa - abbia esclamato che perduta una città (Siracusa, appunto), aveva preso "una grattugia" (in greco: turoknestis). L.A. Post in "Catane, the Cheese-grater in Aristophanes' Wasps" (Am. Journ. Philol., 53, 1932) mostrò per primo che nella commedia di Aristofane "Le Vespe" (422 a.C.) - una fonte molto importante sulle lotte interne ad Atene nell'età della prima spedizione ateniese in Sicilia - parlando della grattugia per il formaggio (chiamata a deporre in tribunale come testimone, vv. 936 sgg.) si alludeva alla città etnea: scilicet Catane, appunto, in base a Plutarco (Dion, 58, 2). Si noti che nessun autore antico affermava che katane fosse il nome siculo della grattugia; il gioco di parole potrebbe semplicemente fondarsi sulla disposizione urbanistica della città (così già Post, art. cit) o su fatti a noi ignoti…. (…………….) Katane e la leggenda dei Fratelli Pii: uno sguardo sull'ultima monetazione della città(dopo il 210 a.C.): Parte Prima - Ricostruzione dell'antica linea di costa La leggenda dei Fratelli Pii: uno sguardo sull'ultima monetazione della città (dopo il 210 a.C.): Parte Seconda Descritta da Tucidide e Strabone, la catastrofica eruzione avvenuta nel 693 a.C., ha attraversato la storia come la lava dei Fratelli Pii, Anfinomo e Anapia, che trassero in salvo i genitori paralitici portandoli sulle spalle attraverso la lava che per miracolo si ritirava al loro passaggio. (…………..) Un bronzetto della serie dei "Fratelli Pii", è stato rinvenuto nella lontana Delo, grande emporio internazionale del frumento, probabilmente portato appresso da un marinaio straniero…. (Fonte: G.Manganaro "Per una Storia della Chora Katanaia", nota 96). Nel corso del I secolo a.C., Katane registrò infatti una ripresa sociale e un certo movimento commerciale attraverso il porto. Katane bronzo Fratelli Pii. Dopo il 214 aC. 4,6 g. - Lanz Numismatik Sul R/ compaiono i Fratelli Pii che, "sudantes venerando pondere" (Claudiano), trasportano ciascuno un genitore sulle spalle: il padre a destra si volge ad indicare il flusso lavico che sta per travolgerli mentre la madre è ritratta con le braccia alzate in un gesto di supplica. (…) Al D/ compare Dioniso cinto da una corona di edera e legenda LASIO: si tratta di una epiclesi locale del dio, non altrimenti attestata, che sembrerebbe esaltarne l'aspetto selvatico, designandolo come Λασιος ,"il Villoso" o "il Fronzuto". (Fonte: In Ima Tartara. Preistoria e leggenda delle grotte etnee. A cura di Francesco Privitera e Vincenzo La Rosa, pag.157) Nota la presenza del Monogramma – una caratteristica delle ultime serie catanesi mediante cui sono indicati i curatori della zecca, responsabili delle emissioni cittadine – sciolto dal Manganaro in SOSI. A proposito di questa serie bronzea (II gruppo, n.9, con monogramma 4), lo studioso osserva che per l'indicazione del nome con patronimico, per cui si ottiene SOSI(s) Lasio(u) - il patronimico già in Bechtel, anche nome di un Satiro, forse premessa per la scelta del tipo dionisiaco - richiama a confronto l'emissione bronzea di Akragas con "Asklapos Sosios – CΩCΙΟC ΑCΚΛΑΠΟC." Bronzo di Akragas “Asklapos Sosios” Fratelli Pii Katane - confronto con Tavola XI Manganaro in "La Monetazione di Katana dal V al I secolo a.C." Per il dritto, il Manganaro suggerisce di confrontare il profilo di Dioniso con quello sui denari coniati nel 78 : Libero su denario del 78aC. - Cassius Longinus L'ultima monetazione di Katane, interessante per la varietà dei tipi e anche per la testimonianza di culti cittadini (come avviene normalmente per le emissioni in bronzo specie dall'epoca ellenistica alla imperiale) si inscrive all'inizio del I secolo a.C. La città era nel novero delle civitates decumane, quale risulta sotto Verre, ma tale condizione giuridica non impedì alla stessa di battere moneta bronzea a proprio nome. Ciò si sarà verificato in conseguenza della Lex Plautia Papiria del 90 a.C., la quale sancì la riduzione semiunciale dell'aes (un asse pesava perciò appena 13 gr circa, con la "polverizzazione" dei sottomultipli) e indusse alla interruzione dello stesso, creando un vuoto specie nei piccoli mercati di una provincia come la Sicilia. A fronteggiare la crisi provvederanno emissioni in bronzo ascrivibili a magistrati romani operanti nella provincia, spesso designati con sigle e alcune città con le loro zecche, come Siracusa, Agyrion, gli Hispani di Morgantina, i Leontinoi, Katane. Di quest'ultima si possono annoverare 16 emissioni, distribuite in quattro gruppi dal Manganaro. Il bronzetto con Dioniso/Fratelli Pii (emissione N. 9 del II gruppo) privo di segni di valore (che compaiono solo nelle emissioni del I gruppo) sarebbe da ritenersi un semisses, assumendo un valore ponderale dell'as ridotto rispetto a quello semiunciario (gr 13 circa). In ogni caso la collocazione delle 16 emissioni di bronzo catanesi, che il Manganaro suggerisce siano da includere nel cinquantennio 90-40 a.C., continuano a costituire un problema aperto….. (Fonte: G. Manganaro - "La Monetazione di Katane dal V al I sec. a. C.") Le due statue dei Fratelli Pii Anfinomo e Anapia, erette nell'agorà cittadina, sono ormai il simbolo di Katane tanto che compaiono ai lati di Nettuno anche su un denario di Sesto Pompeo del 43-40 a.C. Secondo il Manganaro tale scelta implicherebbe il controllo pompeiano di Katane. Fratelli Pii e Nettuno su denario di Sextus Pompeius 42-40 Nel marzo del 44 a.C. vi fu una disastrosa eruzione che causò distruzione e caduta di ceneri su Katane. Vi sono buone ragioni per ritenere che Sesto Pompeo stesso abbia assistito a quell'eruzione. Narra Appiano che l'Etna fece orrendi fremiti e lunghi muggiti e che i fuochi vomitati dai crateri sommitali con il loro splendore atterrirono l'esercito accampato tra Milazzo e Capo Peloro …. In ogni caso la collocazione delle 16 emissioni di bronzo catanesi, che il Manganaro suggerisce siano da includere nel cinquantennio 90-40 a.C., continua a costituire un problema aperto… A questo proposito, molto interessante risulta il confronto tra la tesi del Manganaro (1992) e quella più recente (1999) esposta da Alberto Campana nell'esaustivo articolo: "Il Chalkous a Katane" , dove lo studioso propone una risistemazione delle emissioni bronzee catanesi che tiene conto sia della tipologia adottata che della drastica e progressiva riduzione ponderale, riconoscendo otto serie distribuite in "due gruppi di emissioni, rispettivamente di piede sestantale e di piede unciale, declinante fino al semiunciale." Riguardo al periodo di emissione, il Campana si esprime a favore della tesi avanzata nel 1995 da M.Caccamo Caltabiano che in "La monetazione in Sicilia negli anni della II guerra punica fra tradizione locale ed esperienza romana" attribuisce le emissioni catanesi ad anni risalenti alla guerra annibalica. Ricordo che il Manganaro le collocava invece nel periodo 90-40 a.C. Classificazione del bronzo dei Fratelli Pii da me postato (4,6 g). Anche Katane ha la sua tellina ? (Vedi il Mistero delle telline qui: Scrive il Manganaro in Dall'Obolo alla Litra e il problema del "Damareteion": in nota 88, precisa che sul R/ a sin. del fulmine alato di una litra di Katane si rileva una tellina chiusa (definita "Bogentasche (?)" in "Griechische Munzen aus der Sammlung eines Kunstfreundes, Bank Leu Munzen und Medaillen, 28 Maggio 1974, n. 86). Litra Katane 461-413 aC - RRR - Gerhard Hirsch Nachfolger Auction 267 Maggio 2010, lotto 66, (0,66g.) classificata RRR: sembrerebbe corrispondere alla descrizione del Manganaro….. Al D/ il profilo di Sileno a sin. Al R/ il fulmine alato con a sinistra sembrerebbe proprio esserci raffigurata una tellina chiusa!!! Ma come per l'esemplare Leu viene qui descritta come "Beizeichen Bogentasche (?)" Dal post 609-612: Distinguo tra "faretra", l'astuccio per custodire le frecce (in tedesco "Köcher") e "Bogentasche" che è la custodia per l'arco, la forma peraltro può essere molto simile. Link ad esempi di Bogentasche con l'arco infilato dentro, in particolare sulle dracme di Rodi. Demetra tra chora Katanaia ed Etna. Il documento numismatico: il Chalkous Serapis bifronte/Demetra Sull'ultima monetazione bronzea di Katane, oltre ai simbolici Pii Fratres di cui vi ho già parlato, compaiono riferimenti ai culti cittadini in onore sia di divinità tradizionali – quali Apollo, Poseidone, Demetra, Dioniso e il suo tiaso, Hermes, il fiume Amenanos, Afrodite, i Dioscuri - come pure di divinità egizie (Zeus Ammone, Serapide, Iside). Questi culti di origine egizia, penetrati a Catania attraverso il porto, testimonierebbero il persistere di stretti rapporti tra la Sicilia e l'Egitto tolemaico. Qui vi voglio presentare un delizioso bronzetto con Demetra, divinità strettamente connessa alla chora Katanaia e all'Etna…. A riprova di questo, concorrono le evidenze numismatiche ed archeologiche, nonché i molteplici riferimenti letterari e mitici. 1 - Demetra tra chora Katanaia ed Etna. Il documento numismatico: il Chalkous Serapis bifronte/Demetra 1- Katane 1 sec aC 22mm 11,83 g Testa gianiforme di Serapis e Demeter L'esemplare che vi propongo pesa 11,83g. e proviene dalla David Freedman Collection. Al dritto compare Serapis bifronte, con polos e tre monogrammi riferibili ai curatori della zecca cittadina. In Serapide (quale figura sincretica corrispondente all'Osiride egizio e a Hades greco/Plutone romano), oltre all'originale connotazione di divinità ctonia, ritroviamo anche l'espressione della prosperità; entrambi questi attributi ne rafforzano il legame con Demetra, dea delle messi e madre della Signora degli Inferi Persephone. E proprio Demetra compare sul rovescio del nostro bronzetto, con due spighe e una lunga torcia; intorno, l'etnico. Riferimenti: SNG ANS 1302; Calciati III pg. 101, 14. L'immagine, cortesia acsearch.info, è stata da me elaborata con l'aggiunta dei monogrammi sciolti dal Manganaro rispettivamente in Eryou (5) ed Ephedios (6) a sinistra, Litheus (7) in orizzontale a destra. Il Manganaro in "La monetazione di Katane dal V al I sec. a.C." (Catania antica. Atti Convegno della SISAC, a cura di Br. Gentili, Catania 1992) lo pone al n. 11 del III gruppo, e su base tipologica lo classifica un as, in analogia alle emissioni dei questori in Sicilia dove sul D/ compare il bifronte per indicare il valore di Asse. 2 - Panormos . Circa 120 BC. Æ As (4.90 gm). Man. Acilius, Quaestor Ecco la definizione di chalkous di M.Caccamo Caltabiano: "… nel sistema ponderale greco indicava l'ottava parte dell'obolo e in quello siciliano corrisponde all'oncia, dodicesima parte della litra. Ben lontana ormai da quella di g. 108 del V sec. a.C., nel III sec. a.C. la litra ha subito numerose riduzioni analoghe a quelle dell'asse romano." Anche Alberto Campana nel suo articolo "Il Chalkous a Rhegium" (PN n. 120) sottolinea come la crisi monetaria innestata dalla guerra annibalica abbia determinato diversi aggiustamenti metrologici, attraverso frequenti svalutazioni, sia nella moneta greco-siceliota, sia in quella romana. Una conseguenza fu che anche il chalkous finì con l'identificarsi con l'uncia romana in ambiente greco. Gli sviluppi apportati da A. Campana. Nell'articolo "Il Chalkous a Katane" (Panorama Numismatico n. 129, 1999) lo studioso ribadisce come Katane sia stata assoggettata al dominio romano e solo indirettamente coinvolta in vicende belliche contro Annibale. In particolare riporta una testimonianza poco nota di Livio (27,8,19) secondo cui nel 209 a.C. tutto il frumento che i Romani riuscivano a requisire in Sicilia veniva inviato a Roma oppure trasportato a Katane per rifornire gli eserciti che si apprestavano ad operare a Taranto. Da questa testimonianza si potrebbe dedurre che in quegli anni Katane doveva avere raggiunto una notevole importanza strategica nello smistamento di vettovaglie presso le truppe di occupazione romana. Riguardo alle 16 emissioni bronzee di Katane, propone inoltre una risistemazione basata sia sulla tipologia adottata che sulla progressiva riduzione ponderale. In particolare colloca il bronzo di Serapis bifronte/Demetra di cui stiamo discutendo (ricordo che l'esemplare da me postato pesa 11,83 g) al numero 10 (peso 13,34-5,90 g., con media di circa 9,0 g) nella serie n.6, facente parte del II Gruppo insieme alle serie 7 e 8, tutte caratterizzate dall'assenza di segni di valore e dalla presenza di monogrammi, nonché ispirate ai culti di Serapide ed Iside o a quello di Dioniso (vedi indietro il bronzo Dioniso/Fratelli Pii). 3 -Katane 6a serie in Alberto Campana - Il Chalkous a Katane Riguardo alla loro metrologia, il Campana la definisce incerta: "probabilmente sono semissi unciali, emessi dopo la fine della guerra annibalica, all'inizio del II secolo a.C., quando grazie alla ricostruzione postbellica il piede bronzeo fu di fatto stabilizzato al livello unciale." La collocazione delle 16 emissioni bronzee dell'ultima monetazione di Katane, un problema aperto: alcuni accenni in tre saggi disponibili online Il Manganaro aggiunge inoltre che secondo un criterio ponderale questa emissione potrebbe risalire al primo posto. Tuttavia a porre questa emissione n. 11, e pure la n. 14 del III/IV Gr., tra quelle più recenti, concorrerebbe il rinvenimento di 4 esemplari di Katane (due assai logori con Testa gianiforme/Demetra - n.11, III Gr., e due leggibili con Zeus Ammone/Iside Dikaiosyne - n.14, IV Gr.) nel ripostiglio di Megara Iblea (1949), databile per un esemplare poco circolato del Municipium Hennae intorno al 40-36 a.C., negli anni di Sesto Pompeo. Ripostiglio di Megara - 4 Bronzi di Katane Fonte: La prima (metà V sec. a.C.) e l'ultima (44-36 a.C.) emissione degli Hennaioi in gloria di Demetra di G.Manganaro, 2007. Interessante la nota 39 dove il Manganaro confuta, giudicandola troppo alta, la cronologia presentata da M. Casabona ("Le monete di Catana ellenistica fra Roma e le influenze orientali", 1999) e aggiunge che a suo modesto avviso una "distribuzione delle emissioni di Katane in 3 Periodi ed entro ognuno di essi in fasi, a partire dal 216/215 – 206, 205/200 – 187, 187–170 a.C. circa, resta solo un auspicio: bisogna attendere e ricercare sicuri puntelli." M. Caccamo Caltabiano a questo proposito scrive invece (in nota 46, "Dalla moneta locale alla provinciale? La Sicilia occidentale sotto il dominio romano"): "Tale cronologia risulta dall'analisi puntuale delle serie catanee condotta dalla mia allieva M. CASABONA, Le monete di Catana ellenistica fra Roma e le influenze orientali, RIN, C, 1999, 1-34 che discute la cronologia proposta da G. MANGANARO, La monetazione di Katane dal V al I sec. a. C., in «Catania antica. Atti del Convegno S.I.S.A.C., Catania 1992», a cura di B. Gentili, Pisa-Roma 1996, 303-321, 314-315, basata ancora sull'attribuzione delle serie bronzee di norma semionciale posteriormente alla legge Plautia Papiria degli anni della guerra sociale, supra, n. 9. Coincide invece, con quanto già sostenuto da MANGANARO, ibid., 313-314, la nostra opinione di interpretare quali assi le serie romano-siciliane con testa di Giano al diritto." Anche la datazione del I sec. a.C. dello standard semionciale basata sul tesoretto di Megara sembrerebbe messa in discussione dalle nuove proposte di cronologia del tesoretto stesso secondo le quali potrebbe essere di non molto posteriore agli inizi del II sec. a.C. o non più tardo della sua prima metà. (Vedi M.Caccamo Caltabiano, "La cronologia del municipium di Henna. Discordanza tra il dato numismatico e quello storiografico", citazione in nota 51 in questo articolo di C. Mangano). 2 - Demetra tra chora Katanaia ed Etna: l'evidenza archeologica ... La Demetra effigiata sul R/ del bronzetto catanese da me postato qui sopra, potrebbe raffigurare il "signum … perantiquum", l'antichissimo simulacro di Demetra fatto trafugare in modo empio da Verre dal tempio ad essa dedicato (Cicerone, in Verr. 4,99-100). Il tempio era servito da nobili e virtuose sacerdotesse ed era inibito agli uomini: in esso infatti si tenevano cerimonie di tipo misterico riservate alle sole donne. Il passo di Cicerone troverebbe conferma nel rinvenimento nel 1959, da parte di G. Rizza, di un ricco deposito votivo nella Piazza San Francesco a Catania, con ogni probabilità pertinente al Santuario di Demetra, localizzabile poco più a monte. A questo riguardo esiste un rilievo frammentario della fine del V secolo aC, realizzato in marmo pentelico e recante un'iscrizione dedicatoria a Demeter e Kore: DAMATRI KAI KORAI (vedi in alto a sinistra sul rilievo). Il rilievo era stato rinvenuto da Libertini negli anni '30, tra le fondazioni del Palazzo in cui aveva allora sede la Banca d'Italia e in cui oggi si trova la Questura. In esso appaiono le due dee: Kore nell'atto di sollevare il lembo della veste, un peplo dorico con kolpos e apoptygma; Demetra mentre regge una lunga torcia che poggia a terra ... Rilievo votivo Demetra Kore a Katane - ultimo quarto del V sec (….) E' probabile che il rilievo sia stato realizzato ad Atene: l'immagine delle due divinità ricalca chiaramente i tipi statuari creati per il Santuario di Eleusi, sede dei celebri Misteri delle due Dee. In occasione della spedizione in Sicilia del 415 a.C., Atene strinse alleanza con Catania contro la dorica Siracusa: il rilievo potrebbe essere quindi espressione del legame stretto in questa occasione tra le due città di stirpe ionica. E' facile pensare che lo scultore ateniese, ponendo sul rilievo destinato a Catania l'indicazione del cratere dell'Etna accanto all'immagine delle due dee eleusine, volesse celebrare l'alleanza tra Atene e Katane facendo leva, al di là della comunanza di stirpe, sull'appartenenza ad un'unica geografia sacra disegnata dalle divine peregrinazioni di Demetra. (Immagine del rilievo copyright e cortesia: "In Ima Tartara. Miti e Leggende delle Grotte dell'Etna, a cura dell'archeologo Francesco Privitera e del presidente del Centro di Archeologia cretese Vincenzo La Rosa.") 3. Demetra tra chora Katanaia ed Etna: Immagini dal Mito (Post 617 618) 3a) Il "Ratto di Persephone" Secondo Igino (Fab. 5) Kore stava raccogliendo fiori su un prato dell'Etna quando fu rapita da Ade: l'Etna compare come uno dei varchi del Tartaro, in quanto mette in comunicazione l'oltretomba con il mondo dei vivi … Henna Ratto di Kore - Munatius e Cestius 44-36aC - Profilo di Demetra Il modello mitico del "Ratto di Persephone", contradditorio in quanto localizza l'evento in Sicilia e non nell'Attica, si fissa proprio nel corso del V secolo …. Diodoro (5, 4.) riporta per primo la tradizione secondo cui Demetra abbia dato inizio alle sue peregrinazioni, alla ricerca della amata figlia, accendendo le torce ai crateri dell'Etna… Narra Ovidio nelle Metamorfosi: " Né l' Aurora, quando arrivò con i suoi capelli rugiadosi ... ... né Vespero la videro mai riposarsi. Essa accese alle fiamme dell' Etna due torce di pino, e tenendone una in ciascuna mano vagò senza requie nella notte brinosa ....". Ecco Demetra, tra i fuochi dell'Etna e le luci di Katane sullo sfondo …. (Foto Copyright e Cortesia Marco Fulle: http//stromboli.net) Demetra le fiamme di Etna e le luci di Katane "Alta giace l'Etna sul volto del grande Tifeo, del cui igneo respiro brucia la terra. Là accende a quel fuoco due pini per lampada, donde viene l'uso odierno di tede nelle feste di Cerere…" Ovidio, Fasti 3b) Aetna, essere divino e montagna I greci non avevano un nome specifico per designare un vulcano. L'Etna era designata normalmente come una montagna (oros): celebrata da Pindaro per la sua straordinaria altezza quale Colonna del Cielo, e da Euripide quale "rupe che gronda fuoco, pyristaktos petra" per la sua attività eruttiva, mettendo in collegamento il Cielo con le profondità della Terra, Etna ha nei millenni perpetrato il paradosso di essere nel contempo Varco del Tartaro e appunto, Colonna del Cielo… (…….) Sia come sia, l'importanza di Aetna in miti dalle evidenti implicazioni politiche è dimostrata pure da altre genealogie posteriori ai Dinomeidi che le attribuiscono: (…..) E' in questa doppia veste, di essere divino e di montagna, che Aetna compare quale arbitro nella famosa disputa tramandata da Simonide tra : - l'antichissima Demetra, il cui culto a carattere squisitamente matriarcale era stato sovrapposto dai coloni calcidesi a quello indigeno della Dea Madre dei Sicani e Siculi; - Efesto, che sovrappostosi all'indigeno Adranos, entra in relazione con il vulcano Etna almeno agli inizi del V secolo a.C., come testimoniano Simonide, appunto, ma anche Eschilo (Prom. 365-367). 3c) Aetna, arbitro nella contesa tra Demetra ed Efesto Due litrae eccezionali per la rarità (la litra con Demetra, postata da Piakos, è di Henna, del V secolo aC ed è nota in soli tre esemplari; la litra con Efesto, più tarda, è stata postata da Numa numa ed è un unicum di Lipara …), e per il fascino assoluto che emanano … E' evidente come Pindaro e pure Eschilo, chiamati dai Dinomeidi a comporre opere che esaltassero e giustificassero la loro tirannide, abbiano in tali opere rimaneggiato miti e leggende preesistenti al dominio greco in Sicilia allo scopo di giustificarne la legittimità. Simonide (PMG 552) pure ci tramanda della disputa tra Efesto e Demetra per il possesso della Sicilia risolta tramite l'intervento di Aetna. Tale racconto appare chiaramente mutuato dalla tradizione della contesa dell'Attica tra Athena e Poseidone… Contesa per l'Attica tra Athena e Poseidone - dracma di Athene E' ragionevole supporre che anche nel caso di Simonide il tema sia stato sviluppato in un poema commissionato da uno dei Dinomeidi, Gelone o lo stesso Hierone. Infatti, ciò che emerge chiaramente sono le implicazioni politiche sottese all'inserimento di questo elemento locale in una struttura mitica del tutto nuova e che coinvolgeva anche divinità Olimpiche… Il messaggio veicolato dalla tradizione mitica secondo cui Aetna stessa – dal forte legame con la Sicilia nella sua doppia veste di essere divino e di montagna sacra - aveva assegnato il possesso di tutta l'isola ad una delle due divinità olimpiche contendenti, consisteva in una implicita legittimazione della dominazione greca in Sicilia… Katane dionkion moneta e risposta Frazione di 0,11 gr: richiesta di identificazione. Identificazione della frazione del post 632: uno dei non pochi dionkion (o hexantes) ancora inediti; la presenza del fulmine tra due globetti sembra indicare l'appartenenza a Katana. Segue un esemplare simile. Katana: dionkion di 0,11 g (stesso peso) apparso sull'asta 108 di Gorny Il segno che si vede sopra la testa nell'esemplare citato nel post 632 potrebbe essere una rottura di conio. KATANE Litra (0,50 g. - 9-11 mm): esemplare dubbio di litra del 1° periodo. Testa di sileno con taenia/fulmine alato tra due scudi. Vendita Lanz ebay. Dal post 972 e seguenti, si rimanda alla disamina di questa litra dubbia nella discussione "LITRE E SOTTOMULTIPLI DI KATANA NEL V sec. a.C.", post #38. Si riprende la discussione in " LITRE E SOTTOMULTIPLI DI KATANA NEL V sec. a.C.", post #38 per richiedere ulteriori chiarimenti sull’esemplare Lanz dubbio di litra del 1° tipo di Katane, alla luce della comparsa in asta NAC 64 lotto 676 di un nuovo esemplare simile all’unicum della collezione Pennisi. Come risposta alla richiesta espressa nel post precedente, si riprendono da quella discussione le immagini a confronto tra il pezzo Pennisi e quello Lanz, da comparare con il nuovo pezzo ora apparso su NAC, 64 n. 676: si tratta di un nuovo esemplare, che va ad aggiungersi a quello già noto del Pennisi, che quindi non è più unico.
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