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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 08/07/12 in tutte le aree
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non per far polemica ma visto che interessa tanto all'uomo la vita su marte perché invece di un qualsiasi animale non ci potrebbero portare un bell'esemplare della propria specie...4 punti
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Ciao, vi posto questo 10 tornesi del 1839 di Ferdinando II del Regno Delle Due Sicilie: Mi piace pensare all'idea che questo tondello magari è stato utilizzato per pagare una corsa per la prima tratta ferroviaria Italiana inaugurata il 3 ottobre 1839 Napoli-Portici, un'innovazione che ha cambiato e migliorato il modo di vivere. E' molto interessante ed indicativo il tariffario dell'epoca di cui allego il link: http://www.ilportale...rg/ferrovia.htm Chiunque voglia integrare ed aggiungere qualche altro parere è ben accetto. Con la speranza di fare cosa gradita. Un saluto.3 punti
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Giudicare una foto tramite una bustina è francamente un'impresa impossibile. Certamente però non siamo nel range del BB, come dimostrano bene le ultime foto. Certi appiattimenti sono infatti chiaramenti dovuti ai riflessi, a volte c'è la tendenza a giudicare una moneta trmite foto fidandosi solo dell'usura, che è un parametro che in casi come questi è assolutamente non giudicabile proprio per il limite fotografico. Quello che è certo è che la moneta è molto fresca, segnetti e colpetti significativi non ne vedo, pertanto nei giudizi si parte dallo SPL in su. Ricordo anche che le quadrighe lente sono monete che nascono con i rilievi molto bassi, e se una moneta così fresca presenta qualche singolo dettaglio evanescente questo non è certo dovuto ad usura ma più banalmente a conio stanco.2 punti
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Con il presente avviso invito tutti gli utenti del Forum Euro ad un maggiore rispetto del pensiero altrui e all'utilizzo di un linguaggio più consono. Il Forum è un momento di svago dove è possibile "discutere" della propria passione, allontandoci temporaneamente dalle ansie quotidiane. grazie per la collaborazione Diabolik732 punti
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Salute come per la discussione da me aperta "Regno di Napoli:::le monete"apro questa con lo stesso intendo che è quello di inserirvi notizie storiche e numismatiche con il fine di portare sempre più collezionisti ad appassionarsi a queste tipologie monetali. Le monete degli Aragonesi in Sicilia vanno da Pietro a Ferdinando il Cattolico ed è questa la tipologia monetale che si andrà ad illustrare in questa discussione.L'arco di tempo è compreso fra il 1282 ed il 1516 Vedremo che in meno di 200 anni ,in Sicilia,si ebbero profondi cambiamenti di carattere storico e culturale. Come per la discussione sulla monetazione napoletana invito tutto il forum a contribuire in questa discussione postando monete e notizie attinenti al periodo storico indicato ed alla monetazione degli Aragonesi in Sicilia. La prima moneta che posto è:::::: Pierreale:PIETRO E COSTANZA D'ARAGONA(1282-1285)Zecca di Messina Argento D/+P.DEI.GRA.ARAGON.SICIL.REX.Stemma aragonese in cornice di archetti,con o senza corona,anche affiancato da rosette R/+COSTA.DEI GRAT.ARAG.SICIL.REGIA Aquila ad ali spiegate volta a destra in cornice di archetti Riferimenti:MAUGERI 2;SPAHR 20;MIR 173 La moneta è presente in una collezione privata Le varianti conosciute per i Pierreali di Pietro e Costanza sono circa 20 COSTANZA di Svevia, regina d'Aragona e di Sicilia. - Nacque nel 1249 a Catania , da Manfredi, figlio naturale di Federico II e da Beatrice di Savoia, che il giovane principe aveva sposato tra la fine del 1248 e l'inizio del 1249. Le fu imposto un nome carico di significato: quello della bisnonna normanna, figlia di Ruggero II e moglie dell'imperatore Enrico VI tramite la quale il Regno di Sicilia era passato alla dinastia sveva. E come la bisnonna aveva costituito l'anello dinastico che aveva reso possibile l'acquisto della Sicilia da parte degli Svevi, così Costanza avrebbe permesso agli Aragonesi di assumere l'eredità sveva nell'Italia meridionale. Come nutrice di Costanza fu scelta una giovane nobildonna siciliana, Bella d'Amico, moglie di un piccolo feudatario calabrese, che insieme a Costanza allattava il proprio figlio Ruggiero di Lauria, più tardi uno dei più famosi ammiragli del tempo. Bella rimase a fianco di Costanza finché visse e le fece da madre a confidente dopo la morte di Beatrice di Savoia, avvenuta verso il 1258. Manfredi era stato designato nel testamento imperiale reggente del Regno di Sicilia per il legittimo erede Corrado IV, suo fratellastro, ancora in Germania; ma dopo la sua morte il 21 maggio 1254 a Lavello, il principe di Taranto (era questo il titolo assegnato a Manfredi nel testamento paterno) ambiva egli stesso alla corona, probabilmente nella consapevolezza che solo così il Regno potesse restare agli Svevi. Costanza venne fatta oggetto di trattative matrimoniali. In cambio del proprio appoggio Bertoldo di Hohenburg, il potente feudatario tedesco trapiantato nel Regno già al tempo di Federico II e nominato da Corrado IV reggente in Sicilia per il figlio Corradino, chiese la sua mano per il nipote Ganarro. Tuttavia, il rapido consolidarsi della propria posizione permise a Manfredi di rifiutare la proposta e di sbarazzarsi di lì a poco di un avversario pericoloso. Con la sua incoronazione a re di Sicilia nell'agosto del 1258 si aprirono a Costanza ben altre prospettive matrimoniali. Essa rimasta figlia unica,dopo la morte di sua madre,avvenuta immediatamente dopo l'avvento al trono di Manfredi. Poteva essere quindi considerata, con buone ragioni, l'erede del Regno, se si passava sopra i diritti del piccolo figlio di Corrado IV, che veniva allevato nella lontana Germania. Per Manfredi Costanza costituiva dunque un pegno importante per conquistarsi degli alleati e per ottenere un riconoscimento internazionale del suo Regno, sul quale continuava a gravare l'ombra della usurpazione, tanto più che il Papato gli negava la sua sanzione e lo avversava furiosamente; si trattava di trovare un marito che offrisse garanzie di questo tipo. La scelta cadde sul re d'Aragona al quale Manfredi offrì la mano di Costanza al primogenito ed crede al trono Pietro. Interessi comuni facilitarono l'accordo: proprio allora il conte di Provenza Carlo d'Angiò, antagonista degli Aragonesi nella Francia meridionale, al quale il papa già nel 1252 aveva offerto la corona siciliana, fece le sue prime conquiste nell'Italia settentrionale. Inoltre Alfonso X di Castiglia, l'aspirante alla corona imperiale, preoccupava sia l'Aragonese sia Manfredi. Non si conoscono le fasi delle trattative che il 28 luglio 1260 portarono alla firma degli accordi matrimoniali da parte degli ambasciatori di Manfredi a Barcellona, Giraldo de Porta, Maior de Iovenacio, lacopo Mustacci, socii del re, e del magister Stefano da Monopoli, giudice della Magna Curia. Manfredi si impegnava di dare alla figlia una dote di 50.000 once d'oro, pagabili in oro, argento e pietre preziose; le nozze si dovevano celebrare prima del 10 maggio 1261 a Montpellier. Da parte sua l'infante Pietro promise di trattare C. come una regina, e di restituire a Manfredi la dote se C. fosse morta senza figli. Come dotario sarebbero stati assegnati a C. la città di Girona e il castello di Cottliure. Nel caso che Pietro le fosse premorto, C. avrebbe esercitato la reggenza fino al ventesimo anno dei figli. Difficoltà di vario genere ritardarono tuttavia la celebrazione delle nozze. Un ostacolo non trascurabile era costituito dalla dote: per Manfredi non era tanto facile mettere insieme entro breve tempo una somma così cospicua. Le tasse gravose imposte a tale scopo provocarono l'aperto malumore della popolazione. Ramon Gaucelm, signore di Lunel, che nel settembre 1260 fu mandato alla corte siciliana, tornò a mani vuote. Può darsi che anche il nuovo matrimonio di Manfredi con Elena di Epiro, che poteva ledere i diritti di Costanza se ne fosse nato un erede di sesso maschile, suscitasse qualche perplessità negli Aragonesi. Nell'aprile del 1261 si trasferì a Napoli, dove fu accolto con tutti gli onori, il figlio naturale di Giacomo I, Ferran Xancis, con l'incarico di condurre Costanza in Spagna. Ma il principe dovette aspettare parecchio tempo prima che gli fosse consegnata la sposa. Nel frattempo la notizia del matrimonio tra la figlia dello scomunicato re di Sicilia e l'crede al trono aragonese aveva provocato reazioni violente anche sul piano internazionale. Alfonso X di Castiglia, che Giacomo I aveva informato personalmente, espresse il suo aperto dissenso. Né era possibile ottenere il consenso della Curia romana, benché Giacomo a tale proposito vi avesse mandato ben due ambascerie: nel 1261 il vescovo di Girona e nel 1262 il maestro dei templari, Guglielmo de Pontons. Il 26 apr. 1262 Urbano IV lo invitò a desistere dal progetto per non disonorare la sua casa. Altre difficoltà venivano dalla Francia, e per non fare fallire il matrimonio concordato di sua figlia Isabella con l'erede francese, Giacomo dovette promettere a Luigi IX di non aiutare Manfredi nella lotta contro il Papato e di non sostenere il nobile provenzale ribelle Bonifacio di Castellane contro Carlo d'Angiò (6 luglio 1262). Ma Giacomo non desistette dai suoi piani. Il 13 giugno 1262 furono celebrate a Montpellier, nella chiesa di S.te Marie des Tables, le nozze tra Costanza e Pietro d'Aragona, di una diecina d'anni più vecchio della giovanissima principessa. Avevano accompagnato Costanza nella Francia meridionale il conte Bonifacio d'Anglano, zio del padre, Riccardo Filangieri e Roberto de Morra, nonché la nutrice Bella e alcuni giovani nobili coetanei di C. come Ruggiero e Margherita di Lauria, figli di Bella, Corrado e Manfredi Lancia, lontani cugini della principessa, che sarebbero rimasti con lei in Aragona ed educati a corte. Il giorno del matrimonio Pietro concesse a Costanza, come aveva promesso, Girona e Cottliure come dotario, mentre Bonifacio d'Anglano consegnò la metà della dote pattuita. Non dovette essere facile per Costanza, cresciuta nel noto sfarzo dei palazzi e dei castelli paterni, adattarsi al clima austero della corte aragonese. Il dislivello era evidente. Assai indicativo, a questo proposito, il racconto secondo il quale Elena di Epiro, la giovane matrigna di Costanza visti gli ambasciatori aragonesi venuti a Napoli così male in arnese, si era opposta alle nozze della figliastra. Ma sembra che Manfredi avesse posto precise condizioni per assicurare alla figlia uno stile di vita conforme alle sue abitudini, garantendo in cambio i suoi diritti alla successione in Sicilia. Dai libri di conti della corte degli infanti risulta infatti che il re e l'infante fecero tutto il possibile per soddisfare le esigenze di Costanza. Sono registrate molte spese per prodotti voluttuari e per oggetti di lusso (frutta, stoffe preziose, perle, penne, legna per riscaldare stanze ed acqua ecc.). Ben presto le entrate del dotario non bastarono più a fronteggiare tutte queste spese. Già nel 1263, al posto di Girona e di Cottliure, fu assegnata a Costanza una pensione annua di 30.000 soldi di reali di Valencia, che anch'essi si rivelarono insufficienti. Costanza non solo fu trattata come una regina, ma ebbe anche il titolo di regina che non le spettava di sicuro. Ma, se da un lato l'attribuzione del titolo regale esprimeva i riguardi particolari che gli Aragonesi si erano impegnati ad usare nei confronti di Costanza, lo stesso titolo poteva anche servire a sottolineare i diritti di Costanza alla successione in Sicilia, soprattutto quando la loro realizzazione sembrava sempre più lontana. Ma se Costanza riuscì ad introdurre nella corte uno stile di vita più raffinato, non poté invece introdurvi la lingua materna e la cultura letteraria e filosofica che aveva contraddistinto le corti del nonno e del padre. In verità nulla sappiamo dell'istruzione ricevuta da C. in patria. È noto invece che il suo seguito di giovani nobili italiani, e verosimilmente anche Costanza stessa, venivano scrupolosamente istruiti nella lingua catalana. Ruggiero di Lauria, fratello di latte di Costanza, si sentiva ed era considerato, non a torto, un cavaliere catalano. Dopo la morte di Manfredi nella battaglia di Benevento del 26 febbraio 1266 in cui combatterono anche alcuni contingenti catalani,per la conquista del Regno di Sicilia da parte di Carlo d'Angiò, la corte di Costanza e di Pietro diventò un centro di raccolta per gli esuli ghibellini italiani. Vi trovarono rifugio altri lontani parenti di Costanza fra i quali Bertrando, Guglielmo e Alberto da Canelli, piemontesi, e anche sua zia Costanza, ex imperatrice di Bisanzio che era sfuggita alla cattura angioina; infine, tra il 1274 e il 1275, Giovanni da Procida, medico di Federico II e abile politico, che avrebbe avuto una parte importante nella politica siciliana di Pietro d'Aragona. Tutti guardavano a Costanza come all'erede legittima degli Svevi nel Mezzogiorno d'Italia; gli esuli del Regno la consideravano addirittura la loro "naturalis domina", cioè la loro signora feudale. Costanza si vide quindi sempre più circondata da italiani. La morte di Corradino sul patibolo a Napoli nel 1268 aveva ulteriormente rafforzato i suoi diritti. Non pare infatti che dal secondo matrimonio di Manfredi fosse nato un erede maschio. I tre figli maschi di cui si ha notizia erano con tutta probabilità bastardi. Rimaneva solo la figlia Beatrice, tenuta prigioniera da Carlo d'Angiò. Costanza esercitò pressioni sul marito per indurlo a vendicare la morte del padre. La realizzazione dei suoi diritti, affermati anche pubblicamente, continuava comunque ad essere uno degli obiettivi perseguiti con maggiore tenacia dalla politica aragonese. I vent'anni passati da Costanza in Aragona, come infante prima, e dopo l'avvento al trono di Pietro nel 1276, come regina, furono certamente i più sereni della sua vita. Con il marito Costanza era legata da un rapporto di profondo affetto Il primogenito di Costanzae Pietro, si chiamò Alfonso, nacque il 4 novembre 1265 a Valencia, il secondogenito Giacomo il 10 agosto 1267, nella stessa città. Nacquero inoltre due altri figli maschi, Federico e Pietro, e due femmine, Isabella e Violante. La prima nel 1281 sposò il re di Portogallo Dionigi e venne proclamata santa, dopo una vita matrimoniale infelice e piena di umiliazioni; Violante nel 1297 andò sposa a Roberto d'Angiò duca di Calabria, com'era stato stabilito nella pace di Anagni che riconsegnava la Sicilia agli Angioini, ma morì già nel 1300. Solo nel 1282, con la rivolta dei Siciliani contro il dominio angioino, la possibilità di accedere all'eredità diventò per Costanza una realtà concreta. Alla partenza per Collo nell'Africa settentrionale, da dove sarebbe passato in Sicilia, Pietro nominò Costanza, insieme al primogenito Alfonso, reggente del regno d'Aragona, per il tempo della sua assenza. Ma presto, appena preso possesso dell'isola, chiamò presso di sé la moglie e tre dei suoi figli, Giacomo, Federico e Violante. Il 28 ottobre 1282 mandò in Catalogna una nave per condurli in Sicilia. Quando nella primavera del 1283 Costanza sbarcò a Trapani, fu accolta calorosamente dalla popolazione Il 16 aprile, a Messina, poté riabbracciare il marito, di ritorno dalla vittoriosa campagna in Calabria. Il loro incontro durò poco - appena tre giorni - e fu anche l'ultimo. Pietro sarebbe morto l'11 novembre 1285 in Catalogna, senza aver rivisto Costanza e il regno appena conquistato. Nel Parlamento celebrato il 19 aprile a Messina, il re, in partenza per Bordeaux, dove avrebbe dovuto misurarsi nel duello con Carlo d'Angiò, affidò a Costanza ed al figlio Giacomo la reggenza, affiancando loro nel governo Giovanni da Procida come cancelliere e Alaimo da Lentini come maestro giustiziere, mentre Ruggiero di Lauria fu nominato ammiraglio di Sicilia e d'Aragona. Il compito di Costanza non fu facile. Gli isolani avevano chiamato Pietro d'Aragona perché marito della legittima erede del Regno. Ma è anche vero che la rivolta del Vespro aveva svegliato forti tendenze autonomistiche sia nelle città sia nella nobiltà. Gli uomini che avevano combattuto gli Angioini e costituito la "comunitas iculorum" non erano tanto disposti a sottomettersi di nuovo al potere monarchico e già nel 1283 scoppiò la prima rivolta antiaragonese capeggiata da Guaitieri da Caltagirone. Pietro dal canto suo aveva subito agito con energia: l'amministrazione dei castelli era in mano di catalani e aragonesi ed anche i due vicari generali del Regno "citra et ultra flumen Salsum", Guglielmo Calcerando de Cartellà e Pietro Queralt, nominati prima della partenza del re, erano venuti dalla Spagna. Nel governo centrale l'elemento siciliano era rappresentato solo da Alaimo da Lentini, antico fautore degli Angioini e capitano di Messina al tempo della comunitas, il più autorevole esponente delle aspirazioni particolaristiche siciliane. Pietro pensò bene quindi di raccomandare proprio a lui Costanza e i figli.Per Costanza si trattò quindi soprattutto di attenuare le gravi tensioni che la convivenza tra isolani, aragonesi e fuorusciti ghibellini creava necessariamente. Proprio in questi primissimi anni della dominazione aragonese in Sicilia la presenza di Costanza fu un importante fattore di equilibrio, grazie soprattutto al suo carattere amabile e sereno su cui concordano tutti i cronisti. Oltre alle difficoltà interne Costanza dovette affrontare la guerra contro gli Angioini, mentre, ad aggravare ulteriormente la situazione, s'aggiungeva l'interdetto lanciato contro la Sicilia da Martino IV che doveva risultare particolarmente gravoso per Costanza, donna profondamente religiosa. Pare che Costanza si sia interessata personalmente agli armamenti. Ma quando nel 1284 Ruggiero di Lauria riuscì a catturare l'erede al trono angioino, Carlo principe di Salerno, e a portarlo a Messina, fu proprio Costanza a sottrarlo al linciaggio della folla. Il suo gesto fu tanto più apprezzato in quanto dimostrava la generosità della regina che non aveva voluto ripagare la morte del padre con un'altra morte. Nella fortunata spedizione nel golfo di Napoli il Lauria aveva anche potuto liberare la sorellastra di Costanza, Beatrice, figlia di Manfredi e di Elena di Epiro. Costanza si preoccupò con grande sollecitudine della sua sorte e combinò il suo matrimonio con Manfredi di Saluzzo, celebrato nell'ottobre dei 1286 a Messina. Ma al momento delle nozze Beatrice, cui Costanza aveva dato una dote di 8.000 once d'oro, rinunciò ufficialmente a tutti i suoi eventuali diritti sul Regno di Sicilia. Dopo la morte nel 1285 del marito, che aveva continuato dalla Spagna a dirigere gli affari siciliani, come dimostra la fitta corrispondenza con la moglie, Costanza affiancò nel governo il figlio Giacomo, diciottenne, incoronato re di Sicilia nel febbraio del 1286, dato che gli accordi matrimoniali del lontano 1260 le avevano assegnato la reggenza fino al compimento del ventesimo anno di età dei figli. Ma pare che ben presto si sia ritirata dalla vita pubblica. Nel 1290 mandò truppe a San Giovanni d'Acri per la difesa della città "pro anima vivi sui et pro subsidio Terre Sancte", che tuttavia furono rimandati indietro perché i Siciliani erano scomunicati e sottoposti all'interdetto. La morte nel 1291 del primogenito Alfonso, che era successo al padre sul trono d'Aragona e che Costanza non aveva più rivisto da quando aveva lasciato la Catalogna, la indusse a ritirarsi definitivamente e ad entrare nel monastero delle clarisse da lei fondato a Messina. Prendeva così in Costanza il sopravvento un tratto della sua personalità che si era maturato nel clima della corte aragonese permeato da un profondo senso religioso. Le idee di S. Francesco vi avevano trovato un terreno fertile, come dimostra la presenza a corte di Ramon Lull e di Arnaldo di Villanova. Pietro stesso, in punto di morte, aveva chiamato un frate minore per confessarsi. Costanza, dal canto suo, già verso il 1265 aveva fondato e dotato nella piccola città di Huesca, regalata da Giacomo I al figlio al momento delle sue nozze con C., un monastero di clarisse, che sottopose alla sua speciale protezione. Altre manifestazioni della sua religiosità sono le visite ai santuari famosi in occasioni particolarmente importanti della sua vita, come nel 1267 dopo la nascita di Giacomo, nel 1283 prima della partenza per la Sicilia. Frequenti anche le elargizioni a favore di religiosi e di monasteri. Tutto ciò contribuiva a rendere il suo ritiro - una scelta quasi obbligata per una vedova, madre di figli ormai maggiorenni - particolarmente drastico. Costanza rimase sempre devota all'autorità pontificia. Questa sua sostanziale sottomissione ai dettami della Chiesa dovette causarle non pochi scrupoli di coscienza se si considera che il Papato aveva sempre denunciato come usurpato il dominio aragonese in Sicilia e in conseguenza inflitto la scomunica ai regnanti. Il permesso di potersi scegliere un confessore che la assolvesse quotidianamente dai suoi peccati nonostante l'interdetto che gravava sull'isola, ottenuto nel 1292 dal cardinale vescovo di Porto Matteo, dovette quindi rivestire per lei particolare importanza. Quando poi nel 1295 Giacomo II venne ad un accordo con Bonifacio VIII, il cui prezzo era la cessione della Sicilia agli Angioini, Costanza non se la sentì di rimanere a fianco del figlio Federico, il quale, in dispregio dei patti, decise di difendere l'eredità materna, e si fece incoronare re di Sicilia nel marzo del 1296. Sottoposta a precise pressioni da parte degli emissari pontifici, il vescovo di Urgel e Bonifacio da Calamandrana, che le ricordavano che non poteva restare in Sicilia "sine peccato", accettò di abbandonare per sempre il suo regno. Accompagnata da Giovanni da Procida e da Ruggiero di Lauria, i due uomini che le erano stati particolarmente vicini durante il suo governo in Sicilia, nel febbraio del 1297 si trasferì a Roma, dove furono celebrate le nozze della figlia più giovane Violante con Roberto d'Angiò. Nonostante papa Bonifacio VIII si fosse impegnato di provvedere al suo sostentamento a Roma, Costanza ben presto fu costretta a lamentarsi con il figlio Giacomo delle difficoltà economiche in cui si trovava. Nel 1299 tornò in Catalogna. Morì a Barcellona l'8 aprile 1300 e fu sepolta nella chiesa del locale convento dei francescani, da dove solo nel 1852 le sue spoglie furono traslate in una cappella del chiostro della cattedrale. La Chiesa la proclamò beata. Nel testamento, dettato il 1º febbraio 1299, aveva istituito tra l'altro due ospedali per i poveri, a Barcellona e a Valencia. Aveva però sottoposto il piccolo legato a favore del figlio Federico al vincolo che egli vi potesse accedere solo dopo aver fatto la pace con la Chiesa, rispettando così una clausola del trattato di Anagni del 1295 tra Giacomo II d'Aragona e Carlo II d'Angiò. Il suo sigillo la rappresenta all'impiedi, in mezzo a un tempietto gotico, vestita con tunica e manto e con la corona in testa. Nella mano destra tiene lo scettro sormontato dal giglio, nella sinistra il pomo sormontato dalla croce. Dante ricorda Costanza nel terzo canto del Purgatorio, in occasione del suo incontro con Manfredi, il quale prega il poeta di portare la notizia della sua salvezza alla sua "bella" e "buona" figlia, "genitrice dell'onor di Cicilia e d'Aragona" (vv. 127-129, 143). Pietro III d'Aragona figlio di Giacomo il Conquistatore,re d'Aragona,Valencia e Maiorca,conte di Barcellona,Gerona ,Osona,Besalù,Cerdanya e di Rossiglione,Signore di Montpellier e Carlades;e di Violante o Iolanda d'Ungheria,figlia di Andrea II Re d'Ungheria e della principessa di Costantinopoli Iolanda De Courtenay.Egli nacque a Valencia nel 1239 ed era figlio primogenito e nel 1262 ereditò molte signorie e contee,ma anche il Regno d'Aragona.Nel 1262 a Montpellier sposò Costanza,figlia di Manfredi di Svevia,Re di Sicilia, e di Beatrice di Savoia. Nel 1282, durante i Vespri Siciliani, dopo che i siciliani avevano inutilmente offerto al Papa la loro confederazione repubblicana di liberi comuni in feudo , inviarono una delegazione in Nordafrica che offrì a Pietro l'ambita corona del Regno di Sicilia, in quanto marito di Costanza, legittima erede del regno normanno; Pietro accettò ed il 31 agosto sbarcò a Trapani, con 600 armigeri, tra loro anche le fedeli famiglie dei Cossines e 8.000 almugaveri che era una fanteria da guerriglia che sarebbe divenuta famosa per coraggio e crudeltà. Carlo I d'Angiò, che il 25 luglio aveva messo l'assedio alla città di Messina, dopo lo sbarco aragonese tentò un ultimo vano assalto a Messina e poi si ritirò.Il 2 agosto 1282 Pietro entrò trionfalmente a Messina ;la città fu considerata dagli Aragonesi "fedelissima"ottenendo ricompense politiche ed economiche.Di lì a poco il nuovo Re aragonese occupò tutto il resto dell'isola ed il 26 settembre sbarcò in Calabria, dove gli almugaveri ed anche siciliani, fecero solo azioni di guerriglia senza reali conquiste territoriali. Alla fine dell'anno si era determinato uno spaccamento del Regno di Sicilia in due parti, l'isola di Sicilia in mano agli aragonesi ed il resto del regno,la parte continentale agli Angioini. Nel novembre dello stesso anno, fu scomunicato dal papa Martino IV, che non lo riconobbe re di Sicilia, anzi lo dichiarò decaduto anche dal regno d' Aragona ed offrì il tutto a Carlo terzogenito (secondogenito vivente) del re di Francia, Filippo l'Ardito e futuro conte di Valois. Nel 1284, papa Martino IV, diede una consistente somma di denaro a Carlo I d'Angiò che preparò una flotta in Provenza che avrebbe dovuto unirsi a parte della flotta che l'attendeva nel porto di Napoli e poi incontrarsi ad Ustica con il resto della flotta composto da trenta galere con l'armata italo-angioina, proveniente da Brindisi. Ma il 5 giugno la flotta siciliano-aragonese, sotto il comando del Lauria si presentò dinanzi al porto di Napoli e il principe di Salerno, il figlio di Carlo I, Carlo lo Zoppo, disobbedendo all'ordine del padre di non muoversi, prima del suo arrivo dalla Provenza, uscì dal porto con la sua flotta napoletana, per combattere il Lauria che lo sconfisse e fece prigioniero lui e parecchi nobili napoletani. Quando Carlo I arrivò a Gaeta e seppe della sconfitta maledì il figlio, ma dovette rinunciare all'invasione della Sicilia, assediò invano Reggio e poi, per riorganizzarsi, si ritirò in Puglia dove, a Foggia, il 7 gennaio 1285, morì. Pietro III morì a Vilafranca del Penedès, l'11 novembre 1285,lo stesso anno del suo avversario Carlo I d'Angiò Uploaded with ImageShack.us --Vi esorto a postare le vostre monete aragonesi di Sicilia e vi ringrazio anticipatamente del vostro contributo per far diventare "grande" e seguita anche questa discussione --odjob1 punto
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Curiosity, il rover robotico geologo-chimico che è ammartato sul pianeta rosso il 6 agosto si è portato con se un Lincoln Cent VDB del 1909 leggi l'articolo1 punto
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L'altra sera in chat si discuteva,con gli amici, su monete di Vittorio Emanuele III ed abbiamo convenuto che questa tipologia monetale riunisce in se il relativo basso costo anche in situazioni di alta conservazione e la stupenda arte incisoria proveniente dalla mano del Giorgi,ma faccio anche notare la B di Bistolfi che è un piccolo capolavoro nel capolavoro . --odjob1 punto
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portare qualche specie di pianta ok, ma gli animale no. con le temperature che ci sono su marte durerebbero forse qualche minuto con sofferenze estreme1 punto
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io mi astengo da ogni commento, foto e nuovi post...basta, nn inserisco più nulla e le monete le condividerò solo con poche persone in separata sede, su ogni moneta che ho postato fin'ora me ne son state dette di ogni tranne che per 2 o 3...pazienza, nn mi arrabbio,ma da ora in poi mi eclisso1 punto
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Dato che Non badano a spese, nelle strumentazioni astronomiche, Mi sarei aspettato una moneta migliore, per lo meno dal punto di vista del metallo.....Forse un Argento era meglio e magari sarebbe durata anche più a lungo nel tempo, o almeno credo...... Gli animalisti non me ne vogliano, ma avrei portato su Marte anche qualche specie di Animale e Vegetale, diciamo quelli che sopravvivono di più senza acqua, giusto per vedere se cè possibilità di sopravvivenza.....Secondo mè lo hanno già fatto, daltronde ormai Mi aspetto di tutto dagli americani in quanto ad occultare e celare notizie se la cavano Molto bene......e per concludere Vorrei manifastare la Mia contrarietà nell' aver Bombardato un Pezzo di Luna!!!! sarebbero tutti da condannare!! Scusate il fuori tema, Ciao Massy1 punto
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Spl 23,49 grammi forse ho fatto bene a lasciarla. Ciao. Ricorda che il peso non significa nulla per la classificazione delle medaglie in questione. Vedi che in più di una sede è stato detto come si verifica l'autenticità di una medaglia. ok faccio un ripasso.Ciao.1 punto
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Secondo me un MB ci sta senza problemi, la variante è rara ed è catalogata al n. 4b del Gigante, l'errore è evidente e spesso mi capita di andare a leggere per prima cosa la parola GRAND al rovescio per verificare la presenza di tale errore di punzonatura, credetemi, gli esemplari con la parola GNAND sono rari! 80 euro ci sono tutti per questa moneta. Bravo Pietro! :good:1 punto
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Come detto da DiaboliK, bisogna usare un linguaggio più moderato,non sono daccordo con molte delle cose che dice Blackeuros ed ho avuto l'occasione di avere delle discussioni con lui ma non per questo siamo arrivati a doverci prendere a male parole. Il confronto fa solo del bene alla nostra passione ed ogniuno è libero di pensare quello che crede, se lui ritiene che chi acquista un certo tipo di moneta è un "pollo" liberissimo di crederlo, l'importante è che coloro che acquistano tale tipologia di monete non si sentano polli ma anzi penso che costoro si sentano dei collezionisti appassioniti e quando entrano in possesso dell'oggetto tanto ambito il loro spirito non rispecchia certo quello di chi è "pollo". Non bisogna dare troppa enfasi a certe affermazioni ma al massimo rispondere dando una propia spiegazione razionale e convincente delle propie idee. Passando alle monete dico solo che non è il fatto in se dell'aumento delle commemorative ma il vero problema come già affermato da altri saranno le tirature che faranno lievitare i costi di tali monete, creando difficolta sopratutto a coloro che magari fanno delle rinuncie gia ora per la propia passione e che per stare al passo con la collezione delle commemorative un giorno magari dovranno interromperla perche non riusciranno più a permettersi l'acquisto di un numero così considerevole di monete.1 punto
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Mi sento di escludere che quel segno a ore una sia scoria di metallo, è un segno volutamente impresso, tanto è vero che nella prima moneta nel catalogo c'è e nella terza variante è scritto "senza punto a destra aquila", poi ne ho già visti altri nelle varie aste; semmai è un po' strana la forma del mio che sembra più in trifoglio che un punto. Per segno di zecca intendevo che,forse, potrebbe essere un segno di zecchiere o di una particolare produzione (ad esempio prima dell'incoronazione ufficiale (avvenuta il 30 agosto 1282) o in preparazione di quella o per l'Oriente)... In ogni caso: grazie! ... e perdonatemi se ho scritto degli strafalcioni.1 punto
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La piastra che hai postato è la Muntoni 18, in cui il diritto è opera (al pari del rovescio) di Ferdinand De Saint Urbain, firmato S. VRBA OP. sotto il busto del diritto e S.V., a dx sotto la linea dell'esergo, al rovescio. E' più comune (e forse anche più bella al diritto) la piastra con il ritratto dell'Hamerani (Muntoni 17, CNI 120), il rovescio è il medesimo: Ciao, RCAMIL.1 punto
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Da queste foto è impossibile... 1. metti sempre la moneta con le facce dritte perchè così si perde la cognizione della moneta 2. fai una foto mettendo più a fuoco1 punto
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Mi piace ricordare che la scala americana Sheldon, checchè se ne pensi, non giudica tanto la presenza di segni, colpi od altri difetti similari, bensì dello stato dei rilievi, a prescindere se questo derivi da usura o conio stanco. E' una scala tutt'altro che perfetta e che nasce per scopi a mio modo di vedere tutt'altro che nobili (ossia assegnare quotazioni principesche a moneta che si differenziano solo per dettagli, appunto microscopici). i segnetti di contatto e i colpetti ai bordi, che a noi danno tanto fastidio, da loro vengono ignorati o cmq poco pesati. Viceversa se una moneta intonsa presenta un dettaglio basso per via del conio stanco viene penalizzata. Mi è capitato di vedere italiane monete slabbate nel range MS (ossia da 60 in su) che presentavano pesanti colpi ai bordi, nemmeno segnalati. Le monete pulite vengono segnalate solo se la pulizia è pesante (CLEANED), se si tratta di pulizie leggere (ma assolutamente non tolerate nel nostro modo di vedere) viene segnalato UNC DETAILS, formula usata (ma io prefersico dire ABusata) anche in altri casi e sempre su monete che da noi arriverebbero si e no allo SPL. La scala Sheldon è buona, ma solo sulla carta, l'applicazione che ne viene fatta è spesse volte molto, ma molto, criticabile. P.S. Il cosiddetto FDC eccezionale negli USA è indicato con aggettivi come "GEM UNC". MS significa Mint State, abbraccia una vasta gamma di monete dallo SPL+ in su, e non indica affatto l'eccezionalità, bensì qualsiasi moneta che non sia circolata, ossia l'UNC. Provate a guardarvi qualsiasi MS-60 o 62 slabbato da ditta americana: sono sicuro che non ne troverete uno solo che possa essere considerabile anche solo qFDC con i nostri parametri.1 punto
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@@tartachiara Io purtroppo, e per fortuna, ho una visione tutta mia delle conservazioni che mi hanno salvato dalle fobie che sto riscontrando negli ultimi anni, soprattutto con l'avvento del commercio elettronico, riguardo i + i - i quasi i meglio e via discorrendo. E la periziomania che si è scatenata di conseguenza. La mia firma, ormai lì da diverso tempo, è emblematica di questo. Per questi motivi, io ragiono all'americana (metodo adottato praticamente ovunque, tranne che da noi) dove il FDC, in senso stretto e assoluto, non esiste, se non in casi veramente eccezionali. Quello che noi chiamiamo FDC in realtà, come ho già detto, trattasi di "non circolato" o UNC come sigla se è più comodo. Il FDC vero, che loro chiamano Mint State (stato zecca) o MS, si riscontra solo in casi rari dove veramente l'operaio ha preso al volo la moneta oppure molto più banalmente si tratta di prime coniazioni, monete tenute con i dovuti crismi, lustro eccezionale, patine vere, ecc. ecc. Ciò commina sicuramente un plusvalore che la quadriga del 16 e anche del 15, da una visione in foto, mi sembra non abbiano. Quindi molto banalmente io le avrei considerate allo stesso livello, entrambe non circolate, ma quella del 16 con qualche difetto dovuto alla produzione, a mio avviso non deturpante più di tanto, le foto grandi amplificano i difetti che magari non sono visibili bene ad occhio nudo. Parliamo di prezzi? Ormai ho tarato il mio UNC sui FDC pubblicizzati in giro e mi regolo di conseguenza anche per i gradi inferiori. Siamo d'accordo comunque che in questo caso due righe in più nella descrizione non avrebbero guastato.1 punto
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Si amici avete ragione ma quando ci vuole ci vuole. A questo personaggio è ora che le cose vengano dette come stanno. In democrazia ognuno è libero di esprimere i propri pensieri, ma ci sono tanti modi per farlo! Uno di questi potrebbe essere ad esempio il Messaggio Privato. Vorrei inoltre sottolineare che ci sono utenti in questo forum che hanno un'età anche di 15 o 16 anni.... Cerchiamo di dare il buon esempio a questi ragazzi :friends:1 punto
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Ciao tartachiara, io per comprare monete vado con i miei 10 decimi e non sbaglio1 punto
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Mi stupisco nel leggere questi argomenti. E' come discutere di gossip. Sono stupidaggini e cose inutili. Che qualche blogger mette in circolazione per farsi leggere e darsi arie da uno che sa le anticipazioni.1 punto
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e ti meravigli in un Paese che ha la piu bella collezione di monete romane (Gnecchi) che giace inconosciuta dai tempi del suo lascito (1923) e ancora non catalogata e fotografata ? IN USA , dove adorano tutto cio che viene da Roma antica , ci avrebbero fatto sopra un museo appositamente. Come possono da noi i supposti curatori metterci il loro nome ?1 punto
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Altra sottovariante di piereale d'argento per Pietro e Costanza. Stessa aquila coronata al diritto, ma stemma aragonese circondato da tre rosette al rovescio (Spahr n. 24) Pereale, Piereale, Perriale o Reale di Pietro è il nome dato alle prime monete d'oro e d'argento coniate dagli aragonesi in Sicilia. "Le monete dell'oro di Cicilia si appellano in Cicilia Piereali ed alcuni dicono Raonesi d'oro; la moneta d'argento di Cicilia somigliantemente si chiama piereali e chi li chiama Raonesi d'argento" (Pegolotti, La pratica della mercatura, Lucca 1761). Il piereale d'argento corrispondeva al carlino da 10 grana, per cui due piereali equivalevano ad un tarì. Un diploma di re Federico del 1315 gli assegna il peso di 3 trappesi e 13 grani. A margine della splendida dissertazione storica di Odjob, mi permetto qualche breve nota semiologica e stilistica. L'aquila che compare al diritto è quella di piuma nera, la più nobile, adottata nel XII secolo da Federico Barbarossa per denotare la dignità sacra dell'Impero, riprendendo l'antico simbolo romano (prima ancora tolemaico e indoeuropeo) attraverso la mediazione carolingia. Nel XIII e XIV secolo l'aquila diviene il vessillo del partito degli Hohenstaufen, ossia quello ghibellino, opposta al leone adottato prevalentemente dalla parte guelfa, che pure non disdegna l'effigie dell'aquila, in fogge differenti. La splendida aquila dei piereali è il canto del cigno di quel genio svevo che aveva saputo fondere la potenza del segno normanno con la dolcezza e l'eleganza della cultura araba, come si vede sugli augustali d'oro di Federico II e su questo capitello di epoca sveva da S. Clemente a Casauria. Molto contrastante ci appare lo scudo al rovescio, "gotico" (in senso letterale) vessillo di una stirpe feudale discendente dai Visigoti che, in qualità di conti di Barcellona e re d'Aragona, si distinse sempre per la strenua difesa dei suoi aspri territori sia dalle mire dei normanni, che dalla "mollezza" dei califfati arabi dell'occidente spagnolo. E' infatti ad una morte in battaglia contro questi ultimi che gli aragonesi, secondo la leggenda, devono il loro blasone. Fu infatti concesso a Goffredo il Villoso da Carlo il Calvo, quando il capostipite aragonese morì combattendo in battaglia vicino a Santa Maria del Puig, l'11 agosto 897. Il sovrano carolingio intinse le sue quattro dita più lunghe nel sangue di Goffredo e tracciò quattro linee di sangue sul suo scudo dorato. Da allora i quattro pali vermigli su campo d'oro identificano la discendenza aragonese come la regione della Catalogna. Un saluto particolare, oltre che ad odjob, ai carissimi amici Francesco e Pietro, di cui ho sentito parecchio la mancanza negli ultimi mesi...tempo permettendo, vedrò di aggiornarmi sulle ultime del forum e di intervenire, se sarò all'altezza delle discussioni.1 punto
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Utente feedback 4 con nessun feedback come acquirente. Ma la perizia allora è falsa?1 punto
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E' un bronzo, TIPO A del PIRAS 1993, con al D\ il profilo della dea Kore e al R\ la protome equina con, nel campo a destra della protome, la lettera PE in caratteri punici. Il Piras la definisce piccolo bronzo per distinguerla dal grande bronzo con le stesse impronte di esclusiva zecca sarda, il TIPO C, datato alla 1a guerra punica. Dal conio della dea credo questo esemplare sia da attribuire a zecca sarda, infatti, per questo tipo l'esclusività della zecca sarda è messa in discussione dai cospicui ritrovamenti effettuati in tantissime località del Mediterraneo centrale, per cui ci si deve basare sulle caratteristiche iconografiche dei disegni del profilo al D\. Il Piras inoltre definisce questo tipo come "piccolo bronzo", mentre la recente scoperta dello stesso tipo ma di peso ridotto identifica quest'ultimo come piccolo bronzo e, pertanto, fa propendere per il tipo in oggetto la dicitura di "medio bronzo". La moneta è bellissima, tenuta in alta conservazione per questo tipo, con patina verde scuro che la impreziosisce non poco.....complimenti per l'acquisizione!!!!!! ;) Con la storia di Roma questo tipo non ha niente a che vedere, essendo datato dagli studiosi dal 300 al 264 a.C. proprio prima che scoppiasse la 1a guerra punica; è interessante, invece, per ciò che concerne la storia monetale di Cartagine che con questa emissione tese ad includere la Sardegna nel circuito del mercato internazionale in un momento in cui la metropoli africana si staccava dall'influenza monetale siciliana e si rivolgeva al Mediterraneo orientale!1 punto
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Concordo in pieno......sono iscritto da poco nel forum e mi ha stupito il fatto che non ci fosse una sezione apposita per la numismatica punica.....nel caso fosse possibile realizzarla, sono sicuro che si intensificherebbero le discussioni riguardo questa affascinante e ancora poco conosciuta monetazione! ;)1 punto
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P. RIPAMONTI / CARPANO / MILANO - GALLERIA DE CRISTOFORIS N.18 .19 . 20 . ALBUM VIGLIETTI DI VISITA BOTTONI / PAPETERIA E LIBRI DIVOTI Ottone, mm.221 punto
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