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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 08/04/12 in tutte le aree
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Sul forum parliamo molto di noi collezionisti, io stesso ne ho parlato spesso, però è una voce di parte, molti di noi sono anche collezionisti.Ma come sono visti al di fuori di questo mondo di nicchia, dagli altri, ma in particolare negli ambiti istituzionali ?Gli altri in generale non comprendono bene questa passione, la ritengono di solito anomala, quasi strana, spesso gli sguardi e i commenti sono del tipo " il mondo è bello perchè è vario ", molti capiscono anche poco di cosa si sta parlando, i più educati cambiano subito discorso.Ma l'approccio, il rapportarsi con gli altri, in realtà lo sappiamo bene com'è, ci è noto.Meno noto in realtà e certamente più criptico è il pensiero che ha il mondo istituzionale, accademico, i vari enti che sono in contatto in qualche modo col collezionismo italiano.Come ci vedono ? Sul forum questo ambito è poco rappresentato in realtà, direi che probabilmente legge, si informa, annota.Ovviamente i pareri non potranno essere concordi, ma certamente un certo scetticismo aleggia in molti pareri che si sentono : il collezionismo incentiva gli scavi clandestini, questa è una massima che circola, il collezionismo indirettamente alimenta il mercato clandestino, ma anche il collezionista lo fa per il puro possesso materiale del bene, per scopi di guadagno, plusvalenze, nulla offre ai contributi e alla ricerca scientifica, queste sono frasi che ricorrono anche in seminari di studio.Ultimamente c'è anche l'ambito fiscale, il redditometro, lo spesometro, il collezionista sottrae, nasconde, ecco perchè è solitario.Quindi per alcuni il ritratto che ne esce non è incoraggiante, non è dei migliori, per fortuna non tutti la pensano così.Però questi giudizi ci sono e si leggono a volte anche sullo stesso forum.Ma è così veramente oggi il collezionista ? Certamente il collezionista è rappresentativo nei circoli, sul forum, nella SNI, ma non tutti è chiaro sono collezionisti.Credo che invece il collezionismo stia cambiando , sia in evoluzione, forse non tutti l'hanno compreso, oggi è diffusa la figura del collezionista-studioso, c'è il collezionista-divulgatore che aiuta anche i giovani ad avvicinarsi a questo mondo, c'è il collezionista-comunicatore che collabora col mondo accademico e con gli addetti ai lavori negli eventi, nel fornire informazioni, dati, immagini di monete.E' di solito persona precisa, ordinata, cataloga, studia, preserva questi beni nel tempo che poi come sappiamo passeranno inevitabilmente in mano altrui.Un ruolo civico e sociale, consapevole e rispettoso di norme e leggi nella quasi totalità, che dovrebbe essere visto come una risorsa, una opportunità di crescita culturale per molti ; purtroppo è un mondo che fatica ad essere però rappresentato quando si tratta di interagire con gli altri.Ma a volte quando vedo in certi circoli o nei mercatini, collezionisti,anche anziani, che si confrontano, commentano, si scambiano le monete, mi fanno venire in mente quando ero ragazzino e ci scambiavamo con gli altri le figurine dei calciatori Panini.Il paragone può sembrare irriverente, però è calzante, alla fine almeno per me, io continuo a pensare e a trovare in questo un ritorno alla fanciullezza, a quell'essere eterni Peter Pan, le emozioni, le passioni, i sogni, dei piccoli grandi sognatori e speriamo di continuare ad esserlo, il mondo ha bisogno sempre più anche di questi eterni sognatori.P.S. Certamente l'argomento si presta a svariate considerazioni con visuali differenti e metri di lettura diverse, dipende molto dall'angolazione, dagli orientamenti, posizioni, sensibilità,vediamo come la pensate, se ritenete.3 punti
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Altra sottovariante di piereale d'argento per Pietro e Costanza. Stessa aquila coronata al diritto, ma stemma aragonese circondato da tre rosette al rovescio (Spahr n. 24) Pereale, Piereale, Perriale o Reale di Pietro è il nome dato alle prime monete d'oro e d'argento coniate dagli aragonesi in Sicilia. "Le monete dell'oro di Cicilia si appellano in Cicilia Piereali ed alcuni dicono Raonesi d'oro; la moneta d'argento di Cicilia somigliantemente si chiama piereali e chi li chiama Raonesi d'argento" (Pegolotti, La pratica della mercatura, Lucca 1761). Il piereale d'argento corrispondeva al carlino da 10 grana, per cui due piereali equivalevano ad un tarì. Un diploma di re Federico del 1315 gli assegna il peso di 3 trappesi e 13 grani. A margine della splendida dissertazione storica di Odjob, mi permetto qualche breve nota semiologica e stilistica. L'aquila che compare al diritto è quella di piuma nera, la più nobile, adottata nel XII secolo da Federico Barbarossa per denotare la dignità sacra dell'Impero, riprendendo l'antico simbolo romano (prima ancora tolemaico e indoeuropeo) attraverso la mediazione carolingia. Nel XIII e XIV secolo l'aquila diviene il vessillo del partito degli Hohenstaufen, ossia quello ghibellino, opposta al leone adottato prevalentemente dalla parte guelfa, che pure non disdegna l'effigie dell'aquila, in fogge differenti. La splendida aquila dei piereali è il canto del cigno di quel genio svevo che aveva saputo fondere la potenza del segno normanno con la dolcezza e l'eleganza della cultura araba, come si vede sugli augustali d'oro di Federico II e su questo capitello di epoca sveva da S. Clemente a Casauria. Molto contrastante ci appare lo scudo al rovescio, "gotico" (in senso letterale) vessillo di una stirpe feudale discendente dai Visigoti che, in qualità di conti di Barcellona e re d'Aragona, si distinse sempre per la strenua difesa dei suoi aspri territori sia dalle mire dei normanni, che dalla "mollezza" dei califfati arabi dell'occidente spagnolo. E' infatti ad una morte in battaglia contro questi ultimi che gli aragonesi, secondo la leggenda, devono il loro blasone. Fu infatti concesso a Goffredo il Villoso da Carlo il Calvo, quando il capostipite aragonese morì combattendo in battaglia vicino a Santa Maria del Puig, l'11 agosto 897. Il sovrano carolingio intinse le sue quattro dita più lunghe nel sangue di Goffredo e tracciò quattro linee di sangue sul suo scudo dorato. Da allora i quattro pali vermigli su campo d'oro identificano la discendenza aragonese come la regione della Catalogna. Un saluto particolare, oltre che ad odjob, ai carissimi amici Francesco e Pietro, di cui ho sentito parecchio la mancanza negli ultimi mesi...tempo permettendo, vedrò di aggiornarmi sulle ultime del forum e di intervenire, se sarò all'altezza delle discussioni.3 punti
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...allora proseguo io ..... Vediamo chi indovina? ...c'è qualcosa che non mi convince in questo esemplare ..... credo sia opera di un "burlone"2 punti
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Scusate se faccio un intervento poco tecnico. In effetti è solo una considerazione, magari dovuta alla calura estiva... :D La considerazione è questa. Una monetina, anche bruttina esteticamente, ha scatenato una discussione di 139 pagine. Capisco che partecipino i toscani, ma che anche un milanese sia uno dei motori è un po' un mistero. Ecco è proprio questo che volevo dirVi, il denaro di Lucca è un mistero e forse per questo scatena tutto questo interesse... e un po' di invidia almeno da parte mia. Invidia sana, intendiamoci! Devo assolutamente trovare una moneta di pari fascino tra quelle coniate nel nord-est... oo) Arka P. S. Complimenti a tutti !2 punti
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Secondo me invece restano le monete della collezione Euro più affascinanti e più ambite.2 punti
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Salute come per la discussione da me aperta "Regno di Napoli:::le monete"apro questa con lo stesso intendo che è quello di inserirvi notizie storiche e numismatiche con il fine di portare sempre più collezionisti ad appassionarsi a queste tipologie monetali. Le monete degli Aragonesi in Sicilia vanno da Pietro a Ferdinando il Cattolico ed è questa la tipologia monetale che si andrà ad illustrare in questa discussione.L'arco di tempo è compreso fra il 1282 ed il 1516 Vedremo che in meno di 200 anni ,in Sicilia,si ebbero profondi cambiamenti di carattere storico e culturale. Come per la discussione sulla monetazione napoletana invito tutto il forum a contribuire in questa discussione postando monete e notizie attinenti al periodo storico indicato ed alla monetazione degli Aragonesi in Sicilia. La prima moneta che posto è:::::: Pierreale:PIETRO E COSTANZA D'ARAGONA(1282-1285)Zecca di Messina Argento D/+P.DEI.GRA.ARAGON.SICIL.REX.Stemma aragonese in cornice di archetti,con o senza corona,anche affiancato da rosette R/+COSTA.DEI GRAT.ARAG.SICIL.REGIA Aquila ad ali spiegate volta a destra in cornice di archetti Riferimenti:MAUGERI 2;SPAHR 20;MIR 173 La moneta è presente in una collezione privata Le varianti conosciute per i Pierreali di Pietro e Costanza sono circa 20 COSTANZA di Svevia, regina d'Aragona e di Sicilia. - Nacque nel 1249 a Catania , da Manfredi, figlio naturale di Federico II e da Beatrice di Savoia, che il giovane principe aveva sposato tra la fine del 1248 e l'inizio del 1249. Le fu imposto un nome carico di significato: quello della bisnonna normanna, figlia di Ruggero II e moglie dell'imperatore Enrico VI tramite la quale il Regno di Sicilia era passato alla dinastia sveva. E come la bisnonna aveva costituito l'anello dinastico che aveva reso possibile l'acquisto della Sicilia da parte degli Svevi, così Costanza avrebbe permesso agli Aragonesi di assumere l'eredità sveva nell'Italia meridionale. Come nutrice di Costanza fu scelta una giovane nobildonna siciliana, Bella d'Amico, moglie di un piccolo feudatario calabrese, che insieme a Costanza allattava il proprio figlio Ruggiero di Lauria, più tardi uno dei più famosi ammiragli del tempo. Bella rimase a fianco di Costanza finché visse e le fece da madre a confidente dopo la morte di Beatrice di Savoia, avvenuta verso il 1258. Manfredi era stato designato nel testamento imperiale reggente del Regno di Sicilia per il legittimo erede Corrado IV, suo fratellastro, ancora in Germania; ma dopo la sua morte il 21 maggio 1254 a Lavello, il principe di Taranto (era questo il titolo assegnato a Manfredi nel testamento paterno) ambiva egli stesso alla corona, probabilmente nella consapevolezza che solo così il Regno potesse restare agli Svevi. Costanza venne fatta oggetto di trattative matrimoniali. In cambio del proprio appoggio Bertoldo di Hohenburg, il potente feudatario tedesco trapiantato nel Regno già al tempo di Federico II e nominato da Corrado IV reggente in Sicilia per il figlio Corradino, chiese la sua mano per il nipote Ganarro. Tuttavia, il rapido consolidarsi della propria posizione permise a Manfredi di rifiutare la proposta e di sbarazzarsi di lì a poco di un avversario pericoloso. Con la sua incoronazione a re di Sicilia nell'agosto del 1258 si aprirono a Costanza ben altre prospettive matrimoniali. Essa rimasta figlia unica,dopo la morte di sua madre,avvenuta immediatamente dopo l'avvento al trono di Manfredi. Poteva essere quindi considerata, con buone ragioni, l'erede del Regno, se si passava sopra i diritti del piccolo figlio di Corrado IV, che veniva allevato nella lontana Germania. Per Manfredi Costanza costituiva dunque un pegno importante per conquistarsi degli alleati e per ottenere un riconoscimento internazionale del suo Regno, sul quale continuava a gravare l'ombra della usurpazione, tanto più che il Papato gli negava la sua sanzione e lo avversava furiosamente; si trattava di trovare un marito che offrisse garanzie di questo tipo. La scelta cadde sul re d'Aragona al quale Manfredi offrì la mano di Costanza al primogenito ed crede al trono Pietro. Interessi comuni facilitarono l'accordo: proprio allora il conte di Provenza Carlo d'Angiò, antagonista degli Aragonesi nella Francia meridionale, al quale il papa già nel 1252 aveva offerto la corona siciliana, fece le sue prime conquiste nell'Italia settentrionale. Inoltre Alfonso X di Castiglia, l'aspirante alla corona imperiale, preoccupava sia l'Aragonese sia Manfredi. Non si conoscono le fasi delle trattative che il 28 luglio 1260 portarono alla firma degli accordi matrimoniali da parte degli ambasciatori di Manfredi a Barcellona, Giraldo de Porta, Maior de Iovenacio, lacopo Mustacci, socii del re, e del magister Stefano da Monopoli, giudice della Magna Curia. Manfredi si impegnava di dare alla figlia una dote di 50.000 once d'oro, pagabili in oro, argento e pietre preziose; le nozze si dovevano celebrare prima del 10 maggio 1261 a Montpellier. Da parte sua l'infante Pietro promise di trattare C. come una regina, e di restituire a Manfredi la dote se C. fosse morta senza figli. Come dotario sarebbero stati assegnati a C. la città di Girona e il castello di Cottliure. Nel caso che Pietro le fosse premorto, C. avrebbe esercitato la reggenza fino al ventesimo anno dei figli. Difficoltà di vario genere ritardarono tuttavia la celebrazione delle nozze. Un ostacolo non trascurabile era costituito dalla dote: per Manfredi non era tanto facile mettere insieme entro breve tempo una somma così cospicua. Le tasse gravose imposte a tale scopo provocarono l'aperto malumore della popolazione. Ramon Gaucelm, signore di Lunel, che nel settembre 1260 fu mandato alla corte siciliana, tornò a mani vuote. Può darsi che anche il nuovo matrimonio di Manfredi con Elena di Epiro, che poteva ledere i diritti di Costanza se ne fosse nato un erede di sesso maschile, suscitasse qualche perplessità negli Aragonesi. Nell'aprile del 1261 si trasferì a Napoli, dove fu accolto con tutti gli onori, il figlio naturale di Giacomo I, Ferran Xancis, con l'incarico di condurre Costanza in Spagna. Ma il principe dovette aspettare parecchio tempo prima che gli fosse consegnata la sposa. Nel frattempo la notizia del matrimonio tra la figlia dello scomunicato re di Sicilia e l'crede al trono aragonese aveva provocato reazioni violente anche sul piano internazionale. Alfonso X di Castiglia, che Giacomo I aveva informato personalmente, espresse il suo aperto dissenso. Né era possibile ottenere il consenso della Curia romana, benché Giacomo a tale proposito vi avesse mandato ben due ambascerie: nel 1261 il vescovo di Girona e nel 1262 il maestro dei templari, Guglielmo de Pontons. Il 26 apr. 1262 Urbano IV lo invitò a desistere dal progetto per non disonorare la sua casa. Altre difficoltà venivano dalla Francia, e per non fare fallire il matrimonio concordato di sua figlia Isabella con l'erede francese, Giacomo dovette promettere a Luigi IX di non aiutare Manfredi nella lotta contro il Papato e di non sostenere il nobile provenzale ribelle Bonifacio di Castellane contro Carlo d'Angiò (6 luglio 1262). Ma Giacomo non desistette dai suoi piani. Il 13 giugno 1262 furono celebrate a Montpellier, nella chiesa di S.te Marie des Tables, le nozze tra Costanza e Pietro d'Aragona, di una diecina d'anni più vecchio della giovanissima principessa. Avevano accompagnato Costanza nella Francia meridionale il conte Bonifacio d'Anglano, zio del padre, Riccardo Filangieri e Roberto de Morra, nonché la nutrice Bella e alcuni giovani nobili coetanei di C. come Ruggiero e Margherita di Lauria, figli di Bella, Corrado e Manfredi Lancia, lontani cugini della principessa, che sarebbero rimasti con lei in Aragona ed educati a corte. Il giorno del matrimonio Pietro concesse a Costanza, come aveva promesso, Girona e Cottliure come dotario, mentre Bonifacio d'Anglano consegnò la metà della dote pattuita. Non dovette essere facile per Costanza, cresciuta nel noto sfarzo dei palazzi e dei castelli paterni, adattarsi al clima austero della corte aragonese. Il dislivello era evidente. Assai indicativo, a questo proposito, il racconto secondo il quale Elena di Epiro, la giovane matrigna di Costanza visti gli ambasciatori aragonesi venuti a Napoli così male in arnese, si era opposta alle nozze della figliastra. Ma sembra che Manfredi avesse posto precise condizioni per assicurare alla figlia uno stile di vita conforme alle sue abitudini, garantendo in cambio i suoi diritti alla successione in Sicilia. Dai libri di conti della corte degli infanti risulta infatti che il re e l'infante fecero tutto il possibile per soddisfare le esigenze di Costanza. Sono registrate molte spese per prodotti voluttuari e per oggetti di lusso (frutta, stoffe preziose, perle, penne, legna per riscaldare stanze ed acqua ecc.). Ben presto le entrate del dotario non bastarono più a fronteggiare tutte queste spese. Già nel 1263, al posto di Girona e di Cottliure, fu assegnata a Costanza una pensione annua di 30.000 soldi di reali di Valencia, che anch'essi si rivelarono insufficienti. Costanza non solo fu trattata come una regina, ma ebbe anche il titolo di regina che non le spettava di sicuro. Ma, se da un lato l'attribuzione del titolo regale esprimeva i riguardi particolari che gli Aragonesi si erano impegnati ad usare nei confronti di Costanza, lo stesso titolo poteva anche servire a sottolineare i diritti di Costanza alla successione in Sicilia, soprattutto quando la loro realizzazione sembrava sempre più lontana. Ma se Costanza riuscì ad introdurre nella corte uno stile di vita più raffinato, non poté invece introdurvi la lingua materna e la cultura letteraria e filosofica che aveva contraddistinto le corti del nonno e del padre. In verità nulla sappiamo dell'istruzione ricevuta da C. in patria. È noto invece che il suo seguito di giovani nobili italiani, e verosimilmente anche Costanza stessa, venivano scrupolosamente istruiti nella lingua catalana. Ruggiero di Lauria, fratello di latte di Costanza, si sentiva ed era considerato, non a torto, un cavaliere catalano. Dopo la morte di Manfredi nella battaglia di Benevento del 26 febbraio 1266 in cui combatterono anche alcuni contingenti catalani,per la conquista del Regno di Sicilia da parte di Carlo d'Angiò, la corte di Costanza e di Pietro diventò un centro di raccolta per gli esuli ghibellini italiani. Vi trovarono rifugio altri lontani parenti di Costanza fra i quali Bertrando, Guglielmo e Alberto da Canelli, piemontesi, e anche sua zia Costanza, ex imperatrice di Bisanzio che era sfuggita alla cattura angioina; infine, tra il 1274 e il 1275, Giovanni da Procida, medico di Federico II e abile politico, che avrebbe avuto una parte importante nella politica siciliana di Pietro d'Aragona. Tutti guardavano a Costanza come all'erede legittima degli Svevi nel Mezzogiorno d'Italia; gli esuli del Regno la consideravano addirittura la loro "naturalis domina", cioè la loro signora feudale. Costanza si vide quindi sempre più circondata da italiani. La morte di Corradino sul patibolo a Napoli nel 1268 aveva ulteriormente rafforzato i suoi diritti. Non pare infatti che dal secondo matrimonio di Manfredi fosse nato un erede maschio. I tre figli maschi di cui si ha notizia erano con tutta probabilità bastardi. Rimaneva solo la figlia Beatrice, tenuta prigioniera da Carlo d'Angiò. Costanza esercitò pressioni sul marito per indurlo a vendicare la morte del padre. La realizzazione dei suoi diritti, affermati anche pubblicamente, continuava comunque ad essere uno degli obiettivi perseguiti con maggiore tenacia dalla politica aragonese. I vent'anni passati da Costanza in Aragona, come infante prima, e dopo l'avvento al trono di Pietro nel 1276, come regina, furono certamente i più sereni della sua vita. Con il marito Costanza era legata da un rapporto di profondo affetto Il primogenito di Costanzae Pietro, si chiamò Alfonso, nacque il 4 novembre 1265 a Valencia, il secondogenito Giacomo il 10 agosto 1267, nella stessa città. Nacquero inoltre due altri figli maschi, Federico e Pietro, e due femmine, Isabella e Violante. La prima nel 1281 sposò il re di Portogallo Dionigi e venne proclamata santa, dopo una vita matrimoniale infelice e piena di umiliazioni; Violante nel 1297 andò sposa a Roberto d'Angiò duca di Calabria, com'era stato stabilito nella pace di Anagni che riconsegnava la Sicilia agli Angioini, ma morì già nel 1300. Solo nel 1282, con la rivolta dei Siciliani contro il dominio angioino, la possibilità di accedere all'eredità diventò per Costanza una realtà concreta. Alla partenza per Collo nell'Africa settentrionale, da dove sarebbe passato in Sicilia, Pietro nominò Costanza, insieme al primogenito Alfonso, reggente del regno d'Aragona, per il tempo della sua assenza. Ma presto, appena preso possesso dell'isola, chiamò presso di sé la moglie e tre dei suoi figli, Giacomo, Federico e Violante. Il 28 ottobre 1282 mandò in Catalogna una nave per condurli in Sicilia. Quando nella primavera del 1283 Costanza sbarcò a Trapani, fu accolta calorosamente dalla popolazione Il 16 aprile, a Messina, poté riabbracciare il marito, di ritorno dalla vittoriosa campagna in Calabria. Il loro incontro durò poco - appena tre giorni - e fu anche l'ultimo. Pietro sarebbe morto l'11 novembre 1285 in Catalogna, senza aver rivisto Costanza e il regno appena conquistato. Nel Parlamento celebrato il 19 aprile a Messina, il re, in partenza per Bordeaux, dove avrebbe dovuto misurarsi nel duello con Carlo d'Angiò, affidò a Costanza ed al figlio Giacomo la reggenza, affiancando loro nel governo Giovanni da Procida come cancelliere e Alaimo da Lentini come maestro giustiziere, mentre Ruggiero di Lauria fu nominato ammiraglio di Sicilia e d'Aragona. Il compito di Costanza non fu facile. Gli isolani avevano chiamato Pietro d'Aragona perché marito della legittima erede del Regno. Ma è anche vero che la rivolta del Vespro aveva svegliato forti tendenze autonomistiche sia nelle città sia nella nobiltà. Gli uomini che avevano combattuto gli Angioini e costituito la "comunitas iculorum" non erano tanto disposti a sottomettersi di nuovo al potere monarchico e già nel 1283 scoppiò la prima rivolta antiaragonese capeggiata da Guaitieri da Caltagirone. Pietro dal canto suo aveva subito agito con energia: l'amministrazione dei castelli era in mano di catalani e aragonesi ed anche i due vicari generali del Regno "citra et ultra flumen Salsum", Guglielmo Calcerando de Cartellà e Pietro Queralt, nominati prima della partenza del re, erano venuti dalla Spagna. Nel governo centrale l'elemento siciliano era rappresentato solo da Alaimo da Lentini, antico fautore degli Angioini e capitano di Messina al tempo della comunitas, il più autorevole esponente delle aspirazioni particolaristiche siciliane. Pietro pensò bene quindi di raccomandare proprio a lui Costanza e i figli.Per Costanza si trattò quindi soprattutto di attenuare le gravi tensioni che la convivenza tra isolani, aragonesi e fuorusciti ghibellini creava necessariamente. Proprio in questi primissimi anni della dominazione aragonese in Sicilia la presenza di Costanza fu un importante fattore di equilibrio, grazie soprattutto al suo carattere amabile e sereno su cui concordano tutti i cronisti. Oltre alle difficoltà interne Costanza dovette affrontare la guerra contro gli Angioini, mentre, ad aggravare ulteriormente la situazione, s'aggiungeva l'interdetto lanciato contro la Sicilia da Martino IV che doveva risultare particolarmente gravoso per Costanza, donna profondamente religiosa. Pare che Costanza si sia interessata personalmente agli armamenti. Ma quando nel 1284 Ruggiero di Lauria riuscì a catturare l'erede al trono angioino, Carlo principe di Salerno, e a portarlo a Messina, fu proprio Costanza a sottrarlo al linciaggio della folla. Il suo gesto fu tanto più apprezzato in quanto dimostrava la generosità della regina che non aveva voluto ripagare la morte del padre con un'altra morte. Nella fortunata spedizione nel golfo di Napoli il Lauria aveva anche potuto liberare la sorellastra di Costanza, Beatrice, figlia di Manfredi e di Elena di Epiro. Costanza si preoccupò con grande sollecitudine della sua sorte e combinò il suo matrimonio con Manfredi di Saluzzo, celebrato nell'ottobre dei 1286 a Messina. Ma al momento delle nozze Beatrice, cui Costanza aveva dato una dote di 8.000 once d'oro, rinunciò ufficialmente a tutti i suoi eventuali diritti sul Regno di Sicilia. Dopo la morte nel 1285 del marito, che aveva continuato dalla Spagna a dirigere gli affari siciliani, come dimostra la fitta corrispondenza con la moglie, Costanza affiancò nel governo il figlio Giacomo, diciottenne, incoronato re di Sicilia nel febbraio del 1286, dato che gli accordi matrimoniali del lontano 1260 le avevano assegnato la reggenza fino al compimento del ventesimo anno di età dei figli. Ma pare che ben presto si sia ritirata dalla vita pubblica. Nel 1290 mandò truppe a San Giovanni d'Acri per la difesa della città "pro anima vivi sui et pro subsidio Terre Sancte", che tuttavia furono rimandati indietro perché i Siciliani erano scomunicati e sottoposti all'interdetto. La morte nel 1291 del primogenito Alfonso, che era successo al padre sul trono d'Aragona e che Costanza non aveva più rivisto da quando aveva lasciato la Catalogna, la indusse a ritirarsi definitivamente e ad entrare nel monastero delle clarisse da lei fondato a Messina. Prendeva così in Costanza il sopravvento un tratto della sua personalità che si era maturato nel clima della corte aragonese permeato da un profondo senso religioso. Le idee di S. Francesco vi avevano trovato un terreno fertile, come dimostra la presenza a corte di Ramon Lull e di Arnaldo di Villanova. Pietro stesso, in punto di morte, aveva chiamato un frate minore per confessarsi. Costanza, dal canto suo, già verso il 1265 aveva fondato e dotato nella piccola città di Huesca, regalata da Giacomo I al figlio al momento delle sue nozze con C., un monastero di clarisse, che sottopose alla sua speciale protezione. Altre manifestazioni della sua religiosità sono le visite ai santuari famosi in occasioni particolarmente importanti della sua vita, come nel 1267 dopo la nascita di Giacomo, nel 1283 prima della partenza per la Sicilia. Frequenti anche le elargizioni a favore di religiosi e di monasteri. Tutto ciò contribuiva a rendere il suo ritiro - una scelta quasi obbligata per una vedova, madre di figli ormai maggiorenni - particolarmente drastico. Costanza rimase sempre devota all'autorità pontificia. Questa sua sostanziale sottomissione ai dettami della Chiesa dovette causarle non pochi scrupoli di coscienza se si considera che il Papato aveva sempre denunciato come usurpato il dominio aragonese in Sicilia e in conseguenza inflitto la scomunica ai regnanti. Il permesso di potersi scegliere un confessore che la assolvesse quotidianamente dai suoi peccati nonostante l'interdetto che gravava sull'isola, ottenuto nel 1292 dal cardinale vescovo di Porto Matteo, dovette quindi rivestire per lei particolare importanza. Quando poi nel 1295 Giacomo II venne ad un accordo con Bonifacio VIII, il cui prezzo era la cessione della Sicilia agli Angioini, Costanza non se la sentì di rimanere a fianco del figlio Federico, il quale, in dispregio dei patti, decise di difendere l'eredità materna, e si fece incoronare re di Sicilia nel marzo del 1296. Sottoposta a precise pressioni da parte degli emissari pontifici, il vescovo di Urgel e Bonifacio da Calamandrana, che le ricordavano che non poteva restare in Sicilia "sine peccato", accettò di abbandonare per sempre il suo regno. Accompagnata da Giovanni da Procida e da Ruggiero di Lauria, i due uomini che le erano stati particolarmente vicini durante il suo governo in Sicilia, nel febbraio del 1297 si trasferì a Roma, dove furono celebrate le nozze della figlia più giovane Violante con Roberto d'Angiò. Nonostante papa Bonifacio VIII si fosse impegnato di provvedere al suo sostentamento a Roma, Costanza ben presto fu costretta a lamentarsi con il figlio Giacomo delle difficoltà economiche in cui si trovava. Nel 1299 tornò in Catalogna. Morì a Barcellona l'8 aprile 1300 e fu sepolta nella chiesa del locale convento dei francescani, da dove solo nel 1852 le sue spoglie furono traslate in una cappella del chiostro della cattedrale. La Chiesa la proclamò beata. Nel testamento, dettato il 1º febbraio 1299, aveva istituito tra l'altro due ospedali per i poveri, a Barcellona e a Valencia. Aveva però sottoposto il piccolo legato a favore del figlio Federico al vincolo che egli vi potesse accedere solo dopo aver fatto la pace con la Chiesa, rispettando così una clausola del trattato di Anagni del 1295 tra Giacomo II d'Aragona e Carlo II d'Angiò. Il suo sigillo la rappresenta all'impiedi, in mezzo a un tempietto gotico, vestita con tunica e manto e con la corona in testa. Nella mano destra tiene lo scettro sormontato dal giglio, nella sinistra il pomo sormontato dalla croce. Dante ricorda Costanza nel terzo canto del Purgatorio, in occasione del suo incontro con Manfredi, il quale prega il poeta di portare la notizia della sua salvezza alla sua "bella" e "buona" figlia, "genitrice dell'onor di Cicilia e d'Aragona" (vv. 127-129, 143). Pietro III d'Aragona figlio di Giacomo il Conquistatore,re d'Aragona,Valencia e Maiorca,conte di Barcellona,Gerona ,Osona,Besalù,Cerdanya e di Rossiglione,Signore di Montpellier e Carlades;e di Violante o Iolanda d'Ungheria,figlia di Andrea II Re d'Ungheria e della principessa di Costantinopoli Iolanda De Courtenay.Egli nacque a Valencia nel 1239 ed era figlio primogenito e nel 1262 ereditò molte signorie e contee,ma anche il Regno d'Aragona.Nel 1262 a Montpellier sposò Costanza,figlia di Manfredi di Svevia,Re di Sicilia, e di Beatrice di Savoia. Nel 1282, durante i Vespri Siciliani, dopo che i siciliani avevano inutilmente offerto al Papa la loro confederazione repubblicana di liberi comuni in feudo , inviarono una delegazione in Nordafrica che offrì a Pietro l'ambita corona del Regno di Sicilia, in quanto marito di Costanza, legittima erede del regno normanno; Pietro accettò ed il 31 agosto sbarcò a Trapani, con 600 armigeri, tra loro anche le fedeli famiglie dei Cossines e 8.000 almugaveri che era una fanteria da guerriglia che sarebbe divenuta famosa per coraggio e crudeltà. Carlo I d'Angiò, che il 25 luglio aveva messo l'assedio alla città di Messina, dopo lo sbarco aragonese tentò un ultimo vano assalto a Messina e poi si ritirò.Il 2 agosto 1282 Pietro entrò trionfalmente a Messina ;la città fu considerata dagli Aragonesi "fedelissima"ottenendo ricompense politiche ed economiche.Di lì a poco il nuovo Re aragonese occupò tutto il resto dell'isola ed il 26 settembre sbarcò in Calabria, dove gli almugaveri ed anche siciliani, fecero solo azioni di guerriglia senza reali conquiste territoriali. Alla fine dell'anno si era determinato uno spaccamento del Regno di Sicilia in due parti, l'isola di Sicilia in mano agli aragonesi ed il resto del regno,la parte continentale agli Angioini. Nel novembre dello stesso anno, fu scomunicato dal papa Martino IV, che non lo riconobbe re di Sicilia, anzi lo dichiarò decaduto anche dal regno d' Aragona ed offrì il tutto a Carlo terzogenito (secondogenito vivente) del re di Francia, Filippo l'Ardito e futuro conte di Valois. Nel 1284, papa Martino IV, diede una consistente somma di denaro a Carlo I d'Angiò che preparò una flotta in Provenza che avrebbe dovuto unirsi a parte della flotta che l'attendeva nel porto di Napoli e poi incontrarsi ad Ustica con il resto della flotta composto da trenta galere con l'armata italo-angioina, proveniente da Brindisi. Ma il 5 giugno la flotta siciliano-aragonese, sotto il comando del Lauria si presentò dinanzi al porto di Napoli e il principe di Salerno, il figlio di Carlo I, Carlo lo Zoppo, disobbedendo all'ordine del padre di non muoversi, prima del suo arrivo dalla Provenza, uscì dal porto con la sua flotta napoletana, per combattere il Lauria che lo sconfisse e fece prigioniero lui e parecchi nobili napoletani. Quando Carlo I arrivò a Gaeta e seppe della sconfitta maledì il figlio, ma dovette rinunciare all'invasione della Sicilia, assediò invano Reggio e poi, per riorganizzarsi, si ritirò in Puglia dove, a Foggia, il 7 gennaio 1285, morì. Pietro III morì a Vilafranca del Penedès, l'11 novembre 1285,lo stesso anno del suo avversario Carlo I d'Angiò Uploaded with ImageShack.us --Vi esorto a postare le vostre monete aragonesi di Sicilia e vi ringrazio anticipatamente del vostro contributo per far diventare "grande" e seguita anche questa discussione --odjob1 punto
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Salve a tutti. Con novita'; da condividere, vorrei proporrere oggi di riaprire una discussione gia' intrapresa l'Aprile scorso su una moneta di grande fascino: La 2 Centesimi 1915 Prora " Quattromani". Questa moneta esibisce nel suo "Reverse" un difetto di coniazione singolare :la figura del l'Italia che presenta 4 mani. Tale errore e' stato finora ritenuto un errore di conio dovuto a ribattitura con rotazione d'asse. La moneta : una curiosita', un caso fortuito del destino. Per me non e' cosi. Io ho sempre avuto forti dubbi su questa catologazione dato che raramente ho visto il destino giocare il ruolo di bravo incisore Oggi alla luce del ritrovamento di un nuovo errore su tale annata, errore simile ma differente, sono invece propenso a considerare tale moneta una vera e propria variante di incisione Usualmente quando una ribattitura avviene lascia il segno. Vedi per esempio il caso della moneta 5 Centesimi 1982 N del mio avatar o l'esempio di questo 1 Centesimo 1904 con 4 ribattuto che vi allego .Nella Quattromani non si vede discontinuita' o eccedenza di materiale nel luogo di ribattitura ne' imperfezione di disegno alla giuntura dei bracci. Tutto e' uniformemente continuo e perfetto. Il ramo di ulivo continua ininterrotto e le due mani che lo tengono si sovrappongono in modo delicato sulla stessa linea. Come e' possible se si parla di rotazione d'asse? Come e' possible che in una rotazione d'asse che l'orizonte con le due navette rimanga perfettamente orizontale? Ed il ricciolo alto della veste sulla spalla esattamente al suo posto? Come e' possible che lo spessore del polso e del braccio della mano sinistra sia diverso dal braccio aggiunto soprastante? E tutto questo senza strappi nella composizione armoniosa del disegno ripetuto non una volta ma piu' volte identicamente nelle monete di cui conosciamo l'esistenza? Ma c'e' di piu'. Recentemente infatti ho avuto la fortuna e la sorpresa "choc" di venire in possesso di un altra moneta 2 Centesimi 1915 Prora in cui l'Italia marinara ha tre braccia. La moneta che vi mostro faceva parte di unlotto di due di una collezione privata. La bellissima gemella, in condizione FDC e' sempre in mano al proprietario. Chiameremo questa moneta " Tre Braccia" Il perito Roberto Pedoni,che ne ha certificato l'autenticita' ha assegnato un R5 alla condizione FDC ed un R3 alla mia non sapendo quanti pezzi possano esserne stati coniati. Sia lui che altri numismatici contattati hanno asserito di non aver mai conosciuto l'esistenza.di tale moneta. Anche questa moneta, e' per me una "variante di incisione" (terzo tipo di variante se si considera l'originale) e' una moneta molto bella. E' ancora piu' ingannevole della precedente. Per questo piu' rara perche' andata inosservata per tantissimo tempo. Il braccio e' situato piu' vicino al corpo e la mano che regge il rametto di ulivo e' singola non doppia!! Solo il braccio sinistro e' duplice e seminascosto dalle onde del vestito.. Infine, e qui sta per me la verita', le dita della mano sinistra dei due bracci sono chiaramente differenti. Il braccio sottostante e' piu' snello, il polso piu' sottile e mancano poi le dita intermedie ed i pollici sono differenti. Vogliamo dire che questa e' una ribattuta con rotazione selettiva di solo braccio e ridisegno miracoloso della mano? Perche' allora non dire che la 5 Centesimi 1913 "Senza Punto" e' una ribattitura? Perche ' tale ribattitura non e' mai avvenuta negli altri anni di emissione 1908-12, 1914-17? Perche' non e' mai avvenuta nelle altre Prore del 1 Centesimo , 2 Centesimi, 5 Centesimi? Il fato? Non credo. Veramente penso che ci troviamo davanti a due varianti di incisione. Se autorizzate o meno e' difficile da stabilire. Probabilmente, come nel caso recente delle 500 Lire Caravella con bandiere controvento, coniate di proposito in numero limitato (25? 50?) per poche persone o personalita'.del tempo. Chi cercasse un pezzo di carta di autorizzazione per tale errore deve tener presente che gran parte della documentazione del tempo e' andata perduta e che quelli non erano tempi come i nostri dove ci si aspetta che tutto sia publico e trasparente. E' difficile andare contro corrente (Galileo ne sa qualcosa) quando e' cosi facile attribuire il tutto ad uno scherzo del destino…. Classificando l'errore come "Ribattitura" non si offende nessuno. Non si tocca il can che dorme.. Ma e' davvero una ribattitura? Fatemi sapere la vostra opinione. Lamberto1 punto
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Carissimi, Dopo un lunghissimo lavoro di raccolta e rielaborazione che mosse un pò la sua fase embrionale anche da questa discussione qui sul forum http://www.lamoneta....tico-1861-1943/ io, Bizerba62 e rongom siamo lieti di annunciarvi a breve la prossima uscita del volume: "La Monetazione di Vittorio Emanuele III - Raccolta legislativa commentata dal Gennaio 1900 al Dicembre 1947" Il libro raccoglie più di 250 provvedimenti normativi a tema monetario che siamo riusciti a reperire riguardanti la monetazione del Re numismatico in formato pressochè orginale ricollegandoli a tutte le tipologie monetarie coniate durante il suo Regno con relativa analisi laddove abbiamo ritenuto più opportuno ed interessante (in particolare laddove quanto riportato dalle leggi si discostava poi dalle notizie ormai consolidate e date per certe) Per darvi un'idea sommaria dell'Opera vi allego copia dell'indice e alcune pagine estratte. Il volume sarà in formato A4 a colori e di circa 350 pagine ed uscirà grazie alla disponibilità e all'interessamento di Alberto Varesi che ne curerà l'edizione. Le foto delle monete sono quelle della Collezione D'Incerti che certo tutti conoscerete e laddove possibile abbiamo usato sempre immagini di documenti orginali dell'epoca. Il prezzo di copertina sarà indicativamente di 80 ¤ ma l'Editore ha deciso di riservare ai lamonetiani che dovessero essere interessati il prezzo di 60¤ per l'acquisto cumulativo. Chi già da ora fosse interessato può dare la sua adesione qui così possiamo redigere una lista. Altro non mi viene in mente... per qualsiasi dubbio o curiosità chiedete pure ;) Saluti Simone LISTA COPIE PRENOTATE (19): - odjob (1) - darman1983 (1) - Marfir (1) - Niko (1) - Piergi (1) - Sesino974 (1) - renato (1) - tartachiara (1) - 417sonia (1) - dabbene (1) - cembruno5500 (1) - legionario (1) - alessandro2960 (1) - mr_palanca (1) - rickkkk (1) - viganò (1) - andrea imperatore (1) - dizzeta (1) - angelonidaniele (1) indice.pdf Prefazione.pdf 25 cent.pdf1 punto
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Differenza tra spesometro e redditometro https://mobile.gdf.i...attid0=BAAAAAAA Tra gli strumenti a disposizione del fisco per prevenire e contrastare l’evasione fiscale, rientra anche lo spesometro, attivo dal 2011. Il sistema consente alle autorità di tracciare le spese oltre una certa soglia su cui vengono poi fatti gli accertamenti del caso; in pratica per ogni acquisto superiore ad una certa soglia (corrispondente a 3600 euro iva inclusa) il commerciante è costretto a richiedere il codice fiscale del cliente ed a comunicarlo all’Agenzia delle Entrate insieme alla cifra spesa per l’acquisto dei beni. I dati raccolti vengono poi passati al vaglio alla ricerca di un elemento ben preciso; viene fatto un confronto tra le spese sostenute dal singolo e la sua dichiarazione dei redditi (che, in molte circostanze, non viene neanche fatta) e si valutano eventuali anomalie tra le spese sostenute (e quindi il tenore di vita) ed i guadagni dichiarati. I casi limite sono presto serviti; da chi non fa’ la dichiarazione dei redditi a chi possiede auto di lusso e dichiara meno di un operaio. Questo è il range di persone che emerge immediatamente e su cui scattano i controlli specifici con tutte le conseguenze del caso. Il redditometro invece è uno strumento che ricalcola il reddito imponibile dei soggetti valutando le spese sostenute, i beni di proprietà ed altri parametri propri del soggetto in questione, ed anche se il fine è lo stesso la differenza è sostanziale; nello spesometro il commerciante ha l’obbligo di comunicare i dati all’Agenzia delle Entrate e questi riguardano in sostanza solo le spese del soggetto. Il redditometro invece si riferisce al quadro complessivo e va’ compilato e comunicato dal singolo che sceglie, insieme al commercialista, cosa comunicare e cosa no. La valutazione del reddito nel secondo caso include nel calcolo anche i mutui in corso, le ristrutturazioni sulla casa, le auto, le vacanze e le assicurazioni.1 punto
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Vedo soltanto adesso....DZ è davvero venuta bene :good: ! Se è tuo, me lo "cederesti" ;)? Un caro saluto ad entrambi MB1 punto
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Possono farlo, ma magari no. Rettifico: possono farlo, ma speriamo di no. :)1 punto
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Bella, complimenti! E' la variante con la O http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-GECOL6/221 punto
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i problemi dei commercianti italiani sono tanti tempi d'attesa per le autorizzazioni d'espatrio ,logoranti, so che alcune case d'asta stanno avendo grossi problemi, anche con monete già vendute in asta e che poi non hanno ottenuto il permesso d'espatrio. Con ebay italia è stato fatto talmente tanto terrorismo che i collezionisti non si fidano più di nessuno ed "emigrano" Adesso c'è anche il timore che se non ti concedono l'espatrio di una moneta, si attivi automaticamente un vincolo da parte delle sovraintendenze, ovviamente non ti concedono il permesso d'espatrio perché una moneta è di notevole interesse, allora perché non accendere anche un vincolo!?!? Le fiere estere sono le uniche che funzionano, l'Italia è morta, solo Verona "galleggia". Utenze diverse, i tedeschi (visto che ci si paragona con loro) hanno i soldi, non vivono una crisi all'italiana che ha praticamente ucciso il collezionista medio piccolo che faceva lavorare tanto, non vengono straziati dalla burocrazia, tartassati con sequestri (che la maggior parte delle volte si tramutano magicamente in dissequestri...... dopo molti mesi) In italia quando un venditore sbaglia con una moneta viene praticamente massacrato, molti venditori esteri che vendono tonnellate di immondizia bulinata e restaurata ne escono praticamente indenni, anzi, alcuni di questi orrori numismatici raggiungono cifre abominevoli e poche volte se ne parla, cioé, poche volte proporzionate alla quantità di orrori che circolano. E per concludere in bellezza parliamo dei trafficanti, centinaia di persone che trovi in tutti i convegni d'italia, con valigette piene di monete da diverse migliaia di euro.........e non mi si venga a raccontare la menata dei collezionisti scambisti.....SCAMBIANO VALUTA ANTICA CON MODERNE BANCONOTE DA 100-200-500€€€€€€€.......sono perfetti evasori. Chi lavora onestamente si ritrova anche questa forma di concorrenza sleale, è ovvio che se non paghi inps, commercialista, affitto ecc ecc ecc, puoi fare prezzi più bassi. Se andate a vedere i convegni tedeschi troverete molti giovani studiosi e seriamente interessati alla numismatica. I convegni italiani sembrano raduni di associazioni ex combattenti, l'età media del collezionista italiano sarà 60 anni, i giovani sono totalmente disinteressati, magari è anche colpa dei commercianti e delle varie associazioni numismatiche che non fanno quasi nulla per attirare i giovani, non organizzano nulla che possa incuriosire i giovani ed attrarli in questo fantastico mondo. Si potrebbe continuare per ore a parlare dei motivi per cui i venditori italiani non possono reggere il confronto con i tedeschi (e non solo), da appassionato posso solo sperare che cambi qualcosa altrimenti i collezionisti italiani diventeranno come i panda o le tigri siberiane.1 punto
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Salve. Converrebbe che chi di dovere spostasse questa discussione nella sezione adatta per le identificazioni delle monete antiche. Comunque, non sono monete romane, bensì greche, ma credo che siano dei falsi moderni di nessun valore.1 punto
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Andare in spiaggia trovi sempre il rompi....... , qualsiasi cosa Tu faccia, ma io dico ma se Ti dà fastidio quello e quell' altro, perchè non te ne stai a casa Tua!!!!! Siamo in ferie e tutti hanno diritto di sfogarsi...sempre in modo civile ovviamente. Ciao Massy1 punto
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Il collezionista moderno non so' cosa sia, semplicemente perche' ho 27 anni e il collezionista di ''prima'' lo ricordo solo attraverso quei momenti passati con babbo a girare fra i banchini. Solo quando razzolavo nella ciotola dei centesimi stavo zitto o fermo un attimo. Mi e' sempre piaciuta molto la ciotola delle monetine, la trovavo affascinante e, quando pescavo una moneta particolare, mi veniva caldo, ero impaziente di comprarla e portarla via, come se avessi trovato un tesoro. Spesso questo mi accade anche oggi, quando giro per le fiere ed i mercatini, mi piace passarci il tempo e razzolare le ciotoline. Quando trovo una moneta che mi piace, provo lo stesso caldo e nervosismo, se poi e' una vera occasione inizia anche un po' di sudarella, :) Cosa devo dire? che sono un raccoglitore? ci sta'. Mi sto' accorgendo che le monete mi fanno stare bene, mi danno pace, e quando acquisto una moneta, non voglio mai darla via. Le monete sono una passione che accantona il valore, che, a mio vedere, e' diviso in due parti. La prima parte e, piu' importante e' quella emotiva. Mi piace collezionare le monete, mi piace capirle e immaginare cosa siano significate. Ho acquistato un testone di cosimo I° de' medici e tenendolo in mano sono entrato a Porta Camollia a Siena, immaginando la Siena di 500 anni fa'. Sembra stupido ma l'emozione c'e' stata. Quando passo da Montaperti, (strada per andare a casa mia), capita che mi fermi ogni tanto a immaginare cosa sia stato quel posto per Siena e Firenze. In centro storico a Siena, ho visto uno stemma sopra un portone che recava due chiavi incrociate che ho rivisto solo in alcune monete papali, forse sono legate a quello. Questo per me e' collezionare. Forse sto' sbagliando, forse no, e' il mio modo per essere un ' collezionsita di oggi'', o un raccoglitore, non so' come definirmi. Come seconda parte, meno importante, c'e' quella economica. Oltre ad avere una passione che mi sta' crescendo dentro, e' una passione piu' o meno ''sicura'', che mi da' un minimo di tranquillita'. Dovessi per qualsiasi motivo dover vendere la mia collezione, saprei che u minimo di soldi potrei ricavarli anche domani.1 punto
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Taglio: 5 cent Nazione: Lussemburgo Anno: 2003 Tiratura: 1.500.000 Conservazione: B Città: San Cataldo (CL) Note: doppio1 punto
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ritrovamenti del mese di luglio Taglio: 1 cent Nazione: Italia Anno: 2003 Tiratura: 9.637.000 Conservazione: BB Città: San Cataldo (CL)1 punto
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io non potrei vivere senza le mie monete e non le venderei per niente al mondo...le guardo spesso e provo eccitazione nel girare tra convegni o mercatini alla ricerca di un pezzo che mi manca. non ho mai comprato per rivendere...magari ho sostituito e poi rivenduto quella doppia. la mia pecca è che leggo poco...ma inizierò prima o poi... :)1 punto
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Proprio per questo motivo molte volte la causa è legata alla conseguenza di odiarle ( soprattutto visti i metodi di distribuzione ) Ciccio 861 punto
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Se l'amico Renato ha detto che sono stati buttati via 5 euro per un 2 lire del 1906 (bruttino ma autentico), di quest 6 EURO che vuole dire? :blum: E qualunque cosa dica mi trova d'accordo! :clapping:1 punto
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Ho il fondato sospetto che si tratti di una bella collezione di falsi, dato che contiene le monete più rare (e falsificate) degli ultimi 200 anni. Se fossero tutte autentiche le potresti vendere per una Ferrari! Comunque, come già detto, senza foto, peso e diametro è impossibile giudicare.1 punto
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La moneta è in Fdc, metallo molto tenero e i graffietti (microscopici che vedi, compreso il colpettino) è dovuto sicuramente al trasporto delle monete in contenitore o sacchettino appena dopo la coniazione. Ciao1 punto
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So solo una cosa molto semplice, sono un Po perplesso da alcuni atteggiamenti che incontro a volte. Forse sono un "basso" collezionista (anche se le monete non lo sono), ma mi piace e lo faccio :) il resto per me sono solo parole!1 punto
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Mha........ragazzi ma questi non sono falsi......questi rientrino nella categoria che potremmo definire "belle riproduzioni souvenir" ovvero create e costruite da uno stampo al solo scopo di fornire un ricordo, infatti non hanno la presunzione d'ingannare il collezionista, almeno quello che di numismatica ne mastica un poco, ostentanto tocchi di fantasia pura e con stile visibilmente differente. Altri sono i falsi da cui bisogna veramente stare attenti. Un saluto Pietro1 punto
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CHI SONO OGGI I COLLEZIONISTI? ....nella maggior parte dei casi, solo degli investitori/speculatori...lo testimoniano le dinamiche attuali del mercato stesso...i "COLLEZIONISTI" veri sono quasi estinti...ora ci sono i "RACCOGLITORI" e/o gli "INVESTITORI_COLLEZIONISTI" ...punto.1 punto
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Proviamo a eliminare dal mondo i collezionisti di monete. Dove andrebbero a finire le monete? Tutte nei musei? Impossibile, troppe.. Tutte a deperire in qualche luogo dimenticato? (o perire?), probabile! O magari in qualche sotterraneo, non viste, non vissute.. Inutili! Dunque anche il collezionista solitario, che compra una moneta e la poggia su un vassoio di velluto, facendo attenzione a una molteplicità di fattori...umidità, colle, contatto con materiali vari, patine... Talvolta facendosi venire ache l'ansia per questo, tanto da venire qui sul forum a chiedere infinite volte consigli su come conservare, o restaurare... Io, personalmente, non mi reputo uno studioso, mi informo, mi piace leggere di monete, ma non ho compiuto "studi" specifici, non mi permetterei mai di paragonarmi a un numismatico di professione, che la sa più lunga di me infinite volte, perchè lui lo fa nella vita mentre io sono un musicista. Però non sto forse tenendo monete, talvolta di centinaia di anni fa, nel miglior ambiente possibile per loro? Non le sto forse salvaguardando e... coccolando? Se qualcuno critica i collezionisti di monete lo fa perchè NON HA CAPITO cosa significa collezionare monete. E forse, nella sua vita, dovrebbe cominciare a pensare agli aspetti espressivi delle cose. Grazie dabbene per la disussione inserita!1 punto
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Ora ho poco tempo di commentare in modo esaustivo, ma francamente quel passaggio mi pare del tutto in linea con la legislazione vigente, come dice Bartolus. Io stessa ed i miei colleghi archeologi, dell'Università o professionisti plurititolati, non possiamo rimuovere neppure una zolla di terreno se non abbiamo una specifica autorizzazione dal parte del MIBAC, sia in zone archeologicamente prima non note, ma in presunzione di interesse archeologico, sia in siti archeologici dove magari abbiamo già scavato negli anni precedenti (si deve rinnovare la concessione di scavo ogni anno o ogni arco pluriennale eventualmente stabilito da convenzione). Invece se il ritrovamento è effettuato fortuitamente nel sottosuolo (e in altro passo, tra l'altro, specifica anche in superficie !) o nei fondali marini, per questo si determina la presunzione di culturalità e quindi di proprietà statale, ergo va consegnato alle autorità competenti che a quel punto dovranno valutare se confermare la culturalità del bene, e quindi l'acquisizione definitiva da parte dello Stato, o al contrario la non culturalità, e dunque la restituzione al ritrovatore e/o al proprietario. Le conseguenze per quello che non concerne le monete, ma il vero oggetto della richiesta ovvero la possibilità di demolizione di murature di epoca postclassica rinvenute in occasione di movimenti terra da un lato è assi interessante, dall'altro, a seconda dei casi può portare ad ulteriori complessità, ad esempio nella conduzione degli stessi scavi soprattutto in ambito urbano. Proprio perchè l'oggetto della circolare erano murature postclassiche, si è dovuta pronunciare la Direzione Generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanee. Infatti finchè tali murature stanno nel sottosuolo e si scavano sedimenti con esse in fase o ad esse pertinenti, tali murature sono di competenza della Soprintendenza ai Beni Archeologici, mentre una volta messe in luce, solo per la loro cronologia passano di competenza alla Soprintendenza ai beni paesaggistici, artistici, architettonici etc...Sempre per questo, se si conduce uno scavo archeologico in un sito medievale, oltre alla concessione dal parte della Soprintendenza Archeologica, è necessario anche il nulla osta dall'altra Soprintendenza e poi la sua autorizzazione ad eventuali demolizioni o interventi di consolidamento su qualsiasi elemento strutturale rinvenuto. Un saluto e buon fine settimana MB1 punto
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Ciao, quello che hai postato NON sono e NON vogliono essere "cappelloni", ( c'è l'immagine del duce), la tua domanda non ha molto senso, che mercato pensi possano avere dei gettoni che riproducono una cosa mai esistita? Questi tondelli hanno un solo "pregio" :crazy: andare in circolazione ed illudere, chi di numismatica ne capisce poco, d'aver acquistato una "rarità", secondo me era meglio che ti bevessi 3 caffè anzichè acquisatre questi due tondelli. saluti TIBERIVS1 punto
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eccolo!!!!!!!!!!! è arrivato!!!!!!!!!!!! prima moneta acquistata da San Marino: normale come le altre commemorative del TYE, a prima vista non ci sono segni degni di particolare nota. senza infamia e sanza lode. folder... beh l'immagine del bambino non è il massimo... però accettiamo quello che passa il convento. collezione 2 euro commemorativi comuni 2012 completata:1 punto
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Vero anche questo Sarebbe bello avere magari una lista riassuntiva come il file che hai fatto tu, dove non ci sono le foto ed il nome della moneta e' clickabile, Premendo il pulsante si apre una cartella apposita dove mettere foto della moneta, descrizione, prezzo di carico ecc ecc Potrebbe essere una soluzione per avere una sotto-copia del catalogo che abbiamo su questo sito ma anche in formato off-line. In piu' sarebbe stampabile per chi ama il cartaceo. Che ne dici?1 punto
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Mi si permetta un appunto «da reggiano», che oltretutto è nato a 300 metri dal Tempio in oggetto: la Basilica cui si fa riferimento è la Madonna della Ghiara non delle ghiaie. Il soggetto riprodotto nel rovescio della lira (ma anche in altre monete d'argento e d'oro di Francesco I) era il quadro che compariva in un'edicola di fronte alla quale il 28 aprile 1598 la leggenda narra che un ragazzino muto riprese a parlare. Per ringraziamento celeste, la Comunità di Reggio decise in quel luogo di costruire una grandiosa basilica che si ammira tuttora e annualmente organizzare una fiera dal 28 aprile a tutto maggio. Questa fiera ebbe rinomanza persino fuori d'Italia, ed era tradizione che i duchi di Modena passassero tutto il mese di maggio a Reggio, nel palazzo appunto detto ducale che ancor oggi si trova di fronte alla basilica (è sede della Provincia). Nel 1861 una inopinata e abbondante nevicata (in maggio!) atterrò tutti i teloni e le impalcature in legno che coprivano il corso e che ospitavano i banchi della fiera e dopo alcuni anni di sospensione la fiera fu spostata a settembre, e continua tuttora, fiera detta della Giareda. Il riferimento alla ghiaia è dovuto al fatto che il corso su cui si affaccia la basilica (oggi Corso Garibaldi, un tempo Corso della Ghiara) era il vecchio letto del fiume Crostolo che attraversava la città e che fu deviato nel XIII secolo a lambire le mura di essa; dopo altri tre secoli fu un'altra volta allontanato dalla città nel letto che percorre attualmente.1 punto
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Grazie dell'informazione @@sagida! Presterò maggiore attenzione in futuro!1 punto
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Quel poco di inglese che conosco l'ho imparato cercando di rimorchiare turiste tedesche, inglesi, olandesi etc. quando andavo in ferie all'estero, prima di conoscere mia moglie ovviamente........... se puoi scrivimi un fac simile della domanda in inglese, poi la copio e gliela rimando, Grazie Marco1 punto
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Grazie per la lunga ed esauriente spiegazione ma la mia era una semplice battuta... Certo, l'avevo capito :pardon: la battuta era "chiamata"; anch'io ho semplicemente approfittato per evidenziare i problemi che si stanno verificando sulla piattaforma... saluti luciano1 punto
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riassumento velocemente le monete di Monaco destinate alla circolazione: 1c 2001 2c 2001 5c 2001 10c 2001-2002-2003 20c 2001-2002-2003 50c 2001-2002-2003 1€ 2001-2002-2003-2007 2€ 2001-2002-2003-2009-2011-20121 punto
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Ho letto la vasta monografia del Brunetti sul RIN del 1960. Ci sono spunti interessanti e innovativi, ma anche seri errori metodologici. Il concetto che era alla base degli studi del Brunetti era, fondamentalmente, che la monetazione della Magna Grecia seguiva ritmi propri della filosofia pitagorica e quindi ritmi sacrali che, nel caso di Taranto, erano improntati al culto di Apollo Hyakinthos, che veniva festeggiato in modo particolare ogni sette anni, con chiare allusioni figurative nelle monete in tali ricorrenze. Le ricorrenze settennali in onore di Apollo, per Brunetti, erano conseguenza dell'oracolo di Delfi che nel 709 a.C. aveva indicato la futura meta ai coloni. Il culto di Apollo Hyakinthos era comparso molto presto, già nella monetazione incusa, dopo la prima serie con Phalantos a cavallo del delfino. Apollo qui tiene un giacinto nella destra e una lira nella sinistra. La stessa presenza del delfino nel parasemon costituiva un continuo richiamo al culto delfico. Non sto qui a dilungarmi sui complessi rapporti numerici nella filosofia pitagorica, già trattati dal Brunetti in precedenti studi. C'era ad esempio l'avversione del mondo greco verso i numeri 2, 4, 8 (attributi del mondo sublunare), tale che le feste che seguivano ogni 2 anni (ad es. le istmie, le nemee) erano considerate come succedentesi ogni terzo anno (conteggio congiunto) ed erano definite come trieteriche, mentre quelle che subentravano ogni 4 anni (come le olimpie, le pithie) erano considerate come verificantesi ogni quinto anno e per questo qualificate come penteteriche. Poiché la maggior parte delle città magnogreche ospitava una importante comunità (eteria) di pitagorici, non doveva soprendere per Brunetti l'influenza pitagorica con rappresentazioni figurative sulle monete, seguendo numeri non sublunari ma divini e quindi escluisivamente dispari (o loro multipli). Ovviamente esistono anche stretti nessi tra storia e figurazione monetale, che permettono di ordinare meglio numerose emissioni. Il discorso brunettiano è ovviamente complesso e attualmente non molto condivisibile. Per lui esistevano punti fermi nella crinologia tarentina che però non trovano ampio riscontro e soprattutto delle prove oggettive. Ad esempio lui era fermamente convinto che la data della comparsa dei primi cavalieri tarentini doveva per forza essere il 433 a.C. (inizio della lunga guerra nella Siritide). Per lui la produzione monetale doveva seguire un ritmo settennale, con poche eccezioni e a partire dal 433 a.C. sarebbe iniziata un'alternanza pendolare tra emissioni di tipo democratico (con cavalieri) e quelle di tipo aristicratico (con oikistes), che sarebbe terminata nel 390 a.C., quando a causa del rivolgimento politico ordito dal partito democratico venne istituito stabilmente il tipo del cavaliere. Nel caso specifico dello statere postato all'inizio nella presente discussione, per Brunetti apparteneva al suo periodo XXV (301-281 a.C.), detto di "Intervallo" perchè compreso tra Cleonimo (302 a.C.) e l'arrivo di Pirro (280 a.C.. Questo periodo era della durata di 21 anni e quindi pari a tre settennati). Il Brunetti era convinto di trovare all'interno 21 parasema, uno per ogni anno, in base alla firma dei magistrati o efori. La moneta in questione era attribuita all'esatto anno 282 a.C. e quindi al penultimo anno di tale periodo, prima del nuovo eforo Lykianos che sarebbe stato attivo nel 281 a.C., prima dell'arrivo di Pirro. Ovviamente rimando al Brunetti per tutte le sue elucubrazioni e tabelle (e mi auguro che la Società Italiana di Numismatica possa rendere disponibile il suo lavoro, essendo passati più di 50 anni dalla pubblicazione), Ma il Brunetti aveva ragione ? Non pare. Lo studio molto accurato e aggiornato di Fischer-Brossert (purtroppo non facilmente comprensibile essendo scritto in tedesco), con sequenza di conii noti, fornisce in realtà un quandro molto più complesso e composito. Colgo l'occasione per evidenziare che una grave lacuna dell'ottimo studio di Fischer.Brossert è che manca una tabella di comparazione tra il suo lavoro e Vlasto, che resta ancora un testo molto usato per le classificazioni. Osservando il Fischer-Brossert troviamo che il periodo 301-281 a.C. è "riempito" dai suoi gruppi 76-82, che non coincidono con quelli del Brunetti. Lo statere postato all'inizio, con Nikon come eforo, appartiene in realtà al successivo periodo pirrico (non analizzato nel Corpus pubblicato da Fischer-Brossert, che si ferma appunto al 281 a.C.). Anche la teoria brunettina dei ritmi settennali va a farsi benedire....... Però resta ancora tanto da studiare sulle monete di Taranto e sono anche molto importanti i suoi riflessi sulle altre monete magnogreche.1 punto
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Buona serata Informo gli amici del Gruppo "Quelli del Cordusio" che all'interno dello stesso c'è una comunicazione. Grazie e saluti Luciano1 punto
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Salve a tutti, porto oggi alla vostra conoscenza copia della mia lettera al World Coin News (giornale di numismatica facente parte del Gruppo Editoriale Krause). La mia lettera , dicui vi attacco la traduzione in Italiano , e' stata publicata nello spazio dedicato alle lettere all'Editore nell'ultimo numero di Maggio di tale rivista.. Ricalcando i temi e le questioni dibattute in questo Forum in questa lettera aperta indirizzata all'editore David Harper invito il Krause a catalogare la moneta, studiarel'errore ed esprimere un opinione in proposito. Metto inoltre a conoscenza dei lettori di World Coin News il sito Lamoneta.it e la discussione in corso in questo forum. Vi attacco la copertina del numero di Maggio del World CoinNews, la pagina con la mia lettera e la traduzione. Buon divertimento!:)1 punto
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