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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 04/25/12 in tutte le aree

  1. L'anno scorso come " Quelli del Cordusio " abbiamo fatto una visita al Museo Civico Carlo Verri di Biassono, l'occasione era l'inaugurazione dell'esposizione del ripostiglio di Brescello , 254 monete piccolissime in rame che sono attualmente ancora esposte e visionabili nel museo. Ermanno Arslan che è Conservatore del Museo ne ha tratto una relazione molto interessante che è scaricabile da Internet nei contributi bibilografici in PDF nel sito del Museo stesso. Ma dove fu recuperato questo ripostiglio ? Nel corso della verifica dei fondi di magazzino nel Museo salta fuori un involucro dimenticato da anni, 254 monete con la sola indicazione " da Brescello ". Fu studiato subito dagli esperti del museo e ne esce fuori uno studio. Le monetine riportano di norma sul dritto un volto molto stilizzato ,al rovescio di solito una Croce in Ghirlanda. Sono stati tutti coniati con tecniche molto rudimentali, i tondelli prodotti per fusione, con forme irregolari . Usavano conii con il tipo inciso su un campo molto superiore a quello disponibile sui tondelli,fatto che provocava un'incisione imperfetta, scentrata, spesso c'erano ribattiture. La media di peso delle monete è di 0,36 gr. L'analisi di Arslan lo porta a ritenerle monete del VI secolo in epoca compresa tra longobardi e bizantini ; la sua tesi porta a una produzione locale cisalpina di queste piccole monete di imitazione utile per le piccole transazioni. Si inserirebbe in un momento in cui i territori transpadani erano occupati dai Longobardi nell'ultimo quarto del VI secolo in una fase di totale disinteresse da parte degli invasori per i problemi della circolazione ed emissione di moneta. Erano una moneta idonea a una economia ridotta a livelli di sussistenza estremamente bassi ; in realtà nell'Italia Longobarda c'era solo poca moneta argentea con piccoli nominali e abbondante moneta aurea, effettivamente era anche un periodo in cui non c'era ancora un controllo centralizzato da parte del Longobardi, arriverà più tardi con Agilulfo, ma in queste aree interessate a qualche traffico commerciale, più che altro fluviale, occorreva moneta per le piccole transazioni e la popolazione provvide con una moneta povera e con i pochi mezzi che aveva. Il ripostiglio proveniva da Brescello ,non si sa dove fosse stato prodotto,forse nella vicina Cremona ; l'occultamento di un nucleo di questo genere ha radici in una situazione di emergenza e non per risparmio, di certo viene a delinearsi una tragica condizione della comunità " romanza " di Brescello nel VI secolo, separata dal mondo bizantino e non ancora integrata con i Longobardi che però si erano ormai insediati in Italia. Una storia particolare di una coniazione di emergenza,di imitazione per sopperire alle piccole transazioni tra loro e quindi necessaria, in un momento di vuoto monetario,ma che domostra quanto queste popolazioni situate vicino all'attuale Reggio Emilia, anche se in condizioni estremamente disagiate fossero attive e indipendenti da tutti anche nella coniazione di moneta.
    2 punti
  2. Mi ero ripromesso di non leggere piu post in questa sezione..........viene voglia di prendere la propria raccolta e barattarla con una di carte di caramelle! Gran strano paese il nostro:ci si puo giocare tutto con giochi d'azzardo sponsorizzati dallo stato ,ci si puo far male con alcol e sigarette su cui lo stato si fa la parte,le nostre case sono visitate ormai sistematicamente da delinquenti e le denunce alle forze competenti sono una mera (inutile) formalità,lasciamo perdere cio che avviene nel mondo politico......e io che coltivo una passione che è studio e dovrebbe essere un valore e guadagno indiretto per lo stato stesso mi devo sentire un delinquente se negli anni non ho conservato scontrini e" pezze d'appoggio varie",.........e se le monete le avessi a mia insaputa!? daltronde qua ristrutturano case e pagano mutui all'insaputa .....perche no quattro vecchie monete!
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  3. L'avevo comprata un annetto fà per 5 euro perchè convinto che le contromarche venivano comunque impresse anche su delle monete molto usurate, a volte anche su dei semplici tondelli di metallo. Fortunatamente è costata poco perchè solo successivamente ho visto che questa tipologia è abbastanza comune anche con i rilievi sul resto della moneta ben evidenti. in buona sostanza ho preso un vero rottame! Brasile 40 Reis - metà dell'ottocento Praticamente questa monetina liscia ed insignificante che ho avuto in omaggio per all'acquisto della prima si è rivelata molto più interessante :)
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  4. Girovagando su Vcoins mi sono imbattuto per la prima volta su questa moneta: http://www.vcoins.com/ancient/mikevosper/store/viewItem.asp?idProduct=9583 Onestamente non mi è mai capitato di vedere questo esemplare con il dio egizio Anubis..qualcuno conosce altri dettagli a riguardo?
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  5. Tutte le notifiche sono configurabili tramite questo link
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  6. Il warning che lancia Paleologo è sacrosanto. Troppe denominazioni attualmente utilizzate sono di derivazione moderna (ottocentesca, per lo più), che poco hanno a che vedere con l'effettivo nome della moneta riportato nei documenti ma il cui è duro a morire anche nelle pubblicazioni più recenti. Nel caso della moneta di cui stiamo parlando, si tratta di un pezzo da 1/20 di grosso tornese di Carlo II d'Angiò. L'attributo è fondamentale, per distinguerlo dal grosso sabaudo presente anche in quella regione del Piemonte e che aveva un valore nettamente inferiore. In questo caso abbiamo dei documenti piuttosto chiari. Con atto datato 31 marzo 1307 Rainaldo di Letto, senescallo per Carlo II d'Angiò del Contado di Piemonte, a nome di quel sovrano stipulava in Cuneo con Tomaso Ribba, Ardizzone Merlo e Rinaldino di Sommariva i patti per la fabbricazione di grossi tornesi, quinti e ventesimi di tornese da coniarsi "ad regiam siclam" in uno o più luoghi del regio distretto di Piemonte per due anni a partire dalla successiva Pentecoste (14 maggio 1307). L'atto è riportato proprio nel testo del Promis del 1852 ricordato nel post di Pogo. Io più che il Promis (datato) e il MIR (di taglio collezionistico) consiglierei la lettura del saggio del bravo Giorgio Fea (cuneese) La zecca angioina di Cuneo, in Gli Angiò nell'Italia nord-occidentale, a cura di Rinaldo Comba, Milano 2006, pp. 363-376, dove viene proposta un più aggiornato inquadramento della produzione monetaria di questa zecca. Oppure, la scheda Cuneo nel volume Le zecche italiane fino all'Unità, sempre redatta da Giorgio Fea. Per chi vuole cavarsela con un testo facilmente accessibile on-line, rimando infine alla Rivista Italiana di Numismatica del 1910, con un saggio di Orazio Roggiero dal titolo Moneta inedita del re Roberto emessa dalla Zecca Angioina di Cuneo. E.
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  7. La moneta seguente viene da una delle più importanti aste di monete napoleoniche degli ultimi .... aihmè 30 anni (come passa il tempo), la collezione del Ing. Bruno Mantegazza. Di questa leggendaria collezione si ricorda poco; era concentrata sulla grande qualità, un precussore dei nostri tempi, solo argento e con due tematiche ben chiare, Regno di Sardegna-Italia e periodo napoleonico. La parte napoleonica, per la maggior parte era costituita dall'acquisizione della collezione privata di un noto numismatico - tutt'ora in attività, anche lui con il pallino delle conservazioni. Quando gli parlo assieme, mi descrive una moneta .... e mi dice ... "Ah per te non va bene .... ha una mazzata al bordo", solitametne prendo la moneta la giro e la rigiro 4 o cinque volte, paleggio brutalmente il bordo ad occhi chiusi cercando di concentrarmi sulla mazzata, ci passo sopra altrettante volte ed alla fine non mi accorgo di nulla. A quel punto chiedo lumi e mi fa vedere un segnetto impercettibile, per davvero, non come ora si scrive sempre in catalogo, e chi fa venire i nervi. "Se non comprassi monete con questo tipo di mazzate avrei già smeso di collezionare da tempo !". Quindi è facile intuire che la collezione Mantegazza fosse assolutamente superba per qualità, e le monete che non erano eccellenti potete stare certi che sono monete di grande rarità, e devo dire che in cuor mio tutte quelle bruttine che ho preso in questa vendita del 1995 non le ho più migliorate, e quasi sicuramente non sono neppure più apparse sul mercato. Quindi per scrivere queste poche righe mi è grato fare un omaggio ad un grande collezionista che non è più tra noi, ad un numismatico amico mio ch ene ha seguito la collezione per 10 e più anni ed ad una moneta della vendita. In catalogo era posti all'incnto 4 monete da 2 lire 1812 (credetimi che la cosa è straordinaria, nelle grandi collezioni solitamente c'è un pezzo solo, ed in molte di queste a volte manca). Di questi quattro esemplari due a bordo liscio e due a bordo incuso. Per il 1813 ben 9 conii per altrettante varianti, tutte splendide tranne un paio. Non fu premiata la qualità della serie, probabilmente il collezionista era ben più avanti dei tempi commerciali, del 1812 due pezzi andato invenduti ... ah che peccato sapere dove sono oggi quelle monete ... e solo il pezzo oggi in vendita da InAsta fece più della stima, ben 7.000.000 di lire. Per le 2 lire 1813 tutte alla base tranne una. Ricordo che da ottobre dormivo con il catalogo sul comodino (oddio non è che sia migliorato molto in questo senso), lo aprivo e guardavo e riguardavo le monete, le memorizzavo per essere pronto il giorno della visione a sapere esattamente dove guardare e cosa guardare. Ricordavo l'impaginato, le mie note, le note di mio padre, la sequenza dei punti, i prezzi realizzati e dove era possibile da dove venivano le monete. Ne avevamo segnate tre per il 1813, ne scartammo due per la giornata dell'asta, in un caso i punti non erano correttamente descritti e nell'altro caso già l'avevamo di pari conservazione. Alla fine ne prendemmo una sola; ma che moneta che l'Ing. ci ha "regalato" !
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  8. Ero sicuro che, aprendo la discussione sulla monetazione romana di Luceria, ossia sulle monete coi tipi romani emesse a Luceria e distinte dalle emissioni di tipo autonomo (che ha invece propri tipi, come quelli postati da Apollonia), sarebbero emersi i soliti contrasti tra "middleniani" di scuola inglese e i "tradizionalisti" che ancora resistono, soprattutto in Italia. Innanzi tutto debbo rilevare che il buon Andrew, di cui ammiro la tipica flemma britannica (britsh phlegm), ancora attende una precisa risposta a una sua richiesta più volte rinnovata e cioè quella di poter acquistare il volume di Vincenzo. Mi stupisce che la sua semplice richiesta non sia ancora soddisfatta. Sarebbe sufficiente che Vincenzo lo contatti privatamente via MP e mi auguro che l'abbia fatto, anche nel suo stesso interesse e cioè diffondere anche oltralpe le sue varie osservazioni, che sono spesso in contrasto con la predominante teoria "middleniana". Sicuramente un sano confronto, senza preconcetti, appare utile, prendendo in considerazione fatti concreti e non preconcette ricostruzioni, che rispondono più ad esigenze ideologiche. Premetto, a scanso di equivoci, che sono ancora un sequace della teoria "middleniana" e quindi tendenzialmente più vicino alle posizioni di Andrew, anche se riconosco che alla base di questa predominante teoria ci sono soprattutto indizi (per la verità molto numerosi) non prove inoppugnabili. Esistono alcuni punti critici e anche poco chiari nella complessa ed esaustiva ricostruzione effettuata dal Crawford, specialmente alla luce di vari contesti storici e anche archeologici. Ci sono in realtà pochi punti veramente incontrovertibili. Uno è che SICURAMENTE il denario romano anonimo (quindi all'inizio della riforma denariale) già circolava al tempo della seconda guerra punica, grazie soprattutto ai fondamentali scavi archeologici di Morgantina, che fu distrutta dai Romani nel 211 a.C. e furono trivati denari (e pure quinari) sotto gli strati sigillati dalla distruzione di quella data. L'errore fondamentale di Crawford è stato quello di proporre la data di nascita del denario troppo a ridosso di quella data, al 212/211 a.C., forse fuorviato dal fatto che gli esemplari ivi rinvenuti erano tutti di ottima conservazione (e quindi in circolazione da poco tempo). Il vero problema è appunto quello di stabilire esattamente QUANTO TEMPO PRIMA nacque il denario. Attualmente la scuola "middleniana", specialmente sulla scia delle ricerche effettuate dal Marchetti, è orientata ad anticipare di pochi anni rispetto alla data del Crawford, ipotizzando che il denario nacque intorno al 215/214 a.C., quindi grosso modo oltre un anno dopo dopo la disfatta di Canne (2 agosto 216 a.C.) e soprattutto in concomitanza con la morte del ricco e potente Ierone di Siracusa (che era l'alleato più munifico per Roma). In realtà il quadro generale cambia poco rispetto a quello delineato dal Crawford. Gli indizi raccolti dalla scuola "middleniana" sono molto numerosi e riguardano non solo la zona siciliana, ma anche campana, apula e spagnola e quindi bisogna conoscere molto bene la situazione non solo in Daunia, ma anche in altre regioni più o meno coinvolte nella lunga guerra tra Roma e Cartagine, compresa la prima (264-241 a.C.). Per chi non è ancora bene a conoscenza della complessa questione della monetazione romana repubblicana, c'è da rilevare che la cosiddetta scuola "tradizionalista" si basa principalmente sulle fonti letterarie, in primo luogo la famosa testimonianza di Plinio (H.N. XXXIII, 42-47), secondo la quale il denario nacque nel 269 a.C., e anche su varie ricostruzioni storiche. Nessuna delle due teorie possiede prove inoppugnabili, ma solo appunto una serie di indizi, che allo stato attuale appaiono essere più orientati a favore della teoria "middleniana". Sicuramente l'opera di Catalli, "La monetazione romana repubblicana", Roma 2001, costituisce finora la migliore opera di critica nei confronti della teoria "middleniana", evidenziando i vari punti ancora critici e derubricando (spesso giustamente) varie "prove" a semplici "indizi", senza però nel contempo fornire elementi ancora più solidi a favore della vecchia teoria "tradizionalista". Oviamente un corollario della teoria "tradizionalista" è che la monetazione del quadrigato e del denario si svolse in un arco di tempo molto più lungo e anticipato rispetto al quadro offerto dal Thomsen e dal Crawford. In particolare si presuppone che la monetazione di piede sestantale e anche degli stessi denari ebbe luogo anche durante la prima guerra punica, il cui teatro militare si sovrappose solo in parte con quello della seconda guerra punica (specialmente in Sicilia). Classico problema è il ritrovamento del denario anonimo a Monte Adranone, in uno strato che gli archeologi hanno definito risalente alla prima guerra punica. Infatti sembra che questo centro, un avamposto di notevole importanza strategica sulla strada verso Agrigentum, fosse distrutto in quella guerra (una sorta di Morgantina, ma della prima guerra punica), confortato anche dal rinvenimento di monete apparentemente solo della seconda metà IV-prima metà III secolo a.C. Purtroppo la qualità degli scavi archeologici al Monte Adranone non può essere paragonata a quella degli scavi a Morgantina (e dispiace dirlo in quanto i primi furono condotti solo dalla locale Soprintendenza, mentre i secondi furono seguiti da teams internazionali, specialmente americani). Mancano accurati resoconti e molti materiali, come le varie monete ivi rinvenute, non sono mai stati pubblicati, con le schede del relativo contesto. Quindi quello che sembrava una valida prova a favore della teoria rialzista diventa solo un semplice anche se importante indizio e nulla vieta di pensare che il luogo, Monte Adranone, proprio in virtù della sua importante funzione strategica, possa avere visto qualche guarnigione militare romana anche durante la seconda guerra punica, tanto più che la vicina Agrigentum era allora ancora in mani puniche. Anche la stessa osservazione di Vincenzo: Esempio di contraddizione in quello che i Thomseniani definiscono prova inconfutabile. Andrew scrive: "The presence of quadrigati in hoards containing datable issues of Hiero, Heironymous and the Syracusan Democracy is also evidence these coins circulated until the second Punic war." No! Al contrario, essendo un hoard (tesoretto) una selezione preordinata, essa non indica il circolante effettivo esistente (quindi che il quadrigato circolava ancora), ma una scelta precisa, personale, probabilmente di monete uscite fuori corso e tesaurizzate(e quindi che il quadrigato non esisteva più). E risparmio di riscrivere tutta la problematica relativa agli ambiti di circolazione del quadrigato e del suo rapporto con altre monete. Sulla effettiva cronologia del quadrigato, soggetta anch'essa a profonda revisione critica. pur concettualmente corretta, si presta ad alcune perplessità. E' difficile immaginare che i ripostigli con quadrigati debbano essere PER FORZA frutti di raccolta "differenziata", in pratica in quanto solo di monete "fuori corso", e non anche di effettivo materiale circolante. Un soldato o cavaliere romano, come anche un semplice cittadino più o meno benestante, può avere avuto in mano (o meglio nel suo borsello di cuoio) monete che avevano ancora corso legale e parte del suo "stipendium" e avere avuto diverse circostanze per perdere il suo gruzzolo..... Come al solito un indizio può essere valutato diversamente a seconda dei differenti punti di vista. Allo stato attuale l'insieme più completo ed accurato degli indizi resta ancora quello del Crawford e quindi, come giustamente dice Andrew, quello costituisce il vero punto di partenza per ulteriori e differenti contributi. Ovviamente sono sempre benvenute le osservazioni di chi pensa diversamente, purchè appunto corrobate da un altrettanto insieme di indizi a suo favore. Vincenzo ha offerto alcune osservazioni molto interessanti (come ad esempio quella riguardante la distinzione solo apparente tra la scala duodecimale romana e quella decimale in vigore in Apulia), anche se ovviamente deve tenere conto di indizi non limitati solo alla sua Daunia, ma anche a tutto il mondo romano di allora, per le ovvie implicazioni. Quindi spero vivamente che possa essere fruttuoso il suo confronto con un valido esperto come Andrew, ponendo a sua disposizione anche il suo interessante volume.
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  9. Non le sembra di esagerare ? Sono quattro pensieri buttati li da un collezionista appassionato. Visto l'oro si potrebbe passare senza meno all'argento, apice dell'arte incisoria del periodo tutta raccolta nell'esecuzione del ritratto di Gioacchino Murat a Napoli. La lagge del 19 maggio 1811 stabiliva che a far data 1 gennaio 1812 sarebbe entrato in vigore nel regno, il nuovo sistema monetale conforme a quello dell'impero francese (è questa la ragione per cui si coniarono pochi esempalri del 40 franchi del 1810, di cui l'emissione dell'Arnaud a titolo meramente di saggio, anche se entrò in circolazione) con base la lira d'argento del peso di 5 grammi al titolo di 900 millesimi di fino al pezzo. Come nelle precedenti piastre borboniche l'effige del sovrano è volta a destra. La legenda per l'argento ricalca fedelmemente quella utilizzata per le monete in oro, con GIOACCHINO - NAPOLEONE al diritto e REGNO DELLE DUE SICILIE al rovescio ma con lo stemma reale, retto da due sirene (le avevamo già incontrate con Giuseppe Napoleone) sovrapposto al manto reale, e due scettri decussati di Napoli e di Sicilia (solo che in Sicilia non ci ha mai messo piede). Le coniazioni hanno inizio nel 1812, di cui ho rilevato tre varianti e l'anomalia che furono utilizzati assi di conio sia alla francese sia alla tedesca. Nel 1813 il regno richiedeva monete per far fronte ai commerci interni e furono emesse poco meno di 37.000 pezze da 5 lire. Anche in questo caso il numero dei conii è sproporzionato all'effettiva necessità per l'estrazione: parliamo almeno di 12 coppie di conii, ma cosa se ne facevano ? Con le solite varianti nel modellato della testa, taglio del collo, dimensione dei caratteri e della data, punteggiatura; unico punto fermo il punzone dello stemma. Non mi sono mai soffermato più di tanto ma non ricordo varianti. Non ho idea cosa passasse per la testa di Nicolò Morghen ma si diede davvero un gran da fare con i conii .... probabilmente lo pagavano un tanto al pezzo, e lui incisore di pietre dure, deve averci visto un'ottima opportunità di guadagno. Sul taglio, in incuso, DIO PROTEGGE IL REGNO. Negli anni ho visto una prova in rame inedita del 5 lire 1813 assolutamente autentica, un po di cianfrusaglia per fusioni in piombo, alcune abbastanza rozze, un paio di pezzi in stagno coniati ed un pezzo in piombo certametne coniato. Le prove in nichelio sono relative ad un conio di fantasia che ha battuto anche alcune monete in argento ma è parecchio tempo che non vedo questo scempio in circolazione, l'ultima volta negli Stati Uniti una casa d'aste attribuiva questi pezzi alla collezione Faruk ....
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  10. Grazie Pogo, le notizie che mi hai dato sono veramente molto interessanti. Sugli ultimi bottoni postati, volevo solo aggiungere che se ne trovano tantissimi anche al centro sud. Una volta nel mercatino che fanno a piazza Borghese a Roma, ne comprai un lotto di 50 pezzi a mille lire l'uno. Poi mi viene da pensare al bottone riparato e di conseguenza ai tempi che furono. La vita non doveva essere certamente facile se non si buttava niente di irreparabile. Guardando nella mia vetrinetta dei ricordi, in bella vista, c'è un "uovo" di legno che tutti quanti lo vedono, mi chiedono cosa sia. Io rispondo che oggi quando un calzino si buca, viene buttato. Una volta invece, veniva riparato, cucito, e "l'uovo" serviva proprio a quello.
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  11. Onestamente quella postata non mi sembra arrivi a BB, per lo meno dalle foto. Quella che ho postato io nel catalogo NAC è stata indicata SPL (lotto 802), conservazione condivisibile. Secondo me ti conviene provare a prenderla in asta, offrendo quanto ritieni giusto Per monete così (non eccessivamente rare e in conservazioni comunissime) a mio avviso oggi come oggi vale veramente la pena prenderle in asta piuttosto che da un commerciante: causa crisi economica molti stanno cercando di monetizzare in euro e in genere vista l'alta offerta i prezzi che poi si spuntano sono buoni Discorso diverso sui FDC e le vere rarità... quelle potranno solo diventare più rare (e costose), come sempre chi soffre della crisi economica è il ceto medio, non i miliardari Ad esempio, nella prossima asta Ghiglione al lotto 394 c'è uno SPL con base 300€ Buona caccia! R
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  12. La prossima volta che ci vedremo vedrai probabilmente qualche nuovo testone ............ oltre a quello di Daniele???? lui si che ha un bel testone!! :rofl: :blum:
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  13. Intervengo solo per dire che se la percezione che si ha è che l'archeologia è si occupi soltanto di "artefatti" unici, o rari, siamo su una strada "sbagliata", che comunque non coincide con il concetto di archeologia contemporaneo, assai diverso da quello di derivazione antiquaria sopravvissuto fino a diversi decenni fa e, a mio avviso, fortunatamente superato (vi invito a leggere anche alcuni dei concetti illustrati in questa discussione qui: http://www.lamoneta....a-archeologica/). L'archeologia si occupa delle fonti materiali in connessione ai contesti archeologici (in senso più o meno ampio) in quanto testimonianza di civiltà passate, e utili alla ricostruzione della loro storia (cfr. ad esempio anche lo stesso incipit della voce di wikipedia: http://it.wikipedia....iki/Archeologia ), a prescindere dal loro valore estetico, dalla loro rarità o valore "economico": e mi pare che fonti materiali siano anche le monete, se rinvenute o provenienti da contesto archeologico identificabile a vario titolo. Vi assicuro che la ceramica, che pure è il fossile-guida per l'archeologia in età storica per ampi periodi, è prodotta in modo abbondante e praticamente seriale come e quanto le monete (sia al tornio, che a matrice). Chiedetelo a chi studia la terra sigillata africana o certi gruppi di anforacei; o a chi si occupa di maiolica arcaica medievale o di graffite tardo-rinascimentali. Questo non toglie nulla al loro valore informativo dal punto di vista archeologico e storico, se se ne conosce ovviamente la provenienza. E per tornare alle monete, concludendo, non penso che sia un caso se Laura Breglia diceva che "la numismatica ha le radici nell'archeologia e la testa nella storia". Scusate se ribadisco queste cose, ma a volte ho l'impressione che non ci siano informazioni corrette e aggiornate rispetto ai termini di certi problemi. Spero in qualche modo di potervi essere stata utile in questo senso. Un saluto cordiale MB
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  14. Buon pomeriggio Al tempo del doge Leonardo Loredan, non esisteva ancora il ducato d'argento; c'era solo il ducato d'oro. Il primo ducato in argento (da 124 soldi) fu coniato quasi 60 anni dopo, sotto il dogato di Girolamo Priuli. Se ipoteticamente fossimo andati, a metà del 1500, in un supermercato con un ducato di 124 soldi, avremmo potuto mettere nel carrello: 10 libbre sottili di storione = 18 soldi (la libbra pesava ca. Kg. 0,30 se "sottile" o ca Kg. 4,77 se "grossa"); 1 miro (25 libbre grosse) di olio = 6 soldi; 2 gallinacce = 10 soldi; 1 libbra di carne di bue = 2 soldi 1 libbra di carne di vitello = 3 soldi 2 polli piccoli = 13 soldi; 1 gallina grossa = 12 soldi; 1 cappone = 18 soldi; 1 carro di legna = 24 soldi; e siamo arrivati a 106 soldi e credo che di "scorta" se ne sia fatta abbastanza e con il resto, pane verdura e frutta.... Saluti Luciano
    1 punto
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