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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 01/20/12 in tutte le aree

  1. Segnalo un importante (per chi è interessato agli antiquiores) ritrovamento avvenuto in Gran Bretagna (East Dean, Sussex) nel 2003. Si tratta del secondo esemplare conosciuto del denaro di Stefano IV(V). La scheda del ritrovamento e l'immagine dell'esemplare si trovano sul sito del Fitzwilliam Museum di Cambridge (presso cui è conservata la moneta), nella sezione dedicata al "Early Medieval Corpus" of the single finds of coins in the British isles, 410 - 1180 (estremamente interessante!): http://www.fitzmuseum.cam.ac.uk/dept/coins/emc/ In ogni caso ne riporto la trascrizione: EMC number 2004.0044 (Ref: Reported) State: Carolingian Italy: Papal, Ruler: Pope Stephen V (816-817) Type: Carolingian Italy: Pope Stephen V (816-817) Mint: Rome, moneyer uncertain. Weight: 1.63g. Preservation: cracked. Findspot: East Dean, near, East Sussex, England (TV 5598) Obv. +.SCS PETRVS (S's on side), in monogram STEPHANVS Rev. +LODOICHVS (S on side), in monogram IMP Source: Coin Register 2005, no. 260 Comments: Pope Stephen V (816-17). CNI XV.66.1. Image source: (scanned image (300 pixels, 300 dpi)
    3 punti
  2. Buongiorno a tutti,chiedo lumi su questo antoniniano di carausio,peso 3.72g,diametro 20-21-22mm(data l'irregolarità ne metto 3). Ora ho letto che data la necessità di coniare monete con la sua effige in fretta carausio attivò anche molte zecche non ufficiali,questa moneta mi pare proprio non ufficiale,il segno di zecca non mi pare sia presente,inoltre sul diritto sembra di leggere IMC invece di IMP. Cosa più strana ancora sul rovescio la legenda PAX AVG ma mi pare evidente che la figura presente sia la salus....inoltre si noti la fattezza delle braccia della figura a mo di uncino come si ritrova nelle "barbarous imitative". Ho visto in giro che spesso nelle monetazioni di questi usurpatori come i due tetrici e vittorino c'è una forte compenetrazione tra monetazione più o meno ufficiale e non,senza ben distinguere dove vi sia l'una e dove cominci l'altra,inoltre spesso ci sono errori di questo tipo con legende scambiate ed altre figure... cosa ne pensate? La moneta è stata acquistata ,da numismatico professionista associato con tutti i canoni dovuti(ad un prezzo direi altino,ma mi sa che monete di carausio a buon mercato non ce ne sono!) cosa ne pensate?grazie. p.s. se mi legge l'utente grigioviola che so essere studioso di questi tipi monetali mi farebbe piacere avere la sua opinione.
    1 punto
  3. Salve a tutti. Nell'aprire questa nuova discussione, incentrata sull'importanza rivestita da questa figura divina sotto il regno dell'Imperatore Claudio, vorrei ringraziare il Curatore Minerva che mi ha dato lo spunto, anche se involontario, attraverso il suo nickname, per la scelta della tematica trattata. :) Minerva, divinità dai mille compiti. Sostanzialmente, la dea romana Minerva ricalca, per iconografia e funzioni, la sua corrispettiva del Pantheon greco: Atena. Nel mondo romano, però, l'origine del suo nome fu condizionato da altri fattori: a portare il culto della divinità in Italia furono gli Etruschi che la conoscevano con il nome di Menerva o Mnrva per sincope (in merito a questo argomento cfr. anche Lezioni di Lingua Etrusca, Quarto Incontro: Le vocali nella sezione di Storia ed Archeologia). Proprio per questa assonanza, i Romani la confusero con il sostantivo latino mens, che significa mente, e l'accostarono, quindi, al concetto di saggezza, intelligenza di cui la divinità divenne la protettrice. Ma fu anche una dea guerriera: si narra, infatti, che Giove, tormentato da una fortissima emicrania, si fece aprire la testa da Vulcano. Dal cranio del padre degli dei fuoriuscì Minerva già armata di tutto punto. Lo stesso mito spiega la genesi di Minerva nella religione greca. In effetti, questa dea ha svolto un ruolo sempre molto importante in diverse culture del Mediterraneo: sia per i Greci, sia per gli Etruschi che per i Romani, Minerva entrò a far parte del gruppo delle divinità più adorate e considerate dell'antichità, la cosiddetta Triade. Questa Triade, composta da Giove, sua moglie Giunone e sua figlia Minerva, ha quasi sicuramente origini etrusche. A Roma ricevette il titolo di Capitolina da un'appellativo concesso a Giove: Capitolino, appunto. Il tempio dedicato a questa Triade si trovava sul Campidoglio. Protettrice delle arti, della musica, dei medici e del commercio, Minerva assunse a Roma anche il "compito" di sovrintendere ai conflitti, durante i quali si invocava il suo aiuto più per la scaltrezza e l'inventiva che per l'abilità tecnica nell'uso delle armi, per gli ovvi motivi anche sopra indicati. Il suo animale sacro, come per la greca Atena, era la civetta o, a volte, il gufo. L'iconografia che caratterizza le raffigurazioni della divinità è semplice e piuttosto conosciuta: Minerva indossa di solito un elmo che può variare nello stile e nel modello, il suo petto è protetto da una lamina metallica che per disegno ricalca la lorica squamata romana al cui centro è posta la testa mozzata della Gorgone, o Medusa, che, con il suo sguardo, impauriva e pietrificava i nemici della dea. Il suo corpo è avvolto in una lunga veste e ai piedi indossa i classici sandali di derivazione ellenica che differiscono dalle caligae in uso presso i legionari romani. Può reggere vari oggetti: una lunga lancia con punta larga, uno scudo tondeggiante o una statuetta della Vittoria alata che porge una ghirlanda. A volte, perchè no, può trovarsi in compagnia di una civetta. I Romani ne celebravano la festa dal 19 al 23 marzo nei giorni che prendevano il nome di Quinquatria, i primi cinque successivi alle Idi di marzo, a partire dal diciannovesimo nel Calendario degli Artigiani. Una versione più contenuta, le Minusculae Quinquatria, si teneva dopo le Idi di giugno, il 13 giugno, con l'uso di flautisti, molto usati nelle cerimonie religiose. A Minerva, già nella Roma Repubblicana, venivano, inoltre, tributati onori attraverso le arti poetiche. Tra gli incaricati vi spicca il famoso letterato e poeta romano Livio Andronico. Claudio, uno dei primi Imperatori intellettuali. Come si fa a tenere lontana la figura di Minerva da quella di Claudio? E' molto difficile, dato che questo Imperatore fu uno dei primi a dare tanta importanza alla dea, giungendo al punto di dedicarle un Rovescio nella sua monetazione. Nato il primo agosto del 10 a.C. a Lugdunum, in Gallia, con il nome di Tiberio Claudio Druso, il futuro governante di Roma aveva per genitori Druso Maggiore (di cui ho già avuto modo di parlare in una discussione precedente) e Antonia Minore, figlia di Marco Antonio e nipote di Ottavia Minore, sorella del Princeps Augusto. Nel 4 divenne ufficialmente un componente della famiglia Giulio-Claudia in quanto suo fratello Germanico venne adottato all'interno della dinastia. Durante la giovinezza venne finemente educato, in quanto rappresentante di una delle famiglie più importanti dell'Impero, ma mai condotto in pubblico. La ragione di questo comportamento tenuto nei suoi confronti risiede nel fatto che Claudio era venuto al mondo con evidenti difetti fisici che non potevano essere assolutamente tollerati in una famiglia, come quella Giulio-Claudia, che stava proprio ora intraprendendo la sua scalata al potere. Presentare un individuo fisicamente debole avrebbe compromesso irrimediabilmente l'immagine dell'intera dinastia dinanzi al popolo romano. Persino l'assunzione della toga virilis, il segno del passaggio all'età adulta, avvenne in tono dimesso: mentre era consuetudine che, giunta l'età, ciascun ragazzo romano venisse pubblicamente accompagnato al Campidoglio dal padre o dal tutore, Claudio vi venne portato di nascosto, in lettiga, a mezzanotte e senza accompagnamento solenne. Nonostante mostrasse una vivida intelligenza e una naturale propensione per gli studi e per l'ambiente burocratico, il giovane Claudio venne umiliato da tutti i suoi familiari, persino dalla madre che lo definì:«mostro d'uomo, non compiuto, ma solo abbozzato dalla natura». La sua abilità oratoria fu ammirata solamente da Augusto, ma non bastò per fargli ottenere alcuna carica pubblica, facendolo rimanere ai margini dell'attenzione di tutti. Quando il primo Imperatore morì, con il suo lascito di appena 800.000 sesterzi, Claudio vide salire al trono suo zio Tiberio, essendo stato escluso da ogni possibile piano di successione. Il nuovo Imperatore non si dimostrò più clemente: nonostante gli Equestri e i Senatori avessero dimostrato alcune attenzioni, anche private, verso il povero Claudio, Tiberio gli vietò qualsiasi carica pubblica, estromettendolo dalla vita politica attiva. Le delusioni si ammucchiavano continue e implacabili costringendo Claudio a ritirarsi a vita privata. Fu in questo periodo che si interessò maggiormente alle arti di cui era tutelare Minerva, scrivendo un trattato sugli Etruschi, di cui studiò anche la lingua, una storia di Cartagine una difesa di Cicerone, alcuni trattati sul gioco dei dadi e sull'alfabeto, tutti andati perduti. Nel 15 d.C. sposò Plauzia Urgulanilla, figlia di Marco Plauzio Silvano, da cui ebbe due figli. Fu la sua prima moglie, ma le felicità nuziali non durarono a lungo: sospettata di adulterio (che Plauzia non sopportasse un personaggio come Claudio con tutti i suoi difetti e con il suo anonimo e inesistente peso politico?) fu ripudiata dal marito nel 28 non divenendo mai Imperatrice. Quando il figlio di Tiberio, Druso, morì nello stesso periodo in cui scomparve anche Germanico, Claudio sperò di aprirsi un varco per la successione al trono, ma si tirò indietro quando vide che il Prefetto del Pretorio, Elio Seiano, si era guadagnato la fiducia di Tiberio a tal punto da ritenersi il miglior candidato alla successione. Destino volle che il futuro Imperatore sposasse in seconde nozze proprio la sorella di Seiano, Elia Petina, da cui ebbe la figlia Claudia Antonia. Nel 31 d.C. con la definitiva caduta di Seiano, Claudio (forse per evidente opportunismo e sicurezza personale) divorziò da Elia per convolare a nozze, nello stesso anno, con la famosa Valeria Messalina dalla quale ebbe l'unico figlio maschio che sopravvisse alla giovinezza: Britannico che inizialmente si chiamava Cesare (un certo Claudio Druso, avuto dalla prima moglie, Urgulanilla, morì in tenera età). Il suo comportamento nei periodi più critici della Roma del tempo e il sapiente sfruttamento del proprio anonimato politico fecero sì che Claudio riuscisse ad andare avanti e a sfuggire a congiure e accuse, a delazioni e a omicidi che imperversavano non solo nella corte imperiale. Sempre da Messalina ebbe anche una figlia: Claudia Ottavia che più tardi sposerà il proprio fratellastro Nerone, figlio di Agrippina Minore, ultima moglie di Claudio e probabile fautrice della sua fine. Fatto sta che il suo primo incarico politico attivo (il mandato consolare) lo conseguì assieme a suo nipote Caio Cesare (Caligola) all'età di quarantasette anni. Dopo l'assassinio del nipote (41 d.C.) un Claudio cinquantenne e impaurito divenne Imperatore per volere dei Pretoriani che lo riconobbero quale unico superstite ancora in vita della dinastia Giulio-Claudia. Famoso è rimasto il racconto di Svetonio in merito alla sua elevazione alla porpora: <<Dopo l'uccisione di Caligola... Claudio suo zio... cinquantenne... divenne imperatore per uno strano caso. Infatti, trascurato dagli uccisori di Caligola, avendo quelli portato via il numero dei congiunti e dei servi di questo, egli s'era nascosto in una sala di nome Ermeo. Non molto dopo, spaventato dal rumore della porta, proseguì verso il vicino solarium e si nascose dietro alle tende davanti all'ingresso. Qui, essendosi tenuto nascosto ancora, un soldato semplice, visti i piedi lo tirò fuori mentre Claudio si inginocchiava per il timore, ma riconosciutolo, lo salutò imperatore. Poi lo condusse dagli altri soldati, esitanti e frementi. Posto dai suoi sulla lettiga, fu portato nell'accampamento, triste e trepidante, mentre la folla che incontravano lo commiserava, quasi stesse per essere giustiziato pur essendo innocente. Ricevuto entro il vallo, pernottò tra le tende dei soldati, temendo più che sperando. Invero all'indomani, reclamando il popolo una guida per lo Stato, fu salutato da tutti imperatore.>> (Svetonio, Vite dei Cesari, V, 10.) Una volta divenuto Imperatore con il nome di Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico, governò l'impero per circa quattordici anni. Il nuovo Princeps era considerato uno degli uomini più eruditi del suo tempo: Plinio il Vecchio lo cita quattro volte come un'autorità; a lui scienziati ed uomini dotti scrivevano o dedicavano trattati. Ancora una volta ricorre il tema della saggezza e dell'erudizione a cui Claudio dedicò gran parte della sua esistenza. Si dedicò alla cura dello Stato con attenzione, cercando di guadagnarsi l'amicizia e la stima del Senato e del popolo con giochi pubblici, soprattutto in occasione della sua vittoria in Britannia, e concedendo amnistie agli esiliati. Il famoso filosofo e uomo di lettere Anneo Seneca, forse per l'invidia nutrita da Messalina nei suoi confronti, fu lasciato in Corsica, lontano da Roma, e neanche l'elogio che intessè dell'Imperatore e del suo liberto più potente, Polibio, permettè al sapiente di rientrare in Patria. Forse per vendicarsi di questi motivi, Seneca scrisse il libello dal titolo Apokolokyntosis Divi Claudii, una satira politica contro il governo di Claudio e la sua figura di governante. Una specie di vendetta postuma, pubblicata dal filosofo solo dopo la morte di Claudio. Il suo governo, però, a dispetto dell'opera stesa da Seneca, fu, per certi versi, un vero successo e un toccasana per Roma: infatti, grazie al sistema burocratico centralizzato composto da fidati liberti, Claudio riuscì a formare un apparato statale di grande prestigio ed efficienza, togliendo al contempo molti incarichi di questo tipo ai Senatori e agli Equestri. Per mantenerli buoni, però, applicò nei loro confronti una politica moderata, in netta contrapposizione con quella del suo predecessore Caio. Donò loro il governo su alcune Province balcaniche e riservò loro sulle piazze e negli spettacoli i posti migliori, accordando privilegi ed elargizioni. Essendo di stampo conservatore, il nuovo Imperatore favorì gli antichi culti romani e completò l'acquedotto la cui costruzione era iniziata sotto Caio. Molte opere pubbliche furono edificate in tutto l'Impero: strade, templi ed un canale che collegava il Tevere al nuovo Portus di Roma. Bonificò le zone intorno al Fucino, ma fallì per ben due volte nel tentativo di prosciugare il lago: a causa dei cattivi lavori svolti dagli ingegneri, le inaugurazioni furono un vero fiasco e il suo segretario nonchè appaltatore dell'opera, Narciso, dovette sopportare l'ira dell'Imperatrice Agrippina che lo accusava del tragico fallimento dell'opera voluta dal marito. Annettè all'Impero altre Province oltre alla Britannia che solo Giulio Cesare prima di lui aveva cercato di occupare militarmente. Anche Caio Cesare aveva pianificato un'impresa del genere, ma non la mise mai in atto, lasciando a Claudio l'onore di annettere quell'isola selvaggia al dominio romano. Dopo la morte di Messalina, che aveva complottato contro di lui con Caio Silio che ne doveva prendere il posto al governo dopo averlo eliminato fisicamente, Claudio sposò, come già detto, Agrippina e nel 50 d.C. ne adottò il figlio Nerone avuto da un precedente matrimonio di lei con Lucio Domizio Enobarbo. Britannico e Nerone divennero fratellastri e, nel 53, Nerone, presa la toga virilis e ottenuti il titolo di Princeps Iuventutis, l'imperium proconsolare fuori Roma, sposò la sorellastra Claudia Ottavia, figlia di Claudio e sorella naturale di Britannico. Agrippina, assicuratasi la successione al trono per il figlio, accelerò i processi della natura: invece di aspettare che Claudio morisse di morte naturale, gli presentò un piatto di funghi, di cui l'Imperatore era particolarmente ghiotto, avvelenati con l'aiuto di Lucusta, una donna esperta in veleni e farmaci famosa in tutta Roma per la sua bravura. Fu sempre lei che nel 55 d.C. avvelenò Britannico per ordine di Nerone e fu addirittura premiata per il suo impegno e la sua capacità. Era il 54 d.C. e Claudio veniva divinizzato per ordine del Senato e sua moglie, Agrippina, la stessa che ordinò di ucciderlo, gli fece costruire un tempio sul Celio a lui intitolato in quanto asceso all'Olimpo assieme agli dei. Minerva, la saggezza sulla moneta di Claudio. Claudio dedicò a Minerva/Atena il Rovescio di un asse in bronzo. La dea che vi troviamo raffigurata è detta Promachos. Questo epiteto deriva dal greco Πρόμαχος che significa colui che combatte in prima linea. Quindi, quella dell'asse di Claudio, è una Minerva guerriera che opera in aiuto dei soldati prestando la sua opera nelle prime file, dove i militi ne hanno sicuramente più bisogno, dato che sono i primi ad entrare in contatto con il nemico. La prima raffigurazione , perlatro colossale, di questa Minerva Promachos era stata eseguita ad Atene da Fidia che la posizionò tra i Propile e il Partenone, sull'Acropoli della città. Da notare che la conquista della Britannia da parte di Claudio iniziò sistematicamente proprio nel 43 d.C. In questo periodo e con questo Rovescio, l'Imperatore tende a sottolineare la valenza militare della dea a lui tanto cara e familiare sotto forma di saggia intellettuale. Ricostruzione a dimensioni ridotte della statua di Fidia dell'Atena Promachos. La moneta: Autorità emittente: Imperatore Claudio. D/ TI CLAVDIVS CAESAR AVG P M TR P IMP P P, Testa nuda di Claudio a sinistra. R/ Minerva Promachos elmata che avanza a destra, brandendo un giavellotto e tenendo sollevato uno scudo tondo. Ai lati, S-C. Riferimenti: RIC I 116; BMC I 206-207. Zecca: Roma. Data: 42-43 d.C. Grado di rarità: Comune, C. Nominale: Asse. Materiale: AE - bronzo.
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  4. Dunque, parlando di monete nei documenti è sempre necessario fare attenzione. Io credo che anche lo studio della documentazione scritta sia di grande aiuto per comprendere la monetazione medievale, ma come si devono conoscere i nummi in oggetto, avendone visti molti, sapendoli leggere ed interpretare - o almeno sforzandosi di farlo - la stessa cosa vale per la documentazione archivistica. Ora la mia esperienza, da sempre, è che i documenti vanno letti possibilmente tutti, integralmente e, se possibile, direttamente. Ovviamente è difficile avere il tempo per accedere personalmente a tutti gli archivi; e poi bisogna sapere cercare i documenti ed anche avere nozioni di paleografia e diplomatica che poterli leggere correttamente. Ma dare un'occhiata un poco più approfondita anche alle sole fonti edite, prima di ipotizzare certe cose, forse si può fare lo stesso. Allora eccoci ai documenti di area viterbese ripresi anche da Rovelli in un paio di suoi studi, e menzionati da Teofrasto ed Adolfos: capiamo meglio di cosa si tratta. Anzitutto si tratta di un unico fondo archivistico della diocesi viterbese, per quanto costituito da serie documentarie di diverse chiese ed enti ad esso afferenti: P. EGIDI, L’archivio della cattedrale di Viterbo, "Bullettino dell’Istituto storico italiano", 27, (1906), pp. 7–382. Per gli anni che ci interessano purtroppo sono sopravvissuti pochi documenti, ma penso che sia significativo annotare alcune cose. La prima menzione di denari senesi è in effetti nell'aprile 1181. Può darsi che la data sia giusta, ma l'editore, cioè chi ha trascritto il documento indica che la data scritta come M.C.L.XXX.I ha l'unità scritta a fine della riga presso il bordo, e che l'indizione (http://it.wikipedia.org/wiki/Indizione) risulta errata dal notaio di una unità. Quindi potrebbe anche darsi che il documento, visto il mese che si legge chiaramente, possa essere anche di un anno successivo. Questo però non cambia molto i termini della questione perché a questo atto ne segue un altro del luglio 1181, e poi un altro del 1183 (senza che si legga il mese), che sono perfezionati in denari senesi quale moneta di conto. La cosa interessante è che questi tre documenti riguardano tutti acquisti (i primi due, anche da un Pietro di Lamberto ;)!) e quindi la rivendita (il terzo del 1183) di terreni confinanti tra loro in Valle Grimalda fatti da un tale Erizzo, e rogati dallo stesso notaio Tebaldus a Ferento, nonostante la recente distruzione. Erizzo li rivende a rappresentanti della chiesa di S. Bonifazio e Crescenzo, che evidentemente stanno acquisendo beni fondiari in quell'area Nel novembre 1184 infatti il priore della chiesa di S. Bonifazio e Crescenzo compra direttamente altro terreno limitrofo in valle Grimalda da Gualtiero di Claragemma, il cui prezzo però stavolta è pattuito in moneta lucchese. Dopo questi documenti ne sono sopravvissuti un'altra manciata senza menzioni di moneta o moneta generica fino ad arrivare al 1192, quando ricompare ancora un documento rogato a Viterbo, ma riguardante i soliti terreni di valle Grimalda ed alcuni personaggi di cui sopra, che fanno refuta alla stessa chiesa per una somma in denari senesi. La serie di documenti rogati a Viterbo riguardanti personaggi e beni differenti ed atti di tipo diversificato rispetto quelli visti fino ad ora comincia solo nel 1194, momento a partire dal quale senz'altro la libbra di denari senesi di conto sembra essere la più diffusa in quell'area e diventare caput monetae. Quindi attenzione, che tra 1181 e 1183 i denari di Siena sono sì attestati come moneta di conto, cosa che fa presupporre anche la loro esistenza come moneta reale, ma in 3 documenti racchiusi in un pugno di anni, riguardanti la stessa zona, lo stesso lotto di terreni che vengono acquistati e rivenduti dallo stesso personaggio. Ultima cosa interessante: l'editore nelle note dice che i tre documenti facevano parte di uno stesso rotolo, insieme ad altri di poco precedenti, in cui ritroviamo guarda caso lo stesso Erizzo, che compra più o meno dagli stessi personaggi o loro familiari altri appezzamenti in terreno in Valle Grimalda. Gli atti sono rogati dallo stesso Tebaldus, sempre a Ferento nel 1177 luglio e sett. e nel 1179 settembre, ma stavolta i pagamenti sono perfezionati con la pattuizione di somme in inforziati lucchesi. A vederla così allora si potrebbe anche pensare che Erizzo sia un personaggio magari proveniente con capitali dalla toscana meridionale, che compra e rivende per investimento, o agisce come intermediario della chiesa ferentina, da poco passata sotto il più stretto controllo viterbese. Egli fino alla fine del 1179 usa la moneta di conto (e reale?) lucchese, da tempo diffusa non solo zona senese, ma tra tutta la Toscana meridionale interna ed area viterbese, nonostante la concorrenza del denaro pisano, mentre dal 1181 usa la nuova valuta di conto basata sulla nuova moneta che si andava diffondendo dalla maremma all'alto Lazio, la senese. Si potrebbe per ciò anche trattare solo di un movimento di un singolo che anticipa di poco la più ampia diffusione di questa valuta, che si dispiega realmente solo negli anni novanta del XII secolo, fatto che può essere dovuto a molti motivi, probabilmente concorrenti. E questa tempistica mi pare perfettamente compatibile per una moneta nata all'inizio del 1180, e che si afferma con un poco di tempo, coerente con quanto detto nell'ultimo post di Adolfos. Paleologo ha citato i pellegrinaggi, che potrebbero spiegare piuttosto parte della circolazione di moneta reale, ma per la diffusione e l'adozione di un sistema di conto bisogna pensare ad aspetti economici (vendite fondiarie, commercio, transumanza!) o politici un poco più strutturati nella società. Detto questo vi avrò sicuramente annoiato, e vi sembreranno tutte questioni di lana caprina, poco utili a classificare le monete, metterle in una casella e a scriverne un cartellino. Ma se vogliamo dare un significato storico a questi oggetti, secondo me bisogna sforzarsi di collocarli bene nel tempo e nello spazio. Ed anche qualche anno può fare la differenza, soprattutto nel XII secolo. In questo i documenti ed i ritrovamenti archeologici aiutano, ma bisogna interrogarli ed ascoltarli dall'inizio alla fine della storia, senza troppe scorciatoie. Per concludere con Lamberto: io per ora e per cautela userei ancora 1180 circa ;)! Un caro saluto a tutt* MB
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  5. Scusa Francesco ho dato un'occhiata ai feedback. http://myworld.ebay.it/francescoschittone2007/&_trksid=p3984.m1423.l2754
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  6. ma sono solo io che in soffitta ci trovo solo le ragnatele :(
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  7. Parlate di rarità per i 500€. Per me la rarità è vederne uno dal vivo e non in foto (perdonatemi, lo so che non c'entra niente con la discussione). Per rientrare in discussione, trovato 10€ spagnolo (V), seriale corto G005E4, condizioni Spl+, vale qualcosa?
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  8. scoperta per ghjua oggi ma che :moon: ....nonostante mi la fatta regalo....ma che moneta ..al baccio...!!!![/url.....................[/url..................a presto
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  9. Dovendo, come al solito, basarsi solo sulla foto, non acquisterei mai questa moneta.
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  10. Che peccato darla via.. :(
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  11. ruota l'immagine di sinistra di 90° a sinistra e compara con questa: http://www.zeno.ru/showphoto.php?photo=41525
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  12. Io mi accerterei della conservazione in modo inequivocabile , la farei periziare da un perito Serio, poi se la moneta risultasse veramente spl, per 10000 € se sei intenzionato a venderla è da vendere al volo credo che per uno spl però difficilmente riusciresti a superare gli 8000 €, se invece fosse in conservazione superiore, per assurdo Fdc con patina originale e bustina minimo 10000 euro, comunque dovresti trovare un privato, un commerciante difficilmente ti darebbe quei soldi, po nel caso di vendita all'asta devi considerare i diritti d'asta, 15+15 % da prezzo di aggiudicazione, e dunque se un Fdc facesse 11500 per l'acquirente a te ne verrebbero in tasca 8500 netti, se fosse Spl e facesse 8500 in asta a te verrebbero circa 6500 euro...dipende dalla conservazione...e comunque in ogni caso non la farei periziare da un perito intenzionato all'acquisto...
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  13. certo, verissimo. c'è da dire che la ricevuta fiscale è incrociabile con i dati ebay e quindi la moneta è riconducibile a una data ricevuta e questo è un dato fisso. la ricevuta mi tutela da accuse di ricettazione e di incauto acquisto. di penalmente perseguibile non si ravviserebbe nulla. io ho acquistato un bene legalmente, pagando tanto di iva. se poi questo bene il commerciante l'ha avuto per vie traverse al peggio, mi potrà essere sequestrato e non restituito e ci avrò perso la moneta, ma di certo non l'onorabilità! diversamente servirebbe un certificato di lecita provenienza di qualsiasi oggetto che io acquisto... un bel giaccone armani anche se dotato di scontrino fiscale... non mi dà garanzia che non sia un capo contraffatto venduto da un negoziante truffaldino... epperò non l'ho acquistato al mercato nero! ci ho versato sopra delle imposte quindi io non sono colpevole di alcun reato. semmai la colpa sarà del venditore. anche questo va precisato! :)
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  14. vado con un po' di repertorio iconografico di PAX/altra tipologia: Carausius 287-93 AD - Antoninianus Obv "IMP CARAVSIVS P AVG" Radiate, draped and cuirassed bust right Rev "PAX AVG" Laetitia standing left holding wreath and anchor Irregular mint Carausius 287-93AD - AE antoninianus Obv "IMP CARAVSIV(S...)" Radiate, draped and cuirassed bust right Rev "PAX AVG" Pax standing left with vertical sceptre, altar to left Irregular mint -/-//MLT RIC - Carausius 287-93 AD- Antoninianus Obv "IMP CARAVSIVS PF AVGV" Radiate, draped and cuirassed bust right Rev "PAX AVGVS" Pax standing left holding victoriola and cornucopia -/-//C Carausius 287-93 AD - AE antoninianus Obv "IMP CARA[....]" Radiate, draped and cuirassed bust right Rev "PAX (AVG)" Felicitas standing left with caduceus and cornucopia Irregular mint? RIC - The reverse is stylistically very similar to the MART FAV type Tutte queste tipologie provengono dalla galleria del forum ancient coins di mauseus. Io posterei anche in quel forum, nella sezione roman coins, la moneta in questione non tanto per avere ulteriori informazioni/dettagli sulla moneta, quanto piuttosto per farla censire a mauseus che, a quanto mi pare di ricordare, sta tenendo un mirabile aechivio di tutte le tipologie conosciute di carausio e non è escluso che in un futuro possano diventare un libro a disposizione di tutti. Prima o poi quando uscirà una pubblicazione completa sul From Hoard vedremo se emergeranno altre tipologie di pax ibride. Io non credo che si possa parlare di imitativa in senso stretto, ma al tempo stesso non credo nemmeno che la si possa considerare ufficiale (sempre nell'ambito della non ufficialità delle zecche istituzionali di carausio... dato che non erano riconosciute dall'impero centrale!). Parlerei piuttosto di "ibrido" o "mule" uscito da una delle zecche istituzionali di carausio... un po' una sorta di prodotto "difettoso" frutto della fretta e della necessità di approntare grossi quantitativi di moneta unito magari a una non ottimale conoscenza delle maestranze e a riusi di coni o parti di coni... insomma, la situazione richiedeva rapidità, molte monete, legende propagandistiche e mezzi di fortuna con molta probabilità utilizzati fino a non molto tempo prima per la produzione di antoniniani irregolari dell'impero gallico. La non ufficialità in senso assoluto deriva dal fatto che la legenda del rovescio non è coerente con la divinità raffigurata: si parla di pax ma c'è rappresentata la salus. D'altra parte lo stesso RIC nella pressoché sterminata carellata di PAX carausiane che riporta include alcune tipologie di PAX con rovesci non coerenti. Circa la zecca di Londra, infatti, sfogliando il RIC mi sono imbattuto in questa catalogazione: dove appunto ho evidenziato una tipologia di PAX con Salus raffigurata. Non è la catalogazione della moneta di giano, la sua non ha segni in esergo e non ha cornucopia. Quanto alla zecca... quale? Questo è un bel dilemma che, temo, non avrà mai una risposta in senso assoluto. Precedentemente io escludevo Rotomagnus e in effetti ne sono ancora parzialmente convinto. Dico parzialmente (sto scrivendo un post in divenire... voi lo leggerete tutto assieme ma io la mia ricerca la sto componendo per gradi scrivendo prima in word...) perchè mi sono imbattuto in questa classificazione del RIC verificando quanto indicato da Caio Ottavio che... è un cumputer vivente quanto a classificazioni!!!: ...qui siamo nella sezione "Uncertain britisch coins - unattributed coins" in cui una nota esplicativa dice: Many of these coins are issues and may fairly be attributed to London. A few are of Colchester, a few are simply barbarous, and a number are quoted from authorities which omit mint-marks and so afford no means of attribution1. Quindi a riconferma di quanto detto da Caio Ottavio, si può ricondurre al RIC 925 l'esemplare di giano... la legenda al dritto (5C) è: - IMP CARAVSIVS P F AVG radiate, draped and cuirassed bust right (e mi sembra ci stia tutta) mentre al rovescio abbiamo: - PAX AVG Salus stg. l. holding serpent rising from altar and sceptre; no mint-marks. Infine il RIC come grado di rarità indica "S" e quindi comune. 1. Circa la zecca, tra le attribuzioni incerte il RIC non la riconduce espressamente a Rotomagnus né ad altre ipotetiche zecche continentali, da qui la mia "parziale" (l'assoluto non esiste con questa monetazione!) convinzione che sia riconducibile a una zecca inglese e quindi o Londra o Colchester. Per il momento non ho altro da aggiungere... spero di non aver detto troppe castronerie! Illyricum e Caio Ottavio sono decisamente più preparati di me e invoco il loro intervento per rettificare quanto ho riportato e correggere il tiro! Mi sono solo divertito a fare una piccola ricerca tra il materiale iconografico e bibliografico che possiedo e a fornirvi i dati che ho rilevato... e vi confesso che, pur non possedendo ovviamente la moneta in questione!, mi sono divertito come fosse mia... e per l'ennesima volta ribadisco come sia questo, almeno per me!, il bello della numismatica!!!
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  15. domani sarebbe stato il compleanno... :-( credo... http://www.webalice.it/annovi.frizio/p_eurofantasy28.html
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  16. secondo me il discorso è molto più complesso... la circolazione del denaro dipende anche dai commercianti e dalle merci commerciate, capita che una zona prediliga le merci provenienti da una determinata città, questo crea i presupposti per una diffusione maggiore della moneta. Poi, io credo che l' espansione del D. senese sia un caso a parte ... insomma, è una monetazione che ha trovato davanti a se una strada spianata dal denaro lucchese (e che strada!)... io penso che i tempi canonici per l' espansione di una moneta media siano molto diversi da quelli per l' espansione geografica del denaro: una volta diventato inutilizzabile il Denaro lucchese, ci sarà stato il bisogno immediato di una moneta per i commerci. poi, credo anche che tra la prima compravendita ufficiale e la promozione a "caput monetae" ci sia il mare... magari nel 1181 puo essere iniziato il processo che in seguito porterà il D. senese al ruolo di moneta maggiore, ma non credo che già nel 1181 il denaro senese ricoprisse un ruolo fondamentale nei commerci di Viterbo. saluti, Magdi
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  17. purtroppo hai ragione.
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  18. Complimenti, Caio Ottavio, per questo splendido lavoro sulla mia dea preferita. :good: Un particolare legato alla dea glaucopide è il palladio che risultava essere un pegno divino che era in grado di proteggere una città. Da Troia giunse a Roma dove si trovava custodito nel tempio di Vesta, da lì poi passò a Costantinopoli e se ne sono poi perse le tracce. Le fonti narrano che si trovi sotto la colonna di Costantino a Costantinopoli. L'importanza della dea per Roma e per i suoi imperatori era legata anche a questo oggetto di potere che riassumeva in sè le origini mitologiche dell'Urbe. Possiamo osservare il palladio nella raffigurazione del seguente vaso greco che rappresenta Ulisse e Diomede che lo sottraggono alla città di Troia. Enrico :)
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  19. Salve, intanto vorrei ringraziare Augustod ed Eros per aver rinvigorito questa discussione, sperando che anche altri continuino a farlo, magari dando anche qualche riferimento del nominale postato, così per i meno esperti, oltre alla bella visione della moneta, diamo anche la possibilità di ricercare tutte le notizie utili che le riguardono........e di questi ragazzi, vi dico che in Sezione c'è ne sono tanti, tutti che hanno voglia di apprendere :) P.S. A Eros > ma le tue monetine sono tutte così belle ?? A Francesco > ciao, qualche post prima (1 e 10) avevo chiesto la possibiltà di cambiare la denominazione della discussione, potresti trovargli un nome adeguato ?....credo e spero che andrà avanti per un pò. Grazie
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  20. Concordo con Luke, il motivo fu prettamente economico, che motivo c'è in un economia socialista e chiusa (intesa come l'impossibilità del privato di commerciare con l'estero), di coniare monete in argento per la circolazione? Nessuno, è solo uno spreco. Faccio un piccolo riassunto. I sovietici con la riforma monetaria del 1922-24 crearono un doppio sistema monetario, il primo basato sul rublo che durante la guerra civile si era fortemente svalutato, ed il secondo basato sullo Chevronetz (moneta sia in oro che cartacea) pienamente convertibile in oro ed utilizzato prettamente per i pagamenti esteri. Dopo la grande guerra patriottica il rublo si trovò nuovamente inflazionato e si rese necessaria una nuova riforma monetaria, che prevedeva l'abolizione dello Chevronetz, del Rublo argento e dei suoi multipli, ed il cambio di 10 a 1 tra vecchi e nuovi rublo, venne quindi presa la decisione, rivelatasi poi efficace, di non coniare più monete in argento ed oro per la circolazione. Il rublo formalmente restò ancora legato all'oro 1 Rublo=0,222168 oro fino, dico formalmente perchè il privato cittadino non aveva il diritto di chiederne la conversione, potevano farlo solo gli stati con specifici accordi, in realtà i sovietici facevano gli scambi con l'estero utilizzando valuta pregiata straniera prevalentemente dollari USA. L'art. 24 della dichiarazione dei diritti dei popoli sovietici, recitava. La moneta d’oro e d’argento e la valuta straniera possono essere oggetto di transazioni solo nell’ambito dei limiti stabiliti dalle speciali normative. (che aggiungo io erano molto restrittive)
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  21. Un altro duro colpo (ma non certo definitivo) alla credibilità di John Big Tree lo diede lo scrittore numismatico Lee Martin, che nel suo libro Coins Columns, pubblicato nel 1966, pose l'accento sull'incapacità dell'Indiano a ricordare la sua età. Martin scrisse che quando era stato arrestato nel 1955 per guida in stato di ubriachezza, il Capo aveva dichiarato di avere 79 anni. Oggi sappiamo che, mese più mese meno, era l'età giusta, essendo nato nel 1877. Ma sette anni dopo proclamò di averne 92, che lievitarono a 97 nel 1964, l'anno dell'intervista a Esquire. Nel 1966, un anno prima della sua morte, erano saliti a 102, ma quello stesso anno, in un raduno della Texas Numismatic Association a cui era stato invitato, disse di averne 104 Evidentemente l'aritmetica non era il suo forte, notò Martin, aggiungendo che se l'Indiano aveva 79 anni nel 1955 avrebbe dovuto averne circa 36 nel 1912, quando, secondo il suo stesso racconto, iniziò a posare per la moneta. Iron Tail e Two Moons erano molto più vecchi. Martin argomentò che sembrava opinabile che uno scultore esperto come Fraser avesse usato un soggetto così differente dagli altri nella composizione della testa. Se, al contrario, concluse, oggi egli avesse davvero 102 anni, allora la sua storia sarebbe più credibile. Oggi, purtroppo per il Gran Capo, conosciamo la sua esatta data di nascita, e quindi possiamo dedurne, d'accordo con Martin, che i 36 anni che aveva nel 1912 erano troppo pochi per essere stato un credibile modello per il Buffalo nickel La stessa cosa fu notata qualche anno dopo da un altro scrittore, Clement Bailey, il quale osservò che John Big Tree aveva imparato bene la sua storia, ma nel raccontarla aveva anche inventato una "nuova matematica" petronius
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  22. Salve. Non credo sia una imitativa, ma sarei più propenso a considerarla una emissione ufficiale. Il fatto che non ci sia un segno di zecca non significa che non è ufficiale: molte delle monete di Carausio non lo portano e ancora oggi non si sa di preciso in quale città siano state coniate. E' una tipologia piuttosto rara, questa per Carausio, ma ne esistono altre con lo stesso Rovescio. Al Dritto io leggo regolarmente IMP e non IMC. Ecco la classificazione di un altro esemplare tratto dal web con il tuo stesso Rovescio: Autorità emittente: Carausio. D/ IMP CARAVSIVS P F AVG. Busto radiato, drappeggiato e corazzato a destra. R/ PAX AVG. La Personificazione della Salus stante a sinistra mentre nutre un serpente intorno ad un altare, reggendo con una mano lo scettro. Riferimenti: RIC VOL. V, PART II, No. 929-932 e 933. Zecca: Incerta del continente, probabilmente Rotomagus. Peso: 3,88 g. Diametro: 24,8 mm Esistono anche le imitative di questa tipologia, ma il cui peso è più basso (e non corrisponde con quello da te indicato), così come il diametro è inferiore. Ecco un'immagine di una imitativa dello stesso tipo tratta dal web (peso: 2,98 g. e diametro: 18,8 mm): Come puoi vedere tu stesso, oltre alle misure che sono inferiori, lo stile è diverso.
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  23. Mi fa molto piacere che sia stata data comunicazione sul ritrovamento di una spintria sulla riva del Tamigi, presso il ponte Putney Bridge. Confermo che un'altra spintria (con tipi diversi) fu trovata in G.Bretagna, ma più esattamente a Chelsea. La tessera è riportata su Spink Circular Numismatic, December 1979, n. 10129. Sono informato sul problema delle tessere romane con numerali (non solo con scene erotiche, dette appunto "spintriae", ma anche con ritratti imperiali e con altre raffigurazioni), che sto studiando da tempo per un Corpus. Ho già censito circa un migliaio di esemplari in collezioni pubbliche e private. Si tratta di un lavoro estremamente difficoltoso, sia per la presenza di un elevato numero di esemplari di probabile coniazione rinascimentale, di non pochi cloni più o meno moderni e anche da numerosi incroci di conio tra tessere con testa imperiale e con scena erotica. In altre parole, un conio con un numerale (per ogni numerale esistono da 5 a 8 conii) risulta essere utilizzato sia in combinazione con una testa di Augusto o di Tiberio oppure con una scena erotica, rivelando che fu una produzione piuttosto concentrata e probabilmente di breve durata, grosso modo coincidente con l'epoca di Tiberio. Molto probabilmente la produzione cessò sotto Caligola (le poche tessere con testa di Claudio I sono rinascimentali). Resta ancora un rebus la reale funzione di tali tessere, che probabilmente furono coniate a Roma. La lega in metallo è generalmente in oricalco, che era una lega pregiata e praticamente di competenza imperiale. Mi sembra riduttiva ed erronea la vecchia ipotesi che fossero utilizzate per pagare nei postriboli. Più probabilmente sono gettoni (almeno alcuni) regalati dalla famiglia imperiale o comunque dal suo ambiente agli ufficiali dell'esercito romano. I numerali, da AVG o I fino a XVI (con alcune eccezioni), sembrano corrispondere alle 16 legioni che erano presenti al tempo del tardo regno di Augusto (le successive tre legioni furono quelle distrutte da Varo e non più ripristinate). Un'altra complicazione è costituita dagli scarsissimi dati di ritrovamento. In Italia è noto un solo ritrovamento, in una tomba di Mutina (Modena) in ambiente riconducibile all'epoca di Nerone. L'esemplare ivi trovato però è risultato essere un esemplare fuso e dorato, quindi un probabile falso d'epoca. Alcune tessere, specialmente quelle rinvenute in Spagna, mostrano evidenti tracce di doratura e non poche sono forate per essere portare al collo, come a guisa di portafortuna. La cosa strana è che sembra che queste tessere non vengano trovate in Italia centrale e meridionale. I musei italiani da Napoli in giù non hanno reperti simili. Nel medagliere di Napoli ho rintracciato un solo esemplare, con inedito ritratto di Augusto, che però non si sa dove è stato trovato. A Pompeii, nonostante la relativa abbondanza di postriboli, non è stata rinvenuta alcuna tessera ! Tali tessere sono state segnalate in quasi tutte le province romane e perfino una spintria è stata trovata a Israele, ma in Italia, nisba! Queste tessere sono sempre state apprezzate e collezionate e quindi facilmente, almeno nelle vecchie collezioni, immesse nei musei, ma i musei italiani che contengono alcuni esemplari sono pochi, a Roma, Firenze, Bologna, Forlì (coll. Piancastelli), Padova e Milano (ce ne sono anche nella Galleria Estense di Modena, ma ancora non sono riuscito ad avere le relative foto!). Inoltre nelle poche segnalazioni di ritrovamenti i pezzi erano sempre isolati e non si conoscono ripostigli con più esemplari. Quindi è esistita una forte dispersione nel mondo romano, come se fossero portate singolarmente forse da ufficiali romani al rientro nei vari distretti sparsi nell'impero romano.
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  24. Monetiere in legno e velluto. Per me binomio imprescindibile ;) Ciao M.
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  25. be ma come fai a consumare una moneta soltanto per guardarla? :) con le dovute precauzioni non succede nulla. io quasi quotinianamente le guardo però le prende sempre e solo dal bordo e uso un guanto in cotone, in questo modo non gli succede niente alle monete
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  26. Oltre a queste osservazioni dal punto di vista "occidentale", è bene sottolineare anche il legame speciale tra la città di Costantinopoli e la Vergine, sua "patrona", rapporto che si estende alla figura dell'Imperatore. Sebbene tale relazione diventi del tutto esplicita dopo l'iconoclastia - in ambito numismatico ne è prova la moneta di Leone VI citata all'inizio da Arka -, già nella prima fase della storia bizantina numerose testimonianze letterarie descrivono la Vergine come la protettrice della Capitale e dell'Imperatore, soprattutto in ambito militare. Questa simbiosi tra potere e culto mariano è stata agevolata dalle molte reliquie della Vergine ricordate nelle fonti, presenti a Costantinopoli e conservate nel Palazzo imperiale e in monasteri della città sotto l'influenza del Basileus. Da qui il passo verso l'uso della sua immagine sulle monete. Per quanto riguarda la sua adozione in Occidente, personalmente sono dell'idea che vi siano stati due sviluppi paralleli e non intrecciati o dipendenti l'uno dall'altro, soprattutto considerando la diversa accezione della figura di Maria, con significato materno in Occidente, direttamente connessa all'Imperatore e alla sua autorità in Oriente.
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  27. Esattamente, negli scambi (a prescindere che riguardino monete o altro) non esistono delle regole precise che regolano la quantità degli oggetti scambiabili. Tutto si affida al buon senso di entrambi i collezionisti. Partendo dal presupposto che lo scambio dovrebbe essere quanto più equo possibile, sarebbero da evitare in partenza tutte quelle trattative intraprese al solo scopo di trarne profitto economico. L'unico guadagno che si può e si deve ottenere da uno scambio è quello di arricchire la propria collezione e non quello di arricchirsi economicamente. Una regola fondamentale negli scambi si basa sui principi di correttezza e di onestà, pertanto prima ancora di pretendere che gli altri siano corretti con noi, cerchiamo di offrire le stesse qualità che ci farebbe piacere vedere applicare nei nostri confronti. Per qualsiasi dubbio, ti suggerisco il topic "Guida agli scambi di monete" che si trova tra le discussioni importanti in questa stessa sezione. Per comodità riporto il link http://www.lamoneta.it/topic/59935-guida-agli-scambi-di-monete/, dacci un'occhiata! :) Benvenuta nel Forum e in questa sezione! ;)
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  28. Moneta indubbiamente interessante. Ad integrazione di quanto riportato da Adolfos , volevo sottolineare proprio la riattribuzione di questa moneta alla zecca di Amalfi ed la duca Marino (1096-1100) da parte della Travaini nel suo "La monetazione nell'Italia normannna". Riattribuzione poi confermata nel MEC 14. Ultimamente la moneta è stata descritta da D'Andrea Alberto nel volume "Le monete delle zecche minori della Campania volume I" e classificata al n°26 per la zecca di Amalfi a nome del duca e sebastos Marino e gli viene attribuita una rarità di R4.
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  29. Per l'impresa del libro in fiamme non vi faccio attendere molto... (oggi prevista grigliata tra amici :) ) . L’impresa del registro o libro in fiamme la troviamo sui carlini di Federico III d’Aragona accompagnata dal motto RECEDANT VETERA (Si allontanino le cose vecchie) e per la sua interpretazione bisogna andare indietro qualche anno, all’inizio della congiura dei Baroni e della guerra contro l’invasore francese. In quel frangente, molti nobili, venendo contro i loro obblighi, si schierarono dalla parte dei francesi causando la feroce reazione da parte di Ferdinando I d’Aragona. A distanza di qualche anno, finite le lotte contro i re d’oltralpe e per cercare di ristabilire l’ordine all’interno del regno e riappacificarsi con i baroni ribelli, Federico III d’Aragona fece in pratica quella che oggi chiameremo un’amnistia. Cancellando tutti i reati che essi avevano commesso in quel periodo e, pare, anche i debiti del popolo. Per rappresentare questa decisione, fu scelta proprio l’impresa del libro in fiamme, simboleggiando la distruzione di un ipotetico registro dove fossero indicati tutti i tradimenti e reati perpetrati contro il re. Facile quindi immaginare il significato del motto che rimarcava ancor di più la volontà del re di “allontanare le cose vecchie” e di ripartire in pace ed armonia. Allego immagine del Carlino in questione proveniente dall'asta NAC 35
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