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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 01/13/12 in tutte le aree
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Visto lo stato iniziale, prima di iniziare il vero restauro, il restauratore si è preoccupato di stabilizzare il più possibile il metallo procedendo prima con dei bagni per eliminare i sali insoluti in eccesso e poi con l'applicazione di benzotriazolo sulla zona di cancro attiva. Solo successivamente è cominciata la rimozione delle incorstazioni. Il restauratore ha così proceduto: protezione delle zone scoperte (laddove il metallo era già libero dalle incrostazioni o dove risultava essere già privo di patina) o dove la patina andava preservata con un protettivo, da rimuovere poi in seguito rapidi e ripetuti bagni in soluzione acida per ammorbidire e rimuovere alcune tra le incrostazioni dure rimozione del protettivo precedentemente utilizzato sulle zone da non trattare con la soluzione acida nuova stabilizzazione del metallo intervento meccanico con bisturi ed ablatore ad ultrasuoni a bassissima frequenza per rimuovere le incrostazioni più dure avendo cura di non intaccare il livello buono della patina da preservare (a tal proposito è stata preservata la patina marrone sottostante conservatasi al 90% mentre è stata rimossa la patina verde presente solo ormai in minima parte al dritto come si può vedere dalla prima foto) stabilizzazione del metallo. In seguito, dopo un naturale tempo di test della moneta in ambiente umido, il restauratore mi informa dell'avvenuto innesco di nuove corrosioni al R nella zona precedentemente curata e anche in altre zone precedentemente ricoperte dalle incrostazioni. Tale nuovo innesco ha quindi necessitato di una nuova ed approfondita operazione di stabilizzazione del metallo e conseguente trattamento con inibitore (benzotriazolo) per circa 48 h. Protezione esterna con Paraloid B72 e cerac microcristallina superficiale. Ore totali di lavoro effettivo del restauratore (non vengono conteggiate le ore in cui la moneta è rimasta nelle soluzioni per la stabilizzazione): circa 18 Costi attrezzature/materiali utilizzati (lame bisturi, soluzioni, etc): €154 punti
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Ma per stasera non ho finito qui...visto che nei giorni passati avevo lavorato ancora per voi ^_^ . Viste le difficoltà di distinzione nella prima tipologia di denari da me proposta soprattutto tra i gruppi Ia ed Ib, ho preparato questa tabella di raffronto con disegni che ho realizzato sulle fotografie digitali delle monete stesse, che spero possa esservi utile. Provatela e, nel caso funzionasse, potremmo modificare di conseguenza la descrizione delle caratteristiche dei due sotto-gruppi nel catalogo on-line, dove per ora la definizione forse è troppo schematica e c'è anche qualche problema nella caratterizzazione dei cerchi. Allora le principali differenze da osservare sono: - la porta urbica/imago civitas nel gruppo Ia è leggermente più quadrangolare e tozza e raramente tocca il cerchio; nel Ib tende appena ad essere più alta e tocca quasi sempre il cerchio, presentando gli angoli inferiori un poco "tagliati" -- nella croce si nota una leggerissima differenza nella forma, un poco più slanciata e talvolta con braccio orizz. più lungo nel gruppo Ib --- importanti sono la forma e sop. le terminazioni della lettera N, praticamente patenti nel gruppo Ia, ed invece segnate con piccoli apici nel gruppo Ib ---- la lettera V ha le aste più allargate e quasi sempre unite in fondo nel gruppo Ia, mentre nel Ib sono un poco più ravvicinate e sono separate in basso ----- la R è fatta come una sorta di r minuscola o a gancio con un leggero prolungamento nel gruppo Ia, anche se non sempre devo dire che è facile valutare se realizzato con uno o due punzoni (per questo per il catalogo on-line avevo riunito insieme i miei gruppi A1, A2 e A3 Carige 2010, e nel disegno vi ho messo le freccette). Invece nel gruppo Ib si vede chiaramente che ha sviluppato la gambetta, il più delle volte evidentemente realizzata con un secondo e separato punzone (punto segnalato da righetta rossa spezzata). * Comunque in generale nel gruppo Ib le lettere sono un poco più piccole e dimensionate, e presentano ritocchi di bulino o piccole punte alle estremità. ** Altre differenze nella posizione delle lettere in legenda e nei cerchi (ora riviste) sono segnalate nel disegno stesso. In attesa vostri pareri in merito, un caro saluto a tutt* :) MB3 punti
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ehm credo che il problema sia l'attribuzione del bottone... credo che tutta la diatriba sia nata da una semplice incomprensione... pogo dice che il bottone è sabaudo poichè apparteneva alle divise piemontesi prima durante e dopo il risorgimento e non aveva nulla a che fare con il meridione e le divise borboniche, mentre francesco ha travisato l'attribuzione di pogo credendo che l'aggettivo "sabaudo" sia riferito all'Italia unita, ecco il perchè delle domande sul periodo 1857 - 1861 Almeno è quello che ho capito2 punti
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Ti ringrazio Eros per la lettura fornita. Di sicuro è esatta la tua catalogazione, ma io resto dubbioso sull'originalità della moneta. Ha uno stile troppo "elementare", in particolare il ritratto del sovrano, sembra quasi disegnato dalla mano di un bambino... troppo diverso da quello degli altri denari. Io pendo per il falso d'epoca, il che renderebbe il tondello sicuramente più interessante. Come hai fatto notare peso e diametro ci sono... ma se si trattasse di un falso dell'epoca vorrebbe dire che, anche se si trattava del nominale più basso all'epoca in circolazione, qualcuno cmq ne traeva vantaggio a falsificarlo. Questo denaro nasceva da una lega con un bassissimo contenuto d'argento. La libbra di zecca di 12 once per produrlo era composta da 11 once e 3 sterlini di rame e da 17 sterlini di argento e con questo rapporto aveva un cambio di 3 per un tornese e di 60 per un carlino (denarioli vel obuli ad rationem de tribus pro quolibet tornense, et de sexaginta proi quolibet carleno recipiantur et expendantur). Successivamentela lega fu ridotta a soli 12 sterlini d'argento e once 11 e 8 sterlini di rame e questa riduzione comportò il dimezzamento del valore del denaro che veniva quindi scambiato 6 per un tornese e 120 per un carlino. In base a questi dati potremmo ipotizzare che all'epoca, nonostante oggi possa sembrare strano, a qualcuno convenisse fare questo falso. Infatti il contenuto basso di fino, difficilmente riscontrabile oggettivamente nel tondello, poteva invogliare qualcuno a falsificare il denaro abbassandone ulteriormente il contenuto d'argento (in questo caso imitando quello che spesso si faceva in maniera fraudolenta in zecca :P) oppure a coniarlo in puro rame (ed in questo caso anticipando i tempi :P). Trattandosi di uno spicciolo, sicuramente non era soggetto a scrupolosi controlli da parte di chi lo riceveva ed il gioco era fatto. In altre zone sono noti poi i casi in cui alcuni spiccioli, anche se riconosciuti come falsi, continuavano a circolare e venivano accettati nelle piccole transazioni... Che altro aggiungere... si tratta ovviamente di ipotesi e come tali vanno considerate. Magari poi quella sera l'incisore del conio aveva alzato troppo il gomito e noi qui ora dopo più di 500 anni stiamo a discuterne :D. Quello che invece mi ha fatto piacere di leggere in questa discussione è la storia che si cela dietro le monete e che spesso non viene raccontata. Questa volta è stato fatto (magari mi auguro anche che continui), ed è stato fatto su un post di uno spicciolo dell'epoca, moneta del popolo, solitamente trascurate dai più. Rubo una frase fatta dall'utente corsodinazione in un post nella sezione medievale: "immaginate se questa moneta fosse un CD. Messa in un lettore ne avrebbe di cose da raccontare" Ora la moneta chiaramente non può parlarci, ma può farlo attraverso noi ed in questo ringrazio Layer1986 per aver dato l'input e junomoneta per aver continuato.2 punti
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PARTE PRIMA - IL BALUARDO DELLA ROMANITA' <<Muovetevi scansafatiche! Voglio quelle baliste in posizione entro oggi!>> <<Lì, quelle munizioni! Avanti!>> <<Cosa succede, signore? Mi avete mandato a chiamare?>> L'optio si irrigidì appena arrivò alla postazione, salutando il superiore. <<Sì, Plauto.>> rispose il centurione, smettendo per un attimo di sbraitare ordini alla massa di armati che manovrava intorno alle macchine << Il legato ha stanato l'ultimo gruppo di quei selvaggi. Ha ordinato un attacco decisivo e il nostro compito è quello di coprire l'avanzata della fanteria>>. spiegò Rutilio con la solita calma che lo prendeva sempre prima di una battaglia. <<Finiamo di mettere a punto un altro paio di particolari e procediamo>> concluse. Anche se il sole si iniziava a salire in un freddo cielo plumbeo, l'aria non accennava minimamente a divenire più mite: l'alito degli uomini si condensava in piccole nuvolette di vapore che uscivano dalle bocche e dai nasi quando si effettuavano sforzi o si respirava semplicemente. Il tintinnio delle armi ricopriva ogni altro rumore e nella postazione dell'artiglieria sotto il comando del centurione Quinto Rutilio ferveva un'incredibile attività. <<Bene, signore.>> L'optio si congedò sapendo cosa doveva fare. L'ufficiale era felice di avere un sottoposto così abile nonostante la sua giovane età. Sarebbe diventato un ottimo elemento, quel Plauto, un giorno. "Forse sarà capace addirittura di prendere il mio posto" pensò tra sè il centurione. Sorrise senza darlo a vedere, soffiò un po' nelle mani chiuse a pugno nel vano tentativo di scaldarsi:<<A destra quei bracci! Servono per quelle macchine!>> Imbracciò il bastone di vitigno e scese lungo una breve collinetta da cui si dominava tutta l'ampia vallata verdeggiante sottostante. Nonostante fosse ricoperta di nebbia, Rutilio sapeva che il legato aveva scelto bene: quello era il posto migliore per affrontare l'ultimo gruppo di barbari. Ciò che rimaneva di una potente e pericolsa orda di Rezi e Vindelici. La loro fama di guerrieri impavidi e coraggiosi sarebbe caduta una volta per tutte all'ombra di quegli alti monti severi che incorniciavano la Provincia. Un ghigno di soddisfazione si dipinse sul volto rigoso del centurione che si infilò i pollici nel centurione. "Gliela faremo vedere a questi selvaggi, gliela faremo vedere". Nè la nebbia nè il freddo accennavano a scomparire. Fortunatamente qualche raggio di sole aveva penetrato le nubi nel cielo terso riscaldando almeno l'animo teso degli addetti alle baliste. <<Tutte le macchine sono montate, gli artiglieri in posizione e le munizioni sono state ripartite, signore>> L'optio era ritornato al fianco del centurione ammirando con occhio esperto i macchinari e gli uomini immobili sotto di lui. Appena sarebbero entrati in azione avrebbero dovuto fare più vittime possibili anche perchè il nemico non si aspettava una copertura così ben congeniata. <<A che distanza sono le coorti di fanteria?>> chiese all'improvviso Rutilio. <<Arriveranno tra qualche ora, signore. I legionari del legato Claudio Druso hanno ricevuto rinforzi da parte dei reparti di suo fratello, Tiberio>>. L'optio sembrava rassicurato da quella notizia. La maggior parte degli uomini era sempre poco sicura prima di una battaglia: questa volta non facevano eccezione neanche i suoi uomini, notò Rutilio vedendo alcuni legionari spostare il peso del corpo da un piede all'altro a causa del nervosismo. <<Benissimo, Plauto. Intanto prendi un paio di uomini con l'ordine di avvisarci quando dovremo iniziare. Capito?>> <<Sì, signore>> <<Io mi occuperò degli artiglieri>> <<Bene, signore. E' tutto?>> <<Sì, vai ora>> Plauto scattò sull'attenti, rigido come sempre e poi trotterellò via per eseguire gli ordini. Rutilio si avvicinò ai responsabili dei gruppi di legionari radunati intorno ad ogni balista: parlava con loro, gli dava le ultime istruzioni, chimanadoli per nome e battendo loro un'amichevole pacca sulla spalla provocando il consueto rumore di ferraglia quando il palmo della mano impattava con la cotta di maglia. Continuava promettendo onori e promozioni ai vincitori dello scontro imminente e facendo pregustare ai sottoposti le decorazioni che tanto bramavano di stringere al petto con orgoglio. Passò in rassegna quasi tutte le postazioni quando, improvvisamente, vide venire verso di lui un legionario disarmato a passo svelto che gli si fermò a pochi palmi dal naso salutando militarmente con gran fracasso. <<Allora?>> Rutilio ignorò quasi il segno di rispetto che gli veniva presentato di consueto. <<Signore, l'optio mi ha incaricato di avvisarvi che i legionari sono arrivati: il legato Claudio Druso e suo fratello sono giunti al campo e stanno finendo di schierare le coorti nella vallata. Mi ha anche incaricato di dirvi che al suono della prima buccina che udirete dovrete far partire il tiro di copertura>>. <<C'è altro?>> <<No, signore>> <<Congedato!>> Il centurione lo allontanò con un cenno della mano. La nebbia si era vistosamente diradata ma persisteva nello spazio sottostante. Sarebbe stato difficile distinguere e centrare i nemici tra quei banchi. Ma la sua unità era stata scelta appositamente per quell'incarico: aveva in dotazione le migliori baliste della legione con il personale meglio addestrato ed equipaggiato. "E' tutto nelle nostre mani: Roma ci guarda!" Rutilio raddrizzò la schiena incrociando le mani dientro di essa, si posizionò in un punto dove potesse tenere tutto sotto controllo e poi aspettò il segnale. Sarebbe arrivato da un momento all'altro e questo significava che i Rezi e i Vindelici erano già stati avvistati. Rutilio non sentiva ancora niente. Ora si era alzato anche un vento fastidioso che non avrebbe giovato minimamente alla comunicazione acustica tra i reparti. Nonostante ciò, continuava a tenersi in allerta per cogliere anche il più piccolo sibilo. Quando arrivò fu improvviso e deciso: il suono, composto da due sole note, secche e prolungate, si diffuse per tutta la vallata infrangendosi, poi, dritto sulle pareti rocciose delle montagne. Non vi erano dubbi: i barbari stavano avanzando e i legionari del legato erano pronti. Ora toccava a lui. <<Uomini, caricate!>> L'ordine fu ripetuto più volte, iniziando dal suo optio Plauto. Decine di assi di legno si mossero quasi all'unisono provocando un assordante rumore mentre le matasse si attorcigliavano facendo tendere i bracci di carico delle macchine. Ogni legionario aveva già preso un dardo pesante colla punta acuminata che brillò severa al leggero sole. Mentre veniva posizionata lungo la rampa di lancio un altro addetto si occupava di fissare il meccanismo di lancio ad una corda. I responsabili delle baliste supervisionavano le azioni pronti a ripetere i comandi gridati dai superiori. Rutilio attese per un attimo, il tempo necessario che tutti gli artiglieri avessero caricato le loro batterie. <<Tirate!>> Con un tonfo deciso il meccanismo di lancio fu sbloccato e i bracci furono sbalzati indietro con violenza, fermandosi negli appositi spazi per contenerne l'impeto. Le matasse si allentarono e i dardi partirono con incredibile velocità piantandosi nel terreno verde della valle. I legionari ancora non avanzavano, ma ora sia Rutilio che Plauzio poterono sentire le urla di sfida che i Rezi e i Vindelici lanciavano agli avversari. <<Quanti saranno, signore?>> Plauto sembrava davvero interessato. <<Spero abbastanza per i nostri dardi>> Rutilio non distolse lo sguardo concentrato dall'orizzonte incerto. Gli artiglieri presero nota del lancio appena effettuato per regolare la distanza e la gittata di ogni macchina. Regolarono quelle che ne avevano bisogno, abbassando o alzando i supporti delle baliste. <<Più precisi sulla sinistra, Cassio!>> Il centurione urlò impietosamente al reponsabile dell'ala sinistra. Grida. Fracasso di armi. Canti lugubri e incomprensibili per i Romani. Si levarono all'improvviso facendo gelare il sangue nelle giovani vene di Plauto: migliaia di barbari spuntarono dalla nebbia sparpagliati su tutto il pianoro lanciando insulti alle schiere avversarie. Alcuni provocavano i Romani avanzando fino a rientrare nel tiro dei pila dei legionari, mostrando i petti protetti da corte cotte e piastre metalliche. Rutilio vide che nessuno dei soldati di Druso si mosse e tutti rispettarono la propria posizione. <<Sono sotto tiro, signore>> Lo informò Plauto. <<Vedo.>> Poi rivolto agli artiglieri:<<Avanti! Tirate senza pietà e abbattete quei cani!>> L'ordine fu appena diffuso che subito i bracci si ritesero, furono caricati e scattarono feroci contro i nemici. I dardi si alzarono in aria raggiungendo il punto più alto della parabola che disegnavano nel cielo. Sembrò che rallentassero per un attimo per poi riprendere ancor più veloci la loro corsa fendendo la nebbia e schiantandosi tra le schiere dei barbari. Alcuni colpi andarono a vuoto e si conficcarono nel terreno o si spezzatono sulle rocce, ma molti altri andarono a segno: alcuni Rezi, che occupavano la parte destra dello schieramento nemico, furono infilzati a due a due, altri furono sbalzati addosso a coloro che li seguivano. Grandi voragini si aprirono anche dalla parte dei Vindelici, ma i barbari sembravano non curarsene e avanzarono correndo verso i ranghi immobili di Druso e Tiberio. Questi, appena visti i nemici urlanti costituire la vera minaccia, ordinarono di serrare i ranghi e prepararsi per subire la carica. <<Continuate, dannazione! Non è abbastanza: voglio vedere più morti impalati su quei dardi!>> Rutilio era deciso a non sminuire la fama di cui godevano i suoi uomini: li aveva addestrati quasi tutti personalmente, quando era responsabile delle nuove reclute, e si era affezionato ai sopravvissuti che ora si trovavano per l'ennesima volta uniti a fronteggiare la morte assieme. Nuovo carico, nuovo tonfo, nuove urla di dolore che si andarono a mischiare con quelle di battaglia. Questa volta i vuoti tra i nemici furono maggiori, ma ancora insufficienti: quattro uomini inciamparono su un solo dardo conficcato al suolo e caddero a terra calpestati dai compagni che correvano come furie con gli occhi rabbiosi iniettati di sangue. Lo stesso sangue che iniziava a bagnare l'erba del pianoro rendendola viscida e pericolosa addirittura per i calzari chiodati dei legionari. Centinaia di elmi brillarono sotto un pallido sole e altrettanti pila si alzarono in volo conficcandosi nelle parti scoperte dei corpi dei Rezi e dei Vindelici, spesso rendendo inutilizzabili piccoli scudi e perforando piastre e armature. Le baliste di Rutilio lanciavano dardi senza sosta. Abbattevano quanti più nemici potevano ma questi non si arrestavano. Sembravano diavoli inarrestabili che non avevano nulla da perdere: sarebbero morti comunque, lì o a Roma come prigionieri; tanto valeva cadere con onore impugnando la propria arma nel tentativo, vano peraltro, di opporsi alla più grande superpotenza del mondo. L'ultimo tiro fu quello più micidiale: un'intera linea di barbari fu colpita interamente lasciando sul campo una scia di cadaveri ridotti ad una irriconoscibile poltiglia sanguinolenta. <<Fermi!>> Rutilio osservò ancora per qualche istante i Rezi e i Vindelici avanzare fino a cozzare contro la linea formata dalle coorti romane. A quel punto la sua squadra poteva fare ben poco: altri tiri di balista sarebbero stati inutili, giacchè avrebbero messo a repentaglio anche la vita dei suoi stessi commilitoni a valle che stavano fronteggiando in uno spietato corpo a corpo quei feroci ed implacabili selvaggi. Gli artiglieri si immobilizzarono accanto alle macchine mentre Plauto si asciugava alcune goccioline di sudore freddo che gli imperlavano la fronte. Rutilio se ne accorse: tutti gli uomini avevano fino all'ultimo muscolo teso fino all'inimmaginabile. La tensione aleggiava nell'aria e vi si poteva respirare assieme, ancora più fredda e palpabile. L'ultima immagine che Rutilio conservò di quella giornata fu il movimento rotatorio della lama di un gladio che cadeva sulla testa di un Vindelico protetta da un elmo di bronzo conico: la protezione andò in frantumi, ma la lama non si arresto e fracassò il cranio dell'uomo. Schizzi di sangue e di materia cerebrale circondarono il tutto in un alone viscido e appiccicoso.1 punto
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Ricollegandomi all'interessante discussione "Parere su sesterzio di Traiano" vorrei sottoporvi un esempio di acquisto+restauro su un sesterzio di Caligola. La moneta è stata venduta da una rinomata ditta del settore ma, prima che questo avvenisse, la stessa è rimasta ignorata ed invenduta per più di un anno. Per tutto questo tempo la stessa è stata anche proposta ai vari convegni numismatici nazionali sempre senza attirare mai l'attenzione su di se. Il prezzo di vendita so essere stato 150€ iva compresa e con regolare fattura. Ho voluto percorrere tutto il percorso di restauro al fine di poterne dare testimonianza qui sul forum ed ho chiesto di avere una foto del prima e del dopo che ora allegherò. Come si può facilmente vedere dalla foto, lo stato iniziale era piuttosto compromesso e la moneta ricoperta da numerose incrostazioni dure non rimovibili con un semplice spazzolino. Insomma una moneta che necessitava un vero restauro. Sempre dalla foto è visibile anche un punto piuttosto esteso di cancro attivo al rovescio.1 punto
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Nel porgervi gli auguri di un anno sereno ,vorrei approfittare di lasciare un segno di speranza per il collezionismo numismatico italiano, visto che di segnali positivi ne vedo purtroppo pochini. Nel vederli nello studio del noto commerciante facevano tenerezza, lui anziano con la mano sulla spalla sul ragazzino, parlavano con grande dimistichezza di numismatica romana imperiale ; nonno e nipotino,uno strano caso, ma a volte capita, la passione numismatica salta spesso una generazione. Il commerciante mi invita a partecipare alla fase finale del loro congedo e me li presenta : lui buon collezionista di monete romane, il nipotino che passa il pomeriggio da lui,fa i compiti con lui,impara da lui,alla fine si appassiona anche di numismatica, romana ovviamente. Il commerciante additando il ragazzino dice, questo è un fenomeno sa lui più di me,invece di collezionare come i suoi coetanei le figurine dei calciatori Panini, lui colleziona i denari degli imperatori romani, ormai li ha quasi tutti e di tutti sa tutto, vita, morte e miracoli. Il nonno spiega che il collezionismo numismatico di un certo periodo storico lo ha portato a conoscere con grosse motivazioni la storia di questo importante periodo della nostra storia, sono orgoglioso di lui. Il ragazzino è ovviamente sveglio,è ovviamente saccente,ma vuole conoscere, studiare, apprendere. Li saluto cordialmente, complimenti a entrambi, a volte, un nonno presente, propositivo e un ragazzino disposto ad apprendere creano una miscela esplosiva e quasi impossibile, il formare un nuovo, giovane e consapevole collezionista italiano. E mentre li vedo uscire ridendo parlando di Traiano, dico al commerciante, beh dai forse possiamo ancora sperare, nulla è perso.....,qualche segnale positivo c'è ancora, e allora auguri e speranza a tutti ! Mario1 punto
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PARTE TERZA - LA FINE DI UN MITO <<Cosa ne facciamo, console?>> Il tribuno laticlavio, rivestito dell'armatura da parata al cospetto del console in carica, additò ferocemente i due barbari fatti inginocchiare ai suoi piedi e circondati da tre legionari ed un centurione. I due Germani non appartenevano alla stessa gente: l'uno, quello a sinistra, era un esponente dell'alta aristocrazia guerriera dei Catti, l'altro dei Cherusci. Nonostante le loro vesti fossero ridotte a luridi brandelli e non indossassero più protezioni o armi di alcun genere, i due barbari osavano ancora sollevare lo sguardo di ghiaccio, spostandolo da un ufficiale all'altro. Druso, da parte sua, sedeva immobile sulla sedia curule in un atteggiamento ieratico con la sua statura imponente, modellata ancora meglio dalla lorica muscolata che portava a protezione del petto: i decori scintillavano sotto la luce del sole e la veste color porpora che gli ricopriva il resto del corpo rimaneva ferma nell'aria immota. Forse proprio in quel periodo i soldati al suo comando stavano godendo a pieno del tempo mitigato dopo parecchie stagioni avverse. <<Sfileranno dietro il mio carro>> Le parole del console suonarono per i barbari come la richiesta di una condanna a morte: i due non comprendevano la lingua dei Romani, ma ne intuivano perfettamente i comportamenti in base all'intonazione della voce che questi gli davano. Il catto si agitò improvvisamente: sgranò gli occhi e sbuffò carico d'odio per quegli altezzosi stranieri che lo avevano sconfitto e avevano costretto alla fuga i suoi alleati Marcomanni. Tutti videro le catene scuotersi producendo un rumore sinistro di ferro. Anche il centurione lo vide: impugnato con forza il vitigno lo abbattè senza pietà sulla schiena del catto spaccando in due il bastone. Il barbaro, in ginocchio, grugnì, contorcendosi per il dolore. L'altro non fiatò neanche. Il tribuno gettò uno sguardo soddisfatto al centurione. Costui lo ricambiò con un sorriso a denti stretti. <<Questo è quanto. Per oggi finiamo qui: portateli via>> Il centurione diede ordine ai legionari di prelevare i preziosi prigionieri che, avanzando, li sollevarono bruscamente e, messili in piedi, li spinsero in avanti facendoli arrancare con gli arti incatenati. Mentre il piccolo gruppetto si allontanava, sullo sfondo dell' acquartieramento della legione in fermento, Druso si alzò e si avvicinò al tribuno:<<Dai le ultime disposizioni della giornata: fai radunare i nostri caduti e portare i feriti in infermeria. Lascia imputridire sul campo i cadaveri dei nemici: che gli serva da lezione.>> <<Sì, console. Vado subito.>> Il tribuno salutò con etrema deferenza e poi trotterellò via, simulando un passo di marcia. Alle sue spalle il segretario rimaneva fermo con la sua tavoletta cerata in una mano e lo stilo d'ottone nell'altra. <<Per quanto saranno pronti?>> chiese il console voltandosi verso di lui, mentre un paio di attendenti portavano nel Pretorio la sua sedia. <<Dai rapporti che ho ricevuto, signore, saremo pronti entro dopodomani: i preparativi sono in corso e non tutte le unità sono state ancora rifornite adeguatamente dopo la battaglia.>> Gettò un occhio sulla superficie levigata della tavoletta:<<Ad esempio, la seconda centuria, signore: ha subito molti più danni rispetto al resto dei reparti e mancano all'appello una decina di legionari con tutto il loro equipaggiamento.>> Diede un'altra scorsa veloce ai graffi incisi nella cera solidificata:<<Mancano, inoltre, alcune armi di ricambio e altre si dovranno necessariamente riparare>>. <<Solita prassi, quindi...>> Quella del console sembrava quasi una riflessione personale. <<Sì, signore, su più ampia scala, ma si tratta proprio di ordinaria amministrazione>> Il segretario schiuse la tavoletta e, con lo stilo, l'appese alla pesante cintura borchiata. <<C'è altro?>> <<No, signore.>> <<Bene. Allora concludiamo in bellezza questa giornata>> Le due figure si avviarono verso il centro dell'accampamento fortificato rimanendo riconoscibili solo a causa dello spazio che i legionari e gli ufficiali lasciavano al loro passaggio. <<Un, due...>> I calzari chiodati battevano sul terreno erboso calpestando tutto ciò che intralciasse il loro cammino. Tutti i legionari sopravvissuti alla battaglia contro i Germani, voluta per l'ennesima volta dal console in persona, dopo un breve riposo, si erano dati all'allenamento. la marcia a pieno carico serviva, in questo caso, per fortificarli in vista dell'immane fatica che li attendeva il giorno seguente. Plauto affiancò il suo centurione: entrambi reggevano i bastoni in base al loro grado:<<Allora, signore, gli uomini si sono rivelati all'altezza del compito?>> Il suo interlocutore soffiò lievemente:<<Fino ad ora non possiamo lamentarci, Plauto.>> Indicò la colonna di uomini sudati che marciava silenziosa e disciplinata dietro di lui:<<Guardali: reggono bene la fatica e non fiatano neanche.>> <<Il sogno di ogni centurione, immagino, signore>>. Plauto aveva quasi sussurrato. <<Ben detto, ragazzo. >> Rutilio si impettì abbozzando un sorriso ampio e solare:<<Avanti, uomini: un, due, un...>> Il frastuono degli uomini in marcia colle loro furcae sulle spalle e gli scudi in mano si diffondeva nel territorio desolato che circondava il campo: i genieri e gli agrimensori, prima di stabilire il punto idoneo per la sua costruzione, avevano armeggiato a lungo con i loro strumenti e avevano fatto disboscare la zona circostante. Rimanevano pochissimi alberi nei dintorni, ma la vegetazione rimaneva fitta e rigogliosa, soprattutto in lontananza. <<Altre tre miglia e poi si ritorna al campo!>> Rutilio interruppe momentaneamente il ritmo del passo per gridare l'ordine ai soldati che lo seguivano. Nessuna voce espresse l'esultanza per quella notizia: in realtà, i legionari sapevano che il peggio doveva ancora venire. E lo sapeva anche Plauto che ringraziò gli dei per avergli risparmiato la fatica della furca. Ripensando ai suoi pochi anni trascorsi sotto le Aquile come legionario le marce di addestramento in tenuta completa erano uno degli incubi principali di ogni soldato: estenuanti, dolorose e, a volte, lunghe, potevano far allettare una recluta in meno di mezza giornata. Fortunatamente con la promozione ad optio le marce erano più leggere per lui, ma la vita del soldato era dura e non sapeva fino a quando avrebbe resistito, se non sarebbe morto addirittura prima del congedo. Rutilio lo fissò per un attimo e si accorse del suo cipiglio pensieroso: <<Cosa c'è, Plauto? Qualcosa non va?>> Il suo atteggiamento era quasi paterno nei confronti del suo subordinato. <<No, signore>> L'optio si destò improvvisamente, quasi come se si fosse appena destato da un sonno leggero:<<Va tutto bene, signore, grazie per l'interessamento>> Rutilio sorrise ed alzò la voce con il suo tono da piazza d'armi:<<Colonna, alt! Si torna indietro! Avanti, in marcia!>> Una volta invertita velocemente la direzione, la colonna di legionari si allungava sul terreno spoglio alla stregua di un piccolo ma letale serpente velenoso. Così, producendo altro rumore per lo sferragliare dell'equipaggiamento e la forza dei passi impressi sul suolo, i Romani scomparvero pian piano nell'aria quasi impenetrabile del tardo pomeriggio portandosi dietro tutto il loro suggestivo e originale fracasso. Migliaia di elmi scintillavano sotto un debole sole. L'alba era appena sorta e il campo fortificato, che ogni contadino o allevatore germano poteva ammirare fino al giorno prima, era ormai scomparso, lasciando sul terreno solo la sua forma, una cicatrice carica di Romanità in un territorio che ne avrebbe avuto urgente bisogno. I legionari erano taciturni e immobili. Gli unici che si muovevano con una certa disinvoltura erano gli ufficiali dello stato maggiore che componevano la turba che spesso e volentieri circondava il console. La legione era pronta per la marcia: si erano preparati con particolare attenzione per quell'evento e Rutilio gettò un'occhiata alla centuria allineata alle sue spalle. Plauto, come previsto, aveva preso posizione dalla parte opposta per diffondere gli ordini del suo superiore. Rutilio vide il console posizionarsi al centro della colonna disposta in posizione per la marcia e subito ne seguì uno squillo di buccina. Quel suono fu ripetuto un'infinità di volte, coorte dopo coorte. La legione poteva avanzare. L'impresa tanto agognata dai più ambiziosi ufficiali aveva inizio. Furono gridati ordini, gli uomini avanzarono all'unisono. Ogni passo sul territorio germanico era un sacrificio per Roma e per la sua civiltà. Rutilio ne era consapevole e stava con gli occhi fissi puntati sui suoi soldati per controllare il loro andamento. "E sarà necessario che lo mantengano bene" pensò il centurione guardando in avanti: il territorio pianeggiante, circondato da grandi massi e costellato di fiumiciattoli, aspettava solo i chiodi delle loro suole. <<Fortunatamente nessun germano in vista>> Rutilio sembrava di buon umore quella mattina. <<Strano che non abbiamo attaccato una colonna in marcia>> <<Un'intera legione?! No, Plauto, è questo il punto: siamo tanti e siamo armati di tutto punto. Quei selvaggi se la staranno facendo addosso rintanati nei loro squallidi tuguri>> <<Sarà...>> Erano giorni che ormai marciavano fermandosi solamente per le soste necessarie. Il console stava realizzando uno dei suoi grandi sogni: sembrava che le sue idee fossero le stesse che nutrivano i grandi governatori di Roma. Sicuramente i barbari che popolavano quelle regioni erano a conoscenza della legione in movimento: alcuni esploratori avevano riportato la notizia di fattorie di Cherusci i cui abitanti erano fuggiti abbandonando gli edifici. Sulla destra del paesaggio si ergeva un massiccio montuoso interamente frastagliato che declinava nettamente verso nord dove scorrevano placidamente alcuni corsi d'acqua che favorivano la vita in quei posti altrimenti invivibili. Avevano ricevuto l'ordine di proseguire fino all'ansa di un fiume che scorreva a sud e di doppiarla, potendo così raggiungere un pianoro alle cui spalle si stendeva, placido, l'Albis. Mentre camminavano, i legionari si voltarono verso destra attirati da un'ennesimo fiumiciattolo. <<Quanta acqua scorre da queste parti?>> La curiosità del centurione era motivata ed evidente. <<Parecchia, signore: c'è un fiume ad ogni passo>> I due ufficiali risero portando avanti gli uomini. Il resto della legione li seguiva. Da quando erano stati assegnati ai reparti della fanteria costituivano il corpo d'avanscoperta della legione e tutto questo prestigio aveva inciso notevolmente sul morale di Rutilio. <<Ci siamo quasi, signore>> Un battistrada appiedato era tornato a fare rapporto:<<Poco oltre si apre il pianoro.>> <<Movimenti?>> <<No, signore. Apparentemente nessun germano in vista>> <<Che significa "apparentemente"?>> Sbraitò il centurione <<Non conosco questa parola. Torna indietro e fila a perlustrare la zona palmo dopo palmo! Subito!>> <<Si, signore>> Evidentemente turbato l'uomo si allontanò in tutta fretta dopo aver scambiato un rapido saluto. "Che idiota!" <<Attenzione al fianco destro!>> Tonfi. Urla di dolore. Feriti che ricadevano sui cadaveri che giacevano al suolo. <<Resistete!>> Rutilio aveva raccolto attorno a sè l'intera centuria. In lontananza le acque dell'Albis scintillavano screziate dalla luce giallastra del sole. I barbari sbucavano dal sottobosto a centinaia. Abbattuto uno ne spuntavano altri tre. I Suebi erano usciti dal sottobosco appena avevano visto l'avanguardia romana raggiungere le sponde del loro grande fiume. La testa di un'ascia si fece spazio tra i ranghi che a stento si mantenevano serrati. Decapitò un legionario il cui corpo ricadde a terra imbrattando l'erba al suolo tra sussulti involontari che presto si fermarono. Fracassò le assi di legno di uno scudo, mozzando di netto la mano del soldato che lo reggeva. Uno stridulo grido si levò dalla sua bocca che fu subito soffocato da una lama che un ragazzino germano era riuscito a infilzargli nel basso ventre, arrivando a lesionare gli organi interni in profondità. Seguendo quella tattica i barbari stavano facendo un egregio lavoro: molti legionari erano stati uccisi o feriti gravemente e tutti coloro che venivano abbandonati e non portati al riparo dietro il muro di scudi presentato dai Romani era spacciato. In pochi minuti una miriade di Germani li assalivano mettendo fine alle loro sofferenze in un modo ancora più atroce. Rutilio si rese conto che doveva fare qualcosa. E alla svelta. Gli si parò dinanzi un grosso Suebo che, con un ghigno feroce, mostrò i denti che si rivelarono gialli e per la maggior parte marci. Chiunque si sarebbe tirato indietro a quell'orribile visione, ma il centurione non poteva permetterselo, così come ogni singolo legionario che stava combattendo per la vita su quel lembo di terra ai confini dell'Imperium. In lontananza svettavano le insegne e le aquile della legione che stava accorrendo in loro aiuto. Il barbaro si gettò in avanti tentando un affondo con la sua lunga spada, prima di rotearla, cercando un punto debole tra le protezioni che rivestivano il graduato. Rutilio, da parte sua, si difendeva come poteva, parando i colpi con il gladio e con lo scudo. Quando passò al contrattacco il nemico si rivelò molto più resistente di quanto avesse immaginato: il centurione caricò l'avversario con lo scudo. L'umbone colpì il ventre dell'avversario spingendolo indietro e facendolo rimanere senza fiato per l'impatto. Un attimo dopo Rutilio gli piantò la punta del gladio tra le clavicole squarciando tutti i tessuti. Quando estrasse l'arma dalla ferita mortale, il barbaro si accosciò a terra senza emettere un solo grugnito, osservando il proprio sangue che sgorgava a caldi fiotti dalla ferita aperta. <<Continuate! Non dategliela vinta! Arrivano i nostri!>> Rutilio cercava in tutti i modi di incoraggiare i suoi. Plauto aveva appena abbattuto un Suebo muscoloso alto minimo il doppio di lui. <<Non possiamo resistere ancora a lungo!>> urlò l'optio per sovrastare il clangore della battaglia, avvicinandosi. <<Portiamo gli uomini con il fianco al fiume: saremo più protetti!>> I due ufficiali fecero il possibile per conquistare la posizione prestabilita, ma ci riuscirono a caro prezzo: una scia di morti e di feriti giacevano al suolo scomparendo sotto i passi veloci dei germani che avanzavano assetati di sangue e vendetta. L'optio e il centurione combattevano fianco a fianco, respingendo ogni nemico che si accostava loro. Improvvisamente il terreno iniziò a tremare sotto i piedi di entrambi gli schieramenti: il combattimento attraversò un attimo di stallo. Gli equiti piombarono inaspettati alle spalle dei Suebi facendo strage: prima abbatterono un gran numero di nemici con le lance per poi sfoderare le spathae da cavalleria e gettarsi tra i nemici, troncando arti, mozzando teste e trafiggendo petti scoperti. <<Caricateli!>> Rutilio conobbe immediatamente la voce: il console Druso era arrivato personalmente in loro aiuto, capovolgendo le sorti della battaglia, guidando una carica tempestiva ed etremamente efficace. Merito del centurione era stato quello di far voltare i nemici verso il fiume, in modo che non vedessero sopraggiungere i Romani. <<Non vi fermate!>> Anche Plauto incitava gli uomini a stringere i nemici in una morsa. I legionari non se lo fecero ripetere due volte: si scagliarono contro i nemici con ferocia e desiderio di vendetta rinnovati. Quelli che fino a pochi minuti prima erano delle prede ora diventavano predatori. Alcuni guerrieri iniziarono a fuggire terrorizzati, ma molto altri non ci riuscirono e tentarono perfino di gettarsi nelle fredde acque dell'Albis per sfuggire alle spietate lame dei Romani. Nella confusione della battaglia un energumeno armato di lancia si piantò dinanzi al cavallo del console facendolo spaventare. Rutilio se ne accorse e vide anche che il comandante non riusciva più a tenere sotto controllo l'animale. Uno schizzo di sangue imbrattò il muso della cavalcatura rendendola ancora più irrequieta. Rutilio si piombò in avanti e trafisse al ventre un suebo prima di trovarsi a sfidare il lanciere che minacciava il console. Druso fece appena in tempo a scartare di lato prima di scomparire dalla scena. Il duello tra il centurione e il barbaro durò a lungo: ognuno di loro era un soldato esperto e sapeva cosa doveva fare. Si scambiarono colpi studiandosi a vicenda, cercando di sopraffarsi e togliere di mezzo l'avversario. Rutilio cercò di caricarlo, ma il suebo, armato alla leggera, riuscì a evitare facilmente l'attacco. Fu in quel momento che il cadavere di un legionario morto gli piombò davanti. Rutilio non lo vide e vi inciampò sopra: ruzzolò sull'erba perdendo scudo e gladio. La testa gli doleva e il suo sguardo si estendeva su una miriade di piccoli scontri tra fanteria e cavalleria. "Il lanciere!" Fu un attimo: il guerriero gli fu addosso e lo disarmò anche del pugio. Plauto, intanto, l'aveva individuato e stava correndo a perdifiato verso di lui, gridando come un forsennato. La punta della lancia del suebo penetrò nel petto del centurione, aprendo una profonda ferita in cui si infilzarono anche gli anelli della lorica hamata che si erano frantumati nell'impatto. La carne fu lacerata in profondità: il sangue iniziò a sgorgare e Rutilio si portò le mani intorno all'asta dell'arma nemica. Ansimava con gli occhi sbarrati per la rabbia e il dolore. Non ebbe la forza di emettere un gemito: Plauto piantò il gladio nella schiena del suebo che cadde riverso in avanti vomitando sangue. <<Signore!>> L'optio scagliò lontano lo scudo e rinfoderò il gladio, trascinando al margine della vegetazione il suo centurione. Respirava appena e Plauto sapeva che ormai non c'era più nulla che potesse salvarlo. <<Oc...occupati...del console...>> Rutilio parlava a fatica, fissando sgomento la lancia che gli spuntava dal corpo. Perdeva molto sangue. Plauto non voleva crederci. <<Signore?>> Era sconvolto. <<Il...console: è caduto da cavallo...poco lontano da...da...qui>> storse la bocca in una smorfia e strinse una zolla di terra ruvida che ora raccoglieva il suo sangue. <<Lo faro, signore, ma prima mi occuperò di voi>> L'optio stava per rialzarsi, ma Rutilio lo trattenne aggrappandosi alla sua tunica militare sporca:<<No...tu farai...farai quello che ti dico io>> tirò le parole tutto d'un fiato. <<Prenditi...cura del console. Quest...>> Si contorse, cedendo ad una altra fitta di dolore:<<Questo è il mio...ultimo ordine.Obbedisci, ragazzo...e serba il mio ricordo quando...sarai fuori da questo inferno>>. Plauto teneva le labbra serrate, il volto sembrava essere invecchiato d'un tratto tanto era bianco e ruvido, incrostato di schizzi vermigli rappresi assieme al sudore che gli colava dall'imbottitura di feltro sotto l'elmo piumato. Strinse i denti e deglutì a fatica:<<Sì, signore>> Si mise sull'attenti e salutò il centurione per l'ultima volta. <<Non preoccuparti per me...>>sorrise, lasciando intravedere il sangue che iniziava a salirgli in gola:<<...fai vedere quanto vale...la nostra...centuria...>> Furono le sue ultime parole: quel sorriso gli rimase stampato sulla faccia stravolta, quasi inespressivo; gli occhi si fecero vitrei, spalancati in un ultimo palpito di vita. Una mano era ancora stretta intorno all'asta che teneva intrappolata la punta nemica nel suo corpo. Intorno, una pozza di sangue rosso, scuro, cupo come i precipizi dell'abisso. Plauto sfoderò il gladio e abbattè un altro nemico che voleva bloccargli la strada. La cavalcatura del console era scappata via dal campo di battaglia lasciando il suo padrone a terra che si trascinava sui gomiti, grugnendo per lo sforzo. <<Signore!>> Plauto gli si accostò, aiutandolo a mettersi in piedi. Druso urlò per il dolore quando poggiò i piedi a terra:<<Tutto bene, signore?>> <<Non direi, soldato!>> <<Non vi preoccupate, signore: lo scontro qui volge a nostro favore. Vi porto da un medico>> <<No!>> Plauto sentì il console che cercava di mantenere la posizione:<<Io non posso muovermi da qui, i miei uomini hanno bisogno di me!>> <<Permettetemi di dirvi, signore, che vi state sbagliando: non potrò difendervi se rimaniamo qui! Preferite morire adesso così non potrete più guardare in faccia un solo legionario prima di arringarlo?>> Druso guardava l'optio che si impegnava a portarlo lontano dallo scontro che iniziava a scemare. <<Datemi ascolto, signore, il campo è nostro, l'Albis è nostro. Chi si occuperà del vostro trionfo a Roma se non riuscirete ad arrivarci! Avanti, tenete duro, signore!>> Il console fu colpito da come quell'ufficiale ci tenesse a portarlo via. Alla fine cedette. Plauto riuscì a condurlo lontano dal campo di battaglia, al sicuro, affidandolo al suo cerusico personale che dirigeva un ospedale da campo improvvisato, allestito nelle retrovie della legione. <<Vedrete, signore, ce la farete: siete in buone mani adesso.>> Quell'incoraggiamento andava oltre il semplice rispetto che gli porgevano i suoi sottoposti, come se qualcun altro lo avesse sostenuto. L'ultima cosa che il console Nerone Claudio Druso vide fu il sorriso rassicurante dell'optio. Quando l'ufficiale pronunciò il suo nome, Plauto si irrigidì seguendolo con passo svelto. Al cospetto di Tiberio Claudio Nerone, i cui occhi lo fissavano intensamente, tentando di squarciargli l'animo duro, Plauto mostrò tutta la sua maestria nell'eseguire il saluto militare. <<Centurione Plauto. Benvenuto.>> <<Grazie, signore>> <<Ho appreso con leggero ritardo l'azione che la tua centuria compì in Germania, quando era con mio fratello>> Tiberio, scrutandolo con attenzione, incrociò le braccia sul petto. <<Ne devi essere fiero, centurione>> Plauto ripensò a Rutilio: grazie a lui era riuscito a soccorrere il console solo per vederlo morire tra le agonie di una morte lenta e dolorosa, con le ossa rotte e le gambe steccate mentre giaceva, lamentandosi, su di un letto da campo. Ma quel gesto gli aveva consentito un'apertura verso la carriera militare e se era divenuto centurione primipilo, il comandante più esperto che guidava la prima coorte, lo doveva solo al suo semplice e sincero superiore. Con il suo sacrificio aveva dato una spinta notevole ed energica alla sua vita. <<Lo sono, signore>> Plauto lanciò il suo sguardo nel vuoto, serrando le labbra in un ultimo, amaro gesto di rassegnazione. <<Bene, centurione. Ne prendo atto.>> Tiberio fece una breve pausa prima di riprendere:<<E per questo, per i meriti conseguiti sul campo di battaglia, ho deciso di conferirti un ulteriore ricompensa...sempre che ti interessi...>> <<Come meglio crede, signore>> Il tono di Plauto era neutro. Tiberio sbuffò:<<Al diavolo le formalità: tutti gli uomini del tuo rango vorrebbero vivere questo momento>> Si avvicinò ad un tavolo e prese una scatoletta di legno. L'aprì e con mani esperte ne tirò fuori una phalera. Una pesante phalera come aveva visto solo indosso ai veterani. Tiberio gliela mise nelle mani:<<Questa è la tua ultima decorazione da centurione: da oggi...>> prese dallo stesso contenitore un papiro arrotolato intorno al legno:<<...sarai il tribuno anziano della legione>>. Plauto non ci credeva: un'altra promozione nel giro di poco tempo! Era davvero una carriera strana, la sua, ma molto veloce. <<Signore, è un grande onore per...>> <<Oh, risparmiami queste prediche...>>lo interruppe l'altro, fissandolo. Abbozzò un sorriso che assomigliava più ad un acerbo ghigno:<<...tribuno!>> <<Sì, signore. Grazie, signore.>> <<Sarai in servizio attivo da domani. Te lo sei meritato. Ora vai, prima che ci ripensi: ho altre cose a cui pensare.>> Questa volta il sorriso fu più cordiale, ma il cenno della mano fu ancora più eloquente. Plauto salutò e si voltò, aprendo la porta e avviandosi fuori dall'edificio del Pretorio. un forte raggio di sole lo investì in pieno volto, lasciandolo abbagliato per un attimo. Ancora una volta la vita gli donava una nuova opportunità: si richiudeva alle spalle una parte buia come l'ufficio male illuminato dal quale era appena uscito e si ritrovava a sostenere nuove responsabilità, compensate da uno stipendio più generoso, con numerosi vantaggi, anche personali. Sorrise. Imboccò una stradina che conduceva ad un cortile finchè non abbandonò il vicolo per finire in una strada affollata. E il pensiero di Rutilio fu sempre con lui, fino alla fine dei giorni della sua esistenza. Quella fu l'ultima volta che Plauto rivide Roma.1 punto
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Mi sembra che la prima sia di Massenzio, zecca di Ostia, al verso i Dioscuri reggono i cavalli per le briglie, purtroppo l'esergo è poco leggibile, sono in dubbio sull'ultimo carattere, che potrebbe essere una S o una gamma, quindi non riesco a distinguere con certezza tra queste due: RIC VI 14, con esergo MOSTA o MOSTgamma, emesse dalla metà alla fine del 309 d.C. RIC VI 35, con esergo MOSTP, MOSTS, MOSTT o MOSTQ, emesse dalla fine del 309 al 312 d.C. Per entrambe: Dritto: IMPCMAXENTIVSPFAVG, testa laureata rivolta a destra. Verso: AETE - RNITAS - AVG N, Castore e Polluce, entrambi con una stella sopra il capo, rivolti uno verso l'altro, reggono uno scettro con la mano esterna e le briglie dei cavalli con quella interna. Questo è un esempio del RIC 14 Il peso calante, 3,60g contro i 5,5 di minimo citati dal RIC, potrebbe essere giustificato dall'usura.1 punto
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Dopo le interessanti notizie postate da Pogo vi mostro una bellissima medaglia borbonica in bronzo dorato emessa con il permesso del re e battuta con la data 1854 con i bilancieri del fabbricante di bottoni, un tale Giuseppe De Gregorio, che grazie ai bottoni citati in questa discussione sappiamo che era ubicata a Montecalvario, un quartiere del centro storico di Napoli. http://it.wikipedia.org/wiki/Montecalvario In questo studio di Giovanni Bovi del 1961 (pag. 29) potrete leggere notizie di archivio fondamentali per l'approfondimento e il rapporto tra (alcune) medaglie e noti fabbricanti di bottoni partenopei. http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1961_4.pdf Uploaded with ImageShack.us Uploaded with ImageShack.us1 punto
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In questa mia nuova veste trasversale, da Asti, a Lucca, a Milano passo a Genova, sicuramente lo avrete già affrontato,però si può anche riparlarne credo, perchè la riflessione e il collegamento con Genova mi viene ora. La rassomiglianza tra il monogramma lucchese , l'immobilizzato e vincente H, quanto peso e quanta influenza ebbe sulla scelta genovese della porta urbica stilizzata ? in effetti ci sono delle similitudini visive, abbastanza evidenti, ma se fu così allora Genova cercò di inserirsi a somiglianza di una moneta vincente e accreditata nella sua epoca ; fu così ? La vicinanza di Genova con Lucca e la sua area depongono a favore di questa ipotesi,la possibilità di imporsi anche in queste areee con effetti commerciali positivi, anzi direi molto positivi poteva essere decisiva. E visto che nelle altre discussioni abbiamo parlato di immobilizzazione, di marchi, qui abbiamo la riprova di un altro marchio vincente, che si apprezza e in questi casi è meglio mantenere e confermare.1 punto
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Vedo che la PROOF è ancora disponibile sul sito dell'IPZS, sembra che non ha destato molto interesse come d'altronde anche la BU. Ritengo comunque che sia una bella serie, secondo voi perchè non è "decollata"? Perché costa troppo, tutto qui...1 punto
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Ormai giochiamo a tutto campo da Asti, a Lucca, a Pavia, poi coinvolgeremo anche Genova, d'altronde, fatta la fotografia su un'epoca specifica si può collegare tutto e anche cercare di capire le relazioni e connessioni. Monbalda buttà lì una domandina facile, facile :huh: , sul perchè si immobilizzano le tipologie e quando parte il processo . Stavolta cerco di ragionare da solo a voce alta, vediamo all'inizio abbiamo le sole zecche Regie poi verranno date ad altre città le concessioni a battere moneta ma in una fase successiva. Non tutte le monete però in un certo periodo hanno successo, qualcuna si, qualcuna meno, o qualcuno lo mantiene per un certo periodo e poi decade e viceversa si apprezza un'altra o delle altre. Io penso che tutto sia legato al successo di una moneta, se la moneta circola, è considerata buona moneta, ha raggiunto il suo scopo, perchè allora andare a cambiarla, io la terrei così con minime differenziazioni, una moneta vincente, un logo apprezzato magari anche in terre lontane è giusto tenerlo immobilizzato, confermarlo, l'immobilizzazione viene decisa nel momento in cui la moneta è stata riconosciuta ed apprezzata. Siena, per esempio rimarrà per sempre legata alla sua S, logo vincente e identificativo,giusto mantenerlo, nel momento in cui però qualcosa non funzionasse in una certa area monetaria, se la risposta degli utilizzatori non fosse buona ed adeguata, allora varrebbe la pena battere nuove strade e fare nuovi tentativi in campo monertario.1 punto
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come ribadisco , un raccoglitore è esteticamente molto piu appagante , ad esempio per le banconote ne utilizzo uno , sempre della Leuchtturm , ed è decisamente elegante . Io ho inserito le monete negli oblo ,che ho poi sistemato nel box mettendoli divisi per nazione . Ho sistemato le nazioni in ordine alfabetico e le monete di ogni nazione in ordine crescente ( cioè da quella col valore facciale piu basso a quella col valore facciale piu alto) Infine ho destinato 2/3 box per ogni continente Ovviamente quando mi arriva una moneta nuova devo fare spazio e quindi faccio scorrere tutti gli oblo di una posizione , operazione che col box è abbastanza rapida , mentre se gli oblo fossero inseriti nei fogli appositi dell'album, richiederebbe molto piu tempo. Questo mi permette di tenere tutta la collezione in perfetto ordine e se voglio estrarre un oblo per vedere una moneta posso farlo in un istante senza sfogliare tutte le pagine dell'album , per visionare ad esempio una moneta da 5 dollari dello Zimbabwe che si trova alla fine della mia collezione1 punto
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Si tratta di un mezzo soldo (5/10 = ½) in rame del Lombardo Veneto. La zecca (se vedo bene) è Vienna (=A); la moneta fu coniata a Vienna, a Venezia (=V) e a Kremnitz (=B). La sua valutazione (identica per le varie zecche) è sui 15 euro (BB), raddoppiata se Spl, quadruplicata se Fdc. Si tratta di una moneta comune, ed essendo di rame, meglio non «trattarla» con prodotti chimici, che la farebbero divenire di un colore rosso-pentola per la polenta, azzerandone il valore. Al limite, se c'è un po' di terra, acqua tiepida e sapone liquido, asciugando senza strofinare. Può rappresentare l'inizio di una collezione di Francesco Giuseppe, che ha bei pezzi per tutte le tasche, è sterminata (ha regnato dal 1848 al 1916), ed ha anche delle bellissime medaglie.1 punto
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Giusto cercare pareri più costruttivi, nel frattempo se ti va... http://www.mcsearch.info/search.html?search=gigliato+napoli&view_mode=1&en=1&de=1&fr=1&it=1&es=1&sort=&c=&a=&l=#01 punto
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Un'altro tassello si aggiunge a questa razzia. Questa mattina è arrivata la fattura della BCL per quanto riguarda le monete lussemburghesi. Come richiesto mi hanno assegnato 2 rotolini per tipo (100 pz in totale) per un costo complessivo di 228 euro (57 x 4 ) più 14 euro di spese di spedizione.per un costo unitario di euro 2,42. Quest'ultimo costo non tiene conto di una quindicina di monete lussemburghesi che b27 mi dovrà spedire insieme ad altre monete, i costi in questo momento non si riescono a contabilizzare, non credo che le monete lussemburghesi possano superare la soglia dei 2,50 euro. Il costo finale di queste monete verrà reso noto appena possibile.1 punto
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Su questo siamo d'accordo .. il bottone se vuoi è stato utilizzato nel "periodo borbonico" ma dall'esercito piemontese .. come uno scudo di Vittorio Emanuele II datato 1859 è stato coniato a Torino sempre nel " periodo borbonico " .. ma di fatto sia lo scudo che il bottone con il Regno delle Due Sicilie e con i borboni non hanno alcun collegamento .. è semplicemente questo quello che volevo far notare io, visto il titolo del post e i riferimenti alle divise .. Dato che l'utente che ha aperto il post sembra interessato a questo genere di collezionismo, lo mettevo solo in guardia sul fatto che se è interessato esclusivamente ai bottoni militari o da livrea del Regno di Napoli purtroppo ha sbagliato acquisto .. ne esistono molto belli comunque, anche se sono un po' di difficile reperimento, almeno dalle mie parti ..1 punto
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Nel periodo preunitario ciò che era modenese era estense, ciò che era romano o bolognese era pontificio, ciò che era meriodionale era borbonico, etc.etc. L'unica possibilità per dirimere la questione è quindi stabilire quale fosse il reale ente/corpo che utilizzava il materiale in questione e quindi trovare documentazione relativa ai bottoni in discussione. Pogo, che in questo campo è cintura nera, è un "dritto..." penso abbia portato anche un riferimento interessante che, o viene confutato con riferimenti di pari spessore, o viene accettato come vero. Per chi non ha a disposizione l'opera citata sarebbe interessante se Pogo potesse postare una scansione limitata alla sola sezione da lui indicata; in questo modo la discussione potrebbe forse progredire in modo ancora più interessante.1 punto
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Non capisco il senso della domanda .... le Regie Determinazioni di cui parlavo sono assolutamente piemontesi, quindi il fatto che questo tipo di bottone sia stato utilizzato esclusivamente pre o anche post 1861 non cambia il fatto che non abbia nulla a che fare con i Borboni e il Regno delle due Sicilie .. Se vuoi ulteriori prove il bottone lo puoi trovare regolarmente fotografato e classificato a pagina 138, tav. 4 del volume " Bottoni Militari Italiani " di Sabatini - Antonini . Per quanto riguarda la corona, è la classica corona sabauda che si trova su tutti i bottoni dell'epoca .. Esemplari analoghi :1 punto
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piccolo OT... Da quando sono "diventato" razziatore, in questo forum mi sento amico di tutti e considero tutti amici... a differenza di altri forum che frequento dove il termine "amico" non lo uso mai... solo in specifiche situazioni. Forse sarà che grazie alle razzie dove si trasmette la vera passione di condividere con tutti questa bellissima passione, ci sentiamo tutti più vicini! Grazie a LA MONETA!!! Scusate l'OT spero non abbia creato problemi!1 punto
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anche a me, quella di Mario sembra ribattuta... è strana perchè si vede che non sono due monogrammi frutto dello stesso conio, ma sono nettamente distinguibili... per quanto riguarda quella di scacchi, invece, non saprei veramente che dire... io comunque vedo nitidamente il monogramma a doppia T al D/..1 punto
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Allora se fosse Gloria Exercitus, con legenda che finisce con [...] TIVS PF AVG (l'unica cosa che leggo) dovrebbe essere Costanzo II. Il problema è che quello non mi sembra tanto lui...boh, aspettiamo altri. Se fosse questa che ti dico io potrebbe essere: Al D/ DN CONSTANTIVS PF AVG, con testa laureata Al R/ GLORIA EXERCITVS, due soldati con lancia con in mezzo uno stendardo La zecca è illeggibile. Boh, c'è qualcosa che non mi convince...1 punto
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Caro dizzeta, che tempismo! e grazie a te ed alla disponibilità degli altri utenti come "cresce" bene il catalogo on-line di Genova... :). Tornando all'ultimo denaro di Corsodinazione (e poi anche a quello di Jagd che ne condivide il rovescio) anche se è vero che non si tratta di un falso d'epoca forse evidente come altri già visti in questa discussione, ha i suoi "problemi" anche al rovescio, che ho già accennato nel mio precedente post, e che però possiamo vedere più in dettaglio per poi decidere da quale parte pende più la bilancia. Allora tutti i denari con crescente che mi paiono "genovesi" che ho potuto schedare (ed alcuni ne sono passati anche in questo thread) hanno almeno: - X sopra il braccio verticale della croce - E lunata chiusa - R con gambetta a terminazione piana o arrotondata - 1 ancora uncinata per quanto a testa piana - invece per la C ho verificato due varianti principali: una ancora aperta, ma che tende a stringersi in larghezza e talvolta è sagomata all'interno, ed una chiusa. Queste caratteristiche, le potete tutte osservare ad esempio nel denaro con il crescente di Fra Crasellame presente nel nostro catalogo on-line (gruppi VII e VIII):http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-GEIAN/1. Comunque per comodità ve ne allego un'immagine, insieme con il rovescio di un altro denaro postato da sovering, per vederne due delle diverse tipologie (C aperta e C chiusa) a confronto con quello di corso. Se guardo il denaro di corso vedo invece lettere realizzate al modo più antico (soprattutto la R, ma anche la C), o strane (la I, ma anche quella E un poco disarticolata oltre che aperta). Senza dimenticare quello strano crescente ed il cerchio che in queste serie da rigato fino dovrebbe cominciare a tornare una sorta di cordonato, e poi perlinato a partire dai gruppi con n gotica. Infine se vogliamo l'esemplare di Corso è anche sovrappeso rispetto alla media degli esemplari con crescente. Certo, potremmo pensare anche ad una serie - per così dire - di transizione tra i tipi vecchi con segni nei quarti della croce, ed i nuovi tipi con il crescente, n gotica etc... , per le quali il peso alto sarebbe forse più adatto, ma ci sono alcune anomalie, oltre alla stranezza sempre di qualche lettera (la E e la I) che non possono non essere notate. Anzitutto quelle nella composizione della porta urbica al D/. Poi ci sono quei punti nella legenda, forse interpunzioni messe male, ma anche altri piccoli punti ovvero piccole escrescenze di metallo sul tondello, al rovescio ma anche sul dritto (i "denti" segnalati in parte da bavastro), che parlano forse di una sua preparazione non perfetta, oltre alle tracce di suberazione sull'esemplare di Jagd. Ecco: non ci sono evidenze conclamate, ma diverse piccole tracce, che non possono forse condurci ad una definizione netta e scevra dal dubbio, ma senz'altro alla più ragionevole - almeno per il momento, e con gli elementi sempre limitati che una foto via internet può fornire (e che andranno senz'altro rivisti con l'osservazione diretta del pezzo) - e mi pare che vada in una certa direzione. Questa almeno è la mia opinione, ma aspetto eventuali ulteriori riflessioni degli altri. Un saluto a tutti e ...a presto! MB P.S. Se facessimo il confronto con i denari con n gotica le differenze sarebbero ancora maggiori...1 punto
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Però, stranamente, il commerciante tende a dimezzare (o quasi, i più onesti tolgono un 30%) anche il valore di una moneta che il privato ha ritirato fresca fresca dall'asta... (come si dice: provare per credere) Sopra ho scritto: Ed è sempre per questo, che se riportate indietro una moneta, ve la vedette svalutare almeno il 35-45%...perché il resto dei soldi se li mangia lo stato per poter tenere aperto un qualsiasi negozio...e non sono più in mano al commerciante.. Vale anche se la moneta viene da un 'asta e non dallo stesso commerciante. Per capirsi meglio: Ora facciamo l'esempio di un'acquisto da privato collezionista. Sempre 1000 euro di prezzo. Niante diritti e trappole varie. Ricarichiamo il 30%, si va a 1300. Sui 300 di margine ecco che arriva l'IVA, e ne restano 237. Togli le tasse e si va a 145. leva qualche altra gabelletta, e , forse ne restano130?...forse. che è il 13% di margine, un pò più che negli altri casi. Questo cosa altro ci dice? Ci dice che quando compriamo una moneta da un commerciante , e poi gliela vogliamo ridare indietro, sia che sia subito o dopo un pò , il nostro amico, ci offrirà una decurtazione sul prezzo che comprenderà sia le tasse e le spese da lui sostenute per il previo acquisto, sia le nuove da applicare. Facciamo un esempio. Moneta da 1000, da privato..il commerciante ce la cede a 1300, come detto sopra. a lui restano 130 euro, e 170 vanno allo stato. Gliela riportiamo dopo due anni, vogliamo concedergli un pò di guadagno anche nella nuova vendita che farà? Diciamo 100 euro netti? , ok,abbiamo già visto che per incassare 100 euro netti, bisogna partire da almeno 250 di margine lordo. quindi, a noi offrendo 1050 euro , a lui dovrebbero rimanere 100 euro in tasca. Lui la carica a 1050, se la vende a 1300, l'IVA è di 52,5 euro. e ne restano 197,5. Togliamo le tasse, resta 108,6 . 100 netto. Quindi se riportiamo una moneta indietro dopo che la abbiamo comprata con fattura, minimo ci si perde il 20% secco.Per cui, quando e se,un commerciante ci ritira una moneta che abbiamo comprato da lui, scontandocela gli stessi soldi pagati, magari un paio di anni prima, nell'acquisto di un nuovo pezzo, non è un atto dovuto, ma una cortesia che ci fa. La regola sarebbe che ci offrisse dal 25% al 40% in meno a seconda della provenienza, privata o, asta Italia, asta Europa, Asta extra Eu a causa delle spese fisse che ogniuna ha insita nella determinazione del prezzo finale. Se invece la moneta arriva da un'asta terza , in cui il compratore l'ha pagata il suo prezzo di mercato, proprio per i meccanismi suddetti, chi la dovesse ritirare deve ritirarla ad un prezzo che, una volta aggiunte di nuovo le percentuali suddette, torni ad essere quello commerciale. Altrimenti, se ci dasse quanto abbiamo pagato, al momento di rivenderla, ci rimetterebbe lui tutte le spese sopramenzionate. Per capirsi. Battuta a 1000, diritti applicati 15% + IVA sui diritti 21%, ovvero 1000+ 150+ 31Euro = 1181 Euro. Valore di mercato? 1200 euro? difficile che una moneta di asta resti sotto il valore commerciale. Andiamo dal commerciante e gliela offriamo...la moneta ha un valore commerciale di 1200 euro, ovvero la si può vendere a quella cifra, bene, ill commerciante, in virtù dei conti fatti sopra, la dovrà ritirare a 900 euro circa. Questo perché: é un' acquisto da privato, il commerciante paga l'IVA sul margine, quindi tra 900 e 1200, sono 300 euro, di cui 63 di IVA, ne restano 237, di cui, una volta tolte le sole tasse, ne restano 130, togliamo anche qualche altra gabellina, restano 120 euro. Vogliamo fare che 120 euro son troppi,? ok facciamo a 100 euro ( sennò chi glielo fa fare) bene , facendo marcia indietro, ci dovrà offrire circa 950 euro.E noi l'abbiamo appena pagata 1200....è il 20% in meno, secco.....Che se poi si fa il conto, i 900 euro, sono, a spanne, quello che resta in mano, pulito, al conferente. Questo sempre ammesso che non ci siamo fatti prendere la mano e che il prezzo finale pagato all'asta sia quello di mercato, e non, come spesso succede, un pò oltre a causa dei diritti...sennò ci offriranno il 30, il 35, il 40% in meno,,,e sempre restando nel giusto. Non andiamo poi a cercare la situazione di monete provenienti da aste estere o extra EU, altrimenti la faccenda diventa esponenziale...1 punto
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Allora,come detto facciamo conto che un commerciante Italiano compri una moneta da 1000 euro di prezzo di battitura, ovvero escluso diritti,iva e altri balzelli, all'asta Italiana. Supponiamo che i diritti d'asta siano il 15% T.C.ovvero il 12% di diritti è il 21% di IVA sui diritti, La moneta gli costa 1195 euro, circa. per il momento lasciamo perdere i ricarichi dovuti a personale e negozio. La moneta viene posta in vendita . al momento della vendita, proviamo a applicare quel 30% di ricarico che pare sia la percentuale più teorizzata. Il prezzo di vendita arriva a 1495 Eur circa il commerciante suddetto, al momento che la vende alla cifra sopra determinata, deve versare allo stato la differenza tra l'iva in ingresso e quella in uscita, quindi ha pagato 25 euro di iva, ne incassa 1495 l'ha caricata a 1145 , la differenza sono 350 euro, su cui pagherà il 21 % di IVA, quindi sono 77 euro. Togliamoli dai 350 di margine, ne rimangono 273. Adesso su questo guadagno consideriamo che al nostro verranno aplicate le aliquote IRPEF relative e tutta una serie di tasse fisse, INPS,e trappole varie, che come minimo, saranno all'incirca il 40/45% del ricavo ( e sono stato basso con la percentuale, gli ultmi studi, danno un prelievo fiscale di oltre il 45% solo per IRPEF e INPS e un prelievo totale globale che sfiora il 54%) per cui, di questi 273 euro gliene resteranno circa 150.. Mettiamoci qualche altra spesa, che come detto sopra fa parte del carico globale di una qualsia si attività, e diciamo che , forse gli restano, puliti, 135 euro? quindi, di una moneta venduta a 1495 euro, e pagata 1145, gli restano 135 euro, ovvero il 9% al netto delle tasse. Il calcolo quì fatto, non è da commercialistim ma è un pò, quello che i vecchi da queste parti chiamano "il conto della serva" che ha una buona approssimazione. Dunque abbiamo stabilito che se un commerciante carica il 30% su una moneta , alla fine ci guadagna il 9% pulito. Adesso, stesso esempio ma dall estero, in Unione europea. Moneta da 1000 euro, diritti 15%, Iva su diritti il 7%, come usuale all'estero ( ma i diritti, spesso sono al 18 o al 20%, ma noi stiamo bassi) totale acquisto, 1000+ 150+ 10,5.= 1160,5. Spedizione assicurata, diciamo un'altro 2%3%, per cui altri 30-40 euro. Siamo a 1200 circa. La moneta va importata con tutti i crismi( non si tiene conto di furbetti che si ficcano la moneta intasca e olè) arriva alla dogana e, siccome è una importazione da soggetto giuridico, tocca integrare l'iva che era il 7% e adesso diventa i 21%. per cui c'è da pagare altri 21 euro di IVA , più c'è da dichiarare limportazione, e sono altre spese, presentazione in dogana, 2,5 euro, spese postali dogana, 3 euro,in tutto, diciamo altri 30 euro, compreso qualche bollo. E siamo a 1230. Carichiamo il solito 30%...arriviamo ad un prezzo di vendita di 1600 euro. Stessi calcoli di prima. Differenza 370 euro, differenza IVA 78 euro, restano 300 euro. Tasse 45%, restano 165 euro. Qualche altra spesa fissa, come sopra, ecco che arriviamo forse a 150 euro . per cui, il guadagno netto, sarà del 9% Ultimo, l'acquisto extra UE. Moneta da 1000 euro, diritti 15%, VAT 7%... totale 1160,5 euro Assicurazione spedizione, i soliti 30-40 euro, quindi siamo a 1200 euro. Transito in dogana. Siccome è un soggetto giuridico e la reciprocità IVA extra EU non c'è, i diritti sono un bel 21% secco, su TUTTO, quindi arriviamo a 1452, più 3 euro, più 2,5 euro,pi+ bolli eventuali totale 1560 euro. Carichiamo il solito 30% andiamo a finire a 2028 euro. Stessa sequenza di IVA e detrazioni: margine lordo, 468 euro, IVA da versare sul margine, 98 euro circa, restano circa 370 euro. tasse 45%, restano 203 euro, qualche altra spesa da togliere in percentuale,e si arriva a 190 euro. quindi un 9% di guadagno netto. La partenza è sempre con ua moneta da 1000 euro. il guadagno percentile è del 9% circa in tutti i casi. Il commerciante gaudagna, netto, dai 135 ai 190 euro circa, e voi ,invece, vi ritrovare a pagare la stessa moneta, una volta 1495 euro, una volta 1600 euro, e una volta 2030 euro circa.Non c'è male, no? SE volessimo riportare il guadagno netto del commerciante sempre alla stessa cifra, ovvero ai 135 euro, i prezzi diventerebbero, 1495-1550-1900 Euro, nei tre casi. Quindi, ci ritroviamo che una moneta da 1000 euro, la paghiamo, per far guadagnare chi ce la va a comprare e anticipa i soldi, ne è responsabile, si occupa della burocrazia relativa, si assume il rischio legato alla spedizione etc etc etc..da un minimo d una volta e mezzo a due volte il prezzo di aggiudicazione. Questo, detto a latere, dovrebeb anche far capire quanto, con la sperequazione tra aliquote IVa europee, siano avvantaggiati i commercianti esteri, rispetto ai nostrani, che guadagnano un buon 13/ 15% in più a parità di prezzo, solo per la differenza di IVA applicata.E , giustamente, ne approfittano per poter fare prezzi più bassi di quelli degli italici commercianti, pur guadagnando gli stessi soldi ( anzi, di più, visto che anche le loro tasse locali di solito sono un pò più basse) e mettendo questi ultimi di fronte alla scelta se restare fuori prezzo o guadagnare poco o nulla, in un confronto diretto. Quindi, la prossima volta che vedete una moneta che in asta ha fatto 1000 euro , da un qualsiasi commerciante, a prezzi da 1,5 volte( 150%) a 2 volte( 200%) il prezzo originale, non scandalizzatevi...è solo matematica e regime fiscale...chiedetevi : Voi, lo fareste per quel margine?1 punto
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Suvvia ragazzi, su ebay ho visto monete anche meno rare di questa, e letteralmente grattugiate, andar cmq via a 10/20 Euro. Questa è un MB scarso, bruttina ma completamente leggibile, si trova in queste condizioni ma non certo a gratis. Ai mercatini sono capaci di chiederti 60 Euro e pure su ebay io monete del genere non le ho mai viste anda via a meno di 25 Euro. Mi accodo anch'io alle richieste fatte sopra, se avete apette del '19 in questa conservazione io fino a 10 Euro ve le compro tutte.1 punto
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Ma se a qualcuno cinque indiani dovessero sembrar pochi, per accontentare tutti e per buona misura, aggiungeremo anche un paio di bisonti Ma andiamo con ordine. La nostra storia inizia nel 1911, quando lo scultore James Earle Fraser (lo vediamo in una foto del 1920) risponde affermativamente al Segretario al Tesoro, Franklin MacVeagh, che gli aveva chiesto un bozzetto per la nuova moneta da 5 cents, destinata a sostituire il V-nickel ormai in circolazione da quasi 30 anni. Fraser aveva già guadagnato fama internazionale per la sua End of the trail, una statua che voleva rappresentare gli Indiani oppressi, giunti ormai, come dice il nome assegnato all'opera, alla fine della pista Era entrato anche nelle grazie del Presidente Roosevelt (Teddy) per aver scolpito un busto presidenziale che era piaciuto molto al diretto interessato. La nuova moneta, che raffigurava molto realisticamente un Indiano Americano al dritto, e un bisonte al rovescio, entrò in circolazione nel 1913. In breve tempo, il Dipartimento del Tesoro fu inondato di lettere che chiedevano di conoscere l'identità dell'Indiano raffigurato sul nuovo nickel. Sfortunatamente, Fraser aveva qualche difficoltà a ricordare i nomi dei suoi modelli La questione sarà affrontata a lungo, e molte delle risposte di Fraser, ciascuna articolata in modo leggermente diverso dalle altre, piuttosto che rappresentare un serio tentativo di chiarire le cose, sembrano riflettere il suo crescente disinteresse e il suo distacco dalla questione petronius1 punto
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PARTE SECONDA - LA GERMANIA MAGNA L'aria era ben riscaldata all'interno dell'ufficio da una serie di grossi bracieri di bronzo. Nonostante il tempo fosse stato clemente negli ultimi giorni le temperature continuavano a rivelarsi rigide. Tra la miriade di scartoffie, lettere, mappe militari e dispacci, il legato Claudio Druso sedeva accigliato dietro il tavolo da campo. Reggeva un documento con entrambe le mani, scrutandolo con gli scuri occhi scintillanti. Ogni tanto faceva correre le dita tra i folti capelli castani arruffandoseli un po' per poi sentirseli ricadere sulla fronte bassa ma ampia. Il naso dritto scendeva su di una bocca carnosa e ben disegnata che si muoveva fluente, accompagnando il sussurro che gli usciva dalla gola mentre scorreva le file nere d'inchiostro. Quando sentì bussare alla porta di legno di quercia, Druso posò la comunicazione sul tavolo, mettendola accuratamente da parte affinchè non si confondesse con le altre, e fissò imperturbabile il suo segretario. <<Signore, c'è qui un decurione che chiede di conferire con voi.>> Il tono, benchè fermo, rivelava tutto il profondo rispetto che nutriva per il suo padrone. <<Lascialo pure passare.>> Druso fece un cenno con la destra prima di rimettersela in grembo, giunta coll'altra mano. Il rumore dei calzari risuonò per tutto il corridoio che collegava l'anticamera con l'ufficio del legato. Piuttosto spoglio per esserlo, dovette pensare il decurione quando entrò. Prima di scattare sull'attenti si guardò brevemente intorno analizzando con occhio critico l'ambiente spartano in cui il legato trascorreva le giornate per sbrigare anche gli affari burocratici della legione. <<Riposo, decurione>> Druso si alzò dallo scranno su cui era rimasto seduto e fece qualche passo verso un braciere, in un angolo della stanza. Vi protese sopra le mani, tenendovele per un po':<<Riferisci: cosa hai da dire?>> <<Purtroppo non è una buona notizia, signore>> Il graduato sembrava a disagio e non trovava le giuste parole per esprimersi correttamente. Il legato aspettò che continuasse senza scomporsi minimamente. <<Una coalizione di barbari germani ha attaccato a nord la nostra linea difensiva: i forti sono sotto assedio e chiedono un aiuto dall'esterno per rompere l'accerchiamento>>. <<Quanti sono?>> La domanda arrivò secca e inaspettata. <<Non lo so di preciso, signore: il numero è sicuramente considerevole. Si tratta di una coalizione di Usipeti Tencteri e Sigambri. Sono guerrieri esperti e...>> <<Lo so, decurione: questo è il mio incarico e so perfettamente come svolgerlo.>> Fece una breve pausa ad effetto, togliendo le mani dal calore del braciere e avanzando di qualche passo, avvicinandosi al decurione che rimaneva impalato. <<La situazione ai forti attaccati?>> <<Reggono bene per il momento, signore: le difese sono resistenti e gli effettivi, pur non essendo a pieno numero, sono ben armati e hanno provviste per mesi.>> Il decurione, questa volta, sembrava più sicuro di sè. Druso annuì soddisfatto:<<Mobiliterò le truppe appena potrò. Non penso potrai più tornare indietro, se i Germani avranno chiuso l'accerchiamento. Ritirati e fatti portare un pasto caldo. Questo è quanto>> Non c'era altro da aggiungere e l'ufficiale lo sapeva. Scattò nuovamente sull'attenti e poi uscì a passo svelto, così come era entrato, questa volta incoraggiato dalla promessa di qualcosa di caldo da mettere nello stomaco. <<Plinio!>> Il legato si era affacciato alla porta e chiamava a gran voce l'ossequioso segretario. In pochi attimi Plinio fu al suo cospetto, ordinato e puntuale come sempre. <<Chiamami subito il centurione Rutilio. Porti con lui il suo optio, quel Plauto.>> <<Sì, signore. Subito>> Il legato sapeva che per compiti difficili ed onerosi ci volevano le persone giuste che facessero un buon lavoro. E sapeva anche che su di loro poteva sempre contare. Richiuse la porta alle sue spalle, gettando un'ultima occhiata al passo svelto del segretario che ben presto si perse in un sordo rimbombo. <<E così, signore, dovremo spianare noi la strada alla legione?>> Druso sedeva dietro il suo tavolo con i gomiti appoggiati sul bordo e le mani incrociate sotto il mento:<<Vedi centurione, questa è la vita di un soldato: non eri arrivato fin qui, oggi, per terminarla. La legione conta sulla tua unità, sulla sua perizia e sulla sua efficacia. Ho davanti a me i comandanti più capaci di tutta la mia legione e non penso si tireranno indietro sul più bello>> <<No, signore: non ci tireremo indietro.>> Rutilio non smetteva di tenere lo sguardo fisso davanti a sè mostrando una reverenza nei confronti del superiore ben più grande di quella portatagli dagli altri ufficiali del suo stato maggiore. <<Bene, questo è lo spirito giusto: lasciate che ora vi esponga il mio piano. I Germani non si aspettano un attacco in forze da parte della legione. Credono di avere in pugno il limes lungo la parte nord e tentano di isolare i forti per sterminarne i difensori separatamente>> <<Mica stupidi questi selvaggi>> Rutilio si concesse un piccolo commento ad alta voce. Poi, notò che il suo sottoposto non aveva aperto bocca da quando era stato convocato. <<Per questo pensano di agire velocemente e di togliere di mezzo la linea difensiva in quattro e quattr'otto.>> Druso ignorò volontariamente il pensiero del centurione:<<E questa fretta ha fatto trascurare al nemico le adeguate precauzioni. Da un dispaccio ricevuto poco fa ho potuto individuare un paio di punti dove sarà possibile attaccare per aprirci un varco verso il forte più grande che si affaccia sul Reno>> Il legato si fermò nuovamente, lasciandosi andare sullo schienale dello scranno. <<Una domanda, signore: perchè proprio quel forte?>> <<Ottima domanda, centurione>> Il legato si alzò dalla sedia spostandosi vicino ad un basso tavolino di noce sul quale era appoggiata una brocca d'argento con un solo calice. Uno solo, notò amaramente Rutilio. Plauto, continuando a tacere, sentì il flebile rumore del vino speziato col miele che ricadeva lentamente sul fondo della coppa. <<Ebbene, la maggior parte delle forze nemiche si è concentrata lì: lì risiedono i loro capi e di lì provengono gli ordini che regolano le mosse degli altri gruppi di guerrieri.>> Posò la brocca e sorseggiò lentamente il vino, assaporandolo lentamente prima di continuare:<<E proprio per la sua vicinanza al fiume è il posto adatto per un attacco>>. Si concentrò, aggrottando le sopracciglia che gli dipinsero sul viso un'espressione eloquente. <<Il vostro compito è semplice: agirete con l'oscurità, prima dell'alba. Porterete i vostri uomini con armamenti leggeri vicino ai picchetti di guardia dei barbari posizionati lungo il fiume, eliminando tutti coloro che vi intralceranno.>> Druso fece schioccare la lingua, deglutendo un altro sorso. Le sue labbra carnose diventarono ancora più colorite con una nuova dose del liquido rosso. <<Tolte di mezzo le sentinelle, vi metterete al sicuro, lasciando libera la zona da eventuali pattuglie nemiche. Fino all'alba: alle prime luci entreremo noi in azione e riusciremo a spazzare via i barbari sfruttando l'effetto sorpresa. Sbarcheremo sfruttando il canale che ho fatto costruire lungo la linea. Con le guardie fuori gioco e con la poca luce a disposizione, dubito che qualcuno possa vedere l'avanguardia della legione.>> Il vino nel calice era ormai finito e il legato posò il recipiente sul lato più estremo del tavolo ingombro. <<Domande?>> <<No, signore. Tutto chiaro. Quando entreremo in azione?>> Questa volta fu Plauto a parlare: anticipò perfino Rutilio che rimase a bocca aperta con le prime parole che gli morirono in gola. Druso alzò un sopracciglio e tornò a sedersi:<< Il prima possibile, ovviamente: adesso preparate gli uomini e i loro equipaggiamenti. Mezza centuria basterà per questo compito: voglio solo i migliori. Non sarà di certo una passeggiata. Domani sera dovrete essere sul posto. Agirete quando calerà la notte>>. <<Bene, signore>> Questa volta fu il centurione a pronunciarsi per primo:<<Se non c'è altro, noi andremo ad eseguire gli ordini>> <<Ma certo, andate pure.>> Druso indicò la porta con un cenno del capo. I due ufficiali salutarono e, voltati, si accinsero ad attraversare la soglia. <<Ah, centurione...>> <<Signore?>> Rutilio si bloccò sull'uscio. <<Voglio un buon lavoro: se fallirai ne pagherai le conseguenze, in un modo o nell'altro. E con te tutta la mia avanguardia.>> <<Non vi deluderò, signore.>> Druso abbozzò un sorriso, pensando che per l'ennesima volta le raccomdandazioni per il robusto centurione erano parole sprecate. Strisciando tra la bassa vegetazione, Plauto era seguito da una manciata di legionari. Indossavano solo le tuniche militari in quella fredda notte e portavano con sè solo due pila per ciascuno, il gladio e il pugio. Niente elmo e niente lorica tantomeno gli ingombranti scuta: sarebbe bastato un riflesso della pallida luce lunare, che fortunatamente si stava rivelando molto utile ai soldati, o un piccolo tintinnio per segnalare la loro presenza anche a miglia di distanza. Fino ad ora nè la sua colonna nè quella comandata dal centurione aveva avvistato movimenti dei nemici. In lontanza avevano scorto i bagliori dei fuochi accesi per i bivacchi, ma quando si erano calati nell'erba fitta avevano perso di vista quei bagliori. "Spero solo di non essermi perso" pensò tra sè fermandosi per un attimo. Anche i suoi uomini si arrestarono per riprendere fiato. Nonostante la tensione fosse alta, dovevano rimanere bassi e fare meno rumore possibile. Il piano architettato da Rutilio era davvero geniale per un uomo come lui: aveva deciso di dividere la mezza centuria a sua disposizione in due tronconi per togliere di mezzo le sentinelle nel modo più veloce possibile. Era vero che di pattuglie ce n'erano poche, ma quelle in servizio si spostavano su di una zona molto ampia: se sarebbero rimasti uniti non avrebbero portato a termine l'incarico per tempo. Plauto si voltò indietro e verificò che tutti gli uomini stessero al passo. Iniziarono, poi, a strisciare nuovamente tra l'erba, avanzando invisibili come fantasmi. L'umidità si era già parzialmente raccolta sulle foglie verdi che ricoprivano il suolo, inzuppando le tuniche dei legionari man mano che questi procedevano. Plauto tentava di non badare alla fastidiosa sensazione provocata dalla ruvida stoffa che si incollava alla pelle del petto e del ventre, soprattutto perchè in quel momento aveva altri pensieri per la testa: dove era finito Rutilio e a che punto erano arrivati i suoi uomini? <<Ecco il primo dei loro fuochi>> Fu un legionario a indicare al centurione la posizione del primo picchetto di guardia nemico. Intorno ad un allegro fuocherello si erano radunati una manciata di guerrieri che chiacchieravano scaldandosi e bevendo birra. Dagli avanzi di cibo che giacevano a terra, Rutilio si rese conto che avevano appena finito di consumare il rancio serale. Presto alcuni di loro sarebbero piombati nel sonno, mentre altri avrebbero preso a gironzolare nei dintorni. Il centurione fece sostare i suoi uomini per qualche minuto al riparo tra la vegetazione, approfittando del momento per analizzare i barbari e il territorio. Questo era prevalentemente pianeggiante, un posto adatto dove poter far accampare un esercito di quelle dimensioni. Poco lontano si udiva il languido corso del Reno che defluiva nel canale menzionato pochi giorni prima dal legato. "Non c'è che dire" pensò" quel perfettino del legato ci ha saputo fare con questa fogna di posto." Saggiò con una mano la tunica fradicia d'umidità storcendo la bocca in una smorfia di fastidio e disgusto assieme. Quei Sigambri sembravano adattarsi benissimo in ogni condizione: alcuni si erano già allontanati dal fuoco prendendo con sè lunghe lance e gli scudi ovali. Non tutti indossavano protezioni adeguate: Rutilio fu sollevato da quella constatazione. La maggior parte delle sentinelle apparteneva ai reparti di fanteria leggera. Si guardò intorno e si assicurò che tutto procedesse secondo i piani. Quando anche gli ultimi barbari caddero assopiti nelle rozze coperte stese a mo' di giaciglio, Rutilio fece segno a due dei suoi di procedere in avanti in direzione degli addormentati. Gli altri lo seguirono con i pila tra le mani. Si diressero lentamente verso quattro guardie che stazionavano da quelle parti. Non si erano accorti della loro presenza. Posò a terra i giavellotti, imitato dai suoi, e sguainò il pugio. Chinatosi, poi, sulle ginocchia avanzò velocemente con uno scatto in avanti fiondandosi all'ìimprovviso su di un guerriero: tappatogli la bocca con una mano, fece scorrere velocemente la lama dell'arma lungo al gola del nemico squarciandogli la carotide. Il corpo si afflosciò a terra sprizzando molto sangue nei primi attimi. I legionari, intanto, sistemarono anche il resto della pattuglia. Rutilio, a quel punto, fece segno di portare via i cadaveri gettandoli tra la vegetazione. L'ordine fu subito eseguito e l'unica traccia che rimaneva della presenza degli uomini erano svariate pozze di sangue che si sarebbero raggrumate presto. Intanto, anche gli altri due soldati ritornarono avendo ucciso nel sonno i restanti membri del picchetto. Rutilio era contento: la situazione si poteva sempre complicare, ma per il momento volgeva a suo favore. Gettò uno sguardo furtivo alla luna piena che si stagliava netta contro il cielo nero senza nuvole prima di gettarsi nuovamente tra l'erba seguito dai suoi uomini. <<Avanti!>> Plauto sussurrò l'ordine rendendolo appena comprensibile per i suoi. Questi, alzatisi quasi in piedi, lanciarono la prima salva di pila cogliendo di sorpresa tutti i Sigambri fermi nella notte. I loro fuochi li stavano tradendo, rendendo ancor più visibili le loro posizioni. Le armi, rese inutilizzabili a causa del forte impatto, furono spezzate per non rendere visibili i manici in lontananza. I calzari chiodati ammaccavano l'erba ad ogni passo. Si mantenevano bassi, stringendo freneticamente le armi e guardandosi attorno temendo il peggio da un momento all'altro. Plauto avvistò un usipeto che si era allontanato dal gruppo per occuparsi dei suoi bisogni. Mentre ordinava ai legionari di occuparsi degli altri, lui si diresse verso il barbaro che non lo aveva visto avanzare dietro di sè, continuando ad orinare. L'optio sguainò il gladio con uno stridore metallico che sembrò esageratamente forte. L'usipeto non se ne rese conto. Plauto ne approfittò e affondò la lama in profondità, trafiggendo con violenza la schiena del barbaro. Dalla meraviglia dell'evento inatteso, l'usipeto spalancò gli occhi, riuscendo ad emettere solo un rantolo strozzato prima che il sangue gli affluisse in gola soffocandolo. Etratto il gladio, Plauto lo ripulì sulla veste dell'uomo ormai a terra esanime e lo rinfoderò piano, attento a non provocare rumori. Fuggì via veloce raggiungendo i suoi soldati che aveno già individuato a qualche miglio di distanza il prossimo picchetto. La mattanza sarebbe durata ancora per qualche ora, a meno che un Tenctero o un Sigambro sarebbe stato più veloce e astuto di loro, scappando e dando l'allarme. "Questo non accadrà, almeno fin quando ci sarò io su questo campo". <<Ci sono tutte?>> <<Sì, signore: tutte le navi sono in posizione con equipaggio e classiari a bordo.>> Il navarco era serio e imperscrutabile da quando avevano inziato a solcare le gelide acque del Reno. Erano sboccati nella sezione di mare chiamato del Sud. Dal castello di poppa della sua imbarcazione da guerra, Druso poteva scorgere tutta la costa e, all'orizzonte, perfino le parti più alte delle torrette di avvistamento che facevano parte del forte assediato. <<Comunica agli altri navarchi di procedere lungo la costa>> Il legato mise le mani sui finachi e scrutò il cielo:<<Tra pochi minuti sorgerà il sole e voglio tutti gli uomini sul ponte>> <<Sì, signore>> Il navarca salutò e si diresse verso il castello di prua da dove poter segnalare gli ordini ricevuti. Una leggera brezza aveva spinto fin lì le navi, gonfiando le loro vele. Ora, si stavano avvicinando a colpi di remi alla costa, mentre alcuni membri dell'equipaggio ammainavano la vela e tiravano giù l'albero maestro per fare spazio alle truppe di classiari. Gli addetti agli scorpiones e alle baliste si erano già messi all'opera, controllando ogni singolo pezzo delle macchine. Improvvisamente presero velocità. Druso vide che tutti i classiari pian piano erano riusciti a salire sul ponte ed erano armati di tutto punto, coadiuvati anche da alcuni reparti di fanteria legionaria. Il vento spirava ancora questa volta più impetuoso, ma non poteva permettere di far alzare la vela: sarebbero stati subito avvistati perdendo così l'effeto sorpresa. Il resto della flotta li seguiva lenta ed ordinata con il battere della voga scandito da forti colpi di martello. <<Avanti con quelle cime! Togliete questi paletti da qui!>> Ognuno faceva la sua parte a bordo e presto Druso avrebbe dovuto di nuovo confrontarsi con nuovi nemici. L'alba era appena spuntata. Il suo roseo velo illuminava interamente l'ampia zona, mettendo in risalto le costruzioni romane e i fumanti resti dei bivacchi germanici. In prossimità della costa i remi furono ritirati a bordo e le navi si allinearono procedendo con la forza rimanente impressa loro dall'intensa vogata. L'equipaggio aveva già posizionato le rampe lungo al fiancata mentre il navarco, accanto al timoniere, sovrintendeva alle manovre di accostamento. Quando le navi furono ancorate saldamente, le rampe furono calate nell'acqua bassa e i centurioni dei classiari e dei legionari fecero sbarcare i propri uomini. Unità dopo unità i Romani occuparono tutta la costa mentre i Germani si stavano appena rendendo conto di quello che stava per succedergli. Ma quando il suono del primo corno si levò nell'aria straziata del primo mattino era già troppo tardi.1 punto
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Ciao Orlando...credo che per il momento covenga rimanere nel topic per cercare di ottenere da Babbo Natale...una sorta di gradito regalo. ANDIAMO SUL CONCRETO La proposta tecnica è di etrema semplicità. Piakos e Bizerba sono due legali...nel Forum ce n'è probabilmente qualcun altro che saremo ben lieti di avere vicino. Monbalda è un tecnico la cui preparazione e professionalità è stata apprezzata Acraf è un valente studioso di monete classiche, con ampie esperienze in tema di pubblicazioni ed è vicino all'ambiente dei Beni Culturali. Alberto Varesi è un numismatico professionista titolare di una blasonata casa d'Aste. Incuso ha valenze e competenze che sono sotto l'occhio di tutti. Polemarco, potrebbe anche darci una mano. Qualcun altro che in questo esatto momento mi sfugge...può contattarci. Già siamo in presenza di un nucleo ristretto che potrebbe continuare a studiare, pensare, elaborare la materia...anche sulla scorta e sul confronto della precedente eperienza in area riservata. OLTRE AL FORUM....SI PUÒ USARE IL FAX...IL TELEFONO...LE MAIL...LE CENE...LE OCCASIONI NUMISMATICHE...SKIPE...VIDEOCONFERENZE e quant'altro... Poi...elaborazione in corso...si può valutare a chi fare riferimento...chi altri contattare...come spendere il lavoro. Temo che attendere l' imprimatur di un'ampia fetta della Numismatica associata o istituzionalizzata, per poi partire...possa significare rimanere sul binario...almeno per un bel pezzo. A parte la veste di ottimo pretesto per non impegnarsi in questa Sede...stupirebbe che non ce ne volessimo capacitare. Per solito, globalizzazione anche alla mano, prima si confeziona un prodotto...anche sotto forma di prototipo...poi si cerca di commercializzarlo. Un buon lavoro...non resta orfano. SPECIFICAMENTE, SE TUTTI SANNO CHE CE NE STIAMO OCCUPANDO. A latere si potrebbe aprire una discussione nel Sito (dove i guastatori verrabbero ammoniti e/o allontananti) per aggiornare i lavori e raccogliere idee. Di questo potrei occuparmente io...come relatore, non come titolare...come uomo di fatica per dirla tutta. Casomai chiederei ad Acraf di coadiuvare. Ovvio che, faticatori a parte...la dicussione resterebbe a libero accesso di ogni membro attivo. Per quanto riguarda gli studi ed il lavoro, il Forum potrebbe anche essere solamente un tramite...una stanza...un confronto...un consesso dove trovare sponde...una sorta di casa od ufficio. Certo...al momento opportuno andrà citato e ringraziato. Sarebbe il minimo. Dico a tutti Voi ed a nessuno in particolare...ma ci vorrebbe tanto? Se non lo si vuole fare nell'ambito su descritto...per motivazioni le più disparate e personali...è un altro discorso. ALTRE PROPOSTE DI AFFINAMENTO OD ALTERNATIVE...SARANNO LE BENVENUTE. Mi permetterete tuttavia di avanzare fortissime perplessità sul mancato funzionamento di un tale approccio, sotto il profilo tecnico. Questo credo sia il mio quarto o quinto post che chiede di pervenire ad una qualche conclusione. Se mi aiutate a rimanerci sopra ed a cercare di stringere...ve ne sarò grato.1 punto
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In certi momenti od in certe discussioni emerge non lo spirito del fare e nemmeno la coesione sulla scorta di interessi e passioni comuni ... quanto una spinta irrefrenabile a dire e non dire tutto ed il contrario di tutto...come se un fuoco sacro ci spingesse a dare voce...voce...voce. Prevale il parlare per parlare, sul decidere di fare. Alla fine è intervenuto anche l'Editore... nel probabile ed auspicato tentativo di favorire delle conclusioni e con alcune osservazioni generali che, al modestissimo scrivente, appaiono valide e interessanti...in quanto poste in un ambito generico e del tutto impersonale. Tornando ai miei interventi, confesso che a volte la pochade può essere un vecchio trucco dei teatranti per animare una discussione. Rammento al riguardo che l'Avvocato a volte è costretto ad essere anche un po' attore. Fa parte del gioco della vita e della Professione. Quindi: in primis mi scuso per aver forse interpretato, sporadicamente, tale ruolo...ma a fin di bene. Ho cioè evitato di essere categorico o severo, cioè molto serio, per non tagliare ponti e per lasciare delle possibilità a questa discusione di pervenire a cose concrete nell'interesse comune. Evidenzio che le energie che abbiamo profuso in questa discussione, sorta di solo prologo o premessa per miglior fine, avrebbero potuto - fosse partito il lavoro che auspichiamo - far avanzare di un decimo ( a dir poco...) qualunque progetto :o . Gli spunti sono stati molteplici, certamente molto intereressanti, alcuni arricchenti ed altri persino rivelatori...ma dobbiamo darci un taglio perchè abbiamo ampiamente sviscerato una fase preliminare mentre nulla si dice su cosa infine fare o non fare. Sono peraltro sicuro che tutti abbiamo anche altre cose che meritano il nostro tempo. Per tornare ad essere molto serio, sono anche sicuro che il lavoro che ha potuto svolgere l'esimio collega Michele Cappellari, nell'area dedicata a DIALOGO LEGISLAZIONE è stato difficile, impegnativo e brillante, per i limiti di quanto possa essere stato possibile fare. Al riguardo e per tale ambito non può che andare al medesimo il mio plauso e la piena solidarietà professionale. Se in questa discussione c'è stata qualche divergenza con il medesimo, riguardo a strumenti e contesti, anche con passaggi vagamente goliardici, ciò non può assolutamente andare a scalfire la stima, non solo professionale, nutrita nei confronti del collega e dell'amico. Sono anche grato a tutti gli altri che hanno consentito di approfondire una problematica delicata e difficile. Concludo nell'auspicare che si possa pervenire a qualcosa di concreto nell'interesse del collezionismo numismatico. Al riguardo nulla posso, se non confermare la mia disponibilità al riguardo. I miglior auguri a tutti per il miglior 2012.1 punto
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Gli errori del passato non dovrebbero mai essere "Demotivanti" ma andrebbero considerati come preziosi elementi per evitare futuri fallimenti. Il "famoso" tentativo dell'area DIALOGO LEGISLAZIONE non riuscì minimamente nel suo intento, questo mi sembra un dato che concorda con molti dei vostri scritti. Dissento invece sul tentativo di affibbiare al forum responsabilità che non ha. Mi spiego meglio... come già detto dal buon CenturioneAmico il forum mise a disposizione "LO STRUMENTO" e alcuni utenti come trait d'union con il mondo del collezionismo (tra questi anche validissimi giuristi). Lo strumento informatico non ha funzionato? non mi sembra. Allora non ha funzionato l'anello di congiunzione? non mi sembra #2. E allora cosa non ha funzionato? Su questo possiamo discutere, ma si tratta ovviamente di problemi non legati allo strumento FORUM. Posso solo dire che nei primissimi giorni dell'iniziativa ricevetti come amministratore del forum forti pressioni (esterne a lamoneta.it) per far si che "il pallino " dell'iniziativa venisse dato a ben più prestigiosi "istituti". E' chiaro che in gioco sono entrati personalismi che alla fine hanno ucciso il progetto. Non ci interessa assolutamente chi porta il PALLINO dell'iniziativa, ma ci interessa che qualcosa si faccia. Per questo trovo assolutamente positiva una nuova spinta in tal senso. La rete è piena di esempi virtuosi di questo tipo, iniziative partite dal basso (sperando di non offendere nessuno), dai forum, dai blog, dalle comunità virtuali in genere. Forse, invece di sputare sul piatto dove mangiamo, dovremmo iniziare a ragionare sull'arretratezza culturale del nostro paese e sull'incapacità "dei portatori di pallini" di ascoltare e raccogliere da questi movimenti propositivi e spontanei. Si continua a pensare che il forum voglia sostituirsi ai professionisti, ai salotti bene... e per questo si ergono palizzate e fossati. Non è assolutamente così... il nostro ruolo è ben altro. In altri paesi con questi movimenti si iniziano perfino a vincere le elezioni. Concludo con una domanda: è il forum che sbaglia riportando "ciclicamente" questo problema sotto i riflettori o chi "tira a campà"? Un cordiale saluto a tutti e buon anno!1 punto
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caspita a me ancora manca tutte in francia i trovano e pensare che a Rivoli dove abito c'è la casa del Conte verde :blum:1 punto
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ciao alain confermo per il forte escucellato I tipo di amedeo VI Simonetti 14 Biaggi 74 MIR 84 anzi posso dirti che sul MIR è 84 d coniato a Pont d'Ain da Bonaccorso Borgo non vedo i segni di zecca sul diritto ma al rovescio si vedono gli "speroni" a 5 punte a fine legenda, dovrebbero esserci anche nella legenda del diritto ma io non riesco a vederli.... non ho ancora finito la scheda sul catalogo di Amedeo Vi.... altrimenti ti facevo inserire l'immagine.... ciao!1 punto
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Fu coniato dal 1355 al 1359 dallo zecchiere Bonaccorso Borgo nelle zecche di Chambery, Pont d'Ain e Pierre Chatel. Mi parrebbe la zecca di Pont d'Ain (stellette), ma attendiamo il parere di qualche esperto.1 punto
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Ciao Renato, sono stato autorizzato dal Sig. Tevere a pubblicare l'immagine in allegato contenente la sintesi di quanto mi scrisse nel 2009 a riguardo delle due rigature. Ringrazio per questo molto il Sig. Tevere, a nome mio e di tutti. Oltre alla gran bella immagine di confronto delle due rigature del 20 lire Impero 1936, penso davvero che Il suo autorevolissimo parere possa aiutare a chiarire l'argomento. Un salutone, Antonio1 punto
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Finalmente ! Dopo tanti complimenti, finalmente una critica. Non che questa mi trovi concorde, sia chiaro, ma bisogna ammettere che sono le critiche quelle che fanno crescere, non i complimenti. Non posso che raccogliere l'auspicio di una seconda edizione meno imprecisa e farlo mio. Perché ciò avvenga, però, bisogna che lei, gioacchino65, condivida le sue conoscenze con l'autore, Davide Fabrizi, o la seconda edizione (che potrebbe arrivare anche a breve, viste le vendite) vedrà la luce ancora priva di quelle varianti e tipologie a lei note. Sono sicuro inoltre che Davide sarà ben felice di confrontarsi con lei e di argomentare le eventuali scelte che in taluni casi hanno decretato le esclusioni lamentate. Detto questo voglio chiarire un paio di cose che mi sembrano doverose nei confronti di quanti hanno lavorato alla stesura del "MIR Napoli", autore in primis. A me il libro piace, e molto. Trovo che incarni pienamente lo spirito di questa collana: in una veste essenziale (non ci sono le foto a colori, é vero, ma ditemi quale opera di questa fascia di prezzo le possa vantare) e "minuta" (formato non proprio tascabile, ma almeno trasportabile) sono presenti contenuti degni delle opere maggiori.Nello specifico i collezionisti di monete napoletane, ad oggi, hanno potuto contare su testi certamente importanti, dal Cagiati al Corpus Nummorum ed infine al ricercatissimo Pannuti e Riccio, ma alcuni di questi sono ormai obsoleti, altri poco pratici e comunque tutti molto più difficili da reperire. Il MIR nasce con lo scopo di fornire uno strumento di facile consultazione, di formato "umano", pratico nell'impaginazione foto/testo e completo di indicazioni commerciali (rarità e prezzi), oggigiorno richiestissime. Il tutto ad un prezzo di copertina che é di gran lunga inferiore a quello delle opere più "blasonate". Se a tutto questo aggiungiamo che ogni volume presenta moltissimi esemplari mancanti nei testi principali, e persino diversi inediti (in questo caso sono un centinaio le monete sconosciute al Pannuti e Riccio) mi vien da dire.....scusate se é poco ! L'autore ha apportato a mio avviso il suo contributo alla conoscenza della numismatica partenopea con una pubblicazione che, proprio per contenuti, si pone un gradino al di sopra anche dei succitati testi. Sicuramente non ha detto la parola definitiva, ma non era certo nelle sue intenzioni farlo.1 punto
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