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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 01/10/12 in tutte le aree
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Buongiorno a voi, mi era sfuggita la richiesta di lollone; provo dunque a rispondere ora. Ringrazio innanzitutto Rob€rto, per le belle foto che ha postato: sì, qualche piccola traccia di usura effettivamente c’è, ma tutto sommato resta irrilevante e la moneta appare comunque di una freschezza notevole. Come dicevo sopra, ciò che a mio avviso rende questo esemplare molto interessante sta nel fatto di poter stabilire qual’è la faccia battuta con il conio d’incudine e quella battuta con il conio di martello. Se la vista non m’inganna, l’ombra che vedo a circa ore 13, nella parte superiore della foto recante il lato della moneta con l’immagine di san Donato, mi fa pensare che sia proprio questa la parte battuta con il conio di martello. Si può infatti notare come sotto la pressione del colpo, il tondello, che evidentemente deve essere stato posizionato sul conio di incudine in modo non perfettamente centrato, si sia espanso “arricciandosi” verso l’alto. Per intenderci, è lo stesso principio che veniva utilizzato per creare - in tal caso intenzionalmente - le monete scodellate (non le scifate però, per le quali venivano utilizzati conii ad hoc). In realtà conosco altri denari aretini con la stessa caratteristica, alcuni dei quali sono illustrati nel volume di Maria Vanni F., Arezzo, san Donato e le monete, Firenze 1997, mentre un altro esemplare con la stessa particolarità è stato venduto il 26 maggio scorso da Bolaffi (lotto 195). Perché questo elemento è tanto importante? Ovvero, perché è importante stabilire quale sia il dritto e quale il rovescio di una moneta? Generalmente si ritiene, verosimilmente a ragione, che la faccia principale della moneta sia quella recante il nome, l’immagine o comunque il richiamo all’autorità emittente. Inoltre, dal momento che nell’antichità la rappresentazione di tale autorità emittente era incisa generalmente sul conio di incudine (nel medioevo chiamato anche pila), meno soggetto a rotture rispetto a quello di martello (detto torsello), gli studiosi hanno da sempre considerato, e anche in questo caso con buone argomentazioni, quello di incudine il conio più importante, estendendo ulteriormente il ragionamento anche ai periodi successivi a quello antico. Si può dunque dire che secondo questa teoria conoscere il dritto di una moneta vuol dire, in buona sostanza, poter stabilire chi l’ha emessa. Ora, è chiaro che se ciò si può sostanzialmente concedere per l’età classica (e anche qui con le dovute riserve e cautele), dove, di volta in volta, vi era in pratica un’unica autorità sovrana avente diritto di monetazione, per i periodi tardoantico e medievale, per i quali si parla di concessione dello ius cudendi, di delega, di autorità delegante e di autorità delegata, ecc.., la questione diventa per certi versi più complessa e spesso assai problematica. In certi momenti si verifica infatti una sovrapposizione tra l’autorità delegante lo ius monetandi e l’autorità delegata, mentre in altri casi assistiamo ad una usurpazione del diritto di monetazione da parte di autorità che tuttavia mantengono, per opportunismo, per timore o per altri motivi ad oggi sconosciuti il proprio nome su di un lato della moneta e quello dell’ “autorità delegante” sull’altro. In questi casi si vede come, tenendo ferma la “regola dell’autorità emittente” appena ricordata, emerga chiaramente la difficoltà di stabilire quale sia il dritto e quale il rovescio di una moneta. In altre circostanze sembra invece che, almeno apparentemente, le monete non contengano né il richiamo all’autorità delegata né tantomeno a quella delegante. Se, infine, si tiene presente come, a differenza delle monete scodellate, sulle monete piane medievali accada spessissimo di non poter neppure stabilire quale sia il lato impresso dalla pila e quale quello impresso dal torsello, si capisce come risulti particolarmente difficoltoso, in mancanza di altri dati, stabilire chi realmente abbia emesso la moneta. Trovare esemplari come quello di Roberto, sui quali si possono “leggere” il conio di incudine e quello di martello è dunque molto importante per lo studioso. Essi consentono di poter stabilire con una certa sicurezza che per i denari aretini (o almeno per alcune emissioni) il conio di incudine era quello recante la legenda + dearitio e la croce a tutto campo, mentre il conio di martello portava inciso la scritta + sdonatus e la rappresentazione del santo a mezzo busto, con aureola e pastorale. Ora, secondo la teoria per la quale conio di incudine = dritto della moneta = faccia principale , quest’ultima sarebbe proprio quella con il nome della città sede di zecca, in questo caso Arezzo/Cortona. Ma allora chi emise concretamente la moneta? L’autorità vescovile, che quel diritto l’aveva ottenuto nel 1052 dall’imperatore Enrico III di Franconia? Oppure il comune, che non aveva invece mai avuto diritto di zecca? Le cose per il momento non solo non sono chiare, ma si complicano ulteriormente. Infatti, se ad Arezzo/Cortona si lavorava così come abbiamo appena visto, evidentemente non si faceva lo stesso a Massa Marittima. I conii di questa zecca - attivata dalle autorità comunali, si badi - conservatisi fino noi permettono di stabilire che almeno per quanto concerne i grossi lì coniati (ma probabilmente anche i denari piccoli furono battuti nello stesso modo: cfr. Sozzi M. L’agontano di Massa di Maremma, in Travaini L. (a cura di), L’agontano, una moneta d’argento per l’Italia medievale, s.l. 2003, p. 133, fig. 19,) il conio di incudine era quello con la scritta + sancerbon’ e l’immagine del santo nel campo, mentre il torsello era quello con la croce e il nome della città (+ demassa): esattamente il contrario di come si producevano le monete piccole ad Arezzo (questa distinzione tra moneta aretina piccola e grossa è importante perché la moneta grossa potrebbe essere stata battuta diversamente...). Questo fatto ha portato Lucia Travaini, con la quale personalmente concordo, a ipotizzare che la lettura corretta di queste monete in particolare, ma in generale di tutte le altre della stessa tipologia, sia quella che vede il nome del santo precedere quello della città della quale egli era il patrono e il protettore (la sigla “PP” che si trova su diverse emissioni di area Tosco-Emiliana-Marchigiana): - san Cerbone di Massa, - san Donato di Arezzo, - san Ciriaco di Ancona, - san Silvestro di Chiusi, ecc. Ma se questa lettura è corretta e la faccia principale si deve riconoscere in quella con la rappresentazione del santo - e ciò, stando a quello che si è detto sopra, deve valere almeno per le monete di Massa Marittima -, sorgono, come si può ben vedere, alcune questioni insidiose... ... Chi ne sa individuare qualcuna? Cordiali saluti, Teofrasto CONTINUA (forse: lavoro permettendo!!!??? :blink: )3 punti
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PARTE PRIMA - IL BALUARDO DELLA ROMANITA' <<Muovetevi scansafatiche! Voglio quelle baliste in posizione entro oggi!>> <<Lì, quelle munizioni! Avanti!>> <<Cosa succede, signore? Mi avete mandato a chiamare?>> L'optio si irrigidì appena arrivò alla postazione, salutando il superiore. <<Sì, Plauto.>> rispose il centurione, smettendo per un attimo di sbraitare ordini alla massa di armati che manovrava intorno alle macchine << Il legato ha stanato l'ultimo gruppo di quei selvaggi. Ha ordinato un attacco decisivo e il nostro compito è quello di coprire l'avanzata della fanteria>>. spiegò Rutilio con la solita calma che lo prendeva sempre prima di una battaglia. <<Finiamo di mettere a punto un altro paio di particolari e procediamo>> concluse. Anche se il sole si iniziava a salire in un freddo cielo plumbeo, l'aria non accennava minimamente a divenire più mite: l'alito degli uomini si condensava in piccole nuvolette di vapore che uscivano dalle bocche e dai nasi quando si effettuavano sforzi o si respirava semplicemente. Il tintinnio delle armi ricopriva ogni altro rumore e nella postazione dell'artiglieria sotto il comando del centurione Quinto Rutilio ferveva un'incredibile attività. <<Bene, signore.>> L'optio si congedò sapendo cosa doveva fare. L'ufficiale era felice di avere un sottoposto così abile nonostante la sua giovane età. Sarebbe diventato un ottimo elemento, quel Plauto, un giorno. "Forse sarà capace addirittura di prendere il mio posto" pensò tra sè il centurione. Sorrise senza darlo a vedere, soffiò un po' nelle mani chiuse a pugno nel vano tentativo di scaldarsi:<<A destra quei bracci! Servono per quelle macchine!>> Imbracciò il bastone di vitigno e scese lungo una breve collinetta da cui si dominava tutta l'ampia vallata verdeggiante sottostante. Nonostante fosse ricoperta di nebbia, Rutilio sapeva che il legato aveva scelto bene: quello era il posto migliore per affrontare l'ultimo gruppo di barbari. Ciò che rimaneva di una potente e pericolsa orda di Rezi e Vindelici. La loro fama di guerrieri impavidi e coraggiosi sarebbe caduta una volta per tutte all'ombra di quegli alti monti severi che incorniciavano la Provincia. Un ghigno di soddisfazione si dipinse sul volto rigoso del centurione che si infilò i pollici nel centurione. "Gliela faremo vedere a questi selvaggi, gliela faremo vedere". Nè la nebbia nè il freddo accennavano a scomparire. Fortunatamente qualche raggio di sole aveva penetrato le nubi nel cielo terso riscaldando almeno l'animo teso degli addetti alle baliste. <<Tutte le macchine sono montate, gli artiglieri in posizione e le munizioni sono state ripartite, signore>> L'optio era ritornato al fianco del centurione ammirando con occhio esperto i macchinari e gli uomini immobili sotto di lui. Appena sarebbero entrati in azione avrebbero dovuto fare più vittime possibili anche perchè il nemico non si aspettava una copertura così ben congeniata. <<A che distanza sono le coorti di fanteria?>> chiese all'improvviso Rutilio. <<Arriveranno tra qualche ora, signore. I legionari del legato Claudio Druso hanno ricevuto rinforzi da parte dei reparti di suo fratello, Tiberio>>. L'optio sembrava rassicurato da quella notizia. La maggior parte degli uomini era sempre poco sicura prima di una battaglia: questa volta non facevano eccezione neanche i suoi uomini, notò Rutilio vedendo alcuni legionari spostare il peso del corpo da un piede all'altro a causa del nervosismo. <<Benissimo, Plauto. Intanto prendi un paio di uomini con l'ordine di avvisarci quando dovremo iniziare. Capito?>> <<Sì, signore>> <<Io mi occuperò degli artiglieri>> <<Bene, signore. E' tutto?>> <<Sì, vai ora>> Plauto scattò sull'attenti, rigido come sempre e poi trotterellò via per eseguire gli ordini. Rutilio si avvicinò ai responsabili dei gruppi di legionari radunati intorno ad ogni balista: parlava con loro, gli dava le ultime istruzioni, chimanadoli per nome e battendo loro un'amichevole pacca sulla spalla provocando il consueto rumore di ferraglia quando il palmo della mano impattava con la cotta di maglia. Continuava promettendo onori e promozioni ai vincitori dello scontro imminente e facendo pregustare ai sottoposti le decorazioni che tanto bramavano di stringere al petto con orgoglio. Passò in rassegna quasi tutte le postazioni quando, improvvisamente, vide venire verso di lui un legionario disarmato a passo svelto che gli si fermò a pochi palmi dal naso salutando militarmente con gran fracasso. <<Allora?>> Rutilio ignorò quasi il segno di rispetto che gli veniva presentato di consueto. <<Signore, l'optio mi ha incaricato di avvisarvi che i legionari sono arrivati: il legato Claudio Druso e suo fratello sono giunti al campo e stanno finendo di schierare le coorti nella vallata. Mi ha anche incaricato di dirvi che al suono della prima buccina che udirete dovrete far partire il tiro di copertura>>. <<C'è altro?>> <<No, signore>> <<Congedato!>> Il centurione lo allontanò con un cenno della mano. La nebbia si era vistosamente diradata ma persisteva nello spazio sottostante. Sarebbe stato difficile distinguere e centrare i nemici tra quei banchi. Ma la sua unità era stata scelta appositamente per quell'incarico: aveva in dotazione le migliori baliste della legione con il personale meglio addestrato ed equipaggiato. "E' tutto nelle nostre mani: Roma ci guarda!" Rutilio raddrizzò la schiena incrociando le mani dientro di essa, si posizionò in un punto dove potesse tenere tutto sotto controllo e poi aspettò il segnale. Sarebbe arrivato da un momento all'altro e questo significava che i Rezi e i Vindelici erano già stati avvistati. Rutilio non sentiva ancora niente. Ora si era alzato anche un vento fastidioso che non avrebbe giovato minimamente alla comunicazione acustica tra i reparti. Nonostante ciò, continuava a tenersi in allerta per cogliere anche il più piccolo sibilo. Quando arrivò fu improvviso e deciso: il suono, composto da due sole note, secche e prolungate, si diffuse per tutta la vallata infrangendosi, poi, dritto sulle pareti rocciose delle montagne. Non vi erano dubbi: i barbari stavano avanzando e i legionari del legato erano pronti. Ora toccava a lui. <<Uomini, caricate!>> L'ordine fu ripetuto più volte, iniziando dal suo optio Plauto. Decine di assi di legno si mossero quasi all'unisono provocando un assordante rumore mentre le matasse si attorcigliavano facendo tendere i bracci di carico delle macchine. Ogni legionario aveva già preso un dardo pesante colla punta acuminata che brillò severa al leggero sole. Mentre veniva posizionata lungo la rampa di lancio un altro addetto si occupava di fissare il meccanismo di lancio ad una corda. I responsabili delle baliste supervisionavano le azioni pronti a ripetere i comandi gridati dai superiori. Rutilio attese per un attimo, il tempo necessario che tutti gli artiglieri avessero caricato le loro batterie. <<Tirate!>> Con un tonfo deciso il meccanismo di lancio fu sbloccato e i bracci furono sbalzati indietro con violenza, fermandosi negli appositi spazi per contenerne l'impeto. Le matasse si allentarono e i dardi partirono con incredibile velocità piantandosi nel terreno verde della valle. I legionari ancora non avanzavano, ma ora sia Rutilio che Plauzio poterono sentire le urla di sfida che i Rezi e i Vindelici lanciavano agli avversari. <<Quanti saranno, signore?>> Plauto sembrava davvero interessato. <<Spero abbastanza per i nostri dardi>> Rutilio non distolse lo sguardo concentrato dall'orizzonte incerto. Gli artiglieri presero nota del lancio appena effettuato per regolare la distanza e la gittata di ogni macchina. Regolarono quelle che ne avevano bisogno, abbassando o alzando i supporti delle baliste. <<Più precisi sulla sinistra, Cassio!>> Il centurione urlò impietosamente al reponsabile dell'ala sinistra. Grida. Fracasso di armi. Canti lugubri e incomprensibili per i Romani. Si levarono all'improvviso facendo gelare il sangue nelle giovani vene di Plauto: migliaia di barbari spuntarono dalla nebbia sparpagliati su tutto il pianoro lanciando insulti alle schiere avversarie. Alcuni provocavano i Romani avanzando fino a rientrare nel tiro dei pila dei legionari, mostrando i petti protetti da corte cotte e piastre metalliche. Rutilio vide che nessuno dei soldati di Druso si mosse e tutti rispettarono la propria posizione. <<Sono sotto tiro, signore>> Lo informò Plauto. <<Vedo.>> Poi rivolto agli artiglieri:<<Avanti! Tirate senza pietà e abbattete quei cani!>> L'ordine fu appena diffuso che subito i bracci si ritesero, furono caricati e scattarono feroci contro i nemici. I dardi si alzarono in aria raggiungendo il punto più alto della parabola che disegnavano nel cielo. Sembrò che rallentassero per un attimo per poi riprendere ancor più veloci la loro corsa fendendo la nebbia e schiantandosi tra le schiere dei barbari. Alcuni colpi andarono a vuoto e si conficcarono nel terreno o si spezzatono sulle rocce, ma molti altri andarono a segno: alcuni Rezi, che occupavano la parte destra dello schieramento nemico, furono infilzati a due a due, altri furono sbalzati addosso a coloro che li seguivano. Grandi voragini si aprirono anche dalla parte dei Vindelici, ma i barbari sembravano non curarsene e avanzarono correndo verso i ranghi immobili di Druso e Tiberio. Questi, appena visti i nemici urlanti costituire la vera minaccia, ordinarono di serrare i ranghi e prepararsi per subire la carica. <<Continuate, dannazione! Non è abbastanza: voglio vedere più morti impalati su quei dardi!>> Rutilio era deciso a non sminuire la fama di cui godevano i suoi uomini: li aveva addestrati quasi tutti personalmente, quando era responsabile delle nuove reclute, e si era affezionato ai sopravvissuti che ora si trovavano per l'ennesima volta uniti a fronteggiare la morte assieme. Nuovo carico, nuovo tonfo, nuove urla di dolore che si andarono a mischiare con quelle di battaglia. Questa volta i vuoti tra i nemici furono maggiori, ma ancora insufficienti: quattro uomini inciamparono su un solo dardo conficcato al suolo e caddero a terra calpestati dai compagni che correvano come furie con gli occhi rabbiosi iniettati di sangue. Lo stesso sangue che iniziava a bagnare l'erba del pianoro rendendola viscida e pericolosa addirittura per i calzari chiodati dei legionari. Centinaia di elmi brillarono sotto un pallido sole e altrettanti pila si alzarono in volo conficcandosi nelle parti scoperte dei corpi dei Rezi e dei Vindelici, spesso rendendo inutilizzabili piccoli scudi e perforando piastre e armature. Le baliste di Rutilio lanciavano dardi senza sosta. Abbattevano quanti più nemici potevano ma questi non si arrestavano. Sembravano diavoli inarrestabili che non avevano nulla da perdere: sarebbero morti comunque, lì o a Roma come prigionieri; tanto valeva cadere con onore impugnando la propria arma nel tentativo, vano peraltro, di opporsi alla più grande superpotenza del mondo. L'ultimo tiro fu quello più micidiale: un'intera linea di barbari fu colpita interamente lasciando sul campo una scia di cadaveri ridotti ad una irriconoscibile poltiglia sanguinolenta. <<Fermi!>> Rutilio osservò ancora per qualche istante i Rezi e i Vindelici avanzare fino a cozzare contro la linea formata dalle coorti romane. A quel punto la sua squadra poteva fare ben poco: altri tiri di balista sarebbero stati inutili, giacchè avrebbero messo a repentaglio anche la vita dei suoi stessi commilitoni a valle che stavano fronteggiando in uno spietato corpo a corpo quei feroci ed implacabili selvaggi. Gli artiglieri si immobilizzarono accanto alle macchine mentre Plauto si asciugava alcune goccioline di sudore freddo che gli imperlavano la fronte. Rutilio se ne accorse: tutti gli uomini avevano fino all'ultimo muscolo teso fino all'inimmaginabile. La tensione aleggiava nell'aria e vi si poteva respirare assieme, ancora più fredda e palpabile. L'ultima immagine che Rutilio conservò di quella giornata fu il movimento rotatorio della lama di un gladio che cadeva sulla testa di un Vindelico protetta da un elmo di bronzo conico: la protezione andò in frantumi, ma la lama non si arresto e fracassò il cranio dell'uomo. Schizzi di sangue e di materia cerebrale circondarono il tutto in un alone viscido e appiccicoso.2 punti
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Intervengo in questa interessante discussione, per dire che VE III avrebbe potuto licenziare Mussolini (non ancora il Duce acclamato dalle folle) all'indomani del delitto Matteotti, cioè nel momento in cui il fascismo era molto debole, dopo che alcuni esponenti della cultura italiana se ne allontanarono e ne criticarono la politica "squadrista". Non fece nulla e col discorso del 3 gennaio 1925, Mussolini instaurò la dittatura, sempre con il silenzio-assenso del Re. Un altro momento nel quale il Re poteva salvare l'onore della Dinastia e probabilmente il trono, è stato quello della emanazione delle leggi razziali nel 1938,a imitazione di quelle naziste, a cui appose la sua firma, avallando l'infamia della discriminazione degli ebrei e delle altre etnie , ritenute inferiori. A mio parere , se fosse stato devoto alla Nazione , avrebbe dovuto abdicare, per non macchiare i Savoia (e l'Italia) di un simile infamia, ma prevalse l'interesse dinastico, per timore di un colpo di mano del Duce che probabilmente avrebbe lasciato il trono vacante (stile Franco in Spagna) togliendo di mezzo la monarchia.2 punti
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Spero di aver fatto cosa gradita a tutti nell'aprire una nuova discussione in rilievo che raggruppi le monete e le medaglie battute nelle zecche del Sud con errori di conio o di punzonatura. Prima di procedere alla loro elencazione è utile studiarne la natura e la relativa classificazione, ringrazio il presidente dell'Accademia Italiana di Studi Numismatici, dott. Giuseppe Ruotolo, per aver pubblicato nel 1993 questo primo quaderno di studi in Cronaca Numismatica. Grazie alla sua competenza ed alla sua inesauribile opera pubblicistica possiamo studiare meglio questi fenomeni.1 punto
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Giunone Moneta e moneta, il tempio della dea ammonitrice e la zecca di Roma. Dedicato da Furio Camillo alle calende del mese di giugno del 345 a.C. e sorto sui resti dell’ormai distrutta dimora di Marco Manlio Capitolino, il tempio di Iuno Moneta, com’è noto, ospitava tra i locali ricavati nel suo podio l’officina della zecca di Roma. E’ altresì risaputo che l’antica pecunia, ovvero il prodotto coniato nei locali annessi all’edificio sacro, finì con l’essere identificata utilizzando proprio il termine Moneta, epiteto specifico della dea titolare del culto su cui, per completezza sia storica che etimologica, è bene soffermarsi. L’ammonimento che diede origine all’epiteto stesso, udito secondo la tradizione nel tempio della divinità, invitava i romani a sacrificare una scrofa pregna a seguito di un terremoto e sempre a guisa di ammonimento pubblico fu edificato il tempio di Giunone Moneta, sorto proprio sul sito ove in passato vi era la casa di colui che osò ambire al titolo di re e per questo gettato dalla rupe Tarpea. Anni prima del voto di Furio Camillo un altro avvertimento dato dalla dea, stavolta per tramite delle sue sacre oche, consentì allo stesso Marco Manlio, allarmato dallo starnazzare degli animali, di respingere un furtivo attacco portato al Campidoglio dai Galli di Brenno, impegnati ad assediare la rocca di Roma. Fatto derivare dagli stessi romani da monere, il termine moneta ha origine, più precisamente, dalla radice indoeuropea man, in latino me/on, la medesima di altre terminologie la cui menzione è degna di considerazione. In indoeuropeo le radici man e mnā avevano il duplice significato di “pensare” e “ricordare” ed il suono prodotto dalla consonante m fu scelto dagli stessi indoeuropei per rappresentare la nozione di tutto ciò che, esistendo, ha un “limite” e una “misura”: mater, madre, colei che si occupa dei limiti naturali della vita umana; mensura, misura, che si rapporta a un limite stabilito; mensis, mese, che possiede una misura legata alla rivoluzione della luna, da cui menstrualis, mensile. Come per moneo-monere, direttamente dalla radice man-me/on: mens-mentis, mente; maneo-manere, soffermarsi a pensare; monitus, avvertimento; monumentum, che fa ricordare (Franco Rendich, Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee, pp.283 e 289). Un indiscutibile legame era presenta tra Moneta e monetae ma, andando oltre la comunemente accettata derivazione che spiega il tutto quale conseguenza di una condivisione dell’edificio, sarebbe forse più utile porsi una differente domanda: perché era stata scelta quell’area, dedicata ad una divinità dai tratti piuttosto accentuati, per installare la zecca ufficiale di Roma? Questo, in sostanza, è quanto si chiedeva il Sabbatucci anni fa (La religione di Roma antica, p.235). Molto recentemente nuovi studi hanno messo ancor più in evidenza le particolari caratteristiche di questa divinità, dando ad essa una particolare identità, non sempre spiegabile quale epiclesi di Giunone. E' altresì interessante notare che, tra le fonti antiche, Livio tende ad utilizzare alternativamente sia la forma Iuno Moneta che solo e semplicemente Moneta, quasi come se questo nome fosse più di un semplice epiteto (Daniele Miano, Monimenta. Aspetti storico-culturali della memoria nella Roma medio-repubblicana, p.72) Questo primo intervento, ove sono inclusi alcuni indizi, è introduttivo e riassume brevemente le principali informazioni riguardanti questa per noi importante figura. Le poche testimonianze numismatiche del periodo repubblicano paiono collimare con alcune conclusioni di questi recenti studi, ma siamo ovviamente nel campo delle ipotesi. Osservando però i ritratti della comunemente nota Giunone Moneta ho fatto caso a un particolare: L. Plaetorius Cestianus ( http://www.acsearch....d.html?id=91015) T. Carisius (http://www.acsearch.....html?id=392647) Ed ecco alcuni dei significativi passi: Tito Livio, Ad Urbe condita VI, 20, 13: adiectae mortuo notae sunt: publica una, quod, cum domus eius fuisset ubi nunc aedes atque officina Monetae est, latum ad populum est ne quis patricius in arce aut Capitolio habitaret VII, 28, 4: Dictator tamen, quia et ultro bellum intulerant et sine detractatione se certamini offerebant, deorum quoque opes adhibendas ratus inter ipsam dimicationem aedem Iunoni Monetae vovit VII, 28, 6: Anno postquam vota erat aedes Monetae dedicatur C. Marcio Rutulo tertium T. Manlio Torquato iterum consulibus Marco Tullio Cicerone, De natura deorum III, 47: Ea si dea est, di omnes illi, qui commemorabantur a te, Honos, Fides, Mens, Concordia, ergo etiam Spes, Moneta omniaque quae cogitatione nobismet ipsis possumus fingere Al dritto di questi due denari qualcuno nota qualche "stranezza"?1 punto
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Intanto complimenti! :good: Qualche stranezza? Che andava spesso dal parrucchiere? :D Scherzi a parte Rapax, oltre all'acconciatura noto solamente una diversità degli orecchini, una sorta di tridente nel Plaetorius e un pendente nel Carisius. Oppure vuoi far intendere che ci troviamo di fronte a due divinità differenti? Giunone in statua era così: Direi nettamente somigliante alla moneta di Carisius, meno a quella di Plaetorius. Mentre aspetto una tua risposta corredo la discussione con un po' di immagini: Resti di mura attuali Ricostruzione 3D della collocazione del Tempio Collocazione del Tempio a Roma in mappa1 punto
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Ciao Lò le faccine di dabbene erano volutamente scherzose. Le oramai prossime 50.000 letture dimostrano che la discussione è ancora molto seguita..E questo è già un successo. L'ultimo post di Monica, riguardo l'inizio dell'immobilizzazione del denaro di Lucca, è comunque alla portata di tutti (almeno per chi ci ha pazientemente seguiti). Non bisogna avere timore di esporsi. Non è il tuo caso, chiaramente. Ogni considerazione è sempre benvenuta e anche se potrebbe sembrare banale, di banale non c'è mai niente quando si esprime un'opinione propria. Solamente chi non scrive non sbaglia mai!! Tuttavia comprendo benissimo il concetto: io, ad esempio, non partecipo (ma la seguo, e sì che la seguo....) alla discussione riguardo le monete genovesi per evidente e cronica mancanza di elementi interessanti da proporre. Ecco, ammetto anche una certa pigrizia mentale da parte mia nel voler approfondire ulteriori zecche oltre a quelle di mio specifico interesse. Mea culpa!! Non vorrei che altri facessero il mio stesso madornale errore. Non lo fate perchè è sbagiato. Comunque,dai, dormici sopra e vedrai che qualcosa dal cilindro la tiri fuori, come sempre. Cari saluti a tutti1 punto
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Salve Mirko. :) Scusami se ci siamo sovrapposti: abbiamo postato i messaggi nello stesso momento. :D :lol:1 punto
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E' Licinio I. Al D/ IMP LICINIVS PF AVG, busto laureato di Licinio Al R/ GENIO POPV-LI ROMANI, Genio con patera e cornucopia Per la zecca, che non si vede, ti posso dire che è Roma. L'officina direi RQ. RIC 294c. C'è anche la possibilità sia la RIC 295c, dipende se l'Imperatore è anche drappeggiato o meno.1 punto
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Salve. Dovrebbe essere un AE asse (? -metto il punto interrogativo perchè se non indichi i dati adeguati di peso e diametro non si può esserne sicuri-) battuto a Roma sotto il regno di Settimio Severo intorno al 194 d.C. Dritto/ L SEPT SEV PERT-AVG IMP IIII, testa laureata a destra. Rovescio/ MONET AVG COS II PP, le tre dee Moneta stanti a sinistra ognuna delle quali regge una cornucopia e una bilancia, in esergo S-C. Riferimenti: RIC 678var. Il RIC non segnala assi di questa tipologia ma solamente sesterzi: se metti le misure indicate possiamo stabilire con più sicurezza il nominale. L'asse in figura è di circa 27 mm di diametro (fonte: Wildwinds). Ecco un'immagine tratta dal web:1 punto
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Effettivamenre la sezione non mi sembra da considerare poco frequentata. Se accomunassimo i post presenti solo nelle sezioni Imperiali e Identificazione solo Antiche, raggiungeremmo quasi il doppio dei posti che ha Regno di Italia. Comunque la sensazione che ci potrebbero esserci più post i c'è; ma mi sento di concordare con il pensiero di skubydu: per scrivere qui bisogna esser molto preparati. Non dico che chi scrive sul Regno sia un improvvisato, tuttaltro, credo soltanto che per un neofita entrare in argomento in questa sezione sia più difficile. Guardate ad esempio il mio profilo, sono iscritto da 2 anni e ho 250 post; e credetemi vorrei poter partecipare di più, ma non ci riesco, le mie cooscenze non sono tali da permettermi di scrivere senza correre il rischio di dire baggianate... In conclusione credo che, stante la parità di conoscenze dei Senatori ( o grandi vecchi o stregoni, come ho sentito dire di recente :blum: ) della sezione Antiche e Regno, i neofiti siano in parte più avvantaggiati a scrivere su quest'ultima sezione. ciao, non avere paura ad intervenire nelle discussioni, pensando di dire "baggianate", il forum cè per capire, e soprattutto confrontarsi, e questo è essenziale ed è quello che non puoi trovare in un libro.......tutti ci sono passati.... ciao sku Ciao, personalmente, nella mia veste "istituzionale" di Curatore quoto pienamente quanto espresso da Sku. Non abbiate timori a postare discussioni o a proporre temi. Ogni volta che propongo delle discussioni mi chiedo sempre se e quanto verrà apprezzata. Ma nel Forum ci sono sia esperti, sia utenti che lo frequentano per accrescere le proprie competenze. Qualcuno interessato lo trovi sempre. Alcune delle ultime mie discussioni sono nate proprio in questo senso: molti dei frequentatori abituali conoscono i FEL TEMP REPARATIO e le monetazioni più comuni del IV secolo molto più approfonditamente di quanto le abbia descritte io, ma altrettanti meno esperti ne avranno tratto giovamento (come sembra dai commenti). Pertanto, bando alla timidezza e postate pure. "Tutti ci siamo passati", recita giustamente Sku. Se poi volete postare il vostro ultimo acquisto, fatelo pure... contribuirete comunque alla vivacità della Sezione. Un mattoncino in tal senso lo può portare chiunque. Ciao Illyricum :)1 punto
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E questo mi sembra molto simile al tuo, periodo 1803 - 1814 http://boutonancien.forumactif.com/t1653-canonniers-garde-cotes-modele-1803-1814-petit-module ciao Mario1 punto
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Medaglia devozionale ovale in bronzo/ ottone,con bordo rialzato e appiccagnolo complanare,del XIX sec.(seconda metà)., di produzione francese.- D/ Busto di Gesù,con corona di spine volto a sx.,scritta:JESUS AYEZ PITIE DE NOUS.- R/ La Madonna Addolorata con le 7 spade nel petto (rappresentano i 7 dolori di Maria),tiene in grembo Gesù Morto, scritta:NOTRE DAME DES SEPT DO[VL?]LURS. -non vedo nessuna data?- Ciao Borgho1 punto
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la rivista non è male... oltre allo speciale sugli euro allegato, ci sono vari articoli di attualità; le rubriche (credo che rimarranno invariate) sono : L'editoriale (che corrisponde al "dritto e il rovescio" della vecchia CN), poi Monete e mercati, l' articolo di questa edizione riguarda la tendenza (secondo l' autore) all' abbandono della banconota, poi c'è la rubrica Visto su Internet, in cui si parla del sito AIAM, un' associazione che tratta di medaglistica. a pag. 50 c'è poi, per la rubrica una moneta una storia, un bell' articolo su Filippo di Edimburgo ... ed ancora un articolo anche quello interessante (io non mi interesso di medaglistica papale ma l' ho letto volentieri) sulle innovazioni di Papa Montini nella medaglistica papale in il picciol cerchio. c'è anche uno spazio Euro, dedicato agli eurofili. per i classicisti c'è un articolo sulla cronologia delle prime monete della Repubblica Romana (che ancora non ho letto), mentre per noi medievalisti a pag. 20 c'è un servizio sui denari Antiquores di Eugenio II, uno sulla mostra di palazzo strozzi dedicata alle monete fiorentine dal titolo "denaro e bellezza" (io ci sono stato e la consiglio, per i bambini sarà anche divertente perchè c'è anche un percorso a tema, il gioco permette di spendere 1000 fiorini cercando di farli fruttare). c'è anche un articolo in merito al fiorino in europa. per fufieno e gli altri interessati alle russe zarine c'è un articolo su Nicola I. dimenticavo, per gli eurofili e gli appassionati alla storia dell' ultimo secolo, c'è anche un servizio su De'Gasperi e sui 10 € commemorativi ce a lui sono stati intitolati. nella rivista sono presenti note come le date dei convegni, le aste, il calendario delle emissioni commemorative ecc ecc. Non mi ha affatto deluso, anzi, sono rimasto entusiasta del nuovo giornale della numismatica!1 punto
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Buongiorno Corsodinazione, scusa non avevo letto il tuo messaggio, intendi l'ombra del crescente nel quarto sotto a 1.R ? A parte che i denari sono tutti interessanti e quelli con segni nei campi di più, mi piacerebbe vederlo meglio magari con luce radente, se è possibile. Ieri ho scoperto di avere un denaro con crescente e punto, merito tuo che me li hai fatti ricontrollare. Grazie e a prestu1 punto
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La data 1918-7 vuol dire che alcune monete, coniate a Denver, hanno la data ribattuta, 1918 su 1917: in allegato una foto, la data che si legge è, ovviamente, 1918. Il segno di zecca, se presente (per Philadelphia non c'è), è al retro, sotto il valore (five cents). La F è l'iniziale di James E. Fraser, il disegnatore della moneta. Questa variante è veramente rara, il Red Book la valuta a partire da 1.000 dollari per una conservazione G4 (praticamente un rottame :rolleyes:). A breve, una discussione di approfondimento sul Buffalo Nickel ;) petronius :)1 punto
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Tutto ok, le non comuni non mi interessano, nel senso che le ho già trovate. grazie Ok....complimenti per la celerità con cui le hai trovate. ;-) Le lussemburghesi me le procura il buon Andrea del forum, altro grande razziatore: questo forum è davvero un posto meraviglioso per gli appassionati. Non smetterò mai di ringraziare razziatori per il lavoro svolto, e spero, una volta che le mie vicissitudini lavorativo/familiari si sano sistemate, di poter organizzare la mia seconda razzia1 punto
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Confermo la mia richiesta per la moneta da 5 € in rame. Per ammortizzare la spedizione, aggiungerei 2 monete da 2 € commemorative. Spedizione raccomandata. Ciao Emilio P.S.: mi dispiace per Parasiempre1 punto
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ciao, belle monete credo che appaino diverse perchè in una foto c'è più margine, vediamo tagliando...1 punto
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ciao oldx,la piastra sebeto spesso compare in aste e listini, poi ci sono negozi che vendono on-line,comunque ti mando un MP...1 punto
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ciao, tenete presente che la numismatica antica è un settore vastissimo, che abbraccia un periodo storico molto ampio. Molti si indirizzano su argomenti specifici, pertanto questa potrebbe essere una motivazione per giustificare l'intermittenza delle partecipazioni. E' anche un settore complesso che richiede preparazione (non si finisce mai di apprendere..) ed una biblioteca ricca di volumi e studi (che spesso sono molto frammentati in varie pubblicazioni), assai costosi, e questo è sicuramente un limite per chi si vuole avvicinare facendo il percorso secondo me corretto..( prima libri..poi monete). Inoltre, sicuramente c'è anche diffidenza... ciao sku1 punto
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Riaggiungiamo,poi per oggi mi sembra che abbiamo fatto la nostra parte, un Enrico I di Pavia perchè non è detto che tutti conoscano questa moneta. Allora questa è la moneta dell'imperatore che precede Corrado, nel vederla vi renderete conto di quello che dicevo prima, Enrico I arriva e spariglia le carte in campo monetario rispetto ai precedenti Ottoniani, inventa una moneta strainnovativa completamente diversa dai precedenti, che tra l'altro, ma è un parere personale, nella sua semplicità è di una bellezza disarmante. Ma quando ritorna Corrado ricambia tutto, si ritorna allo stile e ai simboli ottoniani, tutto viene annullato in particolare i simboli cristiani e di identità cittadina. P.S. Sulla monetazione francese ci vuole un appassionato della materia....., se ci leggono..... D/HENRICVS IMP con croce nel campo accostata da 4 globetti R/PAPIA e lunga croce astile1 punto
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Col Vol. II di Caterina Santoro " Lo politica finanziaria dei Visconti " viene considerato il periodo che va dal 1385 al 1412. Abbiamo i fatti collegati con la fine di Bernabò e tutto quello che riguarda l'inizio dell'era di Gian Galeazzo ; Bernabò morì pare avvelenato, dopo che fu catturato e come capita spesso nella storia il nuovo Signore per ingraziarsi il popolo permise i saccheggi dei palazzi delle fortezze di Bernabò con lo spoglio di tutte le riccheze dello stesso ,ori, argenti,700.000 fiorini d'oro, venne saccheggiata la gabella del sale e i registri degli atti degli atti dei dazi e delle imposte. Gian Galeazzo per consolidare poi la sua posizione con tutti i territori che già aveva fece sposare la sua primogenita Valentina col fratello di Carlo VI re di Francia. Quindi forza, ma anche grandi arti diplomatiche che si videro anche nella liquidazione dei figli di Bernabò con terre e redditi. Gian Galeazzo si espande su Verona e Vicenza, si accorda con trattative per avere Siena, strategica in Toscana. E' un periodo in cui si possono acquistare le città, morto Jacopo d'Appiano, signore di Pisa, il 19 febbraio 1399 si accorda col figlio Gherardo e col pagamento di 200.000 fiorini d'oro acquista la città di Pisa. Quindi Pisa costa 200.000 fiorini d'oro, il regalo di matrimonio della figlia 700.000, più regalie varie, questo è un parametro dei valori dell'epoca. Bologna fu conquistata invece colla forza, Gian Galeazzo era diventato strategico anche in centro Italia, non ebbe il coraggio di andare avanti con la temuta nemica Firenze, le finanze non gli permettevano uno sforzo militare così grosso e lungo, quindi come si vede anche nelle conquiste tutto dipendeva dalle finanze possedute o messe a disposizione. DOCUMENTI : 5 agosto 1385 : Il Signore di Milano scrive al podestà e al Consiglio di Cremona di fargli avere lo stipendio ordinario di 2.000 fiorini mensili che gli spettavano 15 ottobre 1385 : Il Signore di Milano manda al podestà di Milano perchè faccia registrare il decreto relativo ai beni degli omicidi, i quali vanno assegnati alla sua Camera. 21 novembre 1385 : Il Signore di Milano scrive agli Anziani di Reggio rimproverandoli per la renitenza della città a pagare un contributo necessario e già ridotto. 28 maggio 1387 : Il Signore di Milano scrive al Comune di Voghera di mandare subito al suo tesoriere la somma che gli è dovuta. 3 aprile 1388 : Il Signore di Milano nomina Luchino de Ligurni suo ufficiale generale per la descrizione e appropriazione dei beni di tutti i ribelli o di chiunque altro spettanti alla sua Camera ed esistenti in qualunque città del suo dominio. 8 luglio 1388 : Il Signore di Milano manda al Comune di Milano un decreto relativo all'alienazione dei beni immobiliari dei debitori della Camera signorile, con l'ordine di pubblicarlo. Come vedete c'è una politica decisa di atti e decreti, decisamente precisa e chiara ; si denota però qualche difficoltà nel farsi pagare il dovuto con relative concessioni di dilazioni nel tempo e sconti successivi, il che denota alla fine una certa saggezza e un certo pragmatismo Amministrativo.1 punto
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Certo, ma oltre a rimanerci, nel Belgio, Leopoldo accondiscese anche all'invasione nazista firmando una resa senza combattere e consegnandosi alle autorità germaniche, al contrario di quel che fece il padre, Alberto II, padre della Regina Maria José, che, durante la Grande Guerra tenne testa per cinque anni ai tedeschi, senza né arrendersi né lasciare il comando delle sue truppe.1 punto
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SEGESTA didramma (Hurter 172) La compianta Silvia Hurter, nemmeno due anni prima della sua scomparsa, scrisse un Corpus sui didrammi di Segesta, con una buona appendice anche sui frazionali emessi da quella zecca. Purtroppo è scritto in tedesco, ma la classificazione è abbastanza agevole, grazie anche alle numerose tavole illustrative: Silvia Mani Hurter. Die Didrachmenpraung von Segesta, Zurigo 2008 Al numero 172 di questo catalogo esiste una specifica combinazione di conii: V51-R94’, che è datata al periodo IV, ossia al 412/410 – 400 a.C. ed è caratterizzata dal particolare riutilizzo del conio R94 ove l’incisore ha praticato un particolare incavo più o meno rettangolare, forse allo scopo di obliterare il parte la leggenda del nome della città di Segesta, SAGESTAZIB, all’altezza delle lettere …TAZI. Su questo incavo l’incisore ha aggiunto le lettere SACES (colgo qui l'occasione per tirare le orecchie ai curatori del forum per non avere previsto almeno i caratteri "Symbol" per poter trascrivere con lettere in greco). Non è ancora possibile stabilire gli esatti motivi di questa strana e parziale obliterazione, tanto più che le nuove lettere aggiunte fanno ancora parte del nome della città, con la sola particolarità dell’uso della lettera C al posto del gamma (retrogrado). Questo conio riutilizzato è contrassegnato dalla Hurter con l’apostrofo per distinguerlo dal conio normale, R94, è stato combinato anche con un altro conio di diritto, V52, con il cane in posizione puntata (Hurter catalogo n. 174). Riporto qui la scheda tratta dal volume della Hurter: continua1 punto
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